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LINEE GUIDA
Premessa
1. Introduzione
2. Termini e definizioni
3. Infezioni correlate all’endoscopia
4. Principi di controllo delle infezioni
5. Salute e sicurezza del personale in endoscopia
5.1 La sicurezza dei Servizi di endoscopia: quale approccio organizzativo-gestionale
5.2 Rischio biologico
5.3 Rischio chimico
5.4 La movimentazione dei pazienti
5.5 Rischio elettrico
5.6 I dispositivi di protezione e la sorveglianza sanitaria
6. Requisiti generali
6.1 Classificazione della strumentazione endoscopica e livello di trattamento
6.2 Requisiti del personale
6.3 Requisiti della sala di lavaggio e disinfezione
7. Agenti chimici di processo
7.1 Detergenti
7.2 Disinfettanti
8. Reprocessing degli endoscopi
8.1 Fasi della detersione manuale di un endoscopio
8.2 Disinfezione
8.3 Asciugatura e stoccaggio
9. Controllo di qualità
9.1 Tracciabilità
9.2 Sorveglianza microbiologica
9.3 Gestione di un evento infettivo
9.4 Manutenzione delle apparecchiature
10. Reprocessing degli accessori
- Bibliografia
- Direttive, decreti e norme
- Link di interesse
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A cura di:
Vincenzo Cirigliano CPSI U.O.D. Servizio Di Endoscopia Digestiva, Azienda Ospedaliera S. Carlo
Potenza
Davide Cordioli Infermiere Coordinatore Gruppo Operatorio, Isola della Scala e Villafranca (VR)
Ulss 22 Veneto
Laura Gabrielli Infermiera Professionale Servizio Endoscopia Digestiva, Azienda Ospedaliera
S. Andrea, Roma
Roberta Mattiola CPSE ASL TO2, Servizio Endoscopia Digestiva, Ospedale Maria Vittoria, Torino
Laura Nembrini Infermiera-Vigilatrice d’Infanzia-Stomaterapista, Servizio di Endoscopia, Clinica
San Carlo Paderno Dugnano (MI)
Cinzia Rivara CPSE, ASL TO4 Torino
Ivan Salardi Infermiere Professionale Coordinatore Infermieristico, U.O Endoscopia digesti-
va e Gastroenterologia, A.S.M.N. Reggio Emilia
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Premessa
Le linee guida più recenti sul reprocessing degli endoscopi dell’Associazione Nazionale
degli Infermieri di Endoscopia sono state pubblicate nel 1998 da ANOTE.
Nonostante gli sforzi effettuati nel corso degli anni per diffonderne la conoscenza tra gli
associati, l’adesione alle raccomandazioni non sembra essere omogenea sul territorio
nazionale. Nel corso del convegno annuale ANOTE/ANIGEA tenutosi nel mese di novembre
2009 ad Assisi, è stato distribuito un questionario al fine di ottenere uno spaccato della
situazione italiana.
È stato utilizzato quale metodo di indagine un questionario anonimo sulla gestione del
reprocessing degli endoscopi.
Tutti i moduli sono stati analizzati ed i risultati sono stati presentati il giorno successivo alla
raccolta nel corso della sessione plenaria.
È stato dunque costituito un gruppo di lavoro per la revisione e l’aggiornamento delle linee
guida nazionali e per l’implementazione del programma di formazione al fine di diffondere
maggiormente le conoscenze, contribuendo a migliorare la professionalità di tutti gli infermieri
di endoscopia.
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1. INTRODUZIONE
Negli ultimi anni si sono consolidate le conoscenze scientifiche sulle modalità più appropriate
per il trattamento degli endoscopi allo scopo di prevenire la trasmissione di infezioni (il
cosiddetto reprocessing degli endoscopi). Tali conoscenze sono state oggetto di numerose
linee guida redatte da singole istituzioni, società scientifiche o, più recentemente, da
gruppi di società scientifiche e rappresentanti dell’industria medicale che hanno espresso
raccomandazioni congiunte dopo un processo sistematico di revisione della letteratura.
Il trasferimento nella pratica di tali conoscenze ha come obiettivo il coinvolgimento di tutti
gli operatori nell’utilizzo di tali linee guida, al fine di armonizzare quanto più possibile le
procedure anche appartenendo a servizi di endoscopia cosiddetti “minori”.
Questo documento si propone non solo di presentare le raccomandazioni tratte dalle
più aggiornate linee guida internazionali sul reprocessing degli endoscopi, ma anche di
valutare criticamente le principali problematiche attese nel trasferimento di tali indicazioni
nella pratica e discutere le possibili soluzioni operative in un contesto multidisciplinare.
Il documento vuole essere dunque uno strumento utile a livello nazionale ad indirizzare
l’attività e la responsabilità dei professionisti nel reprocessing degli endoscopi.
2. TERMINI E DEFINIZIONI
• Addestramento: acquisizione di abilità (saper fare) idonee a una funzione ben
definita e precisa, le quali prima non erano considerate utili e/o pertinenti. Nelle norme
ISO questo termine indica l’azione che deve essere effettuata dall’organizzazione,
insieme con altre pertinenti, per soddisfare l’esigenza che il personale possieda
le competenze necessarie per svolgere le attività che influenzano la qualità del
prodotto (UNI EN ISO serie 9001:2008).
• Aria medicale: aria prodotta ed utilizzata in ambito ospedaliero, in genere per
compressione; sebbene non sterile, grazie all’applicazione di sistemi di filtrazione,
è priva di contaminazione batterica e prodotti tossici.
• Aria filtrata: aria resa batteriologicamente pura mediante filtrazione (0,2 micron)
• Autodisinfezione: riferito ad apparecchiature per il lavaggio e la disinfezione
è il ciclo che consente di disinfettare i circuiti idraulici delle medesime al fine di
diminuirne il rischio di contaminazione da microrganismi acquatici.
• Biofilm: comunità di cellule batteriche racchiuse in una matrice polimerica prodotta
dalle stesse cellule e aderente ad una superficie inerte o vitale.
• Controllo di qualità: insieme di tecniche ed attività a carattere operativo volte
sia a tenere sotto controllo un processo sia ad eliminare le cause di prestazioni
insoddisfacenti in tutte le fasi del cerchio della qualità al fine di conseguire una
maggiore efficienza.
• Decontaminazione: operazione che precede la detersione vera e propria di un
dispositivo; consiste nella rimozione dei microrganismi o delle sostanze estranee
(o di entrambi) dai materiali ed ha lo scopo di ridurre il rischio di contatto da parte
dell’operatore con materiale potenzialmente infetto.
• Detergente: sostanza che diminuisce la tensione superficiale tra sporco e superficie
da pulire, in modo da favorire l’asportazione dello sporco.
