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MUSICA CONTEMPORANEA: PROBLEMI E PROSPETTIVE - 1

Nicola Bernardini

1. Premessa

Questo è il primo di due interventi riguardanti la composizione musicale contemporanea. Mentre il primo
dei due si soffermerà sulle condizioni di esistenza ‘a monte’ della composizione stessa — vale a dire ciò
che, secondo l’opinione di chi scrive, offre campi d’intervento più o meno vasti ed incontaminati (pren-
dendo come spunto iniziale, in questo caso, il campo specifico della musica elettroacustica ed informatica)
— il secondo proporrà una riflessione su quelle strutture che si pongono ‘a valle’, siano esse quelle preposte
alla pedagogia e alla didattica o quelle che alimentano la distribuzione e la divulgazione della musica scritta
oggi.

2. Introduzione

L’evoluzione della musica elettroacustica offre un interessante punto di partenza per capire, seppure ad un
livello superficiale, alcuni dei travagli che la composizione contemporanea vive oggi — sia dal punto di
vista del pensiero musicale che da quello della prassi (al quale ci dedicheremo nella seconda puntata di
questo articolo).

La musica elettronica ha ormai più di quarant’anni.1 Quarant’anni sembrerebbero tanti in un’epoca in cui il
"progresso" viaggia sul filo dei mesi. La maggior parte dei compositori occidentali ha ormai avuto modo di
valutare il mezzo elettronico. Moltissime sono le riflessioni che sono scaturite da quelle esperienze. Alcuni
nodi fondamentali, tuttavia, rimangono ancora in un limbo di confusione e di oscurità. E’ necessario,
quindi, tornare indietro e verificare la ricerca passata, nel tentativo di chiarire meccanismi che - almeno in
apparenza - diventano sempre più complessi e poliedrici. In particolare, l’attenzione quasi esclusiva
all’aspetto tecnologico del mezzo elettronico ed ai suoi sviluppi ha sviato la riflessione che doveva vertere,
piuttosto, sull’identificazione preliminare delle "discontinuità" storiche introdotte dalle tecnologie elettroni-
che in campo musicale e sui corollari di queste discontinuità.2

3. La Riproducibilità dei suoni

1. Contrariamente alle apparenze, l’informatica musicale è più giovane di pochissimi anni soltanto.

2. Un’eccezione di riguardo è, a questo proposito, il Traité des Objets Musicaux di Pierre Schaeffer, Editions du Seuil-ORTF
1966.

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La riproducibilità elettronica dei suoni è, a mio avviso, il vero punto di rottura con un passato musicale nel
quale la musica (e non i suoni) veniva riprodotta attraverso un sistema di simboli (la notazione conven-
zionale). Se non altro perché essa ha, come vedremo introdotto dei cambiamenti che riguardano la
percezione di tutta la musica, e non soltanto quella generata con mezzi tecnologici affini a quelli della
riproduzione.

Non è il caso di ritornare qui sulle questioni riguardanti l’impatto sociale della riproducibilità. Questi
aspetti non sono secondari, ma essi sono già stati espressi in altri saggi giustamente famosi per la loro
lucidità e per la loro pertinenza.3 Vorrei invece concentrarmi su alcune tra le modifiche introdotte dalla ri-
producibilità dei suoni nella percezione delle strutture musicali.

3.1 Il passaggio da arte allografica ad arte autografica

Forse la più immediata (se non la più importante) tra queste modifiche è il passaggio della musica da arte
completamente allografica ad arte almeno parzialmente autografica. Questi due termini vennero introdotti
da un saggio di Nelson Goodman sui falsi artistici, per distinguere le arti la cui fruizione avviene in modo
diretto (arti autografiche, e.g. la pittura) da quelle la cui fruizione avviene in modo mediato, attraverso
l’interpretazione di un codice convenzionale di segni (arti allografiche, come la musica o la letteratura):4 le
arti autografiche sono passibili di falsificazione, mentre quelle allografiche sono infinitamente duplicabili.
Questo discorso è stato successivamente sviluppato da Umberto Eco affiancando a queste due nozioni
l’opposizione tra rappresentazione densa e rappresentazione discreta nei processi artistici.5 Una rappresen-
tazione discreta seleziona un codice che racchiude i tratti significativi di un processo artistico, rimandando
poi ad un interprete il compito di completare questo codice con gli elementi pertinenti ad una restituzione
completa dell’opera d’arte (arte interpretabile). Una rappresentazione densa non si avvale di questa medi-
azione, lasciando l’interpretazione direttamente al fruitore (arte interpretata).

