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CONTRASTI E CONFLUENZE DI CONCEZIONI POLITICHE NELL'ETÀ DI EL-AMARNA

Author(s): Mario Liverani


Source: Revue d'Assyriologie et d'archéologie orientale, Vol. 61, No. 1 (1967), pp. 1-18
Published by: Presses Universitaires de France
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23283393 .
Accessed: 31/05/2013 18:54

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REVUE D ASSYRIOLOGIE
ET D'ARCHÉOLOGIE ORIENTALE
PUBLIÉE SOUS LA DIRECTION DE

ANDRÉ PARROT JEAN NOUGAYROL


MEMBREDE L'iNSTITUT DIRECTEURD'ÉTUDES
INSPECTEURGÉNÉRALDES MUSÉES A L'ÉCOLE PRATIQUEDES HAUTESÉTUDES

Secrétaire de rédaction : M. LAMBERT

LXIe Volume 1967

CONTRASTI E CONFLUENZE DI CONCEZIONI POLITICHE

NELL'ETÀ DI EL-AMARNA1

di Mario Liverani

Durante il periodo del Nuovo Regno egiziano, quando il controllo faraonico


su una parte dell'area siro-palestinese assunse forme stabili e précisé, due concezioni

alquanto diverse dei rapporti politici vennero a fronteggiarsi e a confluire : la conce


zione egiziana e quella locale, che chiameremo asiatica con un termine di comodo che
è certo largamente impreciso, ma che è richiesto dalla necessità di una contrap
posizione esplicita. Le due concezioni, costituitesi in ambienti culturali completamente
diversi, e venutesi a trovare in contatto solo secondariamente, non poterono non

provocare dei motivi di contrasto e di equivoco, corne pure non poterono mancare
di influenzarsi a vicenda. In particolare, la situazione storica comportava rapporti
tra la superiore autorité faraonica e i piccoli re locali : il punto di frizione — il punto

1. Oltre aile abituali sigle assiriologiche, si usera la sigla ARE per J. H. Breasted, Ancieni Records of Egypt,
I-V, Chicago, 1906. Le Iettere di el-Amarna saranno cita te secondo la numerazione di J. Knudtzon, Die El-Amarna

Tafeln, I-II, Leipzig, 1907-1915 ; quelle pubblicate posteriormente, secondo la numerazione di C. H. Gordon,
The New Amarna Tablets, Or, 16 (1947), pp. 1-2 (precedute da asterisco). Nel corso del présente articolo verra

ripetutamente usata l'espressione « concezione politica », che potrebbe prestarsi ad equivoco. Chiariamo dunque
preliminarmente che, non essendovi quella consapevolezza e rillessione critica che il termine « concezione » general
mente implica, si tratta più esattamente di « indirizzi di comportamento politico » che affondano le loro basi nella
storia politica, culturale e sociale delle popolazioni, e degli ambienti che esercitano il potere.

Revue d'Assyriologie, LXI.

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2 MARIO LIVERANI [RA 61

cioè riguardo al quale la diversité di concezione influiva sul comportamento —


politico
era dunque costituito dalla concezione dei rapporti tra signore e vassallo1.

Da parte « asiatica politici nei secoli xv-xiii


», la concezione
rapporti deiè
assai caratteristica, e viene defmita in genere come « feudale ». L'organizzazione politica
è basata sulla distinzione tra « grandi re » e « piccoli re »2, e sul rapporto di tipo contrat
tuale che li lega fra di loro. I piccoli re délia zona siro-palestinese dipendono tutti
da qualcuno dei grandi re, il quale ha concesso loro di regnare ma esige una compléta
sottomissione e la fornitura di contribuzioni in danaro (tributo) e di contingenti
militari. Si tratta evidentemente délia trasposizione sul piano dei rapporti interstatali
dei tipo di rapporto che lega il re ai nobili guerrieri dei suo seguito, sul piano dei

rapporti interni3. La tecnica bellica essendo imperniata sull'uso dei carro leggero
trainato da cavalli appositamente addestrati allo scopo, si è venuta costituendo una
sorta di aristocrazia militare i cui membri hanno bisogno di notevoli disponibilité
di ricchezze e di tempo libero per potersi procurare il complesso armamento, e per
addestrare i cavalli — e se stessi — nella difficile tecnica4. Il re si trova
poter dunque
nella condizione di dover concedere ai membri di taie aristocrazia guerriera vasti
lotti di terre (feudi) lavorate da coloni, che assicurino il sostentamento dei guerrieri
e consentano loro di dedicarsi alla specifica attività bellica. Da parte dei re vi è la
concessione dei feudo, da parte dei guerriero vi è la prestazione délia sua particolare
capacité. Il rapporto tra re e guerriero è contrattuale nel senso che entrambe le parti
hanno un obbligo, connesso con l'adempimento dell'obbligo dell'altra parte : il

guerriero è obbligato a prestare la sua opéra in quanto e finché il re gli concédé lo


sfruttamento dei feudo ; ma a sua volta il re è obbligato a confermare l'assegnazione
dei feudo in quanto e finché il guerriero presta fedelmente la sua opéra.

