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Salvatore Leonardi
Francesco Nicosia
LE INTERSEZIONI
STRADALI IN
AMBITO
EXTRAURBANO
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
INDICE
1. PREMESSE…………………………………………………………………… 1
6. ROTATORIE…………………………………………………………………. 31
6.1 Dimensionamento delle rotatorie………………………………………….… 33
7. ZONE DI SCAMBIO………………………………………………………… 35
I
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………... 92
II
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
LE INTERSEZIONI STRADALI
IN AMBITO EXTRAURBANO
1. PREMESSE
Il sistema stradale è costituito da una rete, più o meno complessa, articolata in nodi
ed archi (o rami).
L’utente stradale sceglie il suo itinerario nell’ambito delle possibilità, a lui note,
offertegli dalla rete, utilizzando i rami e i nodi che a lui appaiono più convenienti per
andare da A a B (Fig. 1).
5
9 B
A
nodo 6
8
7 3
1
ramo
2
Come è noto esiste una gerarchia fra i vari rami della rete che generalmente è
funzione della capacità offerta e della velocità ammissibile, per cui alcuni rami avranno
caratteristiche autostradali, altri di viabilità ordinaria, altri ancora di viabilità minore.
Il nodo che è l’elemento di interconnessione fra i vari rami della rete, assume
caratteristiche diverse a seconda della tipologia di rami che in esso si connettono. Il
numero di rami confluenti in un nodo è almeno tre (intersezione a T), più comunemente
è quattro (generico incrocio), raramente è maggiore di quattro.
Il principio basilare di analisi di un nodo è quello di individuare i flussi di traffico per
ognuna delle direzioni possibili nel nodo. Per esempio, in un nodo in cui confluiscono
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
tre rami le direzioni possibili sono sei, in un nodo “a quattro rami” sono dodici e così
via.
Dall’analisi della domanda si capisce il peso relativo di un ramo rispetto agli altri e
quindi si possono individuare le modalità di soluzione del problema.
Occorre tuttavia considerare preliminarmente l’esistenza di alcune specificità
condizionanti che possono obbligare a delle scelte, indipendentemente dai flussi. La più
evidente di queste riguarda le autostrade in cui è proibita, per definizione, ogni
intersezione a raso con altre infrastrutture. Tuttavia, questa condizione dirimente non
esclude la necessità di analisi, come già detto, in quanto a valle della decisione “livelli
sfalsati” la gamma di scelte possibili è ampia.
9 punti di conflitto
3 punti di divergenza
3 punti di convergenza
3 punti di intersezione
32 punti di conflitto
8 punti di divergenza
8 punti di convergenza
16 punti di intersezione
8 punti di conflitto
4 punti di divergenza
2 punti di convergenza
2
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Si evidenzia quindi come primo orizzonte di scelta, quello fra intersezione “a raso”
ed intersezione “a livelli sfalsati”.
A parte il caso autostradale in cui questo primo passo è obbligato, in tutti gli altri casi
è funzione della distribuzione della domanda. E’ evidente, infatti, che in ogni nodo si
creano delle conflittualità fra le varie direzioni possibili le cui traiettorie si intersecano
in un certo punto (figura 2). A seconda dei flussi, tali conflittualità possono essere
risolte con la semplice regolazione della precedenza, con un impianto semaforico, o,
infine, con lo sfalsamento delle quote di attraversamento, che può essere a due o più
livelli.
Intersezione a T
5 6
4 5
4
2 1
3 2
3
7 8 7 9
8
1: 2, 3, 5 1: 2, 3, 5, 6
2: 4, 8 2: 1, 4, 9, 12
3: 7 3: 8, 11
4: 7, 10
Figura 3. Esempi di intersezioni a raso regolate dal segnale di STOP ed indicazione delle priorità di
manovra.
3
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
∑ Vc , y ⋅t 0
y
3600 −
C p,x = ⋅ e 3600 [1]
tf
dove:
♦ Cp,x = capacità potenziale della manovra secondaria x (veicoli leggeri/ora);
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Pendenza (%)
Tipo di veicolo -4 -2 0 +2 +4
Motociclo 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7
Veicoli leggeri 0.8 0.9 1.0 1.2 1.4
a
SU/RVs 1.0 1.2 1.5 2.0 3.0
b
Combinazione di veicoli 1.2 1.5 2.0 3.0 6.0
c
Tutti i veicoli 0.9 1.0 1.1 1.4 1.7
a
Singola unità di veicoli pesanti e veicoli ricreazionali.
b
Include combinazioni di rimorchi e autobus.
c
Se la combinazione di veicoli non è nota, possono essere usati questi valori come approssimazione.
Tabella 1. Veicoli leggeri equivalenti per intersezioni non semaforizzate in base all’HCM 94.
Nel calcolo di Vc,y (il flusso in conflitto) bisogna tenere conto di alcune situazioni
particolari, quali ad esempio:
• La svolta a destra dalla secondaria: in questo caso il flusso in conflitto è soltanto
quello che percorre in attraversamento la corsia di destra della principale, cui è
opportuno aggiungere la metà del flusso che gira a destra dalla principale nel
caso in cui quest’ultima manovra non sia dotata di corsia dedicata. Questo per
tener conto della mancata segnalazione di svolta a destra da parte di diversi
utenti.
• La svolta a sinistra dalla principale: sicuramente il flusso in conflitto è quello
opposto sulla principale in attraversamento a cui si aggiunge anche quello in
svolta a destra a meno che quest’ultimo sia condizionato dallo stop.
• La manovra di attraversamento sulla secondaria: il conflitto avviene con tutti i
flussi della principale a meno della svolta a destra che è valutata per metà, per
tenere conto del mancato segnalamento.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Sempre l’HCM 94 riporta in due abachi (uno per strada principale a due corsie ed
uno per strada principale a quattro corsie) i valori della capacità potenziale di ogni
singola manovra in funzione del volume di flusso in conflitto, nell’ipotesi che non ci sia
alcuna influenza da intersezioni vicine e che ci sia una corsia dedicata per ogni singola
manovra (Fig. 4).
Evidentemente, a parità di volume di flusso in conflitto, le curve degli abachi
esprimono una capacità decrescente in funzione della posizione gerarchica della
manovra (massima per la svolta a sinistra dalla principale e minima per la svolta a
sinistra dalla secondaria).
Come già detto, questi abachi presuppongono che ogni manovra abbia una sua corsia
dedicata. Tuttavia non sempre ciò è possibile e spesso si ha il caso di dover usare in
modo promiscuo la stessa corsia per più manovre (sia sulla secondaria che sulla
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
principale). In questo caso l’HCM 94 indica come tener conto di questo ulteriore
condizionamento.
Figura 4. Abachi per il calcolo della capacità potenziale delle manovre in funzione del flusso in
conflitto e del tipo di manovra (strada principale a 2 corsie, strada principale a 4 corsie).
A ≤5
B >5 e ≤ 10
C >10 e ≤ 20
D >20 e ≤ 30
E >30 e ≤ 45
F >45
Tabella 3. Livelli di servizio per le intersezioni non semaforizzate in base all’HCM 94.
L’HCM riporta, in un abaco, il tempo medio di attesa in funzione del flusso che
desidera effettuare una certa manovra e della capacità offerta per quella manovra
(Figura 5).
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Figura 5. Abaco per il calcolo del tempo medio di attesa (D) in funzione del flusso di manovra e della
capacità offerta per ogni manovra.
E’ evidente che esistono delle intersezioni in cui una sola manovra presenta un basso
livello di servizio mentre tutte le altre appaiono soddisfacenti. In questi casi si può
cercare di migliorare, se possibile, la geometria dell’intersezione con l’aggiunta di
corsie dedicate. Se questi tentativi si rivelano insufficienti, soprattutto in caso di più
manovre contemporanee, allora bisogna ricorrere alla semaforizzazione
dell’intersezione.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
d1
Punto di collisione
V1
1
d2
V2
2
Il primo requisito di visibilità, che deve garantire qualsiasi incrocio a raso, concerne
la possibilità di discernere da sufficiente distanza la zona di potenziale conflitto
all'interno dell'incrocio.