Con la riproducibilità dei suoni, la musica, pur rimanendo un’arte duplicabile, scavalca la figura dell’inter-
prete spostando il proprio mezzo verso l’ascoltatore. Ovviamente, l’interprete esiste ancora, né intendo dire
che esso debba o stia per scomparire. Anzi, esso diventa, parzialmente, ‘autore’ del prodotto musicale o, in
un senso forse peggiorativo ma sicuramente molto funzionale, ‘prodotto’ esso stesso di consumazione più
facile e rapida (e quindi di maggiore appetibilità) da parte della società. Ma né la tradizione concertistica
né il sistema dello spettacolo devono sviare l’attenzione dal fatto che la fruizione della musica è ora imme-
diata e che la rappresentazione elettronica è densa (contiene in sé tutti gli elementi segnici necessari).6 Ed
in effetti, oggi la figura dell’interprete è più diversificata e sfumata: si pensi ai problemi posti dalla tape
music, alla figura del "tecnico del suono", alle installazioni sonore automatiche, ai robot musicali, ecc.

3. Cf. ad esempio, il saggio Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischer Reproduzierbarkeit in Walter Benjamin, Schriften,
Suhrkamp Verlag 1955; per i corollari musicali delle teorie di Benjamin, cf. Ivanka Stoianova, Musica e Tecnologia. Note
sull’attuale ricerca musicale , in Musica/Realtà n.11 pp.123-134, Unicopli Agosto 1983.

4. cf. Nelson Goodman, Languages of Art, III,3 Bobbs-Merrill 1968

5. cf. Umberto Eco, Trattato di Semiotica Generale, pg.241 e par.3.4.7, Bompiani 1975

6. Anche le problematiche della cosiddetta "Alta Fedeltà" non devono offuscare l’essenziale densità dei suoni riprodotti. Si
potrebbe assimilare la musica con le incisioni d’autore, viste da Goodman, appunto, come prodotti artistici parzialmente auto-
grafici (cf. Goodman, ibidem, p.114).

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3.2 La segmentabilità dell’oggetto musicale

Un’altra conseguenza della riproducibilità è la possibilità di manipolare integralmente le caratteristiche


temporali dell’oggetto musicale. Questa conseguenza porta alla segmentabilità del materiale sonoro ad un
livello paragonabile, per la prima volta, con quella dei linguaggi verbali. Numerosi studi di antropologia
strutturale e di linguistica funzionale dimostrano che la segmentazione rende un sistema di segni multi-
planare, assicurandogli la possibiltà cioè di rappresentare, per esempio, significanti e significati.7 Non si
tratta di proporre un avvicinamento semplicistico tra musica e linguaggio verbale. Piú importante è il fatto
che, attraverso la segmentazione, la riproducibilità dei suoni porta alla creazione di reti di connotazioni del
materiale musicale.8 Questa riflessione proviene dall’osservazione del fenomeno dell’ascolto odierno:
nell’ascolto, essenzialmente, valutiamo la collocazione del materiale sonoro confrontandola col nostro
bagaglio culturale. Questo meccanismo è ben diverso da quello dei periodi classico e romantico, epoche in
cui la riproduzione era limitata alla notazione convenzionale. Allora, gli elementi essenziali dell’ascolto
erano gli sviluppi lessicali, grammaticali e sintattici - quindi gli aspetti melodici, armonici e formali di un
linguaggio in fondo omogeneo (i.e. che manteneva essenzialmente lo stesso impianto connotativo, vale a
dire che quest’ultimo non veniva utilizzato).9

