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Chuan C.

Chang

i fondamenti dello
studio del pianoforte
È UN LIBRO DI

juppiter
consulting
PUBLISHING COMPANY
I Fondamenti dello Studio del Pianoforte
di Chuan C. Chang

Titolo originale dell’opera:


Fundamentals of Piano Practice
Copyright © 1991…2004, Colts Neck, N.J., U.S.A.

Traduzione dall’americano a cura di Roberto Gatti


Copyright © 2004, Milano. Proprietà letteraria riservata.
ISBN: 88-900756-5-1.

Editore: Juppiter Consulting Publishing Company


tel. 02 5275500, http://www.juppiterconsulting.it
http://www.studiarepianoforte.it

Prima edizione, marzo 2004.


Stampa: Selecta SpA, via Quintiliano, Milano.

Giammai nessuna parte del presente libro potrà essere riprodotta, memorizzata in un sistema che ne permetta
l’elaborazione, né trasmessa, in qualsivoglia forma e con qualsivoglia mezzo elettronico o meccanico, né potrà
essere fotocopiata, registrata o riprodotta in altro modo, senza previo consenso scritto dell’Editore, tranne nel
caso di brevissime citazioni contenute in articoli o recensioni.
PREFAZIONE

Questo è il primo libro mai scritto su come studiare pianoforte! La rive-


lazione è che esistono metodi di studio altamente efficienti, tali da acce-
lerare l’apprendimento. La cosa sorprendente è che questi metodi sono
noti fin dai primi giorni del pianoforte: venivano insegnati raramente
perché solo pochi insegnanti li conoscevano e questi ben informati non
si presero mai la briga di registrarli in letteratura.
Mi resi conto negli anni Sessanta dell’assenza di un buon libro su co-
me esercitarsi al pianoforte. Il meglio che riuscii a trovare, dopo una
ricerca bibliografica, fu il libro della Whiteside: una completa delusione
(si veda la Sezione Riferimenti). Come studente laureato alla Cornell
University, che studiava fino alle due di notte solo per stare al passo
con alcuni dei più brillanti studenti provenienti da tutto il mondo, avevo
poco tempo per studiare pianoforte. Avevo bisogno di sapere quali fos-
sero i metodi di studio migliori, specialmente perché qualsiasi cosa usas-
si non funzionava, nonostante in gioventù avessi diligentemente preso
lezioni di pianoforte per sette anni. Come facessero i pianisti concertisti
a fare ciò che facevano restava per me un mistero. Era solo una que-
stione di impegno, tempo e talento sufficienti, come sembrava pensasse-
ro la maggior parte delle persone? Se la risposta fosse stata “Si” per me
sarebbe stata devastante: avrebbe significato che il mio livello di talento
era talmente basso da lasciarmi senza speranza. Avevo impiegato impe-
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gno e tempo sufficienti, almeno in gioventù, studiando fino ad otto ore


al giorno durante i fine settimana.
La risposta mi arrivò gradualmente negli anni Settanta, quando notai
che l’insegnante di nostra figlia usava dei metodi sorprendentemente ef-
ficienti, piuttosto diversi da quelli usati dalla maggior parte degli inse-
gnanti di pianoforte. Durante un periodo di oltre dieci anni tenni trac-
cia di questi metodi e giunsi alla realizzazione che il fattore più impor-
tante nell’imparare è il metodo di studio. Impegno, tempo e talento sono
semplicemente fattori secondari! Il “talento”, infatti, è difficile da defini-
re ed impossibile da misurare. Il talento può giocare un qualche ruolo
nel determinare il vincitore di una competizione Van Cliburn, ciò nono-
stante, per la maggior parte degli aspiranti musicisti, “talento” è una pa-
rola nebulosa spesso usata, ma priva di un vero e definibile significato.
I metodi di studio corretti possono infatti rendere praticamente chiun-
que un musicista “di talento”! L’ho visto accadere spesso alle centinaia
di saggi degli studenti ed alle competizioni di pianoforte a cui ho assisti-
to. Ogni studente che aveva trovato l’insegnante giusto era diventato
un musicista “di talento”.
C’è ora evidenza crescente, in parte analizzata in questo libro, che il
genio, o il talento, possa essere più creato che innato – Mozart è proba-
bilmente il più prominente esempio dell’“Effetto Mozart”. Si noti che
ascoltare musica è solo una componente di questo complesso effetto: la
componente più grande è, per i pianisti, fare musica. Un buon metodo di
studio, quindi, non solo accelererà l’apprendimento, ma aiuterà anche a
sviluppare il cervello musicale, specialmente nei giovani. Il tasso di ap-
prendimento viene accelerato, non semplicemente aumentato (è come la
differenza tra interessi composti ed interessi semplici nei conti di ri-
sparmio). Gli studenti privi di buoni metodi di studio rimarranno
quindi, nel giro di pochi anni, indietro senza speranza. Questo fa appa-
rire gli studenti con un metodo di studio adeguato di gran lunga molto
più dotati di talento di quanto non lo siano in realtà, perché possono
imparare in minuti o giorni quello che farebbe impiegare agli altri dei
mesi o degli anni.
Il metodo di studio può fare la differenza tra una vita di futilità e quel-
la di un pianista da concerto, in meno di dieci anni per studenti giovani
e coscienziosi. Usando il metodo di studio corretto bastano pochi anni,
ad uno studente diligente di qualsiasi età, per iniziare a suonare pezzi
significativi di compositori famosi. La più triste verità dei due secoli
scorsi è che questi straordinari metodi non sono mai stati documentati,
sebbene la maggior parte di essi sia stata scoperta e riscoperta migliaia
di volte. Ogni studente doveva riscoprirla da sé o, se fortunato, impa-
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rarla dagli insegnanti che ne conoscevano qualcuno. I migliori esempi


