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NELL'ETÀ DI EL-AMARNA1
di Mario Liverani
provocare dei motivi di contrasto e di equivoco, corne pure non poterono mancare
di influenzarsi a vicenda. In particolare, la situazione storica comportava rapporti
tra la superiore autorité faraonica e i piccoli re locali : il punto di frizione — il punto
1. Oltre aile abituali sigle assiriologiche, si usera la sigla ARE per J. H. Breasted, Ancieni Records of Egypt,
I-V, Chicago, 1906. Le Iettere di el-Amarna saranno cita te secondo la numerazione di J. Knudtzon, Die El-Amarna
Tafeln, I-II, Leipzig, 1907-1915 ; quelle pubblicate posteriormente, secondo la numerazione di C. H. Gordon,
The New Amarna Tablets, Or, 16 (1947), pp. 1-2 (precedute da asterisco). Nel corso del présente articolo verra
ripetutamente usata l'espressione « concezione politica », che potrebbe prestarsi ad equivoco. Chiariamo dunque
preliminarmente che, non essendovi quella consapevolezza e rillessione critica che il termine « concezione » general
mente implica, si tratta più esattamente di « indirizzi di comportamento politico » che affondano le loro basi nella
storia politica, culturale e sociale delle popolazioni, e degli ambienti che esercitano il potere.
rapporti interni3. La tecnica bellica essendo imperniata sull'uso dei carro leggero
trainato da cavalli appositamente addestrati allo scopo, si è venuta costituendo una
sorta di aristocrazia militare i cui membri hanno bisogno di notevoli disponibilité
di ricchezze e di tempo libero per potersi procurare il complesso armamento, e per
addestrare i cavalli — e se stessi — nella difficile tecnica4. Il re si trova
poter dunque
nella condizione di dover concedere ai membri di taie aristocrazia guerriera vasti
lotti di terre (feudi) lavorate da coloni, che assicurino il sostentamento dei guerrieri
e consentano loro di dedicarsi alla specifica attività bellica. Da parte dei re vi è la
concessione dei feudo, da parte dei guerriero vi è la prestazione délia sua particolare
capacité. Il rapporto tra re e guerriero è contrattuale nel senso che entrambe le parti
hanno un obbligo, connesso con l'adempimento dell'obbligo dell'altra parte : il
il possesso del regno al « piccolo re » fedele, e quindi di aiutarlo nel caso in cui taie
Quando Niqmadu minacciato chiede aiuto a Shuppiluliuma, dice : « Il Sole, gran re,
mio signore, mi salvi dalla mano del nemico : io sono il servo del Sole, gran re, mio
signore m1. E quando Murshili pone Niqmepa sul trono di Ugarit, lo ammonisce :
« Quanto a te, Niqmepa, io ti ho fatto tornare nella tua terra e ti ho fatto sedere come
re sul trono paterno. La terra nella quale ti ho fatto tornare, e tu stesso, Niqmepa,
con la tua terra, siete miei servi : da oggi in poi tu proteggerai il re di Khatti, tuo
signore, e la terra di Khatti »2. Nel primo testo la qualité di Niqmadu come servo
fedele fa si che il suo signore Shuppiluliuma debba aiutarlo a conservare il trono ; nel
secondo al contrario la concessione del trono (che pure è il trono paterno) comporta
l'obbligo futuro alla protezione (cioè alla fornitura di truppe) del signore. Testi di
questo tenore potrebbero citarsi in gran numéro, ma non occorre, perché il tipo di
rapporto è più che chiaro. Solo ricorderemo un passo del trattato di Murshili con
Talmi-Sharruma di Aleppo, nel quale il carattere reciproco dell'obbligo di « prote
zione » e di « aiuto » è definito con particolare insistenza : « I figli di Talmi-Sharruma
proteggano i figli del mio Sole Murshili, e i figli del mio Sole non rimuovano (dal trono)
i figli di Talmi-Sharruma. Il mio Sole, gran re, sia di aiuto a Talmi-Sharruma re di
Aleppo, e Talmi-Sharruma re di Aleppo sia di aiuto al mio Sole, gran re, re di Khatti.
I figli del mio Sole, Murshili, re di Khatti, siano di aiuto ai figli di Talmi-Sharruma,
e i figli di Talmi-Sharruma siano di aiuto ai figli del mio Sole »3. L'insistenza sullo
aiuto reciproco è certamente dovuta al fatto, cui si accenna subito dopo, che Murshili
e Talmi-Sharruma fanno parte délia stessa « casa » come nipoti di Shuppiluliuma ;
ma la prima proposizione esprime come meglio non si potrebbe la concezione politica
dell'epoca : il grande re assicura il trono al piccolo re, e questo in cambio gli fornisce
la sua protezione, cioè il contributo délia sua forza militare.