Si ritiene al riguardo indispensabile che tale zona sia perfettamente visibile ad una
distanza almeno pari a Ds (distanza di visibilità per il sorpasso) per la strada principale e
Df (distanza di frenatura) per la secondaria, secondo le formule:
D s = 10 ⋅ v [2]
v2
Df = v ⋅ t + [3]
i
2 ⋅ g ⋅f ±
100
dove:
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
¾ intersezione libera;
¾ intersezione regolata dal segnale di precedenza;
¾ intersezione regolata dal segnale di Stop.
Nel caso di una intersezione libera (Fig. 7) per la quale la precedenza viene concessa
alla destra senza alcuna corrente privilegiata, la collisione può essere evitata se i veicoli
che sopraggiungono si possono reciprocamente vedere ad una distanza pari per ciascuno
a quella di arresto Df definita dalla [3].
Si individuano così i quattro triangoli di visibilità, rappresentati in figura, le cui
ipotenuse delimitano la zona tratteggiata che deve essere libera da ostacoli affinché
l’intersezione risulti sicura.
Nel caso in cui l'incrocio sia regolato dal segnale "dare la precedenza" (Fig. 8), la
zona di visuale libera dovrà essere calcolata supponendo che il guidatore del veicolo che
percorre a bassa velocità la strada secondaria, alla distanza di 30 metri dal ciglio della
strada principale possa vedere sull'asse della principale un tratto L la cui lunghezza si
ricava, in funzione della velocità di riferimento dell’intersezione, dalla curva A presente
nell’abaco riportato in figura 10, suggerito dalle Norme italiane tenendo conto delle
caratteristiche del nostro parco veicolare.
I lati del triangolo di visibilità saranno quindi pari a 30 m lungo la secondaria e
uguali ad L lungo la principale.
10
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Df2
Df2
Df1 Df1
Nel caso in cui la strada secondaria sia regolata dal segnale di Stop (figura 9), dovrà
essere assicurata al guidatore del veicolo marciante sulla secondaria la visibilità di un
tratto L’ dell'asse della principale sufficiente a consentirgli, partendo da fermo e da una
distanza di 3 m dal ciglio (per ciglio si intende, ai sensi delle Norme, la linea ideale a
delimitazione della corsia esterna) della strada principale, la manovra di immissione o di
attraversamento senza causare rallentamenti sensibili o altri condizionamenti nella
corrente veicolare principale.
La lunghezza L’ si ricava in funzione della velocità caratteristica dell’intersezione
(quella dell’85° percentile o quella di progetto, a seconda se, rispettivamente, si tratta di
strada esistente o di strada di nuova realizzazione) dall’abaco di figura 10, dalla curva B
nel caso che la strada principale nella zona dell’intersezione è a due corsie, oppure dalla
curva B’ se essa è stata allargata per creare una zona di accumulo per i veicoli che
svoltano a sinistra nella strada secondaria.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
30 m
30 m
30 m
30 m
L L
3m
3m
L’ L’
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Questo sistema determina però la riduzione a valori bassissimi della velocità dei
veicoli ed è pertanto utilizzabile solo nel caso in cui almeno una delle due strade sia di
modestissima importanza. Negli altri casi, pur ammettendo che la velocità dei veicoli in
corrispondenza dell'intersezione possa essere ridotta rispetto alle velocità di progetto
delle strade interessate, i raggi di svolta assumono valori tali da richiedere un aumento
notevole dell'area dell'intersezione. A ciò si aggiunge il fatto che spesso, come vedremo,
in prossimità dell'intersezione, la larghezza della strada deve essere aumentata, allo
scopo di creare delle corsie supplementari, di accelerazione, di decelerazione, di
accumulo. Se si lasciasse una così vasta area senza alcuna sistemazione, i veicoli la
percorrerebbero in modo disordinato, i punti di conflitto fra le varie correnti si
moltiplicherebbero con grave intralcio alla circolazione e con serio pericolo di incidenti.
Per evitare questi inconvenienti è necessario canalizzare le varie correnti di traffico
delimitando opportunamente la zona dell'intersezione riservata a ciascuna di esse con
l'ausilio di isole generalmente non pavimentate.
Le Norme italiane prevedono che un'intersezione come quella rappresentata in figura
11, realizzata mediante il semplice arrotondamento degli spigoli, possa essere adottata
quando le strade sono di tipo B, C, IV, V e VI, purché sulla strada principale, che è
generalmente quella indicata con X in Fig. 11, le svolte a sinistra siano così poche da
non richiedere una corsia specializzata per l'accumulo. Quando l'intersezione è a quattro
bracci, si può realizzare lo schema di Fig. 12 simmetrico se le strade sono di tipo B o C.
Per le strade IV, V e VI, sempre nel caso in cui nella strada principale non siano
necessarie corsie di accumulo, le norme prevedono l'adozione dello schema di figura 13,
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
nel quale le due correnti della strada secondaria sono separate, in prossimità
dell'intersezione, da isole divisionali del tipo detto a goccia.
Figura 12. Intersezione a quattro bracci senza allargamento delle carreggiate per strade di tipo B o C.
Figura 13. Intersezione a quattro bracci senza allargamento delle carreggiata della strada principale.
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Questo provvedimento deve essere adottato quando questa portata non è trascurabile,
per consentire ai veicoli di ridurre la velocità fino al valore proprio della curva di svolta,
senza costringere al rallentamento anche i veicoli della corrente diretta.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Negli schemi esaminati s'interrompe il flusso dei soli veicoli che debbono arrestarsi
agli STOP, mentre le altre correnti subiscono solo degli eventuali rallentamenti, senza
però mai arrestarsi. Se però le portate delle correnti da attraversare sono notevoli, i
tempi di attesa allo STOP possono crescere fino a valori che i conducenti giudicano
intollerabili, per cui essi sono portati a eseguire l'attraversamento anche se l'intervallo
nella corrente da attraversare non è sufficiente, con pericolo di incidenti; inoltre, quando
la portata che deve attraversare è notevole, può accadere che essa s'impadronisca
dell'intersezione causando l'arresto della corrente attraversata. In questi casi si ricorre
alla regolazione semaforica delle intersezioni rappresentate negli schemi precedenti, la
quale ha il compito di disciplinare le manovre che avvengono all'intersezione,
determinando il periodico arresto di ciascuna corrente.
Si è già visto, al paragrafo 2, come si valutano le “prestazioni” delle intersezioni
regolate dal diritto di precedenza, e si è avuto modo di osservare come un fattore
discriminante sia costituito dai tempi medi di attesa (analoghe considerazioni verranno
svolte, nel paragrafo 8, a proposito delle intersezioni semaforizzate). Si ribadisce
pertanto un concetto già espresso: allorquando i ritardi accumulati dagli utenti in coda
alle intersezioni diventano intollerabili, diventa necessario ricorrere allo sfalsamento
dell’intersezione.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
• non inferiore a 3.00 m sulle strade con volumi di traffico normali e con transito
vietato a veicoli articolati o con rimorchio;
• non inferiore a 3.50 m sulle strade con grandi volumi di traffico e senza
limitazioni al transito dei veicoli anzidetti.