• Disinfettante: sostanza chimica capace di eliminare agenti patogeni in modo non
selettivo da oggetti inanimati. Talora una stessa sostanza contenuta in preparati
diversi può essere usata come antisettico o come disinfettante; va però precisato
che il requisito necessario dell’antisettico è l’assenza di tossicità e di azione irritante
sull’organismo su cui viene usato, requisito non indispensabile per il disinfettante.
• Disinfezione: operazione che consente di ridurre il numero di batteri patogeni in
fase vegetativa a livelli di sicurezza. Può essere attuata con mezzi fisici (calore) o
chimici (disinfettanti).
• DPI: dispositivo di protezione individuale; qualsiasi mezzo destinato ad essere
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indossato e tenuto dall’operatore allo scopo di proteggersi contro uno o più rischi
suscettibili di minacciarne la sicurezza e la salute durante il lavoro, nonché ogni
complemento o accessorio destinato a tale scopo.
• Droplet: goccioline di saliva che possono contenere microrganismi e trasmettere
infezioni.
• Formazione: competenza acquisita attraverso lo studio; processo di crescita
culturale e professionale di una persona
• Manutenzione: insieme delle azioni volte a conservare un bene e ad assicurarne
la disponibilità.
- Manutenzione ordinaria: manutenzione routinaria (giornaliera o periodica)
a parametri predeterminati
- Manutenzione programmata: manutenzione preventiva periodica a
parametri predeterminati
- Manutenzione straordinaria: manutenzione che riguarda interventi non
previsti nella manutenzione ordinaria. Gli interventi possono riguardare:
correzione di guasti, anomalie; miglioramenti strutturali o impiantistici.
• Rischio: è la probabilità che si verifichi uno specifico evento pericoloso.
- Rischio biologico: probabilità di contrarre malattie infettive a seguito di
esposizione a microrganismi
- Rischio chimico: probabilità di subire un danno della salute più o meno
grave conseguente all’esposizione ad uno o più agenti chimici pericolosi.
- Rischio elettrico: probabilità di subire un danno della salute più o meno
grave derivante dagli effetti della corrente elettrica.
• Prione: dall’inglese prion (acronimo di “PRoteinaceus Infective ONly
particle”=particella infettiva solamente proteica), è il nome attribuito ad un ipotetico
“agente infettivo non convenzionale” di natura proteica, privo pertanto di acidi
nucleici e quindi di un codice genetico. È considerato omologo ad un virus patogeno
grazie alla correlazione che li lega ad essi sebbene le sue proprietà biochimiche
si discostino dalla classica definizione di virus, dove l’informazione genetica viene
veicolata da acidi nucleici, ma aprano probabilmente il campo ad una nuova classe
di agenti biologici. I prioni sono causa di una serie di malattie tra cui l’encefalopatia
spongiforme bovina (BSE, nota anche come “malattia della mucca pazza”) nei
bovini e la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) negli esseri umani.
• Pseudoinfezione: presenza di microrganismi patogeni in una coltura di un liquido
corporeo o di tessuto che non si correla clinicamente a segni o sintomi di infezione.
Si può verificare ad esempio quando un campione microbiologico è contaminato da
microrganismi provenienti da lava-disinfettatrici colonizzate.
• Pulizia: rimozione meccanica dello sporco visibile aderente, sangue, sostanze
proteiche da superfici e oggetti. La pulizia accurata, effettuata con l’uso di
detergenti, rimuove i microrganismi e abbassa notevolmente la carica batterica. La
pulizia deve sistematicamente precedere la disinfezione e la sterilizzazione.
• Reprocessing: tutte le tappe necessarie cui sottoporre un dispositivo medico
contaminato per essere riutilizzato con sicurezza; includono pulizia, test funzionale,
confezionamento, etichettatura, disinfezione e sterilizzazione quando richiesta.
• Riqualificazione: acquisizione di particolari abilità e titoli professionali da parte di
un lavoratore, ottenuta partecipando a corsi di qualificazione e specializzazione.
• RFID: (Radio Frequency IDentification o Identificazione a radio frequenza);
tecnologia per l’identificazione automatica di oggetti, animali o persone basata
sulla capacità di memorizzare e accedere a distanza a tali dati usando dispositivi
elettronici (chiamati TAG o transponder) che sono in grado di rispondere
comunicando le informazioni in essi contenute quando “interrogati”.
• Sporicida: agente capace di eliminare le spore batteriche
• Stabilità: tendenza di una sostanza a conservare la propria composizione chimica,
ossia a non degradarsi
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• Standardizzazione: uniformazione a un modello o a un valore medio
• Sterilizzazione: processo fisico o chimico in grado di distruggere tutte le forme di
microrganismi viventi. Viene considerato intervento di prima scelta in presenza di
agenti microbici e/o situazioni a rischio infettivo elevato, da applicare a tutti i casi in
cui le caratteristiche di composizione e struttura del materiale lo consentano.
• Stoccaggio: operazione che consiste nell’immagazzinare il materiale in appositi
contenitori o depositi.
• Tracciabilità: secondo la norma UNI EN ISO serie 9001:2008 é capacità di risalire
alla storia, all’utilizzazione o all’ubicazione di ciò che si sta considerando. Consiste
nella registrazione di informazioni utili a ricostruire l’origine, la storia, l’utilizzo e la
localizzazione di un qualsiasi prodotto dalla produzione alla distribuzione.
L’utilizzo delle procedure endoscopiche, sia a fini diagnostici che terapeutici, è ormai
consolidato e in aumento in diverse specialità della medicina moderna. Si stima che in Italia
siano attualmente eseguite oltre 1.300.000 all’anno tra gastroscopie e colonoscopie, sia
diagnostiche che operative. Nonostante i miglioramenti delle conoscenze e delle tecniche
non si può disconoscere che l’atto endoscopico può rappresentare un fattore di rischio per
l’insorgenza di infezioni, sebbene tale rischio sia riconosciuto essere piuttosto basso ovvero
con una incidenza pari ad 1 su 1.800.000 procedure (Spach 1993). Inoltre, pazienti con
sindrome da immunodeficienza, con neutropenia di grado severo (es. pazienti oncologici
sottoposti a chemioterapia) o ancora portatori di valvole cardiache presentano un aumentato
rischio di contrarre infezioni.
Le infezioni potenzialmente correlate all’endoscopia possono essere così distinte:
• infezioni endogene o autologhe, che insorgono a partire da microrganismi presenti
nell’ospite (per diffusione dal tratto intestinale al circolo ematico).
• Infezioni esogene o crociate, causate da dispositivi non adeguatamente riprocessati.
• Infezioni a carico del personale sanitario.
La tabella A elenca una serie di punti deboli o lacune del trattamento degli endoscopi che
possono dare origine a contaminazione microbica e trasmissione di agenti infettivi. Appare
dunque chiaro che gli endoscopi e gli accessori, se non opportunamente trattati, possono
veicolare microrganismi patogeni od opportunisti e trasmetterli al paziente successivo.
