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LINEE GUIDA

PULIZIA E DISINFEZIONE IN ENDOSCOPIA


UPDATE 2011
INDICE

Premessa

1. Introduzione
2. Termini e definizioni
3. Infezioni correlate all’endoscopia
4. Principi di controllo delle infezioni
5. Salute e sicurezza del personale in endoscopia
5.1 La sicurezza dei Servizi di endoscopia: quale approccio organizzativo-gestionale
5.2 Rischio biologico
5.3 Rischio chimico
5.4 La movimentazione dei pazienti
5.5 Rischio elettrico
5.6 I dispositivi di protezione e la sorveglianza sanitaria
6. Requisiti generali
6.1 Classificazione della strumentazione endoscopica e livello di trattamento
6.2 Requisiti del personale
6.3 Requisiti della sala di lavaggio e disinfezione
7. Agenti chimici di processo
7.1 Detergenti
7.2 Disinfettanti
8. Reprocessing degli endoscopi
8.1 Fasi della detersione manuale di un endoscopio
8.2 Disinfezione
8.3 Asciugatura e stoccaggio
9. Controllo di qualità
9.1 Tracciabilità
9.2 Sorveglianza microbiologica
9.3 Gestione di un evento infettivo
9.4 Manutenzione delle apparecchiature
10. Reprocessing degli accessori
- Bibliografia
- Direttive, decreti e norme
- Link di interesse

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A cura di:

Vincenzo Cirigliano CPSI U.O.D. Servizio Di Endoscopia Digestiva, Azienda Ospedaliera S. Carlo
Potenza
Davide Cordioli Infermiere Coordinatore Gruppo Operatorio, Isola della Scala e Villafranca (VR)
Ulss 22 Veneto
Laura Gabrielli Infermiera Professionale Servizio Endoscopia Digestiva, Azienda Ospedaliera
S. Andrea, Roma
Roberta Mattiola CPSE ASL TO2, Servizio Endoscopia Digestiva, Ospedale Maria Vittoria, Torino
Laura Nembrini Infermiera-Vigilatrice d’Infanzia-Stomaterapista, Servizio di Endoscopia, Clinica
San Carlo Paderno Dugnano (MI)
Cinzia Rivara CPSE, ASL TO4 Torino
Ivan Salardi Infermiere Professionale Coordinatore Infermieristico, U.O Endoscopia digesti-
va e Gastroenterologia, A.S.M.N. Reggio Emilia

Gli autori ringraziano la dottoressa Monica Cimbro per la collaborazione.

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Premessa

Le linee guida più recenti sul reprocessing degli endoscopi dell’Associazione Nazionale
degli Infermieri di Endoscopia sono state pubblicate nel 1998 da ANOTE.
Nonostante gli sforzi effettuati nel corso degli anni per diffonderne la conoscenza tra gli
associati, l’adesione alle raccomandazioni non sembra essere omogenea sul territorio
nazionale. Nel corso del convegno annuale ANOTE/ANIGEA tenutosi nel mese di novembre
2009 ad Assisi, è stato distribuito un questionario al fine di ottenere uno spaccato della
situazione italiana.

È stato utilizzato quale metodo di indagine un questionario anonimo sulla gestione del
reprocessing degli endoscopi.
Tutti i moduli sono stati analizzati ed i risultati sono stati presentati il giorno successivo alla
raccolta nel corso della sessione plenaria.

Sebbene le osservazioni derivanti dall’analisi dei questionari rappresentino una visione


parziale della situazione nazionale italiana, è stato possibile trarre alcune considerazioni:
• non è ancora realizzata una conoscenza soddisfacente delle raccomandazioni
delle linee guida, in particolare per quanto è riferibile alle fasi finali del processo
(asciugatura e stoccaggio).
• Tutti i centri dovrebbero essere consapevoli dell’importanza di un sistema di
tracciabilità dell’intero processo.
• I test microbiologici sono eseguiti dalla maggioranza dei centri; tuttavia sarebbe
auspicabile una maggiore uniformità dei protocolli.

Il lavoro è stato riassunto in un poster presentato al congresso europeo della malattie


digestive svoltosi a Barcellona nell’ottobre 2010 (Caldana 2010).

È stato dunque costituito un gruppo di lavoro per la revisione e l’aggiornamento delle linee
guida nazionali e per l’implementazione del programma di formazione al fine di diffondere
maggiormente le conoscenze, contribuendo a migliorare la professionalità di tutti gli infermieri
di endoscopia.

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1. INTRODUZIONE

Negli ultimi anni si sono consolidate le conoscenze scientifiche sulle modalità più appropriate
per il trattamento degli endoscopi allo scopo di prevenire la trasmissione di infezioni (il
cosiddetto reprocessing degli endoscopi). Tali conoscenze sono state oggetto di numerose
linee guida redatte da singole istituzioni, società scientifiche o, più recentemente, da
gruppi di società scientifiche e rappresentanti dell’industria medicale che hanno espresso
raccomandazioni congiunte dopo un processo sistematico di revisione della letteratura.
Il trasferimento nella pratica di tali conoscenze ha come obiettivo il coinvolgimento di tutti
gli operatori nell’utilizzo di tali linee guida, al fine di armonizzare quanto più possibile le
procedure anche appartenendo a servizi di endoscopia cosiddetti “minori”.
Questo documento si propone non solo di presentare le raccomandazioni tratte dalle
più aggiornate linee guida internazionali sul reprocessing degli endoscopi, ma anche di
valutare criticamente le principali problematiche attese nel trasferimento di tali indicazioni
nella pratica e discutere le possibili soluzioni operative in un contesto multidisciplinare.
Il documento vuole essere dunque uno strumento utile a livello nazionale ad indirizzare
l’attività e la responsabilità dei professionisti nel reprocessing degli endoscopi.

2. TERMINI E DEFINIZIONI
• Addestramento: acquisizione di abilità (saper fare) idonee a una funzione ben
definita e precisa, le quali prima non erano considerate utili e/o pertinenti. Nelle norme
ISO questo termine indica l’azione che deve essere effettuata dall’organizzazione,
insieme con altre pertinenti, per soddisfare l’esigenza che il personale possieda
le competenze necessarie per svolgere le attività che influenzano la qualità del
prodotto (UNI EN ISO serie 9001:2008).
• Aria medicale: aria prodotta ed utilizzata in ambito ospedaliero, in genere per
compressione; sebbene non sterile, grazie all’applicazione di sistemi di filtrazione,
è priva di contaminazione batterica e prodotti tossici.
• Aria filtrata: aria resa batteriologicamente pura mediante filtrazione (0,2 micron)
• Autodisinfezione: riferito ad apparecchiature per il lavaggio e la disinfezione
è il ciclo che consente di disinfettare i circuiti idraulici delle medesime al fine di
diminuirne il rischio di contaminazione da microrganismi acquatici.
• Biofilm: comunità di cellule batteriche racchiuse in una matrice polimerica prodotta
dalle stesse cellule e aderente ad una superficie inerte o vitale.
• Controllo di qualità: insieme di tecniche ed attività a carattere operativo volte
sia a tenere sotto controllo un processo sia ad eliminare le cause di prestazioni
insoddisfacenti in tutte le fasi del cerchio della qualità al fine di conseguire una
maggiore efficienza.
• Decontaminazione: operazione che precede la detersione vera e propria di un
dispositivo; consiste nella rimozione dei microrganismi o delle sostanze estranee
(o di entrambi) dai materiali ed ha lo scopo di ridurre il rischio di contatto da parte
dell’operatore con materiale potenzialmente infetto.
• Detergente: sostanza che diminuisce la tensione superficiale tra sporco e superficie
da pulire, in modo da favorire l’asportazione dello sporco.
• Disinfettante: sostanza chimica capace di eliminare agenti patogeni in modo non
selettivo da oggetti inanimati. Talora una stessa sostanza contenuta in preparati
diversi può essere usata come antisettico o come disinfettante; va però precisato
che il requisito necessario dell’antisettico è l’assenza di tossicità e di azione irritante
sull’organismo su cui viene usato, requisito non indispensabile per il disinfettante.
• Disinfezione: operazione che consente di ridurre il numero di batteri patogeni in
fase vegetativa a livelli di sicurezza. Può essere attuata con mezzi fisici (calore) o
chimici (disinfettanti).
• DPI: dispositivo di protezione individuale; qualsiasi mezzo destinato ad essere
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indossato e tenuto dall’operatore allo scopo di proteggersi contro uno o più rischi
suscettibili di minacciarne la sicurezza e la salute durante il lavoro, nonché ogni
complemento o accessorio destinato a tale scopo.
• Droplet: goccioline di saliva che possono contenere microrganismi e trasmettere
infezioni.
• Formazione: competenza acquisita attraverso lo studio; processo di crescita
culturale e professionale di una persona
• Manutenzione: insieme delle azioni volte a conservare un bene e ad assicurarne
la disponibilità.
- Manutenzione ordinaria: manutenzione routinaria (giornaliera o periodica)
a parametri predeterminati
- Manutenzione programmata: manutenzione preventiva periodica a
parametri predeterminati
- Manutenzione straordinaria: manutenzione che riguarda interventi non
previsti nella manutenzione ordinaria. Gli interventi possono riguardare:
correzione di guasti, anomalie; miglioramenti strutturali o impiantistici.
• Rischio: è la probabilità che si verifichi uno specifico evento pericoloso.
- Rischio biologico: probabilità di contrarre malattie infettive a seguito di
esposizione a microrganismi
- Rischio chimico: probabilità di subire un danno della salute più o meno
grave conseguente all’esposizione ad uno o più agenti chimici pericolosi.
- Rischio elettrico: probabilità di subire un danno della salute più o meno
grave derivante dagli effetti della corrente elettrica.
• Prione: dall’inglese prion (acronimo di “PRoteinaceus Infective ONly
particle”=particella infettiva solamente proteica), è il nome attribuito ad un ipotetico
“agente infettivo non convenzionale” di natura proteica, privo pertanto di acidi
nucleici e quindi di un codice genetico. È considerato omologo ad un virus patogeno
grazie alla correlazione che li lega ad essi sebbene le sue proprietà biochimiche
si discostino dalla classica definizione di virus, dove l’informazione genetica viene
veicolata da acidi nucleici, ma aprano probabilmente il campo ad una nuova classe
di agenti biologici. I prioni sono causa di una serie di malattie tra cui l’encefalopatia
spongiforme bovina (BSE, nota anche come “malattia della mucca pazza”) nei
bovini e la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) negli esseri umani.
• Pseudoinfezione: presenza di microrganismi patogeni in una coltura di un liquido
corporeo o di tessuto che non si correla clinicamente a segni o sintomi di infezione.
Si può verificare ad esempio quando un campione microbiologico è contaminato da
microrganismi provenienti da lava-disinfettatrici colonizzate.
• Pulizia: rimozione meccanica dello sporco visibile aderente, sangue, sostanze
proteiche da superfici e oggetti. La pulizia accurata, effettuata con l’uso di
detergenti, rimuove i microrganismi e abbassa notevolmente la carica batterica. La
pulizia deve sistematicamente precedere la disinfezione e la sterilizzazione.
• Reprocessing: tutte le tappe necessarie cui sottoporre un dispositivo medico
contaminato per essere riutilizzato con sicurezza; includono pulizia, test funzionale,
confezionamento, etichettatura, disinfezione e sterilizzazione quando richiesta.
• Riqualificazione: acquisizione di particolari abilità e titoli professionali da parte di
un lavoratore, ottenuta partecipando a corsi di qualificazione e specializzazione.
• RFID: (Radio Frequency IDentification o Identificazione a radio frequenza);
tecnologia per l’identificazione automatica di oggetti, animali o persone basata
sulla capacità di memorizzare e accedere a distanza a tali dati usando dispositivi
elettronici (chiamati TAG o transponder) che sono in grado di rispondere
comunicando le informazioni in essi contenute quando “interrogati”.
• Sporicida: agente capace di eliminare le spore batteriche
• Stabilità: tendenza di una sostanza a conservare la propria composizione chimica,
ossia a non degradarsi
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• Standardizzazione: uniformazione a un modello o a un valore medio
• Sterilizzazione: processo fisico o chimico in grado di distruggere tutte le forme di
microrganismi viventi. Viene considerato intervento di prima scelta in presenza di
agenti microbici e/o situazioni a rischio infettivo elevato, da applicare a tutti i casi in
cui le caratteristiche di composizione e struttura del materiale lo consentano.
• Stoccaggio: operazione che consiste nell’immagazzinare il materiale in appositi
contenitori o depositi.
• Tracciabilità: secondo la norma UNI EN ISO serie 9001:2008 é capacità di risalire
alla storia, all’utilizzazione o all’ubicazione di ciò che si sta considerando. Consiste
nella registrazione di informazioni utili a ricostruire l’origine, la storia, l’utilizzo e la
localizzazione di un qualsiasi prodotto dalla produzione alla distribuzione.

3. INFEZIONI CORRELATE ALL’ENDOSCOPIA

L’utilizzo delle procedure endoscopiche, sia a fini diagnostici che terapeutici, è ormai
consolidato e in aumento in diverse specialità della medicina moderna. Si stima che in Italia
siano attualmente eseguite oltre 1.300.000 all’anno tra gastroscopie e colonoscopie, sia
diagnostiche che operative. Nonostante i miglioramenti delle conoscenze e delle tecniche
non si può disconoscere che l’atto endoscopico può rappresentare un fattore di rischio per
l’insorgenza di infezioni, sebbene tale rischio sia riconosciuto essere piuttosto basso ovvero
con una incidenza pari ad 1 su 1.800.000 procedure (Spach 1993). Inoltre, pazienti con
sindrome da immunodeficienza, con neutropenia di grado severo (es. pazienti oncologici
sottoposti a chemioterapia) o ancora portatori di valvole cardiache presentano un aumentato
rischio di contrarre infezioni.
Le infezioni potenzialmente correlate all’endoscopia possono essere così distinte:
• infezioni endogene o autologhe, che insorgono a partire da microrganismi presenti
nell’ospite (per diffusione dal tratto intestinale al circolo ematico).
• Infezioni esogene o crociate, causate da dispositivi non adeguatamente riprocessati.
• Infezioni a carico del personale sanitario.
La tabella A elenca una serie di punti deboli o lacune del trattamento degli endoscopi che
possono dare origine a contaminazione microbica e trasmissione di agenti infettivi. Appare
dunque chiaro che gli endoscopi e gli accessori, se non opportunamente trattati, possono
veicolare microrganismi patogeni od opportunisti e trasmetterli al paziente successivo.

