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Prefazione di don De Töth al libro: “Il

soldato di Cristo, Stanislao Medolago


Albani”
Dato alle stampe un inedito di don Paolo de Töth: il profilo biografico del Conte
Medolago Albani

Il Centro Studi don Paolo de Toth (https://www.paolodetoth.it), nella festa della Conversione di San
Paolo, ricorda questa importante opera di don Paolo, nell’attesa di pubblicare periodicamente sul
nostro sito dei contributi che facciano ancora oggi conoscere ed apprezzare il suo fondamentale
contributo nella battaglia contro il Modernismo, soprattutto attraverso la sua gloriosa rivista, eminente
espressione del Cattolicesimo Integrale, Fede e Ragione.

Prefazione di don De Töth al libro:


“Il soldato di Cristo, Stanislao
Medolago Albani”
15 Gennaio 2021 Amici di don Paolo, In evidenza, Scritti di don De Töth

A pagina 54 del volume L’intelligence catholique dans l’Italie du XX


siècle, comparso a Parigi nell’autunno 1921,(1) a brevissima distanza di tempo
dalla morte del conte Stanislao Medolago Albani, e, adesso già divenuto
rarissimo, leggevasi la seguente nota: “Le comte Medolago Albani vient de
disparaître à son tour (6 juillet 1921) parmi le silence concerté, semblet-il, de
la presse italienne, qui ensevelissait naguère Toniolo sous les fleurs. Certes,
nous ne songeons pas à comparer les deux hommes ni quant à l’envergure
intellectuelle ni même quant à leur rôle actif dans le mouvement catholique
italien. Pourtant, les 23 lignes de nécrologie accordées par le «Corriere d’Italia»
à Medolago, qui en ces dernières années, vieilli et solitaire, s’était tourné contre
les nouveaux dirigeants de l’Action catholique italienne et comptait comme
intransigeant, semblent une bien mesquine vengeance envers un homme qui
eut, à son heure, de grands mérites et font vraiment trop pauvre figure à côté
de la multitude d’articles laudatifs publiés encore sur Toniolo plusieurs années
après sa mort.(2)
Le maître de Pise, s’il était toujours de ce monde, aurait, certes, peu
goûté ce triomphe de l’esprit de parti sur l’esprit de justice.” In verità, non si
poteva colpire meglio l’ingiustizia commessa verso il conte Medolago; non si
capisce, però, come mai il ch. Vaussard, accortosi della partigianeria, che
inquinava tanti giudizi, sentiti o letti, sull’insigne estinto, non ricorresse per
informazioni a fonti in grado di fornirgliene di sicure, veritiere, precise. Se
questo avesse fatto, è certo, e anzi certissimo, ch’egli non avrebbe negato al
conte Medolago un medaglione nella galleria dedicata ai rappresentanti
dell’intellettualità cattolica italiana, dei quali nel suo libro descrive la vita e le
opere, e proprio accanto a quello di Toniolo.
Da informazioni sicure, che con facilità avrebbe potuto raccogliere a
Bergamo e altrove, e anche nel suo stesso Paese, da uomini che conobbero il
Medolago e dei quali nel 1921, parecchi vivevano ancora, avrebbe imparato,
infatti, che Toniolo – Medolago è un binomio inscindibile nella storia del
Movimento cattolico italiano, specie in quello sociale, sia teorico o scientifico e
sia pratico. In questo, anzi, come questo libro dimostrerà, dalla prima all’ultima
pagina, Medolago ebbe una parte infinitamente superiore a quella del
professore di Pisa, al punto che senza esagerazione, ben si può dire, che scrivere
la vita del conte Medolago Albani è lo stesso che fare la storia dell’Azione
cattolica italiana.
È vero: di questa egli non è tra i fondatori: egli viene dopo, sebbene di
poco, del Fani, dell’Acquaderni, del Casoni, del Venturoli, del Sassoli-Tomba, del
Paganuzzi, del Crotti di Costigliole, suo lontano parente; ma tutti costoro
sarebbero stati da lui superati, facendo ben presto convergere sulla sua
persona, nonostante lo sforzo costante per tenersi nascosto, gli occhi dei
cattolici italiani. Né di questi soltanto.
Ché all’estero il nome di Medolago non venne stimato meno che in Italia,
se non forse, e anche senza forse, di più.
Il Vescovo, Cardinale Gaspare Mermillod, fondatore di quella Unione di
Friburgo, che preparerà i materiali della Rerum Novarum e in cui Medolago
rappresenterà l’Italia; il De Mun, il La Tour du Pin, l’Ancel, che con il Milcent,
l’Avril, il Nicolay e il Lorin ricordano le pagine più belle del movimento cattolico
francese, collaterale al nostro italiano, dall’opera famosa dei Cercles catholiques
d’Ouvriers alle Settimane sociali che durano ancora; il celebre teologo-moralista
Lehmkull; il capo dell’organizzazione operaia austriaca, barone di Vogelsang; lo
svizzero non meno celebre, Decurtins; i belgi sociologi e deputati Helleputt e
Werhaegen: insomma tutti i capi del movimento sociale cattolico
internazionale lo terranno amico e collega carissimo, né sarà per essi cosa più
gradita che di averlo presente nelle loro adunanze e nei loro congressi, onde
godere e usufruire degli avvisi della sua prudenza ed esperienza.
“Beatissimo Padre, il conte Gerolamo Medolago Albani di Bergamo,
Commendatore dell’Ordine di san Gregorio Magno, prostrato ai piedi
della Santità Vostra, dalla cui clemenza ha ottenuto singolarissime grazie,
adesso umilmente ne implora la più desiderata al suo cuore, ed è una
singolare benedizione sopra di lui e sopra l’orfano figlio. Aveva l’umile
esponente nella contessa Benedetta de Maistre una virtuosa compagna,
una cristiana esemplarissima; nella Madre Eustochio Verzeri, superiora
generale delle “Figlie del Sacro Cuore”, una sorella di sangue, una madre
di consiglio. Ora, orbato per morte dell’una e dell’altra, non cerca altro
conforto, che nella Religione, e questa gli suggerisce d’implorare sopra di
sé e sopra l’unico figlio, l’Apostolica Benedizione espressa coi caratteri
della Santità Vostra, come tesoro da serbarsi in Famiglia e da compensare
i patiti dolori. Si degni la Santità Vostra consolare il pio desiderio
dell’addolorato supplicante, che prostrato al bacio del S. Piede spera la
grazia”. Romae, die 2 Augusti 1852 – Pro gratia – Pius IX
(dalla Quarta di copertina)