Rari sono infine i casi documentati di infezione virale, in particolare da virus dell’epatite
B (HBV) e C (HCV) (Morris 1975; Bronowicki 1997). Anche in questi casi la trasmissione
dell’agente infettivo è stata ricondotta a grossolani errori nell’applicazione dei protocolli
di reprocessing degli endoscopi. I risultati di uno studio osservazionale multicentrico
condotto in Italia indicano che l’atto endoscopico, se ben condotto in tutte le sue fasi, non
rappresenta un fattore di rischio maggiore per la trasmissione di epatite C (Ciancio 2005).
La trasmissione di HIV non è mai stata segnalata. Ciononostante la raccomandazione del
Consiglio dell’Unione Europea del 29 giugno 1998 indica di escludere dalla donazione di
sangue per 12 mesi soggetti sottoposti a procedure endoscopiche con biopsie mediante uso
di strumenti flessibili.
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Tabella 1: Punti deboli e lacune del reprocessing degli endoscopi
(da ESGE-ESGENA guideline, Endoscopy 2008)
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4. PRINCIPI DI CONTROLLO DELLE INFEZIONI
Poiché lo stato di portatore di talune infezioni può essere sconosciuto allo stesso paziente,
qualsiasi soggetto che si sottopone ad un esame endoscopico deve essere trattato come
potenzialmente infettivo. Ne consegue che tutti gli endoscopi ed i loro relativi accessori
devono essere riprocessati con il massimo rigore dopo ciascuna procedura, utilizzando
protocolli standardizzati ed uniformi fondati sulle raccomandazioni delle linee guida più
aggiornate.
Si comprende pertanto come non vi sarebbe la necessità di inserire pazienti con infezione
riconosciuta, sintomatica o non sintomatica, al termine della sessione di esami se non ai
fini di sviluppare una maggior consapevolezza da parte del personale, di ridurre al minimo i
rischi di infezione crociata e di assicurare una adeguata pulizia e disinfezione dell’ambiente
lavorativo (es. in caso di paziente con forma tubercolare aperta).
È evidente tuttavia che ciascun paziente deve essere esaminato e trattato minimizzando
quanto più possibile il rischio infettivo o gli effetti collaterali che possono derivare da un
riprocessamento inadeguato della strumentazione endoscopica.
Il controllo delle infezioni mira ad istituire azioni o precauzioni atte a spezzare la catena
dell’infezione. Esse sono rappresentate da:
• pulizia, disinfezione e sterilizzazione della strumentazione medica
• corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale
• igiene personale
• controllo degli ambienti (ventilazione, architettura, alimentazione dell’acqua)
• pulizia e disinfezione delle superfici ambientali
• adeguato controllo e supporto amministrativo
• educazione e formazione continua
• presenza di adeguate procedure operative scritte
• documentazione (tracciabilità).
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5. SALUTE E SICUREZZA DEL PERSONALE IN ENDOSCOPIA
In questi ultimi anni nelle Aziende sanitarie si è sviluppata una sempre maggiore
attenzione a tutti gli aspetti che riguardano la gestione del rischio, relativo a tutte le
attività che vengono effettuate, nei confronti sia dei pazienti sia degli operatori.
Il Decreto Legislativo 81/2008 ha introdotto il concetto di valutazione e di gestione del rischio
in modo innovativo nelle strutture sanitarie, innescando un processo di attenzione anche
culturale a tutti gli aspetti di controllo dei rischi derivanti dalle attività assistenziali (Tabella 2).
LEGISLAZIONE VIGENTE
(1) Il dlgs 81/08 non indica solo l’obbligo all’uso dei dispositivi per la protezione
individuale, ma anche le sanzioni per chi non rispetta le regole (datore di lavoro e
lavoratore).
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LEGISLAZIONE VIGENTE
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5.1 La sicurezza dei Servizi di endoscopia: quale approccio organizzativo-gestionale
Da sempre gli aspetti legati all’organizzazione del lavoro sono stati identificati tra i
principali determinanti che influenzano il livello di rischio di una particolare attività. Nello specifico
in ambito sanitario, proprio per le caratteristiche stesse dell’attività assistenziale e del contesto
in cui questa si sviluppa, gli aspetti organizzativi sono particolarmente importanti.
In sostanza, è necessario fare nascere e sviluppare una cultura della sicurezza nei confronti
sia del paziente che dell’operatore sanitario in tutte le attività assistenziali.
Il dirigente può contribuire alla sicurezza e salvaguardia dei lavoratori adottando i seguenti
comportamenti:
In relazione alla valutazione del rischio, se questo non è basso, dovranno essere definite delle
misure di prevenzione e protezione adeguate, che possono essere indicativamente raggruppate
come:
· sostituzione della sostanza disinfettante pericolosa con una meno pericolosa;
· utilizzo di sistemi tecnologici a ciclo chiuso, ad esempio lava-disinfettatrici che
riducono al minimo il contatto e la manipolazione della sostanza disinfettante da parte
dell’operatore e la contaminazione ambientale;
· utilizzo di sistemi di ventilazione e/o aspirazione, come cappe aspiranti localizzate
sopra i punti di emissione per ridurre l’inquinamento ambientale;
· utilizzo di DPI idonei; senza entrare nel dettaglio va specificato che negli ultimi anni
vi è stata un’evoluzione significativa con riduzione della potenziale pericolosità delle
sostanze chimiche utilizzate nella disinfezione delle attrezzature endoscopiche, cui
spesso corrisponde però un incremento significativo dei costi. Anche in questo caso
una valutazione delle modalità di utilizzo e delle possibili soluzioni organizzative
permette di fare una valutazione di costo/beneficio sulle tipologie di disinfettanti
da utilizzare.
In talune situazioni legate all’attività di endoscopia può essere presente per gli operatori
un rischio legato alla movimentazione manuale di pazienti parzialmente o totalmente non
collaboranti nei movimenti, nelle fasi di trasferimento letto-barella o soggetto-letto.
Anche in questo caso una buona valutazione del rischio aiuta a definire le priorità di
intervento, che devono prevedere l’utilizzo di ausili per la movimentazione, la formazione
del personale sulla corretta movimentazione dei pazienti, e interventi relativi all’organizzazione
del lavoro.
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Tabella 3: Simboli di rischio chimico e significati (European Chemicals Bureau)
CORROSIVO
ESPLOSIVO
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Classificazione: sostanze o preparazioni liquide il • Idrogeno
cui punto di combustione è inferiore ai 21 °C .
