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Di Paolo Marizza
In tempi di crisi aziendale, le risorse cognitive, spirituali e le abilità coinvolte nel processo
decisionale etico, hanno notevoli somiglianze con quelle riscontrabili nell'improvvisazione musicale.
Le modalità con cui le organizzazioni gestiscono le crisi, che implicano la ricerca di nuovi equilibri
nel rapporto con il proprio ambiente di riferimento, possono trovare significative analogie nel
processo di improvvisazione del musicista che si confronta con gradi di libertà e vincoli a cui è
soggetto nell’ atto contestuale di creare ed eseguire la sua performance.
Nei mesi scorsi, investiti dalla pandemia Covid 19, nelle nostre attività quotidiane la ricerca di
risposte ha fatto dell’improvvisazione una necessità, anche nel ritrovare nuovi equilibri relazionali
ed emotivi.
Queste crisi rappresentano anche un'opportunità. Questo è un periodo in cui si scopre quanto sia
resiliente la propria organizzazione. Anche quando alcuni aspetti della situazione sanitaria ed
economica globale diventeranno più chiari, rimarranno molte incognite. Come ha detto in modo
appropriato un leader, affrontare la nuova realtà significa "essere studenti del caos che stiamo
attraversando e del futuro che ancora non conosciamo".
Oltre a dover fare la cosa giusta, un'organizzazione, un’impresa in crisi deve essere in grado di
spiegare agli stakeholder rilevanti, spesso sotto i riflettori dei media, perché ritiene che la sua
azione sia giustificata e quale modello di ragionamento ha portato a quell'azione. Quindi le
organizzazioni e le aziende in crisi non devono solo interpretare adeguatamente le regole etiche
rilevanti e adattarle a una situazione nuova; devono anche essere consapevoli delle regole e degli
adattamenti pertinenti delle stesse per comunicarli agli attori interessati.
Ma mantenere un comportamento etico non consiste solo nel rispettare delle regole di condotta:
è una scelta di rispetto per sé stessi e per gli altri, una scelta che tende a perseguire il bene
comune.
Il problema, ovviamente, è che la vita umana è complicata in un modo che supera di gran lunga il
livello di articolazione e dettaglio raggiunto anche dal set di regole più complesso e analiticamente
specificato che possiamo immaginare. Anche se assumessimo che le il corpo di regole etiche,
deontologiche, ecc. siano relativamente ovvie e dirette in un determinato ambito, il compito di
determinare, da un punto di vista pratico, come applicare quelle regole alla vita reale rimarrebbe
una sfida non banale.
A ciò si aggiunge la sfida posta dal progresso sociale e dall'evoluzione tecnologica e culturale
sempre più veloci, globali e dirompenti nelle sue manifestazioni ed impatti.
Le regole etiche che avevano un senso cinquanta anni fa, o in alcuni casi anche dieci o cinque anni
fa, possono non risultare congrue e adatte alle esigenze attuali.
Alla radice di queste sfide etiche, da affrontare e risolvere, stanno il rapporto tra fiducia e
controllo nelle relazioni interpersonali, professionali, organizzative, sociali e istituzionali.
Nell’ambito di sistemi socio-tecnici sempre più complessi queste sfide riguardano le relazioni
uomo-macchina, il cambiamento dei profili di responsabilità e la ‘sostituzione’ dell’attività umana
con l’Intelligenza Artificiale (IA), il rischio di erodere l’autodeterminazione umana e il suo “libero
arbitrio”, il rischio di svalutazione delle competenze e delle capacità umane, il rischio di replicare
non solo le qualità, ma anche errori e difetti dell’agire umano.
Nel cercare di applicare le regole etiche, l'individuo, le organizzazioni, i corpi sociali devono
affrontare due sfide fondamentali.
Una è la sfida alle nostre capacità razionali: vale a dire la sfida di capire, analiticamente,
puntualmente ciò che una particolare situazione richiede in termini di regola o insieme di regole
comportamentali. Dalla privacy al lavoro, e poi nell’automazione, nell’ Intelligenza Artificiale (IA),
nella salute, nelle applicazioni e nei servizi di smart working, nel marketing, in politica e quindi in
molte attività quotidiane.
