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di Antonio Fossati
Editore: Lulu.com
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Titolo: alla ricerca dell'erba più verde
di Antonio Fossati
Editore: Lulu.com
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Introduzione
Dopo gli anni trascorsi in collegio, Paolo si inserì nell'azienda artigianale del
padre, avendo modo di sperimentare il processo produttivo, le implicazioni, le
problematiche collegate.
Conseguita la maturità, intese applicarsi alla sociologia, allo studio delle
discipline riguardanti la vita civile, conoscere la composizione dello stato, la
formazione della nazione, la convivenza nella società, gli intrecci socio economici
nelle relazioni tra persone, gruppi, categorie, le manifestazioni del potere.
In Israele, prese parte alla vita e al lavoro di un kibbutz; si recò in Brasile per
collaborare alle opere di una comunità per il sostegno di ragazze madri e
bambini abbandonati. Partecipò, in Nicaragua, a iniziative del nuovo governo
insediato dal Fronte Sandinista.
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Attività compiute nell'intento di comprendere motivi, interessi, aspettative
delle persone, nella vita, nei rapporti sociali, nel lavoro, osservando il
comportamento in altre culture, nazioni, popoli con varie origini etniche.
Dall'esperienza diretta nell'azienda di famiglia a quella nel pubblico impiego,
ha cercato di esplorare persone, comunità, organismi e paesi, per scandagliare
l'animo umano in ambienti, condizioni diverse, scoprire forme organizzate,
strutture confacenti alle aspirazioni umane, nel rispetto della libertà di
espressione della persona.
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alla ricerca dell'erba più verde
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I
La fanciullezza
Un superbo gallo, dalle piume rosse lucenti, che lo rincorreva nel cortile per
beccarlo, forse perché aveva i capelli dello stesso colore; anche il maiale lo
inseguiva infuriato, stronfiando a testa bassa con striduli grugniti, quando il
babbo ripuliva lo stabbiolo.
Sono episodi ameni dell’infanzia, impressi nella memoria di Paolo, vissuti con
panico, mentre i familiari assistevano divertiti.
Allora, viveva in una casa più spaziosa rispetto a quella costruita dal nonno; a
lato della scala, avevano aggiunto la cucina soggiorno e il porticato.
La prima abitazione era composta da un edificio a due piani: in basso, la
bottega con l'angolo cottura, divisi dallo steccato in legno, sopra, due camere
con accesso, dall'esterno, tramite la scala e il ballatoio.
Attorno al fabbricato si stendeva un vasto appezzamento di terreno che il
nonno coltivava a granturco, patate, cipolle. Nella parte recintata, invece,
raccoglieva pomodori, piselli, fagioli, prodotti per uso familiare; inoltre, curava
numerosi alberi da frutta, peri, meli a spalliera, un rigoglioso albicocco, diverse
varietà di ciliegio, peschi, un fiorente noce.
D’estate Paolo si divertiva a introdursi tra i filari di mais per giocare a
nascondino, scovare nidi d'uccelli, tordi, allodole, a raccogliere l’erba per i
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conigli, attorcigliata ai fusti di granturco, schiudendo piccoli fiori bianchi come
campanelle.
Lo beffavano i fagiani nel lasciarsi avvicinare fino a un passo, vigili, guardinghi
nel mantenere la distanza. Camminano davanti spediti, con passo rapido, gli
occhi rivolti all'indietro per controllare la posizione; quando, poi, si tenta
d'agguantarli con un grande balzo, sfuggono via fulminei, sollevandosi in volo,
sbattendo le ali con rumoroso fruscìo.
Strappava la barba delle pannocchie di granturco per avvolgerla nella carta e
confezionare sigarette, simulando di fumarle.
L’accesso alla strada avveniva attraverso il cancello di legno, spalmato di
catrame; da un lato era fissato al fabbricato, dall’altro al piantone che reggeva la
rete metallica della cinta.
La spaziosa cucina costituiva il ritrovo principale della famiglia durante i pasti e
la sera; i bambini trascorrevano buona parte della giornata in caso di brutto
tempo, con la pioggia, in inverno.
In angolo, a destra, ardeva il camino per cuocere le vivande e riscaldare nella
fredda stagione.
Nella notte di Natale rappresentava, per i piccoli, il punto magico da cui
provenivano i doni di Gesù Bambino, e il misterioso passaggio della Befana.
La sera appendevano alla mensola, sopra il focolare, le calze lunghe di lana
con la speranza di trovarle ricolme di dolci al mattino.
All’Epifania il fratello maggiore si divertiva nel burlare Paolo:
- Questa notte passano i Magi - lo avvertiva - metti panini con acciughe, salame
sul davanzale della finestra!
Paolo non era convinto, si chiedeva: E’ vero che i cammelli sono alti, ma come
possono raggiungere il piano?
Tuttavia confidava nella buona sorte, nel fascino arcano del periodo natalizio.
A sera inoltrata, poi, il fratello provvedeva a farli sparire, divorandoli con gusto,
soddisfatto per la riuscita dello scherzo.
Alla parete, di fronte all'ingresso, era sistemato il buffet: un mobile a due
piani, impiallacciato in radica maple, con sportelli in basso, sopra, presentava un
vano aperto e altri protetti da ante a vetro.
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Il tavolo stava al centro, fabbricato in faggio con il piano ricoperto in linoleum,
un materiale lavabile, pratico da ripulire per macchie di cibo, bevande;
rovesciavano spesso bicchieri, schizzi di sugo, condimenti.
Le seggiole avevano il sedile confezionato con trecce di paglia; in seguito, per
l'uso, la rottura di filamenti, il babbo lo sostituiva con il compensato, più pratico,
resistente ed economico.
La finestra dava sul cortile; sotto era appoggiata l'ottomana in velluto bordò,
con ricami e fregi gialli, rivestita con panno sfoderabile color amaranto. La sera,
dopo cena, i piccoli si rannicchiavano per un sonnellino, prima di coricarsi e, in
caso di malesseri, per rimanere vicino alle cure della mamma.
Più avanti, i genitori avevano acquistato la cucina economica, un pesante
apparecchio di metallo.
Sulla facciata, smaltata di bianco, appariva il portellino per inserire legna,
carbone, a fianco quello del forno; la cenere veniva raccolta nel cassetto in
basso.
Era più funzionale del camino, produceva maggior calore, lo utilizzava appieno
ed era pratica per cuocere le vivande. Il piano, in ghisa, presentava tre vani
circolari, di misura diversa, coperti con numerosi anelli sovrapposti, da togliere,
per adattare la dimensione della pentola. A destra, racchiudeva il contenitore
d’acqua per riscaldarla con il fuoco. Al tubo del fumo era fissato un anello,
munito di stecche da stendere, fissandole sopra ai ganci, per appendere la
biancheria ad asciugare.
Le camere erano al piano superiore, non riscaldate.
Nelle sere d'inverno i bambini, insonnoliti, imbronciati, lasciavano il tepore della
cucina per salire ad infilarsi nelle fresche lenzuola. Fugavano i brividi di freddo
con rapidi movimenti delle gambe, veloci pedalate, trattenendo la testa sotto per
conseguire calore. Nei periodi più gelidi scorrevano tra le coltri la boule, un
piccolo contenitore di acqua calda, in ottone, per intiepidirle.
Sotto al portico sistemavano gli attrezzi del giardino, la carretta, tavole di
legno pregiato, noce, mogano, faggio; avevano pure adattato uno stalletto per il
maiale. Per il pioppo e l’abete, essenze tenere, economiche, usate in maggior
quantità, componevano apposite cataste, all’esterno, per essiccarli.
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Li comperavano verdi, freschi di taglio per risparmiare e assicurarsi della
stagionatura.
Utilizzando materiale ancora umido poteva causare screpolature, deformazioni,
rendere difficoltoso lo scorrimento di cassetti, l'apertura e la chiusura di ante,
oltre ad alterare l'aspetto.
Per cui, rappresenta una garanzia, affidabilità, evitare la deformazione dei mobili
nel tempo.
La copertura, aperta, serviva anche per svolgere lavori che richiedevano
maggior spazio, libertà di movimento, depositare raccolti dell’orto,
ammonticchiare pannocchie di mais da sfogliare, ripulire cipolle e patate dal
terriccio; in particolare, appendere il maiale per sezionarlo, quando si abbatteva.
Alla parete esterna del laboratorio, il lato sul cortile, era inserito il rubinetto
dell’acqua potabile; non introducevano le condutture, direttamente, nei locali per
economizzare, era sufficiente un punto centrale cui attingere.
Paolo dormiva nella camera con il fratello e il nonno che si dilettava a fumare
la pipa, prima di addormentarsi. Attendeva che i nipoti fossero coricati, poi
spegneva la luce e si accingeva a compiere il gesto rituale.
Lo sentiva accendere il fiammifero; nel buio osservava la fiamma alzarsi e
abbassarsi mentre dava fuoco al fornello con sonore aspirazioni, poi emetteva
lunghe buffate con cadenza ritmica.
Purtroppo aveva il fastidioso vizio di espettorare, allora, spregevole abitudine,
diffusa. Il babbo aveva confezionato un apposito recipiente di legno, contenente
segatura, da porre a destra del letto, nella dimensione adeguata per centrarlo.
I due vani del sottoscala servivano da ripostiglio.
Il primo tratto era interno, accessibile dalla cucina, provvisto d’acquaio per
lavare i piatti, inoltre fungeva da dispensa. La mamma teneva appesa la
moscaiola; un armadietto di legno, con i lati chiusi da rete metallica, in cui
conservava gli alimenti deperibili, burro, pancetta, lardo, per proteggerli da
insetti, mosche e, soprattutto, dal gatto, sempre vigile, sollecito per non lasciarsi
sfuggire l'occasione d'aggranfiare qualche buon boccone.
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Il babbo riponeva i bottiglioni di vino quando lo travasava dalla damigiana.
Chiudeva alcuni con turaccioli di sughero, altri li copriva con un giro di carta,
rivoltando all’interno la parte superiore per fissarla.
Gesto che incuriosiva Paolo, non capiva la ragione; semplice accorgimento per
sopperire all'insufficienza di tappi, riutilizzava quelli estratti da altre bottiglie,
non ne acquistava nuovi.
L’angolo della seconda rampa, rivolto al cortile, era chiuso dalla porta, sbarrata
con un catenaccio. All'interno, accumulavano legna per il camino, la stufa, scarti
di lavorazione, rami affastellati della potatura.
In primavera, il babbo adattava una cesta, con paglia, per accomodare la
chioccia a covare una dozzina di uova. La liberava, una volta al giorno, per
somministrarle acqua e granaglie.
La gallina balzava dal canestro con il piumaggio arruffato, starnazzando
impettita, come irritata, muovendosi avanti e indietro minacciosa, protesa a
difendere il nido, impedendo a chiunque di avvicinarsi.
Il periodo dell’incubazione rappresentava un'avvincente curiosità per i bambini,
aspettavano l’esito con impazienza.
Al momento opportuno, accorrevano gioiosi, festanti per scrutare l'evolversi
del fausto evento. Intravedevano il guscio incrinarsi, schiudersi, poco alla volta,
al lieve picchiettìo del beccuccio, fino ad aprirsi con il mirabile spettacolo della
fuoruscita, la comparsa del pulcino.
Assistevano al miracoloso prodigio della natura: piccoli esseri, bianchi, giallini,
come batuffoli di bambagia, che sbucavano all’improvviso dagli involucri, vederli
muoversi, zampettare, bisbigliando cip cip, cip cip; mossi dall'istinto, ripararsi
nel tepore delle piume della chioccia che li scrutava attenta, compiaciuta,
crocchiando di soddisfazione.
Osservarli beccare la farina gialla di granturco, quella bianca del riso, saltellare
qua e là, pigolando ininterrottamente, pronti, attenti ai richiami della madre, al
minimo cenno di pericolo, per accorrere a rifugiarsi sotto le ali.
Evento carico di toccante tenerezza, spettacolo d’irresistibile richiamo,
espressione viva e gioiosa del misterioso sorgere della vita.
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Nell'avvicendarsi degli anni, crescevano le esigenze della famiglia e
dell'azienda. Procedevano ad ampliare il fabbricato, di volta in volta, con
gradualità, aumentando coperture, allargando spazi, secondo il bisogno.
Occorrenze che soddisfacevano in comune, locali per abitare, camere per i figli,
ulteriori capannoni per macchinari, il processo produttivo, fabbricare mobili in
quantità.
Dalla produzione di un singolo pezzo, armadio, cassettone, letto, tendevano a
prepararne in maggior numero, costruirli in serie, per l'impiego razionale,
intensivo delle attrezzature, per ridurre i “tempi morti”, aumentarne l'uso.
Le operazioni, il tempo occorrente per predisporre utensili, adattare meccanismi,
erano gli stessi, per un solo pezzo che per numerosi altri. Producendone di più,
conseguivano minore tempo per unità di prodotto; significava ridurre i costi,
accrescere il ricavo.
Nonno Angelo era un provetto artigiano, falegname apprezzato per
competenza, lavori accurati. Riparava porte, finestre, componeva cassapanche,
contenitori con una o due ante, cassettiere.
La mamma riferiva del gravoso compito, in passato, di predisporre anche casse
da morto.
Attività piuttosto impegnativa, richiedeva d'assemblarle per incombenze
improvvise, in tempo limitato; gli capitava di comporle in qualsiasi giorno, alla
domenica, nelle feste, talvolta era costretto a operare di notte.
La lavorazione era completamente manuale: il taglio delle assi, piallarle,
predisporre incastri, rifinire, procedimenti che effettuava con sega, pialla lunga,
scalpello, raspa, lima, carta vetrata.
Componeva la struttura al momento per prendere le misure appropriate ed
economizzare legno; inoltre, le salme, senza adeguati accorgimenti, non si
potevano trattenere a lungo nelle abitazioni.
Il nonno era alto, snello, con lunghi baffi che, alla domenica, lisciava per
attorcigliarli con la punta rivolta in su. Il viso magro, ovale, le guance pallide.
Mangiava poco, lamentava la mamma. Alla sera consumava la zuppa o una
scodella di minestra con verdure dell’orto.
Quando maturavano le bacche rosse ne cuoceva qualcuna nel brodo, convinta
che gli ravvivasse il volto.
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Affermava compiaciuta:
- Il nonno, quando mangia pomodori, diventa colorito, con le guance rosee.
Gustava piatti con intingoli, stufato di carne, salamini con cipolla e patate,
mortadella di fegato con lenticchie, merluzzo, anguilla con piselli.
In compenso gli piaceva alquanto il vino.
A tavola lo beveva nella piccola ciotola di terraglia, senza manico, riteneva di
assaporarlo meglio, la preferiva al bicchiere di vetro.
D’inverno, conservava il bottiglione in laboratorio, sotto il banco da lavoro, per
averlo a portata di mano.
Il medico l'aveva ammonito di non eccedere, non peggiorare lo stato; la
mamma, preoccupata per la salute, gli aggiungeva acqua di nascosto.
Intenditore, quando percepiva il sapore diluito, s'irritava; risentito, indirizzava i
rimproveri al babbo, non osava rivolgersi alla nuora, serbava riguardo,
particolare rispetto per lei.
Frequentava l’osteria e, talvolta, con gli amici abbondava nelle bevute; si
rendeva conto di essere alticcio ed evitava situazioni imbarazzanti.
Rientrava a casa alla chetichella, senza rivolgere parola a nessuno, saliva
direttamente in camera a dormire, senza cena. La mamma capiva, avvisava il
babbo per verificare, accertarsi delle condizioni.
Era rimasto vedovo ancor giovane, con tre figlie e un maschio; non aveva più
voluto risposarsi.
In casa appariva serio, rigoroso, un po’ burbero, parlava poco. Era un gran
lavoratore, iniziava di buon mattino fino all’ora di cena. A tavola s'infastidiva per
discussioni animate, non gradiva opposizioni, dilungarsi in scontri verbali.
Quando perdeva la pazienza, interrompeva il diverbio con una frase singolare:
- O San Pietro, lascia giù le corde!
Rivolgeva la preghiera al cielo: "San Pietro, che sei lassù in Paradiso, cala una
corda per potermi aggrappare e salire a raggiungerti, non sopporto più di
rimanere sulla terra".
Nei giorni di festa si recava nel paese vicino per assistere alla messa. Pranzava
nell’abituale trattoria dove cucinavano piatti caratteristici, soprattutto a base di
maiale, cassoeula, mortadella di fegato, cotechino, trippa; cibi succulenti, sapori
forti, accompagnati da piacevoli bevute.
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Alla sera, rientrando, non dimenticava i nipotini che gli correvano incontro,
festanti; nel vedersi attorniato dai piccoli, sorrideva felice, invitandoli:
- Una caramella a chi mi porta le pantofole.
Poi le distribuiva a tutti, ne assegnava una in più a chi gli aveva reso il servizio. I
birboncelli controllavano che si comportasse con equità, mugugnando se
mostrava preferenze.
In laboratorio, per ricevere maggior luce, aveva sistemato il banco vicino alla
finestra, affacciata sulla strada.
Era la principale via di comunicazione tra i paesi vicini, frequentata dai mugnai
che possedevano il mulino sul fiume, a pochi chilometri.
Passavano al mattino con i carri colmi di sacchi di farina, ritornavano nel tardo
pomeriggio con frumento e granturco da macinare. I cavalli avevano appreso
bene il percorso, procedevano anche quando il conducente si addormentava.
Il nonno conosceva tutti:
- Salve, salute *** - pronunciava il nome.
A volte s'intrattenevano a conversare su vicende di famiglia, lavoro. Al
bisogno, scambiavano commissioni, la consegna di oggetti, trasmettere
messaggi, a conoscenti che risiedevano lungo il tragitto.
D’inverno, quando gelava, la strada presentava punti ghiacciati, viscidi, nelle
curve, in tratti con leggera pendenza, difficoltosi da superare; con il carico
particolarmente pesante, non riuscivano a proseguire da soli.
Allora, il primo, arrivato sul luogo critico, attendeva il collega che seguiva, per
attaccare un altro cavallo al carro; con due animali riusciva a proseguire. Uno
reggeva le briglie del primo, l'altro afferrava la stanga per tirare e, con grida
d'incitamento:
- Arri! Dai! Su! Via! - superavano la difficoltà.
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- Angelino, hai della cicca?
- To' prendi! - la passava attraverso l'inferriata.
- Salute!
- Salve!
Altre volte, lo chiamava lui stesso, si premurava nell'offrirlo.
Si scambiavano poche parole che esprimevano amicizia, gratitudine.
Lo ritenevano un tipo bizzarro, girovagava sempre con la mantella, borbottava
tra sè lungo la strada, alzando, minaccioso, il sostegno. Al suo apparire, i
bambini si spaventavano, intimoriti dai modi bruschi, dall'atteggiamento, le
abitudini stravaganti.
Si soffermava sulla porta anche un venditore di scatolame che percorreva, da
anni, la via con la carretta; la tirava a mano, aiutandosi con la cinghia a tracolla.
In seguito, si serviva del carro, trainato dal mulo; alla fine utilizzava il
motocarro.
Quando sollevava il copertone, sopra la mercanzia, appariva una quantità di
ghiottonerie, alimenti di ogni genere, latte piccole, grandi, chiuse, scoperchiate,
con acciughe sotto sale, lingua salmistrata, tonno, alici e sardine nell’olio,
anguilla e pesciolini marinati dallo stuzzicante sapore agro-dolce; cibi conservati,
per lo più a base di pesce.
Il nonno avvertiva i genitori che si accordavano per acquistare scatole di carne,
sgombri, pezzi di merluzzo secco, salato.
Iniziavano a lavorare presto. Più tardi, la mamma preparava la colazione, una
ricca zuppa di pangiallo, quello in grandi forme rotonde, composto con farina di
granturco, aggiungeva verdure, foglie di verza, una patata, un pomodoro,
cipolla, fagioli, secondo la stagione, la condiva con una pestata di lardo o con
pezzetti di pancetta.
Si accovacciavano fuori, con la scodella in mano, appoggiati al muro della
bottega, scambiando frasi di cortesia con passanti, salutando con l'abituale
cenno o il semplice nome:
- Salve ***
Erano rari i veicoli che sollevavano polvere. Circolavano biciclette, carri trainati
da animali, persone a piedi, contadini che si recavano nei campi con la gerla in
spalla, spingendo la carriola con gli attrezzi, quella chiusa per trasportare galline.
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All'estremità del laboratorio era inserito il camino dove il nonno riscaldava la
colla nello speciale paiolo a bagnomaria; preparava quella di origine animale,
immergendo, nell’acqua calda, tavolette essiccate da sciogliere.
L'adoperava per incollare pezzi, aggiustare, sistemare parti di lastra sollevate,
angoli non aderiti al legno, aggiungere frammenti dove mancavano.
Componeva lo stucco grattugiando un grosso pane di gesso, poi miscelava la
polvere con piccole dosi di terra d’ombra, nella tinta appropriata, gialla, rossa o
marrone. Combinava una mistura conforme al colore del legno o
dell’impiallacciatura da riempire, punti che presentavano screpolature, piccoli
fori, interstizi.
Preparava il cumulo sul pezzo di compensato, amalgamando gli elementi, apriva
un foro in mezzo e, con il pennello, lasciava cadere, all’interno, gocce di colla,
con l’aggiunta di un sonoro, tipico, suo sputacchio, per diluirla, e rigirava il tutto
fino a ottenere l'impasto omogeneo, morbido, fluido da spalmare.
Avevano escogitato un sistema ingegnoso, funzionale per alimentare il
focolare.
Tagliavano il coperchio di una grande latta, praticando, sul lato inferiore, una
piccola apertura, come la bocca del camino. Infilavano, in centro, un grosso
legno tondo e la riempivano di trucioli, segatura, pressati con forza. Poi, dal
taglio, aperto alla base, asportavano il materiale che ostruiva il passaggio, per
formare un unico condotto con il foro, ottenuto estraendo il bastone; in questo
modo predisponevano la canna fumaria per il passaggio dell’aria e del fumo della
combustione, sviluppate dalla fiamma, accesa, all’imboccatura.
Quando gli scarti erano di legno duro, noce o faggio e calcati con energia, il
fuoco ardeva per diverse ore.
All’occasione, il camino serviva per cuocere vivande.
La cappa era alta, più spaziosa di quella in cucina.
Appendevano, alla catena, il calderone di rame per cucinare grossi pezzi di
carne, parte della testa del maiale, del vitello, l’oca, il tacchino.
Lessavano anche le numerose patate piccole per sbucciarle con facilità,
consumavano anche quelle minute.
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Alla maturazione, il nonno rivoltava le piantine di tubero, raccoglieva le cipolle
e i nipoti lo aiutavano nella provvista, a ripulirle dal terriccio, spiccare le
pannocchie di granturco, scartocciarle.
Per sgranare i chicchi, usavano l'apposita macchinetta, composta da un
semplice ingranaggio. Funzionava tramite la manovella, congiunta al disco di
metallo, ricoperto di dentelli, all’interno, che pressava contro l'altro fisso per
mezzo di una molla. S'inseriva la grossa spiga nel raccoglitore a imbuto
superiore e, ruotando la manopola, staccavano i semi dal torsolo, pure utile per
il fuoco del camino.
Stendevano sui teli una quantità di grani da essiccare al sole. In quel periodo
tutti gli spiazzi disponibili nei pressi di case, aie, cortili, sottoportici, erano
ricoperti da estensioni di chicchi di granturco.
Il babbo allevava animali, polli, conigli, anatre mute per non disturbare con
assordanti starnazzi, un maiale; talvolta curava anche oche e tacchini, ma non
riusciva a crescerli abbastanza grossi.
I piccioni procuravano difficoltà. Non sempre le coppie si univano per comporre
il nido; a volte la femmina rifiutava con violenza il maschio, lo beccava,
ripetutamente, a sangue, sul capo; capitava, pure, che qualcuno non ritornasse
nella colombaia, oppure sparivano entrambi.
Quando crescevano i piccoli, in genere due, il primo era riservato al nonno, per
rispetto, gratitudine. Preferenza che accoglieva, sentitamente, con l'espressione
compiaciuta nel ricevere il piatto con l'intingolo fumante.
Il babbo si dedicava con passione agli animali, anche perchè, al contrario del
nonno, onorava la tavola con appetito, gustava il cibo con soddisfazione.
Nelle occasioni di lauti pasti, festività, ricorrenze, convivi in allegria, se si
rivolgevano al nonno, rispondeva:
- Andate da Arturo, è lui che dovete invitare, lui assapora la buona tavola!
Si accordava con la mamma per preparare i cibi, si consultavano negli acquisti.
Provvedeva volentieri dal macellaio per scegliere la carne, la coda della mucca
che offriva carne saporita e ottimo brodo, cervella da friggere, parti da cuocere a
lesso, per lo stufato con patate e cipolle.
Si presentava alla moglie, compiaciuto, apriva, con premura, il cartoccio
consigliando:
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- Questo lo puoi fare arrosto, quest’altro in brodo, che cosa ne dici? Sono bei
tagli, non ti pare?
Alla crescita dei primi piselli dell’orto, dolci, teneri, non mancava di acquistare
l'anguilla da cucinare in umido.
Capitava che le grosse si muovessero ancora, sguisciavano fuori dall'involto,
provocando fremiti di disgusto alla mamma, le si accapponava la pelle nel
vederle sfuggire dalla presa.
- Brrr! Ihh! Arturo, vieni! Non riesco a prenderla, scivola dalle mani!
Allora interveniva a spezzettarla, sistemarla in padella.
Alla domenica, nei giorni di festa, si destreggiava ai fornelli, preparava
specialità di propria inventiva.
I suoi piatti risultavano saporiti, gustosi; al contrario della moglie, non
economizzava con il condimento, gli ingredienti, il ragù della pastasciutta o
estratti di carne per la pastina in brodo.
L'abitudine al risparmio della consorte causava vivaci discussioni fra loro; a
volte si adirava, le indirizzava, irritato:
- Accidenti! Tu, la salsiccia gliela fai vedere al risotto!
o per la minestrina:
- Non sa di niente! Sa di selvatico!
e l’insalata:
- Per la miseria! Non siamo capre, dov’è l’olio, l’aceto?
Lui aggiungeva uova sode, acciughe sminuzzate, rendeva i piatti più appetibili, li
arricchiva con carne macinata, aromi, sostanze appropriate, aumentava la dose.
S'intratteneva volentieri con amici in festicciole, cene in allegra compagnia per
gustare specialità, selvaggina cacciata da compagni, lepri, fagiani, consumare
parti di cinghiale.
Erano piacevoli banchetti che rinsaldavano l’amicizia tra conoscenti, persone
che condividevano relazioni di lavoro; si scambiavano esperienze, cognizioni,
pareri sulle attività.
D’estate succedeva un fatto divertente.
Quando maturavano i pomodori, spesso, spariva il fratello piccolo; lo si trovava
nell’orto, accovacciato tra le piantine a mangiucchiarli, oppure uscire con il frutto
tra i denti e il grembiule imbrattato di rosso.
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La mamma proveniva da una località in collina, un paesino di campagna più a
nord, una zona agricola.
- Mi sono sposata giovane per essere indipendente, per allontanarmi da casa -
affermava.
Era cresciuta in una famiglia patriarcale, numerosa, composta da nove figli,
tre maschi e sei femmine. Conservavano l'abitudine di rivolgersi al padre, al
nonno, con il "voi".
I fratelli si divertivano, durante i pasti, a imbastire scherzi sgradevoli alle
sorelle per indurle a rifiutare il cibo e appropriarsi delle loro porzioni.
Descrivevano vicende spiacevoli per incutere paura, compivano gesti di cattivo
gusto per allontanarle, fuggire dalla tavola.
Aveva lavorato in un'azienda tessile, in basso alla vallata, lungo il fiume, non
lontano dall'abitazione; si recava a piedi con le compagne sorreggendo il
pentolino del pranzo.
Riservata, schiva, premurosa con i figli, attenta alle esigenze. Era devota,
frequentava le funzioni religiose con assiduità, convinzione.
Aveva il viso roseo, lineamenti regolari, uno spiccato senso del dovere, appariva
scrupolosa, riflessiva.
Al contrario, il babbo esprimeva un temperamento impulsivo, rude, grintoso,
facilmente irritabile. Non gradiva, come il nonno, dialoghi prolissi, soffermarsi in
discussioni accese, non tollerava essere contraddetto, s'inalberava subito,
troncava il dissidio, allontanandosi irritato.
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Trascorreva, in assoluta libertà, giornate spassose in campagna a contatto con
la natura, in mezzo a prati, boschi, numerose fontane, ruscelli e rigagnoli, come
una divertente avventura.
La mamma lamentava che, un tempo, il nonno, ormai defunto da anni, era
tenuto a prestare servizio per le esigenze del duca, nobile del luogo. Era tenuto a
svolgere lavori per le sue colture, semina, mietitura, raccolta di prodotti; gli
curava pure animali.
Il fattore si presentava al caseggiato imponendo ordini tassativi ai contadini:
- Tugnot! – nominava suo padre – tu domani sei a giornata!
Si rivolgeva all'uno, all'altro, a un terzo e ancora:
- Tu! Anche tu! - ripeteva - domani a giornata!
Chiamava quanti occorrevano per le operazioni della stagione.
La marchesa provvedeva ad attività caritatevoli.
A Natale era solita cuocere un grosso cappone, in un capiente caldaio, per offrire
il brodo ai bisognosi; lo mesceva lei stessa a quanti accorrevano al palazzo con
la scodella in mano.
L’alimentazione era composta da ricchi minestroni, pastasciutta, uova,
verdura, prodotti della terra. Crescevano mucche da latte per allevare vitelli da
vendere, non per proprio consumo; riservavano la carne per la domenica, la
sagra, i pranzi delle occasioni importanti, come componente specifica della festa.
Alla sera, lo zio cenava con una grande scodella di minestra. La nonna gliela
conservava sul camino, coperta, accanto al fuoco, per tenerla al caldo.
Non arrivava in orario preciso, per cui se giungeva presto, e la trovava ancora
fumante, la versava nel piatto per raffreddarla, altrimenti la consumava
direttamente dalla ciotola. Poi, affettava un pomodoro o una cipolla cruda, li
condiva con gocce d’olio di ravizzone, un pizzico di sale e accompagnava il tutto
con fette di pangiallo.
Il pane lo preparavano in casa con la farina di mais, talvolta quella di
frumento, macinato con la pula. Chi non possedeva il forno, si serviva dal
panettiere che lo prestava a pagamento; consuetudine durata a lungo per
cuocere le numerose torte delle festività, a volte di notevoli dimensioni.
Il locale della cucina era spazioso, alto, adatto per sistemare i cannicci per
l'allevamento del baco da seta.
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Nel tepore dell’abitazione, le uova, poste sui piani, fino al soffitto, rimanevano
protette dal freddo intenso e da gelate. Una volta schiuse, comparivano le larve
che si alimentavano con le foglie di gelso triturate; un albero diffuso nelle
campagne, sul limitare dei poderi, lungo i ruscelli, per ottenere il foraggio.
Lungo il fiume, erano sorte filande, manifatture tessili che ricavavano, dai
bozzoli con un laborioso procedimento, il filo di seta, componendo tessuti di
pregiata qualità.