• Acetilene
Precauzioni: evitare il contatto con materiali ignitivi
(come aria ed acqua). • Etere etilico
F+
ESTREMAMENTE
INFIAMMABILE
IRRITANTE
NOCIVO
PERICOLOSO PER
L’AMBIENTE
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5.5 Rischio elettrico
In ambito endoscopico gli impianti elettrici presenti dovrebbero possedere:
1. gruppo elettrogeno
2. gruppo di continuità
3. trasformatore di isolamento con dispositivo chiamato isoltester
La classificazione dei locali ad uso medico (Tabella 4), riportata nella norma tecnica
CEI 64-8/7 sezione 710, colloca la sala per endoscopie tra i locali appartenenti al Gruppo
1, dove le parti applicate delle apparecchiature elettromedicali sono destinate ad essere
utilizzate esternamente o anche invasivamente entro qualsiasi parte del corpo, ad eccezione
della zona cardiaca.
Locale Caratteristiche
Gruppo 0 Locali ad uso medico nei quali non si possono utilizzare apparecchi
elettromedicali con parte applicata
Gruppo 2 Sono quelli in cui si possono utilizzare elettromedicali con parti applicate
destinate anche ad interventi intracardiaci ed operazioni chirurgiche.
Per quanto riguarda l’attività diagnostica essenziale in relazione agli aspetti di protezione
del paziente e degli operatori, esistono due leggi - il dlgs 46/97 sui dispositivi ad uso
medico e il dlgs 475/92 sui dispositivi di protezione individuale - che definiscono le
caratteristiche che tali prodotti devono rispettivamente possedere per rispondere all’uso per
cui sono costruiti (Tabella 5). La normativa definisce che per tutte le attività di assistenza
al paziente devono essere utilizzati dispositivi riportanti la marcatura come dispositivo
medico come previsto dal dlgs 46/97 mentre la normativa a tutela dei lavoratori
definisce che i mezzi di protezione personale devono riportare la marcatura conforme a quanto
definito dalla normativa sui DPI.
Il dlgs 25/02 relativo alla valutazione ed al controllo del rischio da sostanze chimiche
pericolose, introduce una significativa novità per quanto concerne l’obbligo di sorveglianza
sanitaria, che diventa obbligatoria solo per il personale per cui la valutazione di rischio sulle
sostanze utilizzate nella attività lavorativa,- siano esse classificate come molto tossiche,
tossiche, nocive, sensibilizzanti, irritanti, tossiche per il ciclo riproduttivo - abbia valutato un
rischio diverso da basso-moderato.
Si riportano di seguito i dispositivi di protezione che gli operatori sanitari debbono
utilizzare nelle fasi di lavaggio e disinfezione degli endoscopi.
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Tabella 5: Misure di protezione individuali e collettive da adottare in un servizio di
endoscopia
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Dispositivi di protezione collettiva e
b) Fasi del reprocessing Rischio individuale
Tipologia di utilizzo
Protezioni individuali: vedi rischio
- disinfezione manuale in vasca biologico
con coperchio a tenuta
Sistema di ventilazione derivante da
utilizzo di cappa chimica.
N.B. Si ricorda che le schede di sicurezza dei detergenti e disinfettanti devono essere tenute a
disposizione presso il Servizio di Endoscopia, preferibilmente in sala lavaggio e disinfezione, per
una rapida consultazione in caso di necessità
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6. REQUISITI GENERALI
La classificazione dei dispositivi medici in base alla loro criticità proposta da Spaulding
(Spaulding 1968) resta ad oggi valida e consente di identificare il livello minimo di trattamento
da applicare ai vari strumenti al fine di ridurre quanto più possibile il rischio di infezione.
NB: è buona norma trattare le boccette dell’acqua ed i boccagli come gli accessori critici e
pertanto inviarli alla sterilizzazione.
Prioni
Ad eccezione degli strumenti neurochirurgici, gli endoscopi sono considerati dispositivi a
basso rischio di trasmissione di prioni; nervi periferici, intestino, midollo, sangue, leucociti,
siero, tiroide, surrenali, cuore, muscoli, tessuto adiposo, gengiva, prostata, lacrime, saliva,
sputo, urine, feci, sperma, secrezioni vaginale, latte e sudore sono infatti considerati tessuti/
secrezioni privi di rischio di contaminazione da prioni. (Rutala&Weber 2010).
Allo stato attuale delle conoscenze le normali procedure di trattamento degli strumenti
endoscopici sono ritenute adeguate e sicure nell’attività routinaria. In assenza di agenti
chimici in grado di eliminare completamente il prione si sottolinea l’importanza della fase di
pulizia manuale meccanica dello strumento e si suggerisce di evitare l’utilizzo di sostanze
dotate di capacità fissative sia nella fase di pulizia che in quella di disinfezione.
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In caso di paziente con variante della malattia di Creutzfeld Jacob (vCJD) accertata che
necessiti di esame endoscopico invasivo1, si dovrà utilizzare uno strumento che sarà
successivamente sottoposto a particolari trattamenti (OMS 2003) ed eliminato.
Nel caso invece vi sia un sospetto di malattia da prioni lo strumento dovrà essere posto
in quarantena sino ad accertamento che avviene generalmente post-mortem. In caso di
diagnosi negativa lo strumento potrà essere riammesso all’uso, in caso di positività sarà
invece trattato come sopra descritto.
Qualora il sospetto di malattia venga segnalato successivamente all’esecuzione dell’esame
invasivo sarà compito degli organismi preposti (direzione sanitaria, CIO) svolgere una
indagine epidemiologica per analizzare e valutare il rischio infettivo, adottando opportuni
provvedimenti (trattamento di strumenti, accessori, apparecchiature lava-disinfettatrici;
recall dei pazienti; ecc…). Nel Regno Unito è stata recentemente proposta la realizzazione
di un centro unico di riferimento a livello nazionale in grado di ricondizionare e mettere a
disposizione endoscopi per pazienti con malattia di Creutzfeld Jacob sospetta o conclamata
(BSG Guidelines on Endoscopy in patients at risk of vCJD, 2011).
Secondo l’OCSE2 ”si ottiene una qualifica quando un ente competente determina che
l’apprendimento di un individuo ha raggiunto uno specifico standard di conoscenza, abilità
e competenza. Lo standard dei risultati di apprendimento è confermato per mezzo di una
valutazione o del completamento di un corso di studi. L’apprendimento e la valutazione di
una qualifica può avere luogo tramite un corso di studi e/o un’esperienza sul posto di lavoro”.
2 - RIQUALIFICAZIONE (CONOSCERE):
i cambiamenti organizzativi e le nuove tecnologie inducono a potenziare il proprio bagaglio
di abilità. In questa ottica ad esempio è fondamentale che il personale conosca il disegno e
la struttura dei vari tipi di endoscopi in modo da assicurarne una pulizia e disinfezione sicure
e soddisfacenti.
1 Per esame invasivo si intende una procedura che comporti ad esempio l’esecuzione di una biopsia,
di una PEG o che comunque includa il contatto con la sottomucosa.
2 Organisation for Economic Co-operation and Development (Organizzazione per la Cooperazione e
lo Sviluppo Economico).