3.3 Riproduzione analogica e riproduzione digitale

Se è vero che la riproduzione dei suoni analogica ha aperto questa sostanziale discontinuità sin dall’inven-
zione del fonografo (fine del secolo scorso), gli effetti di questa rottura appaiono evidenti soltanto con la
riproduzione digitale dei suoni, oggi estremamente diffusa (e.g. Compact Disc, strumenti musicali digitali a
bassissimo costo, ecc.). La segmentabilità dei suoni è ormai totale, ed la manipolazione di dettagli para-
metrici piccoli a piacere diventa anch’essa riproducibile con esattezza. Inoltre, questa accresciuta seg-
mentabilità è percepibile in forma diretta dall’ascoltatore, senza intermediari: la musica diventa appunto
un’arte autografica. E ciò che prima poteva sembrare pura e semplice duplicabilità assume sempre più i
contorni di una falsificabilità, caratteristica precipua degli oggetti d’arte autografici (si pensi, ad esempio,
agli scandali sollevati dalle unioni ed dai sindacati di musicisti contro i cosiddetti campionatori, strumenti
digitali in grado di manipolare singoli suoni ricreando intere orchestre, o al caso dei patchwork musicali,
pezzi per nastro costruiti con frammenti sonori di altre musiche, ecc.). Di riflesso, gli aspetti connotativi di
un passaggio musicale predominano sugli aspetti sintattici e grammaticali. Insomma, l’ascolto "secolariz-
zato" prende il sopravvento sull’ascolto diretto. In questa luce è possibile capire anche l’interesse filologico
portato alle musiche di altre epoche storiche e di altre civiltà.

7. cf., tra tutti, Claude Levi-Strauss, Interlude du Discret, parte prima, 1-d, in Le cru et le cuit, Plon 1964, e André Martinet, Ele-
ments de linguistique generale, cap.3, Colin 1970. Per la definizione più semplice e diretta di significanti e significati, cf.
Roland Barthes, Elements de Semiologie, par. II-1.2 e II-1.3, Editions du Seuil 1964.

8. Per una definizione di connotazione, cf. Umberto Eco, ibidem, par.2.9. C’è da notare che, nel caso della musica, si tratta pur
sempre di connotazioni auto-referenziali (i.e. che rimandano ad altro materiale musicale o ad altro contesto musicale).

9. Per un’analisi più approfondita di queste mutazioni, cf. Nicola Bernardini, Semiotics and Computer Music Composition, in
Proceedings of the 1985 International Computer Music Conference, Computer Music Association San Francisco 1985.

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4. Conseguenze Musicali

In campo musicale, il suono riporducibile significa quindi, sostanzialmente, un modo diverso di ascoltare e
capire la musica. Ciò nonostante, la composizione musicale sembra aver scalfito appena la superficie di
questo fenomeno (o meglio: si è interessata agli aspetti più appariscenti - le possibilità della radio, gli
aspetti sociologici, ecc.). I cambiamenti del comporre, persino le cosiddette "rivoluzioni", sono ancora con-
dotti nei termini evolutivi del secolo scorso (estensioni delle grammatiche, delle pratiche strumentali, delle
possibilità sonore, ecc.). I motivi dello scarso interesse verso cambiamenti della percezione musicale sono
numerosi e complicati. Sarà perciò più proficuo analizzare tre atteggiamenti abbastanza diffusi nella com-
posizione contemporanea, evidenziando in seguito alcune prospettive potenziali e concrete dell’elettronica e
dell’informatica musicale. Questi atteggiamenti sono indipendenti dall’uso o dal rifiuto degli strumenti e-
lettronici, benché si riferiscano quasi esclusivamenite all’ala "innovativa" della musica contemporanea. Ad
ogni modo, sia chiaro che non si intende esprimere qui giudizi di valore sui risultati musicali di questi
atteggiamenti quanto considerarne piuttosto le prospettive concrete o potenziali. L’indipendenza tra
atteggiamento e risultato musicale si è costantemente ripetuta nella storia della musica occidentale; la valu-
tazione degli atteggiamenti, quindi, non autorizza in alcun caso un trasferimento del giudizio ai risultati
musicali che devono essere analizzati in altra sede.

