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Le cultivar che compongono L’Oblì Faro DOC sono: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Nero
D’Avola e Nocera.
Il Nerello Mascalese: Niureddu Mascalisi o Niureddu, è il vitigno principe autoctono coltivato nel
parco dell’Etna ed è stato selezionato dai viticoltori della piana di <a
href="http://www.youtube.com/watch?v=0EkHxCsRTqo">Mascali</a>
(<a href="http://www.youtube.com/watch?v=WrQvcElHTgs">CT</a>
) più di centocinquanta anni fa. Questo vitigno entra nella composizione dell’Etna Doc per non
meno dell’ 80%. Viene allevato nelle pendici del vulcano da quota 350 sino ai 1.050 m.t. s.l.m. .
Predilige il sistema di allevamento ad alberello basso con potatura corta. Ha una buona tolleranza
alle principali malattie crittogamiche, anche se presenta una sensibilità all’oidio. A secondo il
versante e la quota del vulcano in cui viene coltivato produce vini con caratteristiche
organolettiche-territoriali completamente differenti fra di loro, dando origine a dei grandi vini
rossi da invecchiamento. Nel messinese viene coltivato sia vicino al mare ma anche nel retrostante
comprensorio montano con degli ottimi risultati . Qui, compone il Faro Doc. Il disciplinare di
produzione prevede l'impiego di uve Nerello Mascalese in una percentuale compresa fra il 45 e il 60%, di
Nocera per il 5-10%, Nerello Cappuccio per il 15-30% con l'eventuale aggiunta di uve Calabrese ( Nero
D’Avola)e/o Gaglioppo( Monsonico Nero) e/o Sangiovese per un massimo del 15%.
Oltre che nelle vigne etnee si trova in altre province siciliane ( Messina), ma anche oltre lo stretto,
<a
href="http://www.youtube.com/user/fantasticplanetit#p/search/0/1zk4uvirQbQ">Regg
io Calabria</a>
e <a
href="http://www.youtube.com/user/fantasticplanetit#p/search/0/G5fztNIfbl4">Cata
nzaro</a>
.
Questo vitigno entra nella costituzione, insieme al Nerello Mascalese, dell’Etna Rosso Doc, in
misura inferiore del 20%. Invece, insieme al Nero d’Avola e al Nocera ad altri vitigni minori, nella
produzione del Faro Doc. Il disciplinare prevede l'impiego di uve Nerello Mascalese in una percentuale
compresa tra il 45 e il 60%, di Nerello Cappuccio per il 15-30%, di Nocera per il 5-10%, con l'eventuale
aggiunta di uve Calabrese ( Nero D’Avola)e/o Gaglioppo( Monsonico Nero) e/o Sangiovese per un massimo
del 15%.
Il Nero d’Avola, detto anche Calabrese, è considerato il vitigno a bacca rossa più tipico della Sicilia.
Calabrese è l’italianizzazione dell’antico nome dialettale siciliano del vitigno “Calavrisi” che
significa uva (cala) di Avola o venuto da Avola. È stato selezionato dai viticoltori di <a
href="http://www.youtube.com/user/fantasticplanetit#p/search/0/aj64nQns2U4
">Avola</a>
, comune in provincia di (<a
href="http://www.youtube.com/user/fantasticplanetit#p/search/0/QNBpZUIXq0E">Sira
cusa</a>
), diverse centinaia d’anni fa. Si è diffuso nei comuni di <a
href="http://www.youtube.com/user/fantasticplanetit#p/search/0/X0pP-
njbKT8">Noto</a>
(<a
href="http://www.youtube.com/user/fantasticplanetit#p/search/0/QNBpZUIXq0E">SR</
a>
) e <a
href="http://www.youtube.com/user/fantasticplanetit#p/search/0/nqIeXp_h6O4">Pach
ino</a>
(<a
href="http://www.youtube.com/user/fantasticplanetit#p/search/0/QNBpZUIXq0E">SR</
a>
) e successivamente in tutta la Sicilia ed in ogni zona di coltivazione esprime differenti sensazioni
organolettiche-territoriali. Il vitigno opportunamente coltivato e vinificato da origine a grandi vini
rossi da invecchiamento.
Qualche ventennio fa era utilizzato quasi esclusivamente per la produzione di vini da taglio
(Pachino) ed esportato in grandi quantità. In Francia era chiamato le vin mèdicine. Nel nostro
territorio c’è stata una riscoperta e viene utilizzato anche nei blend dal carattere bordolese per
dare un tocco di eleganza e morbidezza.
Il Nocera: Vitigno autoctono della provincia di Messina, un tempo diffusissimo, poi soppiantato dai
vitigni sopra citati e dall’avvento degli internazionali, ma oggi c’è una più che giusta rivalutazione.
ridotto a pochi ettari, soppiantato, oltre che dai vitigni etnei Nerello Mascalese e Cappuccio, da
vitigni nazionali e internazionali. Il Nocera entra a far parte, con il Nerello Mascalese e Cappuccio,
nel disciplinare di produzione del Faro a Doc che prevede l'impiego di uve Nerello Mascalese in una
percentuale compresa tra il 45 e il 60%, Nocera per il 5-10%, Nerello Cappuccio per il 15-30% con
l'eventuale aggiunta di uve Calabrese (Nero D’Avola) e/o Gaglioppo (Monsonico Nero) e/o Sangiovese per
un massimo del 15%.