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6.3 Requisiti della sala di lavaggio e disinfezione
La sala di lavaggio e disinfezione deve essere dedicata e separata dalle sale endoscopiche.
Deve essere dotata di un percorso sporco - pulito e di un’area di stoccaggio per l’idonea
conservazione della strumentazione. Il trasporto degli endoscopi in entrata ed in uscita dalla
sala dovrebbe essere effettuato per mezzo di apposite vaschette e/o carrelli.
La sala dovrebbe essere inoltre dotata di ricambi di aria pari a 10/ora e fornita di aria
compressa filtrata o meglio ancora di grado medicale per l’asciugatura completa della
strumentazione.
Sono necessari almeno due lavandini in acciaio o in materiale non poroso per la detersione
ed il risciacquo degli strumenti; sul piano di appoggio deve essere installato un bagno ad
ultrasuoni per gli accessori riprocessabili.
Non deve mancare un lavandino separato per la detersione e la disinfezione delle mani.
La sala dovrebbe inoltre avere i requisiti impiantistici per l’installazione di lava-disinfettatrici.
L’adozione di tutte queste misure consente di:
• ridurre al minimo il rischio di infezione e contaminazione per i pazienti e per il
personale
• proteggere dagli agenti chimici utilizzati (es quelli associati a reazioni tossiche/
allergiche o a vapori nocivi)
• proteggere da infezioni crociate con materiale potenzialmente infetto, sangue o
liquidi corporei
• ridurre il danneggiamento degli endoscopi causato da cattiva gestione.
7.1 Detergenti
I detergenti utilizzati in endoscopia possono essere divisi in due gruppi principali:
• con enzimi e/o alcali
• con sostanze antimicrobiche
La maggior parte dei detergenti di entrambi i gruppi contiene surfattanti poco schiumogeni
che hanno il compito di sollevare e rimuovere lo sporco (compreso quello particolato) ed
in parte i microrganismi dalle superfici mantenendoli dissolti, emulsionati o dispersi nella
soluzione detergente.
Una delle caratteristiche più importanti dei detergenti utilizzati per il prelavaggio e per il
lavaggio manuale è la ridotta produzione di schiuma che consente la perfetta visualizzazione
della strumentazione da parte dell’operatore, in modo da evitare incidenti durante la pulizia.
Il detergente utilizzato nel bagno ad ultrasuoni dovrebbe essere il medesimo utilizzato per la
pulizia manuale; la soluzione non dovrebbe essere riscaldata oltre i 40°C in modo da evitare
dispersione di vapori che possano provocare danni al personale.
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Le soluzioni detergenti che non contengono sostanze antimicrobiche dovrebbero essere
rinnovate ad ogni utilizzo mentre quelle che le contengono dovrebbero essere rinnovate su
base giornaliera. In ogni caso in presenza di contaminazione da sporco visibile ad occhio
nudo la soluzione detergente va eliminata e nuovamente preparata.
E’ importante in ogni caso seguire le istruzioni d’uso fornite dal produttore non solo in
relazione alla modalità di utilizzo ed eventuale riutilizzo della soluzione detergente ma anche
con riferimento alla corretta preparazione del prodotto (concentrazione, temperatura, ecc…).
I detergenti contenenti enzimi sono largamente utilizzati. Essi possono contenere uno o più
enzimi quali proteasi, amilasi, lipasi. Gli enzimi sono proteine dotate di attività biologica. La
proteasi, ad esempio, è in grado di frazionare i residui proteici in sub-unità più piccole che
sono maggiormente solubili. L’amilasi catalizza la rottura dell’amido mentre la lipasi rompe
i residui grassi.
Per ogni specifico prodotto è importante che vengano seguite le istruzioni del produttore
sul tempo di contatto necessario affinchè la soluzione detergente possa svolgere la sua
azione. Quando si utilizzano detergenti enzimatici nel bagno ad ultrasuoni è necessario che
quest’ultimo sia adeguatamente coperto in modo da evitare rischi da shock anafilattico da
inalazione di aerosol contenenti gli enzimi stessi.
In diversi paesi europei, tra cui l’Italia, i detergenti contenenti sostanze antimicrobiche sono
largamente diffusi. L’utilizzo di tali prodotti è visto in funzione della riduzione del rischio
infettivo per il personale che si occupa del reprocessing.
La loro efficacia dovrebbe essere valutata secondo standard riconosciuti (UNI EN 14885). È
importante che i test di efficacia siano eseguiti in condizioni di “sporco”.
I requisiti minimi di efficacia comprendono l’attività nei confronti di batteri, lieviti e virus
capsulati.
Il riutilizzo delle soluzioni detergenti contenenti antimicrobici è subordinato alle istruzioni
del produttore ed alla presenza di sporco visibile ad occhio nudo nella soluzione stessa. È
comunque consigliabile sostituire la soluzione ad ogni lavaggio.
Le sostanze attive presenti in questo tipo di detergenti possono essere l’acido peracetico ed
i suoi sali, gli ammoni quaternari, la biguanidina.
L’utilizzo di detergenti con attività antimicrobica per la pulizia manuale non sostituisce in
alcun modo la successiva fase di disinfezione.
Nella fase di pulizia non devono essere assolutamente utilizzati detergenti contenenti aldeidi
poiché possono denaturare e coagulare le proteine e causare così fenomeni di fissazione.
7.2 Disinfettanti
La FDA (Food and Drug Administration) definisce disinfettante di alto livello uno sterilizzante
utilizzato alle stesse condizioni eccetto il tempo di contatto più breve.
La sterilizzazione è un processo che conduce alla distruzione di ogni forma microbica
vivente, incluse le spore.
Qualsiasi disinfettante/sterilizzante utilizzato per il reprocessing degli endoscopi deve
essere testato secondo standard internazionali e presentare un profilo di efficacia ad una
specifica temperatura di applicazione e per un determinato tempo di contatto nei confronti
di batteri, miceti, micobatteri e virus sia capsulati che non. L’attività sporicida alle condizioni
di utilizzo non è un requisito essenziale per un disinfettante, tuttavia la norma EN 15883-4
raccomanda l’utilizzo di sostanze ad azione sporicida in un tempo prolungato.4
7.2.1 Glutaraldeide
VANTAGGI SVANTAGGI
- Stabilità delle preparazioni pronte - azione lenta su spore e micobatteri
all’uso a 25°C
- Ottima compatibilità con i materiali - Sensibilizzazione, irritazione di
degli strumenti cute, occhi e tratto respiratorio;
macchia la pelle; ventilazione
raccomandata
- Eventi avversi nei pazienti se non
adeguatamente risciacquata dagli
strumenti (es. colite)
- Fissa, favorisce la formazione
di biofilm: indispensabile la
pulizia accurata e completa dello
strumento
- Costi aggiuntivi per misure
di protezione individuale e
ambientale
7.2.2 Ortoftalaldeide
Sono attualmente disponibili sul mercato numerosi prodotti a base di acido peracetico, sia
liquidi che in polvere. Taluni prodotti hanno due componenti che possono essere entrambe
26
liquide oppure l’una liquida e la seconda in polvere. A secondo della loro composizione i
prodotti possono essere utilizzati a basse temperature oppure a temperature fino a 56°C. I
prodotti concentrati necessitano di diluizione; la concentrazione di utilizzo del prodotto ed il
tempo di contatto necessario perché avvenga la disinfezione sono solitamente determinati in
base ai test di efficacia microbiologica del medesimo condotti secondo standard riconosciuti.