Alcuni compositori vedono lo strumento elettronico come un altro strumento musicale, con essenzialmente
le stesse caratteristiche strutturali degli strumenti tradizionali (estensione, articolazione, ecc.). Non solo essi
non colgono, quindi, gli elementi di innovazione di fondo, ma nemmeno la possibilità di accedere a una
diversa strutturazione del materiale viene presa in considerazione. Usano gli strumenti elettronici perché
questi esistono e sono più o meno disponibili; talvolta ne esaltano persino le prestazioni (sempre in termini
di estensione, articolazione, ecc.); potrebbero benissimo utilizzare strumenti tradizionali senza traumi per il
risultato musicale effettivo.

Altri colgono le possibilità tecniche nuove dello strumento elettronico e informatico. I risultati musicali
risentono quindi, talvolta in maniera eclatante, delle diverse caratteristiche concettuali degli strumenti elet-
tronici. I meccanismi evolutivi della composizione musicale rimangono però ancorati ad una continuità
storica che non tiene in considerazione la frattura prodotta dalla riproducibilità dei suoni. Farò alcuni
esempi di questi meccanismi - mi si perdoni la stringatezza categorica. La distribuzione probabilistica dei
suoni, formalizzata attraverso l’uso dei calcolatori, è, a ben vedere, un’estensione lessicale delle proble-
matiche estetiche introdotte dall’aleatorietà; l’elaborazione di similitudini formali tra elementi musicali
microscopici e macroscopici (tanto cara ai creatori di "fasce sonore") è, in fondo, una generalizzazione
dell’elaborazione motivica; le elaborazioni timbriche sofisticate non sono certamente nate con la musica e-
lettronica, ed i ritmi irrazionali sono figli delle figurazioni ritmiche sperimentate nelle prime decadi di
questo secolo. E potremmo continuare con il microtonalismo, le combinazioni spettrali, le tecniche stru-
mentali estese, ecc. Non è certo questione qui di cancellare la tradizione, né di banalizzare sviluppi impor-
tanti dal punto di vista musicale; si tratta piuttosto di capire che lo strumento elettronico non è certo essen-
ziale per questi sviluppi, anche se è strumentalmente indispensabile per il raggiungimento di certi risultati.

Altri ancora infine, consciamente o meno, hanno saputo sfruttare, in alcuni o in tutti i loro brani, le nuove
caratteristiche dell’ascolto nell’era della riproducibilità dei suoni. Non si tratta per forza di "compositori di
musica elettronica", e anzi alcuni di essi non hanno conosciuto affatto gli strumenti elettronici (Charles
Ives, ad esempio). Per di più, i risultati musicali sono spesso partiture per strumenti tradizionali, come ad
esempio i pezzi orchestrali dello stesso Ives, Sinfonia ed altri lavori di Luciano Berio, il Concerto Grosso
del compositore sovietico Alfred Schnitke o alcuni studi per pianola di Conlon Nancarrow. In effetti, la
musica elettronica non è che, come accennavo all’inizio, un corollario di un fenomeno più generale, la ri-

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producibilità dei suoni.

C’è da aggiungere che, come è normale nell’evoluzione di qualsiasi concetto o di qualsiasi estetica, sono
stati colti finora solo gli aspetti più appariscenti delle possibilità generate dal "nuovo" modo di ascoltare la
musica. Affastellamenti o accostamenti immediati di citazioni da materiali musicali diversissimi tra loro,
rapidissime modulazioni di contesto per mezzo di brevi quodlibet, apparizioni di melodie popolari sovrap-
poste ad elementi armonici di tutt’altra connotazione: si potrebbe affermare che, in fondo, citazioni e
quodlibet sono tecniche ed accorgimenti compositivi abbondantemente utilizzati dai compositori del pas-
sato, Mozart e Haydn in testa. Non bisogna confondere, però, lo Scherzo della Quinta Sinfonia di Mahler
con la terza parte di Sinfonia di Berio, anche se un accostamento simile è suggerito dallo stesso autore.10 Il
sublime sfacelo del valzer dello Scherzo è la più alta espressione, forse, di un uso poetico della citazione: il
valzer è lì, si risolleva quasi per intero davanti all’ascoltatore, prima di disintegrarsi in modulazioni affan-
nate e ritmiche convulse. Anche Berio usa citazioni come materiale di base, ma sono queste stesse, ora, a
travolgersi l’una con l’altra in una precipitosa fuga in avanti. Berio punta il dito sulla totale schizofrenia di
un meccanismo di ascolto concentrato sulle connotazioni di ogni articolazione musicale, schizofrenia che a
sua volta è solo un dettaglio di un più generale travaglio di una società (globale, questa volta) privata dei
suoi récits, dei suoi valori e miti generalizzati.11