Non è certo privo di significato il fatto che nell'area « asiatica » i rapporti di
vassallagio vengano definiti in forma contrattuale esplicita, e cioè per mezzo di trattati
scritti. Naturalmente i trattati emanano dal « gran re », e il vassallo non fa che
accettarne il contenuto ; tuttavia le copie del trattato sono detenute dall'una come
dall'altra delle parti, ed entrambe sono vincolate dal giuramento : gli dèi sono chiamati
ad assicurare la punizione del trasgressore, chiunque esso sia, e cioè non solo il vassallo
infedele, ma anche il signore che non ha assicurato il trono al vassallo fedele4. L'impegno
assunto dal gran re di assicurare il trono al vassallo fedele e ai suoi figli si traduce
naturalmente in un elemento di conservazione délia situazione politica esistente :
presso altre popolazioni : un etnocentrismo portato sul piano délia concezione cosmica.
L'Egitto è il vero cosmo, al di là dei suoi confîni è il caos ; i veri uomini sono gli Egiziani,
gli stranieri restano sempre « esecrabili » barbari1. E' ovvio che questi barbari debbano
restare sottomessi al Faraone, e che in questa sottomissione si verifichi per essi l'unica
possibilité di conseguire la « vita »2. Anche sul piano internazionale dunque un rapporto
di tipo contrattuale è inconcepibile, il Faraone non ha alcun obbligo verso i suoi
servi, i piccoli re siro-palestinesi. Il rapporto non si concretizza infatti nella stipu
lazione di un patto, che sarebbe bivalente, ma solo nella prestazione di un giuramento
di fedeltà (sdfi-tr) da parte del vassallo3.
1. Cf. da ultimo W. Helck, Die Âgypter und die Fremden, Saeculum, 15 (1964), pp. 103-114.
2. Cf. più avanti, nota 2, p. 16.
3. W. Helck, Die âgyptische Verwaltung in den syrischen Besitzungen, MDOG, 92 (1960), p. 5.
eseguendo i propri compiti e facendo mostra delle proprie doti vengono promossi da
un ufficio all'altro, spostati da una sede all'altra, e agiscono sempre per conto del loro
signore, mai in proprio1. Forte è il senso gerarchico ; i funzionari esaltano come una
delle doti più importanti gli ordini dei superiori
l'accuratezza : « Ero
nell'eseguire
uno che ascoltava quel che gli diceva il superiore »2, « uno che esegue le disposizioni
che gli son date... che non dimentica ciô che gli è ordinato »3, « Il mio signore mi
promosse, perché io avevo eseguito le sue istruzioni, avevo sempre ascoltato le sue
parole »4. L'esperienza burocratica era anzi talmente esclusiva che anche nel caso dei
Amurru, Kinakhna, Ube, con centri a Sumura, Gaza, Kumidi, ove risiedevano i
« governatori » (râbisu) incaricati di riscuotere i tributi e di mantenere il controllo
palestinese in termini non dissimili da quella délia madrepatria è taie che gli stessi
locali sono considerati — come si vedrà in seguito — alla
principi meglio stregua
dei funzionari cantonali egiziani6 : il hazânu asiatico è visto sulla falsariga del h'.tj-'
egiziano.
*
* *
concezione che abbiamo definito « asiatica ». Questa infatti, se trova la sua realiz
zazione più coerente e meglio documentata nel sistema dei trattat.i di vassallaggio
hittiti, è tuttavia certamente più antica, e aveva già trovato una realizzazione di
1. Cf. soprattutto W. Helck, Zur Verwaltung des mittleren and neuen Reichs, Leiden, 1958 (sulle ammini
strazioni locali cf. pp. 194-245). Da ultimo, in particolare sulla XVIII dinastia, cf. W. C. Hayf.s, Egypt : Internai
Affairs from Tuthmosis I to Ihe Dealh of Amenophis III, Cambridge, 1962, Part I, pp. 43-53 ; Part II, pp. 3-12.
2. ARE II, § 343.
3. ARE II, § 371.
4. ARE II, § 1002.
5. Sull'amministrazione egiziana in Asia cf. A. Alt, Das Sttitzpunktsystem der Pharaonen an der phôni
kischen Kuste und im syrischen Binnenland (1950), Kleine Schriften, III, pp. 107-140, accettabile solo in parte ;
Mohammad Abdul-Kader, The Administration of Syro-Palestine during the New Kingdom, ASAE, 56 (1959),
pp. 105-137 ; W. Helck, cit., MDOG, 92 (1960), pp. 1-20 ; Id., Die Beziehungen Agyptens zu Vorderasien, Wiesbaden,
sostegno dei suoi vâssalli délia Siria settentrionale ; sia infîne (in un'epoca leggermente
anteriore) il famoso passo di una lettera di Mari che accenna ai venti re che sono al
questione, e la concezione che ne è alla base, anche se avevano forse il loro nucleo
1. S. Smith, The Statue of Idri-mi, London, 1949, pp. 16-17 (righe 43-58). Per l'interpretazione di tali righe
cf. specialmente W. F. Albright, BASOR, 118 (1950), pp. 17-18; J. Nougayrol, BA, 45 (1951), pp. 152-153.