di questa mancanza di documentazione sono gli “insegnamenti” di Franz
Liszt. Ci sono una dozzina di Società Franz Liszt che hanno prodotto
centinaia di pubblicazioni, su di lui sono stati scritti numerosi libri (si
veda Eigeldinger, nella Sezione Riferimenti) e migliaia di insegnanti
hanno sostenuto di insegnare il “Metodo Franz Liszt”. Nonostante ciò
non c’è neanche una pubblicazione che descriva in cosa consista il me-
todo! Una delle principali ragioni di questa mancanza di documenta-
zione è che i buoni metodi di insegnamento sono la base dei mezzi di
sostentamento della maggior parte degli insegnanti e sono quindi un
“segreto industriale”. Ci sono infiniti resoconti di quello che Liszt fosse
in grado di fare e delle sue capacità tecniche, ma ciò nonostante non ci
sono riferimenti sui dettagli di come ci arrivò. C’è una certa evidenza,
in letteratura, che lo stesso Liszt non riuscisse a ricordare esattamente
quello che aveva fatto in gioventù; questo è comprensibile perché pro-
babilmente sperimentava e provava qualcosa di nuovo ogni giorno.
Siccome la pedagogia pianistica è riuscita a perdere traccia di come i
grandi pianisti di tutti i tempi acquisirono inizialmente la loro tecnica di
base, c’è poco da stupirsi se non abbiamo niente che si avvicini a quello
che potremmo chiamare un libro di testo sull’apprendimento del piano-
forte. È possibile immaginare di imparare la matematica, la fisica, la
storia, la programmazione dei computer o qualsiasi altra cosa senza un
libro di testo e (se si è fortunati) con la sola memoria dell’insegnante
come guida? Nonostante questo, quando si va a lezione, l’insegnante
non dà mai un libro di testo sullo studio del pianoforte. Ciascun inse-
gnante, di conseguenza, ha il suo metodo di studio/insegnamento ed o-
gnuno pensa che il proprio sia migliore di quello di tutti gli altri. Senza
libri di testo e documentazione la nostra civiltà non sarebbe avanzata
molto oltre a quella delle tribù della giungla, il cui sapere è stato tra-
mandato a voce. La pedagogia del pianoforte è stata in questa situazio-
ne negli ultimi duecento anni!
Ci sono un certo numero di libri sull’apprendimento del pianoforte (si
veda nei Riferimenti), ma nessuno di essi si qualifica come libro di testo
per il metodo di studio, ciò di cui ha bisogno lo studente. Molti di que-
sti libri descrivono le abilità tecniche necessarie (scale, arpeggi, trilli,
ecc.) ed i libri più avanzati descrivono la diteggiatura, la posizione delle
mani, i movimenti, ecc. necessari per suonare, ma nessuno fornisce un
insieme sistematico di istruzioni su come esercitarsi. La maggior parte
dei libri per principianti fornisce un po’ di queste istruzioni, ma molte di
esse sono sbagliate – un buon esempio è la pubblicità da dilettanti di
“Come diventare un virtuoso in 60 esercizi” nell’introduzione della serie
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Hanon, scritta da nessun altro che Hanon stesso (si veda la Sezione
III.7H del Capitolo Uno). Se si dovesse fare un sondaggio dei metodi di
studio raccomandati da un gran numero di insegnanti di pianoforte, che
non hanno letto questo libro, molti sarebbero in contraddizione e sa-
premmo subito che non possono essere tutti giusti. Inoltre, siccome non
ci sono libri di testo, non avremmo idea di cosa contenga un ragionevo-
le e completo insieme di istruzioni. Nella pedagogia del pianoforte lo
strumento più essenziale per lo studente – un insieme di istruzioni ele-
mentari su come studiare – è stato fondamentalmente inesistente fino
alla scrittura di questo libro.
Non realizzai quanto fossero rivoluzionari questi metodi fin quando
non terminai la prima edizione. Inizialmente sapevo solo che essi erano
migliori di quelli che avevo usato precedentemente: avevo ottenuto ri-
sultati buoni, ma non notevoli. Ho fatto esperienza del mio primo ri-
sveglio dopo aver finito il libro: fu allora che lo lessi veramente ed ap-
plicai sistematicamente i metodi, sperimentandone l’incredibile efficien-
za. Quale fu, quindi, la differenza tra il solo sapere le parti del metodo e
leggerle? Nello scrivere il libro dovetti prendere le varie parti e siste-
marle in una struttura organizzata che soddisfacesse uno scopo specifico
e che non mancasse di componenti essenziali. Come scienziato qualifi-
cato sapevo che organizzare il materiale in una struttura logica era
l’unico modo per scrivere un manuale utile (si veda la Sezione 2 del Ca-
pitolo Tre). È ben noto, nella scienza, che la maggior parte delle scoper-
te vengono fatte scrivendo i rapporti di ricerca, non conducendola. Fu
come se avessi avuto tutti i pezzi di una automobile, ma senza un mec-
canico che li montasse correttamente e li regolasse non sarebbero stati
molto utili come mezzo di trasporto. Qualunque fossero le ragioni esat-
te dell’efficacia del libro, mi convinsi del suo potenziale di rivoluzionare
l’insegnamento del pianoforte (si veda la Sezione Testimonianze) e deci-
si di scrivere la seconda edizione. La prima non era neanche un libro
onesto: non aveva né un indice né una bibliografia, l’avevo scritto in
fretta in quattro mesi nel tempo libero tra i vari lavori. Dovetti chiara-
mente condurre una ricerca più approfondita per riempire qualsiasi la-
cuna e per passare accuratamente in rivista la letteratura. Dovevo, ad
esempio, soddisfare i requisiti di un vero approccio scientifico allo stu-
dio del pianoforte (si veda il Capitolo Tre). Decisi anche di scrivere
questo libro sul mio sito web, in modo che potesse essere caricato men-
tre la ricerca procedeva e qualsiasi cosa venisse scritta fosse immediata-
mente disponibile al pubblico. Come ormai tutti sappiamo, un libro su
internet ha molti altri vantaggi, uno di questi è che non c’è bisogno di
un indice analitico perché si può fare una ricerca per parola. Ne è venu-
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to fuori che questo libro sta diventando uno impegno pionieristico nel
fornire istruzione gratuita attraverso internet.
Perché questi metodi di studio sono così rivoluzionari? Per avere ri-
sposte dettagliate si deve leggere il libro e li si devono provare. Nei pa-
ragrafi seguenti cercherò di presentare una visione d’insieme di come
vengano raggiunti questi risultati miracolosi e di spiegare brevemente
perché funzionano.
Iniziamo con lo specificare che nessuna delle idee fondamentali di que-
sto libro nasce da me: sono state inventate e re-inventate da qualsiasi
pianista di successo, non so quante volte, negli ultimi duecento anni.
o
L’infrastruttura è stata costruita usando gli insegnamenti del M Yvonne
Combe, l’insegnante delle nostre due figlie che sono diventate abili pia-
niste (hanno vinto molti primi premi in competizioni per pianoforte, en-
trambe hanno orecchio assoluto e passano un sacco del loro tempo libe-
ro a comporre musica). Altre parti sono state raccolte dalla letteratura e
dalle mie ricerche usando internet. Il mio contributo è quello di aver
messo insieme le idee, averle organizzate in una struttura e aver fornito
alcune spiegazioni del perché funzionano. Questa comprensione è criti-
ca affinché il metodo abbia successo. Il pianoforte è stato spesso inse-
gnato come una religione – si doveva aver fede che se si fosse seguita
una certa procedura, suggerita da un “maestro” insegnante, avrebbe
funzionato. Un tipico esempio è il modo in cui insegnava la Whiteside
(si veda nei Riferimenti). Questo libro è diverso: un’idea non è accetta-
bile finché lo studente non capisce il perché funziona. Trovare la giusta
spiegazione non è facile perché non la si può semplicemente tirar fuori
dal nulla (sarebbe sbagliato) – per arrivare alla spiegazione corretta si
deve avere sufficiente esperienza in quel particolare campo del sapere.
Fornire una spiegazione scientifica corretta filtra via automaticamente i
metodi sbagliati. Questo potrebbe spiegare il perché gli insegnanti di
pianoforte esperti, la cui cultura è strettamente concentrata sulla musica,
possano essere in difficoltà nel fornire la spiegazione giusta e le loro de-
lucidazioni siano spesso sbagliate anche per metodi di studio corretti.
Ciò può fare più male che bene perché non solo crea confusione, ma
uno studente intelligente concluderebbe che il metodo non possa fun-
zionare; è anche un modo veloce per l’insegnante di perdere tutta la
credibilità. A questo proposito è stata preziosa, nello scrivere questo li-
bro, la mia carriera/cultura di fondo nel risolvere problemi industriali,
nelle scienze dei materiali (semiconduttori, ottica, acustica), nella fisica,
nell’ingegneria meccanica, nell’elettronica, nella biologia, nella chimica,
nella matematica, nei rapporti scientifici (ho pubblicato oltre 100 articoli
nelle maggiori riviste scientifiche), eccetera.
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Quali sono quindi alcune di queste idee magiche che si suppone rivo-
luzionino l’insegnamento del pianoforte? Iniziamo con il fatto che
quando si guarda l’esecuzione di un famoso pianista questi può suonare
cose incredibilmente difficili, ma le fa sempre sembrare facili. Come fa?
Il fatto è che per lui sono facili! Molti dei trucchi per imparare trattati
qui sono quindi metodi per rendere facili le cose difficili. Non solo faci-
li, ma spesso banalmente semplici. Questo si ottiene esercitando le due
mani separatamente ed esercitandosi su segmenti brevi, a volte fino an-
che a solo una o due note. Non si possono rendere le cose più semplici
di così! I pianisti esperti riescono anche a suonare in modo incredibil-
mente veloce – come ci si esercita per riuscire a suonare velocemente?
Semplice! Usando l’“attacco ad accordo” – un modo, anche per pianisti
principianti, di muovere tutte le dita simultaneamente facendo si che,
per certe combinazioni di note, possano suonare infinitamente veloce.
Non c’è sicuramente bisogno di alcuna velocità più alta di infinitamente
veloce! Si veda “Insiemi Paralleli” nella Sezione II.11 del Capitolo Uno.
Il termine “insieme parallelo”, sebbene l’abbia coniato qui, è solo uno
strano sinonimo di “accordo” (uso “accordo” in senso lato per indicare
più note suonate contemporaneamente). Tuttavia “accordo” non era
una scelta buona quanto “insiemi paralleli” perché avevo bisogno di un
termine che descrivesse meglio il movimento delle dita (la connotazione
è che le dita si muovono in parallelo) e tra i musicisti “accordo” ha un
significato definito più strettamente. Ci vuole sicuramente esercizio per
riuscire ad unire degli insiemi paralleli veloci e produrre musica, ma al-
meno ora abbiamo una solida procedura bio-fisica per sviluppare le con-
figurazioni neuro-muscolari necessarie a suonare velocemente. In que-
sto libro ho elevato gli esercizi per gli insiemi paralleli ad un livello mol-
to speciale perché possono essere usati sia come strumento diagnostico
per scoprire le debolezze tecniche sia come un modo per risolverle. In
pratica gli esercizi per gli insiemi paralleli possono fornire soluzioni pra-
ticamente istantanee alla maggior parte delle insufficienze tecniche.
Questi non sono esercizi per le dita nel senso di Hanon o Czerny, ma, al
contrario, sono il più potente insieme singolo di strumenti per una rapi-
da acquisizione della tecnica.
Anche con i metodi qui descritti potrebbe sorgere la necessità di stu-
diare passaggi difficili centinaia di volte, qualche volta fino a diecimila,
prima di riuscire a suonarli con facilità. Ora, se si dovesse studiare una
tipica sonata di Beethoven a – diciamo – metà tempo (la si sta solo im-
parando), ci vorrebbe circa un ora per suonarla tutta. Ripeterla diecimi-
la volte richiederebbe quindi trent’anni, o metà di una vita, se si avesse
– diciamo – un’ora al giorno per esercitarsi e se si studiasse solo questa
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sonata per sette giorni la settimana. Non è chiaramente questo il modo