Ad ogni buon conto, i dubbi sono legittimi perché la presa di coscienza di questi meccanismi è ai suoi pro-
dromi ed una sua utilizzazione musicale avanzata non è certo avvenuta ed è tutt’altro che semplice.

5. Problemi e Prospettive

A questo punto si può tentare, tuttavia, di intravvedere aperture e potenzialità più complete di questo modo
di concepire la composizione per capire la collocazione dell’elettronica e dell’informatica al loro interno.

5.1 Problemi

Dalle esemplificazioni dei paragrafi precedenti emerge un problema che potrebbe essere sintetizzato come
segue: i meccanismi evolutivi della composizione musicale in vigore ancora oggi sono, in fondo, quelli nati
con la progressiva laicizzazione della musica a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo. Questa affermazione,
forse un po’ estremista ha bisogno di qualche spiegazione in più. Gli aspetti interessanti ed innovativi di
molti lavori contemporanei sono legati ad estensioni più o meno pronunciate di lessici o grammatiche musi-
cali esistenti, estensioni che possono procedere sia per continuità che per opposizione. Quindi, anche se i
risultati ed i materiali potrebbero sembrare a prima vista molto diversi, in fondo il mestiere del comporre è
rimasto uguale: letteralmente, comporre suoni seguendo o trasgredendo logiche più o meno personali o
comuni, facenti parte di grammatiche più o meno accettate o rifiutate in un certo periodo storico o in un
certo clima culturale. Il problema è che nel passato, l’estensione, la trasgressione, lo sconvolgimento ed

10. La terza parte di Sinfonia utilizza lo Scherzo della Seconda Sinfonia di Mahler come "generatore da cui proliferano un gran
numero di figure musicali". cf. Luciano Berio, Sinfonia, note di programma.

11. cf. Jean-Francois Lyotard, La condition postmoderne, pp.54 e sgg., Editions de Minuit - 1979

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infine la polverizzazione delle sintassi, delle grammatiche e dei lessici (siano essi l’armonia tonale, le
regole ritmiche del contrappunto, la scala temperata, ecc.) servivano a mantenere saldamente il senso
direzionale nella forma di un brano musicale: un controllo sempre più raffinato sulle tensioni e le disten-
sioni generate da meccanismi sempre più sofisticati di costruzione di aspettative nell’ascoltatore. All’inizio
di questo secolo questo processo esaurisce le proprie prospettive. Si smarrisce, progressivamente, il senso
direzionale che aveva fino a quel punto dominato: il discorso musicale si astrae, vengono formalizzati
lessici e grammatiche in cui l’aspetto "architettonico" astratto della musica prende il sopravvento. Queste
modifiche si basano sugli stessi meccanismi evolutivi di una musica in cui l’aspetto "architettonico" aveva
certamente una parte importante, ma subordinata rispetto alla necessità di mantenere salda una direzionalità
del discorso musicale. Il risultato odierno è spesso un errabondo vagare del compositore alla ricerca di un
qualche scampolo d’innovazione rimasto inevaso dagli esperimenti di coloro che lo hanno preceduto. Si
parla insistentemente di fine della musica, società di concerti e case editrici fanno e disfano miti fittizi per il
consumo immediato dei pochi interessati che ancora seguono questo penoso incedere, e si guarda ai mezzi
elettronici ed informatici con uno scetticismo che preclude ogni volontà seria di studio.