Né meno caro ai Pontefici Pio IX, Leone XIII, Pio X. Quest’uomo, che un
deplorevole spirito di parte si adoperò, – né lo sforzo è cessato -, di fare
dimenticare ai cattolici italiani. Col Toniolo andò diversamente.
Per la eccessiva bontà d’animo e semplicità di carattere, per la quale
credeva di potere giungere “a convertire gli inconvertibili”,(3) essendosi egli
dimostrato più largo e condiscendente verso certe correnti innovatrici, e
bisognando queste di un nome, sul quale puntare e di cui coprirsi, per ciò
a lui non mancarono mai fïori, omaggi e lodi. Ma se il trionfo della Verità e
della Virtù talvolta ritarda, esso, però, non manca mai e la posterità e la
storia finiscono sempre con rivendicare il merito a chi si appartiene: suum
cuique decus posteritas reponit e col dare a ciascheduno il suo: unicuique
suum. Appena scomparso il conte Stanislao Medolago, sia per gratitudine e
sia per affetto e venerazione verso l’insigne Estinto, pensiero sorse in noi
di riandarne, in una biografia ben documentata, le opere e le virtù; ne
fummo trattenuti dalla notizia che persona, infïnitamente più dotta e più
abile, aveva in animo di mettere mano a identico lavoro. Purtroppo, la
morte non doveva concedere al P[adre] Alfonso Casoli il piacere di attuare
il suo desiderio e al pubblico di leggere una vita del Medolago, quale la
penna del forbitissimo e vivacissimo scrittore, noto per tante altre opere e
premi mondiali di letteratura e poetica latina, ci avrebbe saputo dare.(4)
Pregati di riprendere l’interrotto proposito, ci mettemmo all’opera,
che circostanze diverse impedirono, che fosse portata a termine con la
prestezza che avremmo voluto.
L’involontario ritardo, però, non doveva andare a scapito del lavoro,
che adesso vede la luce. Quante preziose notizie vennero ad aggiungersi a
quelle che già possedevamo, grazie ad una moltitudine di documenti, che
avemmo la fortuna di trovare ed esaminare: documenti di eccezionale
importanza, oltre che per la storia del Movimento cattolico italiano, anche
e soprattutto, per la conoscenza dello spirito e dell’anima del conte
Medolago. Infatti, la prodigiosa attività, che lo distinse, non fu che
l’irradiazione esterna e sensibile di un potente spirito interiore, frutto di
speciali grazie del Cielo e di una educazione sapiente rivolta a formare in
lui un uomo soprannaturale, tutto di Dio e della Chiesa. I Nonni, la
Mamma, hanno detto al piccolo Stanislao, che egli deve essere pronto a
morire piuttosto che commettere peccato; lo hanno ammonito fin dalla
prima infanzia, che egli deve essere un buon soldato e cavaliere di Cristo: sui
tredici anni promette solennemente di diventarlo, e tale sarà, escludendo
dalla sua azione ogni motivo umano, ogni interesse terreno; dando, con
tutto sé stesso, ogni cosa sua alla causa superiore e divina, alla quale sa di
essere stato consacrato nel nascere e di cui la Grazia gli ha fatto intravedere
il merito e la grandezza.
Molto si parla a questi giomi della beatificazione del Toniolo. Ma il
primo a chiamare il Toniolo col titolo di santo, mentre ancora viveva, e in
tempo in cui il nome del professore pisano, non era conosciuto come fu
conosciuto poi, in una lettera, che con tante altre vedrà la luce in
quest’opera, fu il Medolago; però, è certo che Toniolo, se potesse parlare,
come rigetterebbe sdegnosamente l’esaltazione partigiana con tanta
ragione ripresa dal Vaussard, cosi per lo spirito di giustizia, che fu sempre
l’anima della sua vita, restituirebbe e contraccambierebbe all’amico e
fratello carissimo di Fede, di lavoro, di lotta, l’elogio ricevuto. Spirito di
preghiera e di sacrificio; zelo ardente per la verità, per la Chiesa, per il bene
del popolo; modestia ed umiltà; operosità mai stanca e generosità
silenziosa: ecco la figura spirituale del conte Stanislao Medolago Albani,
che nel motto evangelico inciso nell’arma della sua casata: Quaerite primum
regnum Dei, ebbe segnato il fine della sua giornata operosa, modello a
quanti intendono di lavorare con frutto al trionfo del regno di Dio. “Cercate
soprattutto il regno di Dio”.
Non ci sarà nessuno (o almeno speriamo) che troverà che noi ci
siamo allungati troppo nel seguire il progresso di questa giornata, che dal
pallore dell’aurora sale agli splendori di un fiammeggiante meriggio. Del
resto, come è stato accennato, con la vita del Medolago è la storia stessa
dell’Azione cattolica italiana, che viene svolgendosi sotto i nostri occhi, e
conoscere questa storia deve essere piacevole, per quanti si occupano di