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Nella zona scaturivano parecchie fonti che incanalavano per costruire lavatoi
pubblici, offrire luoghi per dissetarsi nella calura estiva.
Nei dintorni si stendeva la campagna, con variegati colori, terreni liberi, campi
seminati a frumento, granturco, prato; numerosi gelsi e robinie che sfoltivano in
autunno, per la provvista di legna per il camino.
Paolo accompagnava lo zio sul carretto traballante e rumoroso lungo gli
sconnessi sentieri, mentre incitava il cavallo con le caratteristiche grida:
- Arri! - vociava - Arri! Moro - allentando, sbattendo le redini sul dorso per farlo
correre.
Il nipote osservava incuriosito, compiaciuto il paesaggio, le piantagioni, vaste
aree gialle e verdi, alberi rigogliosi, il canneto attorno alla pozza d’acqua.
Il tracciato restava segnato dai solchi delle ruote, strette, alte, ricoperte da
lamine di metallo; lungo il percorso, al limite della boscaglia, tra i ceppi di
acacie, pioppi, betulle, tra le radici degli arbusti intravedeva buche, tane, rifugi,
forse di lepri, ricci, volpi; rigagnoli che scorrevano in canaletti improvvisati,
formando pozzanghere, fanghiglia.
Si dilettava a stendere il fazzoletto sul fondo del ruscello, come una piccola
rete, nel tentativo di cogliere pesciolini.
Seguiva lo zio nei lavori, falciare l’erba; caricava una parte per foraggiare le
mucche, mentre stendeva la rimanente a essiccare; coglieva le cime del
granturco, altro prezioso alimento per gli animali.
Attorno al caseggiato avevano conformato recinti per custodire galline e
coltivare ortofrutticoli per la famiglia.
Paolo era visibilmente solleticato dalla quantità di alberi esistenti, peri,
albicocchi, meli, ciliegi, susini e peschi, fichi, viti; per i bambini era una delizia,
una cuccagna.
Trascorreva il periodo d'estate, stagione propizia per la maturazione dei
gustosi frutti, per cui trovava l'occasione di voraci scorpacciate, riempirsi a
crepapelle, come nel paese di Bengodi.
Purtroppo, incorse nella disavventura di patire febbre alta, una forma tifoide,
che lo costrinse diversi giorni a letto.
Si attribuiva la causa nell'aver inghiottito frutta acerba in eccessiva quantità.
22
II
23
Sovrapponevano fogli sottili di essenze pregiate, noce, mogano, maple,
palissandro e altre, per congegnare gradevoli composizioni e offrire, alla vista,
rigature, colori, i disegni arabeschi risultanti nell'affiancare le numerose lastre
ricavate in quantità dal tronco con la trancia.
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vengono vaporizzati a caldo, in speciali forni, per renderli più resistenti e duttili,
acquisiscono anche la gradevole tinta più scura, diventano adatti a vari usi, per
rivestimenti, per compensati, intagli, tornitura, mobili curvati, sedie, portabiti,
piccoli accessori.
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Si recava volentieri a casa loro. Una sera, a cena, accompagnato da Paolo,
avevano offerto ali e zampe di pollo; affermavano, convinti che, in aggiunta a
tagli di carne, rendevano il brodo più gustoso.
Possedevano un edificio con negozi e appartamenti.
Avevano gestito, per anni, il negozio di fruttivendolo; commerciavano prodotti di
qualità, primizie, frutta e verdura di prima scelta, pesche, pere, uva e agrumi,
coltivati nella piantagione in riva al lago.
Provvedeva lui stesso alle provviste con il calesse.
Nel borgo, disponevano di una casetta nella quale Paolo venne invitato a
trascorrere piacevoli vacanze.
Lo aiutava a pescare sul lago con l'imbarcazione, manovrando i remi, mentre
lui reggeva la dirlindana o posava il palamite per le anguille.
La raccolta riusciva poco fruttuosa, rimanevano attaccate solo le piccole; quelle
grosse si svincolavano subito, mordevano la lenza, si dimenavano,
vorticosamente, attorno alla cordicella fino a sganciarsi. Al ritiro della fune,
trovavano fili recisi, aggrovigliati come gomitoli senza amo; segni di lotta
accanita, furibonda per conquistare la libertà.
Un mattino, sul tardi, mentre si aggiravano a poche decine di metri dalla riva,
il parente sussultò, avvertiva tensione alla lenza; senz'altro aveva abboccato un
grosso pesce.
- Guarda, guarda Paolo! - esclamò felice, entusiasta - Uno stupidone si è lasciato
prendere! - tratteneva il filo con piccoli strappi per assicurare la presa.
L'anziano pescatore pareva rinascere, rivelava la gioia della conquista,
esprimeva viva emozione, come fosse stata la pesca più fruttuosa della vita.
Incontrava difficoltà a tirarlo in barca; il pesce si dibatteva con forza, dovette
destreggiarsi parecchio per trattenerlo a pelo d’acqua.
- Presto Paolo, dammi il guadino!
Infilò sotto la reticella, e, dopo alcuni tentativi, riuscì a raccoglierlo e posarlo sul
fondo; saltava qua e là con impeto e furia, gli appioppò una zoccolata sulla testa,
stendendolo definitivamente.
Era un grosso barbo, lungo una cinquantina di centimetri, un esemplare
stupendo; una gradita sorpresa per entrambi, evento di grande soddisfazione da
raccontare con orgoglio agli amici.
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La sorella, compiaciuta per la fruttuosa presa, si adoperò, subito, per
prepararlo a pranzo, aiutata dal fratello.
Per Paolo fu l’occasione per assaporare il pesce come non aveva mai provato.
L’avevano fritto con abbondante olio ed erbe aromatiche, da provetti buongustai;
nella casetta si era diffuso il gradevole olezzo di frittura che si percepisce nei
paesini di lago, verso mezzogiorno. Fresco, cotto a puntino, avvertiva il sapore
con pienezza, gustando la carne soffice, fragrante con il profumo caratteristico
della buona cucina.
La lieta vicenda si concluse in una forma godereccia che gli rimase impressa
nella memoria come unica, irripetibile.
Allora, era consuetudine, alla visita di amici, parenti, offrire, come gesto di
cortesia, specialità, frutti dell'orto, prodotti coltivati, generi alimentari di animali
allevati in proprio.
Il babbo invitò il parente al tavolo, sotto al pergolato, a gustare un salamino;
iniziò ad affettarlo in obliquo, il metodo preferito, sistemando i tagli, di volta in
volta, sul piatto. L'ospite prendeva le fettine, una dopo l’altra, levava la pelle e le
inghiottiva per intero, sbocconcellando un pezzo di pane.
I bambini rimasero stupefatti nell'osservare la scena. La mamma, per merenda,
era solita darne solo due o tre pezzi, da unire, con piccoli morsi, al panino;
oppure distribuiva un grappolo d’uva, un'albicocca, fichi, la frutta che
raccoglievano in giardino.
La custodiva, con cura e parsimonia, nel sottofondo dei due cassettoni,
appoggiati ai lati della camera, cercando di non farsi scoprire per conservarla a
lungo.
Mobili caratteristici, di cui uno è conservato pienamente integro, per mostrare
la lavorazione, compiuta a mano, dal nonno e dal babbo. Sono visibili,
all'interno, segni di attrezzi, incavi della pialla, rigature della sega, tagli,
profonde incisioni dello scalpello per effettuare gli incastri dei cassetti. Anche le
serrature di metallo presentano le battiture, praticate con il martello, per
assemblarle.
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Nella stanza, alle travi del soffitto, erano appesi, ad asciugare e maturare,
numerose file di salami, salsicciotti, mortadelle, coppe, una quantità di insaccati
con diversi ingredienti per gustare le varie qualità.
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Il norcino si affaccendava a sezionare, ripartire, tritare, insaccare lunghe file di
salamini, comporre numerose qualità d'insaccati.
Si diffondeva per la casa il piacevole profumo di carne per le spezie aggiunte
negli impasti.
Scaldavano il vin brulé con chiodi di garofano per le mortadelle di fegato; lo
preparavano in abbondanza per offrirlo, lo bevevano tutti brindando all’evento,
alla dovizia di alimenti.
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Rimanevano immobili, timorosi, in assoluto silenzio. Udivano, trepidanti, la
sequela delle sonore picchiate dei bombardieri nel planare, abbassandosi per
colpire, distruggere, poi riprendere il volo.
Stavano con le orecchie tese per ascoltare rumori, eventuali fragori di bombe,
esplose nei paraggi.
Con ansia attendevano la fine del ronzìo dei motori, foriero di devastazioni,
l'allontanarsi dei minacciosi velivoli.
Rimase impressionato, sconvolto quando scorse, lungo la strada, il cadavere di
un uomo, disteso, abbandonato sul ciglio del fosso, con un fiotto di sangue
attorno alla testa, sparso in una pozza.
Cessate le ostilità, ogni forma di lotta, si divertiva, sollevato, sorridente, sulla
porta della bottega a rivolgere il saluto militare ai soldati che transitavano su
camion e carri armati.
Offrivano, con benevolenza, dolci, caramelle:
- Ehilà boy, volere chocolate? Chewing gum?
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- In castigo dietro alla lavagna! - pronunciava, indignato, allo scolaro che non
ricordava la regola; doveva nascondersi per la vergogna.
Ma la pena più fastidiosa consisteva nelle bacchettate.
- Tu *** esci fuori! - imponeva al malcapitato - Porgi la mano con le dita unite e
la punta in su - le percuoteva con la bacchetta, una, due, tre o più volte, quanto
riteneva grave la mancanza.
Provocava un dolore intenso, acuto, che durava a lungo; un sistema irritante,
odioso che lo rendeva detestabile.
Un giorno si era rifiutato di recitare la coniugazione di un verbo. In
precedenza, non aveva saputo rispondere il compagno e lui non voleva replicare,
non intendeva sostituirsi. La maestra lo prese per il braccio e l'accompagnò tra le
classi per umiliarlo davanti a tutti.
Erano forme di contrasto, opposizioni, all’insegnante che pareva prediligere le
ragazze; offrivano fiori, regali, spolveravano la cattedra, pulivano la lavagna,
compivano gesti di cortesia.
Nel percorso per raggiungere la scuola, si trastullava, con gli amici, in un gioco
divertente.
Raccoglievano per strada lamierini, piccole latte, appiattite, schiacciate nel
passaggio dei carri, li lanciavano in avanti, uno di seguito all'altro, assegnando
punti a chi riusciva ad avvicinarsi di più o a sfiorare quello del compagno.
Talvolta nascevano rivalità tra le frazioni del paese; si beffeggiavano senza
motivo, per questioni futili.
Al termine delle lezioni, si fronteggiavano, a gruppi, pronunciando invettive,
scagliandosi contro, sassi, pietre. Si procuravano lividi, escoriazioni.
Cessavano le ostilità per le proteste, i rimproveri dei genitori che li vedevano
tornare a casa mal ridotti, doloranti; non trovavano scuse per giustificarsi.
Paolo terminava la scuola poco dopo l’ora di pranzo; trovava i familiari a
tavola.
Quando era di malumore:
- Che cosa c’è da mangiare? - si rivolgeva, scontroso, alla mamma
- La minestra.
- Uffa! Sempre minestra, non la mangio!
S'innervosiva, metteva il broncio e usciva infuriato.
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Correva a rifugiarsi in giardino, saliva sull'albicocco. L'albero presentava lunghi
rami sui quali poteva stendersi; si sedeva, allargando le braccia come sui
braccioli di una poltrona. Sdraiato, posto in alto, si sentiva sopra a quanto lo
infastidiva, lontano dalle persone, rimuginando il fatto spiacevole che lo
contrariava; si sentiva incompreso.
Poi, stemperata la collera, si rilassava, riprendeva l’umore abituale, avvertiva
gli stimoli della fame. Allora, immusonito, malinconico, ritornava a tavola in
silenzio; la mamma, dispiaciuta, premurosa, gli poneva davanti il piatto per
rifocillarsi.
D’estate trascorreva giornate spassose con amici.
Girovagavano tra campi, boschi per scovare nidi di uccelli, riconoscere la
specie dal colore delle uova, dal canto, a rotolarsi nei prati folti d’erba.
Provocavano la collera dei contadini che li sgridavano, alzando minacciosi la
forca, muovendo qualche passo nel tentativo di rincorrerli:
- Attenti veh! Se vi prendo! Lo dirò ai vostri genitori!
Si spaventavano e fuggivano via terrorizzati.
Ai limiti dei poderi, crescevano filari di gelsi per alimentare bachi da seta. I
ragazzi si rimpinzavano con scorpacciate di more bianche, blu, dolci, succulente,
che impiastricciavano le mani di un liquido appiccicoso; le scure rilasciavano
sulle labbra un colore intenso da apparire clown.
Dovevano prestare attenzione, particolare cautela nel rubacchiare ciliege,
amarene, fichi, perchè gli alberi erano piantumati a ridosso dei capanni;
servivano per godere ombra nella calura estiva; a volte, nel pomeriggio, si
soffermavano, all'interno, per un pisolino.
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Impartiva la sequenza delle melodie specifiche, per la sagra del paese, Natale,
Pasqua, le festività.
I ragazzi si sollazzavano nell'attaccarsi alle funi e lasciarsi trasportare su e giù,
assecondando il movimento, di sfuggita dagli sguardi, severi, del sacrista che
seguiva assorto, impassibile lo sviluppo musicale.
A volte, trascinati con impeto nell'ascesa, non abbandonavano la presa in tempo
e le mani s'infilavano nella fessura dell’impiantito di legno, in cui scorreva il
tirante, procurando fastidiose contusioni.
In quei giorni, salivano, in alto, nella cella campanaria per collegare i grandi
tasti di legno ai battagli delle campane; meccanismo rudimentale da configurare
una schematica tastiera di pianoforte. Li percuotevano con vigore, diffondendo la
cadenza ripetitiva, il suono caratteristico, propagato lontano, per trasmettere
gioia, allegria, aria di festa.
Da lassù ammiravano il vasto panorama; scorgevano paesi, caseggiati, vie,
collegamenti con cittadine, i campanili dei dintorni, la natura.
All'orizzonte apparivano i profili delle prealpi lombarde, Grigne, Legnone,
Resegone, più lontano la catena delle Alpi con la massiccia sagoma del Monte
Rosa, del Cervino, spesso ammantati di neve.
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Alla sera, dopo cena, lo metteva, ritto, sul tavolo della cucina per prendere le
misure con un pezzo di compensato o cartone, posto sotto ai piedi.
Fatto che si ripeteva con frequenza; li consumava con l'uso, ma li rompeva pure
con estrema facilità.
Quando nevicava, e le precipitazioni erano abbondanti, le strade rimanevano
sommerse; allora, per recarsi a scuola, seguiva i solchi tracciati dalle ruote di
carri, biciclette.
Più tardi, apriva il percorso il trattore trainando la "calada". Un pesante attrezzo
di ferro, a forma di triangolo, composto da due lunghe, grandi, barre di metallo,
congiunte, davanti, con un perno per allargarle o restringerle, secondo la misura
della strada.
Con il gelo, spiazzi e pozzanghere si ricoprivano di ghiaccio. I tratti più lunghi
diventavano piste di pattinaggio su cui scivolare nel pomeriggio.
Tagliava due pezzi di grosso filo di ferro, appuntiva le estremità e li conficcava
negli zoccoli, trasformandoli in divertenti pattini.
Ritornava da scuola che il sole era alto e la neve incominciava a sciogliersi.
Si compiaceva nell'osservare, ai lati della strada, il corso di numerosi rigagnoli,
sottili lastre di ghiaccio, galleggianti, che si stemperavano lentamente;
contemplava la conformazione di preziosi ricami, forme cristalline, ghirigori
nell'acqua, con piacevoli riverberi di luce come scintille, giochi risplendenti che
trasmettevano gioia, serenità.
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III
Il seminario
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In istituto viveva uno spirito ascetico, d'intenso impegno, teso a migliorare la
persona, controllare il temperamento, le passioni, a essere generoso, disponibile
verso il prossimo con abnegazione.
Riscontrava, però, nei fratelli, nelle sorelle una sensazione di distacco,
mostrare diffidenza nei suoi confronti. Sembravano nutrire risentimento per le
premure che i genitori gli riservavano negli incontri della domenica; nel recargli
dolci, cioccolata, pezzi di torta, frutta, anche banane, datteri, indumenti per
l'inverno, particolari doni che, allora, erano rari, piuttosto ambiti.
L’alimentazione era discreta, sufficiente, non certo succulenta.
Non gradiva la minestrina per lo scarso sapore o con pezzetti di lardo che
conferivano un forte gusto, inusuale, come del brodo di maiale. Servivano il
sanguinaccio, fritto in padella con l’uvetta, dolce, poteva piacere, ma non lo
gustava.
Non si adattava alle peculiarità di nuovi cibi.
Rifiutava anche il merluzzo che, allora, si mangiava abitualmente.
Quando decise di assaggiare quello impanato, lo trovò piacevole e si abituò a
consumarlo.
La mamma era solita somministrare l’olio ai figli, ricco di elementi nutritivi,
ottimo ricostituente, ma emanava un forte sapore oleoso, legante, che non
invogliava a ingerirlo. Usava tatto per convincere a trangugiarlo, offriva una
zolletta di zucchero per fugare il senso stomachevole in bocca.
Nel dopoguerra, distribuivano grossi pezzi di baccalà agli alunni delle
elementari. Tornava in famiglia felice, reggendo la porzione di pesce per la coda,
come un trofeo; altre volte offrivano cioccolata, scatole di latte in polvere.
Provava repulsione per i semi di pomodoro, gli provocavano un senso di vomito
avvertirli sotto i denti. Provava la medesima sensazione con piatti preparati con
salsa non ben filtrata, contenente pellicine, nel risotto, nel sugo della
pastasciutta, la minestra, gli intingoli.
La mamma invece nutriva una predilezione speciale per il frutto rosso:
- Il pomodoro è il re della cucina! – affermava convinta.
Poi, usando l'avvertenza di ripulirli prima, riuscì a superare il fastidio e cogliere il
gusto che impreziosiva le vivande.
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Al contrario, il babbo non sopportava il sapore dolciastro in nessun cibo,
neanche l'odore della conserva preparata in casa.
Non appena l'avvertiva, inscenava liti accese, sfuriate con la moglie che si
arrischiava ad aggiungerne un cucchiaio di nascosto.
Lei perseverava nell'intento, lui era altrettanto irremovibile nel proposito. Ciò
nonostante, riusciva a ingannarlo, quando, nelle pietanze, risultavano prevalenti
altri sapori e il babbo non riusciva a percepiva quello del pomodoro.
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Nei primi anni incontrava difficoltà nello studio. Si trovava disorientato nel
nuovo sistema scolastico della scuola media, le varie discipline, i metodi di
insegnamento, i professori che si avvicendavano.
Restava confuso dalle numerose regole del latino, le declinazioni, i verbi, la
sintassi. L'insegnante di matematica spiegava per un'ora intera, senza sosta;
scriveva numeri e formule sulla lavagna con la scioltezza di un fiume in piena,
come fossero semplici, evidenti, con ritmo monotono, difficoltoso da seguire,
prestare attenzione, comprendere i passaggi; la materia finiva per risultare
ostica, incomprensibile.
Nel ginnasio la situazione incominciò a migliorare.
Sembrava si fosse squarciato un velo davanti agli occhi, e l'apprendimento, i
contenuti diventavano interessanti, suscitavano desiderio di coglierne, appieno, il
senso. Acquisiva un rapporto significativo, valido, il contatto penetrante con la
conoscenza.
Riceveva gratificazione nel cogliere l'espressione dei racconti in letteratura,
nella mitologia; le traduzioni dal francese, dal latino assumevano nuova
dimensione, gli conferivano il piacere della scoperta; quelle dal greco, pur con la
complessità delle forme contratte e la differente grafìa, rappresentavano un
curioso impegno da svelare.
Le leggi della natura, la scoperta delle cause, degli effetti riguardo ai fenomeni,
trasmettevano la sensazione di potere, capacità di perseguire maggior controllo
di se stesso, dell'esistenza; adempiere esercizi di matematica, risolvere problemi
di geometria diventava un gioco, come rispondere a quesiti, affrontare
indovinelli.
Si rendeva conto del mondo, del senso di tante vicende, di aspetti della vita, le
regole nei rapporti, anche delle ragioni per ubbidire.
Iniziava a esprimere l'essere, percepire interessi, desideri, sogni, una
predominante aspirazione alla libertà.
Si evidenziava una persona critica dell'autoritarismo, poco disponibile ad
accettare ordini senza comprenderne il senso, la motivazione, insofferente a
disposizioni per fini non compresi, non condivisi. Sorgeva, immediata, in lui la
spinta a rifiutare, contrapporsi a costrizioni, direttive non specificate, le
percepiva ingiuste, dispotiche.
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Scopriva il sesso; emergevano le prime curiosità, affiorare particolari
sensazioni, l'ansia di conoscere, ricercare il significato, il motivo degli impulsi.
Quando usciva per le passeggiate, durante le gite, in vacanza, lanciava sguardi
compiaciuti alle ragazze, scrutava le forme del corpo, le parti morbide in
evidenza. Provava un godimento inspiegabile, un sottile diletto, nell'osservarle in
costume da bagno su riviste, al mare, togliersi indumenti, la camicetta, la
gonna; scoprire il seno, le gambe, osservare le parti nude con il segreto
struggimento d'intravedere, immaginare, fantasticare.
Il corpo armonioso, con forme differenti, appariva pieno di mistero, fascino,
infondeva un piacere intenso, gratificazione estetica, profondo desiderio, ma non
comprendeva la ragione degli stimoli, delle sensazioni provate.
Affiorava la voluttà sessuale nell'ampia dimensione dei sensi, riferita al corpo,
all'aspetto esteriore, che coinvolgeva la mente e l'essere in modo totale; cullava
la curiosità, la bramosia di potersi trovare accanto, sfiorare le parti morbide del
corpo sinuoso della donna.
39
IV
Falegname
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La mamma gli apprestò un vestito smesso dal fratello. Era premurosa,
comprensiva, ma nascondeva tristezza, dispiacere.
Soffriva per la delusione. In precedenza, si rallegrava, gratificata dall'idea di
vederlo, un giorno, sacerdote, ora, accusava la preclusione della speranza.
La realtà imponeva a Paolo di conformarsi al nuovo stato, accettare di apparire
laico; convincersi di cambiare soltanto la forma esteriore, indossare abiti
borghesi, senza vergogna, dispiacere, confidare d'essere accolto con semplicità,
così, con indumenti comuni.
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A tavola, incontrava i familiari indaffarati, frettolosi, discutere con animosità
degli impegni, preoccupati per contrattempi, difficoltà; la mamma sollecitava la
sorella nelle occupazioni, i fratelli piccoli, inconsapevoli, intenti a giocare.
Era combattuto, avvertiva il conflitto che gli impediva di applicarsi, lo
disturbava, non riusciva, non poteva proseguire.
Pochi giorni dopo, decise d'interrompere la frequenza alla scuola, persuaso
della necessità di dedicarsi all'azienda.
In caso, pensava, avrebbe potuto riprendere in seguito, iscriversi a un corso
serale.
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Aveva lavorato diversi anni con il nonno, e, alla morte, si era trovato solo con
Giovanni; lo vedeva crescere accanto, seguire nell'attività, si era affezionato,
riconoscente per la collaborazione.
La mamma accennava alla viva commozione del marito, alla partenza del figlio
per il servizio militare. Perdeva l'aiutante affidabile e rimaneva, di nuovo, solo,
per un lungo periodo.
Paolo affrontava la vita concreta, reale; entrava in impatto con i problemi, lievi
o gravi, che le persone affrontano ogni giorno: divergenze, incomprensioni,
cattiverie, ma anche piaceri, gioie, momenti felici.
Si era prefigurato dei rapporti armoniosi, contatti sereni, leali nel lavoro, con i
clienti, i collaboratori; operare con i familiari rappresentava un fine stimolante,
avvincente, ma non si sviluppava come aveva immaginato, secondo aspirazioni,
idealità acquisite in seminario.
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Fabbricavano camere da letto, composte dall'armadio, cassettone con
specchiera, a volte la toilette, il letto matrimoniale e due comodini.
Gli operai assemblavano i telai nel laboratorio, sotto all'abitazione, incollavano
sopra il compensato per costituire l'ossatura degli elementi.
Il fratello organizzava, assegnava i compiti inerenti al montaggio e alla
rifinitura.
Stabiliva le mansioni anche a Paolo che s'infastidiva; non gradiva ricevere
ordini da lui, accettava l'autorità del padre, ma la sua lo irritava; inoltre si
mostrava minuzioso, pedante, aveva sempre da ridire.
Lui compiva lavori che richiedevano maggior impegno, calcoli; si dedicava ai
componenti di valore per conteggi oculati, precisi nelle misure, fino al
centimetro. Sembravano anche più gradevoli.
Sezionava il compensato, ritagliava i tranciati nelle dimensioni adeguate per
evitare spreco; materiali ricercati per qualità, essenze costose, per cui doveva
applicarsi con cura, responsabilità per economizzare al massimo.
Tuttavia, alcuni anni più tardi, avvertì crescere la considerazione del babbo.
Iniziava ad attribuirgli fiducia, confidare preoccupazioni; prendeva parte attiva
nelle decisioni, le opinioni erano accolte con riguardo. Diventava partecipe dei
problemi di vendita, la necessità di valorizzare il prodotto, la versatilità nel
trattare con clienti, prestare attenzione alle persone, non sempre disponibili ad
acconsentire al prezzo proposto, capire l'opportunità di assegnare gratificazioni
al personale.
Apprendeva la complessità della gestione; acquistare materiali nella qualità
migliore con prezzo contenuto, scoprire nuovi prodotti, macchine appropriate,
convenienti; studiare tecniche per accrescere la produzione, ridurre le spese; la
necessità di accantonare risorse per investimenti, comprare terreno, costruire
altri capannoni, dotarsi di mezzi, strumenti efficaci.
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Il programma era semplice, occorreva impiegare al massimo le risorse per
aumentare la produttività, diminuire i costi, conseguire migliorie, qualificare i
prodotti.
L'amministrazione dell'azienda era tenuta in comune con la famiglia, indirizzata
ad accurato, rigoroso risparmio.
Quando occorrevano provviste consistenti, spese rilevanti, comprare beni per
uso generale o personale, valutavano, prima, le esigenze della ditta e le
disponibilità finanziarie.
L'inverno era il periodo di ansia per il ristagno del mercato. Ogni anno si
avvertiva una stasi nelle vendite per alcuni mesi; la situazione precaria
procurava apprensione. Con tristezza si provvedeva a sistemare i mobili nel
magazzino, in stanze vuote, sperando nella ripresa in primavera.
I costi rimanevano comunque, anche se non provenivano ricavi.
Si ingegnavano, nel frattempo, a razionalizzare il lavoro, al pieno utilizzo dei
locali, alla manutenzione delle macchine. Valutavano l'opportunità di
sperimentare nuovi prodotti, altri modelli di mobili.
I contatti con i dipendenti si svolgevano con semplicità, senso pratico;
raramente si sollevavano contrasti, non emergevano forme di opposizione. Si
chiedeva impegno, professionalità, di esprimersi al meglio; disposti ad ascoltare
pareri, opinioni, esigenze, quando possibile si provvedeva ad assecondarle.
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Già si presentavano difficoltà nel processo produttivo, dover prestare
attenzione ai dipendenti, provare ansia per le vendite, usare oculatezza negli
acquisti, risolvere disguidi con clienti.
Oltre a ciò, emergeva il timore di controlli da parte di organismi statali,
l'obbligo di rispettare le numerose, intricate disposizioni che ostacolavano,
complicavano le iniziative.
I funzionari della finanza erano temuti in modo particolare, come gli ispettori
degli enti assistenziali che comparivano, all'improvviso, per verificare
l'applicazione delle norme.
Non capiva perchè si ammassassero impedimenti, norme, direttive, ai gravosi
problemi esistenti, per quale motivo dovessero intervenire a intralciare, frenare il
regolare procedimento.
Il babbo si predisponeva alle sgradite evenienze affidandosi a persone esperte,
contattando funzionari per chiarire le direttive in modo da rimanere tranquillo.
Alla sera, nel tempo libero, si recava al bar con gli amici per giocare a carte,
alla morra, proponendo diversivi per sollazzarsi, consumare panini appetitosi.
L'oste serviva stuzzicanti tramezzini con acciughe sottosale; inseriva, nel pane,
i pesci, prendendoli direttamente dalla latta, con sommaria ripulita dai granelli,
per cui risultavano alquanto saporiti, stimolando la sete da placare con bicchieri
di vino.
Una consuetudine diffusa, gradita dai frequentatori più assidui, per acuire il
desiderio e il piacere di abbondanti libagioni.
Si trattava di una cooperativa di soci che si accordavano nell'acquisto del vino
in botti, damigiane, impegnandosi ad assumerne una certa quantità alla
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settimana. I membri conservavano le tazze, personalizzate con il nome o il
numero, sull'apposita teca appesa alla parete.
In queste osterie cucinavano piatti popolari che incrementavano il consumo
della bevanda; erano particolarmente appetite la trippa e la "cassoeula".
La prima, in vernacolo "busecca", è più diffusa, comune, cucinata in vari modi,
con diversi ingredienti, densa, ricca o fluida, brodosa, secondo la ricetta
regionale. Per lo più risulta composta dallo stomaco di animali, vitello, manzo,
maiale, unito a pezzetti di pancetta e a una quantità di verdure, fagioli, cipolle,
carote, sedano e salvia.
La cassoeula invece è una succosa specialità lombarda, ricca ghiottoneria,
consumata, di preferenza, in inverno per l'alto apporto calorico. Si prepara con
parti di maiale, costine, piedi, cotenne, orecchie e codino, frammisti in
proporzioni diverse, cotte in umido con verze, carote e sedano.
Offrivano altre pietanze gustose, calde, fumanti, salamini, piedini di suino,
parti del vitello, del manzo, muso, orecchie, coda, nervetti con cipolle e fagioli;
tagli non pregiati, ma appetibili, graditi.
Erano locali semplici, di facile accesso nei paesi per incontrarsi, bere un
bicchiere in compagnia, inoltre contribuivano a integrare piacevolmente la
misurata alimentazione di famiglia.
Più consono alle amicizie di Paolo era l'oratorio, attiguo alla chiesa, luogo di
contatti, svago, giochi. Importante componente formativa e significativo aspetto
ludico della dimensione religiosa.
Divenuto grandicello, alla sera, si recava nei paesi vicini per assistere a
spettacoli, conoscere novità televisive negli esercizi pubblici provvisti.
Incominciava a lanciare sguardi furtivi alle ragazze, i primi timidi approcci,
pronunciare frasi impacciate.
Bastava pronunciare:
- Ciao! - alla compagna di scuola, per arrossire, provare imbarazzo.
Erano passatempi della domenica, dei giorni di festa.
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Avrebbe accompagnato la cantoria parrocchiale, allietando, con la musica, la
celebrazione della messa, le funzioni religiose.
L'idea lo appassionava, gradiva inni, melodie sacre, ma era preoccupato per il
lungo tirocinio necessario per apprendere, la ripetizione degli esercizi, sonatine
monotone.
Frequentava le lezioni, una volta alla settimana, da un simpatico maestro, un
estroso musicista.