Una recente revisione sistematica della letteratura e di alcuni database internazionali ha


analizzato le caratteristiche delle infezioni esogene, delle pseudoinfezioni e delle reazioni
tossiche correlate all’endoscopia segnalate in tutto il mondo dal 1974 al 2004 (Seoane-
Vazquez 2007). Sebbene tale lavoro abbia dei limiti quali l’incompletezza di alcuni dati e
l’inclusione di segnalazioni provenienti solo da Medline, le considerazioni conclusive meritano
attenzione. Nel corso di trent’anni di osservazione la prima causa di infezione è risultata
essere di gran lunga l’inadeguato processo di trattamento della strumentazione, tanto che gli
autori hanno giudicato che oltre il 90% degli episodi avrebbero potuto essere evitati se esso
fosse stato condotto in modo conforme alle raccomandazioni delle linee guida.
La maggior parte dei casi di infezione correlati all’endoscopia è riconducibile alla trasmissione
di batteri, più frequentemente Pseudomonas spp, Helicobacter pylori e Salmonella spp.
(Nelson & Muscarella 2006). Il riemergere della tubercolosi ed in particolare di ceppi multi
resistenti di Mycobacterium tuberculosis e di micobatteri atipici (es. Mycobacterium avium)
rappresentano una reale minaccia, soprattutto nella pratica broncoscopica (Wheeler 1989;
Agerton 1997; Michele 1997).
La qualità dell’acqua utilizzata per il risciacquo finale, l’asciugatura e le condizioni di trasporto
e conservazione degli endoscopi e dei loro accessori possono essere identificati come fattori
di rischio per la trasmissione di microrganismi acquatici e ambientali quali pseudomonas e
taluni micobatteri (es. Mycobacterium chelonae, Mycobacterium gordonae).
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Se il sistema di filtrazione dell’acqua è difettoso oppure se la fase di asciugatura non rimuove
adeguatamente qualsiasi residuo di umidità è possibile che essi colonizzino i canali degli
strumenti. La contaminazione da parte dell’acqua può estendersi alle vasche ed ai circuiti
idraulici delle apparecchiature automatiche per il reprocessing che, contaminandosi, possono
a loro volta essere fonte di trasmissione dei microrganismi agli endoscopi (pseudoinfezioni).
A questo riguardo sono ben documentati casi di pseudoinfezioni riguardanti principalmente
broncoscopi (Wang 1995; Gillespie 2000; Kressel 2001). Analogamente è stata segnalata
una pseudo-epidemia di Legionella pneumophila avente come origine acqua contaminata
utilizzata per il risciacquo di broncoscopi (Mitchell 1997). Un minor numero di casi ha
coinvolto endoscopi gastrointestinali (duodenoscopi), casi per altro identificati come vere
infezioni con manifestazioni cliniche talora mortali (Siegman-Igra 1987; Classen 1987).

Molto minori risultano le segnalazioni di trasmissione di miceti quali Rhodotorula rubra e


Trichosporon spp. (Hagan 1995; Lo Passo 2001).

Rari sono infine i casi documentati di infezione virale, in particolare da virus dell’epatite
B (HBV) e C (HCV) (Morris 1975; Bronowicki 1997). Anche in questi casi la trasmissione
dell’agente infettivo è stata ricondotta a grossolani errori nell’applicazione dei protocolli
di reprocessing degli endoscopi. I risultati di uno studio osservazionale multicentrico
condotto in Italia indicano che l’atto endoscopico, se ben condotto in tutte le sue fasi, non
rappresenta un fattore di rischio maggiore per la trasmissione di epatite C (Ciancio 2005).
La trasmissione di HIV non è mai stata segnalata. Ciononostante la raccomandazione del
Consiglio dell’Unione Europea del 29 giugno 1998 indica di escludere dalla donazione di
sangue per 12 mesi soggetti sottoposti a procedure endoscopiche con biopsie mediante uso
di strumenti flessibili.

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Tabella 1: Punti deboli e lacune del reprocessing degli endoscopi
(da ESGE-ESGENA guideline, Endoscopy 2008)

Inadeguato riprocessamento degli endoscopi e degli accessori


Pulizia inadeguata (es. pulizia manuale e spazzolamento dei canali inadeguati)
Accessori per la pulizia contaminati (es. spazzolini per la pulizia)
Utilizzo di detergenti o disinfettanti non appropriati o incompatibili
Utilizzo di agenti chimici a concentrazione, tempo di contatto e temperatura inadeguati
Soluzioni contaminate o scadute
Acqua di risciacquo contaminata
Presenza di materiale organico fissato agli endoscopi o alle apparecchiature automatiche
Utilizzo di accessori non sterili per procedure diagnostiche e terapeutiche invasive (es. pinze
bioptiche, anse per polipectomia)
Inadeguato reprocessing della bottiglia dell’acqua (es. mancata sterilizzazione)
Utilizzo di normale acqua di rete nella bottiglia dell’acqua

Inadeguato trasporto e stoccaggio degli endoscopi


Asciugatura insufficiente prima dello stoccaggio
Condizioni di stoccaggio non adeguate

Lava-disinfettatrice contaminata o difettosa


Contaminazione di circuiti, vasche, ecc. (biofilm)
Contaminazione dell’acqua di risciacquo finale
Difetti elettronici/meccanici della lava-disinfettatrice (es. connessioni sbagliate)
Carico sbagliato o inadeguato (es. taniche)
Mancanza di manutenzione regolare secondo le raccomandazioni del produttore
Mancata esecuzione del ciclo di auto-disinfezione

Limiti di costruzione o danni dell’endoscopio


Canali molto sottili, canali con ramificazioni, non raggiungibili dagli spazzolini per la pulizia
Danno delle superfici (interne ed esterne) dell’endoscopio che favoriscono la contaminazione

Contaminazione dell’acqua che rifornisce il servizio di endoscopia


Contaminazione delle condutture di alimentazione
Sistema di approvvigionamento dell’acqua contaminato o non adeguato (es. sistema di
filtrazione)

Contaminazione del bagno ad ultrasuoni

Asciugatura e stoccaggio insufficienti

Limitazioni legate ad un insufficiente numero di endoscopi e/o di risorse per il


reprocessing in base al carico di lavoro

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4. PRINCIPI DI CONTROLLO DELLE INFEZIONI

Poiché lo stato di portatore di talune infezioni può essere sconosciuto allo stesso paziente,
qualsiasi soggetto che si sottopone ad un esame endoscopico deve essere trattato come
potenzialmente infettivo. Ne consegue che tutti gli endoscopi ed i loro relativi accessori
devono essere riprocessati con il massimo rigore dopo ciascuna procedura, utilizzando
protocolli standardizzati ed uniformi fondati sulle raccomandazioni delle linee guida più
aggiornate.
Si comprende pertanto come non vi sarebbe la necessità di inserire pazienti con infezione
riconosciuta, sintomatica o non sintomatica, al termine della sessione di esami se non ai
fini di sviluppare una maggior consapevolezza da parte del personale, di ridurre al minimo i
rischi di infezione crociata e di assicurare una adeguata pulizia e disinfezione dell’ambiente
lavorativo (es. in caso di paziente con forma tubercolare aperta).
È evidente tuttavia che ciascun paziente deve essere esaminato e trattato minimizzando
quanto più possibile il rischio infettivo o gli effetti collaterali che possono derivare da un
riprocessamento inadeguato della strumentazione endoscopica.

La corretta applicazione dei protocolli di pulizia e disinfezione è strettamente correlata alla


comprensione dei meccanismi attraverso i quali si realizza un evento infettivo.
È noto che lo sviluppo di un’infezione è determinato da una serie di processi legati
l’uno all’altro come anelli di una catena, che determinano appunto la cosiddetta “catena
dell’infezione” composta da:
• presenza di microrganismi vitali
• quantità di microrganismi sufficiente a dare il via all’infezione
• suscettibilità dell’ospite all’infezione
• diffusione dei microrganismi patogeni attraverso una porta di ingresso adeguata
allo sviluppo dell’infezione (es. un agente gastrointestinale attraverso l’intestino, un
agente ematico attraverso il circolo sanguigno, ecc..).

Il controllo delle infezioni mira ad istituire azioni o precauzioni atte a spezzare la catena
dell’infezione. Esse sono rappresentate da:
• pulizia, disinfezione e sterilizzazione della strumentazione medica
• corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale
• igiene personale
• controllo degli ambienti (ventilazione, architettura, alimentazione dell’acqua)
• pulizia e disinfezione delle superfici ambientali
• adeguato controllo e supporto amministrativo
• educazione e formazione continua
• presenza di adeguate procedure operative scritte
• documentazione (tracciabilità).

L’istituzione di programmi di controllo di qualità concordati con il personale medico ed


infermieristico di endoscopia ed il monitoraggio della corretta adesione a procedure validate
di reprocessing da parte della componente igienistica (direzione sanitaria, CIO) sono
fortemente auspicabili presso tutti i centri che praticano l’endoscopia.

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5. SALUTE E SICUREZZA DEL PERSONALE IN ENDOSCOPIA

In questi ultimi anni nelle Aziende sanitarie si è sviluppata una sempre maggiore
attenzione a tutti gli aspetti che riguardano la gestione del rischio, relativo a tutte le
attività che vengono effettuate, nei confronti sia dei pazienti sia degli operatori.
Il Decreto Legislativo 81/2008 ha introdotto il concetto di valutazione e di gestione del rischio
in modo innovativo nelle strutture sanitarie, innescando un processo di attenzione anche
culturale a tutti gli aspetti di controllo dei rischi derivanti dalle attività assistenziali (Tabella 2).

Tabella 2: Legislazione e norme vigenti

LEGISLAZIONE VIGENTE

Direttiva 93/68 CE Disposizioni in materia di Dispositivi di Protezione


Direttiva 93/95 CE Individuale
Dlgs 10/97

Direttiva 92/85 CE Tutela della sicurezza e salute delle lavoratrici gestanti,


Dlgs 645/96 puerpere o in allattamento

Dlgs 626/94 Disposizioni in materia di sicurezza delle lavoratrici e


Dlgs 81/08 (1) dei lavoratori nei luoghi di lavoro

LAVORATORI Direttiva 97/42 CE Protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da


Direttiva 99/38 CE esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante
Dlgs 66/00 il lavoro

Direttiva 98/24 CE Protezione della salute e sicurezza dei lavoratori


Dlgs 25/02 contro i rischi chimici

D.M. 28/09/90 Norme di protezione dal contagio professionale da


H.I.V. nelle strutture sanitarie e assistenziali pubbliche
e private

Dlgs 230/95 Disposizioni in materia di radioprotezione

(1) Il dlgs 81/08 non indica solo l’obbligo all’uso dei dispositivi per la protezione
individuale, ma anche le sanzioni per chi non rispetta le regole (datore di lavoro e
lavoratore).

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LEGISLAZIONE VIGENTE

Direttiva 152/99 CE Eliminazione dei prodotti di scarto e


Dlgs 152/06 tutela delle acque

Direttiva 92/32 CE Etichettatura delle sostanze


Direttiva 93/21 CE pericolose
LIQUIDI Direttiva 67/548 CE
Dlgs 22/07

Dlgs 81/08 Protezione da agenti biologici

LEGISLAZIONE E NORME VIGENTI

UNI EN ISO 14937: 2009 Sterilizzazione dei prodotti


sanitari. Requisiti generali per la
caratterizzazione di un’agente
sterilizzante per lo sviluppo la
convalida ed il controllo sistematico
di un processo di sterilizzazione per
dispositivi medici

UNI EN ISO 15883-1: 2009 Apparecchi di lavaggio e di


disinfezione: requisiti generali, termini,
disinfezioni e prove

Direttiva 93/42 CE Dispositivi medici


e successive modifiche
DISPOSITIVI MEDICI

Dlgs 46/97 Attuazione della direttiva 93/42 CE


e successive modifiche concernenti dispositivi medici e relativi
accessori

UNI EN ISO 15883-4: 2009 Apparecchi di lavaggio e disinfezione.


Parte 4: requisiti e prove per
apparecchi di lavaggio e disinfezione
che utilizzano la disinfezione chimica
per gli endoscopi termolabili

UNI EN ISO 15883-5:2006 Apparecchi di lavaggio e disinfezione.


Parte 5: metodo di prova dello sporco
per dimostrare l’efficacia della pulizia

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5.1 La sicurezza dei Servizi di endoscopia: quale approccio organizzativo-gestionale
Da sempre gli aspetti legati all’organizzazione del lavoro sono stati identificati tra i
principali determinanti che influenzano il livello di rischio di una particolare attività. Nello specifico
in ambito sanitario, proprio per le caratteristiche stesse dell’attività assistenziale e del contesto
in cui questa si sviluppa, gli aspetti organizzativi sono particolarmente importanti.

La struttura organizzativa di tipo professionale, l’ampia autonomia e discrezionalità degli


operatori nello svolgimento delle attività assistenziali, la grande componente manuale
dell’attività, la stretta relazione paziente-operatore sanitario durante le attività assistenziali,
la complessità delle prestazioni erogate, la partecipazione di più soggetti in tempi differiti, sono
alcuni degli aspetti che determinano un forte componente di rischio legato all’organizzazione
sia nei confronti del paziente che dell’operatore.