di imparare la sonata, sebbene molti studenti usino un metodo di studio
non molto diverso. Questo libro descrive i metodi per identificare quel-
le sole poche note che è necessario studiare e per suonarle in una fra-
zione di secondo (usando ad esempio gli esercizi per gli insiemi paralleli)
in modo da poterle ripetere diecimila volte in sole poche settimane (o
anche giorni se il materiale è più facile) studiandole solo circa dieci mi-
nuti al giorno, cinque giorni la settimana. Questi argomenti sono cer-
tamente molto semplificati, ma quando vengono inclusi tutti i complessi
fattori la conclusione finale rimane fondamentalmente la stessa: buoni
metodi di studio possono fare la differenza, in pochi mesi (si veda la Se-
zione Testimonianze), tra una vita di frustrazioni e delle magnifiche
soddisfazioni.
Questo libro analizza molti altri principi di efficienza come ad esempio
esercitarsi e memorizzare al tempo stesso. Durante lo studio si deve ri-
petere molte volte e la ripetizione è il miglior modo di memorizzare: non
ha senso quindi non memorizzare mentre ci si esercita. Per riuscire a
memorizzare un ampio repertorio è necessario esercitare sempre la me-
moria, nella stessa identica maniera in cui si deve studiare tutti i giorni
per essere tecnicamente competenti. Gli studenti che usano i metodi di
questo libro memorizzano tutto quello che imparano, materiale da leg-
gere a prima vista a parte. Questo è il motivo per cui non vengono rac-
comandati esercizi come Hanon e Czerny che non sono fatti per essere
memorizzati ed eseguiti. Gli Studi di Chopin sono invece raccomanda-
bili per lo stesso motivo. Studiare qualcosa non fatto per essere eseguito
non solo è una perdita di tempo, ma anche un degradare qualsiasi senso
della musica posseduto originariamente. Una volta memorizzato si pos-
sono fare molte altre cose che la maggior parte della gente si aspettereb-
be solo dai “musicisti dotati”: come suonare il pezzo mentalmente, lon-
tano dal pianoforte, o anche trascriverlo integralmente a memoria. Non
c’è motivo per cui non lo si possa fare! Queste doti non servono solo a
mettersi in mostra, ma sono essenziali per eseguire in pubblico senza er-
rori o vuoti di memoria e sono quasi un effetto collaterale di questi me-
todi, anche per noialtri gente comune dotata di memoria ordinaria.
Molti studenti sanno suonare interi pezzi, ma non riescono a trascriverli
– studenti del genere memorizzano solo parzialmente la composizione
ed anche in maniera inadeguata per un’esecuzione in pubblico. Molti
pianisti sono frustrati dalla loro incapacità di memorizzare, ciò che non
sanno è che quando si imparano nuovi pezzi si tende a dimenticare il
materiale memorizzato precedentemente, ciò significa che cercare di
mantenere un ampio repertorio mentre si imparano nuovi pezzi non è
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un tentativo fruttuoso. Questa consapevolezza, insieme all’arsenale di