Aveva composto una delicata armonia per Natale. Nell'ascolto, le note
apparivano pennellate di colori, suscitavano sensazioni che raffiguravano il
paesaggio roccioso, il deserto, la campagna, la nenia strimpellata dei pastori, il
fruscio del vento; un complesso di suoni carezzevoli, intonati al periodo, ai luoghi
della nascita di Gesù Bambino.
Si esercitava ogni giorno al pianoforte, dilettandosi a eseguire sonate semplici
di Beethoven, Handel, Mendelssohn, Mozart.
Accadde, però, che il genitore, mentre Paolo prestava servizio militare, preferì,
di sua iniziativa, regalarlo alla chiesa, sottraendogli lo strumento per esercitarsi.
In quel periodo, vendette pure la sua motocicletta; l'altra, di maggior cilindrata,
che usavano lui e Giovanni, gli aveva proibito di guidarla:
- Tu non vai sulla Gilera! Guai a te se la tocchi, tu andresti a sbattere da qualche
parte!
Non capiva il motivo di tanta apprensione nei suoi riguardi. Loro stessi la
conducevano senza problemi; forse non si fidava per l'impulsività, la sua
spensieratezza.
In seguito, ripresi gli studi e nel periodo di accese tensioni sociali, nel paese,
acquisì maggior interesse per la politica e abbandonò gli esercizi musicali, pur
con rammarico.
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Succedevano contrasti, scontri anche con il padre, talvolta aspri, duri.
Durante una discussione particolarmente vivace, ricevette un pugno violento
alla spalla che lo scosse, lo ricevette come un'offesa, umiliazione.
Non sopportava doversi adattare a qualsiasi compito, mentre il maggiore
sovrintendeva, assegnava le mansioni agli altri, sceglieva le proprie, rimaneva
libero, indipendente.
Un mattino, dopo un furioso litigio, spinto dall'impulso, decise di fuggire da
casa.
Inforcò la bicicletta e, così sui due piedi, senza documenti, denaro, privo di abiti
adeguati, si allontanò, con l'intento di raggiungere il confine e rifugiarsi nella
nazione vicina.
Percorse chilometri pedalando con furia e rabbia per allontanarsi, andarsene.
All'avanzare della sera, venne assalito dagli stimoli della fame; si capacitò della
condizione incerta, d'essere sprovvisto di tutto, senza soldi, cibo, di non sapere
come ripararsi durante la notte.
Provava smarrimento, confusione. Perse la sicurezza che lo aveva spinto al
gesto temerario, mentre cresceva la preoccupazione per la solitudine, la
privazione, il timore di eventi imprevisti, spiacevoli, ignaro di cosa potesse
capitare, venne assalito dalla paura.
Si convinse, allora, a tornare indietro, cambiare direzione; malinconico, triste,
riprese la via di casa.
Poco più avanti, scorse un piccolo melo selvatico, oltre il ciglio della strada, in
alto, in bella vista. Provò sollievo, aveva scoperto l'alimento per sfamarsi. Si
avvicinò alla pianta bramoso, strappò i minuscoli frutti, ancora acerbi,
inghiottendoli uno dopo l'altro; li trangugiava interi, con voracità, furia, li
masticava avidamente, come fosse digiuno da svariati giorni.
Ristorato, provò conforto, riprendendo fiducia nella tribolata esistenza.
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Trascorreva intere giornate effettuando identici gesti su una macchina, altri
giorni svolgeva le manovre su un'altra e poi ancora una diversa.
Così ogni settimana, ogni mese, ogni anno.
Cercava di distrarsi, pensare ad altro, canticchiava, fantasticava, sognava
avventure, modi stimolanti di impiegare il tempo.
Per scuotersi dalla noia si interessava a diversi settori, sperimentava altre
mansioni con il desiderio di riscontrare quella soddisfacente, gratificante.
Capitavano lavori gravosi, scaricare legname dagli autocarri, comporre cataste
di abete, di pioppo, sistemare le tavole di legni duri, faggio, noce, mogano, di
maggior consistenza, più pesanti.
Era piuttosto impegnativo anche maneggiarle per tagliarne i listelli.
Operazioni che producevano una quantità di trucioli, segatura, polvere. I legni
esotici sollevavano un pulviscolo finissimo che penetrava nelle narici, emanavano
odori intensi, pungenti da provocare frequenti starnuti, disturbi nasali.
Con la pressa a caldo, la macchina per sostituire l'impiallacciatura a mano,
usavano colle sintetiche, con alte temperature per essiccare; in estate,
diffondevano vampate di calore, esalazioni acide, piccanti, fastidiose.
Non si possedeva, ancora, l'impianto per aspirare polveri, fumi, trucioli, scarti
di lavorazioni.
Si adattava alle varie incombenze del processo produttivo, secondo lo sviluppo
delle attività, le necessità del momento che richiedevano l'apporto di più
persone.
Intercalando varie mansioni, riusciva a superare il senso di estraneità, si
sentiva più coinvolto, stimolato.
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V
Il servizio militare
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Sotto le armi ebbe l'opportunità di trascorrere un lungo periodo per riflettere,
scoprire novità, compiere esperienze che indicavano forme più aperte di vivere,
altre possibili occupazioni.
Intratteneva rapporti con persone provenienti da altre regioni, romani,
calabresi, siciliani. Osservava località, costumi, abitudini differenti; collaborava in
organismi a contatto con tecnici, specialisti che svolgevano compiti altamente
qualificati.
Le ore libere, il ritmo cadenzato delle attività, gli consentivano di pensare, fare
progetti, fantasticare sul futuro. Veniva stimolato a guardare oltre, ad aspirare a
ulteriori modi di vivere, condizioni più gradite, percepire la prospettiva di scelte
importanti.
La struttura gerarchica degli apparati militari era impostata, principalmente,
sul livello di studio; constatazione che gli fece apprezzare il valore del titolo,
accentuando il desiderio di riprendere la scuola.
Partecipava a un'esperienza nuova, diversa, lontano da casa.
Ricevette sollievo nell'incontrare compagni provenienti dalla stessa regione;
alcuni li ritrovò anche al centro di Marsala.
A Palermo, il primo impatto con l'ambiente militare, incorse in condizioni
alquanto spiacevoli, anche tormentose; fu, comunque, un periodo breve, poco
più di un mese, utile per apprendere gli elementi precipui del soldato.
Dovette adattarsi al disagio della scarsità d'acqua. Limitavano il consumo,
stabilivano orari per lavare le stoviglie, i panni, per la pulizia personale, il tempo
per la doccia; era doveroso usarla con parsimonia, capitava pure che cessasse
all'improvviso.
Con il tempo, si abituò al clima caldo, intenso, del sud, a lunghe marce, sotto il
sole cocente, effettuate in un bagno di sudore, logoranti attese per le adunate,
consumare il rancio nelle stoviglie di alluminio; alla cucina di massa in ampi
saloni, assordanti, con schiamazzi indiavolati, i pesanti pentoloni, le grandi
marmitte, costellate di ammaccature, da cui prelevavano il cibo con grossi
mestoli per scrollarlo, come un pastone, nei piatti di metallo.
L'alimentazione non spiaceva, non era scarsa, ma le modalità, l'ambiente
inusuale, anonimo, conferivano all'insieme la sensazione spersonalizzante
d'entità informe, di nullità, vuoto che rendevano anche le vivande poco gradite.
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Entrava in contatto con i rudimenti dell'esercito, sperimentava gli aspetti
concreti della vita, la disciplina, le regole, non sempre comprensibili, da
rispettare, eseguire senza discutere. Doveva provvedere alla pulizia della
camerata, degli indumenti, le gamelle - posate, bicchiere e piatto in dotazione -
con acqua fredda; compiere esercitazioni in qualsiasi condizione, anche sotto la
pioggia.
I tempi obbligati per svolgere i compiti, lo educavano alle scadenze, agli orari,
a controllarsi; imparava ad attendere, disponeva momenti per meditare.
Purtroppo, fu coinvolto in un inconveniente irritante, insopportabile ... la
presenza di cimici nella camerata.
Si muovevano al buio, di notte, come un commando in guerra, effettuando raid
per invadere il letto, infilandosi tra le lenzuola ad aggredire, pungere,
provocando rossi gonfiori sulla pelle.
Al mattino sparivano, svanite nel nulla, non si vedevano e nemmeno si capiva
dove fossero nascoste, da quale punto provenissero.
Le punture procuravano un prurito intollerabile, la pelle, irritata al contatto con i
vestiti, accresceva la condizione tormentata; esporsi al sole, con parti scoperte,
in maniche di camicia, pantaloni corti estivi, aumentava il fastidioso pizzicore.
Accadeva un fatto strano; non producevano il medesimo effetto a tutti, alcuni
parevano immuni, ad altri capitava raramente, pochi invece rimanevano assaliti.
Al mattino, Paolo fremeva per il fastidio delle punture, si affaccendava, attorno
al letto, ispezionare le lenzuola, la coperta, per individuare gli odiosi insetti. Il
compagno di branda, sopra nella struttura a castello, un tipetto alto, magro, con
folti capelli neri:
- Che cosa c'è? - chiedeva stupito - Che cosa cerchi con tanto affanno?
- Ma come? Non ti sei accorto delle cimici? Non senti prurito di notte?
- No, non avverto nulla, dormo tranquillo, non c'è proprio niente a infastidirmi.
Non mostrava gonfiori, arrossamenti, non accusava alcun disturbo; per lui non
esistevano e si meravigliava per il disagio degli altri.
Si accanivano soltanto contro alcune persone.
Il ragazzo con capelli rossi, la pelle chiara, appariva appestato per le numerose
punzecchiature; presentava segni sulle gambe, sul collo, sulle braccia, evidenti
turgidi eritemi.
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Paolo osservò con scrupolo, prestando attenzione ai componenti del letto;
riuscì a scoprirle, intrufolate nelle pieghe del materasso, delle borse, degli zaini
appesi, tra le cuciture del telo.
Non appena ottenne libera uscita, acquistò l'insetticida in negozio, lo spruzzò,
con cura, nei punti nascosti; ripetendo l'operazione un paio di volte, riuscì a farle
sparire, a eliminarle completamente.
Con gran sollievo, cessava l'angustiante tortura.
Non sembrava vero, si sentiva libero, sollevato, riprendeva la vita comune,
abituale.
Probabilmente gli insetti si erano assuefatti al prodotto usato in caserma.
Irroravano i materassi con frequenza per disinfestarli; diffondevano un forte
odore che impregnava la camerata; pesante olezzo, non sgradevole, che, per la
quantità diffusa, sembrava asfissiare le reclute, non le cimici.
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Non ebbe nulla da rifiutare; alla sera, consumava anche la pastina in brodo,
pur con poco sapore, ma non sgradevole.
L'area logistica, situata nella distesa verde, in periferia della città, era
composta da un edificio centrale, in muratura, attorniato da piccole costruzioni
prefabbricate, in legno, che sembravano accattivanti casette.
Zona composta da tufo, pietra porosa, friabile, prodotta da sedimenti vulcanici,
che sezionavano in grossi mattoni da usare nelle costruzioni.
Nel sottosuolo, si erano conformati numerosi varchi, cavità, anfratti, grotte e
gallerie che, con l'abbondanza d'erba, favorivano la proliferazione di conigli
selvatici; un rifugio sicuro, provvidenziale, per la disponibilità di alimento.
Se ne scorgevano ovunque, piccoli, adulti, grigi, neri, gialli, marroni. Li
osservava saltellare qua e là, rincorrersi, giocherellare tra loro, poi fuggire via
velocemente e sparire nel labirinto di cunicoli e tane.
Riuscì ad acciuffarne due, scorti mentre s'infilavano nel covo; non era profondo
e fu facile snidarli. Li affidò al sergente che viveva in città con la famiglia; non
seppe, poi, se li allevava o avesse preferito cuocerli per gustare il tenero arrosto.
Di tanto in tanto, si aggirava il comandante, con il fucile puntato, nel tentativo
di agguantare prede. Talvolta, organizzava battute di caccia con gli ufficiali.
Il luogo era disseminato d'erba e bassi arbusti; s'intravedevano bisce, esposte
al sole, che, alla vista, strisciavano via, sinuose, veloci, per nascondersi nella
buca.
Dopo la pioggia, si diffondeva, nella campagna, un'innumerevole quantità di
lumache di ogni dimensione, piccole, grosse, minute. S'intromettevano sui
viottoli, tra i passaggi, nei camminamenti, diventava impossibile evitare di
schiacciarle; le minuscole si ammassavano numerose sui fili d'erba, fino a
ricoprirli interamente.
Gli abitanti si sparpagliavano nei campi, ai bordi delle strade, per raccoglierle
da cucinare; un cibo gustoso, nutriente, offerto dalla natura.
Nel centro di Marsala alloggiava un centinaio di avieri; il numero limitato
favoriva la composizione di un'amichevole convivenza.
Nel gruppo si notava un ferrarese, scuro di carnagione, capelli corvini,
appassionato giocatore di calcio, aspirante alla professione. Parlava con una
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pronuncia dialettale caratteristica, troncando le parole con cadenza, in una forma
curiosa:
- Cos fàz, vegn a fèr ..., ac dic mi ... - "che cosa fai, vieni a fare, te lo dico io".
Risultava divertente, contribuiva a rallegrare la compagnia.
Un bergamasco, piccoletto, con capelli biondi, ricciuti, invece, era esigente,
pretenzioso; insisteva nel chiedere, a Paolo, sorsi di brandy, fuori dall'accordo di
usarlo nelle notti di ronda; al solito rifiuto, brontolava, incattivito, si allontanava
imbronciato, con sguardo bieco.
Alla comitiva partecipava un damerino, impiegato in un aeroporto civile; si
preoccupava per l'aspetto esteriore, la divisa in ordine, la pettinatura, si
lamentava del berretto militare che scomponeva i capelli; si era, pure, sistemato
l'abito presso un sarto esterno. Vantava numerose avventure con ragazze al
ballo, dei giochi di sesso al buio nei cinematografi.
Trasmetteva simpatia il commilitone grassoccio, con capelli rossi, viso
quadrato, punteggiato da efelidi, persona accomodante, disponibile, non si
adirava mai; assumeva il compito di rappacificare quando sorgevano disaccordi
tra gli amici; provetto ballerino, smaniava di frequentare le discoteche per
intrattenersi con fanciulle.
Nel gruppo si era stabilita amicizia, come succede nelle situazioni disagiate per
proteggersi, aiutarsi.
Nei momenti liberi si distraevano in giochi a carte, scala quaranta, scopa,
briscola chiamata.
Al pomeriggio della domenica si dilettavano nel calciare il pallone sulla spiaggia
infuocata; diventava benefico tuffarsi in mare per rinfrescarsi; anche se, in
alcuni punti, l'acqua era tiepida, non conferiva il senso di frescura di laghi e fiumi
del nord.
Alla sera cenavano in trattoria con una pizza, un piatto semplice, dei panini;
assistevano a spettacoli cinematografici, a riviste teatrali.
Il compito della stazione radar consisteva nel controllo dello spazio aereo, per
difenderlo da incursioni ostili; richiedeva conoscenze tecniche, competenze
specializzate.
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Scrutavano il cielo manovrando gli strumenti per verificare il traffico, nell'area
definita, a diretto contatto con la direzione centrale, equipaggiata di aviogetti,
pronti a intervenire per ogni evenienza.
In caso d'avvistamento di apparecchi non registrati, sospetti, ostili, s'innalzavano
immediatamente in volo, avvicinandosi per identificarli, e, nel caso, farli
atterrare, prendere le misure adeguate.
Gli avieri addetti al servizio effettuavano turni distribuiti nelle ventiquattro ore.
Il gruppo aveva partecipato al corso di addestramento presso il centro di
Siracusa. Assistevano a lezioni per conoscere il meccanismo, il funzionamento, il
modo di utilizzarli; seguivano esercitazioni pratiche, suddivisi in squadre.
Colse l'occasione per visitare luoghi ricchi di storia, d'interesse turistico,
archeologico, il teatro greco, il tempio di Apollo. Il castello di Eurìalo, in posizione
dominante sulla città, rappresentava l'apice della cinta muraria di difesa,
esempio di fortezza greca.
Gli apparivano nella realtà reminiscenze scolastiche, le nozioni apprese nello
studio del latino, del greco, della letteratura.
Si recò alla mitica fonte Aretusa, la ninfa che, inseguita da Alfeo, figlio del dio
Oceano, era stata trasformata in sorgente dalla dea Diana per sfuggire al suo
amore; poi, il dio venne mutato in fiume da Zeus, e, scorrendo sotto terra,
aveva raggiunto le acque della falda fino a congiungersi con l'amata fonte. La
grotta dei cordari appariva in un grande antro, nell'area adatta per mantenere
l'umidità confacente, a quel tempo, per confezionare funi di canapa, una pianta
coltivata nei dintorni.
Rimase meravigliato dalla forma peculiare dell'Orecchio di Dionisio. Un'antica
cava di pietra, scavata nel calcare, strutturata a S, con forma simile a quello
d'asino, in modo da conferire all'anfratto un'acustica eccezionale, fino ad
amplificare i suoni di 16 volte. L'ampia caverna presentava, nell'angolo in alto,
una piccola apertura in comunicazione con il cunicolo segreto, accessibile
dall'esterno. Accostandosi al foro, si udiva ogni minimo rumore provocato a
terra, lo strappo di un foglio di carta, lo sfregamento di un fiammifero, una
parola pronunciata sottovoce.
Il tiranno si appostava ad ascoltare i dialoghi delle persone imprigionate per
scoprire trame, congiure perpetrate a suo danno.
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Nella piccola baia raccolta, un tempo utilizzata come idroscalo, nelle giornate di
sole si poteva scorgere qualcuno tuffarsi in mare, anche d'inverno.
In Sicilia il clima è temperato, piuttosto caldo in confronto al nord; mentre
lungo le coste spirava una leggera brezza, per cui, fatta l'abitudine, diventava
sopportabile; al calar della sera, si percepiva anche una gradevole frescura.
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individuare, poi, occorre munirsi di una pinzetta e staccarli uno alla volta, con
minuzioso, paziente lavoro, fin quando sparisce il pizzicore.
Le abitazioni, in genere, erano fabbricate con un unico piano; edifici bianchi, di
colore chiaro, provvisti di terrazzo, prive di riscaldamento. Per la strada si udiva
il vocìo dei ragazzini che, a frotte, si rincorrevano, giocavano, le urla stridenti di
richiamo delle madri, venditori ambulanti e acquaioli che diffondevano, con
estenuante monotonia, la cantilena del prodotto.
Provò ad avvicinarsi a una casupola di campagna. Dallo sportellino, aperto,
inserito nella porta, intravide un locale rustico, disadorno, la nuda terra come
pavimento, al centro il tavolo con le sedie, una cassapanca alla parete e la
finestra sbarrata.
Capitava, raramente, di scorgere donne, ragazze; s'incontravano in città, nel
tardo pomeriggio, a passeggio, su e giù per la via principale, conversando con
amiche, parenti.
Non mancò di gustare il Marsala, liquore rinomato, provando le qualità in
commercio, al mandarino, al caffè, all'uovo, alle mandorle. Squisitezza
d'assaporare in allegria, adatto per festeggiare il rientro dalla licenza dei
compagni che portavano dolci, salumi, prodotti mangerecci da unire a
spensierate libagioni.
Un'altra piacevole specialità erano i dolci di marzapane, composti nelle forme
più varie, animali, personaggi, marionette, frutta, prodotti agricoli. D'estate si
dissetavano con la deliziosa granatina, preparata con ghiaccio finissimo,
arricchita con sciroppi al sapore di arancia, limone, pesca.
Il periodo di carnevale trasformava la città in luogo di spasso; dilagava la
smania del divertimento con espressioni di particolare licenziosità.
Dura una settimana.
Le donne si riversano nelle strade, avvolte in vestaglie e cappucci neri,
interamente coperte, per non essere riconosciute, in modo d'abbandonarsi a
gesti in libertà che, altrimenti, non oserebbero. Si avventurano in approcci,
contatti fisici, baci, amplessi con persone, a piacimento, prendendo al braccio il
prescelto, introdursi in bar, invitare all'offerta di una bibita.
Paolo passeggiava in libera uscita, indossando l'uniforme azzurra
dell'aeronautica, quando gli si avvicinò una ragazza paffutella, corpo morbido,
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forme prosperose, due occhi luccicanti che lo incoraggiavano, gli trasmettevano
fiducia:
- Ciao! - lo salutò, sfiorandogli la guancia con le calde labbra.
- Ciao! - rispose sorridente, compiaciuto - Come ti chiami?
- Florinda
- Sei carina, simpatica, mi piaci!
Le prese la mano, l'attirò a sè, ricambiando il tenero bacio, poi s'incamminarono
stretti, felici, lungo la via; lei si appoggiava al suo fianco con dolcezza, reclinando
la testa sulla spalla, lui l'accarezzava con affettuosità; di tanto in tanto, si
fermavano per un abbraccio voglioso, frementi di desiderio.
Paolo si sentiva gratificato, stimolato dal contatto; il corpo soffice, delicato, gli
conferiva un delizioso godimento; fantasticava di aver incontrato la ragazza della
sua vita.
Più avanti, appariva l'insegna del cinematografo; colse l'occasione per
proporre:
- Florinda, che ne pensi di assistere a un film, ti andrebbe?
- Beh ... - sembrava esitare, poi - sì, mi piacerebbe, volentieri.
Si indirizzarono alla sala.
In un luogo appartato, immaginava, al riparo da occhi indiscreti, avrebbero
potuto godere di maggiore intimità, abbandonarsi a gesti amorevoli.
All'improvviso, comparve una signora:
- Florinda! - pronunciò infuriata - vieni via subito, vieni con me!
La fanciulla ebbe un gesto di stizza, contrariata, lasciò la mano, scostandosi, la
donna l'afferrò, bruscamente, trascinandola via, e si allontanarono.
Paolo perse l'amabile contatto, carico di voluttà, provava tristezza, rimaneva
solo, malinconico, dispiaciuto.
L'inaspettato, eccitante incontro, era svanito in un lampo, non sembrava reale,
forse un sogno, frutto della fantasia.
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In settembre, scendevano carri, trainati da muli, colmi d'uva zuccherina,
bianca, con acini piccoli, da portare nei centri di pigiatura del vino.
Nei giorni di guardia al cancello, li osservava passare lentamente, uno dopo
l'altro, poi ancora; uno scorrere continuo del gustoso carico che diffondeva il
gradito profumo del frutto maturo.
Chiedeva un assaggio, talvolta l'offrivano i conducenti, in questo modo con un
grappolo prima, una manciata poi, poco alla volta, finiva per rimpinzarsi
d'abbondanti scorpacciate che procuravano un'esaltante euforia, la sensazione di
una leggera ubriacatura.
La sera, alcuni provetti si affaccendavano a cucinare. Raccoglievano piccoli
asparagi selvatici nel recinto, si procuravano cipolle, pomodori, verdura fresca
dai contadini, presenti nei campi, per il sugo della pastasciutta; componevano
succulenti manicaretti, preferiti alle scatolette, ai tagli di mortadella.
Nelle notti d'inverno, di turno nel servizio di ronda, provava a riscaldarsi con
sorsi di brandy. Si soffermava, con il compagno, sotto alle lampade, poste agli
angoli degli edifici, ad ascoltare fievoli suoni della radio, le nenie dei paesi
magrebini.
La neve scendeva raramente, solo leggeri spruzzi che si dissolvevano ancor
prima di posarsi sul terreno.
Era una zona ventosa; spesso si sollevavano folate di sabbia, polvere che
disturbavano gli occhi; si usava l'accortezza di camminare a testa bassa, rasente
ai muri, al riparo degli edifici in modo da evitare il fastidioso pulviscolo.
Quando spirava lo scirocco, calde buffate accarezzavano il viso da accrescere
ancor più la calura estiva. Poi, se, nella sala radar, funzionava il condizionatore,
uscendo all'esterno, sembrava di entrare in un forno, di sprofondare all'inferno,
tanto si percepiva la differenza di temperatura, investiti dalla massa d'aria
riscaldata dal sole.
Tornò a casa in licenza due volte per le ordinarie, non chiese permessi speciali.
Il viaggio era lungo, fastidioso, durava circa trenta ore. Inoltre, nelle ricorrenze
di Natale e Pasqua, i treni erano superaffollati, non si trovava posto a sedere;
non valeva la pena per rimanere pochi giorni in famiglia.
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Non incontrò gravi difficoltà nel servizio di leva, anche se dovette trascorrere
alcune notti in prigione, per malintesi con due ufficiali.
Un mattino era successo un putiferio in mensa; alcuni avieri e graduati si
erano sbizzarriti scagliandosi contro mollìca, pezzi di pane, senza ragione, per
gioco. Il pavimento appariva sommerso da un'indicibile quantità di bocconi e
palline; increscioso spettacolo di spreco.
Il tenente, conosciuto il fatto, nell'adunata mattutina, si mostrò infuriato come
non mai:
- Avete prodotto uno spettacolo indecente, uno scempio screanzato, gesti di
grave maleducazione, siete tutti consegnati per una settimana!
L'ordine era indirizzato ai militari di leva, non agli specializzati, quelli di carriera.
Paolo non si era abbandonato allo spregevole scherzo, deplorava compiere
gesti dissennati con il prezioso alimento, anche per riguardo agli indigenti, ma
non accettava neanche la generica imposizione ed espresse la sua opinione:
- Non è giusto punire tutti gli avieri, alcuni non sono responsabili, poi hanno
partecipato anche altri.
- Si spieghi meglio, - chiese il tenente - chi sarebbero gli altri?
Paolo non rispose, gli bastava averlo accennato, ma non intendeva profferire
altro.
- Bene, allora una settimana di rigore per lei!
La pena consisteva nel divieto di libera uscita e di trascorrere la notte in
prigione; in seguito ridusse la punizione a tre giorni.
L'altro caso riguardava il permesso di recarsi ai servizi durante l'esercitazione.
Stava assistendo alla manovra del radar di altitudine, a fianco del sergente. La
struttura non era ancora in funzione, effettuavano alcune ore di addestramento.
Avvertì del bisogno il graduato che, a sua volta, l'aveva indirizzato all'ufficiale
presente.
Paolo non ritenne opportuno riformulare la richiesta, si trattava di cinque minuti
e si allontanò.
Al ritorno venne richiamato dal tenente che gli assegnò tre notti di rigore.
In quei giorni, alla sera, dopo cena, le guardie lo prelevavano per condurlo
nella cella di detenzione, un edificio isolato, in fondo all'area, vicino alle grotte
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dove erano custodite le munizioni; portava solo la coperta, non poteva prendere
altro, nemmeno il cuscino, poi:
- Consegnaci la cintura dei pantaloni e i lacci delle scarpe.
Una precauzione regolamentare per impedire tentativi di suicidio.
Sbarravano la porta con il catenaccio, spegnevano l'interruttore della luce,
all'esterno, e se ne andavano.
Rimaneva al buio, solo, fino al mattino.
Dall'alto, penetrava un barlume dalla finestrella, chiusa con l'inferriata e la rete
metallica, che diffondeva una sinistra penombra; aleggiava un'atmosfera cupa,
la sensazione di solitudine, isolamento, che aggravava la pena.
La stanza era occupata dal tavolaccio di legno, appoggiato al muro su tre lati,
formato da tavole, in posizione inclinata per consentire la postura agevole nel
distendere il corpo. In fondo all'assito, un palo impediva di scivolare.
L'indomani, alla sveglia, venivano a liberarlo, riprendeva le occupazioni
ordinarie.
Paolo non si preoccupava della severità militare; rifiutava l'obbedienza cieca,
quando non riteneva pertinente l'ordine.
Altre volte si era permesso di chiedere spiegazioni per comandi che sembravano
impraticabili.
Il servizio militare si svolse nel periodo della guerra fredda tra le superpotenze,
USA e URSS. Era presente nei giorni in cui si paventava lo scontro per il progetto
dell'URSS d'installare missili a Cuba.
Vissero settimane di forte apprensione. Avevano sospeso le licenze, si temeva un
nuovo scontro mondiale, sarebbe stata una guerra spaventosa, una catastrofe.
Capitò pure una notte d'ansia per l'avvistamento di un velivolo sospetto,
quando era in servizio al tabellone, nella sala radar. Dietro al pannello di
plexiglas, scriveva, all'inverso, la sigla degli aerei che sorvolavano lo spazio sotto
controllo. Avevano individuato un veloce aviogetto di provenienza sconosciuta.
In un primo momento venne segnalato "non identificato", un istante dopo come
"nemico"; l'affermazione richiese l'intervento, immediato, degli aerei
intercettatori per affiancarlo e costringerlo ad atterrare.
63
VI
Lo studio
Ottenuto il congedo, Paolo tornò a casa con la ferma decisione di riprendere gli
studi. Desiderava acquisire il titolo per svolgere un'occupazione diversa, magari
d'impegno nel sociale, settore in cui avrebbe potuto esprimere le aspirazioni.
Le numerose letture, le mansioni tecniche degli ufficiali in aeronautica, gli
avevano accresciuto il valore del sapere, il desiderio d'imparare, comprendere a
fondo le tematiche dell'esistenza che lo appassionavano.
Intendeva scoprire le ragioni delle diverse attività; il motivo per cui alcune
persone compiono lavori di scarso significato, poco gradevoli e altre li svolgono
gratificanti, prestigiosi, anche più remunerativi.
Si iscrisse al corso serale dell'istituto tecnico nella città vicina.
Alcune materie apparivano aride, poco stimolanti. L'insegnante di tecnica
illustrava gli argomenti in modo noioso, sembrava infastidito, adattatosi al
compito per necessità, senza convinzione; invece dell'interesse suscitava apatia,
disaffezione.
Gli capitò di svulippare la composizione d'italiano. La docente, nel consegnare
gli elaborati commentò:
- Sono rimasta sorpresa dal suo tema, esprime sensibilità, immaginazione,
dimostra attitudine per il campo umanistico. E' sicuro di voler proseguire in
questo genere di studi? Ci pensi, rifletta!
64
In realtà non era entusiasta di alcune discipline, non si riteneva portato a
quell'indirizzo; pensò di seguire il consiglio.
S'informò di altre scuole e scoprì, nell'istituto magistrale, materie più
avvincenti, letteratura, filosofia, psicologia, storia dell'arte, indirizzate alla
conoscenza della natura umana, di opere artistiche, ad approfondire temi
esistenziali.
Riscontrò docenti motivati, disponibili, contribuivano ad alimentare l'impegno;
sollecitavano la partecipazione anche nello studio di scienze, fisica, chimica, per
capire i fenomeni sconosciuti della natura.
Nell'approfondire i vari campi, percepiva la sconfinata dimensione dello scibile,
d'acquisire chiarimenti, spiegazioni sulle vicende umane.
Lo studio non appariva teorico, astratto, come nell'adolescenza, ma collegato
ai processi, alle necessità della vita, dell'uomo.
Si aprivano alla mente gli spazi inesauribili di ricerca, un'estensione illimitata al
desiderio di capire, conseguire risposte ai quesiti segreti e profondi dell'animo;
percepiva la sensazione viva, rassicurante, di ragionevolezza, di libertà,
l'espressione significativa di essere, d'esistere che lo invogliava, l'induceva a
proseguire.