2. KBo I 6, Vs. 11 (E. Weidner, cit., p. 82 ; e ora H. Klengel, Ein neues Fragment zur historischen Einlei
appoggio di Ullaza).
particolare era per loro ovvio che la loro fedeltà verso il « grande re » dovesse avere
come contropartita la tutela, da parte sua, del loro trono, contro ogni minaccia. Le
lettere di el-Amarna costituiscono l'insistente espressione di questo concetto : io
(dicono i piccoli re locali) sono il servo fedele (arad kitti) del re mio signore, perciô il
mio signore mi protegga e mi aiuti. Dice ad esempio Rib-Adda : « Ecco che il re ha
abbandonato dalla sua mano la sua città fedele. Guardi il re le tavolette délia sua casa
paterna, se non è un servo fedele l'uomo che sta a Biblo ! (Perciô) non trarti indietro
dal tuo servo ! d1. Oppure : « Alïretti il re mio signore (l'invio di) truppe e carri, che
proteggano la città del re mio signore. Guarda : Biblo non è come le altre città, Biblo
è città fedele al re mio signore da tanto tempo »2. Questo schéma — proteste di fedeltà
e richieste di aiuto — è alla base di quasi tutte le lettere, espresso in maniera diversa,
più o meno esplicita, più o meno stringente, sicché è palese che esso esprime l'aspet
tativa consapevolmente o inconsciamente diffusa fra tutti i piccoli re siro-palestinesi.
il caso di citare altri esempi, lettera — si —
Non è neppure giacché ogni puô dire
andrebbe citata3.
Ma il punto di vista
dei re siro-palestinesi non è condiviso da parte egiziana : il
faraone non sente — e non ha assunto — di garantire il trono al vassallo
l'impegno
in cambio délia sua fedeltà. Né del resto vi è da parte egiziana alcun interesse ad
intervenire : vi sarebbe un interesse nel caso di attacchi da parte di altri « grandi re »,
rari, connessi con l'espansione hittita. Nella maggior parte, le richieste di aiuto sono
inviate quando la minaccia viene da un altro piccolo re, oppure quando un membro
délia stessa famiglia reale locale cerca di impadronirsi del trono. In questi casi è
ovvio che il nuovo vassallo si affretterà a prestare anche lui il giuramento al faraone,
e adempirà gli obblighi previsti, come il precedente : l'autorità egiziana non è mini
mamente in pericolo, e al faraone non interessa chi sia il re locale, purché sia sotto
messo e fedele. In sostanza, il faraone non ha motivo di intervenire, né per impegno
qualche brano delle lettere del faraone, o riportato esplicitamente, o altre volte svelato
dalla « logica interna » délia replica. Le frasi del faraone che Rib-Adda riporta espri
1. EA 74, 8-12.
2. EA 88, 40-45.
3. Cf. J. A. Knudtzon, cit., II, p. 1441 (s. v. kittu) e pp. 1483-1484 (s. v. nasâru).
mono tutte un certo fastidio per le assillanti richieste del re di Biblo1, che è consigliato
di provvedere da solo alla sua protezione : « Proteggiti e sarai protetto ! »2, « Proteggiti
da solo ! »3, « Proteggiti da solo, e proteggi la città del re che è con te ! »4. E nulla esprime
testardaggine con cui Rib-Adda, al faraone che gli dice « proteggiti da solo ! », replica
ancora « ma chi mi proteggerà ? » e rinnova le richieste di aiuto basate sulle proteste
di fedeltà. Il « dialogo » tra vassallo e signore si configura cosi (e non solo nel caso di
ricevere, ma che il signore non si ritiene in dovere di dare, e che perciô rimangono
inascoltate.
Si è in genere attribuito l'assenteismo egiziano alla crisi dello stato in età amar
truppe egiziane erano presenti ed attive in Siria5 : basti pensare al fatto che nell'anno
délia morte di Tutankhamon, quando la presunta crisi dovrebbe essere al culmine, vi
furono scontri tra Hittiti ed Egiziani nelle zone di Amqa e di Qadesh6. Un regresso de!
dominio egiziano in Asia vi fu, ma solo nel senso che le spedizioni di Shuppiluliuma
sottrassero all'Egitto alcuni regni vassalli : Amurru, Ugarit, Qadesh, Qatna. Giô non
avvenne perô per la mancanza di reazione egiziana, ma per l'efficacia dell'attacco
che (non bisogna dimenticare) produsse il tracollo completo del regno di Mitanni.