IL Nocera si trova anche a Reggio Calabria e Catanzaro. In Francia, Provenza e Beaujolais, dove si è
diffuso con i nomi di “Suquet” e “Barbe du Sultan” (Pulliat 1879). Questa cultivar a maturazione,
ha grappolo lungo, mediamente serrato con acino medio, di forma ellissoidale di colore grigio-
bluastro. L’uva giunta a maturazione è molto dolce e con un’ottima acidità. Il Nocera, anticamente,
veniva consumato per un’uva da tavola e soffre la siccità. Questa cultivar, vinificata, regala
sensazioni olfattive ben distinguibile come un grande vitigno, imprimendo, dentro al bicchiere, una
firma ben marcata per la riconoscibilità del Faro Doc.
La Doc Faro prende il nome dall’antica popolazione detta Farenzi. I produttori associati al
Consorzio di Tutela sono 17 di cui soltanto 9, allo stato attuale, imbottigliano ed hanno etichetta.
Di queste, non tutte si possono trovare in commercio. Allo stato attuale ci sono produzioni limitate
che non superano le 1000/1200 bottiglie (ultimo aggiornamento). Il Faro Doc non può produrre
matematicamente più di 7000/8000 bottiglie per ettaro. Dovuto, all’esigua superficie di area
vitata ma anche per le pratiche colturali adottate. <a
href="http://www.consorziovinofaro.it/">(Albo dei Vigneti Faro Doc</a>
). Escluso il produttore Geraci ( Faro Palari), che ha i vigneti impiantati da circa 20 anni, e che è
l’unico che gode di una buona tecnologia in cantina, il resto dei vigneti sono tutti impianti giovani
che risalgono all’incirca dal ’04 in poi.
*Riflessione/Considerazione*
Sono sempre più convinto che la solforosa aggiunta al vino con questi così bassi dosaggi abbia un
duplice effetto.
Nel vino, ha la funzione di antisettico antiossidante, selettivo ecc…, invece nell’uomo (produttore o
enologo) lo “stabilizza e rilassa” facendogli dormire dei sonni più tranquilli.
Enza La Fauci: “Come ti dicevo, caro Maurizio, durante la
nostra chiacchierata, il mio vino non ha alcuna
certificazione biologica in quanto l'essere naturale per me non
è neanche una convinzione ma è un fatto insito ed
assolutamente spontaneo, non acquisito. Ritengo, fra l'altro,
che la marea burocratica cui si deve adempiere nel caso di
certificazione da parte di ente certificatore, sia un ulteriore
dispendio di energie nell'affollatissima foresta burocratica
nella quale siamo costretti a svolgere il nostro lavoro noi che
facciamo vitivinicoltura. Gli enti cui facciamo capo sono 21.
Presso la Comunità Europea è stata aperta una petizione che mira a raccogliere adesioni da parte
dei produttori europei vitivinicoli e mirata ad alleggerire gli adempimenti burocratici cui siamo
sottoposti”.
I vitigni della Tenuta Enza La Fauci si estendo su 5 terrazzamenti esposti al sole e al vento della
costa Messinese (Sicilia). Nel 2004 si è scelto d’impiantare il vigneto con portainnesti differenti
sulle differenti varietà, ma anche su barbatelle franche di piede innestate in campo con le 4 varietà
che compongono il Faro Doc.
Pertanto, si ha la possibilità di capire come si comportano le differenti varietà in uno stesso luogo
ma su differenti portainnesti.
Nella terrazza 3 - c’è dell'ottimo Nocera. Un grande vitigno che esprime e caratterizza il
territorio messinese. Regala profumi balsamici e gentili note di frutti rossi, ma anche pesca
e albicocca. In bocca è elegante e persistente.
Nella Terrazza 4 - abbiamo del Nero D'Avola su portainnesti anch’essi di due differenti
vivai. Comportamenti delle viti differenti ed imprevedibili. Viti vigorose generose sane e
robuste si alternano a viti più passive alle intemperie ed al vento locale. Davvero difficile
fare previsioni sulla resa.
Nella Terrazza 5 - c’è il Nerello Cappuccio su un
portainnesti unico . Ottimo sviluppo di queste viti che
essendo le più esposte alla salsedine oidica resistono
eroicamente alle sciroccate più violente ed anche al
maestrale che giunge dal mare. L'uva di queste piante
conferisce all’ Oblì eleganza e morbidezza. Sono in
generale le viti più generose dell'intero vigneto. Si
adopera un diradamento molto spinto concentrando le
energie delle viti sui pochi grappoli centrali della pianta. La natura del terreno è argillosa
con strati di calcare a 3/4 m. La cosa importantissima è la presenza della “Mica”, pietra
ferrosa che al sole brilla e che essendo friabile, durante le lavorazioni del terreno, lascia
parte della mineralità che si trasferirà dalla vite ai sui frutti. Questo minerale ( Mica) viene
considerato un vero regalo nel vigneto. Al cospetto del trattore che durante le lavorazioni
grida vendetta.
La densità d’impianto è di 5000 piante per ettaro, sistema di allevamento Cordone Royal e
Guyot. Raccolta delle uve manuale in cassetta. Le cultivar vengono vinificate separatamente
con macerazione sulle bucce per dieci giorni circa. Maturazione in barrique nuove e usate per
almeno 12 mesi con affinamento in bottiglia dai 6 ai 9 mesi.