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LA SABINA MEDIEVALE
INCASTELLAMENTO ED EVOLUZIONE STORICA DELLA PROVINCIA DI RIETI
In opposizione alla sua centralità nella storia antica (dal mito delle origini romane nel
“ratto delle sabine”, ai natali della dinastia imperiale dei Flavi), non disponiamo per la
Sabina informazioni dettagliate sul passaggio dalla tarda antichità al medioevo.
Per questo periodo gli indizi archeologici evidenziano, come nel resto del Lazio, un
regresso demografico accompagnato dall’abbandono delle zone pianeggianti ormai
insalubri e dei centri abitati sorti lungo il corso delle strade, più difficili da difendere.
Una prima frattura della regione avviene dopo l’invasione longobarda nel 568-569:
dopo aver stabilizzato le proprie conquiste ad inizio VII secolo, infatti, i Longobardi
annetterono definitivamente il nord-est della Sabina, incorporando Rieti al Ducato di
Spoleto e rendendo la stessa città sede di un castaldato.
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In opposizione a questa Sabina Ducale, Gregorio Magno ed i suoi successori
costituirono una Sabina Romana (o suburbicia), formata dalla fusione delle tre diocesi
sopra citate di Nomentum, Cures e Forum Novum ed istaurarono in quest’ultima
(ribattezzata Vescovio) una sede vescovile unica.
Nacque così una divisione tra le due zone contrapposte della Sabina, separate da una
frontiera lineare, che persistette anche dopo la conquista di Carlo Magno nel 774 e la
conseguente trasformazione del castaldato di Rieti in una contea carolingia.
Dalla seconda metà dell’XI secolo, il progresso della Riforma Gregoriana stabilì il
consolidamento di beni territoriali della chiesa nella Sabina romana e il vescovo della
diocesi suburbicia fu investito della dignità cardinalizia.
Questo processo portò, dall’avvento di Gregorio VII in poi, ad un controllo diretto sul
feudalesimo locale, attraverso l’acquisto o l’edificazione di castelli (Roccantica,
Montasola), l’insediamento di guarnigioni, la riscossione di imposte e l’esercizio della
giustizia.
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Designata sede papale (insieme ad Anagni, Ferentino, Segni e Viterbo), Rieti godette
di un ampio sviluppo urbanistico e la città fu al centro di episodi storici significativi
come l’incontro tra San Francesco d’Assisi ed Onorio III (1219), l’atto di sottomissione
di Federico II dopo la pace di San Germano (1232) e la canonizzazione di San
Domenico decretata da Gregorio IX (1234).
L’esilio avignonese e lo scisma d’occidente portarono al declino della Sabina che, nei
secoli successivi, fu teatro di scontro e posta in palio delle contese tra famiglie baronali
romane come gli Orsini, Colonna e Savelli, tutte detentrici di castelli ancora oggi
visitabili, come il castello Orsini a Nerola o il castello Savelli a Palombara Sabina.
La Sabina è stata oggetto di studio nella celebre opera dello storico francese Pierre
Toubert, Les structures du Latium médieval. Le Latium meridional et la Sabine, du IX
siècle à la fin du XII siècle pubblicata nel 1973.
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2) La fortificazione del nuovo centro abitato con la nascita di castelli (o castra), prima
in legno e poi in pietra.
E’ facile notare, quindi, come per Toubert il popolamento ex novo di zone d’altura
intorno al castello (centro di dominio sia materiale che simbolico) e l’addensarsi di
potere nelle mani del privato proprietario dell’edificio fortificato, dimostrano la
centralità dell’incastellamento come struttura portante del nuovo ordinamento sociale
dei secoli IX-X.
ANTUNI: Sul monte Antuni, in una fascia di terra che si protende nel lago del Turano,
sorge il piccolo paese oggi disabitato e raggiungibile solo a piedi. Edificato già nel X
secolo, il borgo fortificato fu ceduto dai Signori di Tora all’abbazia di Farfa.
CANTALICE: Castrum prima del 1081, per via della posizione arroccata doveva
essere una cittadella pressoché inespugnabile. Della munita fortezza resta oggi la Torre
del Cassero di forma semicilindrica (rettangolare verso l’interno, cilindrica all’esterno)
con scarpa laterale (vedi. immagine sotto). La torre si eleva in cima al paese in mezzo
ai resti di antiche fortificazioni, tra i quali si scorgono una più piccola torre circolare
merlata e la chiesa di S. Andrea, la più antica del paese.