Appare evidente la necessità di avere un approccio integrato al controllo del rischio


all’interno delle strutture sanitarie, sviluppando forti sinergie con tutti i Servizi aziendali
coinvolti e modelli di gestione del tutto innovativi.
La normativa in igiene e sicurezza del lavoro definisce perciò delle precise responsabilità
in carico a tutti soggetti che operano in un’organizzazione: in particolare per i dirigenti e
preposti è riservato un ruolo di vigilanza e controllo sugli adempimenti previsti dalla normativa,
quali l’uso dei dispositivi di protezione, i comportamenti corretti, l’applicazione di procedure
di sicurezza specifiche, ecc. D’altro canto, anche il lavoratore ha precisi obblighi previsti
dalla normativa, fra i quali: mantenere un comportamento che non sia pericoloso per sé e
per gli altri, lavorare secondo le istruzioni che gli sono state impartite, non manomettere i
dispostivi di protezione individuale, ecc.

In sostanza, è necessario fare nascere e sviluppare una cultura della sicurezza nei confronti
sia del paziente che dell’operatore sanitario in tutte le attività assistenziali.

Il dirigente può contribuire alla sicurezza e salvaguardia dei lavoratori adottando i seguenti
comportamenti:

· applicazione delle misure di prevenzione dei rischi (definizione di priorità d’intervento,


adozione dei dispositivi di protezione).
· Formazione dei lavoratori (pianificazione degli interventi di formazione all’assunzione,
periodici e prima dell’esposizione a nuovi rischi specifici).
· Organizzazione delle attività lavorative su un livello sufficiente di sicurezza (gestione
del personale, acquisto di attrezzature, procedure di sicurezza, istituzione di un
sistema di controlli, ecc.).
Per quanto riguarda i principali rischi, i dati di letteratura e le esperienze maturate in questi
anni hanno focalizzato l’attenzione principalmente su rischio biologico, rischio chimico legato
al reprocessing e in qualche caso rischio da movimentazione dei pazienti.
L’esecuzione dell’esame endoscopico e di talune fase del reprocessing potrebbero favorire
l’insorgenza di patologie osteoarticolari a carico di mani, spalle e tratto cervicale (es. tunnel
carpale, borsiti, cervicalgie).
Inoltre in alcune fasi dell’attività endoscopica è possibile riscontrare anche il rischio da
radiazioni ionizzanti.
Ad oggi non esistono dati specifici sulla prevalenza di tali rischi nelle strutture di
endoscopia.
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5.2 Rischio biologico
Il personale delle Unità operative di endoscopia è potenzialmente esposto a un rischio
biologico in relazione alla possibile inalazione di microrganismi a trasmissione aerea come
può accadere nel caso delle broncoscopie.
Nelle fasi di esecuzione dell’esame endoscopico vero e proprio, il rischio biologico può essere
causato da contatto accidentale con materiale contaminato o dall’inalazione di microrganismi
a trasmissione aerea come nel caso delle broncoscopie.
Un’altra attività critica è senza dubbio quella di detersione manuale dello strumentario prima
della fase di disinfezione, che può determinare la formazione di aerosol o schizzi di materiale
biologico contaminato con conseguente potenziale esposizione dell’operatore.
Oltre all’applicazione delle misure igieniche e delle precauzioni standard, comunque
sempre necessarie, le misure di prevenzione passano attraverso una valutazione
del rischio biologico dell’attività e la definizione delle misure di prevenzione e protezione sia
collettiva che individuale.

5.3 Rischio chimico

La disinfezione di alto livello per lo strumentario prevede l’uso di varie tipologie di


sostanze chimiche, alcune delle quali hanno un più o meno elevato livello di pericolosità per
gli operatori.
La normativa in materia di igiene e sicurezza del lavoro prevede che ovunque si utilizzano
sostanze chimiche venga fatta un valutazione dei rischi secondo quanto previsto dal dlgs
25/2002 (Tabella 3).

In relazione alla valutazione del rischio, se questo non è basso, dovranno essere definite delle
misure di prevenzione e protezione adeguate, che possono essere indicativamente raggruppate
come:
· sostituzione della sostanza disinfettante pericolosa con una meno pericolosa;
· utilizzo di sistemi tecnologici a ciclo chiuso, ad esempio lava-disinfettatrici che
riducono al minimo il contatto e la manipolazione della sostanza disinfettante da parte
dell’operatore e la contaminazione ambientale;
· utilizzo di sistemi di ventilazione e/o aspirazione, come cappe aspiranti localizzate
sopra i punti di emissione per ridurre l’inquinamento ambientale;
· utilizzo di DPI idonei; senza entrare nel dettaglio va specificato che negli ultimi anni
vi è stata un’evoluzione significativa con riduzione della potenziale pericolosità delle
sostanze chimiche utilizzate nella disinfezione delle attrezzature endoscopiche, cui
spesso corrisponde però un incremento significativo dei costi. Anche in questo caso
una valutazione delle modalità di utilizzo e delle possibili soluzioni organizzative
permette di fare una valutazione di costo/beneficio sulle tipologie di disinfettanti
da utilizzare.

5.4 La movimentazione dei pazienti

In talune situazioni legate all’attività di endoscopia può essere presente per gli operatori
un rischio legato alla movimentazione manuale di pazienti parzialmente o totalmente non
collaboranti nei movimenti, nelle fasi di trasferimento letto-barella o soggetto-letto.
Anche in questo caso una buona valutazione del rischio aiuta a definire le priorità di
intervento, che devono prevedere l’utilizzo di ausili per la movimentazione, la formazione
del personale sulla corretta movimentazione dei pazienti, e interventi relativi all’organizzazione
del lavoro.
15
Tabella 3: Simboli di rischio chimico e significati (European Chemicals Bureau)

Simbolo e Significato (definizione e precauzioni) Esempi


denominazione
Classificazione: questi prodotti chimici causano la • Acido cloridrico
distruzione di tessuti viventi e/o materiali inerti.
• Acido fluoridrico
Precauzioni: non inalare ed evitare il contatto con
la pelle, gli occhi e gli abiti.
C

CORROSIVO

Classificazione: sostanze o preparazioni che • Tricloruro di azoto


possono esplodere a causa di una scintilla o che
sono molto sensibili agli urti o allo sfregamento. • Nitroglicerina

Precauzioni: evitare colpi, scuotimenti,


sfregamenti, fiamme o fonti di calore.
E

ESPLOSIVO

Classificazione: sostanze che si comportano da • Ossigeno


ossidanti rispetto alla maggior parte delle altre
sostanze o che liberano facilmente ossigeno • Nitrato di potassio
atomico o molecolare, e che quindi facilitano
l’incendiarsi di sostanze combustibili. • Perossido di
idrogeno
O Precauzioni: evitare il contatto con materiali
combustibili.
COMBURENTE

Classificazione: Sostanze o preparazioni: • Benzene

• che possono surriscaldarsi e • Etanolo


successivamente infiammarsi al contatto
con l’aria ad una temperatura normale • Acetone
senza impiego di energia

• solidi che possono infiammarsi facilmente


per una breve azione di una fonte di
fiamma e che continuano ad ardere

• liquidi che possiedono un punto di


combustione compreso tra i 21 °C ed i
55 °C.

• gas infiammabili al contatto con l’aria a


pressione ambiente

• gas che a contatto con l’acqua o l’aria


umida creano gas facilmente infiammabili
in quantità pericolosa.
F
Precauzioni: evitare il contatto con materiali ignitivi
INFIAMMABILE (come aria ed acqua).

16
Classificazione: sostanze o preparazioni liquide il • Idrogeno
cui punto di combustione è inferiore ai 21 °C .
• Acetilene
Precauzioni: evitare il contatto con materiali ignitivi
(come aria ed acqua). • Etere etilico
F+
ESTREMAMENTE
INFIAMMABILE

Classificazione: sostanze o preparazioni che, per • Cloruro di bario


inalazione, ingestione o penetrazione nella pelle,
possono implicare rischi gravi, acuti o cronici, e • Monossido di
anche la morte. carbonio
Precauzioni: deve essere evitato il contatto con il • Metanolo
T corpo.
• Trifluoruro di boro
TOSSICO

Classificazione: sostanze o preparazioni che, per • Cianuro


inalazione, ingestione o assorbimento attraverso la
pelle, provocano rischi estremamente gravi, acuti o • Nicotina
cronici, e facilmente la morte.
• Acido fluoridrico
Precauzioni: deve essere evitato il contatto
con il corpo, l’inalazione e l’ingestione, nonché
T+ un’esposizione continua o ripetitiva anche a basse
concentrazioni della sostanza o preparato.
ESTREMAMENTE
TOSSICO

Classificazione: sostanze o preparazioni non • Cloruro di calcio


corrosive che, al contatto immediato, prolungato o
ripetuto con la pelle o le mucose possono espletare • Carbonato di sodio
un’azione irritante.

Precauzioni: i vapori non devono essere inalati ed


Xi il il contatto con la pelle deve essere evitato.

IRRITANTE

Classificazione: sostanze o preparazioni che, per • Laudano


inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo,
possono implicare rischi, per la salute, di gravità • Diclorometano
limitata, non mortali
• Cisteina
Precauzioni: i vapori non devono essere inalati ed
Xn il il contatto con la pelle deve essere evitato.

NOCIVO

Classificazione: il contatto dell’ambiente con


queste sostanze o preparazioni può provocare
danni all’ecosistema a corto o a lungo periodo.

Precauzioni: le sostanze non devono essere


N disperse nell’ambiente.

PERICOLOSO PER
L’AMBIENTE

17
5.5 Rischio elettrico
In ambito endoscopico gli impianti elettrici presenti dovrebbero possedere:
1. gruppo elettrogeno
2. gruppo di continuità
3. trasformatore di isolamento con dispositivo chiamato isoltester
La classificazione dei locali ad uso medico (Tabella 4), riportata nella norma tecnica
CEI 64-8/7 sezione 710, colloca la sala per endoscopie tra i locali appartenenti al Gruppo
1, dove le parti applicate delle apparecchiature elettromedicali sono destinate ad essere
utilizzate esternamente o anche invasivamente entro qualsiasi parte del corpo, ad eccezione
della zona cardiaca.

Tabella 4: Classificazione dei locali ad uso medico

Locale Caratteristiche

Gruppo 0 Locali ad uso medico nei quali non si possono utilizzare apparecchi
elettromedicali con parte applicata

Gruppo 1 Si possono usare apparecchi elettromedicali con parti applicate solo se


queste ultime sono poste esternamente al corpo del paziente o introdotte
invasivamente entro qualsiasi parte del corpo a eccezione della zona cardiaca

Gruppo 2 Sono quelli in cui si possono utilizzare elettromedicali con parti applicate
destinate anche ad interventi intracardiaci ed operazioni chirurgiche.

5.6 I dispositivi di protezione e la sorveglianza sanitaria

Per quanto riguarda l’attività diagnostica essenziale in relazione agli aspetti di protezione
del paziente e degli operatori, esistono due leggi - il dlgs 46/97 sui dispositivi ad uso
medico e il dlgs 475/92 sui dispositivi di protezione individuale - che definiscono le
caratteristiche che tali prodotti devono rispettivamente possedere per rispondere all’uso per
cui sono costruiti (Tabella 5). La normativa definisce che per tutte le attività di assistenza
al paziente devono essere utilizzati dispositivi riportanti la marcatura come dispositivo
medico come previsto dal dlgs 46/97 mentre la normativa a tutela dei lavoratori
definisce che i mezzi di protezione personale devono riportare la marcatura conforme a quanto
definito dalla normativa sui DPI.
Il dlgs 25/02 relativo alla valutazione ed al controllo del rischio da sostanze chimiche
pericolose, introduce una significativa novità per quanto concerne l’obbligo di sorveglianza
sanitaria, che diventa obbligatoria solo per il personale per cui la valutazione di rischio sulle
sostanze utilizzate nella attività lavorativa,- siano esse classificate come molto tossiche,
tossiche, nocive, sensibilizzanti, irritanti, tossiche per il ciclo riproduttivo - abbia valutato un
rischio diverso da basso-moderato.
Si riportano di seguito i dispositivi di protezione che gli operatori sanitari debbono
utilizzare nelle fasi di lavaggio e disinfezione degli endoscopi.

18
Tabella 5: Misure di protezione individuali e collettive da adottare in un servizio di
endoscopia

a) Esami endoscopici Rischio Dispositivi di protezione collettiva e


individuale

Broncoscopia Biologico Protezione del corpo


Trasmissione: Copri-camice pulito con caratteristiche
- via aerea di impermeabilità almeno nella parte
- droplet anteriore e sulle maniche. Guanti di
- parenterale lattice o in vinile puliti.
- da contatto
Protezione del volto e degli occhi
Per prevenire il rischio di TBC
polmonare certa o presunta, usare il
facciale filtrante FFP3 con occhiali o
schermo facciale riutilizzabile conforme
alla norma EN 166.

Protezione del capo


Cuffia

Colonscopia Biologico Protezione del corpo


Trasmissione: Copri-camice con caratteristiche di
- da contatto impermeabilità almeno nella parte
anteriore e sulle maniche. Guanti in
lattice o vinile.

Protezione del volto e degli occhi


Mascherina chirurgica con visiera
integrata o in alternativa mascherina
chirurgica con occhiali o schermo
facciale riutilizzabile conforme alla
norma EN 166.

Protezione del capo


Cuffia

Altre endoscopie Biologico Protezione del corpo


Trasmissione: Copri-camice con caratteristiche di
- da contatto impermeabilità almeno nella parte
anteriore e sulle maniche. Guanti in
lattice o vinile.

Protezione del volto e degli occhi


Mascherina chirurgica con visiera
integrata o in alternativa mascherina
chirurgica con occhiali o schermo
facciale riutilizzabile conforme alla
norma EN 166.