La seconda sfida sta nell'evitare la tentazione di lasciare che l'interesse personale distorca il nostro
processo di analisi, valutazione e decisione. Il processo decisionale etico coinvolge molto spesso
una tensione tra i nostri interessi e gli interessi degli altri. Nel definire, interpretare e adattare le
regole a una situazione particolare, tutti noi ci confrontiamo con la tentazione di interpretare le
regole in modi che non siano in contrasto con i nostri interessi. Quando individui, corpi sociali,
organizzazioni e istituzioni sono guidati dall'egoismo autoreferenziale, si attivano derive individuali
e sociali dannose per tutti.
Ciò che dovremmo cercare, quindi, è una sorta di interpretazione rigorosa e basata su framework
morali e saldi principi informativi delle regole. Non possiamo evitare la necessità di interpretare,
adattare e persino di fare eccezioni. Ma tale interpretazione, adattamento e creazione di eccezioni
andrebbero elaborati ed eseguiti con la consapevolezza basata su tali principi condivisi.
Nei momenti di crisi, sia personali che collettivi, le motivazioni a piegare le regole con forme di
razionalizzazione egoistica possono essere estreme. La pressione dell’ansia e le tensioni emotive
che tipicamente accompagnano le crisi sembrano suscettibili di deformare il processo decisionale
anche del decisore più scrupoloso e diligente.
Possiamo imparare molto sugli approcci e sulle caratteristiche del processo decisionale etico in
tempi di crisi comparando tale processo con un'altra pratica che implica una deviazione dai
percorsi e dai confini di un insieme di regole consolidate, vale a dire dall'improvvisazione musicale.
E’ possibile individuare diverse modalità in cui la gestione delle crisi etiche presenta analogie con
l'improvvisazione musicale. Parallelismi che ci sembrano abbastanza diretti tra le abilità e gli
La cosa giusta da fare, e la cosa giusta da dire, in genere non è mai ovvia in un momento di crisi.
Sebbene vari tipi di principi e regole generali possano essere applicati, dalle regole morali più
generali sull'onestà alle regole più complesse e specifiche di settore, come quelle sul conflitto di
interessi o sulla sostenibilità ambientale, la migliore risposta a una particolare situazione di crisi, in
relazione alla sua specifica complessità, non si troverà in nessuno script (partitura) prestabilito.
Sviluppare una linea di condotta che sia eticamente appropriata e in grado di essere comunicata e
compresa dagli stakeholder rilevanti, richiederà ai decisori una flessibilità adattiva contingente
rispetto alla situazione ed esercitino una certa “immaginazione morale”.
In secondo luogo, la gestione etica delle crisi, sebbene inevitabilmente creativa, deve nondimeno
essere fondata su elementi strutturali. L'improvvisazione musicale, sebbene creativa e spontanea,
è raramente casuale o arbitraria. Per un musicista, improvvisare significa tipicamente spingersi in
direzioni nuove e creative - variando melodia, ritmo, armonia, timbro, dinamica, ecc. - entro i limiti
di una struttura minimale sottostante. Questa struttura rappresenta il substrato essenziale per
liberare la creatività improvvisativa del musicista.
Si consideri ad esempio il modo in cui molti musicisti jazz utilizzano il "targeting", che implica la
ricerca e la riproduzione delle note più importanti di un accordo o dei toni di una determinata
progressione armonica. Ciò implica un rispetto di regole minimali che informano l’architettura
portante del discorso musicale.
Allo stesso modo, un'organizzazione in crisi deve attingere a regole e a principi etici pertinenti,
nonché alla propria struttura etica di base, costituita da elementi come il suo "Codice etico" e le
sue dichiarazioni relativamente a Missione, Visione e Valori.
Un "Codice etico", infatti, fornisce la struttura alla base del modello generale di comportamento di
un'organizzazione: è il filo conduttore, la trama e l’ordito, analogamente ai codici (melodia, ritmo,
timbro, armonia, dinamica, ecc.) che sono i mattoni di base di una forma musicale.
Fornisce la struttura minimale sottostante, una struttura dalla quale la crisi può costringere
l'organizzazione a deviare, ma anche una struttura che dovrebbe idealmente essere ancora
riconoscibile come sottesa alle sue dinamiche comportamentali anche in situazioni di crisi.