Movimento cattolico, in un’ora nella quale, come forse non mai in passato,
dai cattolici la società attende la sua salvezza. Quanto da imparare
dalla vecchia (usiamo il termine assai volte ripetuto per dispregio,
purtroppo) Azione cattolica. E quanto bisogno, per andare avanti, di
guardare indietro, di riprendere e inalberare coraggiosamente
quella dichiarazione di principï, che ogni anno si ripeteva negli antichi nostri
Congressi, seguita per decenni, come norma e regola di azione; sfida che
faceva tremare gli avversari costretti a contare e sperare, per le loro vittorie,
sui ripiegamenti e sulle condiscendenze degli odiati e perseguitati cattolici.
E non li sentiremo noi un giorno, esclamare sopra uno dei loro massimi
organi, la Perseveranza di Milano: “Se i cattolici ci aiutassero…?” Quale
ammonimento in questa esclamazione, confessione manifesta
dell’impossibilità di vincere la resistenza cattolica, finché questa si fosse
mantenuta decisa, intransigente, compatta sotto la direzione e obbedienza
della Chiesa. Gli avvenimenti dei quali siamo oggi testimoni, il ruggito della
belva anticristiana che, ferita da una parola del Papa, va richiamando a
raccolta i suoi adepti; lo sforzo per la costituzione di un fronte unico laico,
ossia anticattolico, ossia ateo, fra liberali, democratici, socialisti,
repubblicani, tutti idealmente concordi, sebbene politicamente divisi,
contro Dio, contro Cristo: tutto ciò che cosa è, se non un aperto richiamo
ai cattolici di unirsi per la lotta, forse suprema, che li minaccia? In questa
lotta, che è la lotta del Male contro il Bene, dell’errore contro la Verità,
della violenza contro il Diritto, del disordine contro l’Ordine, insomma di
Satana contro Dio, tutto al contrario di quello che tanti cattolici hanno
creduto e magari ancora pensano, non si vince con i tentennamenti e le
concessioni: ogni concessione è una breccia, per la quale passerà il nemico;
una falla, che non farà che allargarsi; un ripiegamento che sotto colore di
tattica, come tante volte si pretese di giustificare, non può finire che a
sconfitta e rovina. Per i cattolici non c’è via di mezzo: o tutto o niente, in
Morale, in Politica, in Sociologia. Totalitarismo? Sì. E perché no?
Non sono, forse, intransigenti, intrattabili, totalitari sui loro principï
i nemici di Dio, di Cristo, della Chiesa? Altrettanto (lo si gridi in alto, senza
paura) devono esserlo i cattolici, perché essi devono volere (e non volerlo
sarebbe pratica abdicazione degli impegni del loro Battesimo) che il diritto
di Dio, il quale nessun diritto offende o distrugge, ma tutti i diritti
individuali e sociali salvaguarda e consacra, come quello che ne è il
fondamento e l’origine, domini sovrano in ogni manifestazione della vita
umana, anche in Politica. Sì, anche in Politica, stanteché la Politica non
sia, come fu ridotta e si crede, una competizione di Partiti in lotta per la
conquista del potere o un tentativo di accordo, che, poi, in pratica sempre
sfuma, per una divisione di potere, bensi “l’applicazione della legge morale
agli atti della vita civile e sociale.” Così considerata la Politica, non è chi
non veda la irragionevolezza del veto, che il Laicismo pretende di mettere
ai cattolici di occuparsi di Politica. I cattolici devono occuparsi e
preoccuparsi dell’andamento della cosa pubblica e dello Stato, perché il
Cristo non è stato fatto per regnare soltanto nelle Chiese o nel chiuso
santuario delle coscienze e delle famiglie, ma ugualmente nelle pubbliche
Assemblee, nei Parlamenti e nelle organizzazioni del lavoro, e il Padrone
assoluto del cielo e della terra, con quanto in questa si contiene, a
cominciare dall’uomo, non deve sottostare alla Legge irrazionale e ridicola
della metà più uno per avere diritto ad essere riconosciuto e ottenere posto
nei consessi dei popoli e delle Nazioni. E donde l’altro parimenti
imprescindibile dovere di presentarsi al mondo nel loro essere, a bandiera
spiegata, perché “la bandiera cattolica non è merce da far passare di
contrabbando”,(5) attraverso attenuazioni, mimetizzazioni o
aconfessionalismi, indegni di salde coscienze cristiane.
Ma qui, purtroppo, si accenderà, un giorno, la battaglia tra i cattolici
italiani, divisi in coloro che, per smania di correre, di arrivare, non
dubiteranno di fare propria la distinzione liberale fra Religione e Politica,
fra Religione ed Economia, e i fedeli alla vecchia dottrina dell’unità e
supremazia del principio cattolico, che si estende a tutte le manifestazioni
della vita e tutte le raccoglie nella visione di un fine soprannaturale, al quale