Impiegava il tempo tra scuola e lavoro, non si dedicava ad altro; allentò anche
il contatto con gli amici, alcuni pure iscritti a corsi serali.
Nel periodo delle lezioni prestava servizio mezza giornata in laboratorio, nelle
vacanze e nei giorni liberi svolgeva l'orario intero, come i familiari.
Nell'istituto ebbe l'opportunità di contattare piacevoli compagne.
Il problema sessuale era emerso con intensità durante la ferma militare, dove
risulta, anche, argomento prevalente di conversazione.
Ora, riaffiorava con impeto, ma non intendeva affrontarlo seriamente, non
pensava a legami d'affetto impegnativi.
Lo stuzzicava una fanciulla graziosa, discreta, ma non era disponibile a
instaurare una relazione, si proponeva, prima, di conseguire un'attività
professionale soddisfacente e rendersi autonomo.
Tuttavia non seppe resistere al fascino di una biondina, un'indossatrice che non
frequentava con assiduità.
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Una sera, l'insegnante di chimica, riscontrandola assente all'appello, espresse
una frase scherzosa:
- Ma certo, che bisogno ha di studiare!
Intendendo che una ragazza attraente com'era lei trova da guadagnare soldi
anche senza titolo di studio.
Appariva con il viso armonioso, lineamenti regolari, i capelli dorati scendevano
fino alle spalle, gli occhi azzurri mostravano serenità, sicurezza; la figura snella,
seducente, piena di grazia, gesti delicati, gradevoli.
Paolo rimaneva ammaliato, anche intimorito per la professione, la disinvoltura.
Provava forte attrazione, la guardava nella naturale bellezza con piacere, in
segreta contemplazione.
Avrebbe desiderato offrirle il passaggio in auto, ma non riusciva a proporlo
direttamente:
- Carina com'è - pensava - avrà senz'altro qualcuno che l'accompagna.
Furono le prime sensazioni d'amore che l'avevano turbato, scosso nel profondo
del cuore.
66
Ne trasse due di buon gusto, con cenni classici che suggerivano composizioni
gradevoli, avrebbero potuto essere ben accolte.
La scelta si basava principalmente sulla linea, l'impatto visivo, poi si verificava il
modo di costruirli con il maggior impiego delle macchine.
L'intenzione prevalente riguardava la capacità di meccanizzare la produzione,
servirsi il meno possibile di mano d'opera per ridurre i costi.
Il fratello minore stava completando gli studi sull'arredamento, per cui avrebbe
potuto affrontare il problema direttamente, con specifica competenza, maggiore
intuizione.
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Poche sono le opere conservate nella cittadina, alcune nell'abitazione e il
quadro "La Muta", dipinto di particolare valore, custodito nella preziosa Galleria
delle Marche.
Caratteristico è il Palazzo Ducale, sede del museo regionale, maestoso
monumento di Laurana che, nella facciata, presenta un armonico accordo tra le
forme rinascimentali degli arconi a tutto sesto e quelle medioevali dei torrioni
che si ergono massicci sulla via e sovrastano la valle con gradevole composizione
di linee.
Nella pinacoteca sono raccolti quadri di grandi maestri, Piero della
Francesca con la Flagellazione e la Madonna di Senigallia, il Miracolo dell'Ostia di
Paolo Uccello, Tiziano con l'Ultima Cena e la Resurrezione.
Paolo frequentava l'università secondo precisi interessi e opportunità; seguiva
le materie che richiedevano maggiore impegno, per l'approccio ad alcune
discipline, verificare le richieste, i progetti dei docenti.
Alla sera alternava gli impegni scolastici con piacevoli momenti distensivi con
amici. D'estate capitavano, pure, occasioni per compiere escursioni al mare, a
pochi chilometri.
Nell'ambiente tranquillo, diventava propizio sviluppare relazioni femminili;
scuole, facoltà erano frequentate in gran parte da ragazze e non mancavano
opportunità per incontri, in aula, al bar, in mensa, lungo le vie della cittadina.
Ma i brevi periodi di permanenza, non agevolavano rapporti impegnativi,
sentimenti spontanei, duraturi.
Nel periodo estivo, soggiornando alcune settimane, riscontrava situazioni più
costruttive, gratificanti.
La stagione invitava a concedersi diversivi, momenti gioiosi, nel tardo
pomeriggio, alla sera.
Alloggiavano anche studenti stranieri per seguire corsi di italiano.
Conobbe una deliziosa ragazza inglese, con il corpo accattivante, capelli chiari,
lisci, corti, occhi azzurri, furbi, vivaci.
Si recarono a Roma. Paolo tentava approcci più intimi, ma non si lasciava
coinvolgere, rideva, compiaciuta, ma preferiva fermarsi, non cercava una
relazione seria, solo divertente amicizia.
Rimasero due giorni; attendeva l'amica per ritornare a casa.
68
Fu impressionato dalla vastità di piazza San Pietro, avvolta nel grandioso
amplesso del colonnato, dalla monumentale Basilica con la spaziosa cupola,
pregiati lavori d'arte, la mirabile Pietà di Michelangelo e il prezioso baldacchino
del Bernini. In San Pietro in Vincoli, fu attratto dall'aspetto maestoso del Mosè,
rimase stupito dalla grandiosa mole del Colosseo.
69
Non appena raggiunse l'indipendenza economica, nei giorni liberi, nelle
festività e nelle ferie si metteva in viaggio per scoprire paesi, località, regioni in
Italia e all'estero.
Compì piacevoli escursioni nelle nazioni affacciate sul Mediterraneo, in Francia,
Spagna, Jugoslavia, Grecia; anche nel centro e nord Europa. Il periodo estivo era
propizio per godere del clima favorevole, per momenti di riposo in spiaggia,
bagni rinfrescanti nei mari.
70
consumava un panino al bar, ma non aveva mai pensato di procurarsi il cibo
direttamente negli esercizi commerciali.
Comprese i vantaggi e si adattò, subito, nel provvedere pane, affettati,
formaggio, evitando locali di ristoro; entrava, occasionalmente, solo per
assaggiare specialità regionali.
Pensò di procurarsi una tenda per alloggiare in campeggi, trascorrere la notte,
fermarsi alcuni giorni. Del resto, rimanendo a contatto con la natura, percepiva il
senso di maggior autonomia, libero da consuetudini, formalità degli alberghi.
Si accorgeva, poi, che la spesa principale nelle vacanze, nei giri turistici,
risultava quella del carburante per l'auto.
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Condivisero momenti sereni, passeggiando, in visita a musei, palazzi,
scambiandosi pensieri, impressioni.
Trascorsero una serata indimenticabile, seduti sui gradini del piazzale
Michelangelo, a conversare, bere birra, contemplando il meraviglioso paesaggio.
Dal colle, sovrastante la città, emergevano gli splendidi monumenti con le
armoniose forme architettoniche, avvolti nella luce rosata del tramonto, con
riflessi dorati nelle anse pigre dell'Arno.
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VII
I campi di lavoro
Spinto dal desiderio di conoscere, nel periodo estivo volle partecipare a utili
campi di lavoro, svolti all'estero, cogliendo l'opportunità di visitare luoghi, paesi,
popolazioni, prendere contatto con altre culture.
La prima occasione lo condusse a Bonn, in Germania, al servizio d'assistenza in
un ospedale psichiatrico; una grande struttura, composta da diversi edifici,
sparsi nella distesa verde tra aiuole e alberi centenari.
Verificava l'esistenza di varie forme di disturbo mentale, con livelli distinti per
reparto, dai più gravi ai minori, dove i degenti disponevano di camere singole,
libertà di muoversi, anche di uscire.
Rimase sconvolto nell'osservare condizioni, impressionanti, per l'aspetto fisico,
sgraziato, repellente; malformazioni che deturpavano la figura, impedivano
d'accudire a se stessi, alimentarsi, gestire l'esistenza, provvedere alle funzioni
elementari; comportamenti irrazionali, inumani, gesti, movimenti istintivi,
incontrollati, senza senso.
Taluni apparivano bruti, mossi soltanto dagli stimoli come selvaggi.
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Diventa difficile individuare l'umano, riscontrare il modo di agire, gli elementi
che contraddistinguono l'uomo, entità pensante, civile, dagli animali, dalle
bestie.
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- Ciao, posso entrare anch'io? - chiese, scostando la tenda, introducendosi
completamente nuda.
Al momento rimase imbarazzato, incredulo, poi, colpito dalla naturalezza del
gesto, acconsentì di buon grado.
- Ma certo! Vieni, ti aiuto a insaponarti!
Anche Astrid gli suscitava interesse, capelli biondo platino, occhi celesti; aveva
la curiosa abitudine di camminare a piedi nudi sul pavimento, inoltre, ogni
giorno, si accomodava sul letto per scrivere lettere, appunti, non accettava inviti
per momenti d'intimità. Forse si teneva in contatto con l'amico, la famiglia.
Nel gruppo si svilupparono amicizie durate a lungo; una relazione si concluse
pure con il matrimonio.
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trangugiò la bibita, la prima e la seconda volta, senza difficoltà, mentre i
partecipanti assistevano increduli, stupiti, con sorrisi di meraviglia.
Lui stesso appariva lieto, allegro, per nulla turbato. Conclusa la serata, inforcò la
bicicletta e fece ritorno alla residenza da solo, senza alcun aiuto.
In Jugoslavia svolse il lavoro sulla riva del Danubio, al confine con la Romania.
Paolo aveva raggiunto, in treno, Belgrado, sede dell'organizzazione.
Poi, completato il gruppo, vennero condotti sul luogo con un veloce motoscafo.
Compirono un'amena gita sul fiume, per lungo tratto, fino alle Porte di Ferro.
Stavano ricostruendo, in alto, il paesino che l'invaso della grandiosa diga
avrebbe sommerso.
I volontari operavano, a turni alterni, al mattino e al pomeriggio. Effettuavano
piccoli scavi, canaletti per servizi tecnologici, predisponevano spazi per i
marciapiedi lungo le vie.
Alloggiavano sotto i tendoni militari del vasto accampamento di giovani del
paese. Le ragazze erano sistemate nella casetta in muratura.
Numerosi altoparlanti, dislocati in vari punti, diffondevano, dal mattino alla
sera, musiche popolari, patriottiche. Inneggiavano al Maresciallo Tito, l'eroe che
aveva condotto la nazione all'unità e alla difesa dagli invasori.
L'alimentazione era modesta, misurata.
A pranzo servivano, in grandi zuppiere, un brodo piccante, saporito, con patate e
pezzetti di carne, una specie di gulasch, in cui abbondava la paprica. Nelle pause
di lavoro, distribuivano scatolette di carne, tonno, patè, con grosse fette di pane.
Alla sera si riunivano nel bar, in una trattoria vicina per un boccale di birra, piatti
tipici locali.
Assaggiarono i "cevapcici", piccole salsicce e rotolini di carne, cucinati ai ferri,
con contorno di cipolla cruda e peperoncino.
Paolo non conosceva il minuscolo prodotto verde e ne inghiottì uno intero. Pochi
attimi dopo, venne assalito da un forte bruciore alla gola, si sentiva soffocare,
con le lacrime agli occhi.
- Ma cosa ho mangiato? Che cosa sono questi piccoli frutti? - rivolto ai compagni
che si sbellicavano dalle risa. Trangugiò un bicchiere dopo l'altro per alleviare
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l'arsura; ebbe da soffrire ore prima di sentirsi sollevato, poter respirare senza
affanno.
Aveva conosciuto uno studente slavo che parlava italiano; raccontava la loro
vita, progetti del paese, le speranze, gli impegni da assolvere.
Erano motivati nel lavoro, lo svolgevano con serietà. Organizzavano gare,
assegnando un punteggio alle squadre, ogni settimana, per stimolarli a
raggiungere il primo posto, conquistare il premio finale.
Riuscivano a coinvolgere, in parte, anche gli stranieri.
Effettuarono una piacevole gita in battello, raggiungendo il paese sull'altra
sponda del Danubio, in Romania.
Scoprì i ruderi di un castello romano, riuscendo a capire la scritta sul cartello con
gli accenni storici e l'illustrazione dell'antica struttura.
Si rese conto di leggere, percepire il significato come un linguaggio familiare.
In effetti, il rumeno fa parte del gruppo di lingue romanze, derivate dal ceppo
comune del latino volgare, come il francese, lo spagnolo, il portoghese e
l'italiano.
Aveva avvertito la medesima semplicità nella lingua, la scrittura conosciute in
Nicaragua e in Brasile, dove nel primo si parla lo spagnolo, nell'altro il
portoghese.
Compì il viaggio di ritorno, in auto, con un belga. Aveva raggiunto il posto,
direttamente, perchè riteneva di usarla per escursioni; invece, non permettevano
di allontanarsi dal campo da soli.
Arrivati alla stazione ferroviaria di Belgrado, prese il treno per l'Italia.
Nel rientro da Osnabruck, invece, gli capitò uno spiacevole disguido che lo
costrinse a un'imprevedibile disavventura.
Non immaginava d'incorrere in una situazione, tanto imbarazzante, inattesa.
Durante il soggiorno, spendeva i soldi senza controllare, con precisione, il costo
del biglietto ferroviario per ritornare. Cambiava le lire poco alla volta, al bisogno,
gli sembrava di frenare meglio le spese.
Quando decise di verificare il prezzo, si accorse che il denaro, in possesso, non
era sufficiente per acquistarlo.
A malincuore, si vedeva costretto a rivolgersi a casa.
77
Era orgoglioso per non averne chiesti durante il servizio militare, al contrario
del fratello; però, in quel momento, ne aveva bisogno, gli spiaceva, ma non
poteva agire diversamente.
Scrisse ai genitori l'importo occorrente in marchi e il corrispettivo in lire, non
conoscendo il modo di spedirlo. All'ufficio postale fecero confusione tra le due
somme. In pratica ricevette in lire, la cifra espressa in marchi, per cui risultava
inferiore al necessario, non poteva comprare il biglietto di ritorno.
Nel gruppo, diversi praticavano abitualmente l'autostop, anche una ragazza
viaggiava sola, senza difficoltà; non era un fatto sorprendente per loro, ma lo
era alquanto per Paolo.
Trovò la compagnia dell'iraniano che, invece, si mostrava divertito, per nulla
turbato, come trattarsi di una piacevole avventura.
Lo rassicurava entusiasta, fiducioso:
- Vedrai, raggiungiamo Bonn, poi cerchiamo un lavoro, raccogliamo la somma
occorrente e tutto è risolto.
Ma la faccenda non era semplice come prospettava.
Si presentarono alla casa editrice di un giornale, poi in un'azienda chimica, ma
nessuno accettava l'offerta.
Non riscontravano possibilità d'occupazione.
Paolo pensò di rivolgersi alla sede centrale dell'organismo, avrebbe potuto
ricevere aiuto, informarsi, telefonare al consolato.
Raccontò la vicenda ai responsabili; poco dopo gli si avvicinò una ragazza:
- Ciao, sono Stefania.
Ricevette la gradita sorpresa, inaspettata, d'udire, dopo settimane, il linguaggio
familiare, si sentì confortato.
- Piacere, Paolo.
- Ho saputo della difficoltà - proseguì.
- Sì, - rispose - purtroppo mi è successo un contrattempo con i soldi ricevuti da
casa.
Raccontò il malinteso al servizio postale.
- Capisco, - fece lei - quanto ti servirebbe?
- Beh! Ho qualcosa, ma non è sufficiente, mancano almeno ***.
- Guarda, non è un problema, posso prestarteli io.
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- Come? Veramente? - Paolo si sentì sollevato dal grave cruccio - Non so come
ringraziarti, mi risolvi lo spiacevole disguido. Ti restituirò i soldi appena arrivo.
Dimmi l'indirizzo, li spedirò con un vaglia postale, stai tranquilla.
Abitavano nella stessa provincia; si stava informando sul campo che voleva
raggiungere.
Si scambiarono il recapito:
- Beh! Non so proprio come ringraziarti, mi hai reso un grande favore, potremo
rivederci in Italia, ti saluto vivamente, auguri per il lavoro!
- Ciao, buona fortuna!
L'abbracciò con un tenero bacio sulla guancia, e si diresse, sereno, felice, alla
stazione ferroviaria.
Così ebbe fine l'improvvida vicenda.
79
- Mi sento appagato, - affermava - anche nel sorseggiare una buona tazza di
caffè.
Un belga, invece, nonostante i propositi velleitari, dimostrava maggiore
impegno nel corteggiare una deliziosa ragazza svedese, con capelli rosso-tiziano,
il piacevole viso, ovale, longilinea, elegante, aggraziata nel portamento:
- Io cerco di inserirmi nell'ambiente borghese, - sosteneva - voglio imparare a
comportarmi come loro per capirli, e poi combatterli.
Si vestiva con cura e, nel frattempo, provvedeva ad approfondire la relazione
con la bella nordica.
Raccontò del pomeriggio, a passeggio con l'amica, durante lo scroscio
improvviso di un temporale.
- Eleonora si era impaurita, si aggrappò a me, stretta, rifugiandosi tra le braccia;
l'accarezzavo per tranquillizzarla, poi la strinsi, la baciai sulla guancia, sul collo,
lei ... si abbandonava fiduciosa, tenera ... e così la presi.
80
VIII
81
Paolo avvertiva con inquietudine il bisogno della verifica tra quello che
conosceva, studiava, percepiva del mondo, del consesso umano, e quanto
vedeva realizzato, svilupparsi in concreto.
Pensava che le difficoltà riscontrate nell'attività economica, l'ansia per le
vendite, conflitti, attriti con clienti, i rischi dell'insolvenza, gli ambigui rapporti
con le istituzioni pubbliche si potessero trascendere, superare.
Aspirava a un sistema armonico, sereno, senza gravi contrasti, senza violenza;
scoprire regole per consentire la partecipazione, organismi strutturati per
coinvolgere, unificare gli intenti.
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Influenza che causava l'inquietante conflitto d'interiorizzare una forma ideale
della donna, ritenuta, in senso astratto, componente della società, integrazione
dell'uomo.
Si era conformato un dissidio fra spirito e carne, quali elementi inconciliabili.
Gli riusciva difficile cogliere nella pienezza l'entità femminile.
Nelle relazioni, invece di scoprire la dimensione, la personalità, nel conoscere
l'intima essenza, prevaleva l'attenzione per i lineamenti del viso, del corpo; era
attratto soprattutto dall'aspetto esteriore, assecondando l'impulso erotico,
estetico.
Per anni ha vissuto questo dualismo.
Nella maturità comprese l'importanza di considerare la donna come persona in
senso globale, cogliere la ricchezza interiore, specie con l'intenzione di realizzare
un legame valido, significativo.
Rimane con il vivo desiderio, inappagato, di un rapporto completo nel quale
sentirsi in sintonia con i sensi, nel corpo e nello spirito. Percepire, in entrambi,
una sensibilità partecipata, compenetrante, raggiungere un'intesa coinvolgente,
piena da unire per la vita.
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John Locke definiva la proprietà come diritto naturale, tipico, congiunto con
quello della vita e della libertà:
"L'individuo ha naturalmente diritto a quello con cui ha mescolato il lavoro del
suo corpo, per esempio cintando e coltivando la terra".
Inoltre Stuart Mill concepiva la libertà individuale nel contesto sociale; riteneva
opportuno che il governo intervenisse con una legislazione appropriata per
difendere ed estendere al maggior numero di persone le condizioni che rendono
la vita più umana e libera, con un regolamento delle aziende e dell'industria per
il benessere pubblico.
Tommaso Hill Green e gli allievi della scuola di Oxford, alla fine dell'Ottocento,
ribadivano il superamento del "laissez faire" del primo liberalismo, affermando
che lo stato può limitare il diritto di contratto per proteggere la parte più debole,
gli interessi generali, la salute pubblica. Una comunità morale è quella in cui
l'individuo limita le sue istanze di libertà alla luce di interessi sociali generali.
Affermava che tutti i diritti della proprietà si difendono in quanto possono
contribuire al bene comune.
Per Green la libera scelta significa opportunità e opportunità significa una
società non coercitiva oltre il necessario nella struttura legale e politica, in quella
sociale ed economica. La politica e l'economia sono istituzioni intrecciate che
certamente non sono indipendenti l'una dall'altra, come non sono indipendenti,
ma interagiscono tra loro, l'individuo, la società e lo stato.
Paolo viveva il periodo degli ideologismi propagandati durante gli "anni caldi".
Si sosteneva l'attuazione di valori comunitari nei confronti di un individualismo
esasperato, disgregante, chiedendo spazi di democrazia, equità, trasparenza
negli organismi statali, nelle iniziative economiche, nelle imprese.
Si aspirava a una società più giusta, condivisa.
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La democrazia si esprime partecipando alla gestione dello stato, della cosa
pubblica, con forme praticabili per aderire, strutture vicine al popolo per
l'accurata conoscenza dei bisogni e consentire la verifica degli interventi da parte
dei cittadini.
Comporta l'assunzione di responsabilità verso se stessi e la popolazione.
Il significato, il livello, le forme nelle quali si esprime la convivenza umana
richiamano, si connettono al senso di libertà, d'indipendenza, nel gestirsi
autonomamente sul piano personale, individuale e quello sociale, collettivo.
E' pretestuoso confondere le leggi dell'economia con la politica, con esigenze
generalizzate o particolari di persone, gruppi; le regole rigorose del mercato, la
scarsità di beni con ambizioni utopistiche del "tutto per tutti".
E' falso non riscontrare differenza tra il rischio nelle iniziative imprenditoriali
private, autonome e la complessa gestione delle notevoli disponibilità finanziarie
dello stato, acquisite con il prelievo fiscale.
Il sistema "capitalistico" era ritenuto la causa di tutti i mali, di carenze nella
società civile, difficoltà, inefficienza, di apparati pubblici.
Non si indagava a fondo per scoprire i mali, il disinteresse nelle disfunzioni,
l'omertà su parassitismi, l'intrigo di connivenze, illeciti, per comprendere origini,
ragioni, dirette responsabilità.
Esprimevano una seria critica alla società, allo stato, al funzionamento delle
articolazioni, senza conoscere, scoprire le cause reali, che cosa e come andava
migliorato, cambiato.
Sollevavano contestazioni, vaste proteste in un confuso coacervo, a seguito dei
diffusi modelli teorici assunti da idealità, astratti ideologismi, pur auspicabili,
ambiti, ma falsati nel concreto, nei risvolti, obiettivi raggiunti, realizzati tra i
paesi stessi indicati come riferimento.
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Esiste una possibile, pur limitata, migliorabile, mobilità tra categorie, nella
composizione, nel mutamento di ruoli, livelli sociali ed economici.
I semplici, agevoli scambi nel commercio, la competizione su prezzi e prodotti
nel mercato internazionale, la velocità nel comunicare, trasmettere informazioni,
eventi, rendono difficile, se non inutile, chiusura, protezionismo, la difesa di
interessi particolari, se non per limitarla nei settori più delicati, ritenuti strategici,
determinanti per la società.
86
L'ostacolo principale riguarda, nel contempo, la necessità di accrescere una
pesante, gravosa burocrazia che deve, pretende controllare tutto, limitando
l'autonomia, aspirazioni individuali, capacità personali.
Non può essere diverso il denaro a disposizione dello stato, ricavato con
prelievo fiscale, imprese pubbliche, attività economiche o monopoli, da quello
privato di gruppi, cittadini, conseguito con aziende, iniziative imprenditoriali,
svolte in ottemperanza alle leggi commerciali.
Neppure i proventi, i guadagni ottenuti dall'uno, nella logica di libero mercato,
possono essere più equi, ritenuti legittimi rispetto a quelli acquisiti dagli altri.
Inoltre, questi stessi ricavi hanno, nel contempo, le medesime ripercussioni sui
cittadini, su coloro che prestano lavoro, come quelli che acquistano i prodotti,
ricevono, usufruiscono dei servizi.
Mentre nei casi di passività nell'uno si ricorre al denaro della popolazione,
nell'altro sono gli stessi imprenditori, soci, cittadini che finanziano a dover
ripianare le perdite.
E' conveniente, opportunistico, ma non aggregante, nella comunità sociale,
schierarsi, in modo esclusivo, sempre e soltanto dalla parte più vantaggiosa,
quando si è, nel contempo, produttori in una struttura e consumatori,
componenti della società; elettori di parlamentari ed esecutori di leggi espresse
dalla maggioranza che governa e che, rappresentando la popolazione, dovrebbe
provvedere al benessere nazionale.
Ogni organismo, pubblico o privato, necessita di capacità finanziarie per
essere, rimanere indipendente, autonomo. E quanto più riesce ad accumulare
risorse, con adempimento delle norme, tanto meglio può crescere, espandersi e
migliorare le condizioni dei membri.
Nel verificare le relazioni tra addetti nell'ambiente di lavoro delle diverse
strutture non emergono condizioni di maggior rispetto della libertà, dei diritti
dell'individuo nelle pubbliche in confronto alle private; le prime non risultano
improntate a più alto senso civico delle altre.
In entrambe, si possono scoprire sotterfugi, prepotenze, estorsioni, calunnie per
carriera, acquisire potere, denaro.
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Volendo approfondire il significato, le interconnessioni del termine
"sfruttamento", si può constatare che si sviluppa, si consuma nel rapporto tra
persone, nel modo di comportarsi l'uno con l'altro, nel sopraffare, imporre
potere, volontà, disconoscendo le leggi civili definite per la convivenza.
Non è tanto il sistema economico, non solo le regole che lo guidano, ma come
gli uomini le usano nelle relazioni, nel rapportarsi fra loro; forme, contatti che si
riscontrano in ogni struttura, in ogni forma sociale.
88
Taluni movimenti tendono a esasperare la condizione, fomentare pretese,
enfatizzare carenze senza preoccuparsi della possibilità concreta, dei modi per
appagarle.
Poi, qualcuno, forse, riuscirà a risolverle o, peggio, saranno altri a pagare per
errori, proposte velleitarie, fini astratti, al di là dei bisogni reali, delle intenzioni,
del comportamento della gente comune.
89
Il complesso di principi, norme, strumenti, definiti con il termine esecrabile
"capitalismo", rappresenta un sistema fondato su regole inerenti al
comportamento della maggioranza delle persone nei rapporti economici,
considera il criterio di scelta negli acquisti, il modo di operare nel produrre beni,
le aspettative sulla remunerazione, quanto è ritenuto valido, possibile per
soddisfare i bisogni.
La legge della domanda e dell'offerta, alla base del libero mercato, non è
un'affermazione astratta, ma espressione, la modalità di decidere, in genere,
l'uso del denaro.
Sono gli uomini che devono saperlo utilizzare, servirsi senza rigore, crudezza,
lasciarsi travolgere dalla smania di possedere, ma essere capaci di rapportarsi
alle situazioni, considerando anche le esigenze degli altri, i valori del vivere in
comune.
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Paolo trascorse anni a pensare, riflettere, voleva scoprire, approfondire idee,
proposte avanzate da altri organismi.
Non condivideva la presunzione di attribuire ai termini "destra e sinistra", in
politica, quello di conservatore, progressista, un significato positivo, di maggior
valore, dell'uno in confronto all'altro, espressione di sviluppo, progresso per ogni
proposta.
E' un arrogarsi, in modo pregiudizievole, della qualifica, collegandola a crescita
civile, migliore qualità di vivere per qualsiasi idea, iniziativa.
Non tutto ciò che si promuove nuovo, diverso dall'esistente, dalla tradizione è
preferibile, più confacente all'uomo per il solo fatto che si differenzia.
Ogni intento, ogni proposito deve essere valutato, confrontato nelle
implicazioni, nelle conseguenze rispetto alla condizione precedente, secondo il
senso, lo spirito dei valori di base.
Nella realtà, diventa pure difficile definire gli stessi concetti, concordare sui
principi ritenuti fondamentali.
Non era convinto degli indirizzi, delle proposte acquisite, cercava di scoprirne
altre, quali venivano propagate in alternativa, come migliori, avanzate, per
confrontarle con i desideri, le aspirazioni dell'uomo.
Intendeva sviluppare contatti con persone di altre culture, provenienti da
ambienti con idee, mentalità differenti, confrontarle con quelle apprese,
verificare ciò che diffondevano con quanto veniva praticato, ciò che volevano con
quello che si realizzava, riuscivano a compiere.
Prese parte a diverse organizzazioni nell'intento di scoprire novità.
In seguito capì la dialettica, le schermaglie di certa politica.
91
Spesso si manifesta più nel criticare le scelte di altri, frapporre ostacoli, anche
fomentare malcontento, cavalcare proteste illudendo di poterle risolvere, ma
soprattutto con l'intenzione di sostituirsi a chi detiene il potere.
Le persone semplici, senza specifica conoscenza di politica, economia,
ambiscono a soddisfare i bisogni della vita: coltivare amicizie, affetti, esercitare
attività, gestirsi liberamente, esprimere al meglio le capacità, godere di
benessere, momenti sereni, riposo.
Osservano quanto la società offre nel processo di sviluppo, ciò che propone,
stimola, rende disponibile con prodotti, modelli di comportamento.
Ognuno aspira a maggior tempo libero, a svago, migliorare la qualità dei
consumi, alla serenità nella vita.
Ognuno desidera ridurre l'impegno, lo sforzo nel lavoro, diminuire l'orario, il
tempo da dedicare alle necessità, ad azioni obbligate, sgradevoli, disporre di
opportunità per le preferite, soddisfacenti, che conferiscono piacere, agiatezza,
senso di libertà.
Esistono notevoli differenze tra persone nel modo di comportarsi, riguardo a
capacità, impegno, nel sopportare sacrifici, affrontare difficoltà nell'occupazione,
nello svolgere compiti;
differenze riguardo alla qualità, quantità di bisogni, nell'accettare condizioni
comuni di vita o nel pretendere maggiori benefici;
differenze nelle doti fisiche, intellettuali, nelle attitudini, nel modo di
rapportarsi agli altri, nei contatti sociali;
differenze nelle capacità, nelle intenzioni di rispettare le leggi, i diritti altrui o
porsi al di sopra, sopraffare per ottenere vantaggi, anche sperequati.
Non di raro la politica è più strumento per l'affermazione personale, per
acquisire potere, prestigio, per i propri interessi, che funzione per contribuire a
migliorare la società, per avvicinare le istituzioni alle esigenze dei cittadini, per
diffondere i principi di libertà, giustizia, per la crescita sociale, lo sviluppo della
solidarietà umana.
92
IX
Esperienze di lavoro
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Alienata è la persona che agisce in forma palesemente diversa da quella
comune della collettività, nell'atteggiamento, nella maniera di vivere, abbigliarsi,
nei costumi; precisandone la specificità nei tipi originali, eccentrici, bizzarri,
anche estrosi, pure nei disadattati, devianti.
Le differenti interpretazioni, attribuite nelle due aree geografiche, rispecchiano
la diversa concezione culturale della struttura sociale, del sistema economico, del
modo di osservare, indagare il rapporto dell'uomo nei confronti della propria
comunità.
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Veniva a contatto con situazioni molto diverse, particolari stati d'animo,
condizioni esistenziali difficili, vicende che succedevano in determinati periodi
dell'anno.
Di notte giungevano, in prevalenza, partorienti, accompagnate dal marito, da
familiari; capitavano anche fatti di sangue, gravi ferite, causate da
accoltellamenti, sparatorie.