Come nell'improvvisazione poi, rispondere in modo etico alla crisi richiede collaborazione.
L'improvvisazione può, ovviamente, essere un'attività solitaria per l'artista solista, ma quando più
di un musicista sale sul palco, l'attività è necessariamente collaborativa.
Allo stesso modo, la risposta alle crisi organizzative richiede una stretta ed efficace collaborazione
tra leader e follower, in una relazione di influenza reciproca per realizzare cambiamenti reali che
riflettano i loro scopi e valori comuni: tra la leadership senior, gli esperti tecnici dell'azienda ed i
responsabili che presidiano l’integrità etica e dei valori, della politica di conformità alle regole e
della formazione.
Anche l'amministratore delegato che guida la sua organizzazione in una crisi deve partire dalla
conoscenza: conoscenza della natura dell'obbligo etico, conoscenza e consapevolezza dei valori
della propria azienda e conoscenza degli interessi dei vari stakeholder.
Infine, per rispondere adeguatamente alle crisi etiche è necessario un buon grado di padronanza
nell'utilizzo degli strumenti, dei concetti e del linguaggio.
Un musicista jazz cerca note inaspettate e lo fa sembrare facile, naturale, semplice.
Allo stesso modo, il CEO che risponde alla crisi ha bisogno di fiducia e di un certo grado di
dimestichezza con il materiale tangibile e intangibile a disposizione. Per rispondere
adeguatamente alle sfide etiche è necessario che il CEO si senta a proprio agio nel parlare di etica
e di responsabilità morali con i vari stakeholder. Ha bisogno della fiducia che deriva dall’
approfondimento anticipato e dalla personale consapevolezza sulla natura di tali questioni.
Deve essere in grado di parlare fIuentemente il linguaggio dell'etica, così come il maestro del jazz
si muove fIuidamente attraverso le note di un assolo.
In tutti questi modi, l’improvvisazione musicale offre analogie con la pratica di agire eticamente in
situazioni di crisi.
In modo analogo, l'amministratore delegato che guida la sua azienda in modo etico attraverso una
crisi deve adattarsi in modo creativo a una situazione nuova pur rimanendo fedele alle strutture
etiche sottostanti fondamentali, e se vuole fare bene in questo, deve avere conoscenza dei principi
etici rilevanti, sentirsi a proprio agio nel lavorare, comunicare e relazionarsi in un ambiente di
squadra collaborativo.
Ci suggerisce che l'etica richiede un processo elaborativo e decisionale che non sia né rigido né
casuale. Rispondere in modo etico alle crisi richiede una solida comprensione dei principi etici
rilevanti, insieme alla fiducia e alla volontà di adattarli responsabilmente alle esigenze della
situazione attuale.
E ci piace immaginare che le organizzazioni risuonino di nuovi equilibri e coerenze,
metaforicamente guidate da equilibri musicali creativi, dinamici e radicati in una comprensione
magistrale dei suoi codici, cercando sempre e solo i modi migliori per deviare da rigidi dettami
strutturali che ne ostacolano la sostenibilità e la positiva evoluzione.
Le crisi organizzative che investono le aziende non derivano soltanto da eventi di portata globale
che generano discontinuità epocali. La gestione del cambiamento non è un’attività che le
organizzazioni devono affrontare saltuariamente, ma è un processo continuo che riguarda la
quotidianità della vita aziendale soggetta ad evoluzioni sempre più rapide e radicali degli ambienti
di riferimento.
Poiché la temporaneità di ecosistemi, forme organizzative, team e progetti è una caratteristica
essenziale e ormai prevalente nelle organizzazioni contemporanee, dalla metà degli anni '90 anche
nelle scienze organizzative e manageriali molti studi si sono concentrati sul ruolo della spiritualità
nel contesto lavorativo, indagando la componente spirituale della leadership nei luoghi di lavoro
per trovare risposte alle nuove dinamiche della società moderna: qual è l'effetto della spiritualità
sulla resilienza di un’impresa, qual è il ruolo esercitato da una leadership spirituale su etica,
visione, valori, relazioni con i dipendenti e con la società?