Lm Lr
La lunghezza Lm deve essere dunque valutata in funzione dei tempi di attesa in coda
da parte dei veicoli che si immettono. Per la pratica valutazione della lunghezza Lm e
per la costruzione geometrica del tratto di raccordo di lunghezza Lc, si può fare
riferimento al paragrafo 14 relativo alle problematiche del tronco di attacco per le
intersezioni a livelli sfalsati.
v 2 = 2.5 ⋅ R [4]
dove:
20
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
v1
v1 v2
Lc Lm
V12 − V22
Lm = [5]
p
26 ⋅ a +
10
dove:
• V1 = velocità di entrata nella corsia di decelerazione, da assumersi pari a 3/4 della
velocità di progetto nelle strade di nuova costruzione e alla velocità dell'85°
percentile della distribuzione cinematica di tutti i veicoli rilevati nella tratta in
questione nel caso di strade esistenti (km/h).
• V2 = velocità di uscita dipendente dal raggio di svolta, calcolata tramite la [4] e
convertita in km/h.
• a = decelerazione ammissibile da assumersi pari a 2 m/s2.
• p = pendenza in percento della strada (negativa in discesa e positiva in salita).
A proposito della velocità di ingresso V1, il CNR consiglia di far riferimento alla
velocità di progetto della strada da cui si diparte la corsia di decelerazione. Si ritiene
però inappropriato tale criterio, in quanto la velocità di progetto di fatto viene molto
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
raramente raggiunta nella circolazione ordinaria e non certamente da parte di veicoli che
devono svoltare a destra nell'incrocio.
Lc Lm Ln
Figura 18. Elementi geometrici della corsia di accumulo (o corsia centrale di svolta a sinistra).
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
“teorie delle code” si è visto che l’intervallo critico, nella maggior parte delle situazioni
analoghe a quella prospettata, si mantiene poco al di sotto di 8 s.
Strada
secondaria
Corrente principale Q1 Q1
Corrente secondaria Q2 Q2
Strada principale
Figura 19. Portate in gioco per la valutazione della lunghezza delle code.
E’ stato quindi possibile ricavare un abaco (Fig. 20) tramite il quale si può calcolare
la lunghezza media della coda corrispondente ad un punto di conflitto caratterizzato da
un intervallo critico pari ad 8 secondi.
Figura 20. Abaco per il calcolo della lunghezza media della coda in corrispondenza di un punto di
conflitto caratterizzato da un intervallo critico T = 8 s.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
In maniera del tutto analoga, si può far riferimento ad un altro abaco (Fig. 21) che
consente la valutazione dei tempi di attesa (sempre in corrispondenza di T = 8 s).
Figura 21. Abaco per il calcolo del tempo medio di attesa in corrispondenza di un punto di conflitto
caratterizzato da un intervallo critico T = 8 s.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
In definitiva si ha:
Ln = 2 ⋅ 6 ⋅ q [6]
Lr = V ⋅ b [7]
dove:
¾ b = allargamento massimo della sezione trasversale (metri), pari alla larghezza
delle corsie supplementari qualora esso sia realizzato da un solo lato; in caso
contrario esso sarà pari alla metà della larghezza suddetta;
¾ V = velocità di marcia della corrente principale (km/h), da assumersi pari all’85°
percentile su strade esistenti o ai 3/4 della velocità di progetto su strade di nuova
realizzazione.
Lr
Figura 22. Conformazione del ciglio esterno per effetto della presenza di una corsia centrale di
accumulo (in questo esempio l’allargamento è realizzato da due lati).
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
bx
b
Lx
Lr
Figura 23. Sagomatura del ciglio della carreggiata per realizzare l’allargamento in corrispondenza di
una corsia di accumulo o di una corsia di attesa.
Il raccordo dei cigli sarà conformato secondo un tratto parabolico (Fig. 23), la cui
costruzione, per punti, si basa sulla seguente relazione:
bx = ex ⋅ b [8]
dove:
♦ bx = allargamento trasversale in corrispondenza dell’ascissa Lx;
♦ ex = allargamento relativo (adimensionale) valutabile dalla tabella 4 in funzione
del rapporto Lx/Lr.
Lx/Lr ex Lx/Lr ex
0.50 0.5000
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
b) per i raggi:
R1 : R2 : R3 = 2.5 : 1 : 5.5
α3
R3
R1 R3
α1
R2
α2 R1
R2
Figura 24. Sagomatura dei cigli delle corsie di svolta a destra a mezzo delle tricentriche.
I valori minimi del raggio R2, per intersezioni tra strade “omogenee”, si ricavano
dalla tabella 5 in funzione dell’angolo (δ) di deviazione dei cigli. Nelle intersezioni
disomogenee, il tracciamento della striscia esterna individuante il margine delle corsie
di svolta a destra si effettua con riferimento ai valori relativi al ramo dell’intersezione di
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
caratteristiche superiori. Si osservi, infine, che i raggi indicati nella tabella 5 sono
relativi ad incroci urbani; nel caso di incroci tra strade extraurbane si suggerisce di
adottare i valori dell’ultima colonna della tabella.
R2 minimi
Intersezioni tra strade Intersezioni tra strade di Intersezioni tra strade di
δ locali quartiere scorrimento
65° 10 m 17 m 38 m
90° 8m 12 m 25 m
110° 6m 10 m 18 m
Tabella 5. Raggi minimi (R2) del ciglio stradale relativi ad intersezioni omogenee.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
29
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Asse della
principale R1 R=0.60
Asse della
secondaria R2
1.50
1.50
R=0.60
A
Segnaletica e
orizzontale
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
La forma più comune è quella triangolare per indirizzare il traffico di svolta a destra,
separandolo contemporaneamente da quello diretto.
Le intersezioni su cui si effettuano molte manovre di svolta possono richiedere più
isole per canalizzare i vari movimenti; esiste però un limite dettato dalla necessità di
non ingenerare confusione negli utenti e di non alterare la funzionalità cinematica
dell’incrocio. E’ preferibile pertanto realizzare poche e grandi isole piuttosto che molte
e piccole.
Il tracciamento dei cigli corrisponde ai bordi delle corsie interessate e pertanto non si
richiedono modalità particolari di tracciamento; si consiglia comunque di mantenere una
sezione trasversale libera di almeno 5.50 m comprensiva di banchina praticabile,
arretrando i contorni dell'isola direzionale e sostituendoli con segnaletica orizzontale.
6. ROTATORIE
Una rotatoria (Fig. 28) è formata da una carreggiata stradale circolare a senso unico
su cui converge un certo numero di bracci di entrata e nella quale tutta la circolazione
segue la medesima direzione, in senso antiorario, attorno all’isola centrale.
Dal punto di visto dell’organizzazione della circolazione, si può notare che il traffico
che proviene da una qualunque strada e che è diretto nella strada contigua di destra,
rimane a destra e non si intreccia. Il traffico diretto ad una delle strade successive alla
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
50 km/h 40 km/h
65 km/h 50 km/h
80 km/h 55 km/h
95 km/h 65 km/h
Tabella 6. Velocità di base delle rotatorie in funzione delle massime velocità di progetto delle strade
confluenti (fonte: A.A.S.H.O.)
Per ciò che riguarda la distanza minima fra due successive vie confluenti nella
rotatoria, occorre preliminarmente ribadire che l’aspetto peculiare della circolazione
rotatoria è quello di ricondurre ogni manovra sotto forma di movimento d’intreccio.
Naturalmente, questo avviene solo se la distanza tra un'entrata e una uscita adiacenti è
sufficiente per l'intreccio delle traiettorie a velocità relativa molto piccola, vale a dire se
i veicoli possono mescolarsi e interscambiarsi procedendo su direzioni formanti tra loro
un piccolo angolo e quasi alla stessa velocità.
La lunghezza ottimale della distanza tra due successivi bracci di una rotatoria è
quindi funzione delle modalità attraverso le quali si manifesta lo scambio tra le portate
veicolari che percorrono i tratti in esame. Si rimanda al paragrafo successivo l’analisi
delle problematiche riguardanti le zone di scambio; in tale contesto verrà svolta
un’applicazione numerica relativa al dimensionamento delle zone d’intreccio che
compongono una rotatoria.