Nella giornata, avvenivano ricoveri per malattia, infortuni sul lavoro.
Prestò assistenza a un muratore, caduto dall'impalcatura, portato
dall'autoambulanza, con le gambe spappolate, flosce, come prive di ossa, tenute
insieme dalla pelle e dagli indumenti.
A Natale, a Pasqua, nelle festività, succedevano casi di malessere all'apparato
digerente.
In estate, aumentavano feriti per incidenti stradali, specie con motociclette di
grossa cilindrata. Nel periodo di esami, arrivò uno studente, in gravi condizioni,
per tentato suicidio, a causa d'incomprensioni in famiglia; un altro, per delusione
d'amore, si era scaraventato con l'auto contro il muro.
Pur immerso in casi cruenti, con espressione d'intenso dolore, si sentiva
motivato, coinvolto, acquisiva gratificazione. Offriva assistenza a persone
ammalate, bisognose d'aiuto, collaborava con infermieri e medici nelle
prestazioni urgenti, più impegnative.
Nei primi giorni avvertiva notevole disagio alla vista del sangue, nell'udire i
lamenti, le strazianti urla dei malcapitati. Nel tempo comprese che la funzione, lo
scopo, ai quali era addetto, comportavano controllo delle emozioni per
adoperarsi al meglio, coadiuvare con massima premura alla salute dei pazienti.
Il servizio veniva svolto in tre turni nelle ventiquattro ore, a settimane alterne,
continuativi nell'arco dell'anno, senza interruzioni per fine settimana, festività,
neppure per Natale, Pasqua, come, invece, succede negli uffici, nelle aziende.
Incontrava persone preparate, coscienziose che effettuavano il compito con
sollecitudine, professionalità.
Ebbe modo d'instaurare relazioni amichevoli, scambi d'esperienze, rapporti
costruttivi.
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A giugno conseguì la laurea in sociologia, a pieni voti, ma non era soddisfatto
della composizione.
Il tema complesso, ampio, forse ambizioso, non era sviluppato in forma
esauriente, ben approfondita; non era convinto, persuaso del risultato.
Occorreva maggior tempo per riflettere, assimilare i contenuti, rielaborarli,
esporli con piena consapevolezza in una sintesi organica più sentita, partecipata.
E' mancata l'esperienza diretta, necessaria per esprimere, specificare le
asserzioni.
Si prefiggeva di rendersi indipendente, aveva premura di staccarsi dalla
famiglia. Ambiva costituire la propria, incontrare una ragazza con cui condividere
interessi, aspettative, realizzare la vita in comune.
Aveva, comunque, sviluppato, chiarito un tema importante, significativo, che
gli conferiva soddisfazione; anche se non proprio conforme per la professione, in
senso ampio, ma limitato a determinati settori.
In seguito, sperimentando ulteriori attività, con la pratica diretta, la
conoscenza di altre occupazioni, acquisì maggiore consapevolezza su condizioni,
rapporti di lavoro nei diversi settori.
Sentì la necessità, premura di rettificare le conclusioni schematiche, cui, allora,
era pervenuto.
Aveva conseguito un indirizzo critico nei confronti della società che non
garantiva impiego in molti campi, ma non fu agevole riscontrarlo anche in quelli,
all'apparenza, più aperti.
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fantasticare, a una libertà senza condizioni, poco prammatica, al di là delle forme
comuni di vivere.
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X
Il pubblico impiego
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Si sentiva legato da provvedimenti, circolari, imbrigliato in norme, direttive nei
rapporti con il personale, il pubblico, nello sviluppo delle attività.
Il diritto amministrativo, il concetto di pubblico impiego, appresi nello studio,
assumevano, nella realtà, una valenza più accentuata, negativa, accrescevano la
complessità, rendevano farraginoso prendere decisioni. Ampliavano a dismisura
la problematicità della funzione, il concetto di servizio ai cittadini in forma
impensabile nel rapporto privato.
Alcuni colleghi erano affidabili, altri difficili, contorti, formali, qualcuno viscido,
appiccicoso, comportamenti sgradevoli, con scarso senso di responsabilità.
In taluni prevaleva l'interesse personale, in altri desiderio di lavori gratificanti,
gestirsi in autonomia, fruire di libertà nell'agire.
Nel complesso emergeva una spiccata ambizione per la carriera, conseguire
potere, prestigio, migliore livello retributivo.
I rapporti esprimevano correttezza formale, celavano malumore, risentimento,
per i gradi, le differenti mansioni, lo stipendio, la stima.
Condizioni sgradite, invise, a chi svolgeva compiti subalterni, con mire elevate,
accentuato senso emulativo.
L'ente era ordinato in forma gerarchica, centralizzata. In provincia conservava
una dimensione limitata, circoscritta, contatti in ambiti determinati, secondo
competenza verticale, tra centro nazionale e periferia.
Organizzavano manifestazioni sportive, culturali, gare di scacchi, dama,
campionati di tennis, sci, rassegne musicali e teatrali, concorsi di pittura, viaggi,
soggiorni in Italia e all'estero.
Paolo si occupava della funzionalità dei servizi, negli uffici, d'attuare le
disposizioni.
Collaborava con gli addetti nei periodi di particolari incombenze.
L'attività era piacevole, diversificata, ma non riscontrava compiti congeniali,
non acquisiva stimoli significativi.
Proveniva dal ramo produttivo, pratico, rigoroso e, occupandosi di tempo
libero, percepiva un senso di irrilevanza, di compiere un lavoro superficiale, non
necessario.
Ambiva a un impegno intellettivo, sentirsi appassionato alla funzione.
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Lo preoccupavano i rapporti con i dipendenti, abituati a schemi formali, non
legare con un collega, non trovarsi in sintonia; si scontrava con la mentalità
dell'impiegato pubblico.
Provava disagio per la posizione ambigua, talvolta conflittuale, che l'ente
assumeva con altre associazioni, istituti, con organi locali che intervenivano nel
settore, ponendosi in competizione.
Avvertiva un malessere, un groviglio che frenava le iniziative; barriere che
limitavano gli ambiti, non si potevano superare.
Non immaginava, non comprendeva il sistema, le complesse procedure, gli
intrighi della politica, consuetudini, formalità della struttura gerarchica
necessarie nell'operare, trattare, il comportamento d'assumere nel ruolo.
Nella mentalità dell'imprenditore si considerano fini, compiti definiti: il processo
produttivo, la funzionalità delle operazioni; non esistono particolari accorgimenti,
contatti diplomatici, metodi opportuni per gestire la funzione come opportuno
nell'ambito pubblico.
Non agiva secondo le procedure abituali del settore.
100
La volta successiva, invece, gli furono proposte solo due ore alla settimana.
L'orario ridotto comportava una retribuzione altrettanto contenuta che non
consentiva di sostenersi.
Rimase deluso, dispiaciuto di non poter proseguire; era costretto a riprendere
l'impiego nell'ente.
Si trattava del periodo in cui aleggiavano particolari progetti sulla struttura
scolastica, il compito, l'equiparazione di docenti laureati a insegnanti di
manualità, anche meccaniche.
101
Trovò la porta socchiusa, diede un leggero tocco ed entrò; la donna era infilata
sotto le coperte, con il busto leggermente sollevato sul cuscino:
- Vieni! - lo accolse - Vieni avanti!
Ebbe il presentimento di non attendersi quanto si era prefigurato.
- Buona sera! - rispose - Scusi, ma ... non vorrei essere inopportuno.
- No! No! Non disturbi, affatto!
Ma non si alzava, anzi allargava le braccia sulla coperta, indicando di
accomodarsi, stendersi accanto.
La situazione risultava imbarazzante, per cui, senza procedere oltre, pensò di
congedarsi con garbo:
- Ma ... forse è meglio che torni un'altra volta ... non voglio infastidirla, la saluto,
buona notte!
Uscì, allontanandosi piuttosto risentito.
La donna presentava lineamenti gradevoli, ma con la figura voluminosa,
abbondante, non suscitava desiderio; inoltre non l'aveva notata nel gruppo.
Non gradiva imbrigliarsi in ambiguità, magari per conseguire un'occupazione di
maggior prestigio, non avveniva secondo il suo intendimento.
Pochi giorni dopo, di prima mattina, gli successe un fatto dello stesso genere,
ma in forma opposta, con lo scambio della posizione.
Si era appena svegliato, quando, d'improvviso, apparve, sulla porta, Irene; la
deliziosa, piacente ragazza, con il seno prosperoso, che Paolo si dilettava a
corteggiare. Si era fermata, con la mano sulla maniglia:
- Oh, ciao Irene! - la salutò felice - che piacevole sorpresa!
Sembrava dubbiosa, insicura di procedere.
- Vieni, vieni avanti, entra! - la invitava premuroso, stimolato dal desiderio,
alzandosi dal letto per accoglierla.
- No! No! - rispose.
Paolo, ormai in piedi, mosse i passi verso lei, ma, in quello stesso istante, uscì,
chiudendo la porta.
Rimase interdetto; non capiva, chiedendosi se avrebbe dovuto comportarsi in
altro modo, ma come? Non riusciva a capacitarsi, poi pensò:
"Non sarà una forma di rivalsa per il rifiuto opposto l'altra notte? Era solidarietà
femminile?"
102
Nel soggiorno visitarono complessi scolastici, scuole primarie e istituti
superiori; organizzavano incontri per illustrare il sistema educativo.
Per il trasporto utilizzavano un autobus del servizio urbano.
Durante il percorso, fuori città, non incontravano traffico, pochi camion,
motociclette che correvano a velocità impressionante, nonostante il fondo
stradale, poco curato, presentasse numerose buche che provocavano continui
sobbalzi.
Il loro intento, raccontava il dirigente, consisteva nell'assicurare a tutti la
preparazione di base per indirizzarli, alla fine del ciclo, ai diversi comparti per
conferire le specializzazioni professionali adeguate per l'inserimento nei relativi
settori.
Gli allievi dotati di particolari qualità venivano consigliati verso i campi più
appropriati.
Lo stato garantiva ai migliori la continuità negli studi fino al massimo livello. Ai
più diligenti offriva la possibilità di entrare in prestigiosi centri di ricerca.
Durante le visite avvertiva come l'aleggiare del senso di accurata applicazione,
assiduo impegno; raccomandavano massimo silenzio per non alterare il regolare
svolgimento della didattica. Nelle aule di scienze e tecnologia scoprì una copiosa
dotazione di strumenti per esercitarsi.
La preoccupazione principale del governo, riferiva il dirigente, consisteva nel
doversi misurare con la Germania Ovest, nel raffronto delle diverse condizioni di
vita, del livello di benessere.
La popolazione verificava con facilità la differenza, quantità, qualità dei beni, dei
prodotti, il tipo d'offerta, l'efficienza dei servizi, con i residenti nell'altra zona.
Li conoscevano tramite parenti, amici, riviste, giornali, notizie radio, televisive,
con l'accesso ai numerosi mezzi di comunicazione.
Erano impegnati a utilizzare al massimo le risorse disponibili, beni naturali,
qualità umane, capacità intellettuali, ricerca scientifica, tecnologica per
migliorare il tenore di vita e soprattutto per conseguire gradimento e la
soddisfazione dei cittadini.
103
Le varie esperienze, i contatti, le vicende vissute da Paolo, nel settore
pubblico, lo avevano disilluso, allontanato dalla demagogia velleitaria degli anni
caldi.
Aveva verificato facili, ambigue intromissioni, in apparati, strutture, giustificate
da motivi di carattere politico; ingerenze diffuse con inspiegabili ramificazioni,
senza alcuna ragione, talvolta azioni, scelte anche illogiche, scriteriate a ogni
livello, senza riguardo alla funzionalità, all'efficienza dei servizi.
104
XI
Vicenda amorosa
105
d'indipendenza, spaziare nell'universalità del pensiero, ambiva sperimentare
quanto fosse possibile, senza vincoli, condizioni.
Provenivano da città piuttosto lontane e s'incontravano nei fine settimana in
località, lungo il percorso, per visitare musei, centri storici.
Durante le vacanze, compivano piacevoli viaggi in Italia, in paesi europei,
seguendo itinerari culturali, archeologici.
L'orario d'insegnamento impegna meno ore rispetto a quello d'ufficio e la
diversa disponibilità di tempo libero, la durata delle ferie, le vacanze natalizie,
pasquali, sollevavano difficoltà, tra loro, per lo sviluppo equilibrato del rapporto.
Le condizioni diseguali favorirono l'emergere del differente concetto dell'amore
di coppia, sul senso della fedeltà, manifestati con il comportamento.
Era il periodo in cui si rivendicava piena libertà, nella vita, nei rapporti sociali,
negli affetti, nel lavoro; anche un mascherato rifiuto ad assumere responsabilità,
evitare legami, costituire famiglia.
Aspiravano a essere indipendenti, nel progettare, gestire l'esistenza,
contestavano regole, consuetudini.
Loro non si ponevano un obiettivo preciso, evitavano discussioni su argomenti
che avrebbero potuto incrinare il legame. Lei non accennava a scelte
impegnative, lui non proponeva di chiarire.
Si frequentavano, con l'intento di avvicinarsi ad abitare; poi, Anna si era
trasferita per convivere.
Paolo sondava il rapporto, le aspirazioni, come concepiva l'amore, la fiducia;
l'osservava per interpretare, conoscerne il valore attribuito alla relazione.
Non cercava avventure, ma un'intesa sincera, stimolante, duratura, da appagare
aanche la passione.
I suoi propositi esprimevano lealtà: ... se provo affetto per una donna e mi
trovo bene con lei, non ritengo giusto, non ha senso cercare, frequentare
un'altra ... se poi capitasse un incontro particolarmente coinvolgente da sollevare
dubbi, perplessità, mettere in crisi ... nel caso dovrei prima definire quello
esistente e, se mai, interromperlo, non trattenersi in un legame ambiguo con
entrambe.
Paolo nutriva dubbi sulle reali intenzioni di Anna, sulla sincerità nei contatti
intrattenuti, ma evitava di esporli apertamente.
106
A volte, ricordava, con ammirazione, la vita libera, avventurosa delle amiche
del liceo, sembrava aspirare a imitarle, esprimere rammarico.
Raccontava di Renata che aveva partorito, poi, si era separata per unirsi a un
ricco industriale.
Federica viveva in Inghilterra, su una barca, con un consulente finanziario, lo
accompagnava nei frequenti viaggi all'estero.
Mostrava vivo entusiasmo, desiderio di condurre una vita autonoma, senza
vincoli di sorta.
Nel frattempo, a Paolo capitarono vicende nel lavoro che imponevano di
modificare l'orario. Questo fatto suscitava sospetti in Anna; vedendolo uscire di
sera, temeva nascondesse una relazione.
Un pomeriggio l'avvertì dell'arrivo di un suo amico e dell'intesa di
accompagnarlo a visitare la città.
Paolo rimase sconcertato, non gradiva l'incontro. Rimase contrariato, sollevando
dubbi sull'inatteso evento.
Immaginava una provocazione, per suscitare gelosia; lei appariva compiaciuta
all'idea di vederlo. Non capiva la vera intenzione; non sembrava un semplice
gesto di amicizia, inoltre, non gli piaceva il tipo, non infondeva fiducia.
Concluso l'anno scolastico, Anna era propensa a partire di nuovo, sola; già si
era allontanata nel periodo natalizio per partecipare a un convegno con l'amica.
- Mi reco in Inghilterra, voglio seguire il corso di lingua - gli disse.
- Vai con Marina?
- No, a lei non interessa, devo recarmi in agenzia per prenotare il soggiorno.
Paolo capiva che non si preoccupava del loro rapporto, preferiva non avere
legami.
Non poteva riprenderla, porre ostacoli, non aveva senso.
La loro, tacita, intesa era fondata sulla completa libertà: ognuno può
comportarsi come crede, per cui, pensava, se quelli erano i suoi desideri, non
poteva che prenderne atto.
Emergeva, con chiarezza, la diversa concezione dell'amore di coppia.
Per Paolo significava: "Stiamo insieme perchè ci vogliamo bene, ci aggrada e
finchè esiste l'intesa, rimaniamo uniti, fedeli".
107
Anna invece cercava una libertà senza limiti, un comportamento aperto, senza
condizioni, per il piacere e per ogni forma di godimento senza remore.
Coltivare idealità, seguire norme morali per lei significava essere borghesi,
considerava unica valida direttiva di vita seguire voluttà, diletto dei sensi,
soddisfare ogni desiderio.
Non condividevano le aspettative, dimostravano serie divergenze che
mettevano in discussione la convivenza.
Per Paolo il legame si stava allentando, non era il caso di ritenersi impegnato.
In seguito, avrebbero potuto riflettere, chiarire i propositi con sincerità,
trasparenza.
Al ritorno, Paolo non si preoccupava di rivederla, non provava desiderio.
L'atteggiarsi in completa autonomia lo disturbava, lo rendeva diffidente,
estraniato, aveva perso l'attrattiva.
Fu lei a chiedere d'incontrarsi.
Era ospite di Loredana, una compagna di scuola che risiedeva in città; ragazza
volonterosa, affabile che si prodigava nell'assistere giovanette cadute nella
spirale della droga.
Riscontrava, in lei, serenità, gioia, infondeva fiducia, forse, sperava
suggerimenti, indicazioni per la propria esistenza.
Si ritrovarono nell'appartamento dell'amica.
- Ciao, come stai? E il corso?
- Bene, mi è piaciuto. Senti, potremmo fermarci qui, soli, o preferisci uscire?
- No, no, per me va bene.
Paolo, però, non avvertiva affetto, particolare impulso, la sentiva lontana,
diversa; cercava avventure, non un rapporto stabile, gli appariva in un'altra
dimensione.
Lei manifestava desiderio del contatto fisico, ma lui non provava lo stimolo di
prima, non l'attirava.
Non riscontravano più l'intesa, l'interesse, niente in comune.
Al mattino:
- Allora, ti saluto, ciao!
- Ciao, fatti sentire!
108
Si lasciarono senza più rivedersi; ognuno seguì la propria strada, assecondando
desideri, ambizioni.
109
XII
Avvicendamenti nell'ente
110
I dipendenti dell'ente manifestavano diffidenze, timori; paventavano
collocazioni disagiate, sgradite, temevano di perdere benefici cambiando
organismo, riguardo alle mansioni, alla sede.
Spesso le persone, nei processi di trasformazione, mostrano paura delle
novità, dei cambiamenti, preferiscono mantenere lo status quo, conservare la
condizione, in realtà, non cambiare.
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A loro non interessava chiarire, quanto una risposta precisa per risolvere il caso.
Da parte sua, riteneva che, esercitando direttamente le mansioni, avrebbe
potuto verificare la causa delle contrarietà sollevate.
- Sono disponibile - affermò - ma solo fino allo scioglimento dell'ente; in seguito
preferirei passare agli enti locali.
- Bene, allora le invieremo la lettera.
La decisione era presa; pochi giorni dopo, giunse la comunicazione formale del
distacco.
Era convinto di rimanere per un periodo limitato, tre mesi, al massimo sei,
sperando, in seguito, in una sistemazione avvincente.
Purtroppo il desiderio di indagare, l'intento di scoprire lo trascinavano, suo
malgrado, nella tana del lupo.
Non venne compreso il senso, il motivo che l'aveva spinto a sperimentare.
Per di più, non immaginava il valore attribuito, specie con la mentalità del
dipendente pubblico, nell'accondiscendere al trasferimento, non solo in un ufficio
diverso, ma in una struttura incaricata di un'altra attività.
Infrangeva un principio fondamentale delle organizzazioni dei lavoratori.
Nell'azienda di famiglia, nella piccola impresa, non ha senso parlare di
mansioni fisse, di addetti a specifiche operazioni se non per esigenze di
produzione, per funzionalità, efficienza. La qualifica risulta connessa al processo
operativo, motivata dalla convenienza, dall'utilità per migliorare, svolgere
l'attività.
In queste imprese la mobilità è una regola; si adempiono con disinvoltura
compiti diversi secondo necessità.
Da parte sua, riteneva di acquisire credito per ottenere una collocazione
gradita, magari, poter scegliere una proposta ambita, più confacente.
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responsabilità, in quanto si maneggiano soldi, e, anche i tagliandi, di
conseguenza, possono avere notevole valore economico.
Azioni, movimenti monotoni, noiosi, identici, da ripetere ogni giorno, per
settimane, di continuo, per tutto l'anno.
Le persone trasferite effettuavano compiti ben diversi nei precedenti uffici, nel
modo di esercitarli, per il tempo, la qualità del rapporto con i cittadini.
Si occupavano di sport, turismo, azioni di svago, divertimento, iniziative
culturali, artistiche, musicali, che suscitavano maggior soddisfazione che non
manipolare schedine, cartamoneta, assegni.
Non potevano essere motivate senza ricevere stimoli, benefici, quantomeno sul
piano economico.
Al contrario, le direttive riguardo alla retribuzione, nel settore pubblico,
traggono origine, principalmente, da concezioni politiche, anche di tipo
ideologico, e la normativa, allora, vigente, non prevedeva un trattamento
particolare, adeguato al caso.
Paolo dovette applicarsi con impegno, assiduità nella gravosa esperienza che,
richiedeva diligenza, accurato esame.
Si trovò ad affrontare questioni complesse, decisioni difficili da innescare
conflitti sindacali.
Il maneggio di valori comporta rischi; una dimenticanza, un numero letto o
scritto male, il termine scaduto, errori, distrazioni, avrebbero causato perdite di
denaro.
Le vincite erano collegate all'estrazione dei numeri del lotto nel giorno e nel
momento stabiliti; per cui gli orari di lavoro si definivano calcolando il tempo
necessario per le operazioni da compiere con le schede, il conteggio, la divisione
dei tagliandi, la verifica dei soldi raccolti secondo la giocata.
Emerse la spinosa questione del trasporto del denaro alla cassa continua;
azione pericolosa, nel possesso della somma ingente, che suscitava discussioni
tra il personale in merito alla competenza. Inoltre, richiedeva un rapporto certo,
di piena fiducia tra il cassiere della banca e quello dell'ente, sull'importo versato.
Paolo si meravigliava per il sollevarsi di tante difficoltà.
113
Nell'azienda di famiglia, questioni, problemi venivano affrontati nell'immediato,
senza frapporre ostacoli; se mai, nel tempo, si studiavano metodi per
semplificare, migliorare la procedura.
114
Al controllo del versamento, il cassiere della banca aveva rilevato la mancanza di
una banconota di grosso taglio.
Inoltre, alla verifica dei tagliandi, era sparito, inspiegabilmente, la parte della
schedina vincitrice di una somma notevole; in un altro caso, in possesso del
prezioso pezzo, si stava dimenticando di presentarlo, per riscuotere la vincita,
poco prima della scadenza dei termini.
Mancanze, disattenzioni che avrebbero coinvolto l'ente nella responsabilità per
la perdita di notevoli quantità di denaro da parte dei possessori dei titoli.
Il pericolo dei fatti successi sollevò, in Paolo, una forte apprensione d'insidie,
trame occulte, anche ricatti che lo convincevano ad abbandonare l'ufficio.
Non era l'impiego ambito, non lo prefigurava in quel modo, con sotterfugi,
macchinazioni, magari intrighi premeditati.
115
La madre di un bambino di pochi anni:
- Non sveglio mio figlio per arrivare in orario - affermava - non voglio causare
malumori, piagnistei; lo porto al nido quando si desta, dopo vengo al lavoro.
L'ente impiegava numerose ragazze, graziose, piacenti; a Paolo si presentava
l'opportunità di contatti significativi.
Tra l'altro la crisi con Anna era sopraggiunta nel periodo trascorso al gioco
pronostici.
Mentre lui, nella nuova collocazione, si sentiva soddisfatto, sereno, lei, terminato
l'anno scolastico, aveva preferito recarsi all'estero; non si preoccupava del loro
rapporto.
Paolo utilizzava il treno per raggiungere l'ufficio, evitava code, lo stress del
traffico; impiegava una decina di minuti, l'edificio era a pochi metri dalla
stazione, sull'altro lato della strada.
All'ora del pranzo, si recava alla tavola calda, in rosticceria per un piatto veloce
o al bar per un panino.
Si fermava poco, in modo d'uscire presto e disporre di maggior tempo per
impegni personali. Non frequentava trattorie, ristoranti, il pasto abbondante lo
avrebbe appesantito.
Purtroppo ricevette avvisaglie preoccupanti, di cattivo auspicio; presagiva
azioni sgradite, sleali, che non l'avrebbero lasciato in pace.
Gli telefonò un collega:
- Allora, come va, come ti trovi nel posto nuovo?
- Bene, non potrei desiderare meglio.
Ricevette la visita di un funzionario della regione, voleva conoscere, discutere
delle precedenti mansioni, accennava all'opportunità di ritornare:
- Ha esperienza, chi altro potrebbe gestire con la sua capacità?
- Ma io preferisco rimanere qui, non ho mai espresso intenzione di stare al ***,
se volevo, non sarei andato via.
- Sarebbe provvisorio, un breve periodo, per tenere l'ufficio, poi ... si vedrà.
Anche il direttore manifestò il suo proposito:
- Ho intenzione di lasciare, andare in pensione.
116
- Beh! Faccia come crede, - in riscontro Paolo - troveranno qualcuno per
sostituirla, a me non interessa, non voglio ritornare, ho dichiarato più volte le
mie preferenze.
117
Decise di lasciare l'ente e adire il tribunale amministrativo.
Non immaginava esistessero tentacoli ingannevoli in politica. S'insinuano
ovunque, suscitano confusione nel ruolo, nella competenza, pur di conseguire lo
scopo, anche interessi particolari.
Il Tar ricusò la richiesta con argomentazioni vaghe, non convincenti; era un
tentativo di giustificare la discutibile decisione.
Nove anni dopo, il Consiglio di Stato accolse il ricorso; dopo altri cinque, la
regione provvide ad attribuirgli la posizione nell'organico, con un esame.
Furono provvedimenti formali, inutili, senza alcun riconoscimento; non lo
reintegrarono nell'impiego, non gli conferirono un compito, nessun tipo di
risarcimento.
118
poteri, quale sistema riconosciuto per superare assolutismo, totalitarismo, regimi
autoritari.
Manifesta l'esistenza di personaggi, quali piccoli monarchi, che usano il ruolo,
la funzione per interessi privati, di categoria; manifestano fini personali,
corporativi, tipici del periodo medioevale, di regimi dispotici gestiti da signorotti
prevaricatori, aristocratici opprimenti.
Appare ambigua la distinzione di competenze tra i vari settori, politico,
giudiziario e amministrativo.
Emerge l'intesa per difendere i rispettivi ambiti di potere, non per garantire
giustizia, equità; si trova l'accordo nell'estendere la supremazia, per conseguire
protezionismi, favori, in spregio a norme.
Non è chiara la distinzione di compiti tra organi politici di governo e
rappresentanze dei dipendenti pubblici; mentre risulta palese la responsabilità di
decisioni inadeguate, nella carenza di funzionalità, efficacia nell'esito negativo di
azioni verso il paese, la collettività.
Appare radicato il concetto arbitrario nell'esercitare le funzioni per conservare
benefici di categoria, spesso presentati come esigenze generali di politica.
La democrazia si esprime con la reale separazione dei poteri per promuovere le
decisioni opportune, secondo capacità, competenza professionale, scelte
confacenti alla funzionalità degli apparati nel servizio ai cittadini.
Principi, valori, pur richiamati, propagandati, sembrano affermazioni teoriche,
conoscenze da apprendere sui testi scolastici, da enunciare in convegni pubblici,
nei dibattiti politici.
Nella realtà risultano probi desideri, nobili aspirazioni, e, per i più scaltri, sogni
fantasiosi, utopie.
Gli ingiusti, discriminatori, atti pervennero come un fulmine a ciel sereno; una
perfida, illecita macchinazione che lo sconvolse nell'essere, nell'esistenza.
Perse la fiducia in persone, istituzioni, negli organi rappresentativi, nelle
strutture democratiche.
Non si aspettava simili metodi nell'ambiente pubblico, dove non si tende al
profitto, ma al benessere della popolazione.
Non capiva il criterio, i motivi che avevano indotto alla decisione.
119
Paolo, nell'assumere il gravoso impegno, si prefigurava un termine, con
l'intento di acquisire una collocazione congeniale.
Aveva approfondito sociologia, aspirava ad attività nella ricerca, nella verifica
di condizioni operative, controllare l'esito dei servizi, le cause delle disfunzioni;
un compito adeguato e, nel contempo, utile ai cittadini.
120
XIII
121
Svolgeva il lavoro con autonomia, responsabile del risultato; partecipava
attivamente ai processi senza complicazioni formali, perseguendo funzionalità,
efficienza, qualità del lavoro, senza intralci d'altro genere.
122
Ebbe l'occasione di conoscere una signora rumena, coniugata con un italiano,
che si prodigava di metterlo in contatto con un'amica desiderosa di venire in
Italia.
Paolo, nelle ferie estive, decise di recarsi in Romania, cogliere l'opportunità
d'incontrarla e, nel contempo, di visitare il paese.
Durante le meticolose procedure alla frontiera, conobbe un gruppo di amici
marchigiani, una coppia, un commesso comunale e un artigiano.
Il viaggio era lungo; dovettero fermarsi alcune notti in albergo.
Una sera, udì la signora riferire al compagno, una frase singolare:
- Hanno intenzione di farlo diventare un ***.
Ancora, non capiva il significato, a chi fosse riferita.
Poi, collegando accenni, parole di amici, in altre circostanze, riuscì a dedurre
l'intesa d'impedirgli rapporti, relazioni costruttive con ragazze, giovani donne.
Immaginò un ulteriore senso del monito espresso dal sindacalista.
123
La natura, il verde dei prati, la quiete della campagna gli conferivano pace, la
serenità che non riusciva ad acquisire nei rapporti sociali.
Le piacevoli camminate nei boschi di castagni, faggi, le vallate d'abeti, larici,
pini, il vasto, mirabile, paesaggio, espressione viva della natura, con ruscelli
scintillanti, chiacchierini, ameni laghetti con riflessi alberi e monti, il fruscìo della
pioggia fine, la neve candida, soffice come bambagia, gli trasmettevano
tranquillità, distensione, contribuivano a ristabilire equilibrio, fiducia nella vita.
Osservava compiaciuto un rigoglioso ceppo di betulle, con il lieve sussurro
delle foglie, mosse dal vento, e il bianco riverbero della corteccia, diventato
punto di ristoro, con le infiorescenze, e rifugio per la notte di numerosi,
variopinti uccelli che, nel ritrovarsi, diffondevano incessanti, festosi cinguettìi.
Cardellini con il capo rosso e le piume screziate di nero e giallo, fringuelli
multicolori, cince variegate di giallo, bianco, nero e blu, usignoli dal canto
melodioso, capinere, canarini color giallo limone, un pettirosso, espressioni
strabilianti del misterioso conformarsi delle specie viventi.
Uno spettacolo mirabile che conferiva pace, nonostante le malvagità, le
turpitudini di taluni esseri umani.
124
XIV
Il kibbutz
125
A Tel Aviv era arrivato di sabato, giorno di riposo per gli ebrei; circolavano
pochi mezzi, ma intendeva raggiungere la destinazione.