ogni altro deve subordinarsi e ordinarsi. Lungi da noi pensare che la
visione e l’intenzione di questo fine superiore e armonizzatore, venisse
meno nei cattolici: a nessuno è lecito di dubitare della fede dei fratelli in
Cristo; in pratica, però, fu altra cosa, e i danni recati da un neutralismo, o
meglio aconfessionalismo per ragioni di tattica, cosi si disse, in realtà per la
paura di essere chiamati clericali, voluto sostituire al vecchio integralismo,
durano tuttavia. Dovendo percorrere, nello scrivere la vita di Stanislao
Medolago Albani, tutte le fasi della polemica e della battaglia che, accesasi
col sorgere della Democrazia Cristiana all’indomani della pubblicazione
della Rerum Novarum, ancora non può dirsi sopita del tutto, ancorché si
eviti di parlarne, saremo costretti ad emettere giudizï, che potranno parere
severi, sul contegno e l’operato di esponenti, e neppur di basso grado, del
Movimento cattolico; a parte, però, che nessuna animosità è in noi né
intenzione di diminuire i meriti di chicchessia, i documenti che
riporteremo, le citazioni che faremo, diranno se i nostri apprezzamenti
sono fondati oppure no.
Nessuna affermazione sarà fatta in questo libro, la quale non abbia
accanto la sua prova; nella documentazione noi abbiamo voluto essere, più
che prolissi, pedanti per la convinzione che la forza della Storia è nei
documenti, oltreché per il desiderio, che si dissipino finalmente i tanti
pregiudizi ingiusti, che un malvagio spirito di parte vi ha inculcato e vi tiene
radicati al punto da fare sognare contrasti non solo tra uno o altro degli
uomini, che maggiormente si segnalarono nel campo dell’Azione cattolica,
ma perfino tra le encicliche e le direttive dei sommi Pontefici. Che cosa
non si fece per mettere in opposizione Pio X con Leone XIII.
A quanti cavilli non si ricorse per trarre dalla Rerum
Novarum approvazione di movimenti, iniziative e idee politiche e sociali,
che quel famoso documento non conteneva.
Quante stiracchiature non ebbe a patire la Graves de communi
re pubblicata da Leone XIII apposta per confermare quello che, pure, era
chiarissimo nella Rerum Novarum a proposito, soprattutto di Democrazia,
che non doveva uscire dal suo campo sociale per farsi politica. Quante arti
non si adoperarono per diminuire la portata dogmatica e disciplinare
della Pascendi dominici gregis, il documento forse più denso di dottrina tra
tutti gli atti dei Pontefici romani, o per nascondere al pubblico la Singulari
quadam caritate, enciclica sempre attuale, e anzi attualissima, in materia
di Sindacalismo e di organizzazione cristiana cattolica del lavoro. E non
parliamo dei sofismi accumulati contro la lettera sul Sillon. A questi eccessi
doveva condurre l’errore del neutralismo confessionale o
della aconfessionalità, propaggine diretta dell’errore liberale, il cui
caposaldo e la cui base è, appunto, il principio sbagliato dell‘indipendenza
della ragione e della coscienza da ogni legge soprannaturale e divina. Senza
dubbio i cattolici, che per motivi pratici accettavano il Neutralismo e
l’Aconfessionalità, interrogati se accettassero il principio fondamentale
dei Liberalismo, avrebbero risposto negativamente. In realtà, finivano a
intrupparsi coi Liberali e a negare, anche clamorosamente, il diritto della
Chiesa, corollario del diritto divino, anche in materie politiche e sociali.
La lotta, che afflisse e mortificò l’Azione cattolica dal giorno in cui
la prima Democrazia Cristiana, duce il Murri, si levava a ribellione e la
predicazione di altri, che insistevano a passare sopra “sans arrière pensée”
(la frase precisa adoperata è “senza ripensamenti”) alle disposizioni
pontificie, concernenti la partecipazione attiva dei cattolici alla vita politica,
è tutta qui. In questa lotta, interprete fedelissimo dei pensiero della Chiesa,
si erge, dal principio alla fine, il conte Medolago Albani. Il quale, se si tenne
in un maggiore riserbo del professor Toniolo nei riguardi del “Partito
Popolare Italiano” (la Democrazia Cristiana di un trentennio avanti, mutato
nomine), non si voltò mai contro i “nuovi Dirigenti dell’Azione Cattolica”
come erroneamente, per influsso di informatori partigiani, scrisse il
Vaussard. Medolago lamentava, soltanto, la commistione che, più o meno
in buona fede, si faceva tra Azione Cattolica e Partito politico, la
dimenticanza di cui, in forza del principio della aconfessionalità, si
macchiavano i cattolici, dei diritti e della dottrina della Chiesa, su punti che
la professione cattolica comandava di tenere presenti e intatti. Questo il