Protezione del capo


Cuffia

19
Dispositivi di protezione collettiva e
b) Fasi del reprocessing Rischio individuale

Decontaminazione Biologico Protezione del corpo


(DM 12/09/90) Copri-camice pulito con caratteristiche
Effettuata per gli accessori di impermeabilità almeno nella parte
acuminati anteriore e sulle maniche. Guanti di
lattice o in vinile.

Detersione Protezione del volto e degli occhi


Effettuata immediatamente Mascherina chirurgica con visiera
dopo l’uso, mediante detergenti integrata con ripari laterali antischizzo
enzimatici non abrasivi specifici o in alternativa mascherina chirurgica
per tali dispositivi, nelle diluizioni con occhiali o schermo facciale
e tempi di contatto previsti nella riutilizzabile conforme alla norma EN
scheda tecnica 166.

Protezione del capo


Cuffia

Disinfezione Chimico Le misure di protezione dipendono


in buona parte dalle metodologie di
utilizzo dei disinfettanti usati.

E’ necessario effettuare la valutazione


del rischio chimico (DL 25/02) e, se
questa è diversa da rischio basso o
moderato, è necessario intervenire
attraverso l’uso di misure di protezione
collettiva (es. sistemi di ventilazione
e/o aspirazione, ecc.) e/o di quelle
individuali (uso dei dispositivi di
protezione).

Tipologia di utilizzo
Protezioni individuali: vedi rischio
- disinfezione manuale in vasca biologico
con coperchio a tenuta
Sistema di ventilazione derivante da
utilizzo di cappa chimica.

- disinfezione automatica Protezioni individuali: vedi schede di


sicurezza del disinfettante.
Guanti di lattice o in vinile.

Sistema di ventilazione consigliabile


(10 ricambi/ora)

N.B. Si ricorda che le schede di sicurezza dei detergenti e disinfettanti devono essere tenute a
disposizione presso il Servizio di Endoscopia, preferibilmente in sala lavaggio e disinfezione, per
una rapida consultazione in caso di necessità

20
6. REQUISITI GENERALI

6.1 Classificazione della strumentazione endoscopica e livello di trattamento

La classificazione dei dispositivi medici in base alla loro criticità proposta da Spaulding
(Spaulding 1968) resta ad oggi valida e consente di identificare il livello minimo di trattamento
da applicare ai vari strumenti al fine di ridurre quanto più possibile il rischio di infezione.

Tabella 6: Classificazione dei dispositivi medici in base alla loro criticità

Classificazione Superficie di Rischio di Esempi di dispositivi Livello minimo


del dispositivo contatto trasmissione di trattamento
di infezione

Non critico Cute integra Basso Termometro, Disinfezione di


fonendoscopio medio/basso
livello

Semi-critico Mucosa integra, Medio Endoscopi flessibili: Disinfezione di


assenza di gastroscopio, alto livello
penetrazione colonscopio,
superfici enteroscopio,
corporee duodenoscopio,
broncoscopio,
cistoscopio.
Sonde transesofagee

Critico Introduzione nel Alto Endoscopi rigidi: Sterilizzazione


circolo ematico artroscopi, laparoscopi.
o in aree Aghi e pinze da biopsia
normalmente
sterili

Il presente documento contiene raccomandazioni specifiche e dettagliate riguardanti


il trattamento degli endoscopi flessibili utilizzati in diverse specialità mediche e di tutti gli
accessori classificati come semi-critici.
Il trattamento della strumentazione rigida e di tutti gli accessori critici sono a carico della
centrale di sterilizzazione previa decontaminazione e pulizia eseguita dal personale di
endoscopia. Si osservi che la sterilizzazione è soggetta a norme specifiche (es. UNI EN
556-1:2002 ed UNI EN 556-2:2005 che definiscono i requisiti generali per i dispositivi medici
recanti l’indicazione “STERILE).

NB: è buona norma trattare le boccette dell’acqua ed i boccagli come gli accessori critici e
pertanto inviarli alla sterilizzazione.

Prioni
Ad eccezione degli strumenti neurochirurgici, gli endoscopi sono considerati dispositivi a
basso rischio di trasmissione di prioni; nervi periferici, intestino, midollo, sangue, leucociti,
siero, tiroide, surrenali, cuore, muscoli, tessuto adiposo, gengiva, prostata, lacrime, saliva,
sputo, urine, feci, sperma, secrezioni vaginale, latte e sudore sono infatti considerati tessuti/
secrezioni privi di rischio di contaminazione da prioni. (Rutala&Weber 2010).
Allo stato attuale delle conoscenze le normali procedure di trattamento degli strumenti
endoscopici sono ritenute adeguate e sicure nell’attività routinaria. In assenza di agenti
chimici in grado di eliminare completamente il prione si sottolinea l’importanza della fase di
pulizia manuale meccanica dello strumento e si suggerisce di evitare l’utilizzo di sostanze
dotate di capacità fissative sia nella fase di pulizia che in quella di disinfezione.
21
In caso di paziente con variante della malattia di Creutzfeld Jacob (vCJD) accertata che
necessiti di esame endoscopico invasivo1, si dovrà utilizzare uno strumento che sarà
successivamente sottoposto a particolari trattamenti (OMS 2003) ed eliminato.
Nel caso invece vi sia un sospetto di malattia da prioni lo strumento dovrà essere posto
in quarantena sino ad accertamento che avviene generalmente post-mortem. In caso di
diagnosi negativa lo strumento potrà essere riammesso all’uso, in caso di positività sarà
invece trattato come sopra descritto.
Qualora il sospetto di malattia venga segnalato successivamente all’esecuzione dell’esame
invasivo sarà compito degli organismi preposti (direzione sanitaria, CIO) svolgere una
indagine epidemiologica per analizzare e valutare il rischio infettivo, adottando opportuni
provvedimenti (trattamento di strumenti, accessori, apparecchiature lava-disinfettatrici;
recall dei pazienti; ecc…). Nel Regno Unito è stata recentemente proposta la realizzazione
di un centro unico di riferimento a livello nazionale in grado di ricondizionare e mettere a
disposizione endoscopi per pazienti con malattia di Creutzfeld Jacob sospetta o conclamata
(BSG Guidelines on Endoscopy in patients at risk of vCJD, 2011).

6.2 Requisiti del personale

Secondo l’OCSE2 ”si ottiene una qualifica quando un ente competente determina che
l’apprendimento di un individuo ha raggiunto uno specifico standard di conoscenza, abilità
e competenza. Lo standard dei risultati di apprendimento è confermato per mezzo di una
valutazione o del completamento di un corso di studi. L’apprendimento e la valutazione di
una qualifica può avere luogo tramite un corso di studi e/o un’esperienza sul posto di lavoro”.

La formazione consta di tre aspetti:

1- ADDESTRAMENTO (SAPER FARE):


solo il personale addestrato opportunamente con un percorso teso all’acquisizione di abilità
può operare in un servizio di endoscopia; ciò si applica sia ad un’attività di routine che nelle
emergenze.

2 - RIQUALIFICAZIONE (CONOSCERE):
i cambiamenti organizzativi e le nuove tecnologie inducono a potenziare il proprio bagaglio
di abilità. In questa ottica ad esempio è fondamentale che il personale conosca il disegno e
la struttura dei vari tipi di endoscopi in modo da assicurarne una pulizia e disinfezione sicure
e soddisfacenti.

3 - FORMAZIONE SUL LAVORO (SAPER ESSERE):


é un processo permanente ed educativo che coinvolge il professionista verso i più adeguati
comportamenti professionali.

La pratica e l’educazione continua sono necessari per mantenere la


COMPETENZA.
La formazione deve avere i caratteri della concretezza, della con-
sapevolezza, dell’operatività e della sistematicità.

1 Per esame invasivo si intende una procedura che comporti ad esempio l’esecuzione di una biopsia,
di una PEG o che comunque includa il contatto con la sottomucosa.
2 Organisation for Economic Co-operation and Development (Organizzazione per la Cooperazione e
lo Sviluppo Economico).
22
6.3 Requisiti della sala di lavaggio e disinfezione
La sala di lavaggio e disinfezione deve essere dedicata e separata dalle sale endoscopiche.
Deve essere dotata di un percorso sporco - pulito e di un’area di stoccaggio per l’idonea
conservazione della strumentazione. Il trasporto degli endoscopi in entrata ed in uscita dalla
sala dovrebbe essere effettuato per mezzo di apposite vaschette e/o carrelli.
La sala dovrebbe essere inoltre dotata di ricambi di aria pari a 10/ora e fornita di aria
compressa filtrata o meglio ancora di grado medicale per l’asciugatura completa della
strumentazione.
Sono necessari almeno due lavandini in acciaio o in materiale non poroso per la detersione
ed il risciacquo degli strumenti; sul piano di appoggio deve essere installato un bagno ad
ultrasuoni per gli accessori riprocessabili.
Non deve mancare un lavandino separato per la detersione e la disinfezione delle mani.
La sala dovrebbe inoltre avere i requisiti impiantistici per l’installazione di lava-disinfettatrici.
L’adozione di tutte queste misure consente di:
• ridurre al minimo il rischio di infezione e contaminazione per i pazienti e per il
personale
• proteggere dagli agenti chimici utilizzati (es quelli associati a reazioni tossiche/
allergiche o a vapori nocivi)
• proteggere da infezioni crociate con materiale potenzialmente infetto, sangue o
liquidi corporei
• ridurre il danneggiamento degli endoscopi causato da cattiva gestione.

7. AGENTI CHIMICI DI PROCESSO

La direttiva che regola il mercato di detergenti e disinfettanti è quella relativa ai dispositivi


medici (CEE 93/42 e successive modifiche, recepita in Italia dal DL 46/97 e successive
modifiche).
In base a tale direttiva:
• i detergenti sono classificati come dispositivi medici di classe I; debbono pertanto
recare il marchio CE
• i disinfettanti sono classificati come dispositivi medici di classe IIa; debbono pertanto
recare il marchio CE seguito da 4 cifre che identificano l’organismo notificato che
ha certificato il prodotto.
Lo smaltimento dei prodotti di scarto e dei residui degli agenti chimici di processo deve
essere effettuato, nel rispetto del dlgs 152/2006, seguendo le indicazioni del produttore e
della propria azienda.

7.1 Detergenti
I detergenti utilizzati in endoscopia possono essere divisi in due gruppi principali:
• con enzimi e/o alcali
• con sostanze antimicrobiche

La maggior parte dei detergenti di entrambi i gruppi contiene surfattanti poco schiumogeni
che hanno il compito di sollevare e rimuovere lo sporco (compreso quello particolato) ed
in parte i microrganismi dalle superfici mantenendoli dissolti, emulsionati o dispersi nella
soluzione detergente.
Una delle caratteristiche più importanti dei detergenti utilizzati per il prelavaggio e per il
lavaggio manuale è la ridotta produzione di schiuma che consente la perfetta visualizzazione
della strumentazione da parte dell’operatore, in modo da evitare incidenti durante la pulizia.
Il detergente utilizzato nel bagno ad ultrasuoni dovrebbe essere il medesimo utilizzato per la
pulizia manuale; la soluzione non dovrebbe essere riscaldata oltre i 40°C in modo da evitare
dispersione di vapori che possano provocare danni al personale.
23
Le soluzioni detergenti che non contengono sostanze antimicrobiche dovrebbero essere
rinnovate ad ogni utilizzo mentre quelle che le contengono dovrebbero essere rinnovate su
base giornaliera. In ogni caso in presenza di contaminazione da sporco visibile ad occhio
nudo la soluzione detergente va eliminata e nuovamente preparata.
E’ importante in ogni caso seguire le istruzioni d’uso fornite dal produttore non solo in
relazione alla modalità di utilizzo ed eventuale riutilizzo della soluzione detergente ma anche
con riferimento alla corretta preparazione del prodotto (concentrazione, temperatura, ecc…).

7.1.1 Detergenti enzimatici3

I detergenti contenenti enzimi sono largamente utilizzati. Essi possono contenere uno o più
enzimi quali proteasi, amilasi, lipasi. Gli enzimi sono proteine dotate di attività biologica. La
proteasi, ad esempio, è in grado di frazionare i residui proteici in sub-unità più piccole che
sono maggiormente solubili. L’amilasi catalizza la rottura dell’amido mentre la lipasi rompe
i residui grassi.
Per ogni specifico prodotto è importante che vengano seguite le istruzioni del produttore
sul tempo di contatto necessario affinchè la soluzione detergente possa svolgere la sua
azione. Quando si utilizzano detergenti enzimatici nel bagno ad ultrasuoni è necessario che
quest’ultimo sia adeguatamente coperto in modo da evitare rischi da shock anafilattico da
inalazione di aerosol contenenti gli enzimi stessi.

7.1.2 Detergenti con alcali

Contengono sostanze chimiche che formano detergenti lievemente alcalini. Le sostanze


alcaline sollevano lo sporco e ne favoriscono la dissoluzione nella soluzione detergente
stessa. L’utilizzo di detergenti alcalini con pH > 11 è sconsigliato per la pulizia degli endoscopi
in quanto possono dar luogo a problemi di compatibilità con i materiali.

7.1.3 Detergenti contenenti sostanze antimicrobiche

In diversi paesi europei, tra cui l’Italia, i detergenti contenenti sostanze antimicrobiche sono
largamente diffusi. L’utilizzo di tali prodotti è visto in funzione della riduzione del rischio
infettivo per il personale che si occupa del reprocessing.
La loro efficacia dovrebbe essere valutata secondo standard riconosciuti (UNI EN 14885). È
importante che i test di efficacia siano eseguiti in condizioni di “sporco”.
I requisiti minimi di efficacia comprendono l’attività nei confronti di batteri, lieviti e virus
capsulati.
Il riutilizzo delle soluzioni detergenti contenenti antimicrobici è subordinato alle istruzioni
del produttore ed alla presenza di sporco visibile ad occhio nudo nella soluzione stessa. È
comunque consigliabile sostituire la soluzione ad ogni lavaggio.
Le sostanze attive presenti in questo tipo di detergenti possono essere l’acido peracetico ed
i suoi sali, gli ammoni quaternari, la biguanidina.
L’utilizzo di detergenti con attività antimicrobica per la pulizia manuale non sostituisce in
alcun modo la successiva fase di disinfezione.
Nella fase di pulizia non devono essere assolutamente utilizzati detergenti contenenti aldeidi
poiché possono denaturare e coagulare le proteine e causare così fenomeni di fissazione.