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CANTALUPO IN SABINA: Castrum già dal 1037, è fuori dalla sfera d’influenza di
Farfa poiché nei cui cartulari è raramente menzionato. Cantalupo è un esempio di
borgo medievale che si espande nel tempo dal vertice di un’altura fino a degradare a
valle seguendo la naturale sequenza delle curve di livello, determinando così una forma
tronco-conica intervallata da cortine murarie intermedie che seguono l’espansione
dell’abitato. Dell’antico castello medievale, completamente trasformato nel XVI
secolo dal Cardinal Donato Cesi, non rimangono che qualche traccia di muratura e le
torri quadrate angolari nel lato posteriore verso la valle.
CASPERIA: Fu uno dei castra specialia, cioè quei castelli strategicamente importanti
per il dominio della Chiesa, governati direttamente dal pontefice tramite persone di
fiducia. Conserva due cinte concentriche di mura con la relativa lizza per la ronda e la
struttura urbanistica si sviluppa secondo uno schema radiocentrico.
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COLLALTO SABINO: Il paese nacque, forse a seguito delle incursioni saracene nel
X secolo, con il nome di Castaldio; successivamente per la sua posizione geografica fu
chiamato Collalto. Conserva ancora, come resti delle antiche fortificazioni, alcune torri
rotonde, le possenti mura di cinta e l’imponente castello. Questo, dall’aspetto
medievale soprattutto per recenti restauri di tipo romantico, può in realtà nel suo
insieme essere riferito ad epoca più tarda. (vedi. immagine sotto)
COTTANELLO: Uno dei castra specialia, conserva ancora quasi intatto l’aspetto di
presidio militare. Borgo fortificato nel XII secolo circondato da mura, mantiene una
lizza per la ronda nello spazio fra le cinte concentriche che lo chiudono. E’ visibile un
muro più esterno con torri ellittiche ed uno interno nel quale si aprono le porte del
borgo. Si inseriscono fra queste due cinte, a ridosso del camminamento, due torri a
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pianta quadrangolare con passaggio interno. Molto interessante è la porta-torre di Via
dello Steccato, aperta su due piani verso l’interno del paese.
MONTENERO: Il paese sorge su una lunga cresta rocciosa isolata dal territorio
circostante da due torrenti. La posizione a dominio della strada verso l’abbazia di Farfa,
fece sì che Montis Nigris fosse donato da un tal Cencio all’abazia nel 1085. Di grande
interesse è la struttura urbanistica dell’abitato, esempio di centro a due dominanti
affrontate: chiesa e castello, posti ai limiti estremi di un unico percorso rettilineo. Il
nucleo fortificato primitivo occupava nell’XI secolo, forse, solo l’altura sulla quale è
visibile il castello.
PONTICELLI: Il paese appare più volte menzionato nel Regesto Farfense tra i
possedimenti del monastero: prima semplice fundus, dovette essere fortificato già nel
X secolo. La costruzione della rocca, tuttavia, può essere fatta risalire agli inizi del
secolo successivo.
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ROCCANTICA: E’ stato uno fra i maggiori e più agguerriti presidi militari della
Chiesa. Nel castello di rifugiò papa Niccolò II durante la lotta per le investiture e la
cittadina, nella strenua difesa del pontefice contro le truppe imperiali, fu quasi
interamente distrutta. Nel 1061 lo stato pontificio concesse numerosi privilegi e
sovvenzioni al borgo per la ricostruzione. Tracce di questa evoluzione urbanistica si
scorgono ancora nel tessuto urbano rimasto quasi integro (vedi immagini sotto). Nel
punto più alto della collina si ergono i ruderi dell’antico castello: pochi brani murari ed
un troncone del mastio, detto “Torre di Niccolò II”.
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4 – L’abbazia di Farfa
Il monastero di Farfa si presenta dall’inizio dell’VIII secolo come una realtà politica di
indubbia rilevanza, grazie alla sua posizione strategica a confine tra Chiesa romana e
ducato di Spoleto. Già nel corso di un secolo l’abbazia fondò un dominio di terre e beni
materiali attraverso le tante donazioni private e le conferme imperiali.
Durante il IX secolo i contratti con i quali venivano concesse terre, in cambio della loro
coltivazione e del versamento di un canone, vennero registrati con regolarità,
permettendoci di godere di una preziosissima fonte in grado di rilevare la fitta maglia
di curtes e castra nel centro Italia.
Nell’890 l’abazia fu attaccata dai Saraceni e, dopo una resistenza guidata per sette anni
dall’abate Pietro, i monaci dovettero abbandonare la struttura rifugiandosi tra Roma,
Rieti e Monteleone Sabino, riuscendo comunque a salvare il prezioso archivio del
monastero.
Il X secolo vide il ritorno dei monaci e la ricostruzione dell’abazia. Farfa non riuscì
però a replicare l’antico splendore a causa delle lotte intestine nelle nomine di potere
(saranno addirittura diversi i casi di omicidio per avvelenamento tra rivali), del
frazionamento dei beni abbaziali e della crescente influenza romana.