La forma dell'isola centrale non è sempre circolare; in ogni caso è necessario che
vengano rispettati i raggi di curvatura necessari per la velocità di progetto della
rotatoria.
La larghezza minima di una corona giratoria deve essere di 7.50 m, che equivalgono
alla larghezza teorica di due corsie affiancate da 3.75 m sufficienti a garantire
l’iscrizione di un veicolo in curva. Tale larghezza corrisponde anche ed una sezione
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
7. ZONE DI SCAMBIO
Una tipica zona di scambio è rappresentata nella figura 29. Essa è costituita da un
tratto di carreggiata a senso unico, ad una estremità della quale convergono due
carreggiate anch'esse a senso unico, le quali poi si separano all'altra estremità.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Q1 (PORTATA DIRETTA)
Q2s
Q1s (PORTATE CHE SCAMBIANO)
Q2 (PORTATA DIRETTA)
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Appare quindi chiaro che, nella progettazione di una zona di intreccio, è possibile
assegnare ad essa una lunghezza tale che non si determini alcun sensibile rallentamento
delle correnti che la percorrono, per cui la sua sezione viene proporzionata in base alla
portata totale di tali correnti, come quella di una qualsiasi strada caratterizzata da un
flusso veicolare ininterrotto. Se invece la lunghezza assegnata alla zona di scambio è
inferiore al valore ottimale, diviene necessario aumentare la sezione per evitare che si
producano fenomeni di congestione.
Uno studio teorico del fenomeno dello scambio, che tenga conto dell'effettivo
comportamento degli automobilisti, non è molto semplice data la difficoltà di ridurre ad
uno schema sufficientemente semplice, il comportamento degli automobilisti.
Per la progettazione riesce molto più efficace utilizzare i risultati di esperienze
compiute negli Stati Uniti, i quali hanno condotto al criterio di progettazione riassunto
nell'abaco riportato in figura 30. In esso, sull'asse delle ascisse è indicata la lunghezza
della zona di scambio, sull'asse delle ordinate la somma delle portate (Q1s + Q2s) che
scambiano.
L'abaco comprende una famiglia di curve, suddivise in gruppi, ciascuno
contrassegnato con un indice, da I a V, rappresentanti diverse qualità di circolazione
nella zona di scambio, da ottima a scadente.
Assegnata alla zona di scambio una certa lunghezza (che si legge sull'asse delle
ascisse), ed individuata la qualità di circolazione che si vuole assegnare allo scambio, e
quindi una certa curva dell'abaco, si legge (sull'asse delle ordinate) la portata
compatibile con la lunghezza assegnata. Viceversa, partendo dalla portata, ed assegnata
la qualità di circolazione, si può calcolare la lunghezza dello scambio, oppure, assegnate
portata e lunghezza, si può ricavare la qualità della circolazione.
La qualità della circolazione, in questo metodo di progetto, viene espressa in
funzione della velocità media con cui i veicoli che scambiano percorrono la zona di
scambio; in particolare le curve contrassegnate con gli indici III, IV e V sono relative a
velocità rispettivamente di 65-70 km/h, 50-55 km/h, 35-50 km/h. Per le curve
appartenenti ai gruppi contrassegnati con gli indici I e II la velocità possibile è senz'altro
superiore a 70 km/h, anche se non può essere individuata con precisione, poiché a questi
livelli di circolazione portate di scambio e portate dirette tendono a percorrere le stesse
corsie.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Figura 30. Abaco per il calcolo della lunghezza di una zona di scambio.
Q = Q1 + Q 2 + Q1s + K ⋅ Q 2s [9]
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Tabella 7. Relazione tra livelli di servizio delle zone d’intreccio e qualità del flusso di scambio.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
A e diretta verso C e D, che nel tratto in esame si sposta dalla corsia più esterna verso
quelle più interne, e quella proveniente da C e D diretta in B che dalle corsie più interne
si sposta verso quella esterna).
Figura 31. Rappresentazione schematica di una rotatoria e matrice delle portate orarie di punta.
Pertanto, impiegando gli stessi simboli introdotti precedentemente, sui quattro tratti
di rotatoria si hanno le seguenti portate:
tratto AB: Q1 = 400 veic/h; Q2 = 200 veic/h; Q1s = 1050 veic/h Q2s = 600 veic/h
tratto BC: Q1 = 500 veic/h; Q2 = 300 veic/h; Q1s = 600 veic/h; Q2s = 500 veic/h
tratto CD: Q1 = 250 veic/h; Q2 = 300 veic/h; Q1s = 950 veic/h; Q2s = 600 veic/h
tratto DA: Q1 = 350 veic/h; Q2 = 650 veic/h; Q1s = 600 veic/h; Q2s = 600 veic/h
40
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
41
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
TL
C= [10]
Min (CS, RS)
1−
RS
dove:
• TL è il tempo totale perso per ciclo;
• CS è la somma critica dei volumi di fase (è il volume, o somma di volumi, che per
un certo ramo richiede il massimo utilizzo dell’intersezione);
• RS è la somma di riferimento dei volumi di fase.
s = s 0 ⋅ N ⋅ f W ⋅ f HV ⋅ f g ⋅ f p ⋅ f bb ⋅ f a ⋅ f RT ⋅ f LT [11]
dove:
(1)
Un gruppo di corsie è definito come una o più corsie che smaltiscono traffico e hanno una linea di
fermata comune e capacità condivisa tra tutti i veicoli.
42
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
♦ s è il flusso di saturazione per il gruppo di corsie in studio, espresso come totale per
tutte le corsie del gruppo nelle condizioni esistenti, [veicoli/ora];
♦ s0 è il flusso di saturazione ideale per corsia, di solito 1900 veicoli leggeri per ora di
verde per corsia;
♦ N è il numero di corsie nel gruppo;
♦ fw è il fattore di correzione per la larghezza della corsia (la larghezza standard di
una corsia è di 12 ft);
♦ fHV è il fattore di correzione per i veicoli pesanti presenti nella corrente di traffico;
♦ fg è il fattore di correzione per la pendenza del ramo;
♦ fp è il fattore di correzione per l’esistenza di una corsia di sosta adiacente al gruppo
di corsie e per l’attività di parcheggio in quella corsia;
♦ fbb è il fattore di correzione per l’effetto di blocco del traffico dovuto agli autobus
che fermano nell’area dell’intersezione;
♦ fa è il fattore di correzione dovuto al tipo di area;
♦ fRT è il fattore di correzione per la svolta a destra nel gruppo di corsie;
♦ fLT è il fattore di correzione per la svolta a sinistra nel gruppo di corsie (tiene conto
dei condizionamenti legati all’effettuazione della manovra di svolta a sinistra).
g
ci = si ⋅ i [12]
C
43
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
dove:
¾ ci = capacità del gruppo di corsie i, [veic/h];
¾ si = flusso di saturazione per il gruppo di corsie i, [veic/ora di verde effettivo];
¾ gi/C = rapporto di verde effettivo per il gruppo di corsie i.
Figura 32. Esempio di intersezione regolata semaforicamente e visualizzazione delle fasi semaforiche.
44
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
A ≤ 5.0
B > 5.0 e ≤ 15.0
C > 15.0 e ≤ 25.0
D > 25.0 e ≤ 40.0
E > 40.0 e ≤ 60.0
F > 60.0
Il ritardo medio di fermata per veicolo per un dato gruppo di corsie è dato da:
2
g
1 − C
d1 = 0.38 ⋅ C ⋅ [14]
g
1 − ⋅ [min (X,1.0)]
C
m ⋅ X
d 2 = 173 ⋅ X 2 ⋅ (X − 1) + (X − 1)2 + [15]
c
dove:
45
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
46
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
correnti veicolari che percorrono la strada X, oppure svoltare a destra per trasferirsi
sulla corrente 3-3 dell’altra strada, oppure svoltare a sinistra per immettersi nella
corrente 4-4.