Più a sud, il dominio egiziano rimase intatto, e non è affatto vero che Horemhab
abbia dovuto riconquistare i territori perduti : alla vigilia délia sua intronizzazione
gli Egiziani erano attestati nella zona che rimarrà il loro confine settentrionale fino
alla fine del Nuovo Regno. L'impressione di crisi è piuttosto data dalle ripetute e
(cf. W. L. Moran apud E. F. Campbell, The Chronology of the Amarna Letters, Baltimore, 1964, p. 85). Cf. anche le
allusioni a frasi del faraone la cui sostanza doveva essere : « fa' come fanno gli altri ! » : EA 113, 28-32 ; EA 125,
31-32. Anche quest'ultimo passo è frainteso da Knudtzon; bisogna intendere : « Perché il re mi paragona agli (altri)
frazânu 1 Gli (altri) hazânu, le loro città appartengono a loro » (e dunque non hanno bisogno di scrivere).
2. EA 112, 9 ; EA 117, 84.
3. EA 119, 9 ; EA 121, 9 ; EA 122, 10 ; EA 123, 30-31.
4. EA 125, 9-11 ; EA 126, 31-32; EA 130, 16-19.
5. A. R. Schulman, Some Observations on the Military Background of the Amarna Period, JARCE, 3
(1964), pp. 51-69 ; H. Klengel, Einige Bemerkungen zur Syrienpolitik des Amenophis IV/Echnaton, Das Altertum,
11 (1965), pp. 131-137.
6. KBo V 6, II 21-23 e IV 1-6 : H. G. Guterbock, The Deeds of Suppiluliuma, JCS, 10 (1956),
pp. 93-94.
fossero coerenti col sistema politico egiziano, e il faraone non intervenisse per inca
risultato di una précisa scelta politica, derivata con logica consequenzialità dal modo
egiziano di concepire i rapporti tra signore e vassallo. Gli Egiziani cioè lasciano che i
piccoli re si proteggano da soli, ed intervengono solo nel caso che sia minacciata la
loro superiore autorité.
I re locali, che detengono il potere e che si vedono minacciati dai loro vicini o da
forze nuove del loro stesso regno, vedono in questo non intervento una sorta di
tradimento : come mai il loro signore non li protegge, benché siano fedeli ? Abdi
Kheba di Gerusalemme chiede al re e al suo governatore (râbisu) : « Perché amate i
habiru e odiate i hazânu ? »2. Per lui lo strano comportamento del faraone non puô
significare che questo : che il faraone ama i habiru, cioè i fuorusciti o i nemici in genere,
le forze che cercano di sovvertire l'ordine politico, e odia i hazânu, cioè i principi
locali che detengono legittimamente il potere ; e questo « amore » e questo « odio »
attribuiti in maniera cosi strana, opposta al normale, sono per lui incomprensibili.
Gomunque, poiché il faraone sembra sordo ad ogni problema in cui non sia in gioco
quadro, pensano i re locali, il faraone vedrà che il suo vantaggio coincide col loro,
e interverrà.
II faraone invece non interviene. Riceve lettere di Abdi-Kheba che sostiene che
Shuwardata e Milki-Ilu sono nemici del re, e lettere di Shuwardata che sostiene che
il nemico del re è Abdi-Kheba ; riceve lettere di Biryawaza contro Aitagama, e lettere
di Aitagama contro Biryawaza ; riceve richieste di aiuto da parte di Abdi-Ashirta e da
parte di Rib-Adda. E non manda aiuti a nessuno : sa che l'autorità egiziana non è in
pericolo, che il vincitore délia guerricciola locale si afïretterà a dichiararsi suo servo
fedele, che i habiru una volta entrati in possesso di una città diventeranno sudditi
1. A. R. Schulman, cit., p. 61, analizza la situazione in maniera analoga, ma senza rendersi conto dell'equivoco
di base oausato dalla difîerenza di conoezione fra il faraone e i piccoli re.
2. EA 286, 18-20.
3. Anehe su questo punto è superfluo addurre esempi, che sono riscontrabili quasi in ogni lettera.
del re », pur se inefficace sul piano pratico1, è tuttavia intéressante come un primo modo
in cui i due sistemi politici che abbiamo defînito inizialmente (quello « asiatico » e
parte dei re siro-palestinesi a richiedere la protezione del « gran re » come dovuta loro
in base al rapporto feudale, e délia comprensione del fatto che il faraone interverrà
solo per tutelare i suoi interessi.