Trasportando sul piano politico esterno questi rapporti si ha la concezione in base


alla quale il « grande re » concédé al « piccolo re » di regnare sul suo territorio in cambio
délia fedeltà e dell'aiuto militare. Non solo dunque il « piccolo re » è legato dal dovere
di fedeltà verso il suo signore, ma a sua volta il « grande re » ha il dovere di assicurare

1. Lo studio di A. Alt, und âgyptische


Hettitische Herrschaftsordnung in unterworfenen Gebieten (1949),
Kleine Schriften, III, è qui di relativa utilità, sia perché molto sommario,
pp. 99-106, sia perché accentrato su di
un problema particolare, e cioè sulla dimostrazione che il sistema hittita non puô essere semplicisticamente contrap
posto corne « federalistico » a quelli degli altri imperi orientali, « centralizzati ».
2. L'espressione « piccolo re » e la sua esplicita contrapposizione a quella (invece frequente) di « grande re »
si incontra di rado, perché in genere i piccoli re chiamano sé stessi « re » e son chiamati « servi » dai grandi re ;
cf. comunque KBo III 6, III 45 (A. Goetze, HaltuSilis, Leipzig, 1925, p. 30, riga 78) e KUB XXIII 103, Vs. 27
(H. Otten, Ein Brief aus Hattusa an Bâba-ahu-iddina, AfO, 19 [1959-1960], p. 41).
3. Cf. da ultimo A. Goetze, The Hittites and Syria, Cambridge, 1965, p. 56.
4. Per recenti presentazioni del sistema bellico in uso nellAsia anteriore nel tardo bronzo cf. A. Goetze,
Warfare in Asia Minor, Iraq, 25 (1963), pp. 124-130 ; E. Cassin, Tecniche délia guerra e strutture sociali in Mesopo
tamia nella seconda metà del II millennio, Bivista Storica Italiana, 77 (1965), pp. 445-455.

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il possesso del regno al « piccolo re » fedele, e quindi di aiutarlo nel caso in cui taie

possesso venga minacciato. Si possono citare come esempi dimostrativi di questa


concezione due testi, nei quali il carattere consequenziale del rapporto è évidente.

Quando Niqmadu minacciato chiede aiuto a Shuppiluliuma, dice : « Il Sole, gran re,
mio signore, mi salvi dalla mano del nemico : io sono il servo del Sole, gran re, mio
signore m1. E quando Murshili pone Niqmepa sul trono di Ugarit, lo ammonisce :
« Quanto a te, Niqmepa, io ti ho fatto tornare nella tua terra e ti ho fatto sedere come
re sul trono paterno. La terra nella quale ti ho fatto tornare, e tu stesso, Niqmepa,
con la tua terra, siete miei servi : da oggi in poi tu proteggerai il re di Khatti, tuo

signore, e la terra di Khatti »2. Nel primo testo la qualité di Niqmadu come servo
fedele fa si che il suo signore Shuppiluliuma debba aiutarlo a conservare il trono ; nel
secondo al contrario la concessione del trono (che pure è il trono paterno) comporta
l'obbligo futuro alla protezione (cioè alla fornitura di truppe) del signore. Testi di

questo tenore potrebbero citarsi in gran numéro, ma non occorre, perché il tipo di

rapporto è più che chiaro. Solo ricorderemo un passo del trattato di Murshili con
Talmi-Sharruma di Aleppo, nel quale il carattere reciproco dell'obbligo di « prote
zione » e di « aiuto » è definito con particolare insistenza : « I figli di Talmi-Sharruma

proteggano i figli del mio Sole Murshili, e i figli del mio Sole non rimuovano (dal trono)
i figli di Talmi-Sharruma. Il mio Sole, gran re, sia di aiuto a Talmi-Sharruma re di

