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Articoli Zola

1° art. pubblicato sul Figarò il 25 novembre del 1897. Zola sollecitato ad intervenire dal
vicepresidente del senato Scheuerer-kestner e si appassiona realmente alla storia
probabilmente data l’esistenza di un vero colpevole E., dato che aveva finito di scrivere il
suo romanzo “Parigi” e quindi adesso poteva essere libero di occuparsi della faccenda. Gli
articolo vengono scritti da un arco di tempo che va dal 1897 al 1898, i quali verranno
riassunti nello opuscolo del 1901 intitolato “la verità è in cammino”.
Per il primo articolo Zola si concentra sul primo personaggio delle istituzioni che si occupa
della storia, tralasciando per il momento tutti gli altri personaggi. Caratteristico dell’articolo
è che Zola prende l’argomento di spieco, in modo leggero; probabilmente decide di agire
in questo modo o perché lui in questo primo momento non è davvero convinto di
scendere in campo e di lasciare tutto in mano alle istituzioni, dato che ormai era uno
scrittore; può essere che successivamente si impegna in modo più decisivo date le reazioni
positive o negative scaturite dal suo primo articolo; oppure può essere che vuole
gradualmente sensibilizzare i lettori e che i capi dell’esercito prendessero le proprie
responsabilità man mano che gli articolo uscissero. Sottolinea più volte nell’articolo che
non vuole entrate nell’affaire, ovvero utilizza la tecnica della preintenzione: dire qualcosa
facendo la mossa di non dirla. Qui non parla dei fatti, impernia tutto sul dramma di
coscienza di Scherekestein, il quale conoscendo la verità pretende giustizia, e lo prende
come esempio per cercare di sollecitare l’opinione pubblica e le istituzioni, quindi utilizza
una forma di comunicazione illocutiva performativa. Inoltre probabilmente cerca di fare ciò
quello che fa Lazzar ovvero puntare sul fatto che un errore giudiziario può essere capitare,
e che come sbagliano i magistrati, possono sbagliare anche i militari. Zola parla del caso D.
da romanziere, lo scrive persino nel preambolo, si interessa alla storia da scrittore, quindi
utilizza una strategia mirante per accattivarsi, per appassionare l’opinione pubblica
insistendo sull’aspetto romanzesco della storia per non apparire troppo eccessivo,
sottolineando l’eroismo di Scherekestein, dipingendolo come un eroe solitario (anche
Picquart e Zola verranno successivamente descritti così, cosa non vera). C’è da dire che non
si può ridurre una storia vera ad un feuilleton, vederla come la lotta di un eroe solitario.
Conclude l’articolo con la frase “la verità è in cammino (e niente la potrà fermare)”, la quale
diventerà lo slogan della campagna di Zola. Lo scrittore/giornalista in quanto naturalista ha
una spiccata capacità di aggredire la realtà, di esporsi senza problemi ed è caratterizzato
anche da speranze e previsioni buonistiche (come per es. la speranza nell’avvento di una
nuova società internazionale), ed in questo caso avrà ragione: “D. è innocente e la cosa
emergerà chiaramente”.

Nel secondo art. pubblicato sul Figarò il 1° dicembre del 1897, entra più nel vivo della
questione e fa capire che è a favore dell’innocenza di D. o che quantomeno si revisionasse
il processo. Si scaglia contro i pregiudizi antisemiti, e contro la leggenda del sindacato,
ovvero la lobby ebrea che secondo Drumond e Rocherford tramite i loro capitali finanziari
vogliano ottenere il controllo della Francia, che difendono D. o che addirittura D. fosse un
loro emissario. Specifica che non ama gli ebrei né li odia, semplicemente sono umani, che
devono essere trattati come tali, infatti attacca la stampa e i giornali fortemente antisemiti
che alimentano i pettegolezzi sulla comunità ebraica e sulla famiglia D. poi elenca i
personaggi che hanno contribuito a far luce sulla chiarezza appartenenti al fronte
innocentista: Lazzar, Forzinetti, Scherekestein, Mond (storico, drefyusardo fin dall’inizio),
Picquart e Leblua. Sottolinea che coloro che hanno un dubbio che sia stata trattato di un
errore giudiziario venga immediatamente attribuito dalla stampa antisemita, come colui
che appartiene al sindacato. Accusando i falsi patrioti e gli antisemiti di aver creato loro
stessi il sindacato, questa organizzazione segreta che compra le coscienze degli uomini.
Con un finale provocatorio scrive che se coloro che partecipano al sindacato sono degli
uomini onesti, amanti della verità e dell’equità, anche lo scrittore si augura di farne parte.
Data la fame internazionale di Zola, scuote l’opinione pubblica francese e non; tuttavia
Drumond e Rocherford dichiarano che lo scrittore si interessa alla storia per propria vanità
maniacale, oppure perché essendo un personaggio “scabroso”, che scrive cose “scabrose”
si identifica ed è attratto da D.