Un altro caso di comprensione e assimilazione da parte dei re siro-palestinesi
délia concezione egiziana si ha nell'atteggiamento dei principali perturbatori dell'ordine
costituito : Aziru al nord e Lab'aya al sud. Costoro hanno entrambi come base del
loro potere dei territori pastorali, senza grandi città, ed esercitano una pressione
ostile contro i regni cittadini confinanti2. Contro taie pressione, che tende a modificare
in loro favore la situazione politica délia zona, insorgono le proteste dei re minacciati,
che si rivolgono per aiuto agli Egiziani, configurando Aziru e Lab'aya come nemici
del faraone. Ma Aziru e Lab'aya hanno entrambi capito che il punto di vista egiziano è
indifférente ai mutamenti, e si affrettano a contrapporre aile accuse le loro proteste
di fedeltà e sottomissione, e a dichiarare esplicitamente che essi continueranno a
fornire quei tributi e ad adempiere a quegli obblighi che erano in precedenza forniti
ed adempiuti dai re spodestati. Ecco cosa dice Aziru : « Quel
che danno i hazânu,
anch'io lo darô al re mio signore, mio dio, mio sole, lo darô per sempre »3 ; « Io sono tuo
servo come tutti gli altri hazânu che erano (in precedenza) nella città »4. Ed ecco
giratagli dai faraone) di aver « peccato » occupando Gezer : « Ecco, io sono servo del
re, come mio padre e mio nonno, servo del re già da prima. E non ho peccato, non
sono in colpa. Questo è il mio peccato, questa è la mia colpa : che sono entrato in Gezer.
Ma io dico : sia benevolo il re verso di me, perché io non ho altra intenzione se non
di servire il re, e tutto ciô che il re scrive, io lo ascolto. Il re mi affidi, per mano del
fornire) il tributo, non ho rifiutato (di esaudire) il desiderio del governatore »6. Cosa
si vuole di più ? E in effetti non sembra che il faraone voglia di più. Se qualche volta,
1. A consolazione postuma dei re siro-palestineai è da dire che le loro Iettere, se non sono riuscite a traire in
inganno la eorte egiziana, hanno pero ottenuto taie risultato con numerosi studiosi moderni.
2. Per questa oaratterizzazione del regno di Amurru cf. il nostro studio Implicazioni sociali nella politica
di Abdi-Ashirta di Amurru, BSO, 49 (1965), pp. 267-277 ; analoga doveva essere la situazione del regno di
Lab'aya fcf. in questo senso A. Alt, Die Landnahme der Israeliten in Palastina [1925], Kleine Schriften, I,
pp. 108-110).
3. EA 157, 37.
4. EA 162, 8-9.
5. EA 253, 11-35.
6. EA 254, 10-15.
cedendo aile assillanti proteste dei re minacciat.i, si risolve a scrivere una lettera come
quella ad Aziru, che ci è pervenuta1, le accuse sono piuttosto lievi nella sostanza :
di aver catturato Rib-Adda (o forse solo di non averne tenuto al corrente il faraone), e
di essere in rapporti amichevoli con Aitagama che è un traditore ; e il sospetto di
infedeltà è appena insinuato con dei « se » : « Se sei un servo del re secondo giustizia »
(kl kitti), « se hai agito secondo giustizia ». Ancor più lieve è quel che si chiede in
consegnare dei fuorusciti politici egiziani. Il faraone cioè non solleva alcuna difficoltà
a che la situazione politica sia turbata e mutata dalle iniziative degli ambiziosi o
dalle lotte di confine ; solo approfitta di queste situazioni, e del « senso di colpa »
degli interessati, per ottenere più saldi vincoli di sottomissione. Se qualche volta
interviene a favore di uno dei contendenti, lo fa per suo proprio vantaggio o per
la pressione delle circostanze, non per garantire la giustizia e la legittimità del
potere2.
Anche la funzione del râbisu egiziano come giudice e arbitro nelle dispute locali3,
non dimostra che il faraone intendesse garantire il trono ai legittimi occupanti.
In effetti, l'unica colpa politica possibile è quella di agire ostilmente contro il
soprattutto nella questione délia difesa délia città. La posizione del re vassallo è
1. EA 162.
2. Gome si vede siamo in sostanziale disaccordo con lo studio (peraltro notevole) di C. Kuhne, Zum Status
der syro-palâstinensischen Vassallen des Neuen Reiches, Andrews University Seminary Studies, 1 (1963), pp. 71-73,
secondo il quale i vassalli non possono
egiziani attaccarsi a vicenda tradimento
perché questo verso il sarebbe
faraone ; lo stesso Kuhne che questa norma in realtà non è molto osservata,
riconosce ma ritiene trattarsi di casi di
illégalité. Ma cosi si ricade nell'opinione che il comportamento abituale degli Egiziani nei rispetti di tali episodi fosse
in disaccordo con le loro concezioni politiche, il che sembra difficile : noi riteniamo invece che la differenza tra la
concezione siro-palestinese e quella egiziana, e le loro influenze reciproche, chiariscano in maniera soddisfacente
tutta la situazione. Che la fedeltà al faraone non comporti amicizia fra i re locali è anche opinione di W. Helck,
cit., MDOG, 92 (1960), p. 5.