Aleppo, e Talmi-Sharruma re di Aleppo sia di aiuto al mio Sole, gran re, re di Khatti.
I figli del mio Sole, Murshili, re di Khatti, siano di aiuto ai figli di Talmi-Sharruma,
e i figli di Talmi-Sharruma siano di aiuto ai figli del mio Sole »3. L'insistenza sullo
aiuto reciproco è certamente dovuta al fatto, cui si accenna subito dopo, che Murshili
e Talmi-Sharruma fanno parte délia stessa « casa » come nipoti di Shuppiluliuma ;
ma la prima proposizione esprime come meglio non si potrebbe la concezione politica
dell'epoca : il grande re assicura il trono al piccolo re, e questo in cambio gli fornisce
la sua protezione, cioè il contributo délia sua forza militare.
Non è certo privo di significato il fatto che nell'area « asiatica » i rapporti di

vassallagio vengano definiti in forma contrattuale esplicita, e cioè per mezzo di trattati
scritti. Naturalmente i trattati emanano dal « gran re », e il vassallo non fa che
accettarne il contenuto ; tuttavia le copie del trattato sono detenute dall'una come
dall'altra delle parti, ed entrambe sono vincolate dal giuramento : gli dèi sono chiamati
ad assicurare la punizione del trasgressore, chiunque esso sia, e cioè non solo il vassallo

infedele, ma anche il signore che non ha assicurato il trono al vassallo fedele4. L'impegno

1. RS 17.340, 11-12 (PRU IV, p. 49).


2. RS 17.338, 2-5 (PRU IV, p. 85).
3. KBo I 6, Rs. 3-8 (E. Weidner, Politische Dokumente ans Kleinasien, Leipzig, 1923, p. 86).
4. Sui diritti dei vassalli nei trattati hittiti cf. V. KoroSec, Hethitische Slaalsvertràge, Leipzig, 1931, pp. 89-92.

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assunto dal gran re di assicurare il trono al vassallo fedele e ai suoi figli si traduce
naturalmente in un elemento di conservazione délia situazione politica esistente :

ogni accrescimento territoriale di un vassallo a scapito di un altro, e ogni avventura


di « uomini nuovi », vengono esclusi dalla garanzia di protezione del gran re, che
scoraggia ogni tentativo. Questo tipo di rapporto ha pertanto come conseguenze la
mancanza di lotte locali in una regione che dipenda da un unico « gran re », e la fedeltà
dei vassalli verso il loro signore, fedeltà che è l'unica ma efficace garanzia di conservare
il trono.
Il rapporto contrattuale è del tutto estraneo all'ordinamento politico egiziano.
Alla base di questo è l'idea délia divinité del Faraone, dalla quale consegue un'impo
stazione dei rapporti tra re e sudditi di tal fatta che ogni obbligo da parte del re è da
escludere. Il vantaggio reciproco naturalmente esiste, perché lo svolgimento di un
ufïicio per conto del Faraone assicura al funzionario l'accesso alla sopravvivenza
per mezzo délia sepoltura : le iscrizioni autobiografiche nelle tombe dei funzionari
mettono abbastanza chiaramente su un piatto délia bilancia l'abilità e la solerzia
del funzionario e sull'altro il conseguimento délia « vita » concessagli dal Faraone.
Ma i due elementi sono troppo difformi, e la distanza tra il Faraone e il funzionario è

troppa perché il rapporto possa configurarsi in maniera contrattuale : il conseguimento


délia « vita » resta un dono del Faraone, non è un diritto acquisito dal funzionario col
suo comportamento.

Alla tra Faraone e sudditi si aggiunge — nel caso dei re


disparità poi piccoli
— tra e lo straniero. La netta individuabilità e
siro-palestinesi quella l'Egiziano
l'isolamento geografico (e di conseguenza storico) dell'Egitto rispetto ai paesi circo

stanti, e la altrettanto netta superiorità politica e culturale rispetto aile popolazioni


straniere con cui gli Egiziani erano più immediatamente a contatto hanno com'è
noto accentuato, fîno a farne un tratto tipico, un atteggiamento che si incontra anche

presso altre popolazioni : un etnocentrismo portato sul piano délia concezione cosmica.
L'Egitto è il vero cosmo, al di là dei suoi confîni è il caos ; i veri uomini sono gli Egiziani,

gli stranieri restano sempre « esecrabili » barbari1. E' ovvio che questi barbari debbano
restare sottomessi al Faraone, e che in questa sottomissione si verifichi per essi l'unica

possibilité di conseguire la « vita »2. Anche sul piano internazionale dunque un rapporto
di tipo contrattuale è inconcepibile, il Faraone non ha alcun obbligo verso i suoi
servi, i piccoli re siro-palestinesi. Il rapporto non si concretizza infatti nella stipu
lazione di un patto, che sarebbe bivalente, ma solo nella prestazione di un giuramento
di fedeltà (sdfi-tr) da parte del vassallo3.