Un concetto di leadership spirituale stà emergendo anche a seguito della crescente attenzione ai
temi del rispetto della natura e di uno sviluppo sostenibile.
Spiritualità e consapevolezza di se, a livello individuale e collettivo, sono ormai riconosciuti come
particolarmente rilevanti per quanto riguarda il ruolo che svolgono nel processo decisionale etico
e nei conseguenti comportamenti organizzativi. Mentre la letteratura riconosce che di per sé la
componente spirituale migliora la prassi etica e la condotta all'interno e all’esterno delle
organizzazioni, si stanno sviluppando indagini empiriche su come la spiritualità si relaziona alla
consapevolezza e su come combinati possano collegarsi al comportamento etico nei contesti
organizzativi. Queste domande sono di particolare rilevanza quando vengono riferite agli stili ed ai
processi di leadership come principali responsabili delle decisioni nelle organizzazioni.
Queste evidenze suggeriscono che la spiritualità possa influenzare il processo decisionale e il
comportamento etico. Una leadership che conferisca crescenti livelli di autonomia ai collaboratori
Corso Zipoli - Agosto 2020 Paolo Marizza 6
secondo una visione che genera un senso di vocazione nel loro lavoro e crei una cultura
organizzativa basata sull’ altruismo, in base alla quale leader e seguaci hanno compassione sia per
se stessi che per gli altri, genera un senso di appartenenza e significati condivisi. Insieme, chiamata
ed identificazione, promuovono flessibilità strategica, maggiore impegno, migliori capacità
esecutive e prestazioni. È interessante notare che un'adeguata leadership spirituale può anche
aumentare il benessere etico e spirituale dei dipendenti, oltre a migliorare la capacità
dell'organizzazione di essere socialmente responsabile.
Illustri studiosi mettono in evidenza che la componente spirituale consente ai leader di relazionarsi
meglio con i followers e di comprendere i loro bisogni emotivi. In effetti, anche la consapevolezza
di se porta a coltivare il coraggio, stabilire l'autenticità, costruire la fiducia, perseguire
consapevolmente gli obiettivi organizzativi e guidare con saggezza e gentilezza.
Ulteriori evidenze stanno emergendo anche con riferimento a contesti non implicanti situazioni di
crisi o di cambiamento radicale. La componente spirituale esercita un ruolo solo nell'ottenere un
cambiamento effettivo? La risposta a questo forse potrebbe risiedere nella sua funzione centrale
che implica l'essere consapevoli di ciò che sta accadendo senza alterare l'esperienza, ma piuttosto
muta il rapporto che si ha con l'esperienza.
In altre parole, le persone consapevoli cambiano la loro percezione dell’ambiente di riferimento
senza necessariamente trasformarlo o trascenderlo.
Tuttavia, quando tale riformulazione, o “ripercezione”, è il risultato della consapevolezza
spirituale, le persone sembrano superare le condizioni organizzative date, come le culture, le
strutture, le richieste di ruolo e le priorità economiche, che spesso limitano o indeboliscono
l'azione etica, per pensare e agire in modo coerente con la propria spiritualità.
Sono senz’altro necessarie ulteriori ricerche incentrate sul ruolo della componente spirituale nei
processi decisionali etici, sulle condizioni favorevoli allo sviluppo nelle organizzazioni e sulle
dinamiche coinvolte. In effetti, come aspetto intrinseco della coscienza, la spiritualità, la
consapevolezza di sè e l’influenza che esercitano sono riscontrabili in comportamenti rafforzati
dalla pratica abituale. Ad esempio, a titolo non esaustivo, risulterebbe utile indagare su:
Si dice che l'etica è il luogo in cui la "gomma spirituale aderisce alla strada", un luogo che va
ulteriormente esplorato per migliorare la comprensione delle connessioni tra consapevolezza
spirituale e la sua realizzazione in diversi contesti, nei percorsi di vita individuale e collettiva.
Perché “c’è un momento in cui si compie un piccolo passo, si devia di un millimetro dalla solita via,
a quel punto si è costretti a posare anche un secondo piede e d’un tratto si finisce su un percorso
sconosciuto (David Grossman).
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