3. Mohammad Abdul-Kader, cit., p. 119 ; C. Kxjhne, cit., p. 73.
4. La formula del giuramento è riportata nella stele di Gebel Barkal, di Thutmosis III : « Non compiremo
alcunché di ostile contro Menkheperre... per tutta la nostra vita » (W. Helck, Beziehungen, cit., p. 256).
5. L'espressione tipic? è arnu (sa) sarri (cf. J. A. Knudtzon, cit., II, p. 1380) ; cf. anchel'espressione sûtmulka
studiata da W. F. Albright, A Case of Lèse-Majesté in Pre-Israelite Lachish, BASOB, 87 (1942), pp. 32-38.
quella di difendere la propria città per sé stesso, e di essere aiutato in ciô dal suo
signore ; la posizione del funzionario è invece quella di difendere la città del suo
signore, per il signore stesso, che gli ha affidato taie incarico. Che quest'ultimo sia il
punto di vista egiziano, è documentato da alcune lettere scritte dal faraone ad alcuni
dei suoi vassalli, per ricordare i loro obblighi. Cosi scrive al re di Ammiya : « Ti è
stato detto di proteggere la città ; tu hai protetto il luogo del re che ti è affidato m1;
ad Indaruta di Akshapa : « Bada, proteggi il luogo del re che ti è affidato »2 ; e lo
stesso ad Itiya3. Analoghe istruzioni del faraone sono riferite nelle lettere di Addu
dani : « Proteggi il luogo del re che ti è affidato »4, « Proteggi il tuo governatore, e
proteggerô la città del re per lui »7 ; Abi-Milki : « Quando il re mio signore mi ha affidato
la sua città da proteggere »8, « Il re mio signore mi ha affidato da proteggere Tiro, la
serva del re »9, « Proteggo
la città del re, che egli ha affidato alla mia mano »10, « Il re mi
ha affidato da proteggere la città di Maya-ati m11; Abdi-Tirshi : « Io sono un servo
fedele del re mio signore, e proteggo Hazor con i suoi villaggi per il re mio signore »12 ;
Yama : « Le città dove io sto, sono tutte protette per te »13, Biridiya : « Notte e
giorno io proteggo Megiddo, la città del re mio signore »14; e gli esempi potrebbero
moltiplicarsi.
Naturalmente vi era da parte egiziana un efïettivo interesse a che i re locali « pro
truppe di passaggio. Di tutto ciô il re locale era responsabile, e perciô il faraone gli
ricorda il suo compito. Ma i re locali pensano di trarre da questa impostazione un
1. EA 99, 6-9.
2. EA *367, 4-5.
3. EA *370, 4-6.
4. EA 293, 10-11 ; EA 294, 9-11.
5. EA 292, 20-22.
6. EA 60, 8-9.
7. EA 119, 15-16.
8. EA 148, 20-22.
9. EA 149, 9-10.
10. EA 151, 6-7.
11. EA 155, 49-50.
vantaggio per loro stessi, un appoggio per le loro richieste di aiuto : il faraone vuole
che si protegga la città per lui, e allora mandi soldati e vettovaglie. Sentiamo Rib
Adda : « Mi mandi (il re) del grano per il mio sostentamento, e io proteggerô la città
del re per lui »x ; « Mi mandi (il re) delle truppe di guarnigione per proteggere la città
del re »2. Queste richieste si scontrano perô con l'interesse degli Egiziani a che la
protezione delle città avvenga senza impiego di energie da parte loro, e con l'indiffe
renza riguardo a chi in particolare protegga la città. Questa sostanziale indifïerenza
egiziana verso la persona del vassallo (l'importante è che il luogo sia protetto, non
(neppure) una parola, io abbandonerô la città e fuggirô con gli uomini che mi amano »5.
Ma proprio il carattere paradossale di tali minacce è significativo come indizio del
fatto che i re locali assumono atteggiamenti e mentalité da funzionari : la minaccia
semplicemente il « suicidio » politico, la fine di tutto senza alcuno svantaggio per gli
altri.
Adda6 : « Piaccia al re mio signore di mandare un suo uomo, che stia qui mentre io
mento ? »7, « Mi piacerebbe stare con te : avrei pace »8 ; « Se non puoi (venire tu stesso a)
prendere il tuo servo, manda delle truppe a prenderlo : è bello stare con te »9 ; « Se
1. EA 83, 31-33.
2. EA 79, 14-16 e anche 29-31.
3. EA 82, 41-43.
4. EA 126, 44-45. Questo passo è inteso diversamente da W. L. Moran, Early Canaanite yaqtula, Or, 29
(1960), p. 18 : « If the king hâtes his city, then let him abandon it. » Ma che sia Rib-Adda e non il faraone ad abban
donare Biblo è indicato sia dal prosieguo délia lettera (in cui si chiede di mandare un sostituto a proteggere la città),
sia dal confronto con EA 82, 41-43 e EA 83, 45-52, dove il soggetto di i-ti-zi-ib non puô essere che Rib-Adda, perché
il faraone è in seconda persona.