metodi trattati qui per instillare progressivamente una memoria perma-
nente, porta di gran lunga verso l’eliminazione della frustrazione ed il
recupero della sicurezza, in modo da permettersi di metter su un reper-
torio. Siccome gli studenti che usano metodi di studio inefficienti pas-
sano tutto il loro tempo ad imparare nuovi pezzi, non potranno mai svi-
luppare un repertorio a memoria ed andranno quindi incontro a tre-
mende difficoltà quando proveranno a suonare.
Un altro esempio di qualcosa di utile da sapere è l’uso della forza di
gravità: il peso del braccio è importante non solo come forza di riferi-
mento per suonare uniformemente (la forza di gravità è sempre costan-
te), ma anche per controllare il livello di rilassamento. Fornirò la spie-
gazione, ad un livello più profondo, del perché il pianoforte venne pro-
gettato con in mente la forza di gravità come riferimento (si veda la Se-
zione II.10 del Capitolo Uno). Il rilassamento è un altro esempio:
quando eseguiamo compiti fisici difficili, come suonare un passaggio
impegnativo al pianoforte, la nostra tendenza naturale è ad irrigidirsi
così tanto da far diventare l’intero corpo una massa di muscoli contratti.
Provare a muovere le dita rapidamente e indipendentemente in tali
condizioni è come provare a correre uno scatto con degli elastici avvolti
attorno alle gambe. Riuscendo a rilassare tutti i muscoli non necessari e
ad usare solo quelli richiesti per solo quegli istanti in cui servono, ci si
può muovere estremamente veloce, senza sforzo, senza fatica e per pe-
riodi di tempo prolungati. Un altro esempio sono i muri di velocità: co-
sa sono, quanti ce ne sono e cosa li provoca? Come si evitano o si eli-
minano? Risposte: sono il risultato di voler fare l’impossibile (siamo noi
ad erigerli), ce ne sono fondamentalmente un numero infinito e si evita-
no usando i metodi di studio corretti. Un modo di evitarli è innanzitut-
to non erigerli sapendo cosa li provoca (stress, scorretta diteggiatura o
ritmo, carenza di tecnica, esercitarsi troppo velocemente, studiare a ma-
ni unite prima di essere pronti, ecc.) Un altro modo è arrivare a veloci-
tà partendo da velocità infinita e procedendo verso il basso, invece che
gradualmente verso l’alto, usando gli insiemi paralleli.
Gran parte di questo libro tratta un punto importante: i migliori meto-
di per studiare pianoforte sono sorprendentemente contro-intuitivi per
tutti tranne che per alcune delle menti più brillanti. Questo punto è di
capitale importanza nella pedagogia del pianoforte perché è la spiega-
zione principale del motivo per cui gli studenti e gli insegnanti tendono
ad usare i metodi di studio sbagliati. Se non fossero stati così contro-
intuitivi questo libro non sarebbe stato necessario. Di conseguenza, qui
viene analizzato non solo ciò che si dovrebbe fare, ma anche ciò che
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non si dovrebbe fare. Queste sezioni negative non servono a criticare