Percorse un tratto di strada in autobus, poi ottenne il passaggio da un camion,
infine, sull'imbrunire, incontrò una giovane coppia, in auto, che lo condusse nel
piazzale del kibbutz.
Era situato in un'area di campagna con leggere ondulazioni, avvallamenti,
composto da piccole costruzioni, casette per una o due famiglie, inserite nel
verde, tra alberi, piantagioni e prato.
Paolo venne sistemato in un fabbricato di due stanze, in quella con due
giovani, un tedesco e un inglese, nell'altra alloggiavano ragazze irlandesi. Erano
tutti accomunati dal desiderio di conoscere, sperimentare la vita nel particolare
organismo.
A fianco dell'abitazione si ergeva un albero frondoso, su cui, camuffato tra rami
e foglie, scorse un piccolo camaleonte verde. Incuriosito, lo osservava muovere
le zampe con lentezza, oscillando lievemente avanti e indietro per non essere
visto, vigile, proteso a lanciare la lunga lingua, con fulminea rapidità, per
afferrare prede, mosche, insetti.
Rimase stupito dalla mobilità degli occhi, tondi, che ruotano indipendenti, tra
loro, in ogni direzione, avvolti da una vistosa membrana.
I volontari erano in gran parte studenti, molti di origine ebraica, giunti da
svariate nazioni: Europa, America, Canada, Australia, Nuova Zelanda.
Conversavano in inglese.
Paolo pronunciava frasi brevi, semplici, per risolvere le necessità più impellenti.
Trovava difficile sostenere un dialogo, in particolare, con il compagno di camera
che si esprimeva con accento veloce e sfuggente.
Un giorno, Markus, il ragazzo tedesco:
- Ah! Paul, you speak Italian, not English - lo rimproverò in tono scherzoso.
Quando possibile, parlava in francese, appreso al ginnasio, una lingua più
accessibile con struttura affine all'italiano.
Al gruppo partecipava una giovane dell'Alto Adige. Raccontava di contrasti in
famiglia, ironizzava sui lavori di casa, in campagna. Non mostrava rimpianto,
126
nostalgia dei familiari; lontana da mesi, non manifestava alcuna intenzione di
ritornare, tenersi in contatto.
Il clima era caldo, ma l'area non distava molto dal mare e, spesso, spirava un
leggero venticello. Tranne le ore verso mezzogiorno, l'atmosfera risultava
sopportabile; al mattino presto e alla sera, si rinfrescava, diventava gradevole.
Nel kibbutz svolgevano attività agricole; allevavano mucche, polli, cavalli,
coltivavano cetrioli, pomodori, fagioli, anche grano, mais e vite.
Avevano impiantato una ramificazione sotterranea di tubature per irrigare. Ai
condotti principali erano collegate derivazioni che si protendevano per le colture;
lungo i filari di vite, scorrevano sottili tubi di gomma, con forellini distanziati, da
cui fuoruscivano poche gocce d'acqua, sufficienti per adacquare le piante.
Possedevano un'apposita macchina per cogliere i grappoli. I ragazzi
predisponevano i tralci e le foglie nel modo opportuno per facilitare la
vendemmia. Altri provvedevano alla raccolta di verdura, frutta, preparare il
terreno per nuove colture.
Un colono dirigeva i lavori, assegnava le mansioni, verificava l'esito.
Iniziavano al sorgere del sole; poche ore dopo si fermavano per la colazione; poi
riprendevano fin oltre mezzogiorno per il pranzo.
Il pomeriggio rimaneva libero per giochi, letture, calciare il pallone. Alcune sere
proiettavano filmati, documentari, a volte accompagnavano, con il carro agricolo,
alla piscina del kibbutz vicino.
La comunità era composta da un centinaio di membri, famiglie che vivevano,
consumavano i pasti nelle proprie casette; a volte fruivano della cucina
collettiva.
I volontari si servivano al bancone della mensa su cui erano approntati, nelle
apposite pentole, cibi caldi e freddi in quantità: minestra, riso, pastasciutta,
pezzi di pollo arrosto, spezzatino di carne, bistecche, numerose qualità di
formaggi, yogurt, uova, wurstel, pannocchie di mais cotte, abbrustolite, verdura
e frutta a piacere.
Gli alimenti abbondavano, ma offrivano scarse possibilità di scelta, variavano
raramente.
All'organismo presiedeva un gruppo che distribuiva le attività, assegnava i
compiti. Le mansioni erano differenziate per specializzazioni e capacità
127
professionali. Taluni si occupavano della manutenzione dei mezzi meccanici, altri
erano addetti al sistema d'irrigazione, a coltivare i campi, all'allevamento degli
animali.
Le donne più giovani si occupavano della custodia dei bambini, gestivano la
scuola materna, mentre i ragazzi adulti frequentavano l'educazione superiore in
un organismo vicino.
L'assistenza sanitaria era affidata all'infermiera; il medico presenziava alcune ore
alla settimana, interveniva per necessità, particolari evenienze.
Alcune signore provvedevano ai pasti nella cucina centrale.
Usavano uno speciale meccanismo per lavare le stoviglie. Si infilavano piatti,
bicchieri e vassoi, nei ganci del nastro trasportatore che girava, compiendo una
conversione a U, per inserirsi nel tunnel fornito da potenti getti d'acqua bollente
che li ripulivano da residui di cibo.
Il kibbutz è un organismo a struttura collettiva, responsabile di attrezzature,
edifici, macchinari, prodotti, sul territorio di competenza. La proprietà risulta
comune per i beni, mobili e immobili, necessari per produrre, e privata per quelli
di stretto uso personale.
La collettività si fa carico dei bisogni principali dei membri, assegnare il lavoro,
garantire assistenza, l'istruzione, provvedere agli alimenti, all'abitazione per le
coppie che si uniscono in matrimonio.
Possedevano alcune automobili per uso individuale, uno spaccio con articoli di
maggior consumo; assegnavano denaro per spese personali, piccoli acquisti in
città.
Paolo era arrivato con il proposito di restare, trovare un'occupazione
interessante, qualificata e verificare la possibilità di stabilirsi.
Si era rivolto alla fabbrica di mobili di una struttura vicina, ma non aveva
ricevuto risposta.
Desiderava incontrare una giovane, piacente, per costituire famiglia. Ne aveva
osservate alcune, graziose, ma avevano marito; erano poche nel piccolo
organismo. Riscontrava scarse possibilità di scelta.
Un pomeriggio giunse un dirigente nazionale che lo invitò al colloquio;
conosceva l'italiano, non potevano sorgere incomprensioni:
- Sei qui da settimane, ormai, ti sarai fatto un'opinione, che cosa intendi fare?
128
- Vorrei rimanere, trovarmi la ragazza, sposarmi.
- Hai conosciuto il posto, le donne disponibili, puoi renderti conto della
situazione.
In realtà, qualche giorno prima, aveva incontrato una ragazza carina, nei pressi
della stalla, ma non gli suscitava particolare desiderio.
Il responsabile intendeva conoscere, sondare le sue intenzioni.
Il giorno seguente, dopo pranzo, Paolo era seduto, fuori, appoggiato al muro
della casetta. Vide giungere la camionetta utilizzata per girare tra i campi. Alla
guida un signore anziano, con il cappello, a larghe tese, barba, capelli lunghi
brizzolati, a fianco il giovane israeliano con cui scambiava brevi frasi di cortesia.
Si erano fermati, il ragazzo gli fece un cenno di saluto con la mano:
- Vuoi venire con noi? - pronunciò a voce alta.
Paolo si alzò, rispondendo:
- Ma ... oggi no, magari la prossima volta.
Proseguirono la corsa.
La sera stessa, prima di cena, gli si avvicinò il responsabile del gruppo:
- Dovresti impegnarti anche nel pomeriggio - gli rivolse in modo brusco -
altrimenti, alla fine della settimana, dovrai lasciare il kibbutz.
Paolo comprese che doveva scegliere, decidere.
Riflettendo sulla situazione, conveniva di non riscontrare alcun motivo valido per
restare: non aveva trovato la ragazza, un lavoro qualificato, non c'era ragione
per trattenersi, per cui si propose di partire.
Al mattino, prese l'autobus per Tel Aviv; pensava di sistemarsi alla Casa dello
studente, in seguito avrebbe considerato altre opportunità.
Desiderava visitare i luoghi sacri del cristianesimo, i paesi dove aveva vissuto
Gesù, Betlemme, Nazaret, Gerusalemme; si recò anche al porto di Haifa.
Nella Città Santa aveva osservato il Muro del Pianto, l'unica parete rimasta del
tempio, distrutto dai Romani nel '70 d.C.
Fu incuriosito dal modo di pregare dei fedeli; in piedi, davanti al muro,
compivano movimenti oscillatori, avanti e indietro, con il busto e la testa, da
sembrare volerla battere contro, suscitando ilarità all'ignaro turista.
Percorse la via Dolorosa.
129
Ricordava i penosi momenti della Passione, letti, con accorata mestizia, durante
il periodo pasquale.
Entrò commosso nella Chiesa del Santo Sepolcro, il punto in cui il Cristo fu
inchiodato sulla croce. Si soffermò a riflettere, meditare sulla vicenda, la vita, il
significato della crocifissione per i cristiani.
Nel giardino di Gethsemani ritrovò, meravigliato, compunto, ancora alberi di
ulivo: luogo del tradimento, l'inizio della tragica sorte del Salvatore.
Si sentiva scosso, colpito, al pensiero dei gravi, crudeli, fatti di sangue
commessi, alle umiliazioni inflitte.
Dopo eventi di sofferenza, patimento e la morte atroce, accadde
l'imprevedibile, la gioia festante della gloriosa Resurrezione del figlio di Dio.
Vicende contrapposte - morte e vita - dalle quali trasse linfa l'attuale religiosità
cristiana, l'evolversi, nei Vangeli, della storia raccontata nella Bibbia.
La venuta di Gesù segnò il passaggio dall'Antico al Nuovo Testamento, la
distinzione tra Ebrei e Cristiani per la diversa interpretazione dell'evento.
Riscosse viva ammirazione nella visita di Betlemme.
Una graziosa cittadina dal carattere agro-pastorale, con l'antico centro storico,
un intrico di vicoli, numerosi piccoli negozi, bancarelle con ricercati articoli
artigianali, curiosi oggetti di fattura orientale.
Acquistò una stupenda collana color argento antico. Raffigurava un artistico
disegno di forma arabesca, impreziosito da ciondoli e pendenti, con varie
pietruzze, composti a corona attorno alla grande gemma, rosso pallido,
sistemata al centro. Presentava un'ottima fattura e, anche se non racchiudeva
brillanti, per la ricchezza del lavoro e la forma accattivante dell'insieme, sarebbe
stata comunque un dono gradito per un'amica.
A Tel Aviv, nella zona universitaria, aveva incontrato una deliziosa ragazza
mora, con capelli neri, l'abito azzurro; una figura armoniosa, piacente, lo
sguardo intenso, appariva con aggraziata, seducente femminilità.
Colpivano i lineamenti morbidi, dolci del viso, gli occhi brillanti che
trasmettevano fiducia, serenità, ricordava l'immagine prefigurata, più volte, della
Madonna:
- Buon giorno! - la salutò sorridente - studi in questo edificio?
130
- No, lavoro, è l'istituto di chimica, - rispose - compio esperimenti, ricerche in
agricoltura per nuovi prodotti, sementi, cibo per animali.
Raccontava con entusiasmo degli sviluppi, si dedicava con impegno, passione,
orgogliosa di contribuire alla scoperta di risorse utili per il paese.
Paolo si sentiva attratto, desiderava conoscerla, rivederla.
Le propose un incontro:
- Gradiresti un caffè, una bibita al bar?
- Non posso, sono occupata, mi assorbe molto il lavoro.
- Ma avrai ore libere? - continuò - Potremmo ritrovarci a pranzo, questa sera?
Che ne dici?
- Oh! grazie, ma non ho tempo, non è possibile.
- Mi dispiace, mi potresti dare, almeno, l'indirizzo, il numero di telefono, avrei
piacere di chiamarti, magari scrivere.
Non ebbe timore di trasmettere il recapito, poi la salutò:
- Beh! Ciao allora, buon lavoro!
- Good bye!
Si soffermò con una calorosa, stretta di mano, pensando:
"Vorrei trasmetterti il mio desiderio!", la tratteneva con sensualità; ma, suo
malgrado, doveva lasciare la piacevole presa.
In seguito provò a chiamarla, le inviò una lettera, ma non riuscì a entrare in
contatto, non gli fu possibile rintracciarla.
131
Nel paese si avvertiva una forte apprensione per il conflitto persistente con i
palestinesi; richiedeva un assiduo impegno nel vigilare, prestare attenzione.
S'imbatteva in frequenti punti di controllo, numerose postazioni di soldati per
verificare persone, movimenti sospetti; circolavano ovunque camion, veicoli
militari, autoblindo.
Anche le ragazze adempivano il servizio di leva, in divisa, giravano armate con
il fucile a tracolla.
Rimase stupito nel visitare il centro storico di Gerusalemme; un labirinto di vie
lastricate, vicoli stretti, incroci, un via vai popolato, brulicante come un
formicaio. Apparivano, in quantità, piccoli negozi, botteghe con prodotti esposti
all'esterno; sembrava di muoversi in un unico, esteso bazar. Offrivano ogni
genere di beni, alimenti, sacchi di legumi, ceste di frutta e verdura, carni di
agnello appese ai ganci, oggetti artigianali di metallo, legno, tessuti e articoli
d'abbigliamento, un'infinità di prodotti; le persone si frammischiavano tra le
stesse merci in un unico coacervo.
Si evidenziava la variegata etnia della popolazione per il diverso colore della
pelle, i caratteristici indumenti.
Gli ebrei ortodossi vestivano in nero, con cappello, giacca, pantaloni corti alla
caviglia, un completo scuro che poneva in risalto il candore della camicia; i
capelli corvini, con lunghi riccioli ai lati della testa, evidenziavano ancora di più il
pallore del viso; si notavano i palestinesi con il barracano, la lunga, ampia veste,
in genere bianca e il copricapo, un panno fissato alla testa con il cordone.
Non mancavano, oltre ai turisti, persone con abiti comuni d'uso occidentale.
132
Si riconoscevano nelle vesti semplici, modeste degli abitanti, l'aspetto delle
casupole, le botteghe, l'intrico di vicoli, i vivaci mercatini.
In Egitto, le aree, lontane dalle grandi città, raffiguravano meglio le condizioni
del tempo, esprimevano il fascino dell'esotico, rappresentavano l'epoca con
maggior fedeltà.
Il paesaggio agreste, lungo il Nilo, le numerose palme, ai lati delle strade
assolate, la campagna, cammelli con passo lento, cadenzato, asini, carichi di
canne da zucchero, diretti ai centri di raccolta da recapitare, con le chiatte, agli
zuccherifici.
La vegetazione, il sole cocente, il clima, pur temperato e gradevole in inverno,
l'avvicendarsi di persone con lunghi abiti bianchi, in contrasto con il colore bruno
del viso e delle mani, donne, con il volto coperto dal velo, ragazzini, accentrati a
frotte, curiosi, sorridenti, alla vista dei turisti, porgere la mano per l'elemosina; i
grandiosi, mirabili monumenti innalzati verso il cielo, lungo il corso, le aree
desertiche, sabbiose, aride e quelle fiorenti, rigogliose, nei pressi del fiume.
Osservava compiaciuto un asinello ruotare attorno al pozzo, in un giro
inarrestabile, per estrarre l'acqua da irrigare i campi. Casolari, tuguri sbiancati,
con il tetto di paglia, popolati da bambini seminudi e signore, con ampie,
variopinte vesti, lunghe fino ai piedi, curve sui bacili a lavare, cucinare all'aperto
con la pentola appoggiata sulle pietre.
133
Collegò la vicenda a quanto successo nel kibbutz; forse la sua presenza
suscitava inquietudine, non era gradito; privo di documenti, non poteva circolare
senza rischi, accrescere sospetti.
Decise di recarsi alla Polizia e denunciare la scomparsa.
Alla stazione venne sottoposto a un meticoloso interrogatorio:
- Come ti chiami?
- Dove abiti?
- Che lavoro eserciti in Italia?
- Che cosa fai in Israele ?
- Perchè sei venuto qui?
- Dove alloggi?
Lo tempestavano di domande, richieste di informazioni, temevano azioni di
terrorismo, fosse membro di un'organizzazione armata, venuto per nascondersi,
trovare rifugio.
Rimase in agitazione per ore, si mostravano diffidenti, dubbiosi.
Gli ritornò in mente la coppia che lo aveva condotto al kibbutz, dell'accenno, in
tono scherzoso, alle "Brigate rosse", per cui, con ogni probabilità, nutrivano dei
sospetti.
Intuiva l'intesa di trattenerlo; temeva spiacevoli sorprese.
Al colloquio assisteva una donna poliziotto, la sentì pronunciare, sorridendo:
- E' un romantico! - intenerita dall'aspetto innocuo.
L'espressione di benevolenza riuscì a sbloccare il fastidioso esame.
Convennero sul rilascio, imponendo:
- Domani si rechi al consolato, regolarizzi la posizione.
Giunto alla Casa dello studente, incontrò una ragazza in divisa militare, un viso
grazioso, l'aspetto attraente, lo guardava con espressione amichevole.
Paolo la salutò:
- Ciao, sei di servizio?
- Sì, ma sono in partenza per un kibbutz sul mare - rispose.
- Come? - sorpreso per la notizia allettante - è proprio lungo la spiaggia? Si può
fare il bagno?
- Certo, confina con il mare!
Sorrideva, compiaciuta.
134
Dall'espressione, gli sembrava di cogliere un invito ad accompagnarla; non
interpretava bene l'inglese parlato veloce, inoltre, senza documenti, temeva di
mettere entrambi in pericolo, peggiorare lo stato.
Non riuscendo a discutere, chiarire le intenzioni, si limitò a salutarla:
- Buon viaggio! - strinse la mano a malincuore, rassegnandosi alla sorte.
Dovette, ancora, riconoscere il valore della lingua, all'estero, saper dialogare in
forma scorrevole, potersi intendere.
L'indomani mattina si recò alla delegazione italiana.
- Mi hanno ritirato il passaporto in banca - si rivolse preoccupato - ma non
l'hanno restituito; non potreste appurare la faccenda, richiederlo?
- Come? No, no! Non è possibile!
- Dovrebbero ridarmelo!
- Ci dispiace, ma non possiamo fare nulla!
- Rilasciatemi almeno un documento per il permesso di circolare.
Erano sbrigativi, non mostravano alcun interesse alla richiesta, anzi non
sembravano sorpresi dell'inconveniente.
- Possiamo solo prepararle il foglio di via, poi, deve rientrare in Italia entro pochi
giorni, non oltre la settimana.
Rimase contrariato; non mostravano disappunto, pareva fossero a conoscenza
del disguido, come in accordo per rimpatriarlo.
135
Formula innovativa in confronto ai sistemi ideologici classici, totalizzanti,
strutturati a dimensione nazionale, concepiti come stato, in un'unica complessa,
estesa, entità.
Istituzione di estremo interesse per la possibilità di adattarla, riprodurla in altri
paesi, laddove voluta, ovunque si intenda costituirla.
Aveva incontrato numerosi ragazzi, provenienti da diverse nazioni, attratti da
ragioni culturali, idealità; alcuni delusi per vicende negative, esperienze
frustranti vissute nell'ambiente d'origine, a causa di una società violenta, troppo
competitiva, poco tollerante verso chi non asseconda gli schemi comuni, non
segue determinati modelli.
136
Difficoltà, problemi, comuni che sorgono ovunque, si avvertono in questioni di
lavoro, conflitti, malumori di carattere economico, nei rapporti con gli altri, nel
condurre la vita nella società.
E' innegabile l'esistenza dello spirito di autonomia, di libera scelta, la serenità,
il senso comunitario di appartenenza.
Non emergono forme esplicite di violenza, perversità, animo vendicativo, quali
succedono in altre strutture; del resto, risulta agevole individuare i responsabili,
capire, affrontare i contrasti.
La dimensione limitata, circoscritta, facilita il controllo, la verifica, la possibilità di
risolvere le controversie.
137
XV
Il gruppo biblico
138
Aveva frequentato, invano, altre entità, organizzazioni culturali, politiche per
cogliere nuove risposte ai quesiti, altri progetti per la collettività.
Solo allora incominciava a sentirsi in luoghi familiari, a cogliere indicazioni che
non aveva scoperto altrove, a trovarsi a suo agio.
Ritornava gradualmente all'ambiente della giovinezza, al mondo cattolico,
dell'artigianato, la piccola impresa, ritrovava le persone conosciute da ragazzo.
Aveva criticato alcuni principi, ritenuti assoluti, sull'onda dei movimenti di
contestazione proposti negli anni caldi. Ora li osservava in modo pacato, in una
visione meno rigorosa, intesi come stimolo, tensione, punti di riferimento.
Riscopriva una mentalità condivisa, partecipata, rivedeva l'ambito formativo
originario sotto nuova luce.
Le seduzioni di certi settori della sinistra erano state alla stregua di sirene.
Taluni si destreggiano nell'universo sociopolitico, traendo riferimenti ideologici,
per attribuirsi prerogative inconfutabili di libertà, di democrazia.
Propongono di annullare, dimenticare le disgregazioni sociali, culturali, le
distruzioni compiute in nome di ideologismi, principi, per rivoluzionare il sistema
prima, poi, per tentare di ricostruirne un altro, indotti, alla fine, a ritornare
all'inizio.
Provocano una pericolosa, distruttiva confusione nella società, nella cultura,
nelle consuetudini, nella mente della popolazione che finisce per trovarsi
disorientata, smarrita, come impaurita davanti a una voragine, sprofondare nel
vuoto, privata dei valori principali, di chiare indicazioni nella vita.
A volte, nelle vicende umane, in periodi di gravi difficoltà, incertezze da parte
di gruppi dirigenti, politici, uomini eruditi, emergono personaggi che innalzano,
con impeto e provocazione, la bandiera di una giustizia, libertà, univoche, da
imporre comunque agli altri in nome del bene collettivo.
Propagano la necessità improcrastinabile della vittoria su un non ben
giustificato nemico, senza approfondire le reali, intrinseche difficoltà; invece di
protendersi a uno sviluppo graduale, condurre rapporti positivi per superarle,
confrontando esigenze, proposizioni, verificando la disponibilità.
Al contrario questi modi, eventi negativi pervengono alla prevaricazione del
gruppo emergente che vuole sopraffare, utilizzando anche mezzi subdoli, sleali,
139
intrighi, con la volontà di conquistare il potere, senza riguardo al concreto
sviluppo, all'evoluzione della società.
E' innegabile il valore delle intuizioni di pensatori, espresse in epoca storica con
specifiche condizioni sociali.
In seguito, riesce, assai difficoltoso, ad altri interpretarne il significato precipuo,
cogliere la sintesi delle astrazioni nei concetti, valori, principi fondamentali
affermati, sottesi, per conseguire lo scopo proposto.
Al contrario, nel tentativo di realizzarne gli aspetti più appariscenti, populisti,
finiscono per perdersi, impantanarsi in una palude più pericolosa di quella che
intendevano risanare, conseguendo risultati destabilizzanti, distruttivi, condizioni
di vita peggiori.
Dietro la proclamazione di validi propositi, rette intenzioni, spesso si celano
biechi individualismi, meschini interessi, ambizioni personali che scombussolano,
confondono le finalità, trascinano nella regressione.
Poi, si cercano capri espiatori, persone da incolpare, responsabilità da
attribuire.
Angustiati, disperati si cerca un essere, un'entità astratta, si auspica una
società gestita da individui speciali, superiori, capaci di affrontare difficoltà,
ostacoli, purchè non impegni, non procuri sacrifici a se stessi.
Dovrebbero essere altri a misurarsi, risolvere problemi, perchè ognuno,
direttamente, non desidera assumere impegni gravosi, nemmeno le proprie
responsabilità.
140
Però, se questi esempi, forme di comportamento, fossero osservati in un'ampia
dimensione culturale, con una visione aperta, senza pregiudizi, schemi mentali,
possono offrire notevole contributo per affrontare le problematiche della
convivenza.
Sono idealità, modi di concepire la vita, difficilmente riscontrabili in altre realtà,
in altri sistemi di pensiero. Spunti, elementi che nel complesso aiutano a
conoscere, a crescere e che, pur con aspetti non sempre giustificabili dalla
ragione, alimentano idee, aspirazioni, consentono di spaziare nell'immensità,
sondare l'arcano, porsi con fiducia davanti agli ostacoli.
Discutevano sulla bibbia, su temi religiosi, sociali, desideri, prospettive.
Conversavano con franchezza, in piena libertà, senza timore di ripercussioni,
imbastendo accesi dibattiti nel rispetto delle idee, senza riscontri strumentali,
coinvolgimenti opportunistici, evitando d'incanalarsi nei comuni schemi
ideologici.
Si chiariva dubbi, comprendeva le decisioni, capiva che, quando si crede in
determinati valori, si devono, di conseguenza, praticare determinati
comportamenti, compiere scelte che possono non essere comprese da altri,
anche travisate, magari finire derisi.
Partecipava ad avvincenti convegni improntati sulla religiosità, tematiche
culturali, pregnanti, impegnative, sviluppando il senso del perdono, della vita
semplice, condotta in povertà, valori riferiti al presente, attuabili, coinvolgenti,
provocanti, talvolta procurando disillusione.
Affrontavano argomenti approfonditi da studiosi, esperti nei vari settori, teologi,
medici, psichiatri, sociologi, antropologi, uomini di cultura, politici.
Incontri che contribuivano al recupero, a rinascere, rinsaldare il sistema organico
di pensiero, scosso dalle tormentate vicende patite.
Emergevano valori del pluralismo culturale, della tolleranza, concreto
umanesimo; stimolavamo all'impegno, coerenza, disponibilità verso gli altri, ad
accettare il dialogo, il confronto.
Riscontrò particolarmente significativa l'interpretazione del perdono, inteso in
senso relativo, riferito a determinati fatti, in forma credibile, realistica, sul piano
umano, civile. Viene riaffermata tolleranza, comprensione dell'errore, in quanto
141
l'altro manifesti di riconoscere lo sbaglio, si ravveda, con l'impegno a rettificare il
comportamento con ferma volontà, propositi seri.
Venne discusso con chiarezza il senso del potere, ritenuto non asettico
strumento gerarchico, schematico, ma funzione, centro di coordinamento di
decisioni, responsabilità, competenze per raggiungere obiettivi.
Non era la pretesa di risolvere in modo sbrigativo la pienezza, la complessità
degli argomenti, ma di presentare, indagare aspetti per accrescerne il significato,
la comprensione. Offrire spazio a differenti accezioni, sfumature per ampliarne la
percezione, disporre di vari elementi per applicarli.
Ognuno, poi, riflette, individualmente, per scoprire risposte, cogliere spunti,
secondo necessità, esperienza, disposizione personale.
L'aveva appassionato il concetto di autodifesa, l'eventualità di potersi opporre
alla tirannia, della riscossa contro il dispotismo.
Al riguardo risulta meditata, significativa la frase di San Tommaso:
"La resistenza è giustificabile quando avviene per comune volontà popolare e
quando il diritto è salvaguardato dalla condizione che coloro che resistono
sappiano agire in modo meno nocivo al bene generale di quel che non sia l'abuso
al quale si oppongono".
Resistere fin che è possibile, come forma estrema di sopravvivenza, fino a
quando non sono in pericolo la vita, i valori fondamentali, perchè, allora, occorre
difendersi, "uccidere il lupo".
Queste indicazioni, osservate nelle controversie di lavoro, nei rapporti sociali,
apparivano impegnative, dense di significato, poteva riferirle a situazioni vissute,
alle vicende personali.
Non aveva conosciuto simili contenuti, espressioni efficaci negli organismi con
diverso indirizzo di pensiero, anzi era successo l'opposto di quanto si aspettava,
in confronto con le opinioni dell'ambiente in cui era cresciuto.
Comprese che le sue azioni erano state interpretate secondo un differente
schema mentale, altre direttive di vita, magari, per assecondare interessi di
alcuni personaggi, particolari categorie.
Argomentava che la tematica della non-violenza assumeva aspetti d'ambiguità.
Occorre escogitare forme valide per l'applicazione pratica, rapportarla a
142
particolari frangenti, mentalità, culture; ciò non di meno risulta una risposta
provocatoria, stimolante.
Sarebbe un modo di protestare, opporsi alla violenza, a prevaricazioni per
contrastarle, con l'intento di superarle in quanto ingiustificate, inique; resistenza
passiva, sfida intesa per agire secondo ragione, equità, comportamento
indirizzato allo sviluppo della civiltà, opposto alla "legge del più forte".
Non deve, comunque, essere fraintesa, concepita come espressione di
debolezza, semplice subire, un cedimento; il dilemma, l'equivoco consistono nel
dubbio che l'altro non comprenda il senso, il confronto, ma persista,
imperturbabile, nell'agire, senza ripensamenti.
Vanificherebbe il significato, la valenza, addirittura, potrebbe favorire
un'interpretazione errata, con reazione opposta all'intento, a propositi innovativi.
143
XVI
In Nicaragua
Già nei primi decenni del '900, nello stato centroamericano, era sorto un
movimento di "Uomini Liberi", per opera del generale Augusto Sandino che
rivendicava l'autonomia del paese. Rifugiati sulle montagne, lottavano contro il
colonialismo del nord, con azioni di guerriglia.
La novità del sandinismo consisteva nel porsi liberamente, in autonomia, senza
riferimenti a schemi ideologici classici riguardo l'organizzazione dello stato, della
società. Si fondava sul forte senso d'indipendenza della nazione da ingerenze
esterne, impersonando l'orgoglio, il senso dell'onore radicato nel popolo, per
soppiantare l'oligarchia, legata agli stranieri, che governava in campo politico ed
economico.
Intendeva utilizzare le risorse per il benessere e lo sviluppo, con la
salvaguardia dei diritti dei poveri e dei più deboli. Concepiva un'economia mista,
144
gestita dallo stato e dal capitale privato, riconosceva la libera iniziativa per
favorire la crescita, incentivando la costituzione di cooperative agricole per la
coltivazione del cotone, caffè, canna da zucchero, prodotti ortofrutticoli.
Aspirava a formare un esercito, in alleanza con i paesi vicini, per dare
"l'America Latina agli Indo-Latini".
Si era conformata, nel tempo, una cultura latino-spagnola, nell'incontro con
quella indigena, che traeva origini lontane; documentata da interessanti reperti
archeologici di civiltà antiche, Maya, Tolteka, Miskitos, ancora presenti su isole.
Sandino venne ucciso nel 1934 dal generale Somoza, capo della Guardia
nazionale, che nel 1937 divenne Presidente. Nel 1961 Carlos Fonseca, l'altro
eroe popolare, ridette impulso al movimento fondando il Fronte Sandinista di
Liberazione, organizzazione politico-militare che combatteva contro il potere
dittatoriale e sanguinario dell'oligarchia dominante. Dopo decenni di lotte, nel
'79, a pochi anni dalla sua morte, il FSLN rovesciava il regime rappresentato
dalla dinastia dei Somoza e i Sandinisti entravano vittoriosamente nella capitale
Managua.
Il paese conseguiva l'indipendenza.