5. EA 83, 45-52.
6. Si ricorderà che Biblo era in particolari rapporti di dipendenza dall' Egitto già da molto tempo, e che già
durante il Medio Regno i principi Iocali sono designati in egiziano h'dj-' (che è il titolo dei funzionari locali egiziani)
anziché wr : cf. P. Montet, Byblos et l'Égypte, Paris, 1928, p. 277.
7. EA 74, 59-64.
8. EA 116, 48-50.
9. EA 114, 44-46.
quest'anno non verranno qui truppe, almeno manda delle navi a prendermi insieme
ai miei dèi, (e a portarmi) vivo dal mio signore »x. Analogamente Abi-Milki : « (Se)
un ufïiciale egiziano ("'wi-u)
proteggesse la città del re mio signore, io potrei entrare
al cospetto del re mio signore »2 ; Milki-Ilu : « Mandi il re mio signore dei carri a pren
dermi, afïinché non vada in rovina »3. La minaccia di defezione sfuma cosi verso la
richiesta di un salvataggio, svelando (se ce n'era bisogno !) che in pericolo è la vita
del piccolo re, non l'autorità del suo signore egiziano.
Un ulteriore elemento che si inquadra nel comportamento da funzionari dei
re mio signore, con tutte le mie forze »6 ; « Il governatore del re mio signore, che il re
mio signore, il Sole nel cielo, ha mandato a me, io obbedisco aile sue parole, con tutte
le mie forze »7 ; « Chi è il cane che non obbedisce al governatore del re ? Ecco, io gli
obbedisco con tutte le mie forze, al governatore del re mio signore, figlio del Sole che
è in cielo »8 ; « Il governatore del re mio signore, che il remio signore ha mandato a me,
ecco io obbedisco a tutte le parole che mi ha detto Maya, il governatore del re »9.
mente ; ed egli (il re) lo sa, se io obbedisco al hazânu »u. Dunque l'acquisizione di
1. EA 129, 49-51.
2. EA 150, 9-13; cf. anche EA 151. Abi-Milki sembra perô rispondere ad una ingiunzione del faraone a
recarsi presso di lui.
egiziano1.
L'affermazione di essere un funzionario del faraone è a volte del tutto esplicita.
Afferma Abi-Milki : « Tu (il re) mi hai posto come governatore (râbisu) su Tiro »2,
« Io sono il governatore del re mio signore »3 ; e Abdi-Kheba : « Io non sono un hazânu,
ma un ufïiciale (^û-eji-û) del re »4. A volte le espressioni usate nelle lettere riecheggiano
chiaramente le affermazioni dei funzionari egiziani. Quando Abdi-Kheba afferma :
« Non sono stati mio padre e mia madré a mettermi in questo posto, ma la potente
mano del re mi ha messo nella mia casa paterna »5, sembra di sentire uno di quei
funzionari amarniani che dichiarano di non avere padre né madré, ma di essere stati
per sempre », mentre « il servo che dà ascolto al suo signore, salva è la sua città, salva
è la sua casa, e il suo nome (rimane) per sempre »8, sembra avere in mente delle massime
egiziane del tipo « La fama di uno valoroso nelle sue imprese non périra in questa
terra per sempre », che si incontra nella tomba di un funzionario délia XVIII dinastia9.
1. Per un esempio di come il râbisu si rivolge ai re locali cf. la lettera 5 di Ta 'annak (W. F. Albright, A Prince
of Taanach in the 15th Century B.C., BASOR, 94 [1944], pp. 23-24) ; a meno che la lettera non sia scritta dal
Faraone, come sostiene A. Malamat, Campaigns of Amenhotep II and Thutmose IV in Canaan, Scripta Hieroso
lymilana, VIII, Jerusalem, 1961, pp. 218-227 (ma il tipo di indirizzo ci sembra una difficoltà insuperabile).
2. EA 149, 48. W. F. Albright, The Egyptian Correspondence of Abimilki Prince of Tyre, JEA, 23 (1937),
pp. 190-203.