chi usa i metodi sbagliati, sono solo parti assolutamente necessarie al
processo di apprendimento. Non ho ancora trovato una spiegazione e-
sauriente del perché i metodi intuitivamente logici portino così spesso al
disastro, tranne forse il fatto che, essendo il compito così complesso, le
soluzioni più semplici ed ovvie semplicemente non funzionano. Ecco
quattro esempi:
(1) Separare le mani per studiare è contro-intuitivo perché così facendo
si esercita ciascuna mano, poi entrambe assieme e sembrerebbe che
si debba studiare tre volte al posto di una sola. Perché studiare a
mani separate se alla fine non verranno mai usate? Approssimati-
vamente l’ottanta percento di questo libro tratta il motivo per cui
studiare a mani separate sia una necessità. Lo studio a mani separa-
te è il solo modo di aumentare rapidamente velocità e controllo sen-
za procurarsi problemi, permette di lavorare duro per il 100% del
tempo a qualsivoglia velocità, senza fatica, stress o infortuni perché
il metodo si basa sul cambiare mano non appena quella che sta la-
vorando comincia a stancarsi. È importante basarsi sul tempo della
mano che riposa piuttosto che quella che si sta esercitando perché la
prima non si deve raffreddare e, quando si scelgono perfettamente i
tempi, è “calda”, ma non stanca e può spesso fare cose incredibili.
Lo studio a mani separate è l’unico modo di fare esperimenti alla ri-
cerca del giusto movimento della mano per la velocità e l’espres-
sività ed è il modo più veloce di imparare a rilassarsi. Cercare di
acquisire la tecnica a mani unite è la causa principale dei muri di
velocità, delle brutte abitudini, degli infortuni e dello stress.
Studiare a mani separate a velocità anche più alte della velocità
finale può essere utile, esercitarsi a mani unite troppo velocemente è
quasi sempre dannoso. L’ironia dello studio a mani separate è che
l’obiettivo finale di tutto il duro lavoro è di essere in grado di
acquisire rapidamente tutta la tecnica essenziale, al punto da riuscire
in fretta, alla fine, a suonare a mani unite con un minimo di lavoro a
mani separate (o anche del tutto senza!)
(2) Studiare lentamente a mani unite ed aumentare gradualmente la ve-
locità è ciò che tendiamo a fare intuitivamente, ma si scopre che
questo approccio è uno dei peggiori modi di studiare perché si spre-
ca così tanto tempo e si allenano le mani ad eseguire gesti che sa-
ranno diversi da quelli di cui si avrà bisogno alla velocità finale. Al-
cuni studenti peggiorano il problema usando il metronomo come
guida costante per aumentare la velocità o per tenere il ritmo: uno
dei peggiori abusi che si possano fare. Il metronomo andrebbe usa-
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to solo brevemente per controllare il tempo (velocità e ritmo), abu-