7.2 Disinfettanti

La disinfezione è una misura atta a ridurre il numero di organismi vitali su un dispositivo


per distruzione irreversibile ad un livello appropriato per l’utilizzo in sicurezza su paziente.
3 Esistono in commercio detergenti che contengono sia enzimi che alcali e che combinano pertanto le
caratteristiche delle due tipologie di detergente.
24
La cosiddetta disinfezione di alto livello è ritenuta lo standard minimo per gli endoscopi
flessibili laddove un disinfettante di alto livello è un germicida in grado di inattivare tutti i
microrganismi patogeni ad eccezione di un numero elevato di spore.

La FDA (Food and Drug Administration) definisce disinfettante di alto livello uno sterilizzante
utilizzato alle stesse condizioni eccetto il tempo di contatto più breve.
La sterilizzazione è un processo che conduce alla distruzione di ogni forma microbica
vivente, incluse le spore.
Qualsiasi disinfettante/sterilizzante utilizzato per il reprocessing degli endoscopi deve
essere testato secondo standard internazionali e presentare un profilo di efficacia ad una
specifica temperatura di applicazione e per un determinato tempo di contatto nei confronti
di batteri, miceti, micobatteri e virus sia capsulati che non. L’attività sporicida alle condizioni
di utilizzo non è un requisito essenziale per un disinfettante, tuttavia la norma EN 15883-4
raccomanda l’utilizzo di sostanze ad azione sporicida in un tempo prolungato.4

Le presenti linee guida descrivono i principali disinfettanti attualmente in uso in Italia. È


possibile che vi siano nuove introduzioni di prodotti sul mercato successivamente alla
pubblicazione: sarà compito di chi revisionerà in futuro il presente documento introdurre tali
prodotti. Qualora si debba valutare un disinfettante non menzionato in questo documento, i
soggetti preposti alla scelta devono criticamente tenere conto della documentazione fornita
dal produttore e della letteratura scientifica.

7.2.1 Glutaraldeide

I disinfettanti a base di glutaraldeide sono disponibili come soluzioni concentrate o come


prodotti pronti all’uso, utilizzabili sia per la disinfezione manuale che automatica in lava-
disinfettatrici. La concentrazione di utilizzo dei prodotti presenti sul mercato può variare da
2% a 3,4%; in caso di riutilizzo il prodotto deve essere sostituito ogni 14 oppure ogni 28
giorni, a secondo della concentrazione iniziale. È tuttavia raccomandabile monitorare con
opportuni metodi la concentrazione della glutaraldeide nel tempo per garantirne l’efficacia
che potrebbe non essere assicurata a basse concentrazioni. Il tempo di contatto necessario
per eliminare i microrganismi patogeni rilevanti può variare tra i diversi prodotti a secondo
della concentrazione; esso dovrebbe essere determinato in base alla norma europea EN
14885 o a standard locali.
I prodotti a base di glutaraldeide possono essere utilizzati in combinazione con altre aldeidi
(es. succinil aldeide) oppure con altre sostanze attive quali gli ammoni quaternari. Tali
prodotti contengono una quantità inferiore di glutaraldeide ma sono equivalenti da un punto
di vista dell’efficacia microbiologica.
La glutaraldeide ha tra i suoi vantaggi l’efficacia, la relativa economicità e la compatibilità
con i materiali degli endoscopi, degli accessori e delle apparecchiature di riprocessamento
(Tabella 7). Tuttavia sono universalmente riconosciuti alcuni aspetti svantaggiosi a carico
sia degli operatori sia dei pazienti: essa può infatti causare reazioni a carico degli occhi, della
cute e del sistema respiratorio quali congiuntiviti, dermatiti, irritazione nasale e asma (Rideout
2005). Benché non classificata tra gli agenti cancerogeni, la glutaraldeide ha una provata
citotossicità su cellule umane coltivate (Wen Sun 1990). I rischi a carico del personale legati
all’uso della glutaraldeide sono pertanto rilevanti; il 35% dei servizi di endoscopia in cui essa
è utilizzata sono ritenuti a rischio di tossicità mentre in circa l’80% sono rintracciabili effetti
nocivi (Axon 1981; Cowan 1993) Per tutte queste ragioni se ne raccomanda l’utilizzo in
ambienti ben ventilati e in sistemi chiusi.
Per quanto riguarda i pazienti, sono segnalati in letteratura casi di colite sintomatica
(crampi addominali, diarrea ematica) causati da residui di glutaraldeide su strumenti
insufficientemente o inadeguatemente risciacquati (Grenet 2004; Sheibani&Gerson
4 Riduzione della popolazione di spore > 6 log entro 5 ore di contatto.
25
2008). Ulteriori svantaggi della glutaraldeide sono la capacità di coagulare e fissare le
proteine e la difficoltà ad eliminare i micobatteri atipici nei tempi di contatto convenzionali.
Quest’ultimo svantaggio può creare problemi di natura diagnostica in broncoscopia e rischi
di contaminazione crociata in pazienti immunocompromessi portatori, ad esempio del
complesso MAC (Mycobacterium avium Complex).
Si consideri inoltre, quale ulteriore complicazione, l’insorgenza di micobatteri resistenti alla
glutaraldeide (Griffiths 1997).

Tabella 7: Vantaggi e svantaggi della glutaraldeide

VANTAGGI SVANTAGGI
- Stabilità delle preparazioni pronte - azione lenta su spore e micobatteri
all’uso a 25°C
- Ottima compatibilità con i materiali - Sensibilizzazione, irritazione di
degli strumenti cute, occhi e tratto respiratorio;
macchia la pelle; ventilazione
raccomandata
- Eventi avversi nei pazienti se non
adeguatamente risciacquata dagli
strumenti (es. colite)
- Fissa, favorisce la formazione
di biofilm: indispensabile la
pulizia accurata e completa dello
strumento
- Costi aggiuntivi per misure
di protezione individuale e
ambientale

7.2.2 Ortoftalaldeide

L’ortoftalaldeide (OPA) é disponibile come soluzione pronta all’uso contenente 0,55%


di sostanza attiva. Essa non richiede attivazione ed è stabile a pH compreso fra 3 e 9. I
prodotti attualmente commercializzati possono essere utilizzati per la disinfezione manuale
o automatica. L’efficacia microbiologica dell’ortoftalaldeide risulta superiore a quella
della glutaraldeide; in particolare essa risulta efficace, con tempi di contatto prolungati,
su micobatteri resistenti alla glutaraldeide. A differenza di quest’ultima è meno volatile e
pertanto si riduce il rischio di vapori nocivi, che tuttavia risultano essere ugualmente irritanti.
Pertanto, analogamente alla glutaraldeide, è raccomandabile l’utilizzo in ambienti dotati di
adeguata ventilazione ed in sistemi chiusi (Tabella 8).
I dati sui livelli di sicurezza e sui potenziali rischi da esposizione prolungata sono ancora
scarsi. L’ortoftalaldeide provoca coagulazione e fissazione delle proteine. Il contatto con
la soluzione disinfettante può macchiare i tessuti, la cute e le mucose e la strumentazione:
ciò avviene a causa della reazione chimica tra gruppi aminici e tiolici. È perciò necessario
seguire istruzioni dettagliate di risciacquo per assicurare l’adeguata rimozione di qualsiasi
residuo dalla strumentazione.
La letteratura riporta casi di reazioni anafilattiche in pazienti affetti da tumore alla vescica
sottoposti a ripetute cistoscopie con strumenti riprocessati con ortoftalaldeide (Medical
Device Agency UK 2004). Lo stesso produttore raccomanda pertanto di non utilizzare il
prodotto per il trattamento di strumenti da utilizzare in tali pazienti.

7.2.3 Acido peracetico

Sono attualmente disponibili sul mercato numerosi prodotti a base di acido peracetico, sia
liquidi che in polvere. Taluni prodotti hanno due componenti che possono essere entrambe

26
liquide oppure l’una liquida e la seconda in polvere. A secondo della loro composizione i
prodotti possono essere utilizzati a basse temperature oppure a temperature fino a 56°C. I
prodotti concentrati necessitano di diluizione; la concentrazione di utilizzo del prodotto ed il
tempo di contatto necessario perché avvenga la disinfezione sono solitamente determinati in
base ai test di efficacia microbiologica del medesimo condotti secondo standard riconosciuti.
L’efficacia dei prodotti a base di acido peracetico è influenzata dal valore di pH della
soluzione disinfettante: per valori di pH compresi tra 3 e 8.5 l’efficacia è superiore a quella
della glutaraldeide (Tabella 9).

Tabella 8: Vantaggi e svantaggi della ortoftalaldeide


VANTAGGI SVANTAGGI
- Stabilità delle preparazioni pronte - azione lenta su spore
all’uso - irritazione di occhi e tratto
- Ottima compatibilità con i materiali respiratorio; macchia la pelle;
degli strumenti ventilazione raccomandata
- pochi dati disponibili sul rischio
dell’esposizione a lungo termine e
sui livelli di sicurezza
- fissa, favorisce la formazione
di biofilm: indispensabile la
pulizia accurata e completa dello
strumento
- riportati casi di reazione simil-
anafilattica dopo utilizzo ripetuto
in cistoscopia

Tabella 9: Vantaggi e svantaggi dell’acido peracetico

VANTAGGI SVANTAGGI
- Rapida azione disinfettante e - in base al valore di pH può irritare
sporicida cute, occhi e tratto respiratorio;
- Minore tossicità ambientale forte odore di aceto; ventilazione
rispetto alle aldeidi raccomandata
- Non fissa le proteine 5
- la compatibilità con i materiali
può variare a secondo di pH
e temperatura; richiedere
caratteristiche di compatibilità del
prodotto
- possibile coagulazione della
proteine a secondo del pH del
prodotto

Anche sotto il profilo della sicurezza degli operatori l’acido peracetico è ritenuto meno irritante
della glutaraldeide e meno tossico per l’ambiente. Sebbene si ritenga che l’acido peracetico
non sia in grado di provocare reazioni allergiche o asma, tuttavia sono stati segnalati casi di
irritazione cutanea, oculare e respiratoria (Rideout 2005). Tali eventi avversi sono fortemente
correlati al pH della soluzione disinfettante, laddove gli effetti minori sono stati osservati per
valori più elevati (pH 7,5 – 10,0). Si consiglia comunque di utilizzare i prodotti a base di acido
peracetico in ambienti con adeguata ventilazione, sebbene nell’utilizzo in sistemi chiusi (es.
in apparecchiature automatiche per il reprocessing) l’importanza del valore di pH sia meno
rilevante in riferimento alla sicurezza degli operatori. Ad oggi non sono stati riportati casi di
resistenza da parte di microrganismi all’acido peracetico.
5 Per i singoli prodotti a base di acido peracetico tale caratteristica può variare a secondo della formu-
lazione.
27
Uno degli svantaggi dell’acido peracetico è la sua minore stabilità rispetto alla glutaraldeide.
La vita media dei prodotti che contengono acido peracetico può variare da 12 a 18 mesi, a
secondo delle condizioni di stoccaggio. I prodotti in polvere hanno una scadenza superiore (3
anni). Per soluzioni riutilizzabili il tempo di sostituzione del prodotto può variare da un minimo
di 24 ore ad un massimo di 7 giorni; in caso di riutilizzo si raccomanda di seguire le indicazioni
del produttore e di monitorare con molta cura la concentrazione della soluzione disinfettante.
Ulteriori svantaggi dell’acido peracetico possono essere rappresentati dall’odore di aceto e
dalla corrosione dei materiali degli endoscopi, entrambi dipendenti dalla formulazione del
prodotto ovvero dal valore di pH, dalla temperatura di utilizzo, dalla concentrazione di acido
peracetico e dai coformulanti presenti (es. inclusione di agenti anticorrosione).
L’acido peracetico è in grado di rimuovere il materiale proteico/organico adeso alle superfici
degli endoscopi che risulta, ad esempio, dall’uso prolungato di glutaraldeide. L’attività
ossidante dell’acido peracetico può così rivelare microforature all’interno dei canali che il
biofilm creato dalla glutaraldeide aveva precedentemente ricoperto ed occultato. Alcuni
prodotti possono inoltre causare danni di tipo “cosmetico” alle superfici degli endoscopi,
senza alterazioni di tipo funzionale.
Data la varietà di prodotti a base di acido peracetico attualmente in commercio, si raccomanda
di valutarne singolarmente la composizione nonché il profilo di efficacia e di sicurezza.

7.2.4 Acqua acida elettrolizzata


Le soluzioni disinfettanti elettrolizzate sono prodotte in loco mediante elettrolisi di acqua
addizionata con cloruro di sodio. L’efficacia della soluzione è influenzata dalla concentrazione
degli agenti ossidanti presenti nella stessa e regolati dal valore di pH. Tali soluzioni hanno
un profilo di sicurezza eccellente sia per l’operatore che per il paziente. Uno degli svantaggi
è rappresentato dal fatto che l’effetto biocida è ridotto in presenza di sporco. Per assicurare
un effetto microbicida completo è perciò essenziale che i dispositivi da riprocessare siano
interamente puliti (Tsuji 1999).
Analogamente ad alcune formulazioni a base di acido peracetico, le soluzioni di acqua
elettrolizzata sono in grado di rimuovere mediante ossidazione substrati organici e
biofilm dalle superfici. Ad oggi non è stato segnalato alcun caso di resistenza da parte di
microrganismi (Tabella 10).
I sistemi ad acqua acida elettrolizzata (in inglese EAW = Electrolyzed Acid Water) operano con
pH ≤ 2,7, potenziale di ossidoriduzione (ORP = Oxidation Reduction Potential) > 1000 mV e
cloro libero residuo pari a 10 ± 2 ppm. La produzione e l’utilizzo dell’acqua acida elettrolizzata
avvengono nel medesimo dispositivo. Poiché il pH e l’ORP sono costantemente monitorati,
tale sistema riduce al minimo lo svantaggio maggiore dell’acqua acida elettrolizzata, ovvero
la sua instabilità. Nonostante il basso valore di pH l’acqua acida elettrolizzata non provoca
eventi avversi a cute e mucose, a differenza dell’acido cloridrico o di altre soluzioni aventi la
stessa acidità. La soluzione è sicura da maneggiare e non richiede l’uso di particolari misure
protettive personali (Pacenti 2006). Non è tossica, né irritante, né mutagena.