motivo per cui il conte Medolago, mentre altri cattolici si preparavano ad
entrare nella formazione politica del Partito Popolare in un‘ala destra, ben
presto discioltasi per comando del papa Benedetto XV, si raccolse nel
silenzio e nell’ombra. Non già per sdegno o avversione, siccome al Vaussard
fu fatto credere, contro i “nuovi dirigenti dell’Azione cattolica italiana,” ché
né sdegni né avversioni, entrarono mai nell’anima di lui, sebbene
umanamente sarebbero, pure stati giustificati, ma per coerenza ai principï
direttivi di tutta la sua vita e fedeltà di obbedienza alla Chiesa. Un solo
istante di debolezza non doveva incrinare la gloria del “buon soldato e
cavaliere di Cristo.” E qui l’introduzione potrebbe far punto. Qualche
parola, però, i lettori ci permetteranno di aggiungere ancora, che dia una
visione generale dell’ambito e sviluppo dei lavoro che ad essi presentiamo.
Dagli inizi, ricchi di cose mirabili di cielo, quali si riscontrano soltanto nei
privilegiati del Signore, si passa a discorrere della prima attività del conte
Stanislao Medolago Albani. Bergamo, terra di Fede, è tra le prime città
d’Italia ad accogliere l’invito che da Bologna e da Firenze chiama i cattolici
italiani ad unirsi in santa lega, per la difesa dei diritti di Dio e della Chiesa,
ognor più minacciati dalla sopravanzante Rivoluzione. Ma per alcun tempo
il movimento, sebbene iniziatosi con buoni auspici, procede piuttosto
stentatamente. Manca il capitano, il quale ne prenda in mano con fermezza
e sapienza la guida e, soprattutto, sappia infondere col suo esempio,
entusiasmo ed energia. Il movimento cattolico bergamasco comincia ad
affermarsi il giorno in cui, per consenso universale, dai più anziani ai più
giovani, è chiamato a dirigerlo Stanislao Medolago. Da quel giorno le sue
sorti sono assicurate ed esso sarà ben presto il primo d’Italia e il modello
di ogni altro, tale da destare l’ammirazione e l’invidia anche degli stranieri,
che vengono a visitarlo.
Infatti, Medolago è dei pochi, i quali hanno capito che il movimento
cattolico per vivere, prosperare e rispondere al suo scopo, deve andare al
popolo, spandersi nel popolo, affermarsi nel popolo. Per vincere la sua
battaglia, la Rivoluzione punta sul popolo; altrettanto, in senso contrario
devono fare i figli della Verità, non disgiungendo dai mezzi religiosi e
sociali, ai quali il popolo fu e sarà sempre estremamente sensibile.
Di qui lo studio e la cura del giovane presidente Medolago di
accompagnare sempre alle opere religiose iniziative di indole economico-
sociale e il primo tentativo sarà nella costituzione del “Circolo operaio
cattolico San Giuseppe”, la cui organizzazione basterebbe da sola a
immortalarne il nome. Da un’umile cassa di mutuo-soccorso, attraverso la
cassa di “prestiti sull’onore,” il Circolo San Giuseppe arriverà alla banca del
“Piccolo Credito Bergamasco”, una delle poche Banche cattoliche,
sopravvissute in mezzo agli avvenimenti e sconvolgimenti sociali, politici e
finanziari di quest’ultimo settantennio, e, tuttavia, in piena efficienza ed
attività. Né meno considerevole nello stesso Circolo l’esperimento
professionale e corporativo che si estenderà, a partire specialmente dal
1886, a tutta la Bergamasca con beneficio immenso materiale e morale delle
popolazioni industriali ed agricole dell’intera regione. Di tutto questo
felicissimo movimento il Medolago è il pioniere, l’animatore, il maestro.
La sua azione è la realizzazione della dottrina, che viene sviluppando
ai suoi cari operai in discorsi, che niente ancora oggi hanno perduto di
attualità. Essendo arrivati al possesso d’una organizzazione potente, veniva
da sé che i cattolici bergamaschi pensassero alla conquista dei Comuni e
della Provincia, da troppi anni in mano alla Frammassoneria. La lotta è
lunga e aspra, perché il nemico è duro a cedere; ma da ultimo deve cedere
e Bergamo cattolica ha la sua amministrazione in mano dei propri
rappresentanti, in capo ai quali è sempre e per decenni, il conte Medolago.
Epici saranno gli scontri tra cattolici ed avversari nei Consigli Comunale e
Provinciale; il Governo, ligio alla setta, darà la sua mano, per sloggiarne gli
odiati papisti; ma ne uscirà con la testa rotta e peste le ossa, e Bergamo avrà
l’onore di una citazione all’ordine del giorno da parte del sommo Pontefice
Leone XIII, che al cospetto del mondo cattolico, le consacrerà con onore e
gloria, l’epiteto ad essa applicato dalla setta di “roccaforte e cittadella
avanzata del Vaticano”. Avanti, però, e anzi molto avanti di questi