Presto però lo stato dovette confrontarsi in conflitti di politica estera, nella
difesa dagli attacchi dei controrivoluzionari.
Cessarono gli aiuti esterni. Cadde in grave crisi economica, peggiorata dal fatto
di non possedere risorse preziose, petrolio, minerali, materie prime, beni di
valore, determinanti negli scambi commerciali.
Dipendeva fortemente dall'estero per la tecnologia, manufatti qualificati,
mentre disponeva in abbondanza di prodotti agricoli, ma di scarso peso nella
bilancia dei pagamenti.
La fragilità del potere politico, la precarietà dell'economia, conferivano debole
valore alla moneta, con il conseguente alto livello di svalutazione che favoriva il
mercato nero.
Tutto ciò rendeva ancor più difficoltosi la ripresa, lo sviluppo.
La condizione risultava oltremodo onerosa a causa del massiccio impegno delle
già scarse risorse per sostenere le attività militari nella salvaguardia
dell'indipendenza.
145
Persisteva lo stato di belligeranza ai confini per contrastare improvvisi attacchi di
gruppi di guerriglieri, ostili al nuovo governo.
Diventava inevitabile allearsi a nazioni con affinità culturali politiche, come la
vicina Cuba, l'Unione Sovietica, per acquisire competenze, tecnologia, crediti,
aiuti nei settori più importanti, decisivi.
Di questo passo, pressato da necessità economiche e militari, impegnato con
accordi, contatti diplomatici, finì per confluire nell'area marxista.
Si bloccava il tentativo di sperimentare interventi con le novità prefigurate,
riguardo alla forma di proprietà, gestire l'economia, la produzione, nel
commercio con l'estero, la funzione delle banche, di apparati pubblici,
l'amministrazione dello stato. Settori, elementi determinanti per attuare
l'opposizione, la resistenza a regimi dispotici, oligarchici, senza ricalcare schemi
ideologici già sperimentati.
146
Il giovane, incaricato delle provviste, si era avvicinato al gruppo, affermando
con orgoglio:
- Ho comprato venti gallinelle, dureranno parecchi giorni, ora avete abbastanza
carne da consumare.
Si trattava di giovani pollastri, con cui, la signora alla cucina, economizzando la
divisione, riusciva a trarre quattro modeste porzioni da ognuno. Non era stato,
poi, un acquisto tanto previdente, accorto.
Per Carlo, il compagno grassoccio, con una pancia vistosa, era stata una
provvidenziale cura dimagrante, aveva acquisito la figura snella di un modello.
Impegnato in attività politica, manifestava entusiasmo per la libertà conquistata
dal paese:
- Si sono alleati alla borghesia, - sosteneva compiaciuto - così sono riusciti ad
abbattere gli oligarchi corrotti che spadroneggiavano, da tempo, come tiranni.
Si lamentava per l'influenza della chiesa, per le indicazioni sul comportamento
sessuale, il concetto di peccato:
- Con la loro propaganda, i preti incidono nelle coscienze, nella mentalità, creano
un senso di colpa, paura, uno stato d'angoscia che rimane impresso nella vita.
Il gruppo contribuiva con il lavoro alle ristrette condizioni e il versamento di
una quota per il vitto; nessuno avanzava critiche per il disagio, le carenze
nell'organizzazione. Comprendevano le difficoltà, lo stato d'economia di guerra.
Nelle trattorie abbondava il pesce, servito con il nome generico di "pescado",
fritto, con un sugo diluito, accompagnato a un misto di verdure.
Nelle case del villaggio si notavano abituri in legno, composte da un unico
locale, assemblati con assi inchiodate su quattro pali, agli angoli, posti a pilastro.
Approntavano la cucina all'aperto, adattando grosse pietre per appoggiare le
pentole, lo spazio per la legna da ardere, sopra, disponevano una lamiera per
riparare dalla pioggia.
I volontari erano sistemati in una camerata contenente due letti a castello, in
metallo, leggere brandine, materassini di gomma, stesi sulla nuda terra. I servizi
erano composizioni di legno, chiuse con assi, da immaginare il modello descritto
nel Decamerone da Boccaccio; la doccia formata con un tubo di gomma, sospeso
sopra il piccolo riparo.
147
Con il clima tropicale non occorreva acqua calda, anzi diventava piacevole
rinfrescarsi più volte, al giorno, con quella fredda.
Nell'ultima settimana, il gestore del bar, frequentato dal gruppo, mise a
disposizione un locale per sistemare i materassi sul pavimento di piastrelle. La
stanza era senza porte e finestre, coperta con pannelli ondulati, appoggiati sul
muro, che lasciavano spazi aperti, favorendo l'aerazione.
L'ingresso si affacciava su uno spiazzo alberato, in cui allevava animali da cortile.
Al mattino erano svegliati da un gallo, minuto, che scandiva l'abituale canto
con un tono di voce stridulo, altisonante, da molestare l'intero villaggio.
Entravano a curiosare le galline, si avventuravano tra i giacigli, beccando qua e
là. Un giorno si era inoltrato anche un maialino, bofonchiava, grugniva,
allietando la sveglia.
La moglie, privati della scrofa, ne accudiva tre; seduta, li tratteneva con le mani
sulle ginocchia, premurosa, allattandoli con la bottiglia del biberon o infilando il
cucchiaino in bocca; li trattava con cura, come piccoli esseri indifesi.
S'intratteneva volentieri a discutere della situazione politica; si concedeva allo
sfogo per le tribolazioni mal sopportate nel passato, a causa del servizio di
camionista del marito, nell'azienda di trasporti:
- Allora, "el baron" - lo chiamava - tornava a casa tardi dal lavoro, sempre
affaccendato, stressato dalle consegne per i tempi ridotti, senza orario, adesso,
finalmente, è libero, indipendente, viviamo tranquilli.
Aveva allestito un'osteria, a fianco dell'abitazione; un porticato con un'ampia
tettoia per accogliere i clienti, arredato con tavoli e panche di legno.
La maggior parte dei giovani nicaraguensi erano impegnati nell'addestramento
e nelle operazioni militari.
I responsabili che seguivano i volontari erano ragazzi.
In un giorno di riposo, vennero condotti al mare, sulla spiaggia di un paesino
abbandonato. Li accompagnava un giovane, in divisa militare, che non prendeva
parte ai giochi, stava appartato, a controllare.
Poche signore erano distese sulla sabbia a prendere sole.
Paolo e gli amici non resistettero al piacere di un bagno rinfrescante, davanti allo
sconfinato oceano che sollevava onde alte e imponenti da suscitare impressione.
148
I flutti si frangevano sulla riva con incessante, rabbiosa irruenza, producendo
fragore e uno scrosciante riflusso. Altrettanta virulenza percepivano i bagnanti
sul corpo, nell'impatto con le acque impetuose, spumeggianti, che li trascinavano
tra i grossi cavalloni, come fuscelli.
Gli ardimentosi rimasero coperti di sabbia in ogni punto e, ancor più fastidioso,
tra i capelli; fu necessario un accurato, paziente lavoro per ripulirsi.
Accompagnati dal figlio del barista, compirono un viaggio avventuroso per
esplorare un vulcano spento, non lontano, raggiungibile a piedi.
Fu una lunga escursione, impegnativa, ma piacevole, gratificante, con la
scoperta della rigogliosa, incolta boscaglia.
Seguirono, per un tratto, il sentiero, poi si addentrarono nella foresta, nel
percorso, spesso, liberato da rami e arbusti con il machete della guida.
Attraversarono la florida vegetazione, alte querce, cedri, mogani, caucciù, con
il fittissimo sottobosco, un intrico di alberi popolati da numerosi uccelli, colibrì,
picchi, trogoni, frotte di variopinti pappagalli con piume multicolori, gialle, verdi
e azzurre che cinguettavano, fuggendo, con vorticosi fruscìi, al passaggio degli
intrusi. S'imbatterono in un serpentello che strisciò via, velocemente, per
nascondersi tra le foglie.
Sul cratere, avvistavano fumi d'aria calda, esalazioni, nuvolette di vapori che
fuoruscivano da fori e fessure nelle pareti. Negli anfratti si erano riparati dei
pappagalli che squittivano in continuazione, in allerta per i misteriosi visitatori.
Il percorso durò parecchie ore, senza trovare una fonte d'acqua; dovettero
appagarsi con la poca dell'unica borraccia.
Al ritorno, incontrarono un contadino che offrì quella contenuta nella tanica di
plastica, appagando la sete, nonostante fosse tiepida e con un leggero sapore di
petrolio.
Si ristabilirono alla sera, in allegria, con bottiglie di birra fresca, coca cola con
ghiaccio e rum.
Paolo, quando si alzò dal tavolo, avvertì delle strane sensazioni, uno
sgradevole giramento di testa, perdita dell'equilibrio, aveva difficoltà a
indirizzarsi verso l'alloggio; disorientato, si rivolse all'amica:
- Cristina aiutami! Non riesco a reggermi, non so dove andare.
149
Lo prese sotto braccio, come un bambino, e lo accompagnò pazientemente al
giaciglio.
Non capiva il motivo, non pensava di aver ecceduto con il liquore; senz'altro
qualcuno, per scherzo, gli aveva versato più bicchierini di rum nella coca e, con
la bibita ghiacciata, non si percepiva il sentore d'alcool.
Quella notte non riusciva a prendere sonno, avvolto in un malessere generale
che impediva di riposare; provava conati di vomito, il rivolgimento della testa
come stesse per staccarsi dal corpo.
In Germania aveva, pure, ecceduto con la vodka; in seguito, aveva avvertito la
testa pesante, ma non soffrì d'insonnia, solo un leggero disturbo.
Il Nicaragua era stato scoperto da Cristoforo Colombo nel 1502; gli Spagnoli
gli attribuirono il nome da Nicarao, il capo indiano, convertito al cristianesimo,
che li aveva accolti in pace.
E' chiamato "terra di laghi, vulcani e del sole". Sulla costa del Pacifico si
contano ben 50 vulcani, di cui sette attivi e altri dodici accolgono, all'interno
crateri, amene lagune tropicali.
Con lidi distesi su due oceani, numerose isole e laghi, dispone di una quantità
di spiagge, accoglienti, calette raccolte, baie e insenature protette che offrono
angoli incantevoli, con acque limpide, trasparenti, riflessi azzurri del cielo e raggi
scintillanti del sole cocente.
Si scoprono estensioni di arena bianca, finissima, fiancheggiate da boscaglie
lussureggianti, vaste piantagioni di cotone. File di palme da cocco lungo i litorali
attribuiscono al paesaggio la caratteristica visuale dei paesi tropicali. Attrezzati
centri turistici, dotati di alberghi, tavole calde, ristorantini con la cucina a vista,
piccoli negozi e bar rendono le coste vivaci, attraenti.
Il clima caldo, umido, afoso della zona, favorisce la proliferazione di spontanea,
fiorente vegetazione.
Risulta, in prevalenza, un paese agricolo, esporta caffè, cotone, banane,
zucchero di canna, tabacco, carne e pesce; produce mais, riso, fagioli, essenze
pregiate, quali cedri, mogani, palissandri, ipecacuana, hevea, la pianta del
caucciù. Il sottosuolo fornisce minerali preziosi come oro, argento, oltre a sale e
gesso.
150
E' un'area di grande rilevanza geografica per la presenza di flora e fauna di
particolare interesse.
Nella foresta si scoprono scimmie ragno, numerosi uccelli, colibrì, picchi rossi,
splendidi falchi, il quetzal, l'uccello sacro dei Maya, pappagalli. Vivono scimmie
urlatrici, facoceri, bradipi, ocelot, serpenti boa, anaconda, anche felini feroci,
come puma e giaguaro.
Prosperano in quantità le mangrovie, frondosi alberi di mamgo con un frutto
dolce, la polpa gialla filamentosa e un grosso nocciolo.
Nella stagione delle piogge scrosciano acquazzoni improvvisi con pesanti,
rumorosi goccioloni che si tramutano, presto, in una pioggia torrenziale da
allagare le strade, trasformandole in torrenti per una quindicina di minuti.
Risulta inutile ripararsi con l'ombrello, la forza del vento e la violenza dell'acqua
lo stravolgono, diventa inservibile.
Poi, dopo l'impetuoso temporale, riappare il sole caldo che rianima la vita;
riprendono le attività.
La capitale Managua venne ricostruita con tratti moderni su una grande
distesa, dopo il terremoto del '72 e la guerra di liberazione del '79; conserva
ancora qualche edificio di architettura coloniale spagnola.
Si stende ai limiti del lago Xolotlan, inserita tra sei lagune pittoresche, una è
posta all'interno. L'acqua del bacino mantiene un leggero tepore, in essa vivono
minuscoli pesciolini che punzecchiano le gambe ai bagnanti. E' circondato da
chioschi funzionali, pittoreschi, caratteristici bungalow di legno, grezzo, con il
tetto di foglie di palma.
E' sede del Teatro Nazionale, ha un moderno, appariscente, albergo con la
tipica forma di piramide Maya.
Paolo, con gli amici, aveva raggiunto, in volo, l'isoletta di fronte alla Costas de
los Mosquitos, su un piccolo, modesto, aereo a elica, alquanto rumoroso, con
freddi spifferi che filtravano dalle portiere.
Al mattino, aveva percorso, a torso nudo, un lungo tratto sulla spiaggia di
arena bianca. Rientrato in camera, scorse la schiena ricoperta da infinite
minuscole, rosse, punzecchiature di moscerini da sembrare una graticola. In
precedenza, non aveva avvertito alcun disturbo, non procuravano prurito; il
giorno seguente erano sparite completamente.
151
Nel tragitto aveva osservato una fabbrica per l'inscatolamento della polpa di
aragosta, ricca specialità del luogo. In albergo la servivano, di frequente, in
porzioni abbondanti; cucinata in umido, con il pomodoro, non era gradita e, pur
essendo un cibo prelibato, molti la lasciavano nel piatto.
Visitò le principali città: la severa, rustica Masaya, vicina al vulcano Santiago,
attivo, con il cratere acceso come una fucina perenne; s'intravedeva la lava
sfavillante, incandescente. Conserva tradizioni, mercati artigianali di manufatti,
oggetti con ingegnosi disegni di fattura antica. E' considerata la capitale del
folklore nazionale.
Granada, fondata nel 1524 con Leon, dai conquistatori spagnoli, capitanati da
Francisco Hernandez de Cordoba, sulla riva del Grande Lago; presenta vicoli,
strade con palazzi, chiese e costruzioni di architettura coloniale ispana. Mostra
sembianze di pirati e corsari che un tempo lottarono contro i castellani per il
possesso della colonia.
Leon, chiamata Santiago de Leon de los Caballeros, dà l'idea degli albori della
cultura spagnola in America Latina, quale è espressa nella costruzione della
maestosa cattedrale, ornata con dovizia, e la facciata resa imponente dalle due
torri massicce ai lati. In essa riposano le spoglie dello scrittore Ruben Dario,
fondatore del modernismo letterario. E' sede di università, centro di cultura
espressa nella fusione di quella centroamericana con l'europea.
I trasporti mostravano gravi carenze per le corse insufficienti rispetto alla
domanda e le malridotte condizioni dei mezzi. Nelle stazioni degli autobus si
concentrava un ammasso di folla vociante che incrementava la confusione,
produceva una fastidiosa baraonda.
I veicoli, in partenza, venivano assaliti da frotte di passeggeri che rendevano
difficoltoso salire. Persone che s'infilavano dai finestrini, altri che si
arrampicavano sul tetto, si appoggiavano sui predellini, aggrappati ai maniglioni
esterni, impedendo alle porte di chiudersi. Si riempiva in un attimo, con
incredibile velocità.
- Vai avanti tu che sei robusto! - invitavano Carlo a irrompere con forza nella
calca per aprire un varco.
La ressa era così irruenta che non riuscivano ad avanzare.
- Forza! Teniamoci uniti, affiancati, la prossima volta dobbiamo farcela!
152
Occorreva spingersi nella mischia per raggiungere la portiera e, con i bagagli in
mano, la faccenda era ancor più impegnativa. Si doveva usare impeto,
determinazione per conquistare l'accesso; all'interno, poi, risultavano talmente
stipati che diventava problematico muoversi, spostarsi per scendere.
Provarono a usare il treno, un convoglio di tre carrozze; sembrava di viaggiare
in tram per le rotaie basse, la semplicità nell'attraversare l'abitato, senza
segnali, percorsi protetti. Correva veloce, con frequenti scossoni, oscillando a
destra e a sinistra, sollevava apprensione, la paura di deragliare da un momento
all'altro.
Gli indigeni, osservando l'espressione preoccupata degli stranieri, sorridevano,
divertiti.
153
Anche il tentativo dello stato di stabilire il valore di cambio della moneta, al di
fuori del mercato, alimenta la proliferazione di rapporti illegali, mercato nero,
contrabbando.
Ancor più deleterio diventa nelle piccole nazioni con economia fragile; oltre alla
diffusione di una doppia valuta, si espande la circolazione della più forte che
offre maggiori garanzie, stabile potere d'acquisto.
154
XVII
155
Intendere le relazioni in modo meccanico rivendicativo, di permanente
conflittualità, si rivela demagogico, avulso da un valido senso di comunità, in una
nazione in cui principi, valori, sono definiti e condivisi da gran parte della
popolazione.
La convinzione che ogni piccola componente abbia, comunque, ragione senza
confrontarsi, senza verifica diretta con altri, blocca in una vana contrapposizione,
disperde in lotte sterili, spossanti che rischiano di riportare ai primordi della
convivenza.
La mentalità che rifiuta il dialogo per comprendere, scoprire carenze, per
possibili intese si rivela in contrasto con il vivere civile. Inoltre, favorirebbe
sotterfugi, intrighi, l'involuzione, in quanto si vorrebbe prevalere, dominare, a
qualunque costo, servendosi di ogni mezzo.
156
consapevolezza del fine da raggiungere, per migliorare la convivenza,
rispettando l'entità, la vita di ogni persona.
I principi di uguaglianza, libertà, racchiudono, esprimono accezioni ampie,
generali che possono suscitare ambiguità se non vengono chiariti i rispettivi
ambiti.
Sono valori conciliabili, attuati, intesi come libertà di scelta, uguaglianza di
opportunità, diritti.
Il concetto di libertà, in assoluto, in una visione individualistica esasperata, non
ha senso nella società, in quanto è, giustamente, condizionato, limitato da
norme, regole necessarie per una civile, pacifica convivenza.
Allo stesso modo l'uguaglianza non deve essere considerata come schematica,
astratta identità, dal momento che ogni essere umano è diverso l'uno dall'altro,
mentre va intesa come parità di diritti, libertà, spazi, possibilità nella vita.
157
Il concetto di proprietà riguardante la terra, le abitazioni, le aziende, dello
stato e di quanto appartiene alla collettività, in forma partecipata, responsabile,
in relazione al coinvolgimento, all'interesse dell'individuo, in modo da sentirsi
parte attiva, integrante.
Il diretto intervento pubblico, ingerenze meticolose, dovrebbero essere limitate
a particolari necessità, per non impedire, frenare inventive, innovazioni,
sviluppo, iniziative di cittadini.
E' velleitario imporre modelli di società che nella pratica risultano illusori,
utopistici, non accettati con senso responsabile, con il coinvolgimento della
popolazione.
Come sterile, falso, sarebbe ritenere che tali sistemi non siano riusciti o siano
falliti per incapacità organizzative, boicottaggio, ingerenze esterne, per
considerarli ancora possibili, attuabili.
Esistono, funzionano piccoli organismi, comunità limitate, circoscritte che
possono rispondere alle aspirazioni, ai desideri dei partecipanti, in quanto
consapevoli e appagati.
Sarebbe, però, vano, deleterio, imporre alla collettività, all'intera nazione una
forma di governo, una struttura statuale che la maggioranza dei cittadini non
accetta, non ne condivide l'impostazione.
E' opportuno partire dalla situazione esistente, dalla condizione vissuta, e
gradualmente crescere, sviluppare forme realizzabili con il consenso, la
partecipazione, senza sovvertimenti traumatici, violenti, sanguinosi, che non
producono nulla, neanche nell'immediato, se non disinganno, illusioni,
distruggendo l'esistente, quanto costruito con impegno, operosità, da
generazioni, conquistato con forza, sacrifici, lotte.
Volendo considerare i fatti salienti, consolidati nella storia, che hanno prodotto
mutamenti radicali nei rapporti sociali, si possono riscontrare:
- nell'abolizione della schiavitù, infrangendo il pregiudizio della disuguaglianza
per natura, in senso biologico, degli uomini, attribuendo valore a tutti gli esseri
umani;
- nel passaggio dalla monarchia assoluta a quella costituzionale (in seguito la
repubblica) che segnò il capovolgimento, la trasformazione, la divisione del
158
potere politico in tre distinte componenti, legislativo, esecutivo e giudiziario, con
funzioni separate, definite, controllabili dalla cittadinanza;
- nel campo economico, con la concessione ai contadini, in epoca feudale,
dell'uso, in proprio, della terra per trarre il frutto; l'introduzione della moneta per
agevolare gli scambi, la remunerazione delle prestazioni, offrendo la possibilità di
riscattare il podere da parte dei coloni, favorendo la diffusione della proprietà
privata, l'incentivo a iniziative economiche e commerciali.
Passi che hanno conferito notevole impulso all'evoluzione in forma graduale,
concreta, della vita civile, nel concepire l'essenza dell'uomo, la libertà
nell'operare e le possibilità di scelta.
159
nascita. Rimase, perciò, collegato agli apparati statali, l'espressione dell'autorità
regale e, ora, per convenienza, a benefici personali, al desiderio di sopraffare.
160
Si consolidano nicchie occulte di protezionismo, tutela corporativa di interessi
particolari, con ricatti, connivenze, soprusi, dispregio delle libertà della persona,
senso del lavoro, dell'impegno, dell'equità.
Il posto diventa una conquista da conservare, difendere a ogni costo, come un
fortino in cui asserragliarsi per salvaguardare lo stipendio, al di fuori del senso
economico del rapporto di scambio.
Si ripresenta, in un'altra forma, la figura medioevale del sovrano, del
"dominus", signore, padrone di quanto risiede nel suo dominio, come unico,
esclusivo detentore di diritti.
161
XVIII
Insegnante
162
individuale, in modo da esprimere le capacità e conseguire, nel contempo,
efficienza e gratificazione personale.
Invece cresceva la conflittualità tra i principali responsabili, fino alla rottura
definitiva alla morte del padre, con la chiusura dell'azienda e la divisione degli
immobili.
Da quel momento Paolo cessò di esistere per i familiari. La madre, da tempo
sofferente al cuore, preferì abbandonare l'appartamento, abitato da anni, per
stabilirsi con le figlie in un altro edificio.
I fratelli spartirono la proprietà; uno proseguì nel settore con i figli, l'altro si
unì a soci e parenti per altre iniziative nell'arredo.
Paolo venne inserito nella nuova società.
Seguiva con apprensione lo sviluppo, ma avvertiva il cambiamento; le relazioni si
svolgevano con sospetto, rivalità, timore di essere sorpassato, perdere l'impiego.
Si occupava del settore commerciale, partecipava con solerzia, ma non
intravedeva valide opportunità, serie garanzie per il futuro.
I rapporti con parenti e soci peggioravano. La sua collocazione non era sicura, i
compiti non ben definiti, emergevano diffidenze, contrasti.
163
Si preoccupò di conoscere le opportune possibilità per continuare. Intraprese
una laboriosa ricerca per sbrogliarsi nelle intricate formalità, nei bizantinismi
della burocrazia statale, non sempre disposta alla trasparenza, per conservare
potere discrezionale.
Incontrò ostacoli per inserirsi nelle graduatorie, la scelta della materia da
insegnare. Preferiva le discipline approfondite all'università, ma non disdegnava
il settore turistico per il precedente impiego, l'esperienza acquisita nei numerosi
viaggi.
L'Italia è dotata di un vasto patrimonio con richiami, attrattive di ogni genere,
di notevoli potenzialità, proficue per lo sviluppo economico.
Bellezze naturali e paesaggistiche, una estensione di coste con spiagge
accoglienti, baie pittoresche, laghi ameni e riposanti, luoghi montani attrezzati
per sport invernali ed estivi, il clima mite del sud, le splendide isole, città d'arte
con monumenti, musei invidiabili, chiese antiche di notevole valore storico,
architettonico, centri di interesse religioso, rinomate strutture termali per il
benessere fisico.
Una ricchezza differenziata, ingenti risorse da valorizzare, per incrementare lo
sviluppo commerciale e di prodotti agricoli.
Inoltre il turismo contribuisce ad ampliare l'orizzonte, a vivacizzare la cultura
con le forme espressive dell'arte, la storia, la lingua, il contatto fra nazioni,
popoli, la conoscenza di usi, costumi, differenti modalità di vivere.
164
persone sgradite per difendere privilegi, parassitismi; atteggiamenti rivali,
accentuati conflitti, meschine schermaglie di segni, parole allusive.
Modi d'agire non razionali, contrari a professionalità, in contrasto con lo scopo
educativo d'esperire forme per accrescere la conoscenza, contribuire alla
formazione civile, culturale, delle giovani generazioni.
Sono vicende che esercitano una influenza negativa; si costituiscono gruppi
con posizioni retrive, visioni politiche contrapposte, sistemi operativi
disomogenei, disgreganti, sfavorevoli a un dialogo costruttivo.
Fattori che producono incrostazioni, ostacoli a un'equilibrata distribuzione delle
discipline, al tempo da dedicare a indirizzi più attuali, l'opportunità di talune
materie, l'estensione, l'aggiornamento dei contenuti secondo esigenze sociali,
culturali, economiche.
165
Sono responsabilità della nazione, nel complesso, che investono le istituzioni,
gli organismi preposti, componenti che esprimono valori, criteri dai quali
promanano scelte e direttive, nonchè i settori che influenzano mentalità,
comportamento, aspettative, ambizioni.
Gli allievi, come ogni essere umano, sono diversi per temperamento, carattere,
formazione personale, ambiente familiare, sociale, educativo, per cui non è
sempre valido, efficace il medesimo atteggiamento, il metodo, il rapporto da
stabilire nei loro confronti. A volte una specifica forma, in alcune persone, può
suscitare una reazione opposta agli obiettivi prefigurati.
E non sono gli schieramenti di parte politica, più o meno palesi, il modo più
adeguato, efficace per affrontare incombenze, per ottenere disponibilità,
partecipazione.
Tende a diffondersi un discutibile concetto di democrazia che favorisce una
mentalità rivendicativa, come se l'istituzione scolastica appartenga agli scolari,
non per confrontarsi, discutere su contenuti, proposte, intendimenti.
La scuola è per gli studenti, non degli studenti, è parte della società e riguarda
genitori, cittadini, coinvolge le finalità stesse della nazione.
Affiora, pure, una linea di pensiero che esprime dubbi, ambiguità sul significato
della formazione, sulle conoscenze, i livelli dello scibile, con conseguenze sulla
disciplina, sul senso selettivo, l'equità nel metodo di valutare.
166
beccacce variopinte, gracchi e rondoni che volteggiano sopra la valle; scorgere
sui monti gruppi di camosci guardinghi, numerose marmotte che squittiscono e
si rifugiano veloci nelle tane, un curioso ermellino che appare all'improvviso per
infilarsi nuovamente nel ghiaione, coturnici, sordoni che, al passaggio,
s'innalzano in volo.
Ammirava la natura animarsi, esprimere la vivace fioritura; un ambiente che
rinvigorisce il corpo e lo spirito in ogni condizione, con un fascino misterioso
anche con nuvole, pioggia, brutto tempo.
Era invogliato a trascorrere alcuni giorni in rifugio; desiderava cogliere la
pienezza dell'essere coinvolto nell'espressività degli elementi naturali.
Contemplare la maestosità dei monti, la vastità dei ghiacciai con numerosi
rigagnoli che scorrono, mormorando, crepacci con profondità impressionanti, il
fragore rimbombante dei blocchi che franano, acque itineranti con sussurri da
trasmettere frescura, sensazione di libertà, catarsi; il celere avvicendarsi di
nuvole in forme svariate, multicolori, che inducono a rappresentazioni
fantastiche, immagini da fiaba, animali mostruosi; il sibilìo sferzante del vento, la
pioggia torrenziale, la grandine tempestosa, quasi una lotta tra cielo e terra.
Dopo il grigiore di un acquazzone, ecco apparire il radioso arcobaleno a
trasmettere serenità, dipingendo il cielo con meravigliosi colori, unendo, verso
l'alto, i massicci sormontanti la valle.
Alla sera, la visione magica di tramonti incantevoli con colori rosa, celesti e
azzurri nella successione dei riflessi sulle cime; nelle notti serene, innumerevoli
stelle brillanti nella sconfinata distesa blu, protesa ad avvolgere con un
preziosissimo manto.
D'estate suscita una piacevole sorpresa scorgere, all'improvviso, la neve
cadere a larghe falde, trovarsi avvolti nella morbida, soffice distesa bianca che
attenua le asperità del terreno, delle rocce, trasforma l'ambiente in un candido
paesaggio.
Diffonde pace, l'invito a dimenticare le brutture della vita.
167
In gruppo, raggiungevano in auto il punto di partenza delle ascensioni. Al
ritorno s'imbattevano, immancabilmente, in lunghe code di auto con ingorghi
stressanti, fermate continue.
Pensò di acquistare una motocicletta per districarsi, evitare la congestione.
Riprendeva il desiderio giovanile, inappagato, di scorazzare, provare l'ebbrezza
della velocità.
La dimensione del mezzo agevola i movimenti, destreggiarsi nel traffico
conferisce senso d'indipendenza, libertà dagli intoppi estenuanti nei periodi di
punta.
La rapida accelerazione, trasmessa dalla potenza del motore con l'improvviso
scatto della partenza, conferisce un inebriante senso di rapidità, accresciuto
dall'impatto con la resistenza dell'aria che s'infrange sul corpo, lo lambisce e
sfugge via come un'entità impalpabile.
Percorrere, su e giù, monti e valli, lungo le coste articolate dei laghi, osservare
splendidi paesaggi, contribuiva a superare le meschinità, sfuggire agli ostacoli,
agli intrighi, liberarsi dalla confusione della folla, frangere i lacci inibitori di falsi
formalismi, insulse abitudini inveterate ... per involversi nella bellezza,
nell'armonia della natura e del creato, con la percezione di un assoluto, correre
all'infinito nell'immensità, raggiungere il senso di pienezza che avvolge, appaga
l'animo e lo spirito.
168
guida, invertì la direzione di marcia, entrando nell'altra carreggiata; Paolo si
trovò davanti la fiancata della vettura, senza poter frenare, scansarla, sbattè
contro, provocando un urto violento; l'improvviso, forte colpo lo disarcionò,
proiettandolo, con un grande balzo, oltre il veicolo stesso, in una rocambolesca
giravolta.
Il casco e, forse, l'esercizio fisico lo salvarono da pericolose fratture; si lussò il
pollice della destra, la mano che tratteneva con maggior forza il manubrio.
169
XIX
In Brasile
170
La struttura era situata a Salvador, nello stato di Bahia, una zona tropicale,
con caldo umido, piogge improvvise, leggere, a volte lo scroscio di violenti,
copiosi acquazzoni che superavano la capacità delle condotte di scolo e finivano
per dilagare nelle strade. La quantità d'acqua oltrepassava il marciapiede,
costringendo a togliersi le scarpe e a camminare a piedi nudi.