Tabella 10: Vantaggi e svantaggi dell’acqua acida elettrolizzata

VANTAGGI SVANTAGGI
- Rapida azione disinfettante - Rapida inattivazione in presenza
- Non coagula né fissa le proteine di materiale organico: richiesta la
- Non irrita cute, occhi e tratto pulizia accurata dello strumento
respiratorio; non ha tossicità - Instabilità della soluzione
ambientale disinfettante: va rinnovata
giornalmente (entro certi limiti la
soluzione può essere mantenuta
entro le specifiche per mezzo di un
generatore di corrente elettrica)

28
7.2.5 Biossido di cloro

Il biossido di cloro è attualmente in commercio sia per la disinfezione automatica che


manuale degli endoscopi. In base alla loro composizione, i disinfettanti a base di biossido di
cloro possono danneggiare in misura diversa gli endoscopi flessibili. L’esperienza conferma
la possibilità di discolorazione delle guaine esterne degli strumenti, ma tali danni possono
essere puramente cosmetici e non funzionali. L’utilizzo in apparecchiature automatiche
prevede tempi di contatto prolungati: ciò potrebbe aumentare il rischio di danno agli
endoscopi (Tabella 11).

Tabella 11: vantaggi e svantaggi del biossido di cloro

VANTAGGI SVANTAGGI
- Rapida azione disinfettante e - Irritante per occhi, vie respiratorie;
sporicida per il forte odore di cloro è
- Stabilità della soluzione (7-14 raccomandata la ventilazione
giorni) - Riferiti danni agli endoscopi;
richiesta la dichiarazione di
compatibilità (per alcuni tipi di
endoscopi di specifici produttori
potrebbe essere necessario un
rivestimento aggiuntivo della
guaina esterna)
- Smaltimento soggetto a restrizioni
in alcuni paesi (eliminazione
prodotti a base di cloro)

8. REPROCESSING DEGLI ENDOSCOPI

La legge 42 del 1999 abroga il mansionario e conseguentemente viene introdotto il codice


deontologico. L’infermiere diventa un professionista ed è responsabile del proprio operato,
nel contesto descritto dal presente documento è responsabile del reprocessing.
Gli operatori socio-sanitari (OSS) e gli infermieri nuovi arrivati che si accingono ad eseguire
questa procedura devono passare attraverso un percorso formativo che deve essere
verificato e validato. Qualora il reprocessing venga effettuato dall’OSS, l’infermiere è
comunque responsabile della sua supervisione.
Il processo di decontaminazione e disinfezione degli strumenti endoscopici per risultare
efficace deve essere effettuato secondo una sequenza prestabilita e costante. Essa si
compone delle seguenti fasi, nessuna delle quali deve essere tralasciata o eseguita in modo
affrettato o approssimativo:

Processo di decontaminazione e disinfezione degli strumenti:

PRE-DETERSIONE
VERIFICA DELLA TENUTA
PULIZIA MANUALE
DISINFEZIONE MANUALE O AUTOMATICA O STERILIZZAZIONE
RISCIACQUO FINALE
ASCIUGATURA
STOCCAGGIO

29
Ogni servizio di endoscopia dovrebbe avere una stanza dedicata al lavaggio e disinfezione
degli strumenti e conseguentemente una dotazione di
• detergenti e accessori per la pulizia
• fonte luminosa e aspiratore
• lava-disinfettatrici con relativi disinfettanti
La pulizia e la detersione rappresentano il momento più importante nella prevenzione delle
infezioni in endoscopia. La presenza di particelle o materiale proteico può essere ricettacolo
di potenziali patogeni e impedire il contatto del disinfettanti con questi ultimi. La pulizia
e la detersione devono essere eseguite immediatamente dopo l’uso dello strumento
endoscopico, soprattutto per le secrezioni di difficile rimozione. È consigliabile per la pulizia
e detersione l’uso di un detergente enzimatico. L’alcool e le aldeidi non debbono essere
usati per la detersione meccanica, perché denaturano e coagulano le proteine e, fissandole,
possono rendere inefficaci le successive manovre di disinfezione. Un’ accurata pulizia
manuale, con allontanamento meccanico della maggiore quantità possibile di materiale
organico, è la premessa indispensabile per un corretto processo di disinfezione. Essa è
indispensabile anche se si usano macchine automatiche per la disinfezione che non
sono in grado di sostituire questa importante manovra.

8.1 Fasi della detersione manuale di un endoscopio

8.1.1 Pre-detersione

a) Al termine dell’esame endoscopico applicare la valvola di pulizia.


b) Aspirare acqua e detergente attraverso i canali interni dello strumento.
c) Passare l’esterno dello strumento con una garza imbevuta della medesima
soluzione.
d) Spegnere la colonna.
e) Applicare il tappo di copertura comandi video sul codolo portaluce dello
strumento (tappo tenuta) per videoendoscopi.
f) Riporre lo strumento in un apposito contenitore e trasportarlo in sala
lavaggio.

8.1.2 Pulizia manuale

a) Indossare i DPI appropriati.


b) Inserire il test di tenuta alla fonte luce e collegarlo allo strumento
endoscopico; è consigliato il test di tenuta da inserire per mantenere la
pressione costante e adeguata nei canali interni dello strumento per tutto
il tempo del lavaggio manuale.
c) Immergere lo strumento, collegato al test di tenuta, nella soluzione
detergente preparata secondo le istruzioni del produttore. Non immergere
mai lo strumento prima di averlo collegato al test di tenuta: in caso di
rottura potrebbe danneggiarsi maggiormente per infiltrazione.
Lo strumento deve essere immerso totalmente nella soluzione detergente.
d) Rimuovere tutte le valvole dello strumento.
e) Passare lo scovolino corto nei canali bioptico e aspirazione per almeno
tre volte.
f) Procedere a scovolinare con lo spazzolino lungo tutti i canali interni dello
strumento per almeno tre volte. Assicurarsi che questo emerga ogni volta
dall’estremità opposta dello strumento. Lo spazzolino deve essere ripulito
dopo ogni introduzione, le sue setole dovranno essere pulite sotto un getto
di acqua, per evitare la ricontaminazione retrograda. Sono attualmente in
commercio spazzolini con più spazzole o sistemi con soluzioni diverse

30
dalle setole, ad esempio dischetti, o ancora microsfere che vengono
aspirate attraverso il canale insieme al detergente rimuovendo così
lo sporco. In caso di utilizzo di tali sistemi alternativi si raccomanda di
attenersi alle istruzioni del produttore.
g) Spazzolare la parte distale dello strumento con uno spazzolino morbido,
facendo particolare attenzione all’ugello aria/acqua ed all’elevatore
direzionale (es. duodenoscopi).
h) Detergere esternamente lo strumento con una spugna morbida.
i) Applicare gli appositi raccordi per il lavaggio dei canali operativi-ausiliari
(es. anglé)
j) Inserire l’adattatore a slitta e lavare ogni canale separatamente aspirando
la soluzione detergente, assicurarsi che questa passi attraverso il canale
dal foro di ingresso fino alla parte terminale dei canali di lavaggio, di
aspirazione e connessione con la fonte di luce.
k) Per i canali ausiliari lavare dopo avere applicato l’adattatore usando
siringhe piccole (es. 5 cc).
l) Risciacquare abbondantemente lo strumento sia internamente che
esternamente con acqua corrente per rimuovere ogni traccia di detergente.
m) Al termine di questa operazione tamponare lo strumento con panni
monouso.
n) Procedere alla disinfezione.

8.2 Disinfezione

Disinfezione manuale vs disinfezione automatica

ANOTE/ANIGEA raccomanda l’utilizzo di lava-disinfettatrici automatiche per la disinfezione


degli endoscopi. La disinfezione manuale dovrebbe essere utilizzata solo in casi di
emergenza; rispetto alla disinfezione automatica essa presenta i seguenti svantaggi:

• mancanza di standardizzazione di alcune fasi del reprocessing


• maggior rischio chimico paziente/operatore
• aumento del rischio di danno allo strumento per maggiore movimentazione

Le più moderne apparecchiature automatiche offrono invece vantaggi quali:

• riduzione del carico di lavoro


• standardizzazione di alcune fasi del reprocessing
• cicli relativamente brevi
• sistemi di tracciabilità automatici
• riduzione del contatto con agenti chimici per il personale
• mantenimento del test di tenuta per tutta la durata del ciclo di trattamento
• controllo dei flussi di liquidi di lavaggio/disinfezione nei singoli canali
• presenza di allarmi per la verifica della correttezza dell’esecuzione delle
varie fasi del ciclo
• possibilità del cosiddetto utilizzo one-shot degli agenti chimici (utilizzo per
un solo ciclo)
• utilizzo di acqua filtrata (generalmente 0,2 micron)

Le apparecchiature automatiche devono essere in grado di svolgere un ciclo di auto-


disinfezione ed avere in dotazione tutto il necessario per il collegamento ad ogni tipo e
marca di endoscopio presente sul mercato.

31
Le apparecchiature lava-disinfettatrici sono soggette alle norme ISO EN 15883 1-4-5 la cui
trattazione dettagliata esula dagli obiettivi di questo documento ma che sarà invece oggetto
di una pubblicazione dedicata da parte di ANOTE/ANIGEA.
Attualmente sono in commercio in Italia vari modelli di apparecchiature che utilizzano
disinfettanti diversi: acido peracetico (da solo o in combinazione con altre sostanze
quali perossido di idrogeno, adazone, ecc…), glutaraldeide, ortoftalaldeide, acqua acida
elettrolizzata.

8.2.1 Disinfezione manuale

Tutte le operazioni devono essere effettuate sotto cappa , con adeguati DPI, in
una vasca chiusa (vedi rischio chimico):
• Immergere lo strumento nella vasca precedentemente riempita con la
soluzione disinfettante
• attenersi alle raccomandazioni del produttore per la preparazione
(concentrazione) e per il tempo di contatto: non scendere mai al di sotto
dei tempi raccomandati
• lo strumento deve essere completamento coperto dal disinfettante
• deve avere inserito l’adattatore a slitta idoneo allo strumento
• La slitta deve essere collegata ad una siringa da 50 ml che consenta di
riempire i canali interni con il disinfettante; tale operazione deve essere
ripetuta più volte nel periodo di contatto con il disinfettante.
• Immergere nel disinfettante le valvole e tutti gli accessori
• Trascorso il tempo di contatto necessario, togliere lo strumento dalla
vasca
• Riporre lo strumento in un lavandino e sciacquare abbondantemente
sotto acqua corrente tutte le superfici interne ed esterne dello strumento
utilizzando la slitta precedentemente collegata
• Eseguire l’ultimo risciacquo con acqua distillata/filtrata per eliminare
qualsiasi traccia di disinfettante e garantire l’assenza di microrganismi
patogeni (es. Pseudomonas aeruginosa)
• Sciacquare tutte le valvole e gli accessori
• Rimuovere la slitta
• Asciugare adeguatamente lo strumento e riporlo in un armadio dedicato
(vedi capitolo asciugatura e stoccaggio) insieme alle proprie valvole

8.2.2 Disinfezione automatica

Tutte le operazioni devono essere effettuate con adeguati DPI (vedi rischio
chimico)
• Dopo la pulizia manuale alloggiare lo strumento nella vasca di disinfezione
della lava-disinfettatrice
• Collegare tutti i canali con gli appositi raccordi in modo che il disinfettante
li irrighi completamente; seguire le istruzioni del produttore
• Assicurarsi che tutti i canali siano collegati
• Inserire le valvole e gli accessori nell’apposito contenitore
• Rimuovere i guanti e chiudere la lava-disinfettatrice
• Selezionare il programma adeguato ed avviare la macchina
• Al termine del ciclo controllare che tutte le operazioni siano state
completate secondo i parametri del costruttore
• Aprire il coperchio e rimuovere l’endoscopi
• Asciugare adeguatamente lo strumento e riporlo in un armadio dedicato
(vedi capitolo asciugatura e stoccaggio) insieme alla proprie valvole.