2 1
4 4
X
3 3
2 1
Y
Figura 33. Schema di intersezione tra due strade.
Le tre manovre classiche di ogni incrocio sono pertanto quella di svolta a destra,
quella di attraversamento e quella di svolta a sinistra. Tutte presentano punti di conflitto
con le analoghe manovre che si svolgono su altri rami dell’incrocio. Però soltanto la
prima (svolta a destra) permette di risolvere le conflittualità senza ricorrere allo
sfalsamento, in quanto in quel caso si tratta di una conflittualità convergente e non
alternativa.
47
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
destra) che si stacca dal margine destro della corsia di destra del ramo che accede
all’incrocio e si attacca al margine destro della corsia di destra del ramo che parte
dall’incrocio (Fig. 34).
48
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
49
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
50
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
51
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
a) quando la più importante fra le due strade che si intersecano è di tipo III o A:
• raggio planimetrico minimo d’asse 35 m
• pendenza massima in salita 7%
• pendenza massima in discesa 8%
• raggio verticale minimo convesso 800 m
• raggio verticale minimo concavo 400 m
b) quando la più importante fra le due strade che si intersecano è di tipo I o II:
• raggio planimetrico minimo d’asse 60 m
• pendenza massima in salita 5%
• pendenza massima in discesa 6%
• raggio verticale minimo convesso 1500 m
• raggio verticale minimo concavo 500 m
52
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
a)
BANC. CARREGGIATA BANC.
b)
BANC. CARREGGIATA BANC.
c)
BANC. CARREGGIATA BANC.
d)
BANC. CARREGGIATA SPARTITRAFF. CARREGGIATA BANC.
53
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
54
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
E’ evidente quindi che, per minimizzare questo tipo di interferenza, il veicolo non
solo deve poter uscire dalla carreggiata a velocità paragonabili a quella di marcia
normale, ma deve, soprattutto, essere invitato dalla geometria dello stacco a comportarsi
così.
A questo proposito è stata dimostrata l’inadeguatezza della corsia di decelerazione
parallela consigliata dal CNR. Nessun veicolo infatti può compiere in sicurezza la
manovra di spostamento laterale su una corsia parallela ad elevata velocità.
Questa consapevolezza induce la totalità degli utenti a non utilizzare la corsia di
decelerazione e ad effettuare il rallentamento sulla corsia di marcia normale (Fig. 38).
Figura 38. Schema della “manovra di uscita” statisticamente più frequente (caratterizzata dalla
pericolosa decelerazione sulla corsia di marcia normale).
Per consentire invece l’uscita in velocità, il tronco di stacco corretto deve permettere
una leggera deviazione ad ago dalla linea di marcia normale per un’ampiezza massima
di qualche grado fino a che la sagoma del veicolo non sia completamente uscita dalla
carreggiata principale.
Questo tronco di stacco deve essere altimetricamente e trasversalmente coeso con la
strada principale in modo tale da apparire all’utente come una parte omogenea della
strada principale, quasi un allargamento, che consente anche l’eventuale rientro in caso
di ripensamento.
Quando la sagoma del veicolo sarà completamente uscita dalla carreggiata
principale, allora la manovra deve diventare irreversibile e conseguentemente la
geometria della rampa può essere indipendente da quella della strada principale.
Nelle figure 39, 40 e 41 sono schematizzate tre uscite ad ago nei casi di curva a
sinistra, curva a destra e rettifilo; in tali figure è riportata anche la simbologia relativa
alle velocità nei diversi tronchi manovra, nonché la denominazione dei tronchi
medesimi.
55
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
CURVA A SINISTRA
asse principale
cerchio (R) o
Vp clotoide (A)
bi
iperclotoide
cerchio (R) o Vf
α Vi
clotoide (A)
Figura 39. Schematizzazione di uscita “ad ago” nel caso di curva a sinistra.
α
cerchio (R) o
clotoide (A)
bi
Vp
Vi
Lm iperclotoide
(manovra)
Ld Vf
(decelerazione)
Figura 40. Schematizzazione di uscita “ad ago” nel caso di curva a destra.
rettifilo
Vp
α rettifilo
bi
iperclotoide
Vi
Lm
(manovra)
Ld Vf
riga esterna della
corsia destra (decelerazione)
Rf
56
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Per quanto riguarda le modalità progettuali del tronco di stacco, si suppone che la
velocità di percorrenza del tronco in esame sia uguale a quella di progetto della strada
da cui si intende deviare; tale velocità rimane pressoché costante lungo l’ago e, pertanto,
in corrispondenza dell’inizio del tratto successivo (tronco intermedio di decelerazione),
si avrà una velocità ancora pari a quella di progetto della strada interessata dalla
corrente principale. Si consiglia però di far riferimento ad una velocità all’inizio del
tronco di decelerazione (Vi), pari all’85% di quella di progetto (Vp), in quanto è lecito
supporre che, nella percorrenza del tronco di stacco, l’automobilista tolga il piede
dall’acceleratore provocando una graduale riduzione della velocità (questa riduzione del
15% non è lecita quando l’ago è in discesa con pendenza longitudinale superiore al 3%).
In definitiva si ha:
Vi = 0.85 ⋅ Vp [16]
L'inclinazione dell'ago sarà scelta in modo tale da limitare la velocità trasversale del
veicolo in manovra; a tale scopo occorre agire sul rapporto Lm/bi (dove Lm è la
lunghezza del tronco di stacco e bi è la larghezza finale dell'ago).
Tramite una serie di elaborazioni che ha avuto come input sia dati sperimentali sia
indicazioni di normative europee ed americane, si è visto che è consigliabile utilizzare
la seguente relazione:
Lm
= 0.35 ⋅ Vp [17]
bi
Tabella 9. Lunghezze del tronco di stacco e velocità di ingresso nel tronco di accelerazione, in funzione
delle velocità di progetto.
57
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
(2)
Le clotoidi multiparametriche sono definite dalla seguente equazione intrinseca:
r ⋅ s n = A n +1 [n.1]
dove:
• r = raggio di curvatura in un generico punto P;
• s = ascissa curvilinea in un generico punto P;
• A = parametro della clotoide; è un fattore di scala che influisce sulle dimensioni lineari della curva
(sviluppo, scostamento, tangenti);
• n = fattore di forma; modifica le variazioni di curvatura e, di conseguenza, le deviazioni angolari
all’interno della stessa, senza che le variazione comporti sensibili differenze nelle dimensioni.
Partendo dalla [n.1] è possibile determinare le espressioni parametriche in funzione della variabile τ,
angolo (detto di deviazione) che la tangente alla curva nel generico punto P, forma con l’asse delle
ascisse.
M
r
τ
P
r
lC f
tk y
∆r τ
α B
0 X
A
XM
tl
x
t
ds
Ricordando che in un arco infinitesimo di una generica curva si ha: τ = , possiamo scrivere:
r
58
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
distinguono dalle clotoidi classiche in quanto non partono dal presupposto di essere
percorse a velocità costante ed a sterzatura costante. Anzi, i loro input sono costituiti dai
valori costanti della decelerazione longitudinale e dell’accelerazione trasversale. Ciò si
ds s n +1 s n +1
τ = ∫0dτ = ∫0 = ∫0
τ s s
ed in definitiva, si ha: τ =
r ( n + 1) ⋅ A n +1 ( n + 1) ⋅ A n +1
Quindi, ciascuna delle quattro grandezze τ, r, s ed A può essere espressa in funzione di una qualsiasi
delle altre tre:
n+1
r=
A n+1
=
A
=
s ; s = n A = (n + 1) ⋅ r ⋅ τ = A ⋅ n+1 (n + 1) ⋅ τ
sn n
(n + 1) ⋅ τ r
[(n + 1) ⋅ τ] n+1
n+1
n +1
s n
1 A n 1 s 1 s
A= n+1
r⋅s =
n
= [(n + 1) ⋅ τ] n+1
⋅r ; τ= ⋅ = ⋅ = ⋅
n+1 ( n + 1) ⋅ τ n + 1 r n + 1 A n +1 r
∞
τ 2⋅ i − 2
x = A ⋅ n+1 ( n + 1) ⋅ τ ⋅ ∑ ( −1) i +1
i =1 ( 2 ⋅ i − 2)! [ ( 2 ⋅ i − 2) ⋅ ( n + 1) + 1]
∞
τ 2 ⋅ i −1
y = A ⋅ n+1 ( n + 1) ⋅ τ ⋅ ∑ ( −1) i +1
i =1 ( 2 ⋅ i − 1)! [ ( 2 ⋅ i − 1) ⋅ ( n + 1) + 1]
Note le coordinate di un punto della curva, si calcolano le coordinate (Xm,Ym) del cerchio osculatore nel
punto stesso.