Cessato lo sfogo del cielo, ritornava a splendere il sole, ad asciugare,
riscaldare; e la vita riprendeva come nulla accaduto.
Quando la pioggia è lieve, silenziosa, non disturba, non infastidisce, anche
senza protezione, dura poco e, se si rimane inzuppati, il caldo assorbe tutto.
Il tempo variava di frequente con un alternarsi repentino di nuvole, acqua e
sole nella stessa giornata.
Clima sopportabile, spesso ventilato per la posizione della città, edificata sulla
piccola penisola, nella Baia de Todos os Santos, con il terreno composta da
leggere ondulazioni, strutturata su due livelli.
La peculiare posizione geografica offre un'estensione di coste, fruibili su ben
tre litorali di mare.
Le ampie, numerose spiagge, coperte da una gradevole arena bianca, finissima,
conformano aree raccolte, circoscritte, oasi adatte per la protezione della flora,
entro le quali le tartarughe marine depositano le uova.
Il Brasile era stato scoperto nel 1500 dal portoghese Pedro Alvaro Cabral,
traendo la denominazione da "pan-brasil", colorante tipico locale.
Allora Salvador era la capitale della colonia fondata da Tomè de Souza, primo
governatore.
Nella città convive il contrasto tra antico e nuovo; conserva un colorito centro
storico di tipo barocco, realizzato dai portoghesi nella metà del '500. Ha una via
rinomata, la "Ladeira do Pelourinho", dal nome della colonna di pietra alla quale
venivano legati i neri della piantagione che commettevano reati o non
rispettavano le disposizioni. E' situata in cima alla strada, nel mezzo di uno
slargo, al centro della città, posizione adatta per mostrare in pubblico le
punizioni.
Nella piazza 15 novembre, o antico "terreiro de Jesus", si erge l'imponente
Cattedrale Basilica, del 1657, con la facciata in pietra e l'interno con altari in stile
rinascimentale e rococò. Poco più avanti si trova San Francesco, chiamata la
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chiesa d'oro, edificata nei primi anni del '700, considerata uno dei migliori
esempi di barocco in America Latina. L'interno è interamente rivestito con intagli
in legno, ricoperti di lamine d'oro, e preziose sculture.
Bahia è una terra mistica che appare abitata da tutti i santi e dalle "orixas",
divinità del candomblè; è l'impressione che ricevono i visitatori nell'imbattersi in
numerose chiese e segni di devozione a ogni angolo della città.
Si racconta che ne possieda una per ogni giorno dell'anno e, con gli innumerevoli
luoghi di culto, conferma il detto che "Ogni giorno è festa a Bahia".
La prima fu Sant'Antonio da Barra, sorta nel caratteristico barocco coloniale, in
posizione panoramica, sovrastante l'omonimo quartiere, con splendida vista sul
mare. Fondata dai Francescani, fu poi passata ai Gesuiti che sono presenti in
Brasile con numerose istituzioni religiose, iniziative assistenziali, culturali, anche
economiche.
La città risulta fortemente marcata dalla cultura nera espressa con danze,
musica, folclore, religione, l'abbigliamento e la cucina piccante.
Il candomblè o macuna, come è chiamato in Angola, è la forma religiosa
caratteristica degli antichi schiavi, composta da una mescolanza di riti cattolici e
africani; si fonda sul culto degli dei, rappresentati negli elementi della natura.
Il dio supremo Olorum creò il Cielo e la Terra, i quali si unirono per dare alla
luce l'Acqua e la Terra Ferma. A loro volta ebbero un figlio, Orunga, l'Aria, così
ebbe inizio l'Universo.
Le divinità sono santi generalmente associati a quelli cattolici; ciò manifesta il
legame con la religione dei bianchi. Ogni persona è affiliata a un dio, cui
rivolgono devozione e gli offrono il cibo gradito; nel giorno della ricorrenza si
vestono con il particolare colore di ogni divinità.
Le case di culto rispettano un ordine rituale e la gerarchia religiosa. Sono
dirette dalla madre, o padre del santo, che esercitano influenza sulla morale
degli affiliati, sul comportamento sociale.
Salvador è strutturata su due piani con un dislivello di circa 80 metri. Il
collegamento avviene con la strada, tramite il doppio ascensore "Elevador
Lacerda", il nome dell'ingegnere progettista, che trasporta un centinaio di
persone, e il "Plano Inclinado", tram su rotaia a cremagliera.
172
Possiede un centro congressi con forma architettonica moderna, edifici costruiti
con cemento armato, acciaio e vetro.
La natura esprime le caratteristiche delle zone tropicali con l'ambiente, il
paesaggio, la disponibilità di prodotti agricoli, numerose qualità di frutta e
verdura. Le coltivazioni, per le condizioni climatiche, la fertilità del terreno,
trovano un'area favorevole per abbondanti raccolti in diversi periodi dell'anno.
Proliferano piante di banane, di varie qualità, in prevalenza gialle, piccole o più
grandi, commestibili a maturazione, morbide, con sapore gradevole, pieno,
mentre le verdognole, crude sono insipide, aspre, ma cotte o fritte, diventano
dolcissime.
Le palme da cocco fruttificano grosse noci verdi, da cui si ricava l'acqua di
cocco, bevanda dolciastra, fluida, poco trasparente; altre producono un involucro
legnoso, marrone, con filamenti e il nucleo interno bianco, la parte energetica,
dissetante, da consumare.
In questa parte del Brasile prevalgono le persone d'origine nera; era il punto di
sbarco degli schiavi, trasportati dall'Africa, da impiegare nelle piantagioni.
Si incontrano diversi gruppi etnici più che in altre regioni.
Un presentatore televisivo affermava, in tono scherzoso, che i brasiliani sono di
tutti i colori: bianchi, neri, marroni e gialli.
Sono diffusi nel paese con maggioranze variabili secondo la provenienza e le
immigrazioni; al nord risultano, in prevalenza, le etnie più scure, mentre al sud
aumentano quelle di origine bianca, insediati nelle aree con il clima più conforme
alla terra d'origine.
Manifestano un'accentuata disponibilità all'allegria, gioiosa vivacità, un clima di
festa che si propaga dal venerdì sera fino alla domenica e prosegue anche per
tutta la notte con musica, balli e abbondanti bevute di birra, di qualità leggera,
con lieve sapore dolciastro.
E' una consuetudine radicata nella popolazione, rinomata, del resto, per i
fastosi, folcloristici carnevali che si svolgono nelle principali città.
Bahia è assecondata dal clima caldo, dalla particolare conformazione
geografica di penisoletta inserita nel mare, con accoglienti spiagge, pittoreschi
173
bungalow, forniti di bevande, stuzzichini, cibi locali, con bar, punti di ristoro da
favorire svago, divertimento.
E' poco sentito il valore della famiglia, il rapporto stabile di coppia, anche a
causa delle sofferte vicende vissute dal popolo nei secoli. La storia, la mentalità,
le condizioni patite, le difficoltà economiche del paese contribuiscono ad acuire
aspramente la questione dei "meninos de rua", ragazzi e bambini abbandonati,
soli, senza parenti per accudirli, senza casa.
174
Erano provvisti di un forno in cui cuocevano il pane da distribuire alle altre
unità presenti nei dintorni.
Tra i piccoli emergeva una forma di contesa per riservarsi l'amicizia di un
adulto, e ritenersi, in confronto agli altri, protetti, affiancati da un padre, quindi,
non abbandonati, soli.
- Ele è meu pai! lui è mio padre - correndo per farsi accogliere tra le braccia.
- No! E' meu pai - in competizione nella scelta del genitore, per considerarsi
preferito.
Le ragazze abbandonate, con figli, deluse di rapporti amorosi, venivano
educate al controllo della sessualità, prestare maggior attenzione nei contatti con
persone di sesso maschile.
- Quella è una gallina! - definivano la giovane che correva al primo cenno di un
uomo, appariva ammaliata, smaniosa.
I ragazzi in età frequentavano la scuola con insegnanti messi a disposizione dal
municipio, gli adulti erano occupati nelle produzioni organizzate all'interno.
L'attività principale, da cui ricavavano proventi, consisteva nella costruzione di
tavolini e sedie per scuole, armadietti, attrezzature e piccoli apparecchi, in
metallo, per ospedali. Impiegava giovani e adulti, celibi, maggiorenni; gli
ammogliati ricevevano uno stipendio, vivevano in città in appartamenti messi a
disposizione dall'ente.
In un organismo, in periferia, effettuavano una prima lavorazione delle tavole,
le sezionavano in misura, ritagliavano i pezzi occorrenti che trasportavano in
quello centrale, dove rifinivano e assemblavano i componenti di legno e di
metallo.
Nei dintorni prosperavano comunità agricole per allevare galline, tacchini,
maiali, mucche da latte; coltivavano la terra e si scambiavano i prodotti, banane,
manioca, ortaggi, frutta.
Consumano in abbondanza la tapioca, radice grattugiata della manioca, che
spargono, come nostra abitudine per il formaggio, sul piatto di riso e fagioli, il
pasto comune della popolazione semplice.
Paolo si adoperava alla funzionalità dei processi, a migliorare la qualità,
individuare accorgimenti per semplificare le operazioni, aumentare la
produzione.
175
Riscontrava consapevolezza negli adulti; si applicavano con impegno,
seguivano con attenzione i consigli, dimostravano buone capacità lavorative.
Qualche giovane incontrava difficoltà ad accettare le procedure del
meccanismo produttivo, frenare l'insofferenza, contenere le esigenze personali,
per adeguarsi al processo.
Diversi palesavano diffidenza, orgoglio, accentuato spirito d'indipendenza.
Il padre, a capo dell'istituzione, aveva acquisito esperienza e sosteneva:
- Occorre stabilire loro poche regole, però, devono essere rispettate.
A volte avvenivano duri scontri, rifiuto ad eseguire direttive.
Nessuno era costretto a rimanere.
Chi non gradiva la sistemazione, le regole, poteva liberamente lasciare la
struttura.
A volte, qualche giovane decideva di abbandonare, non i piccoli, non gli
adolescenti, tantomeno le ragazze.
Rimase colpito dalla generosità degli adulti nel contribuire al mantenimento dei
minori. Avevano interiorizzato un senso profondo, autentico, dell'istinto sessuale,
consapevoli delle situazioni drammatiche patite, coinvolti loro malgrado.
Un ragazzo, bruno di carnagione, prestante, volonteroso, confessò, con
schiettezza, a Paolo:
- Io non ho intenzione di sposarmi, costituire famiglia, voglio dedicarmi alle
attività, collaborare nell'ente.
E' grave sfuggire alle responsabilità sessuali nei confronti della donna,
assecondare unicamente lo stimolo, il piacere senza preoccuparsi delle
conseguenze, nel disconoscere, rifiutare eventuali paternità.
Le strutture svolgevano lavori secondo la condizione, la disponibilità dell'area,
le conoscenze in possesso.
Quelle insediate su terreni agricoli coltivavano ortofrutticoli, pomodori, cipolle,
patate, piante da frutta, manioca, papaia, banani; si scambiavano, barattando i
prodotti tra loro.
Erano coordinate dal missionario, aiutato da religiosi indigeni, suore, persone
del paese, pochi stranieri che sovrintendevano, gestivano le iniziative in forma
comunitaria.
176
XX
Considerazioni
177
Sarebbe alto senso civico svolgere il proprio compito in modo responsabile,
senza la necessità d'imposizioni, di controlli rigorosi per la funzionalità degli
organismi; contribuire secondo attitudine, qualità personali allo sviluppo del
paese, riconoscere che la retribuzione rappresenta il corrispettivo dell'opera
prestata.
Non è facile riscontrare equilibrio tra le esigenze individuali e le disponibilità
del paese, tra ciò che è possibile, consentito e quanto procura danno,
conseguenze nocive ad altri.
Spesso si ambisce a maggiori opportunità, miglioramenti, stimolati dalla
conoscenza di modelli di vita più agiati piuttosto che prendere atto, considerare
quelli meno confortevoli per valutare il proprio.
Per cui può indurre ad approfittare dell'impiego, della posizione di potere
personale, sfruttare occasioni, anche con mezzi illeciti, per ottenere condizioni
più vantaggiose, senza preoccuparsi dell'equità, di attenuare differenze
immotivate.
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Si propaga, insinuandosi con forme ambigue, mentalità, condotte ritenute
valide, giustificate, al di sopra del comune senso lecito, per acquisire interessi
personali, di gruppo.
Se conviene, non importa infrangere norme, calpestare diritti, esseri umani,
colpire altri, anche accusandoli, ingiustamente, di proprie malvagità.
Sono sopraffazioni, magari in apparenza forme lecite competitive, in realtà
conseguenti di accordi subdoli, losche connivenze, ricatti, raggiunti con ogni
mezzo, corruzione, soprusi, violenze, palesi e occulte, per scavalcare,
raggiungere il fine.
Se qualcuno si oppone, viene ridicolizzato, calunniato, s'intimorisce, isolandolo
nel posto di lavoro, nelle attività, nell'ambiente sociale, negli affetti; si denigra il
comportamento qualunque sia, lo si estremizza per scuoterlo, sconvolgerlo,
impedirgli serenità, riflettere con piena consapevolezza sulle decisioni da
compiere.
Un modo d'agire che dimostra mancanza di valori umani, di progetti, fini
sociali; rivela un vuoto interiore, assenza di concetti civili.
S'intrufola in organismi, associazioni, con forme contrapposte, fomentando
animi, acuendo contrasti, per provocare lo scontro, suscitare confusione e
conseguire il proprio tornaconto, anche coprendo illeciti.
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Risulta ancor più grave insinuarsi nella scuola, istituzione per formare,
indirizzare alla vita, ai rapporti sociali, economici, giuridici.
Altrettanto negativo sarebbe mostrare disfunzioni, negligenze, parassitismi, in
palese contrasto con il fine educativo; come diffondere un concetto riduttivo del
senso, del valore della conoscenza, del sapere, di critica costruttiva.
Sarebbe normalizzare, standardizzare le forme espressive, come progetto di
stato totalizzante che forma, ingloba cittadini robotizzati, impedendo di
manifestare qualità, aspirazioni.
E' preoccupante, indice di carenze educative, udire, in un istituto superiore
frasi del genere:
- I laureati non sono persone normali!
oppure, riferendosi a iniziative imprenditoriali:
- E noi persone normali, che cosa potremmo fare?
Può essere frutto di una sottile strategia per diffondere atteggiamenti
disfattisti, privando senso a valori, principi, svuotare la convivenza di buon
senso, equilibrio nelle scelte, per proporre come uniche finalità da raggiungere,
denaro, successo, ambizioni sfrenate, soddisfazione sregolata degli istinti e
rimanere succubi, facili prede di un potere tirannico.
Sarebbe ricondurre la società allo stadio medioevale, "dell'uomo lupo all'uomo"
di Hobbes, in cui giustificare un governo a monarchia assoluta, la necessità del
re per imporre autorità, ordine, disciplina ai cittadini, incapaci di vivere in modo
civile nella nazione.
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La canzonatura appariva alquanto maldestra, perchè non erano compatti,
ordinati, non tenevano il passo cadenzato, si mostravano indisciplinati anche
nello scherzo.
Intendevano protestare contro un presunto rigore; piuttosto, in loro, prevaleva
il desiderio di giocare, trastullarsi, non li giustificava. Non era severo, chiedeva
attenzione, diligenza nello studio senza perdersi in chiacchiere, discussioni inutili,
come un piacevole passatempo.
Alla fine del primo trimestre, alle vacanze di Natale, avevano allestito una
festicciola, nell'ultima ora, con dolci, torte, bibite analcoliche.
A Paolo si era avvicinata un'allieva simpatica, belloccia, definita, dai ragazzi,
"latteria", a causa del seno abbondante, e gli sussurrò:
- Lei avrà solo quelle che la ***** a tutti!
Rimase colpito, impressionato per la crudezza dell'espressione di una giovane.
Riflettendo, poi, sulla frase, riuscì a capire gli atteggiamenti di allievi che si
comportavano con spavalderia, mostravano sicurezza, come protetti da
qualcuno:
- Lei è sfortunato! - gli disse un tipo negligente, disturbatore abituale, in
confidenza con il bidello.
In una quarta con studenti volonterosi, nel discutere di malcostume, malavita,
il figlio di un ex-finanziere uscì con una frase singolare:
- Verranno a cercarla anche in capo al mondo!
Non comprendeva appieno, ma riconosceva l'allusione, il riferimento a una
specifica condizione.
In seguito, gli capitò di non ricevere l'incarico per l'intero anno scolastico, ma
solo per brevi periodi, una settimana, quindici giorni, uno, due mesi, in una
181
scuola, poi in un'altra e ancora una diversa; a volte distanti, in località che
richiedevano ore per raggiungerle.
Incominciò a preoccuparsi; non si sentiva tranquillo, la situazione appariva
incerta. Inoltre la presenza provvisoria nelle classi accresceva le ragioni di
negligenza, incontrava maggiori difficoltà all'attenzione.
Nel corso di turismo pretendevano un insegnante di ruolo e, quando entrava in
aula, gli studenti uscivano per protesta.
Distrazioni, superficialità erano ritenute comuni nelle terze, ma gli capitarono
anche in una quinta, nonostante l'incombenza degli esami per concludere il ciclo
scolastico.
Si comportavano con leggerezza, esponevano quesiti avulsi dalla materia,
frasi, atteggiamenti imbarazzanti.
Scambiarono informazioni in un compito in classe, non si curavano dei
rimproveri, atteggiando ironia all'invito di consegnare gli elaborati;
interrompevano la prova, senza alcuna apprensione, nonostante la pesante
insufficienza.
182
L'insegnamento, per Paolo, rappresentava l'impiego più congeniale, confacente
alle qualità, alle aspettative, decisamente preferito al lavoro in ufficio; inoltre
filosofia gli avrebbe offerto la possibilità di fantasticare, spaziare con la mente,
meditare come ambiva.
Che significato poteva avere, allora, quella telefonata? Una dimenticanza, incuria
o un'ulteriore beffa?
183
XXI
Infatuazione
184
Di fatto, riusciva a spronarle ad applicarsi, impegnare le qualità intellettive con
profitto; conseguiva esiti positivi, soddisfacenti.
Controllava le emozioni, cercava di mantenere un atteggiamento distaccato;
tuttavia le giovanette sono alquanto vigili, perspicaci nell'intuire un minimo
segno, uno sguardo sfuggente verso la loro figura.
Capitava di indirizzare un cenno furtivo alla gonna corta, al petto esuberante,
al colore degli occhi, a volte di un ridente azzurro o di un verde intenso.
Avrà, pure, provocato sorrisi compiaciuti per una fugace occhiata all'aspetto
piacevole, gratificante, ma senza mai allentare, tantomeno svilire, il senso della
funzione, la responsabilità di educatore.
Stimolato dall'attrattiva, dall'amorevolezza, rifletteva sul metodo, i contenuti
dell'insegnamento, sul sistema di valutazione, motivato a escogitare forme meno
assillanti.
Sono atti di notevole valore; il giudizio, poi, incide sulla stessa formazione,
imprime un senso preciso: si compie la selezione nella classe, espone risultati
che non sono sempre graditi, condivisi, in particolare, se negativi.
Si può suscitare un travaglio interiore, ansia, emozioni; comunque, casi,
aspetti concreti dell'esistenza, che rendono consapevoli della vita reale.
Per questo, riteneva opportuno scoprire sistemi per non esporre
pubblicamente, in forma marcata, dislivelli, insufficienze, per non provocare
suscettibilità, colpire la sensibilità dei più deboli, causare frustrazioni, effetti
psichici anche devastanti.
Conveniva sull'importanza di praticare metodi oggettivi, esaminare in modo
chiaro, evidente, da rassicurare equità agli allievi.
Pensava di concedere la scelta delle materie da studiare, evitando l'obbligo di
seguire quelle secondarie, non determinanti, fondamentali per l'indirizzo scelto.
Un'altra forma, consisterebbe nel consegnare, alla fine del ciclo scolastico,
diplomi differenziati, segnalando solo le discipline affrontate con esito positivo.
185
con una flessione modulata e la pronuncia arrotondata della erre che
contribuivano ad accrescere il fascino.
Quando l'osservava, sentiva il cuore palpitare.
Negli incontri si rivolgeva con premura, trepidazione, offrendosi per eventuali
difficoltà nello studio:
- Ciao Letizia, come va la scuola? Se hai bisogno di chiarimenti, spiegazioni,
posso aiutarti, puoi venire a casa mia, quando vuoi, se lo gradisci.
Lei non rispondeva; quando era sola fuggiva, turbata, in compagnia dell'amica,
si scostava, volgendo lo sguardo altrove.
Cercava di contattarla in tutti i modi.
A volte si recava direttamente al cancello dell'abitazione, suonava il
campanello:
- C'è Letizia? - ma la madre, i parenti lo scoraggiavano:
- E' con le sue amiche.
- E' con i compagni di scuola.
- Non è in casa - rispondevano.
Non gli permettevano d'incontrarla, intrattenersi, parlare con lei.
Nelle occasioni di particolari ricorrenze, le inviava fiori, biglietti con espressioni
di tenerezza, affettuosità:
"Il vaso accoglie la terra pregna di umori per far crescere la pianta.
I fiori, i colori, il profumo, la bellezza dell'insieme gratificano l'impegno.
Il freddo, la nebbia, la neve dell'inverno invitano a desiderare il calore della
casa, l'amore, l'intimità, l'essenza della vita ... come il vaso di fiori".
Pensò di recapitarle una composizione di piantine con petali gialli e azzurri,
riferendosi al colore degli occhi, dei capelli; scriveva frasi amorevoli:
"L'azzurro zaffiro degli occhi,
il giallo oro dei capelli,
la dolce armonia del viso,
la sinuosa figura femminile della persona
sono preziosi elementi di te che mi sono vivamente impressi
e stimolano il desiderio di esprimersi, manifestarsi ..."
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La madre, immancabilmente, li riportava indietro, sostenendo che la figlia non
gradiva; allora, regalava il vaso, i fiori, alle suore, alla chiesa.
Durante una gita al mare, pensò di spedirle una cartolina che raffigurava il
flusso delle acque, aggiungendo parole affettuose:
"Il mio amore vuole essere come le onde del mare,
a volte impetuose e irruenti,
a volte ridenti e spumeggianti,
a volte placide e carezzevoli.
Sei tu la mia spiaggia splendente e gaia,
morbida e duttile,
calda e avvolgente,
come l'immensa profondità del mare".
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Era controllato da sconosciuti che s'intromettevano, in modi bizzarri, nei
tentativi di approccio, come fosse tenuto a uno specifico comportamento,
assecondare strani personaggi, superare resistenze, opposizioni, per tentare ...
di avvicinarla.
Riconosceva inspiegabili anche gli atteggiamenti contradditori dei parenti che,
a volte, apparivano lusingati dall'interesse per la figlia, la nipote, altre reagivano
con modi bruschi, violenti, parole offensive, lancio di oggetti, acqua, uova,
pomodori.
Mentre dai prossimi veniva contrastato a fasi alterne, dalle forze misteriose
veniva indirizzato, con cenni, segni, a perseguire nel proposito, insistere,
altrimenti rivelava un desiderio fragile, inconsistente, debole passione per
superare le difficoltà; doveva esprimere un ardore prorompente, irrefrenabile in
grado di travolgere ogni ostacolo.
Avvertiva un oscuro meccanismo che lo trascinava in un vortice inarrestabile,
ripetitivo, con atti mirati e reazioni contrapposte, un continuo rimbalzo di gesti,
riferimenti, sottoposto a interminabili esami per ottenere approvazione, il
consenso per contattarla.
Suggerivano forme d'approccio diverse da quelle solite, comuni, senza
sviluppare il dialogo diretto, esplicito, per comprendere il senso, la possibilità
concreta d'intrecciare il legame; lo indirizzavano unicamente ad assecondare un
impetuoso, incontrollabile stimolo sessuale, ad azzardare qualsiasi passo pur di
raggiungere piacere, soddisfazione, compiere l'atto d'amore?
Si era confidato con una persona di fiducia, ma ottenne, in risposta, una frase
sibillina:
- Ti faranno soffrire molto per questo!
Il colloquio l'aveva liberato dall'angustiante tensione, ma, era impensierito dalle
parole, non capiva il senso; sembravano esprimere consapevolezza dell'intrigo,
ma, senza suggerire il modo per risolverlo.
La vicenda era visibilmente combattuta, avversata, provava disagio,
imbarazzo; viveva una situazione confusa, contraddittoria, in un tormentato
conflitto che metteva in discussione il suo comportamento.
Era spronato dal desiderio, si vedeva orientato a proseguire, osare, nel
contempo veniva respinto ... come per conquistare un castello.
188
Il fatto, le persone, gli strani avvenimenti successi, lo disorientavano,
provocavano sensazioni contrastanti, stati d'ansia, angustia nelle emozioni,
turbamenti nell'affettività, accusava uno stato di confusione, sconcerto nella
persona, nell'essere.
Si confidò con un amico:
- Lascia perdere quella ragazza, se non si fa vedere, non si fa avanti, meglio
restare soli - lo rassicurava sull'atteggiamento da mantenere.
In effetti, considerando le vicissitudini provocate, subite, non aveva alcun
motivo di perseguire l'intento.
Confortato dal consiglio, riflettendo con ponderazione, decise di mettersi l'animo
in pace, troncare ogni velleità.
Esistono esseri che si comportano come animali della giungla, con la differenza
che le belve agiscono stimolati dall'istinto di sopravvivenza per sfamarsi, mentre
costoro risultano spronati solo da avidità, smodata ambizione di beni, per
spadroneggiare, dominare, anche per cattiveria, ostilità, non per bisogni
impellenti, esigenze di vita.
189
Alla morte del padre erano esplosi i conflitti irrisolti tra familiari.
Alcuni si erano accordati, in segreto, con i genitori nella stesura del
testamento, senza chiarire loro il contenuto, senza spiegare le conseguenze
dell'atto da sottoscrivere. Illudendo sulle intenzioni, manipolarono il padre, già
gravemente ammalato, che si era sempre fidato nella gestione del patrimonio.
In realtà, contabilizzavano tutto in comune, senza distinguere i beni dell'azienda
e quelli di famiglia.
Venne privato della proprietà dell'appartamento e delle pertinenze che
utilizzava dalla costruzione.
Dovette, a malincuore, ricorre in giudizio anche contro i parenti.
Alcuni avevano preferito vendere le quote assegnate, nonostante il processo in
corso, di modo che Paolo si trovò a scontrarsi con un acquirente estraneo.
Costui, nonostante le assicurazioni dei legali, agiva come proprietario,
promuovendo lavori, affittando capannoni, locali disponibili, pur privi dei servizi
di prima necessità.
In tribunale, s'innescò una confusa sovrapposizione di processi.
Instaurarono diverse cause, sul testamento, la proprietà del box, la divisione
degli appartamenti.
Processi giudiziari che s'intrecciavano, ma vennero svolti in completa autonomia,
slegati come il delta di un fiume, senza tener conto del principale inerente alla
successione.
190
Paolo si trova in un garbuglio, in una rete tesa da perversi, esseri senza
scrupoli che tentano di soffocarlo, immerso in un pantano, sabbie mobili, per cui
deve usare attenzione, essere vigile per non sprofondare, soccombere.
E' rimasto invischiato in altre vicende giudiziarie, senza ragione, cause penali
promosse per approcci a ragazze con semplici parole, frasi di cortesia, lettere
affettuose, senza prevaricare, senza compiere alcun gesto violento.
Un tenero bacio sulla guancia, si è trasformato in un sensuale contatto sulla
bocca; parole scherzose, al mare, rivolte a una sirenetta, in bella mostra al sole,
vennero tramutate in atto di violenza con l'intento di baciarla sulle labbra.
La vicenda della fanciulla bionda è sfociata in tribunale non solo come una
molestia ripetuta, ma con l'aggiunta di una falsa, presunta, aggressione al
padre; mentre erano lui e i parenti a investirlo con grida, gesti violenti davanti
casa.
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ai principi della costituzione, ai diritti di libertà della persona, elementi essenziali
della convivenza.
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Riferimenti normativi, disposizioni e sentenze:
Atti pubblici
- legge n. 641, art.1-terdecies del 21.10.1978:
"Il personale in servizio ... è posto a disposizione delle regioni stesse"
- DPR del 31.03.1979 art.2:
"Il personale dell'***, in servizio in base ad atti adottati entro la data del 24
febbraio 1977 ... è attribuito alle regioni ... "
- telegramma Milazzo, Gabinetto Presidenza del Consiglio n.66500/04291 del
5.08.1979
- telegramma Franco Carraro, Presidente Coni, del 10.08.1979
- telegramma PierVirgilio Ortolani, Assessore Giunta Regione Lombardia, del
17.08.1979
- sentenza TAR Lombardia sez. I n.32/86 Reg. Dec. - n. 2246/79 Reg. Ric. del
20.01.1986
- sentenza Consiglio di Stato n.625/88 Reg. Dec. - n.576/1986 Reg. Ric. del
20.07.1988
" ... violazione di legge (art.112 e 122 DPR616/1977) ed eccesso di potere
per difetto assoluto di motivazione perchè avrebbe dovuto essere trasferito alla
Regione e non ad altro Ente come il Coni ... "
- Presidenza Consiglio dei Ministri Dipartimento Funzione Pubblica Serv. VII Rep.
2 atto n.41666/6.2.16.39 del 12.12.1989 - esecuzione decisione Consiglio di
Stato
- Giunta Regionale Regione Lombardia Servizio del Personale prot.
n.101121/25914 deliberazione n. 34958 del 16 aprile 1993:
" Legge regionale 28 giugno 1982 n.29 - inquadramento nel ruolo organico della
Giunta Regionale e definizione del trattamento economico del signor *** "
Atti privati
- sentenza Tribunale di Monza n. 2485/96 del 23.11.1996
- sentenza Tribunale di Monza n. 1317/01 del 24.05.2001
- sentenza Tribunale di Monza n. 3148/03 del 11.11.2003
sentenza Tribunale di Savona n. 562 del 3.12.2003
193
- ordinanza Tribunale di Monza n. 714/03 del 21.10.2004 R.G.Es.Immobili
- sentenza n. 416/5 - n. 2431/05 del 28.02.2005
- Procura della Repubblica n.5892/03/21 R.G.Mod.21 citazione del 22.04.2005
194
Tel. Coni e Regione Lombardia
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Sommario
3 - Introduzione
7 - La fanciullezza
23 - Lavoro ed eventi familiari
35 - Il seminario
40 - Falegname
51 - Il servizio militare
64 - Lo studio
73 - I campi di lavoro
81 - Scienze sociali e anni caldi
93 - Esperienze di lavoro
98 - Il pubblico impiego
105 - Vicenda amorosa
110 - Avvicendamenti nell'ente
121 - Ritorno alle origini
125 - Il kibbutz
138 - Il gruppo biblico
144 - In Nicaragua
155 - Cittadini, società, stato
162 - Insegnante
170 - In Brasile
177 - Considerazioni
184 - Infatuazione
193 - Riferimenti, normative, disposizioni, sentenze
195 - Tel. Regione Lombardia
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