5.2 Il rapporto tra musica e scienza

Ed è in questa atmosfera che proliferano numerosi equivoci. Uno dei più comuni è quello di un presunto
legame "scientifico" dell’informatica musicale, una sorta di assunzione neo-positivista della composizione.
Si pensa che basti l’utilizzazione dei numeri e degli strumenti più adatti a manipolarli (gli strumenti matem-
atici, perché no?) perché la musica restituisca quel determinismo gratificante che, col proprio linguaggio,
essa non riesce più a fornire. La doppia preparazione scientifico-musicale è di rigore per i compositori che
vogliano dedicarsi agli strumenti elettronici, e dall’altra parte ben volentieri gli scienziati si scoprono final-
mente provetti musicisti (anche questo è gratificante, per chi il determinismo lo ha sperimentato tutta la
vita). Vengono fondati "centri di ricerca" dedicati alla musica, per poi scoprire che, in fondo, se di ricerca
si tratta, altro non è che normalissimo sviluppo tecnologico applicato ad un campo estremamente ristretto
ancorché all’avanguardia. E così questi tanto decantati "centri" diventano, dopo poco, fonti di novità gratu-
ite o quasi per l’industria degli strumenti musicali dedicati alla musica di consumo. La quale non ha
bisogno di ricerca né è certo disposta a finanziarla: le sta benissimo di utilizzarne i risultati, tanto più che ci
sono gli ingenui, i "pionieri", felici di svendere i risultati della loro creatività.

E‘ difficile, quindi, far notare che la scienza è una cosa seria, che la musica è una cosa altrettanto seria, che
le due cose sono assolutamente diverse e poco compatibili tra di loro anche se Einstein suonava il violino e
se qualsiasi suono può essere scomposto in una serie non-finita di onde sinusoidali di frequenza multipla.
Sarebbe come dire che la musica per pianoforte da agli artigiani del legno la possibilità, finalmente, di
esprimersi creativamente (e che, d’altra parte, i compositori si debbano specializzare in falegnameria).

5.3 Prospettive

Ma le cose stanno veramente così? Sembrerebbe che il nodo centrale del problema sia la perdita delle carat-
teristiche direzionali delle innovazioni nei linguaggi musicali. Da un’analisi più approfondita dei meccan-
ismi di ascolto odierni può forse venire una risposta. In effetti estensioni di tipo lessicale ("nuovi" intervalli,
"nuove" combinazioni di note, "nuove" cadenze ritmiche ecc.) e di tipo grammaticale ("nuove" progressioni

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armoniche, "nuove" modulazioni, ecc.) erano gli strumenti compositivi adatti ad un ascolto che su di esse
costruiva meccanismi di aspettative sempre nuovi, mantenendo quindi una robusta direzionalità dell’evento
musicale. Sembrerebbe che ora, quindi, la manipolazione dei contesti e delle connotazioni possano creare
ora una nuova direzionalità del discorso musicale. Tensione e distensione diventano funzioni controllabili
attraverso la creazione di contesti musicali più o meno stabili, più o meno ambigui, ecc.; questi contesti
possono poi venire disattesi, confermati, stravolti, ecc., secondo le specifiche necessità musicali di ciascun
lavoro. Queste operazioni possono sovrapporsi, alternarsi, modularsi l’una con l’altra, come di consueto
nella pratica compositiva. Ciò significa anche che questo saggio non è certo mirato a stabilire un "nuovo"
stile, una "nuova" estetica. Qualsiasi stile, qualsiasi estetica può prendere in considerazione l’ipotesi che
l’ascolto sia effettivamente cambiato. Per alcuni si tratterà di lavorare con sottili chiaroscuri connotazion-
ali, altri arriveranno alla "organization du délire" (questa volta in maniera più concreta), ed altri ancora
inventeranno altri approcci.

Ogni elemento musicale, in sé, sembra essere ormai completamente arbitrario (al pari di un fonema).
Invece, la combinazione dell’elemento con altri genera intrinsecamente una rete di connotazioni. E‘ questa
che deve essere composta con le altre. Questo significa anche che le strutture costruttive del passato pos-
sono essere non solo utilizzate ma ulteriormente sviluppate. Esse garantiscono, infatti, le proprie conno-
tazioni distintive (i.e. "suonano" in modo caratterizzato ed identificabile). Operando su tutte le dimensioni,
inclusi i codici, si crea una direzionalità nuova, in grado di far fronte all’ascolto contemporaneo.

Nicola Bernardini

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