avvenimenti, il nome di Stanislao Medolago era diventato famoso nel
movimento generale cattolico italiano. E come avrebbe potuto tenersi e
rimanere nascosto il capo di una organizzazione così florida e potente come
già fin dai primi inizi si era manifestata la bergamasca?
È evidente che i dirigenti l’Opera dei Congressi, la grande società,
sorta per unificare tutte le forze dei cattolici italiani, dovessero posare i loro
sguardi sul Medolago, e desiderassero di averlo fra loro. Il che avvenne,
dopo il Congresso tenuto a Bergamo nel 1877. E da quell’epoca comincerà
per lui una nuova fatica, la cui asprezza non farà che mettere in una più
vasta luce le sue doti eccezionali di scienza, prudenza ed esperienza, al
punto da fare desiderare a moltissimi, in momenti assai difficili per l’Opera
dei Congressi, che la stessa alle sue mani venisse affidata, essendo il solo suo
nome “un pegno di concordia e di pace” e, quindi, di avanzamento e
progresso. Ugualmente benefica del resto fu l’influenza esercitata dal suo
posto di presidente del 2° Gruppo dell’Opera dei Congressi, al quale il
Medolago venne chiamato dalla espressa volontà di Leone XIII nel
decennio 1892-1902. In mezzo alle roventi polemiche che accompagnarono
la nascita e lo sviluppo della prima Democrazia Cristiana,Medolago
apparisce elemento sapiente di equilibrio e concordia e a lui si accostano
i giovani, desiderosi di lavorare, ma per età e inesperienza bisognosi di
freno e di guida, tanto quanto essi si allontanano da altri capi,
autorevolissimi, ma dominati (purtroppo) da una concezione ultra-
accentristica, che sarà causa di gravissimi danni per l’Opera dei Congressi.
Senza frutto, Medolago cercherà di far capire il pericolo di questa
attitudine che obbliga lui stesso, per il bene del Gruppo, di cui è
responsabile, a separarsi dal Paganuzzi, Dio solo sa con quanta pena
dell’animo suo, per il lungo cammino percorso insieme, per il lavoro avuto
in comune, per l’affetto, che dei due cuori ne aveva fatto uno solo. Non
aveva scritto Paganuzzi un giorno che “Bergamo e Venezia dovevano essere
le rocche forti dell’Opera dei Congressi?”
Ma, in realtà, a Bergamo soltanto, sarebbe toccato l’onore di esserlo
fino alla fine e di meritare, perciò, di divenire, in seguito, il centro massimo
del Movimento cattolico italiano allorquando, sciolta l’Opera, Pio X
provvide a restaurare su nuove basi l’Azione Cattolica italiana.
Della quale, come dimostreranno i documenti che verranno citati, il
vero capo sarà il conte Medolago. Altri due uomini appariranno al suo
fianco: il tante volte nominato professor Toniolo e il presidente
della Gioventù Cattolica, commendatore avvocato Pericoli; ma l’anima, la
mente motrice e direttiva sarà il Nostro, l’uomo di fiducia del santo Pio X,
che nessuna decisione prenderà mai, senza avere chiesto e sentito il parere
di lui, per la sicurezza in lui riposta e la stima che ne aveva, della Fede
profonda e sincera virtù.
Di questa stima daranno testimonianza le lettere del santo Pontefice
a lui dirette, che non si leggono senza commozione ed ammirazione e
collocano, una accanto all’altra, due anime, nelle quali si ripercossero con
strazio acutissimo i dolori della Chiesa, tradita dal di dentro e dal di fuori,
dimenticata e abbandonata tante volte, da chi avrebbe dovuto esserle più
vicina nella grande lotta a lei imposta dall’eresia aggiuntasi a quella non
mai cessata, e, che non cesserà mai, della Politica perfida degli uomini
nemici di Dio.
Il Modernismo, questa eresia “sintesi di tutte le eresie”, come venne
definita, i cui sintomi si manifestarono negli ultimi tempi del pontificato di
Leone XIII, esplode in tutta la sua violenza, nei primi anni del governo di
Pio X, e la lotta è estremamente dura, perché anche presso gente di Fede,
non si vuole credere all’esistenza di un errore tanto radicale, profondo,
vasto e diffuso in ogni parte della compagine cattolica. Perciò,
gli antimodernisti sono dei poveri illusi, dei visionari, e l’accusa dietro cui si
difendono i nemici della verità e della Chiesa, raggiunge perfino il trono di
san Pietro e la sacra persona del Vicario di Cristo. Nell’epica lotta, il conte
Medolago, ricordandosi di essere un discendente dell’Autore immortale
del Du Pape, si troverà in primissima fila e il suo contegno sarà di sommo
conforto al cuore rattristato e oppresso del santo Pio X, che lamenta di
essere lasciato quasi solo, a sopportare l’assalto dell’inferno e si rivolgerà al
fedele suo servo, pregandolo di non lasciarlo solo.