32
8.3 Asciugatura e stoccaggio

Le superfici interne ed esterne, le valvole e gli accessori di disinfezione devono essere


asciugati completamente in modo da evitare la ricrescita di microorganismi presenti
nell’acqua residua. L’asciugatura dovrebbe essere eseguita con aria filtrata (filtro 0,2 micron)
o di grado medicale ad una pressione massima di 0,5 bar per non danneggiare i canali
interni degli strumenti.
Alcune linee guida internazionali suggeriscono di utilizzare alcool propilico/isopropilico per
favorire l’asciugatura dei canali (ASGE 2003). ANOTE/ANIGEA ritiene che tale prassi non
sia indispensabile per una adeguata asciugatura.
La maggior parte delle lava-disinfettrici, seppure dotate di una fase di asciugatura, non
assicurano la rimozione completa dei residui di acqua. Pertanto prima di stoccare gli strumenti
al termine della sessione lavorativa giornaliera si raccomanda di asciugarli manualmente e
in modo completo.
Tra un esame e l’altro l’asciugatura può essere più rapida: si rimuovono i residui di acqua
dalle superfici interne ed esterne, si asciugano le valvole e tutte le parti del codolo portaluce
(contatti elettrici).
Gli endoscopi completi delle proprie valvole e gli accessori per la disinfezione devono
essere conservati in posizione verticale, in un luogo asciutto, protetti in appositi armadi,
possibilmente ventilati. Le valvole ed il tappo della tenuta non devono essere inseriti nello
strumento ma conservati insieme ad esso.
Durante le manovre sia di asciugatura, sia di stoccaggio, sia di prelevamento dagli armadi
devono essere indossati i guanti per prevenire qualsiasi ricontaminazione da microrganismi
presenti sulle mani degli operatori.
Sono attualmente in commercio vari tipi di armadi dotati di filtri e in grado di mantenere un
ambiente (temperatura, umidità) tale da prevenire la proliferazione di microrganismi patogeni
durante periodi di stoccaggio prolungati.
Non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino la necessità di processare gli strumenti
endoscopici all’inizio di ogni giornata lavorativa, a patto che essi siano stati correttamente
riprocessati, asciugati e stoccati. D’altro canto non sono disponibili neppure evidenze a
supporto della necessità di riprocessare gli endoscopi anche dopo 48-72 ore di stoccaggio;
i pochissimi lavori pubblicati tendono anzi a confermare che, a fronte di una corretta
esecuzione delle fasi finali del reprocessing, non si osserva ricrescita di germi patogeni
anche a distanza di alcuni giorni (Rejchrt 2004; Vergis 2007).

ANOTE/ANIGEA suggerisce comunque di riprocessare gli stru-


menti dopo 72 ore di stoccaggio.

33
9. CONTROLLO DI QUALITÀ

9.1 Tracciabilità

La tracciabilità é regolata dal DPR 224/88 e dalla direttiva CE 2001/95 che hanno come
obiettivo quello di individuare la filiera in caso di prodotti pericolosi.
Lasciare tracce nel reprocessing significa essere in grado di identificare eventuali errori,
potervi porre rimedio e conseguentemente intraprendere azioni per ridurli.
La documentazione del lavoro svolto e la registrazione di tutte le tappe del reprocessing
possono evitare problematiche legali e aumentare la credibilita’ professionale.

Le fasi tracciabili nel reprocessing riguardano:


1. Chi fa
È necessario che chi si occupa dello strumento durante la fase di detersione e
disinfezione sia preventivamente formato
2. Come fa
Deve conoscere e svolgere consapevolmente:
a) la tecnica di detersione
b) l’utilizzo dei detergenti
c) l’utilizzo degli spazzolini
d) l’utilizzo dei disinfettanti
e) l’utilizzo delle disinfettatrici automatiche
3. Con quali risultati
È utile eseguire regolarmente test microbiologici sugli strumenti giunti alla fase di
stoccaggio per verificare l’eventuale presenza di germi.
4. Come si può procedere?
Registrazione di tutte le fasi:
• Codici strumento
• Codici operatori
• Cicli disinfezioni

Il sistema di registrazione può essere:


- manuale
- informatizzato
- RFID (Radio Frequency IDentification o Identificazione a radio frequenza)
• SISTEMA MANUALE/CARTACEO:
La registrazione cartacea prevede le annotazioni sul referto endoscopico
riportate dal medico operatore relative alle seguenti informazioni:
a) infermiere di sala
b) ora di utilizzo in sala endoscopica dello strumento
c) matricola dello strumento utilizzato per l’esame
d) n° cicli di lavaggio macchina lavaendoscopi corrispondente
all’endoscopio utilizzato
e) codice dell’infermiere che ha eseguito il reprocessing
f) codice dell’infermiere, nel caso in cui non sia il medesimo, che
stocca lo strumento.
• SISTEMA INFORMATIZZATO e RFID:
Con l’ausilio di lettori ottici e di codici a barra un software registra i tempi di
esecuzione del reprocessing e l’utilizzo del singolo endoscopio:
a) prelavaggio manuale: operatore/strumento
b) disinfezione automatizzata: scontrino di avvenuta disinfezione con
tutti i requisiti dei dati per la tracciabilità
c) stoccaggio: operatore/strumento
d) utilizzo in sala: operatore/strumento.
34
9.2 Sorveglianza microbiologica

La sorveglianza microbiologica di routine é raccomandata dalle società scientifiche di


endoscopia europee (ESGE/ESGENA guideline 2008) quale indicatore di qualità di tutto il
processo. Al contrario negli Stati Uniti non è raccomandata in quanto, secondo il gruppo di
consenso che ha stilato le più recenti linee guida sul reprocessing, non sono attualmente
disponibili evidenze scientifiche che dimostrino una diminuzione del rischio infettivo correlata
all’esecuzione regolare dei test microbiologici (ASGE 2003).

Gli indicatori di processo hanno il fine di valutare risultati in termini di salute e qualità della
vita con delle caratteristiche proprie: devono essere facili da misurare, subito disponibili e
devono immediatamente individuare le fasi inadeguate.
La gestione del rischio passa attraverso il controllo del processo che consente di analizzare
i possibili errori e trarne le azioni correttive perché essi non si ripetano. Tutto ciò porta al
miglioramento del servizio offerto all’utente.

Rischio infettivo
R (rischio) = P (probabilità di accadimento) x G (gravità delle
conseguenze)

Come già analizzato nella tabella 1, tra i possibili errori nel reprocessing notiamo sicuramente
la carenza nella applicazione di protocolli appropriati su pulizia e disinfezione. L’uso
improprio o la progettazione inadeguata di lava endoscopi, l’impiego di disinfettanti inadatti
o concentrazioni inefficaci o insufficiente tempo di esposizione e non ultimo l’inadeguato
trasporto e stoccaggio strumenti rappresentano ulteriori fattori di rischio per la trasmissione
di infezioni.
La frequenza di esecuzione delle prove microbiologiche può variare da nazione a nazione:
in Italia nei servizi certificati se ne raccomanda l’esecuzione almeno tre volte l’anno, sia sugli
strumenti sia sull’acqua di risciacquo delle apparecchiature automatiche.

ANOTE/ANIGEA ritiene utile che tali prove siano eseguite almeno


due volte l’anno su tutti gli strumenti e sulle apparecchiature.

È opportuno prendere accordi con il laboratorio di microbiologia per stabilire il numero di


campioni da inviare. I prelievi devono essere eseguiti da due infermieri vestiti sterilmente.
I campioni devono essere inviati al laboratorio nel minor tempo possibile; in caso contrario
devono essere mantenuti refrigerati ad una temperatura di 4°C.

35
MODALITÀ di prelievo – endoscopi:

1. Prelevare su strumenti appena disinfettati e su strumenti provenienti da


stoccaggio.
2. Introdurre 20 ml di acqua sterile dal canale di aspirazione del codolo porta luce
avendo chiuso tutti i canali dal impugnatura; per caduta l’acqua finisce in un
contenitore sterile.
3. Passare poi lo scovolino da brushing, estrarlo e tagliarlo lasciandolo cadere nel
contenitore sterile in cui ho raccolto l’acqua.
4. Ogni singolo contenitore deve essere accompagnato oltre che dal modulo di
richiesta dalla tipologia e numero di serie dell’endoscopio, tipologia del canale
su cui è stato effettuato il brushing, il nome dell’operatore del campionamento.

MODALITÀ di prelievo – lava-disinfettatrici:

1. Prelevare 70 ml di acqua durante l’ultimo risciacquo in provetta sterile.


2. Strofinare un tampone nella vasca di disinfezione della lava-disinfettatrice
(facoltativo).

Gli strumenti endoscopici sono nominati semi critici secondo la classificazione di Spaulding
(vedi capitolo 6) e devono essere sottoposti come minimo alla disinfezione di alto livello.
Per disinfezione di alto livello si intende la distruzione di tutte le forme microbiche patogene
vegetative, dei micobatteri, dei virus lipidici e non lipidici, della maggior parte delle spore
fungine e di una certa quantità di spore batteriche.

In caso di contaminazione bisognerà distinguere se si tratta di un errore in fase di


campionamento oppure se, data la tipologia di microrganismi isolati, la positività è correlata
ad errori in una o più fasi del reprocessing, a difetti dell’apparecchiatura utilizzata o ancora a
problemi legati alla qualità dell’acqua di rete (inclusi i sistemi di filtrazione).
L’analisi dei microrganismi isolati consente di ipotizzarne l’origine e di intraprendere le
adeguate azioni correttive per la soluzione del problema.

36
Tabella 12: Sorveglianza microbiologica

Microrganismi Possibile origine Azioni da intraprendere


Indicatori
Escherichia coli A) Procedure pulizia e/o A) Rivedere l’intero ciclo di
Enterobatteriacee disinfezione insufficienti: Reprocessing
 No spazzolamento  pulizia manuale
Enterococchi  Concentrazione/Tempo B) Avviare completa
Esposizione sostanza chimica Manutenzione apparecchiatura
inadeguati
B) Difetto meccanico/ elettronico Automatica
apparecchiatura automatica
lavaggio e disinfezione:
 Quantità/concentrazione
inadeguate sostanze chimiche
 Difetti di costruzione/aree morte
apparecchiatura automatica
Pseudomonas A) A) Rivedere sistema
-Risciacquo finale insufficiente alimentazione
aeruginosa ed
altri -Contaminazione acqua risciacquo finale dell’acqua e le procedure:
- Contaminazione apparecchiatura • Qualità dell’acqua
Gram negativi
non automatica per difetti meccanici/elettronici • Risciacquo manuale/
- Contaminazione dei filtri automatico
Fermentanti • Completa manutenzione
-Difetti di costruzione o aree morte
apparecchiatura
dell’apparecchiatura automatica automatica/sistema
B) filtrazione
Insufficiente asciugatura degli • -Ciclo autodisinfezione/
endoscopi prima dello stoccaggio istruzioni produttore
B) Rivedere procedure
asciugatura e ventilazione
strutture per conservazione
c) Situazione ad alto rischio :
non utilizzare gli endoscopi /
lavaendoscopi
Staphylococcus Ricontaminazione endoscopi causata da : -Rivedere aspetti igienici
aureus -Inadeguata igiene delle mani relativi, alla manipolazione
degli endoscopi al trasporto ed
Staphylococcus -Trasporto e stoccaggio inadeguati allo stoccaggio
epidermidis -Contaminazione in fase di prelievo -Ripetere il prelievo

Solo 1 endoscopio :difetto meccanico


Organismi
enterici,lieviti Più endoscopi: Inadeguatezza
e stafilococchi processo lavaggio/disinfezione
coag.>=100 col.
Micobatteri atipici Contaminazione Rivedere sistema di
dell’apparecchiatura approvvigionamento acqua e
Legionelle procedure:
automatica e del sistema
-Risciacquo manuale o da
dell’acqua apparecchiatura
-Ciclo di autodisinfezione
istruzioni produttore
-Completa manutenzione
apparecchiatura automatica e
sistema di filtrazione

37
9.3 Gestione di un evento infettivo

In caso di reprocessing manuale devono essere testati gli endoscopi e l’acqua utilizzata
nella sala endoscopica; in caso di reprocessing automatico, gli endoscopi, l’apparecchiatura
automatica e l’acqua utilizzati in endoscopia devono essere testati contemporaneamente,
in modo tale da identificare la causa dell’infezione. Se si rileva una contaminazione, e’
responsabilità di chi fornisce il servizio clinico mettere fuori servizio il dispositivo sospetto
(ad es. endoscopio, lava-disinfettatrice, accessori, ecc.) fino a che siano intraprese le azioni
correttive e siano raggiunti risultati soddisfacenti.

Figura 1: Gestione di un evento infettivo con reprocessing manuale

38
Figura 2: Gestione di un evento infettivo con reprocessing automatico

9.4 Manutenzione apparecchiature

La manutenzione definisce le attività e le responsabilità finalizzate ad assicurare il


mantenimento nel tempo della capacità di erogazione del servizio offerto dal Servizio di
Endoscopia Digestiva e ad evitare interruzioni del processo di erogazione non programmate,
con particolare attenzione per le apparecchiature che contribuiscono alle caratteristiche
essenziali per la qualità del processo stesso.
Si applica a tutte le apparecchiature ed agli impianti utilizzati nelle varie fasi del processo,
che hanno diretta influenza sulla qualità del processo stesso.
L’elenco delle apparecchiature in oggetto ed i relativi dati identificativi (codice aziendale,
tipologia, marchio di produzione, assistenza tecnica, dislocazione, ecc.) sono normalmente
gestiti dai servizi di Ingegneria Clinica.
Per le caratteristiche tecniche delle apparecchiature si rimanda ai manuali di istruzione di
cui si conserva copia presso il Servizio Tecnico competente oltre che presso il Servizio di
Endoscopia.
La manutenzione ordinaria è regolamentata da istruzioni operative ed avviene ad opera
degli operatori del Servizio di Endoscopia.
La manutenzione programmata è normalmente stabilita dal Servizio di Ingegneria Clinica
sulla base delle caratteristiche tecniche del prodotto.

39
9.4.1 Manutenzione ordinaria

L’esecuzione di attività di manutenzione ordinaria consistenti nella sostituzione di parti


di consumo facilmente accessibili (es. filtri esterni) o attività di pulizia particolari, viene
normalmente effettuata dagli Operatori del Servizio di Endoscopia seguendo le relative
Istruzioni del produttore.