L’efficacia dei prodotti a base di acido peracetico è influenzata dal valore di pH della
soluzione disinfettante: per valori di pH compresi tra 3 e 8.5 l’efficacia è superiore a quella
della glutaraldeide (Tabella 9).
VANTAGGI SVANTAGGI
- Rapida azione disinfettante e - in base al valore di pH può irritare
sporicida cute, occhi e tratto respiratorio;
- Minore tossicità ambientale forte odore di aceto; ventilazione
rispetto alle aldeidi raccomandata
- Non fissa le proteine 5
- la compatibilità con i materiali
può variare a secondo di pH
e temperatura; richiedere
caratteristiche di compatibilità del
prodotto
- possibile coagulazione della
proteine a secondo del pH del
prodotto
Anche sotto il profilo della sicurezza degli operatori l’acido peracetico è ritenuto meno irritante
della glutaraldeide e meno tossico per l’ambiente. Sebbene si ritenga che l’acido peracetico
non sia in grado di provocare reazioni allergiche o asma, tuttavia sono stati segnalati casi di
irritazione cutanea, oculare e respiratoria (Rideout 2005). Tali eventi avversi sono fortemente
correlati al pH della soluzione disinfettante, laddove gli effetti minori sono stati osservati per
valori più elevati (pH 7,5 – 10,0). Si consiglia comunque di utilizzare i prodotti a base di acido
peracetico in ambienti con adeguata ventilazione, sebbene nell’utilizzo in sistemi chiusi (es.
in apparecchiature automatiche per il reprocessing) l’importanza del valore di pH sia meno
rilevante in riferimento alla sicurezza degli operatori. Ad oggi non sono stati riportati casi di
resistenza da parte di microrganismi all’acido peracetico.
5 Per i singoli prodotti a base di acido peracetico tale caratteristica può variare a secondo della formu-
lazione.
27
Uno degli svantaggi dell’acido peracetico è la sua minore stabilità rispetto alla glutaraldeide.
La vita media dei prodotti che contengono acido peracetico può variare da 12 a 18 mesi, a
secondo delle condizioni di stoccaggio. I prodotti in polvere hanno una scadenza superiore (3
anni). Per soluzioni riutilizzabili il tempo di sostituzione del prodotto può variare da un minimo
di 24 ore ad un massimo di 7 giorni; in caso di riutilizzo si raccomanda di seguire le indicazioni
del produttore e di monitorare con molta cura la concentrazione della soluzione disinfettante.
Ulteriori svantaggi dell’acido peracetico possono essere rappresentati dall’odore di aceto e
dalla corrosione dei materiali degli endoscopi, entrambi dipendenti dalla formulazione del
prodotto ovvero dal valore di pH, dalla temperatura di utilizzo, dalla concentrazione di acido
peracetico e dai coformulanti presenti (es. inclusione di agenti anticorrosione).
L’acido peracetico è in grado di rimuovere il materiale proteico/organico adeso alle superfici
degli endoscopi che risulta, ad esempio, dall’uso prolungato di glutaraldeide. L’attività
ossidante dell’acido peracetico può così rivelare microforature all’interno dei canali che il
biofilm creato dalla glutaraldeide aveva precedentemente ricoperto ed occultato. Alcuni
prodotti possono inoltre causare danni di tipo “cosmetico” alle superfici degli endoscopi,
senza alterazioni di tipo funzionale.
Data la varietà di prodotti a base di acido peracetico attualmente in commercio, si raccomanda
di valutarne singolarmente la composizione nonché il profilo di efficacia e di sicurezza.
VANTAGGI SVANTAGGI
- Rapida azione disinfettante - Rapida inattivazione in presenza
- Non coagula né fissa le proteine di materiale organico: richiesta la
- Non irrita cute, occhi e tratto pulizia accurata dello strumento
respiratorio; non ha tossicità - Instabilità della soluzione
ambientale disinfettante: va rinnovata
giornalmente (entro certi limiti la
soluzione può essere mantenuta
entro le specifiche per mezzo di un
generatore di corrente elettrica)
28
7.2.5 Biossido di cloro
VANTAGGI SVANTAGGI
- Rapida azione disinfettante e - Irritante per occhi, vie respiratorie;
sporicida per il forte odore di cloro è
- Stabilità della soluzione (7-14 raccomandata la ventilazione
giorni) - Riferiti danni agli endoscopi;
richiesta la dichiarazione di
compatibilità (per alcuni tipi di
endoscopi di specifici produttori
potrebbe essere necessario un
rivestimento aggiuntivo della
guaina esterna)
- Smaltimento soggetto a restrizioni
in alcuni paesi (eliminazione
prodotti a base di cloro)
PRE-DETERSIONE
VERIFICA DELLA TENUTA
PULIZIA MANUALE
DISINFEZIONE MANUALE O AUTOMATICA O STERILIZZAZIONE
RISCIACQUO FINALE
ASCIUGATURA
STOCCAGGIO
29
Ogni servizio di endoscopia dovrebbe avere una stanza dedicata al lavaggio e disinfezione
degli strumenti e conseguentemente una dotazione di
• detergenti e accessori per la pulizia
• fonte luminosa e aspiratore
• lava-disinfettatrici con relativi disinfettanti
La pulizia e la detersione rappresentano il momento più importante nella prevenzione delle
infezioni in endoscopia. La presenza di particelle o materiale proteico può essere ricettacolo
di potenziali patogeni e impedire il contatto del disinfettanti con questi ultimi. La pulizia
e la detersione devono essere eseguite immediatamente dopo l’uso dello strumento
endoscopico, soprattutto per le secrezioni di difficile rimozione. È consigliabile per la pulizia
e detersione l’uso di un detergente enzimatico. L’alcool e le aldeidi non debbono essere
usati per la detersione meccanica, perché denaturano e coagulano le proteine e, fissandole,
possono rendere inefficaci le successive manovre di disinfezione. Un’ accurata pulizia
manuale, con allontanamento meccanico della maggiore quantità possibile di materiale
organico, è la premessa indispensabile per un corretto processo di disinfezione. Essa è
indispensabile anche se si usano macchine automatiche per la disinfezione che non
sono in grado di sostituire questa importante manovra.