sandone si può incorrere in ogni tipo di problemi (un altro fatto
contro-intuitivo) come la perdita del proprio ritmo interno, la perdi-
ta della musicalità ed anche la totale confusione, per non parlare del-
le difficoltà biofisiche dovute alla sovraesposizione a rigide ripetizio-
ni. È quindi importante sapere come usare il metronomo in modo
corretto e perché. Conoscere la velocità di studio ottimale in tutte le
possibili circostanze è un elemento chiave dei metodi di questo libro.
La tecnica per la velocità viene acquisita scoprendo nuovi movimen-
ti delle mani, non accelerando movimenti lenti; i movimenti delle
mani per suonare lentamente o velocemente sono ad esempio diver-
si. Cercare di velocizzare un movimento lento porta a muri di velo-
cità per questo motivo – perché si cerca di fare l’impossibile. Velo-
cizzare qualcosa suonato lentamente è come chiedere ad un cavallo
di aumentare la velocità di una camminata fino alla velocità di un
galoppo – non può. Un cavallo deve cambiare da camminata a trot-
to, a piccolo galoppo, a galoppo. Se si cerca di forzare un cavallo a
camminare alla velocità di un piccolo galoppo esso urterà contro un
muro di velocità e molto probabilmente si farà male riducendo gli
zoccoli in brandelli. Questo libro analizza i movimenti più impor-
tanti delle mani, non è possibile affrontarli tutti a causa
dell’incredibile versatilità della mano e del cervello. La maggior
parte degli studenti principianti è completamente inconsapevole di
ciò che sono in grado di fare le mani. Suonando le scale, si dovrà,
ad esempio, imparare il “movimento glissando” così come imparare
ad usare il pollice, che è il dito più versatile. I semplici esempi di
questo libro insegneranno agli studenti come scoprire da sé i nuovi
movimenti delle mani.
(3) Per memorizzare bene, ed essere in grado di suonare velocemente,
si deve studiare lentamente, anche dopo essere riusciti a suonare fa-
cilmente il pezzo a velocità. Questo è contro-intuitivo: perché stu-
diare lentamente e sprecare così tanto tempo se in pubblico si esegue
sempre a velocità? Si potrebbe pensare che studiare a velocità aiuti
a memorizzare e ad eseguire bene. Si scopre invece che suonare ve-
locemente è dannoso alla tecnica come alla memoria. Esercitarsi sui
pezzi a piena velocità il giorno del concerto risulterà quindi in una
esecuzione mediocre in pubblico. Quante volte si è sentito il ritor-
nello: “Ho suonato in modo orribile a lezione, sebbene abbia suona-
to così bene stamattina (o ieri)!”? Perciò, nonostante molto di que-
sto libro sia orientato verso imparare a suonare alla giusta velocità,
è l’uso corretto del suonare lentamente ad essere critico per rag-
PREFAZIONE 11