3° art. pubblicato sul figarò il 5 dicembre 1987. Sembra che Zola pensi che la
storia sia volta al termine e quindi che voglia chiudere con questa serie di
articoli, dall’altro lato il quotidiano francese inizia a preoccuparsi di questi
articoli scritti con tale fermezza nel raccontare i fatti (dato che Scherestein in
Senato ancora non dimostra prove sull’innocenza di D.). il giornalista in
questo articolo mette a fuoco un versante particolarmente coinvolto della
storia: la stampa responsabile anche lei di accentuare i pettegoli, fermentare
l’opinione pubblica sul fatto che D. sia colpevole e generare ed amplificare
l’odio razziale nei confronti della comunità ebraica; la quale probabilmente ha
influenzato la sentenza del consiglio di guerra che ha giudicato D. (Zola
ritiene che stampa sia una donnaccia estremamente utile se usata nel modo
corretto, per questo si scaglia sui quei giornali che lo utilizzano come un
mezzo di propaganda). Ovvero denuncia i giornali che non disturbano e sono
compiacenti verso le istituzioni, quei giornali totalmente ridicoli che
difendono ad oltranza E., il quale se anche non fosse una spia, sicuramente
non è un uomo dalle nobili virtù, quindi sicuramente non è una stampa
imparziale, ma già a priori schierata. Poi fa un riferimento a Drumond
direttore del “le libre parole” senza nominarlo (al contrario Drumond diceva di
tutto su Zola, mentre lo scrittore lo trattava più dall’alto verso il basso). In
Parigi Zola descrive un giornalista sciacallo antisemita e Drumond si offende
molto; quest’ultimo aveva una certa notorietà in Francia proprio per il
risentimento diffuso sugli ebrei e per la campagna antisemita portata avanti
nel suo giornale, poi con lo scandalo del Panama, la sua fama aumenta (data
che ha denunciato lo scandalo sul suo giornale, anche se gli ebrei non furono
gli unici colpevoli del fatto), lui invocava un vendicatore nel suo giornale che
potesse condannare tutti i crimini commessi dagli ebrei (sembrano previsioni
sul nazismo e su Hitler); ebbe difficoltà ad inserirsi nel mondo della stampa,
infatti da un lato ci credeva nella campagna antisemita, dall’altro ci mangiava.
Per quanto riguarda invece Rocherford non era solo un antisemita, era anche
un rivoluzionario che si ribellò contro la dittatura di Napoleone, ma è un
uomo anziano ormai e il suo odio razziale sempre amplificato.
Parlando dell’antisemitismo, si ricollega allo scandalo del Panama, i quali
hanno reso possibile l’errore giudiziario. E dopo si ricollega alle 2 anime che
esistevano in Francia: ovvero coloro che proclamano la superiorità
dell’esercito e delle autorità nei confronti degli ideali della rivoluzione
francese; e gli altri che seguono fedelmente tali principi andando anche
contro i poteri costituiti e militari. (nei casi più estremi si voleva un ritorno alla
dittatura). In generale entrambe le fazioni erano contro il parlamentarismo.
Ad ogni modo in questo articolo, anche nella parte finale “la verità è in
cammino” Zola mostra una certa fiducia nell’esercito, nel nuovo consiglio di
guerra e nelle istituzioni, i quali adempieranno i loro doveri, per questo pensa
che il suo compito e la sua battaglia siano conclusi. (sappiamo che in realtà
vogliono riproclamare la prima sentenza, ed assolvere E.).