Quale lode per Stanislao Medolago Albani, che appunto per venire
in aiuto alle necessità della Chiesa e preparare alla stessa, abili e coraggiosi
difensori, penserà alla fondazione di un “Istituto di Scienze Sociali”,
l’ultima opera del suo ingegno e del suo cuore. Le vicende che seguiranno
alla scomparsa del santo Pio X, la guerra che affliggerà il mondo,
cambieranno tante cose… i cattolici si metteranno per nuove vie, così da
far apparire nel Medolago un superato, di cui la storia poteva, senza offesa,
anche dimenticare il nome. La storia, che qui presentiamo, sfaterà il falso
giudizio, e restituendo al nome di Stanislao Medolago Albani l’onore che
si merita, muoverà i cattolici italiani a ripensarne gli insegnamenti e a
riprenderne gli esempi, per l’incremento vero della loro azione e il trionfo
di Cristo nella società, conformemente al desiderio santo, che animò tutta
la vita di lui e che deve costituire tutto lo scopo a cui essa deve indirizzarsi.
Questa la nostra speranza. Quanti queste pagine leggeranno, si uniscano
con noi a pregare, affinché essa venga ratificata e compiuta dalla
benedizione di Dio.

Paolo de Töth

Note

1) M. Vaussard, L’intelligence catholique dans l’Italie du XX siècle, Parigi,


Gabalda, 1921, XXI, 346. [Maurice Vaussard (1888-1978), giornalista, storico
è tra i migliori studiosi e conoscitori della storia dei cattolici italiani nell’età
contemporanea. A Pisa entrò in rapporto con Toniolo, fu amico di don
Luigi Sturzo (Carteggio, 1917-1958, ed. Gangemi, Roma)]. “Il conte
Medolago Albani è appena deceduto, a sua volta (6/7/1921) tra il silenzio che
sembra concordato, della stampa italiana, che ha sepolto poco prima
Toniolo sotto i fiori. Certo, noi non ci sogniamo di mettere a confronto i
due uomini, né per la portata intellettuale, e nemmeno quanto al loro ruolo
attivo nel movimento cattolico italiano. Tuttavia le 23 righe di necrologio
concesse dal Corriere d’Italia a Medolago, che in questi ultimi tempi,
invecchiato e solitario, s’era rivoltato contro i nuovi dirigenti dell’azione
cattolica italiana, e si poneva come intransigente, paiono una ben meschina
vendetta verso un uomo, che ebbe a suo tempo grandi meriti, e fanno una
ben magra figura a fronte della moltitudine di articoli laudativi pubblicati
ancora su Toniolo, a svariati anni dalla sua morte.