Bisognerà aspettare l’XI secolo perché il monastero torni ad avere un ruolo incisivo
nella regione: nel settembre del 999 si riunirono nell’abbazia papa Silvestro II e
l’imperatore Ottone III, che con un suo diploma reintegrò tutti i possessi territoriali
perduti nel tempo ed impose un meccanismo di nomina dell’abate esente da influenze
esterne. Inoltre, sotto l’abate Ugo si ebbe anche a Farfa l’introduzione della riforma
cluniacense, lo sviluppo dello scriptorium e la produzione di una vasto archivio.
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Nata e sviluppatasi sotto l’ala protettiva del potere imperiale, l’abbazia passò sotto la
sfera d’influenza papale in seguito al concordato di Worms (1122) che concludeva la
lotta per le investiture. La sempre più asfissiante ingerenza della Chiesa di Roma ne
limitò decisamente l’autonomia e la condusse verso la decadenza.
La bolla di Urbano IV del 1261 è un valido esempio del forte controllo papale: il
monastero, il clero ed il suo popolo erano direttamente soggetti alla Santa Sede,
l’abbazia era considerata diocesi e l’abate fungeva da Vescovo eletto dai monaci ma
con obbligo di conferma da parte del Papa.
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5 - Ricerca storica ed archeologica a quarant’anni da Toubert
La sezione del libro sopracitato più pertinente alla regione presa in analisi è senza
dubbio “L’incastellamento nel Lazio” (di A. Lanconelli e G. Romagnoli).
Basandosi sul resoconto degli studi più recenti compilato da Lanconelli e Romagnoli,
è opportuno concludere questo lavoro elencando gli ultimi argomenti analizzati e gli
obiettivi che la ricerca, archeologica e non, si pone in questo preciso momento storico.
Molta attenzione è stata inoltre data allo sfruttamento del suolo e al popolamento
dell’area di Farfa (Farfa survey del 1988) e al processo di incastellamento attraverso
un approccio etnografico (Cicolano Castles Project del 1992).
Nei primi anni duemila, invece, si è indagato sul popolamento nella fase precedente e
successiva all’incastellamento nelle valli del Salto e del Turano, attraverso la
limitazione dell’area dei sondaggi di scavo e l’integrazione dello studio delle tecniche
costruttive con le informazioni ricavate dai cartulari conservati nell’abazia di Farfa (E.
Hubert nel 2000 e 2002 e R. Farinelli nel 2005, proseguendo il progetto avviato nel
1988 dall’École Française e dall’Università di Roma La Sapienza).
Impossibile non citare lo studio storico-archeologico della British School iniziato negli
anni cinquanta e proseguito con il recente contributo di Tersilio Leggio (Alle origini di
un paesaggio medievale. L'incastellamento nel Cicolano tra X e XII secolo - In: Lazio
e Sabina. Atti del convegno del 2012 e ulteriori studi sull’abbazia di Farfa del 2015) ed
i già menzionati progetti di ricerca dall’École Française e dall’Università di Roma La
Sapienza finalizzati alla verifica pratica delle tesi di Toubert.
Dalle ricerche emerge, infatti, come fonti scritte e materiali testimonino due fattori
degni di attenzione:
2) I castra non furono l’unica tipologia di insediamento rurale: i centri fortificati infatti
convissero, spesso fino alla fine del medioevo, con insediamenti sparsi ed aperti, “a
dimostrazione che incastellamento e accentramento nell’Italia centrale costituirono
due fenomeni ben distinti” (Lanconelli-Romagnoli).
Per concludere, si può quindi affermare che: nei secoli IX-XI la Sabina fu caratterizzata
da una concentrazione della popolazione nelle zone più rialzate ed intorno ad una
struttura difensiva fortificata, ma che al contempo sopravvissero forme di insediamento
aperte e non arroccate.
I motivi di tale accentramento possono essere sia di natura economica, che di natura
strategico-militare (come dimostrano i tanti castra specialia della Chiesa romana
analizzati nel CAP.3) o prettamente difensiva (come nel caso di Monteleone Sabino,
rifugio dell’abate di Farfa durante l’invasione saracena).
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Nei secoli in questione, infine, il castello giocò senza dubbio un ruolo materiale e
simbolico preminente nella riorganizzazione dello spazio, ma la cronologia della sua
diffusione e l’efficacia, nel contesto della frammentazione regionale, che ebbe
nell’istaurare nuovi poteri locali, variò in base alle disponibilità economiche e di azione
che i nuovi soggetti politici possedevano.
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INDICE:
BIBLIOGRAFIA:
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