4° art. pubblicato come opuscolo e venduto singolarmente, senza il supporto


di nessun giornale, il 14 dicembre 1897. In questo articolo Zola parla alla
gioventù, in particolare studentessa, incredulo di come possa manifestare nel
quartiere Latino (quartiere universitario) promuovendo l’odio razziale,
minacciando e deridendo coloro che si battono per la verità, la giustizia e in
generale in nome degli ideali della Rivoluzione, in particolare riferendosi a sé
stesso e Schuerekestein, i quali sono dipinti come dei traditori o dei venduti
(soprattutto data la loro autorità in quanto personaggi ammirati da molti). È
meravigliato che i giovani siano già stati corrotti nella loro mentalità dai
politici e dalla stampa in favore del fanatismo antisemitico e religioso; scrive
che basterebbe un po' di buon senso per comprendere che sia stato
commesso un errore giudiziario, in quanti la storia in sé è davvero banale,
riassumendo sinteticamente il punto della situazione, e affermando che il
colpevole c’è. Ovviamente sottolinea che non tutti i giovani sono corrotti nella
mentalità, ma quella centinaia che protesta è sintomo di una società che
potrebbero promuovere la dittatura. Questi secondo Zola, ormai liberi dalla
tirannia e dal dispotismo, dovrebbero essere coloro che promuovono la
libertà, la giustizia, l’equità e l’umanità nel nuovo secolo che dovrà iniziare.
Per dare maggiore enfasi usa la struttura anaforica all’inizio dell’articolo con il
verbo “andate” e poi nella conclusione “gioventù, gioventù”.