8.1.1 Pre-detersione
30
dalle setole, ad esempio dischetti, o ancora microsfere che vengono
aspirate attraverso il canale insieme al detergente rimuovendo così
lo sporco. In caso di utilizzo di tali sistemi alternativi si raccomanda di
attenersi alle istruzioni del produttore.
g) Spazzolare la parte distale dello strumento con uno spazzolino morbido,
facendo particolare attenzione all’ugello aria/acqua ed all’elevatore
direzionale (es. duodenoscopi).
h) Detergere esternamente lo strumento con una spugna morbida.
i) Applicare gli appositi raccordi per il lavaggio dei canali operativi-ausiliari
(es. anglé)
j) Inserire l’adattatore a slitta e lavare ogni canale separatamente aspirando
la soluzione detergente, assicurarsi che questa passi attraverso il canale
dal foro di ingresso fino alla parte terminale dei canali di lavaggio, di
aspirazione e connessione con la fonte di luce.
k) Per i canali ausiliari lavare dopo avere applicato l’adattatore usando
siringhe piccole (es. 5 cc).
l) Risciacquare abbondantemente lo strumento sia internamente che
esternamente con acqua corrente per rimuovere ogni traccia di detergente.
m) Al termine di questa operazione tamponare lo strumento con panni
monouso.
n) Procedere alla disinfezione.
8.2 Disinfezione
31
Le apparecchiature lava-disinfettatrici sono soggette alle norme ISO EN 15883 1-4-5 la cui
trattazione dettagliata esula dagli obiettivi di questo documento ma che sarà invece oggetto
di una pubblicazione dedicata da parte di ANOTE/ANIGEA.
Attualmente sono in commercio in Italia vari modelli di apparecchiature che utilizzano
disinfettanti diversi: acido peracetico (da solo o in combinazione con altre sostanze
quali perossido di idrogeno, adazone, ecc…), glutaraldeide, ortoftalaldeide, acqua acida
elettrolizzata.
Tutte le operazioni devono essere effettuate sotto cappa , con adeguati DPI, in
una vasca chiusa (vedi rischio chimico):
• Immergere lo strumento nella vasca precedentemente riempita con la
soluzione disinfettante
• attenersi alle raccomandazioni del produttore per la preparazione
(concentrazione) e per il tempo di contatto: non scendere mai al di sotto
dei tempi raccomandati
• lo strumento deve essere completamento coperto dal disinfettante
• deve avere inserito l’adattatore a slitta idoneo allo strumento
• La slitta deve essere collegata ad una siringa da 50 ml che consenta di
riempire i canali interni con il disinfettante; tale operazione deve essere
ripetuta più volte nel periodo di contatto con il disinfettante.
• Immergere nel disinfettante le valvole e tutti gli accessori
• Trascorso il tempo di contatto necessario, togliere lo strumento dalla
vasca
• Riporre lo strumento in un lavandino e sciacquare abbondantemente
sotto acqua corrente tutte le superfici interne ed esterne dello strumento
utilizzando la slitta precedentemente collegata
• Eseguire l’ultimo risciacquo con acqua distillata/filtrata per eliminare
qualsiasi traccia di disinfettante e garantire l’assenza di microrganismi
patogeni (es. Pseudomonas aeruginosa)
• Sciacquare tutte le valvole e gli accessori
• Rimuovere la slitta
• Asciugare adeguatamente lo strumento e riporlo in un armadio dedicato
(vedi capitolo asciugatura e stoccaggio) insieme alle proprie valvole
Tutte le operazioni devono essere effettuate con adeguati DPI (vedi rischio
chimico)
• Dopo la pulizia manuale alloggiare lo strumento nella vasca di disinfezione
della lava-disinfettatrice
• Collegare tutti i canali con gli appositi raccordi in modo che il disinfettante
li irrighi completamente; seguire le istruzioni del produttore
• Assicurarsi che tutti i canali siano collegati
• Inserire le valvole e gli accessori nell’apposito contenitore
• Rimuovere i guanti e chiudere la lava-disinfettatrice
• Selezionare il programma adeguato ed avviare la macchina
• Al termine del ciclo controllare che tutte le operazioni siano state
completate secondo i parametri del costruttore
• Aprire il coperchio e rimuovere l’endoscopi
• Asciugare adeguatamente lo strumento e riporlo in un armadio dedicato
(vedi capitolo asciugatura e stoccaggio) insieme alla proprie valvole.
32
8.3 Asciugatura e stoccaggio
33
9. CONTROLLO DI QUALITÀ
9.1 Tracciabilità
La tracciabilità é regolata dal DPR 224/88 e dalla direttiva CE 2001/95 che hanno come
obiettivo quello di individuare la filiera in caso di prodotti pericolosi.
Lasciare tracce nel reprocessing significa essere in grado di identificare eventuali errori,
potervi porre rimedio e conseguentemente intraprendere azioni per ridurli.
La documentazione del lavoro svolto e la registrazione di tutte le tappe del reprocessing
possono evitare problematiche legali e aumentare la credibilita’ professionale.
Gli indicatori di processo hanno il fine di valutare risultati in termini di salute e qualità della
vita con delle caratteristiche proprie: devono essere facili da misurare, subito disponibili e
devono immediatamente individuare le fasi inadeguate.
La gestione del rischio passa attraverso il controllo del processo che consente di analizzare
i possibili errori e trarne le azioni correttive perché essi non si ripetano. Tutto ciò porta al
miglioramento del servizio offerto all’utente.
Rischio infettivo
R (rischio) = P (probabilità di accadimento) x G (gravità delle
conseguenze)
Come già analizzato nella tabella 1, tra i possibili errori nel reprocessing notiamo sicuramente
la carenza nella applicazione di protocolli appropriati su pulizia e disinfezione. L’uso
improprio o la progettazione inadeguata di lava endoscopi, l’impiego di disinfettanti inadatti
o concentrazioni inefficaci o insufficiente tempo di esposizione e non ultimo l’inadeguato
trasporto e stoccaggio strumenti rappresentano ulteriori fattori di rischio per la trasmissione
di infezioni.
La frequenza di esecuzione delle prove microbiologiche può variare da nazione a nazione:
in Italia nei servizi certificati se ne raccomanda l’esecuzione almeno tre volte l’anno, sia sugli
strumenti sia sull’acqua di risciacquo delle apparecchiature automatiche.
35
MODALITÀ di prelievo – endoscopi:
Gli strumenti endoscopici sono nominati semi critici secondo la classificazione di Spaulding
(vedi capitolo 6) e devono essere sottoposti come minimo alla disinfezione di alto livello.
Per disinfezione di alto livello si intende la distruzione di tutte le forme microbiche patogene
vegetative, dei micobatteri, dei virus lipidici e non lipidici, della maggior parte delle spore
fungine e di una certa quantità di spore batteriche.