giungere l’obiettivo di una solida memorizzazione e di un’esecuzione


in pubblico priva di errori. Studiare lentamente è tuttavia una que-
stione delicata perché non si dovrebbe suonare lentamente fin
quando non si riesce a suonare velocemente!, altrimenti non si a-
vrebbe idea sulla correttezza del movimento lento. Il problema vie-
ne risolto studiando a mani separate per acquisire la tecnica ed arri-
vare a velocità. Per lo studente è quindi assolutamente cruciale sa-
pere quando studiare lentamente.
(4) La maggior parte delle persone si sente a disagio quando prova a
memorizzare qualcosa che non sa suonare, perciò istintivamente
prima impara un pezzo e poi cerca di memorizzarlo. Si scopre che si
risparmia un sacco di tempo memorizzando prima e suonando poi a
memoria (stiamo parlando di musica tecnicamente impegnativa,
troppo difficile da leggere a prima vista). Inoltre, per le ragioni
spiegate in questo libro, chi memorizza dopo aver imparato non rie-
sce mai a farlo bene, sarà sempre tormentato da problemi di memo-
ria. I buoni metodi di memorizzazione devono quindi essere parte
integrante di qualsiasi procedura di studio: memorizzare è una ne-
cessità, non un lusso.
Questi quattro esempi dovrebbero dare al lettore una qualche idea su
cosa intendo per metodi di studio contro-intuitivi. La cosa sorprendente
è che la maggior parte di quelli buoni è contro-intuitiva per la maggior
parte delle persone. Fortunatamente i geni che sono venuti prima di noi
sono riusciti a vedere oltre le barriere intuitive ed hanno trovato metodi
di studio migliori.
Perché questo fatto, che i metodi corretti sono contro-intuitivi, ha por-
tato al disastro? Anche gli studenti che li hanno imparati (ma a cui non
è mai stato insegnato cosa non fare) possono scivolare verso i metodi
intuitivi semplicemente perché il cervello continua a dir loro che do-
vrebbero usarli (è la definizione di metodo intuitivo). Accade sicura-
mente anche agli insegnanti, i genitori ci cascano sempre! Il semplice
coinvolgimento di questi ultimi è a volte contro producente, anche loro
dovrebbero essere informati. Per questi motivi questo libro fa ogni
sforzo per identificare ed evidenziare la stoltezza dei metodi intuitivi.
Tanti insegnanti scoraggiano il coinvolgimento dei genitori se questi
non possono frequentare anch’essi le lezioni. La maggior parte degli
studenti e degli insegnanti, se lasciati a se stessi, graviterebbe attorno ai
metodi intuitivi (sbagliati). Questo è il motivo principale per cui oggi
vengono insegnati così tanti metodi sbagliati e del perché gli studenti
abbiano bisogno di buoni insegnanti e di libri di testo adeguati.
12 PREFAZIONE

Gli insegnanti di pianoforte generalmente appartengono a tre catego-


rie: (A) insegnanti privati che non sanno insegnare, (B) insegnanti privati
molto bravi e (C) insegnanti delle università e dei conservatori. Quelli
dell’ultimo gruppo sono di solito piuttosto bravi perché si trovano in un
ambiente in cui devono comunicare l’un l’altro. Essi sono in grado di
individuare in fretta i metodi di insegnamento intuitivi peggiori e di eli-
minarli. Sfortunatamente la maggior parte degli studenti dei conserva-
tori è già ad un livello piuttosto avanzato e di conseguenza gli insegnanti
non hanno bisogno di insegnare loro i metodi di studio elementari; uno
studente novizio non otterrà pertanto un gran ché da essi. Il gruppo di
insegnanti A consiste principalmente in individui che non comunicano
bene con altri insegnanti e che usano per gran parte invariabilmente i
metodi intuitivi; questo spiega come mai non sappiano insegnare. Si
possono eliminare gran parte degli insegnanti scadenti scegliendo solo
quelli che hanno siti web: almeno hanno imparato a comunicare. Gli
insegnanti dei gruppi B e C hanno più facilmente dimestichezza con me-
todi di studio adeguati, molto pochi di essi, comunque, li conoscono tut-
ti perché non esiste un libro di testo convenzionale; d’altro canto la
maggior parte conosce un sacco di dettagli utili non presenti in questo
libro. Ci sono pochi preziosi insegnanti del gruppo B e quelli del grup-
po C di solito accettano solo studenti di livello avanzato. Il problema di
questa situazione è che la maggior parte degli studenti inizia con inse-
gnanti di tipo A e non progredisce mai oltre il livello di principiante o
intermedio: non è perciò mai all’altezza di un insegnante del gruppo C.
In questo modo la maggior parte degli studenti principianti abbandona
per frustrazione, sebbene praticamente tutti abbiano il potenziale di es-
sere dei musicisti esperti. Questa mancanza di progressi alimenta inol-
tre la comune idea sbagliata che imparare il pianoforte equivalga ad una
vita di inutili sforzi e gli studenti di insegnanti scadenti non si rendono
conto di aver solo bisogno di un altro insegnante. L’obiettivo di questo
libro è dedicare il 10% del tempo di studio all’acquisizione della tecnica
ed il restante 90% a fare musica. Questo rapporto di fatto massimizza il
tasso di acquisizione della tecnica perché solo suonando pezzi finiti si
possono veramente studiare le abilità musicali (ritmo, controllo, colore,
espressività, velocità, ecc.). Pertanto studiare sempre materiale difficile
non è il modo più veloce di acquisire la tecnica; ovvero, tecnica e musi-
ca non possono venire separate. Questo rapporto del tempo di studio è
la più forte giustificazione per non provare ad imparare composizioni
che sono troppo al di là del proprio livello.
Tutti gli insegnanti di pianoforte dovrebbero adottare un libro di testo
che spieghi i metodi di studio: questo li svincolerebbe dal dover inse-
PREFAZIONE 13