5° art. pubblicato come opuscolo, senza supporto di nessun giornale, venduto


il 6 gennaio 1987. È una lettera aperta rivolta a tutta la popolazione francese.
Parla come la “Francia” sia stata manipolata dalla stampa, in cui un innocente
è costretto alle peggio torture, e non si può revisionare il processo perché la
sua colpevolezza è necessaria alla salute della patria. Spiega con la sua
impostazione da scrittore, per enfatizzare la stranezza, che hanno un bambino
può capire che la scrittura di Estrhazy corrisponde a quella del Borderò, e che
non vi erano bisogno degli esperti per riuscire a vederla. Si scaglia contro
alcuni giornali che difendono a spada tratta l’esercito, diffondono menzogne
e battono sul fronte colpevolista, i quali data la loro fama risulta impensabile
che abbiano avuto questo ruolo nella storia. E trasforma la storia in una
questione che viola i diritti umani, violazione inaudita all’interno di una
società liberale (cosa che aveva cercato di fare anche Lazzar, concentrandosi
però maggiormente sull’odio raziale). Denuncia che l’opinione pubblica della
Francia è stata totalmente soggiogata dal potere militare e dal potere
clericale, che rischia di riportare la grande nazione francese indietro di secoli,
distruggendo gli ideali della rivoluzione francese. Di come i pregiudizi
antisemiti siano stati alimentati dallo scandalo del panama, e come all’inizio
alla gente pretendesse l’esecuzione in massa del parlamento, e poi tramite le
montature giornalistiche abbiano preteso l’assoluzione in massa, dando le
colpe solo alla comunità ebraica. Esattamente come sta avvenendo per
l’affaire, incentrato su un crimine di base razziale. Poi elenca tutte le stranezze
della storia: il comandante estrhazy coperto da protezioni inspiegabili,
Picquart che viene trattato come un colpevole, i ministri che ne rimangono
fuori, l’istruttoria segreta condotta su Dreyfus, così come la sentenza emessa a
porte chiuse, i giornali che mentono… iniziando ad intuire che probabilmente
l’atteggiamento istituzioni non sia del tutto favorevole a far emergere la verità
e che il processo estrhanazy rischia di essere una farsa. (antiparlamentarismo
di Zola è condiviso anche da Drumond e Rocherford).
Art. 6 “J’accuse”, pubblicato sull’Aurore il 13 gennaio 1898. Inizialmente
pensava di scrivere nuovamente l’articolo come opuscolo venduto
indipendentemente da un giornale, ma per dare una maggiora risonanzo
pensò di pubblicarlo nel quotidiano l’Aurore, in cui direttore era Clamansò,
giornale che aveva una posizione revisionista sul processo Dreyfus. Lesse
questa lettera in redazione e fu inserita in prima pagina, intitolata poi
“j’accuse”. Divenne l’articolo più importante sulla storia anche se viene
ricordato con equivoci, dato che si pensa che fosse stato il primo articolo di
Zola che trattasse l’affaire Dreyfus (cosa falsa, il primo forte impegno
intellettuale è di Lazzar) e venne anche criticato in quanto l’articolo riassume
la storia in modo sbrigativo e sbagliato; Zola fu accusato di non aver fatto un
vero giornalismo di inchiesta in quanto in pezzo non si dice nulla di nuovo, e
anche se in realtà non si tratta di un giornalismo di inchiesta, il giornalista
riprende la storia con estrema forza, attaccando in modo frontale chi aveva
sbagliato, cosa che non ha mai fatto nessuno. Infatti lo scopo di Zola è di
accusare i responsabili principali della storia, ovvero i capi dell’esercito e il
consiglio di Guerra con l’obiettivo di essere messo sotto processo in modo da
riaprire e riparlare del caso. Un processo civile che per legge deve essere
sostenuto a porte aperte (non si poteva evocare il segreto militare). Zola
volontariamente costringe il potere militare a mandarlo sotto processo, date
le accuse frontali avanzate, ovvero compie un gesto estremo, dato che
rischiava il carcere e se Dreyfus fosse stato davvero colpevole il suo nome
sarebbe stato screditato in tutto il mondo; dall’altro lato questo gesto
estremo comporterà verso Zola apprezzamenti e complimenti da tutto il
mondo, in quanto l’opinione pubblica internazionale batteva sul fronte
innocentista. Articolo: è una lettera rivolta al presidente della Repubblica
francese For, il quale si rivolge a lui gentilmente, anche se in realtà è una
referenza ironica, in quanto non ha fatto nulla in merito all’Affaire Dreyfus. Poi
ricapitola e schematizza la storia in modo enfatico, romanzesco per
richiamare l’attenzione del pubblico. Egli esagera ad attribuire le colpe a du
Paty de Clam, dato che non fu lui a scrivere i casi d’accusa su dreyfus e non
l’unico a sbagliare, tuttavia ha delle responsabilità in quanto arresta D. per 15
giorni, interrogandolo con metodi terroristici, non dice alla moglie di cosa è
accusato, non permettendo di essere difeso da un avvocato, e lo dipinge
come un uomo che si occupa di occultismo, antisemita e fanatico,
accusandolo di aver suggerito ad estrhazy la storia della dama velata come
difesa (la quale gli avrebbe rivelato di essere vittima di un complotto
organizzato da Picquart), in questi tipi di eventi sono tipici delle trame del
feuilleton, e a quanto du Paty de Clam ne era appassionato (ignora che
probabilmente ha costruire la difesa di Estrhazy ha contribuito anche
Sandheer, direttore dell’ufficio di statistica all’epoca dei fatti ed in realtà du
Paty de Clam dice a Mercier che D. non confessa in nessun modo). Poi inizia a
parlare del Borderò, l’unico documento che poteva essere l’unica vera prova
che potesse provare la colpevolezza D., dicendo che al suo interno non vi era
scritto nulla di rilevante, quindi perché procedere con un processo a porte
chiuse, e secondo l’autore del Borderò era ancora ignoto, quando si ipotizzò a
priori che potesse essere stato un ufficiale dello stato maggiore e per giunta
di un ufficiale di artiglieria, cosa impossibile in quanto esaminando il
documento e le sue imprecisioni, cosa impossibile dato che un ufficiale di
artiglieria non avrebbe mai commesso tali errori; successivamente sottolinea
l’inconsistenza dell’atto d’accusa, già resi noti da Lazzar nel pamfle “come si
condanna un innocente”. Poi accusa il ministro della Guerra di allora Mercier,
per aver dichiarato alla stampa che D. era colpevole semplicemente perché
era criticato. Poi accusa il capo dello stato maggiore e il vicecapo: Boisdeffre e
Gonse. (ignora che nel condannare D. fu decisiva la testimonia poco credibile
di Henry). A questo punto di concentra sull’Affaire Estrhazy; delle clamorose
scoperte di Picquart e del petit blue e delle relative colpe di Boisdeffre e
Gonse, i quali secondo Zola si sarebbero lasciati influenzare da du paty de
clam (poco attendibile, esagerazione), che decidono di lasciare D. a morire
sull’isola del diavolo e a lasciare in libertà E.; nello stesso tempo mandano
Picquart in imprese quasi suicide fuori Parigi, dipingendo Picquart come
l’unica persona che voleva fare il suo dovere ma che è stato punito,
diventando una vittima, dicendo che quest’ultimo era in contrasto con Du
paty de clam (quanto in realtà era in contrasto con tutto lo stato maggiore),
sottolineando che lo stesso Picquart fosse un antisemita. Poi accusa il ministro
della guerra attuale Billot, che dichiara in parlamento, che la cosa giudicata
non può essere discussa… quindi Zola accusa il primo consiglio di guerra in
quanto ha mancato di saggezza, il secondo è fortemente criminale… perché
per salvare l’onore dell’esercito assolvono coscientemente Estrhazy. (Accenna
come alcuni personaggi che si battono per D. anche Fortinetti e
Scherekestein). E Zola alla fine dell’articolo compie il colpo di scena perché
quando tutti pensano che l’affaire sia finito, e quindi nasce la
contrapposizione fra gli festeggia e chi vuole la verità, vuole volontariamente
vuole andare sotto processo con l’accusa di diffamazione. (accusa anche
Pellieux, Ravary, i periti calligrafi che esamina la scrittura di Estrhazy, e i
giornali “l’eclaire” e l’echo de Paris”. Struttura anforica per dare maggior
enfasi con il sintagma ad inizio frase “J’accuse”.
Dopo la lettura dell’articolo, la redazione si emoziona; e a quanto pare Zola
era in competizione con Clamansò, in quanto potesse rubargli l’idea, ovvero
costringere i poteri forti a mandarlo sotto processo; in quanto esperto di
comunicazione decide di intitolare l’art. “J’accuse” (circola ovunque).
Dopo un po' Clamansò pubblico un suo art. “il sindacato cresce”, con cui
identifica la classe degli intellettuali che si interessano alla storia; creando il
mito temporaneo di un corpo collettivo intellettuale (e non il singolo) che
lotta per le sue idee in modo autonomo, in grado di avere un impatto
sull’opinione pubblica, di abbattere gli abusi e le ingiustizie dell’autorità
costituita. Quindi emerge la speranza di un gruppo che lotta per la libertà di
parola e di pensiero, facendo nascere la concezione di intellettuale moderno.

