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Storia: relazione sui caratteri sociali ed economici della Prima guerra mondiale

Gli equilibri economici e sociali uscirono dalla guerra notevolmente modificati.


Dal punto di vista economico l’apparato industriale, soprattutto il settore
siderurgico, meccanico e chimico avevano conosciuto, negli anni della guerra, una
espansione eccezionale. Con la guerra l'Italia aveva visto nascere un’industria
meccanica di notevoli dimensioni non solo per poter fornire materiale bellico ma
anche e soprattutto automobilistico ed aeronautico.
Nel giro di quattro anni le attività industriali erano quadruplicate.
La guerra costituì, quindi, per l'industria italiana la grande occasione per uscire
dalla stagnazione che aveva accompagnato la produzione negli anni prebellici.
In particolare si potrebbe parlare del primo fornitore militare appartenente allo
Stato italiano, il gruppo Ansaldo, governato dai fratelli Perrone: l’Ansaldo fu in
grado di sfruttare ogni genere di materie prime provenienti da tutto il territorio
nazionale, come le miniere di ferro, di carbone, di lignite, creando così enormi
impianti idroelettrici e nuove industrie meccaniche, elettromeccaniche, navali ed
aeronautiche.
L’Ansaldo divenne quindi una grande potenza in ambito economico tanto che i
capitali della società passarono dai 30 milioni ai 500 in appena 3 anni,
permettendo quindi di effettuare nuovi investimenti e di poter aumentare i propri
addetti.
L’Ansaldo fornì alla “patria in armi” circa 10.900 cannoni, 3.800 aerei, 10 milioni
di proiettili di artiglieria e 95 navi, superando così di gran lunga le altre
industrie emergenti e con cui entrò in conflitto (Fiat-Terni-Ilva).
Lo Stato però uscì dalla guerra letteralmente distrutto. La guerra era stata
finanziata attraverso un colossale indebitamento e per contenere l’inflazione, i
debiti con le banche vennero consolidati a scadenze regolari e così i Paesi
economicamente più forti sostennero quelli più deboli per permettere l’importazione
di materiali bellici, generi alimentari e di altre merci.
Tuttavia il debito crebbe fino ad ammontare a 27 miliardi di dollari.
Questa situazione deficitaria favorì un eccezionale aumento del costo della vita,
che risultò quasi triplicato (crescendo in Italia del 264 per cento). Su queste
basi, estremamente precarie, lo Stato dovette sostenere l'urto di diversi e
contrapposti interessi ed esigenze, che salivano dalla società e dal paese.
Sorse così in diversi paesi “il mercato nero” di generi alimentari e altri beni di
consumo e allo stesso tempo anche il valore delle monete crollò esponenzialmente.
L'artificioso sviluppo della grande industria durante la guerra venne a provocare
un ulteriore incremento del tradizionale divario fra regioni e paesi più avanzati o
arretrati, in particolare in Italia tra Nord e Sud del paese. Il Mezzogiorno pagò
pesantemente i costi dello sviluppo industriale senza trarne alcun giovamento. Anzi
gli sforzi che lo Stato dovette affrontare per proteggere, alla fine del conflitto,
le industrie di guerra non poteva non accrescere la situazione di disagio delle
regioni meridionali.
La guerra aveva infatti inciso sulla fisionomia e sulla mentalità del movimento
operaio, che, proprio in quegli anni, acquistò una maggiore coscienza della propria
forza e del ruolo fondamentale che era chiamato a svolgere.
Nei paesi più belligeranti scoppiarono numerose rivolte e scioperi.
Alla base delle rivendicazioni operaie c'era soprattutto la convinzione che si
fosse vicini ad uno scontro tra borghesia e proletariato, dal quale sarebbe dovuta
nascere la società socialista.
Inoltre scioperi e rivolte furono causate anche dal disagio provocato dalla
instabilità e precarietà economica, dall'inflazione, dal rincaro dei prezzi, dalla
disoccupazione e dalla fame.
Per quanto riguarda la società operaia, mettendo in luce il contesto sociale e non
economico, risulta che durante il periodo della prima guerra mondiale le donne
acquisirono maggiore libertà e responsabilità, attraverso la valorizzazione del
lavoro femminile a servizio della patria e l’aprirsi di nuove possibilità
professionali, anche stereotipicamente maschili per la società di quel periodo.
La guerra necessariamente infrangeva la barriera che divideva rigidamente i lavori
maschili da quelli femminili, facendo sì che le donne potessero ricoprire
professioni di altro livello (donne medico, donne avvocato e così via).
Le donne divennero più visibili all’interno dello spazio pubblico, apprezzate per
la loro onestà e precisione.
In questo periodo cambiò anche l’abbigliamento per la donna che divenne meno
rigido.
Finita la guerra però la donna venne nuovamente costretta a ritornare alle sue
condizioni originarie; invitata dall’uomo a tornare in seno alla famiglia e a
dedicarsi ai lavori femminili in nome del diritto nazionale, della difesa della
razza e del diritto degli ex combattenti. Molte si ribellarono, molte accettarono.

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