gnare i meccanismi dello studio e li porrà in grado di concentrarsi sulla


musica, dove sono più indispensabili. Anche i genitori dovrebbero leg-
gere il libro di testo a causa dei tranelli dei metodi intuitivi.
Riassumendo, questo libro rappresenta un evento unico nella storia
della pedagogia del pianoforte ed ha la potenzialità di rivoluzionarne
l’insegnamento. Sorprendentemente c’è poco di fondamentalmente nuo-
vo in questo libro: ogni metodo presentato è stato inventato e re-
inventato dai pianisti esperti. La quantità di tempo e sforzo sprecato nel
re-inventare la ruota ad ogni generazione di pianisti fa vacillare l’im-
maginazione. Rendendo disponibile agli studenti, dal primo giorno di
lezioni di pianoforte, la conoscenza contenuta in questo libro spero di
far entrare in una nuova era dell’imparare a suonare il pianoforte.
Questo libro, infine, è ovviamente il mio regalo personale alla società.
Anche i traduttori hanno contribuito con il loro prezioso tempo. Insie-
me stiamo aprendo la strada ad un approccio basato sul web per fornire
istruzione gratuita del più alto livello, qualcosa che si spera diventi
l’onda del futuro. Non c’è ragione per cui l’istruzione non debba essere
gratuita. Una tale rivoluzione potrebbe sembrare mettere a repentaglio
il lavoro di alcuni insegnanti, ma, con metodi di apprendimento miglio-
ri, suonare il pianoforte diverrà molto più popolare e produrrà una
grande domanda. Metodi di apprendimento migliori vanno perciò a
beneficio di insegnanti e studenti. L’impatto economico di questi meto-
di migliorati è enorme. Il sito web di questo libro è stato creato nell’e-
state 1999, da allora stimo che oltre diecimila studenti abbiano imparato
questi metodi. Assumiamo che il tipico studente risparmi, usando que-
sti metodi, 5 ore/settimana e che studi 40 settimane/anno e che il suo
tempo valga circa 5 dollari/ora (nei paesi sviluppati): il totale dei ri-
sparmi annui è allora di dieci milioni di dollari/anno, questo numero
aumenterà ogni anno. Dieci milioni di dollari all’anno è solo il rispar-
mio degli studenti e siamo solo all’inizio. Ogni volta che l’approccio
scientifico ha prodotto tali salti quantici di efficienza il campo è storica-
mente fiorito, apparentemente senza limiti, ed ha favorito tutti; in que-
sto caso principalmente gli studenti, gli insegnanti, i tecnici (accordatori)
ed i costruttori di pianoforti. Non si può arrestare il progresso, proprio
come i pianoforti elettronici sono sempre accordati, anche quelli acustici
dovranno presto esserlo, sfruttando, ad esempio elettronicamente, i co-
efficienti di dilatazione termica delle corde. Oggi praticamente tutti i
pianoforti di casa sono scordati praticamente sempre perché iniziano a
scordarsi nel momento in cui l’accordatore se ne va o quando cambia la
temperatura o l’umidità della stanza. Questa è una situazione del tutto
inaccettabile. Nei pianoforti futuri si premerà un pulsante ed il piano-
14 PREFAZIONE

forte si accorderà in qualche secondo. Quando verranno prodotti in


massa il costo sarà basso rispetto al prezzo di un pianoforte di qualità.
Si potrebbe pensare che questo tolga lavoro agli accordatori, ma non lo
farà perché nei pianoforti accordati con tale precisione la frequente e
perfetta intonazione e regolazione dei martelli (oggi troppo spesso tra-
scurati) farà migliorare in modo significativo il prodotto musicale. La
musica di tali pianoforti suonerà come quella che si sente nelle sale da
concerto. Ci si potrebbe improvvisamente rendere conto che era il pia-
noforte, e non se stessi, a limitare la propria produzione musicale (i mar-
telli usurati lo fanno sempre!) Perché si pensa che i pianisti concertisti
siano così puntigliosi riguardo ai loro pianoforti?
Inoltre questo libro non è definitivo – è solo un inizio. Ricerche future
nei metodi di studio produrranno indubbiamente dei miglioramenti;
questa è la natura dell’approccio scientifico. Non comprendiamo ancora
i cambiamenti biologici che accompagnano l’acquisizione della tecnica e
come il cervello umano si sviluppi musicalmente (specialmente negli in-
fanti). Capire queste cose ci permetterà di affrontarle direttamente in-
vece di dover ripetere diecimila volte qualcosa. I pianoforti, e
l’imparare a suonarli, sono cambiati poco negli ultimi duecento anni, nei
prossimi venti possiamo sperare di vedere enormi mutamenti in en-
trambe le cose.

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