Art. 7, pubblicato sull’Aurore il 22 febbraio 1898. È la dichiarazione che Zola


legge in tribunale di fronte ai giurati, il quale verrà successivamente
pubblicato nel quotidiano come articolo. Zola è molto debole sul piano
dell’esposizione, gli trema la voce, le mani, viene fischiato dall’altra parte il
contenuto è molto forte. Apre l’articolo affrontando Méline, il ministro del
consiglio, che ha cercato di influenzare il verdetto, affermando che se la giuria
avesse assolto Zola avrebbe procurato disonore e mancanza di rispetto per
l’esercito; Zola smentisce categoricamente queste affermazioni, in quanto egli
non ha mai oltraggiato l’esercito, o i generali che devono difendere la nazione
francese, bensì lui ha denunciato le inadempienze di alcuni di loro e non
dell’esercito nel suo insieme. Sottolinea inoltre che ormai il caso D. ha una
forte valenza simbolica, perché rimette in gioco i diritti umani, criticando il
razzismo e fesserie fatte diffuse sul sindacato. Riferendosi alla giuria gli dice
se gli sembra davvero un traditore, un venduto, un bugiardo; che non sta
agendo per nessun interesse politico o fanatismo religioso; che le accuse
rivolte a Zola riguardo al fatto che sia di origine italiano, non lo toccano
perché è fiero di essere nato da una madre italiana, si sente francese, ha
vissuto per quasi tutta la sua vita in Francia e che la sua notorietà da scrittore/
giornalista può solamente accentuare la gloria della Francia. Fa anche
riferimento di come molti francesi siano infastiditi dall’appoggio
internazionale di cui gode Zola sulla vicenda; e quest’ultimo è convinto che
bisogna riaprire il caso proprio per affermare la superiorità della nazione, che
ha sempre lottato in difesa dei diritti umani. Sottolinea più volte che lui è lì di
sua volontà. E nell’ultima parte mettendo in gioco la sua notorietà e la sua
fama affermare con convinzione che D. è innocente; possiamo dire un
impegno intellettuale molto forte perché si gioca tutta la sua fama per
garantire l’innocenza.
Dopo l’articolo viene criticato: dato che secondo alcuni doveva rimanere fuori
dalla vicenda, dell’altro nuovamente perché non fa un giornalismo d’assolto,
in quanto molti pretendo la prova dell’innocenza di D. (logica distorta del
perry meson), e infine perché con la sua fama garantisce l’innocenza di D.
tuttavia la fazione innocentista è convinta che questa dichiarazione abbia una
forte valenza simbolica perché dimostra che si è talmente interessato alla
vicenda che si gioca il tutto per tutto.

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