X M = x − r ⋅ sen τ A
poiché: r = ⋅ n +1 ( n + 1) ⋅ τ , si ha:
YM = y + r ⋅ cos τ ( n + 1) τ
n n+1 ∞ τ 2⋅i −2
XM = A ⋅ ⋅ (n + 1) ⋅ τ ⋅ ∑(−1) i +1
n +1 i =1 (2 ⋅ i − 1)! [(2 ⋅ i - 2) ⋅ (n +1) +1]
n n+1 1 ∞
τ 2⋅i −1
YM = A ⋅ ⋅ (n + 1) ⋅ τ ⋅ +∑(−1) i +1
n +1 n ⋅ τ i=1 2 ⋅ i! [(2 ⋅ i -1) ⋅ (n +1) +1]
Lo scostamento ∆r del cerchio di raggio r dalla retta tangente alla clotoide nell’origine è: ∆r = Ym − r
n n +1 ∞ τ 2 ⋅i − 1
∆r = A ⋅ ⋅ ( n + 1) ⋅ τ ⋅ ∑ ( −1) i +1
n+1 i =1 2 ⋅ i ! [(2 ⋅ i - 1) ⋅ (n + 1) + 1]
59
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
può ottenere cambiando il fattore di forma n delle clotoidi che diventa superiore ad 1
(da cui il nome di iperclotoide). Dal momento che esistono infinite iperclotoidi che
soddisfano la possibilità di collegare un rettifilo con una curva a raggio costante, si
possono introdurre dei criteri per la scelta del fattore di forma n. Stabilite le velocità di
entrata (fine dell’ago) e di uscita (inizio della curva circolare) e posizionate nello spazio
sia l’ago che la curva circolare, si tratta di trovare quel valore di n per cui l’iperclotoide
ha una lunghezza Ld tale da corrispondere alle condizioni di decelerazione longitudinale
ed accelerazione trasversale congruenti con i valori voluti (si rinvia al paragrafo 12.1,
per una trattazione particolareggiata della metodologia per ricavare il valore ottimale del
fattore di forma (n) dell’iperclotoide).
La lunghezza del tronco di decelerazione viene specificatamente valutata tramite la
seguente relazione:
Vi2 − Vf2
La = [18]
p
26 ⋅ d l +
10
dove:
• Vi = velocità di immissione del flusso veicolare nel tronco di decelerazione (si
tratta della velocità dei veicoli all’uscita del tronco di stacco) (km/h);
• Vf = velocità all’inizio del tronco a curvatura costante (dettata dalla geometria del
tratto circolare di raccordo) (km/h);
• dl = decelerazione longitudinale variabile tra 1.5 m/s2 e 2.0 m/s2 (ammettendo
l’uso del cambio, possono essere consigliati i seguenti valori in funzione della
velocità: per Vi = 40 km/h Æ dl = 1.5 m/s2, per Vi = 60 km/h Æ dl = 1.7 m/s2, per
Vi > 80 km/h Æ al = 2.0 m/s2);
• p = pendenza, in per cento, della rampa (positiva in salita, negativa in discesa).
Occorre poi ricordare che il problema dell’accelerazione è naturalmente legato alla
rotazione della piattaforma, per cui è importante fare questa verifica in più punti
dell’iperclotoide con maggiore attenzione nella parte finale dove più elevati sono i
valori dell’accelerazione trasversale. A tal proposito, alcuni autori consigliano di
adottare la pendenza trasversale massima (che si avrà anche nella curva circolare) già al
75% della lunghezza dell’iperclotoide nel caso di raccordo di transizione (tra rettifilo e
60
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
cerchio), e addirittura al 50% dello sviluppo nel caso di raccordo tra due archi di cerchio
(clotoide di continuità) (Fig. 42).
Figura 42. Proposta di variazione delle pendenze trasversali per le iperclotoidi percorse a velocità
fortemente variabili.
Così facendo, abbiamo introdotto anche il concetto di rotazione della sagoma che è
essenziale per una buona progettazione della rampa di uno svincolo. Mentre infatti nei
tratti iniziale e finale, la piattaforma della rampa deve essere solidale con quella delle
strade da cui si stacca prima e si attacca dopo, nel tratto intermedio, la dinamica della
rotazione deve essere tale da consentire in piena sicurezza la percorrenza alla velocità
voluta.
A tal proposito si fa rilevare una errata interpretazione delle norme per quanto
riguarda la velocità di percorrenza delle rampe dirette, che purtroppo è abbastanza
frequente. Partendo infatti dai valori di raggio minimo consigliati dalle norme per le
rampe degli svincoli, molti ritengono per consuetudine di dover applicare al tratto
intermedio la velocità di progetto derivante dal valore di quel raggio con la massima
pendenza trasversale. E’ invece opportuno che il progettista valuti i pro e i contro di una
scelta che deve essere congruente con gli altri elementi di scelta. Anche la rampa infatti,
come la strada principale, ha un suo livello di servizio che è funzione del flusso e della
61
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
62
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
si coglie un certo legame tra N (rapporto tra velocità iniziale e velocità finale) ed il
fattore di forma (n) dell’iperclotoide.
La relazione che esprime la variazione dell’accelerazione trasversale ( a tN ) lungo un
arco di curva di frenatura teorica è la seguente:
z − N N 2 z − N
a tN (z) = a t (T) ⋅ + ⋅ 1 − [19]
1 − N K 1 − N
dove:
• at(T) = accelerazione trasversale massima (si valuta in corrispondenza dell’arco
di cerchio nel caso dei raccordi di transizione, ed in corrispondenza del più
piccolo dei raccordi circolari nel caso di clotoidi di continuità) (m/s2);
v
• z= (1 < z < N);
Vf
Vi
• N= ;
Vf
Ri
• K= (tale variabile interviene solo nel caso delle clotoidi di continuità; infatti
Rf
63
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Figura 43. Andamento delle accelerazioni trasversali in funzione dello sviluppo (L) per le curve di
frenatura teorica (a diverso parametro N) e per le iperclotoidi (a diverso fattore di forma n).
64
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Tabella 10. Valori del fattore di forma nottimale dell’iperclotoide e di ∆at in funzione dei fattori K ed N.
E’ importante osservare che il progettista può utilizzare anche curve con n ≠ nottimale;
egli dovrà giustificare questa scelta, stabilendo un valore massimo di ∆at che è disposto
ad accettare e che può eventualmente correggere agendo sulle pendenze trasversali della
rampa.
La possibilità di variare n risolve il problema di collegare elementi geometrici come
rettifili e/o cerchi la cui posizione nel piano sia fissata (noti quindi Ri, Rf e ∆r o D);
questo problema si affronta calcolando le velocità Vi e Vf relative ai raggi Ri ed Rf e
quindi N da cui, tramite la tabella 10, si trova il valore di n ottimale; con l'ausilio degli
abachi o delle formule si determina il parametro A che risolva il problema geometrico;
si verifica poi che la lunghezza L della iperclotoide sia tale da consentire decelerazioni
(o accelerazioni) longitudinali inferiori a quelle di progetto. Qualora ciò non accada, si
aumenta il valore di n e di conseguenza la lunghezza L fino a rientrare nei limiti della
accelerazione/decelerazione consentita; le formule [19] e [20] serviranno a controllare
che il valore di n così trovato identifichi una iperclotoide avente soddisfacente
andamento di a Ct (∆at basso e andamento possibilmente sempre crescente di a Ct ).