36
Tabella 12: Sorveglianza microbiologica
37
9.3 Gestione di un evento infettivo
In caso di reprocessing manuale devono essere testati gli endoscopi e l’acqua utilizzata
nella sala endoscopica; in caso di reprocessing automatico, gli endoscopi, l’apparecchiatura
automatica e l’acqua utilizzati in endoscopia devono essere testati contemporaneamente,
in modo tale da identificare la causa dell’infezione. Se si rileva una contaminazione, e’
responsabilità di chi fornisce il servizio clinico mettere fuori servizio il dispositivo sospetto
(ad es. endoscopio, lava-disinfettatrice, accessori, ecc.) fino a che siano intraprese le azioni
correttive e siano raggiunti risultati soddisfacenti.
38
Figura 2: Gestione di un evento infettivo con reprocessing automatico
39
9.4.1 Manutenzione ordinaria
Gli accessori attualmente utilizzati in endoscopia sono cresciuti sia quantitativamente che
qualitativamente. Si sta cercando di utilizzare sempre più materiale MONOUSO per garantire
una sicurezza maggiore alla procedura, infatti l’utilizzo di questo tipo di presidi garantisce
sterilità e funzionalità totale ad ogni intervento. Tale materiale non richiede alcun trattamento
in quanto viene gettato nei rifiuti speciali immediatamente dopo averlo utilizzato, facendo
attenzione se si tratta di taglienti che richiederanno lo smaltimento all’interno di contenitori
rigidi per rifiuti speciali.
A tale proposito dobbiamo ricordare che l’utilizzo di materiale monouso in ambito sanitario è
regolato da leggi che ne definiscono le regole di utilizzo, il tempo di durata della sterilità, le
modalità di smaltimento. L’inosservanza di tali leggi è anche responsabilità degli Infermieri.
40
Nel caso si preferisca utilizzare il materiale PLURIUSO, sarà necessario garantire la rimessa
in uso dopo aver effettuato le seguenti procedure:
41
BIBLIOGRAFIA
42
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Literature review. DHHS (NIOSH) Publication n. 98-145, June 1998.
· Gruppo di studio PHASE. Un approccio organizzativo e gestionale alla prevenzione
in ambito sanitario-ospedaliero. Lauri, 2001.
· Loss G.P., Fowler T. A model for research on training effectiveness. Education and
information division (EID) of the National Institute for occupational safety and health
(NIOSH), October 1999.
· Magelli L., Lelli M.B., Biocca M. Organizzazione aziendale della sicurezza e
prevenzione. Guida per l’autovalutazione. Dossier 83-2003, Agenzia sanitaria
regionale dell’EmiliaRomagna.
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Link di interesse
http://www.cdc.gov/niosh/ipcs/italian.html
http://www.osha.gov/
www.anoteanigea.it
www.fda.gov
www.esgena.org
www.sgna.org
www.salute.gov
www.asge.org
www.esge.com
45
Direttive, decreti e norme citati nel testo
Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 29 giugno 1998, sulla «Idoneita’
dei donatori di sangue e di plasma e la verifica delle donazioni di sangue nella Comunita’
europea»
(98/463/CE)
DIRETTIVA 93/68/CEE DEL CONSIGLIO del 22 luglio 1993 che modifica le direttive del
Consiglio 87/404/CEE (recipienti semplici a pressione), 88/378/CEE (sicurezza dei giocat-
toli), 89/106/CEE (prodotti da costruzione), 89/336/CEE (compatibilità elettromagnetica),
89/392/CEE (macchine), 89/686/CEE (dispositivi di protezione individuale), 90/384/CEE
(strumenti per pesare a funzionamento non automatico), 90/385/CEE (dispositivi medici im-
piantabili attivi), 90/396/CEE (apparecchi a gas), 91/263/CEE (apparecchiature terminali di
telecomunicazione), 92/42/CEE (nuove caldaie ad acqua calda alimentate con combustibili
liquidi o gassosi) e 73/23/CEE (materiale elettrico destinato ad essere adoperato entro taluni
limiti di tensione)
DIRETTIVA 93/95/CEE DEL CONSIGLIO del 29 ottobre 1993 che modifica la direttiva
89/686/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai
dispositivi di protezione individuale
DIRETTIVA Consiglio 29 aprile 1999, n. 99/38/CE che modifica per la seconda volta la
direttiva 90/394/CEE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizio-
ne ad agenti cancerogeni durante il lavoro, estendendola agli agenti mutageni www.elfo.org
DIRETTIVA 98/24/CE DEL CONSIGLIO del 7 aprile 1998 sulla protezione della salute e del-
la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro
Direttiva 92/32/CEE del Consiglio del 30 aprile 1992 recante settima modifica del-
la direttiva 67/548/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regola-
mentari e amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle
sostanze pericolose
Direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi me-
dici
47
DECRETO MINISTERO DELLA SANITA’ 28/9/90
Norme di prevenzione del contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie
ed assistenziali pubbliche e private
DPR 224/88 Attuazione della direttiva CEE n. 85/374 relativa al ravvicinamento delle dispo-
sizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsa-
bilità per danno da prodotti difettosi, ai sensi dell’art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
UNI EN ISO 15883-1:2009 Apparecchi di lavaggio e disinfezione - Parte 1: Requisiti gene-
rali, termini, definizioni e prove
UNI EN ISO 14937:2009 Sterilizzazione dei prodotti sanitari - Requisiti generali per la carat-
terizzazione di un agente sterilizzante e per lo sviluppo, la convalida ed il controllo sistema-
tico di un processo di sterilizzazione per dispositivi medici
UNI EN 14885:2007 Disinfettanti chimici e antisettici - Applicazioni delle norme europee per
i disinfettanti chimici e antisettici
CEI 64-8/7 sez 710 “Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000
V in c.a. e a 1500 V in c.c. - Locali ad uso medico”
UNI EN 556-1:2002 “Sterilizzazione dei dispositivi medici - Requisiti per i dispositivi medici
che recano l’indicazione “STERILE” - Requisiti per i dispositivi medici sterilizzati terminal-
mente”.
UNI EN 556-2:2005 “Sterilizzazione dei dispositivi medici - Requisiti per i dispositivi medici
che recano l’indicazione “STERILE” - Parte 2: Requisiti per i dispositivi medici preparati
asetticamente”.
48
49
Si ringrazia
50
CONSIGLIO DIRETTIVO 2011-2013
Presidente
Davide Cordioli
ULSS 22 Veneto - Villafranca
Vice presidente
Ivan Salardi
Arcispedale S. Maria Nuova - Reggio Emilia
Segretario
Giovanni Fiorito
Policlinico Tor Vergata - Roma
Consiglieri
Antonella Calabrese
A.O.U.I. Ospedale “G. Fucito” - Mercato S. Severino
Vincenzo Cirigliano
Ospedale San Carlo - Potenza
Cinzia Rivara
ASL TO4 - Presidio Ospedaliero Cirié - Torino
Pietro Vaccaro
ASP Cosenza