II maestro di Pisa, se fosse ancora al mondo, avrebbe apprezzato ben


poco questo trionfo dello spirito di parte sullo spirito di giustizia.” ↑ torna
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2) II Toniolo precedette Medolago nella tomba il 17 ottobre 1918. ↑


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3) (San) Pio X in una lettera a Stanislao Medolago Albani, 30 gennaio


1906. [Giuseppe M. Sarto, Riese, Tv,2/6/1835-Roma,†20/8/1914), pontefice
dal 4/8/1903 al transito; intronizzato, domenica,9/8. Motto: “Instaurare
omnia in Christo”. Primo papa beatificato nel sec. XX, domenica,3/6/1951;
canonizzato, sabato,29/5/1954 da Pio XII (Eugenio M. Pacelli, 2/3/1939-
Roma,†9/10/1958)]. ↑ torna su

4) [Di padre Alfonso Maria Casoli (Mo,21/7/l867-To †,20/2/1923) si


ricordi, almeno, il romanzo Anime sane (laed. Roma, 1917; 3a ed, Mo, 1921), la
prolusione “Un campione della causa cattolica, il conte Stanislao Medolago
Albani” (Acquapendente, 1922); le antologie: “Lyricorum liber”, Mo,
1922; “Reliquie poetiche”, Mo, 1930. Premiato al famoso e
prestigioso Certamen poeticum Hoeufftianum, Amsterdam (1845-1978): una
medaglia d’oro (1908); sette d’argento (1909,1910,1915,1917,1921,1922, e 1923);
rivaleggiò, nel primo decennio del secolo, con Giovanni Pascoli, anch’egli
plurivincitore di medaglie auree e d’argento, nello stesso concorso. Primo
vincitore, 1845, il poeta reggino, Diego Vitrioli (2/6/1819 -† 20/5/1898) M.O.
per “Xiphias” (la pésca del pesce spada). Ultimo vincitore, “magna laus” (con
altri), 1978, T. Ciresola, per “Panis”. Teodoro Ciresola, veronese, “Ragazzo
del ‘99”, dopo la laurea a Pavia (12/7/1920) in “Filosofia e Lettere” (antiche)
insegna nei licei di Desenzano, Como (Merate), Foggia, Bolzano, Como,
Brescia e dal 1933 al Carducci di Milano, ov’è anche vice preside, fino al
1969 (pensione). Maestro del curatore della presente, insieme col compagno
di classe (Sez. B, anno 1953-‘54 ss.) Lodovico co. Medolago Albani. Teodoro
Ciresola vinse al Certamen: tre M.O., 1962, con “Lapsus”. 1965,“Ioannis XXIII
somnium”. 1973, con “Vetus discipulus”.Dal 1974 al ’78, è assegnata soltanto
“magna laus”: 1974, T. C. per “Sacrum Graeci praesaepium” (altri). 1975, T.C.
da solo, per “Pusillus grex”. 1976, T.C. da solo, per “Van Gogh”. 1977, T.C.
per “Sub solis ortum” (altri). Cfr. R.B. “Tracce di Storia Patria”, Quaderni, n.
3, profilo biografico di T. Ciresola, Ve, 2018,39, nn.92,93]. ↑ torna su

5) “quasi fosse una merce avariata e di contrabbando”, in lettera del


22/11/1909 di [San] Pio X a [Stanislao] Medolago. [Le encicliche Rerum
Novarum, “L’ardente brama di novità” (15/5/1891) e Graves de communi re, “Le
gravi dispute” (18/1/1901) sull’economia sociale, sono di papa Leone XIII
(Vincenzo G. Pecci, 1878 -† 20/7/1903). Pascendi dominici gregis, “Di pascere
il gregge del Signore” (8/9/1907) contro il modernismo e Singulari quadam
caritate, “Uno speciale affetto” (24/9/1912) verso i cattolici tedeschi
(sindacati), sono di san Pio X. Nella sua prima enc. E supremi, “Dall’alto di
questa cattedra” (4/10/1903), il pontefice san Pio X fa riferimento al suo
motto araldico “Rinnovare tutto in Cristo” (Ef. I, 10)]. ↑ torna su

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