65
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
66
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
monoparametrica in tutti quei casi in cui sono richieste modeste variazioni di velocità
(si vede infatti che per N = Vi/Vf ≅ 1, anche il fattore di forma dell’iperclotoide è
all’incirca pari all’unità, per cui è possibile usare la clotoide).
asse principale
b
iperclotoide Vi tratto parallelo tratto parabolico
Lm Lc
La (manovra) (raccordo)
Vf (accelerazione)
Figura 44. Schema di un immissione; si individuano tre tronchi principale: 1) tronco intermedio di
accelerazione (La), 2) tronco di attesa (Lm), 3) tronco di raccordo (Lc).
Vi2 − Vf2
La = [21]
p
26 ⋅ a l +
10
dove:
• Vi = velocità di immissione del flusso veicolare nella corsia parallela alla corsia
di destra della strada collegata (condizionata dalle condizioni di deflusso presenti
nella corrente principale) (km/h);
• Vf = velocità all’inizio del tronco di accelerazione (dettata dalla geometria del
tratto circolare di raccordo) (km/h);
• p = pendenza, in per cento, della rampa (positiva in salita, negativa in discesa).
67
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
68
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
2
1 2 1 v v2
sB = ⋅ a ⋅ t = ⋅ a ⋅ =
2 2 a 2⋅a
Tempo 0
corsia 1 A V
rampa B
Tempo δ
corsia 1 A V
rampa B a
V⋅δ
a ⋅ t 2 V2 Tempo t = V
sB = = a
2 2⋅a
corsia 1 C V B V A V
sC = V ⋅ δ
V2
sA = V ⋅ δ +
a
69
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
In questo stesso tempo un altro veicolo “C” della corrente principale si sarà portato
alla distanza di sicurezza s C = v ⋅ δ dal veicolo “B”.
Sempre all’istante t, il veicolo “A” che era “partito” δ secondi prima rispetto al
veicolo fermo allo STOP, e che pertanto ha già percorso un tratto di lunghezza pari a
v ⋅ δ , si troverà ad aver percorso un’ulteriore distanza pari a:
2
v v
s = v⋅ t = v⋅ =
a a
e quindi:
v2
sA = v ⋅ δ +
a
sA + sC − sB 1 v2 v2 1 v2 v
T= = ⋅ v ⋅ δ + + v⋅δ − = ⋅2⋅ v ⋅δ +
= 2⋅δ +
[22]
v v a 2⋅a v 2⋅a 2⋅a
Consideriamo adesso il caso, più aderente alla realtà, in cui il veicolo in immissione
non si arresti alla fine della rampa (come se ci fosse lo STOP) ma vi giunga ad una
velocità vi (osservazioni condotte negli Stati Uniti indicano valori di vi compresi tra 60 e
70 km/h, purché le caratteristiche geometriche della rampa siano tali da garantire che
nel suo punto terminale questo valore possa essere raggiunto).
E’ facile ricondurre il caso appena prospettato a quello analizzato precedentemente in
cui si ipotizzava l’arresto del veicolo in immissione in corrispondenza di un’ipotetica
linea di STOP posta all’estremità finale della rampa; occorre assegnare al complesso
strada principale/corsia di attesa, una traslazione contraria al moto con velocità vi.
Se introduciamo nella [22] la velocità relativa v-vi otteniamo l’intervallo critico per
il “caso” reale:
v − vi
T= + 2⋅δ [23]
2⋅a
in cui si pone generalmente δ = 1 s ed a = 1.2 m/s2 (le velocità sono espresse in m/s).
70
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Solitamente si ipotizza che gli intervalli temporali τ con cui i veicoli della corsia n°1
si succedono dinanzi a quello che vuole immettersi siano distribuiti con la legge di
probabilità di Erlang, la cui densità è:
λ
⋅ (λ ⋅ τ )K 1 ⋅ e −λ⋅τ
−
f τ (τ) = [24]
(K − 1)!
71
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Figura 47. Relazione tra portata Q e parametro K della legge di probabilità di Erlang.
E( w ) = E (s) +
[
Q 2 ⋅ E(s) 2 + V(s) ] [25]
2 ⋅ [1 − Q 2 ⋅ E(s)]
dove E(s) e V(s) sono rispettivamente la media e la varianza del tempo di servizio(3), ed
hanno le seguenti espressioni:
(3)
Il tempo di servizio viene definito come l’intervallo di tempo che trascorre mentre l’utente che è alla
testa della coda viene “servito”. Se consideriamo un veicolo che, giunto alla fine della rampa, intende
immettersi nella corrente principale, prima che possa eseguire la sua manovra trascorre un tempo uguale
alla somma degli intervalli temporali tra i veicoli marcianti nella strada principale: questa somma
rappresenta il tempo di servizio, che è nullo solo se il primo intervallo che si presenta al veicolo in attesa
è uguale o superiore all’intervallo critico.
72
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
i
V − V2
V1 − V2 K ⋅ Q1 ⋅ 1 ⋅ T
K ⋅Q1 ⋅ ⋅T K V1
e V1
−∑
i =0 i!
E(s) = T + i
[26]
V − V2
K ⋅ Q1 ⋅ 1 ⋅ T
V1 − V2 K −1 V1
Q1 ⋅ ⋅∑
V1 i =0 i!
V1 − V2
i
K ⋅ Q1 ⋅ ⋅ T
K⋅Q1 ⋅ V1 ⋅T K +1
V1 − V2
V1
(K + 1) ⋅ e −∑
i!
i =0
V(s) = + [E(s) − T ]2 [27]
i
V − V2
K ⋅ Q1 ⋅ 1 ⋅ T
K −1 V1
K ⋅ Q1 ⋅ ∑
2
i =0 i!
dove:
• Q1 = portata relativa alla corrente principale (veic/s/corsia);
• V1 = velocità della corrente principale (km/h);
• Q2 = portata della corrente secondaria in immissione (veic/s);
• V2 = velocità della corrente secondaria (km/h);
• T = intervallo critico valutato tramite l’equazione [23];
• K = parametro di Erlang variabile con la legge rappresentata in figura 47 (si fa
riferimento ai soli valori interi).
Moltiplicando il valore di E(w) per la velocità v2 del flusso veicolare in immissione
(espressa in m/s) si ottiene la lunghezza ( L*m ) della corsia di attesa necessaria a un
veicolo il cui tempo di attesa sia proprio E(w); se invece si moltiplica E(w) per la
portata veicolare (Q2) della corrente secondaria (espressa in veic/s) si ottiene il numero
(q) dei veicoli accodati che sono giunti dietro il leader del plotone durante il tempo
medio di attesa E(w). Si ha quindi:
L*m = v 2 ⋅ E( w ) [28]
q = Q 2 ⋅ E(w ) [29]
73
Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
L m = 2 ⋅ v 2 ⋅ E( w ) [30]
A titolo di esempio, si riporta nelle figure 48, 49 e 50, l’andamento della quantità
Lm/2 in funzione della velocità Vi = V2 per diversi valori della portata di immissione Q2,
quando la portata Q1 assume i valori rispettivamente di 400 veic/h, 800 veic/h, 1200
veic/h, ritenendo che la velocità sulla corsia n°1 sia di 80 km/h.