9.4.2 Manutenzione programmata

L’esecuzione di attività complesse di manutenzione programmata (es. controlli di funzionalità


dell’attrezzatura, calibrazioni, smontaggio di parti dell’attrezzatura stessa, ricambio filtri
interni, ecc.) deve essere affidata a Ditte specializzate per ottenere le massime garanzie
possibili.
Infatti la particolarità di alcune componentistiche elettroniche (di difficile reperimento sul
mercato corrente perché spesso realizzati in serie speciali per l’industria costruttrice), di
particolari meccanici realizzati in modo esclusivo, le modifiche software per i sistemi di
elaborazione dati richiedono una elevata professionalità ottenibile solamente dai tecnici
delle Ditte costruttrici o concessionarie.
Gli interventi di manutenzione programmata effettuati da Ditte specializzate dovrebbero
essere gestiti in base alle indicazioni del produttore dal Servizio di Ingegneria che si occuperà
della verifica dell’esecuzione degli interventi nei modi e nei tempi previsti.

9.4.3 Manutenzione straordinaria

Gli interventi di Manutenzione Straordinaria vengono effettuati ogni qual volta le


apparecchiature o gli impianti subiscono guasti od inconvenienti tali da non poter garantire
la qualità del prodotto, oppure come azione finale di un intervento di controllo.

L’Archiviazione della documentazione relativa agli interventi di manutenzione, è a cura


dell’Ingegneria Clinica e del Servizio di Endoscopia, che li conserva per un periodo non
inferiore a cinque anni nel Servizio stesso.

Al pari di quella delle apparecchiature per il lavaggio e la disinfezione, la manutenzione


regolare degli strumenti endoscopici è molto importante non solo al fine di preservarne la
corretta funzionalità ma anche per motivi di ordine igienico/microbiologico. Alterazioni a
carico dei materiali e/o della meccanica degli endoscopi possono infatti favorire la formazione
di biofilm microbici (Buss 2008).

10. REPROCESSING DEGLI ACCESSORI

Gli accessori attualmente utilizzati in endoscopia sono cresciuti sia quantitativamente che
qualitativamente. Si sta cercando di utilizzare sempre più materiale MONOUSO per garantire
una sicurezza maggiore alla procedura, infatti l’utilizzo di questo tipo di presidi garantisce
sterilità e funzionalità totale ad ogni intervento. Tale materiale non richiede alcun trattamento
in quanto viene gettato nei rifiuti speciali immediatamente dopo averlo utilizzato, facendo
attenzione se si tratta di taglienti che richiederanno lo smaltimento all’interno di contenitori
rigidi per rifiuti speciali.

A tale proposito dobbiamo ricordare che l’utilizzo di materiale monouso in ambito sanitario è
regolato da leggi che ne definiscono le regole di utilizzo, il tempo di durata della sterilità, le
modalità di smaltimento. L’inosservanza di tali leggi è anche responsabilità degli Infermieri.

40
Nel caso si preferisca utilizzare il materiale PLURIUSO, sarà necessario garantire la rimessa
in uso dopo aver effettuato le seguenti procedure:

1. Decontaminazione (DM 28/9/1990)


2. Risciacquo
3. Detersione
4. Immersione in macchina ad ultrasuoni
5. Risciacquo
6. Asciugatura
7. Invio alla Centrale di Sterilizzazione (indicando data di confezionamento e di scadenza)

1) La decontaminazione è obbligatoria in quanto definita da un decreto ministeriale e


viene effettuata tramite l’immersione immediatamente dopo l’utilizzo dell’accessorio
in contenitore contenente liquido decontaminante ed acqua attenendosi alla
quantità ed al tempo richiesti dalla scheda tecnica del prodotto. Questa procedura
è necessaria per evitare il contatto con materiali potenzialmente pericolosi da parte
del personale sanitario che si occupa della riprocessazione, infatti questo momento
è da considerarsi come quello di maggior presenza di agenti infettanti.

2) Gli accessori andranno poi risciacquati dal liquido decontaminante.

3) La terza fase prevede la detersione manuale tramite l’immersione in liquido


proteolitico opportunamente diluito (seguendo sempre le indicazioni della scheda
tecnica del prodotto in uso), lo spazzolamento manuale dell’accessorio in tutte le
sue parti.

4) L’accessorio andrà poi immerso in macchina ad ultrasuoni contenente acqua e


proteolitico opportunamente diluito, che permette, tramite l’azione meccanica degli
ultrasuoni e la temperatura alta della soluzione (40°C), di staccare le particelle
microbiche dalla parete degli accessori, specialmente lungo le spirali metalliche.

La soluzione detergente va sostituita almeno una volta al giorno e qualora risultasse


visibilmente contaminata.

5) Si provvederà ancora al risciacquo che eliminerà definitivamente quanto distaccato


dagli ultrasuoni.

6) Gli accessori andranno poi accuratamente asciugati e imbustati secondo la


procedura utilizzata dalla centrale di sterilizzazione, indicando sulla busta sempre
la data di confezionamento e di scadenza della validità di sterilizzazione.

41
BIBLIOGRAFIA

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Bibliografia di riferimento del capitolo 5

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Romagna, 1998 http://www.regione.emilia-romagna.it/agenziasan/aree/accred/
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· SIRS Provincia di Bologna. Atti del Seminario Le procedure di sicurezza come
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· Zanni A. Le procedure dalla teoria alla pratica. Professione Infermiere. Periodico
Collegio IPASVI, Provincia di Bologna. Anno XIII, 2 settembre 2001.
· Il Manuale della Qualità della Endoscopia Digestiva – SIED. Editore Area Qualità,
II Edizione 2009

Formazione per la protezione degli operatori

· Cohen A., Colligan M.J. Assessing Occupational Safety and Health Training. A
Literature review. DHHS (NIOSH) Publication n. 98-145, June 1998.
· Gruppo di studio PHASE. Un approccio organizzativo e gestionale alla prevenzione
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· Loss G.P., Fowler T. A model for research on training effectiveness. Education and
information division (EID) of the National Institute for occupational safety and health
(NIOSH), October 1999.
· Magelli L., Lelli M.B., Biocca M. Organizzazione aziendale della sicurezza e
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regionale dell’Emilia­Romagna.

Ruolo organizzativo-gestionale per la sicurezza dei servizi in endoscopia

· Gruppo di studio PHASE. Un approccio organizzativo e gestionale alla prevenzione


in ambito sanitario-ospedaliero. Lauri, 2001.
· G. Fazzino Corso Safetynet per Rls 2009

44
Link di interesse

http://www.cdc.gov/niosh/ipcs/italian.html

http://www.osha.gov/

www.anoteanigea.it

www.fda.gov

www.esgena.org

www.sgna.org

www.salute.gov

www.asge.org

www.esge.com

45
Direttive, decreti e norme citati nel testo

Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 29 giugno 1998, sulla «Idoneita’
dei donatori di sangue e di plasma e la verifica delle donazioni di sangue nella Comunita’
europea»
(98/463/CE)

DIRETTIVA 93/68/CEE DEL CONSIGLIO del 22 luglio 1993 che modifica le direttive del
Consiglio 87/404/CEE (recipienti semplici a pressione), 88/378/CEE (sicurezza dei giocat-
toli), 89/106/CEE (prodotti da costruzione), 89/336/CEE (compatibilità elettromagnetica),
89/392/CEE (macchine), 89/686/CEE (dispositivi di protezione individuale), 90/384/CEE
(strumenti per pesare a funzionamento non automatico), 90/385/CEE (dispositivi medici im-
piantabili attivi), 90/396/CEE (apparecchi a gas), 91/263/CEE (apparecchiature terminali di
telecomunicazione), 92/42/CEE (nuove caldaie ad acqua calda alimentate con combustibili
liquidi o gassosi) e 73/23/CEE (materiale elettrico destinato ad essere adoperato entro taluni
limiti di tensione)

DIRETTIVA 93/95/CEE DEL CONSIGLIO del 29 ottobre 1993 che modifica la direttiva
89/686/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai
dispositivi di protezione individuale

DIRETTIVA 92/85/CEE DEL CONSIGLIO, DEL 19 OTTOBRE 1992 concernente l’attuazione


di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle
lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sen-
si dell’Art. 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)

DIRETTIVA 92/46/CEE DEL CONSIGLIO del 16 giugno 1992


che stabilisce le norme sanitarie per la produzione e la commercializzazione di latte crudo,
di latte trattato termicamente e di prodotti a base di latte

DIRETTIVA Consiglio 29 aprile 1999, n. 99/38/CE che modifica per la seconda volta la
direttiva 90/394/CEE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizio-
ne ad agenti cancerogeni durante il lavoro, estendendola agli agenti mutageni www.elfo.org

DIRETTIVA 98/24/CE DEL CONSIGLIO del 7 aprile 1998 sulla protezione della salute e del-
la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro

Direttiva 92/32/CEE del Consiglio del 30 aprile 1992 recante settima modifica del-
la direttiva 67/548/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regola-
mentari e amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle
sostanze pericolose

Direttiva 93/21/CEE della Commissione, del 27 aprile 1993, recante diciottesimo


adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente
il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla
classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose

Direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi me-
dici

Direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicina-


mento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classifica-
zione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose
46
Direttiva 2001/95/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 dicem-
bre 2001 sulla sicurezza generale dei prodotti

10/97 Decreto Legislativo 2 gennaio 1997, n. 10 “Attuazione delle direttive 93/68/


CEE, 93/95/CEE e 96/58/CE relative ai dispositivi di protezione individuale”

645/96 Decreto Legislativo 25 novembre 1996, n. 645 “Recepimento della direttiva


92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavo-
ratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento”

DECRETO LEGISLATIVO 19 settembre 1994, n. 626 Attuazione delle direttive 89/391/


CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE,
90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE,
2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori durante il lavoro.

DECRETO LEGISLATIVO 25 febbraio 2000, n.66 Attuazione delle direttive 97/42/CE e


1999/38/CE, che modificano la direttiva 90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori
contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.

decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, attuazione delle direttive EURATOM


80/836, 84/466, 84/467, 89/618, 90/641 e 92/3, in materia di radiazioni ionizzanti

Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale


Decreto Legislativo 2 febbraio 2007, n. 22  “Attuazione della direttiva 2004/22/CE
relativa agli strumenti di misura”

Decreto Legislativo 4 dicembre 1992, n. 475 Requisiti dei dispositivi di protezione


individuale
Decreto Legislativo 26 febbraio 1999, n. 42 Disposizioni in materia di professioni
sanitarie
Decreto Legislativo 24 febbraio 1997, n. 46 “Attuazione della direttiva 93/42/CEE,
concernente i dispositivi medici.” (emendato col D. lgs. 25.01.2010, n. 37)

Decreto Legislativo 81/2008 Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 “Attuazione


dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicu-
rezza nei luoghi di lavoro”
Decreto Legislativo 25/2002 Decreto Legislativo 2 febbraio 2002, n. 25 “Attuazione
della direttiva 98/24/CE sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i
rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro”

Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 152 “Disposizioni sulla tutela del-


le acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernen-
te il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla
protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole”,
a seguito delle disposizioni correttive ed integrative di cui al decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 258”
Decreto Legislativo 24 febbraio 1997, n. 46 “Attuazione della direttiva 93/42/CEE,
concernente i dispositivi medici”

47
DECRETO MINISTERO DELLA SANITA’  28/9/90
Norme di prevenzione del contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie
ed assistenziali pubbliche e private
DPR 224/88 Attuazione della direttiva CEE n. 85/374 relativa al ravvicinamento delle dispo-
sizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsa-
bilità per danno da prodotti difettosi, ai sensi dell’art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
UNI EN ISO 15883-1:2009 Apparecchi di lavaggio e disinfezione - Parte 1: Requisiti gene-
rali, termini, definizioni e prove

UNI EN ISO 14937:2009 Sterilizzazione dei prodotti sanitari - Requisiti generali per la carat-
terizzazione di un agente sterilizzante e per lo sviluppo, la convalida ed il controllo sistema-
tico di un processo di sterilizzazione per dispositivi medici

UNI EN ISO 15883-4:2009 Apparecchi di lavaggio e disinfezione - Parte 4: Requisiti e prove


per apparecchi di lavaggio e disinfezione che utilizzano la disinfezione chimica degli endo-
scopi termolabili

UNI CEN ISO/TS 15883-5:2006 Apparecchi di lavaggio e disinfezione - Parte 5: Metodo di


prova dello sporco per dimostrare l’efficacia di pulizia

UNI EN 166:2004 Protezione personale degli occhi - Specifiche

UNI EN 14885:2007 Disinfettanti chimici e antisettici - Applicazioni delle norme europee per
i disinfettanti chimici e antisettici

CEI 64-8/7 sez 710 “Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000
V in c.a. e a 1500 V in c.c. - Locali ad uso medico”

UNI EN 556-1:2002 “Sterilizzazione dei dispositivi medici - Requisiti per i dispositivi medici
che recano l’indicazione “STERILE” - Requisiti per i dispositivi medici sterilizzati terminal-
mente”.

UNI EN 556-2:2005 “Sterilizzazione dei dispositivi medici - Requisiti per i dispositivi medici
che recano l’indicazione “STERILE” - Parte 2: Requisiti per i dispositivi medici preparati
asetticamente”.

48
49
Si ringrazia

50
CONSIGLIO DIRETTIVO 2011-2013
Presidente

Davide Cordioli
ULSS 22 Veneto - Villafranca

Vice presidente

Ivan Salardi
Arcispedale S. Maria Nuova - Reggio Emilia

Segretario

Giovanni Fiorito
Policlinico Tor Vergata - Roma

Consiglieri

Antonella Calabrese
A.O.U.I. Ospedale “G. Fucito” - Mercato S. Severino

Vincenzo Cirigliano
Ospedale San Carlo - Potenza

Cinzia Rivara
ASL TO4 - Presidio Ospedaliero Cirié - Torino

Pietro Vaccaro
ASP Cosenza

SEGRETERIA NAZIONALE ANOTE/ANIGEA

Albo Nazionale Provider ECM n. 1065

Corso S. Agata, 61/N - 80061 Massa Lubrense - Sorrento (NA)


PBX 081 8780564
Web: www.anoteanigea.it - E-mail: info@anoteanigea.it
51
52
in copertina edizioniziino.com
illustrazione di Daniela Pergreffi

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