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Italiani nella guerra civile americana

di Vito Foschi

Le vicende che riguardano gli Stati Uniti d’America e il continente americano in generale ci
sembrano lontane, spesso considerate solo ottimo sfondo per film e telefilm. In realtà, la presenza
italiana nelle americhe è stata piuttosto massiccia, purtroppo figlia dell’emigrazione e le varie
comunità di italiani hanno acquisito non poco peso nella storia di quei lontani paesi.
Una di quelle vicende che sembra lontana anni luce dalla nostra storia è la guerra civile americana,
indubbiamente nota ai più attraverso svariati film, ma che vide combattere anche gli italiani in
ambedue gli schieramenti e in qualche modo lambì anche Giuseppe Garibaldi.

Gli immigrati italiani furono reclutati sia a nord che a sud, ma la maggior parte era nel nord e così
l’esercito dell’Unione poté costituire due unità di soldati italiani, la “Italian Legion” e la “Garibaldi
Guards”. Situazione diversa per gli italiani arruolati nell’esercito confederato, in gran parte ex
militari del Regno delle Due Sicilie. Il neonato regno d’Italia volle risolvere il problema dei
prigionieri borbonici permettendo loro di arruolarsi nell’esercito confederato. Arrivarono in
America con tre navi fra il dicembre 1860 e i primi mesi del 1861 e per ironia della sorte vennero
inquadrati nella “Garibaldi Guards - Italian battalion Louisiana Militia”, che dopo le prevedibili
proteste, nel 1862 cambiò nome diventando “Sesto Reggimento European Brigade”. Sarebbe stato il
colmo, per uomini che avevano combattuto Garibaldi e pativano per lui la prigione, combattere in
una formazione che portava il nome dell’Eroe dei due mondi. Curioso destino per i soldati
borbonici, combattere in due eserciti perdenti e ambedue geograficamente del sud.

Gli italiani parteciparono a varie battaglie ed ebbero modo anche di battersi fra loro, quando le unità
di italiani dell’esercito unionista e quelle dell’esercito confederato si scontrarono nella battaglia di
Winchester nel settembre 1862 e in quel caso fu l’esercito del sud ad avere la meglio. Alcuni italiani
si distinsero per valore, come per esempio il sergente John Garibaldi, di cui si conservano parecchie
lettere e che fu seppellito nel cimitero di Lexington, assieme ai generali Lee e Jackson, due eroi
degli stati del Sud.

Fra i morti italiani, purtroppo vanno inclusi due italiani vittime di un episodio simile a quello più
noto di Sacco e Vanzetti. Per dare una lezione a possibili disertori, si pensò bene di arrestare cinque
soldati a caso che non parlavano inglese, istituire un processo farsa e fucilarli. Fra questi furono
presi anche due italiani, Giovanni Falaci, 26 anni e Giuseppe Rionese, 20 anni.

Un’ultima nota la dedichiamo a Garibaldi che fu invitato a guidare l’esercito nordista: l’uso del
nome di Garibaldi in ambedue gli schieramenti fa intuire la notorietà del personaggio negli Stati
Uniti. All’apertura dell’ostilità l’esercito dell’Unione subì una clamorosa sconfitta nella battaglia di
Bull Run gettando nello sconforto la truppa. Il presidente Lincoln conscio di non avere ufficiali in
grado di motivare le truppe pensò di mandare a chiamare Garibaldi, fresco reduce dell’impresa dei
Mille. La causa del nord, con l’idea di abolire la schiavitù, poteva sollecitare l’eroe italiano, ma al
di là della facciata, la guerra civile americana si combatté per ben altro. Per il nord, era l’idea di uno
federazione centralista che limitava i diritti dei singoli stati, mentre per il sud era in gioco il diritto
di ogni singolo stato di secedere dall’unione, prendendo alla lettera la dichiarazione di indipendenza
del 1776: “Queste Colonie Unite sono, e per diritto devono essere, Stati liberi e indipendenti…e
come Stati liberi e indipendenti essi hanno pieno potere di fare la guerra, stipulare la pace, contrarre
alleanze, stabilire commercio e compilare tutti gli altri atti che gli Stati indipendenti possono fare a
buon diritto”. Probabilmente questo fu chiaro a Garibaldi e in qualche modo condizionò la sua
scelta di non partecipare. Inoltre aveva chiesto al presidente Lincoln il comando in capo, cosa che
ovviamente non gli poteva essere concesso.

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