Figura 48. Lunghezza media Lm/2 in metri della corsia di manovra in funzione della velocità con cui
viene percorsa e della portata (Q2) entrante quando la velocità della corrente principale è
V1=80 km/h e la portata sulla corsia n°1 è Q1=400 veic/h
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Figura 49. Lunghezza media Lm/2 in metri della corsia di manovra in funzione della velocità con cui
viene percorsa e della portata (Q2) entrante quando la velocità della corrente principale è
V1=80 km/h e la portata sulla corsia n°1 è Q1=800 veic/h
Figura 50. Lunghezza media Lm/2 in metri della corsia di manovra in funzione della velocità con cui
viene percorsa e della portata (Q2) entrante quando la velocità della corrente principale è
V1=80 km/h e la portata sulla corsia n°1 è Q1=1200 veic/h
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
z
b
e
Lc/2 Lc/2
Figura 51. Costruzione geometrica del tronco di raccordo della corsia di attesa.
Le norme italiane per questi tratti accettano una lunghezza ridotta pari a:
L c = 0.27 ⋅ Vi ⋅ b [31]
dove:
• Vi = V2 = velocità della corrente secondaria in immissione (km/h);
• b = larghezza della corsia parallela (m).
Riguardo alla costruzione del ciglio si attua un allargamento (e) variabile in funzione
di una curva costituita dalla successione di due parabole uguali ma di verso opposto.
L’allargamento e avrà la seguente espressione:
z2
e=
2⋅R
dove:
• z = ascissa di riferimento (variabile da 0 ad Lc/2);
L2c
• R = raggio del cerchio equivalente alla parabola (ha equazione: R = )
4⋅b
Una volta costruita la prima parabola, la seconda si otterrà “specchiando” due volte
la prima rispetto a due assi ortogonali (rispettivamente parallelo ed ortogonale all’asse
della corsia di attesa).
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
strada le immissioni e le uscite si svolgono sotto angoli molto acuti, quindi in posizione
molto favorevole. Si può inoltre osservare che, per due manovre sulla strada secondaria
si ha l'attraversamento di più di una corrente di traffico.
Questo inconveniente può però essere evitato, sfalsando le intersezioni delle rampe
con la strada secondaria di una lunghezza pari a quella della zona di accumulo e
disponendo inoltre, lungo la zona centrale, nel tratto compreso fra le due corsie di
accumulo, due corsie di accelerazione, anche se di modesta lunghezza, per i veicoli che
svoltano a sinistra dalle rampe per immettersi nella strada secondaria (Fig. 53).
Quando non si possono accettare attraversamenti di correnti di traffico su nessuna
delle due strade, come per esempio avviene se entrambe sono a carreggiate separate, è
necessario ricorrere a schemi più complessi. In essi le manovre di svolta a destra sono
sempre affidate a rampe dirette, per cui le differenze fra i vari schemi sono dovute al
modo con cui si esegue la svolta a sinistra.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Per le intersezioni a tre bracci (dette anche a T) lo schema più frequentemente usato,
per esempio per le intersezioni delle autostrade con i rami di collegamento alla viabilità
ordinaria, è quello rappresentato nella figura 54, detto a trombetta, in cui le svolte a
destra sono realizzate con due rampe dirette, mentre per quelle a sinistra esistono
rispettivamente una rampa semidiretta e una a cappio.
Quando un incrocio, risolto a rotatoria per la convergenza di più arterie, non riesce
più a smaltire la circolazione che vi confluisce, presentando frequenti fenomeni di
congestione e formazioni di code, si può pensare di trasformarlo in una intersezione a
due livelli (Fig. 55) mediante la realizzazione di una direttrice sopraelevata che consenta
l’attraversamento indisturbato alla corrente prevalente, lasciando che la rotatoria a raso
disimpegni tutte le svolte e gli intrecci tra le correnti.
L’arteria sopraelevata, da orientarsi nel senso delle correnti più consistenti, comporta
almeno due manufatti di scavalco nella sottostante rotatoria.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
Si riporta infine, nella figura 56, uno svincolo “storico”. Si tratta dello svincolo a
quadrifoglio, il quale consente, con un unico manufatto a 8 rampe (4 dirette e 4
indirette), la totalità delle relazioni tra le due arterie intersecantesi, eliminando tutti i
punti di conflitto tra le traiettorie.
Diffuso in tutto il mondo, specie negli USA, il suo impiego è oggi sconsigliato per
una serie di motivazioni che ci apprestiamo a sintetizzare. Questo svincolo presenta
fondamentalmente un grave difetto: l'immissione nella strada da una rampa a cappio
precede l'uscita dalla stessa strada nel cappio successivo. Le corsie di accelerazione e di
decelerazione si dispongono perciò l'una di seguito all'altra, e, volendo dimensionarle in
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
APPENDICE:
IL SOFTWARE I.S.P.
PROCEDURE PER
INTERSEZIONI STRADALI
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
APPENDICE
IL SOFTWARE I.S.P.
(PROCEDURE PER INTERSEZIONI STRADALI)
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
SCHEDA N° 1
AVVIO DI I.S.P.
I.S.P. si avvia caricando, tramite il comando “Apri” di Excel 97, il file ISP.XLS
direttamente dal dischetto allegato, oppure dopo aver copiato il file medesimo
all’interno di una qualsiasi cartella di Windows 95/98®.
Se non è stata precedentemente inibita la visualizzazione, all’avvio di I.S.P. dovrebbe
apparire la seguente schermata:
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
SCHEDA N° 2
SCHERMATA INIZIALE DI I.S.P.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
SCHEDA N° 3
CALCOLO DEL FATTORE DI FORMA OTTIMALE
(CASO DELL’IPERCLOTOIDE DI TRANSIZIONE)
Nel caso del raccordo di transizione, vengono richiesti come input i valori delle
velocità (minima e massima) ed il raggio della curva circolare (tronco a curvatura
costante). Gli output sono: nottimale; ∆at max (in percentuale); ∆at max (in m/s2).
Le elaborazioni hanno inizio dopo aver cliccato sul pulsante con la scritta
“CALCOLO di n OTTIMALE”. Il tasto “CALCOLO di n OTTIMALE” funziona
soltanto se è attivata l’opzione di Excel 97 denominata “Risolutore”. Qualora tale
funzione non fosse disponibile occorre richiamarla tramite l’opzione “Aggiunte” del
menù “Strumenti” di Excel 97. Nel caso in cui il pulsante “CALCOLO di n
OTTIMALE” non dovesse funzionare, si può utilizzare il tasto “Help” tramite il quale il
valore di nottimale viene calcolato con una approssimazione maggiore di quella fornita
dal tasto “CALCOLO di n OTTIMALE”.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
SCHEDA N° 4
CALCOLO DEL FATTORE DI FORMA OTTIMALE
(CASO DELL’IPERCLOTOIDE DI CONTINUITÀ)
Nel caso dell’iperclotoide di continuità, vengono richiesti come input i valori delle
velocità (minima e massima) ed i raggi delle due curve circolari che compongono
rispettivamente il tronco di stacco ed il tronco a curvatura costante.
Gli output sono: nottimale; ∆at max (in percentuale); ∆at max (in m/s2).
Analogamente al caso dell’iperclotoide di transizione, le elaborazioni hanno inizio
dopo aver cliccato sul pulsante con la scritta “CALCOLO di n OTTIMALE” (che
funziona soltanto se è attivata l’opzione di Excel 97 denominata “Risolutore”).
A margine degli output effettivi, il software I.S.P. visualizza anche i valori dei
rapporti N = Vmax/Vmin e K = R1/R2.
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
SCHEDA N° 5
PARAMETRI DELL’IPERCLOTOIDE DI TRANSIZIONE
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
SCHEDA N° 6
PARAMETRI DELL’IPERCLOTOIDE DI CONTINUITÀ
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Le intersezioni stradali in ambito extraurbano
SCHEDA N° 7
VALUTAZIONE DELLA LUNGHEZZA
DELLA CORSIA DI ATTESA
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BIBLIOGRAFIA
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