8. EA 147, 45-51.
9. ARE II, § 6. Cf. anche W. F. Albright, cit., JEA, 23 (1937), p. 199. Parimenti riecheggiante motivi
E sarà un principe locale oppure un vero e proprio funzionario, quello Yakhtiri che
scrive al faraone facendo tutta la storia del suo servizio1, come nelle autobiografie
funerarie dei funzionari ? Infine, lo stesso faraone prospetta come esito délia fedeltà
e dell'efficienza il conseguimento délia « vita », come per i suoi funzionari ; nella lettera
al re di Ammiya, il faraone promette in cambio dei doni richiesti : « La mia persona
ti farà vivere ! »2 ; e in quella ad Aziru dice : « Tu vedrai il re, per il cui sguardo tutte
le terre vivono ! »3. Ma da parte dei re locali questa promessa di « vita » è intesa in
senso assai concreto, come « vettovagliamento ». Quando Rib-Adda scrive « Ascolti il
re le parole del suo servo, e dia vita al suo servo, e faccia vivere il suo servo »4, in
pratica vuole del grano, come si comprende da un'altra richiesta analoga, ma più
esplicita : « Ascolti il re mio signore le parole del suo servo fedele, e mandi grano su
navi per far vivere il suo servo e la sua città »5.
*
* *
Il contatto tra due concezioni radicalmente differenti dei rapporti fra i « piccoli
re » e i loro signori, dà luogo dunque ad una serie di mutamenti nelle concezioni
1. EA 296.
2. EA 99, 17. Cf. anche ARE II, §§ 819, 820, 891, 1033, ecc. : richieste di « vita » rivolte dai principi asiatici
al faraone.
3. EA 162, 49-50.
4. EA 74, 53-55.
5. EA 85, 16-19 ; per un re diverso da Rib-Adda cf. EA 158, 20, 26, 30.
Questo disinteresse degli Egiziani per le contese locali si risolse sul piano più immediato
in un risparmio di mezzi e di uomini ; ma a lungo andare non poté non danneggiare
gli stessi interessi egiziani. E' ovvio infatti che questa sequenza ininterrotta di guerre
e di lotte intestine, con distruzioni di città e di raccolti, con fughe di uomini e decima
zione délia classe dirigente, abbia dovuto contribuire fortemente a quel depauperamento
délia zona che è stato osservato anche su basi archeologiche1, e che contrasta con la
lloridezza délia zona hittita. E taie depauperamento si risolse in un danno per gli
stessi Egiziani, che aile ricchezze dell'area siro-palestinese attingevano largamente
con tributi e con commerci.
Un'altra conseguenza fu provocata (o almeno facilitata) dall'assenteismo
parte di un « grande re » che non garantiva il trono ai suoi vassalli fedeli, favori il
prevalere delle forze eversive del sistema stesso. Délia situazione di labilità politica
si giovarono a lungo andare seminomadi e fuorusciti, che assunsero il potere e diedero
un nuovo assetto politico e sociale alla zona, con la costituzione délia lega israelitica2.
E' significativo che un'organizzazione politica innovativa, come la lega israelitica,
si sia potuta costituire nella zona — e senza alcuna da parte degli
egiziana opposizione
— che posero fine all'età del bronzo, mentre al nord,
Egiziani prima delle invasioni
1. W. F. Albright, The Archaeology of Palestine, Harmondsworth, 1949, pp. 99-101. Sulla situazione
di turbolenza e di decadenza culturale délia Palestina nel tardo bronzo cf. anche K. Kenyon, Archaeology
of the Holy Land, New York, 1960, pp. 206-220 e E. Anati, Palestine before the Hebrews, London 1963,
pp. 424-437.
2.Per la presa di potere da parte délia lega israelitica come un processo interno cf. specialmente l'importante
e stimolante articolo di G. E. Mendenhall, The Hebrew Conquest of Palestine, Biblical Archaeologisl, 25 (1962),
pp. 66-87, e anche le nostre conclusioni in Rivisla Storica Ilaliana, 77 (1965), pp. 333-335 (scritte purtroppo senza
aver présente l'articolo di Mendenhall). La teoria di Mendenhall ci sembra troppo radicale nell'eliminare il fattore
nomadico, che diede invece la struttura di basealla lega israelitica, mentre è accettabile che in taie struttura abbiano
confluito elementi di origine sedentaria, e che il processo di costituzione délia lega, svolgendosi all'interno délia
Palestina, sia da interpretare piuttosto come un fenomeno di evoluzione sociale che non come invasione dal
l'esterno di base délia teoria tradizionale è l'equazione : sedentarizzazione di nomadi = invasione dal
(l'errore
Anche E. Anati, cit., pp. 427-437, prospetta la conquista israelitica in termini di mutamento sociale, e
l'esterno).
non solo come invasione dall'esterno.
nella zona hittita, il potere rimase saldamente nelle mani delle corti regie cittadine
fino al crollo dell'impero hittita, ed anche oltre. Le forze nuove trovarono al sud una
situazione già matura alla loro presa di potere, per il lungo periodo di instabilité
politica e sociale che era stata prodotta (o almeno agevolata) dall'indifferenza egiziana
per la sorte dei re locali1.
1. E' intéressante a questo proposito anche quanto già notato da W. F. Albright, cit., BASOR, 87 (1942),
pp. 37-38, sull'aumento del numéro dei re locali in Palestina, daU'età di el-Amarna all'epoca délia conquista
israelitica.