1. Cf. da ultimo W. Helck, Die Âgypter und die Fremden, Saeculum, 15 (1964), pp. 103-114.
2. Cf. più avanti, nota 2, p. 16.
3. W. Helck, Die âgyptische Verwaltung in den syrischen Besitzungen, MDOG, 92 (1960), p. 5.

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1967] concezioni politiche nell'età di el-amarna 5

Infîne, l'organizzazione politica egiziana è tradizionalmente impostata in senso


burocratico : aile dipendenze del Faraone non sono dinasti locali, ma funzionari che

eseguendo i propri compiti e facendo mostra delle proprie doti vengono promossi da
un ufficio all'altro, spostati da una sede all'altra, e agiscono sempre per conto del loro

signore, mai in proprio1. Forte è il senso gerarchico ; i funzionari esaltano come una
delle doti più importanti gli ordini dei superiori
l'accuratezza : « Ero
nell'eseguire
uno che ascoltava quel che gli diceva il superiore »2, « uno che esegue le disposizioni
che gli son date... che non dimentica ciô che gli è ordinato »3, « Il mio signore mi
promosse, perché io avevo eseguito le sue istruzioni, avevo sempre ascoltato le sue

parole »4. L'esperienza burocratica era anzi talmente esclusiva che anche nel caso dei

possedimenti asiatici si senti il bisogno di sovrapporre alla struttura politica locale

un'organizzazione amministrativa egiziana : furono costituite le « provincie » di

Amurru, Kinakhna, Ube, con centri a Sumura, Gaza, Kumidi, ove risiedevano i
« governatori » (râbisu) incaricati di riscuotere i tributi e di mantenere il controllo

egiziano sulla regione ; e si stabilirono anche delle guarnigioni (amëlûti massarti)


che assicuravano una presenza militare egiziana continua, anche se numericamente
ridotta5. La tendenza egiziana a confîgurare l'amministrazione délia zona siro

palestinese in termini non dissimili da quella délia madrepatria è taie che gli stessi
locali sono considerati — come si vedrà in seguito — alla
principi meglio stregua
dei funzionari cantonali egiziani6 : il hazânu asiatico è visto sulla falsariga del h'.tj-'

egiziano.

*
* *

E' évidente che i vassalli siro-palestinesi dell'Egitto erano partecipi délia

concezione che abbiamo definito « asiatica ». Questa infatti, se trova la sua realiz

zazione più coerente e meglio documentata nel sistema dei trattat.i di vassallaggio

hittiti, è tuttavia certamente più antica, e aveva già trovato una realizzazione di

col regno di Mitanni, intorno alla metà del II millennio. Significativa in


larga portata

1. Cf. soprattutto W. Helck, Zur Verwaltung des mittleren and neuen Reichs, Leiden, 1958 (sulle ammini
strazioni locali cf. pp. 194-245). Da ultimo, in particolare sulla XVIII dinastia, cf. W. C. Hayf.s, Egypt : Internai

Affairs from Tuthmosis I to Ihe Dealh of Amenophis III, Cambridge, 1962, Part I, pp. 43-53 ; Part II, pp. 3-12.
2. ARE II, § 343.
3. ARE II, § 371.
4. ARE II, § 1002.
5. Sull'amministrazione egiziana in Asia cf. A. Alt, Das Sttitzpunktsystem der Pharaonen an der phôni

kischen Kuste und im syrischen Binnenland (1950), Kleine Schriften, III, pp. 107-140, accettabile solo in parte ;
Mohammad Abdul-Kader, The Administration of Syro-Palestine during the New Kingdom, ASAE, 56 (1959),

pp. 105-137 ; W. Helck, cit., MDOG, 92 (1960), pp. 1-20 ; Id., Die Beziehungen Agyptens zu Vorderasien, Wiesbaden,

1962, pp. 256-267.


6. W. Helck, cit., MDOG, 92 (1960), p. 10.

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questo senso è l'iscrizione di Idrimi : dopo


aver conquistato il suo regno egli cerca ed
ottiene il riconoscimento formale da parte del « grande re » Barattarna, e solo dopo
la cerimonia del giuramento egli puô dichiarare di essere re1. Si tratta dunque di una
formale defînizione di vassallaggio, come mostra anche la disparité délia formula
zione : ed è importante ricordare che Idrimi accenna ai precendenti patti (eviden
temente analoghi) che i suoi padri avevano stretto con i re di Mitanni, ciô che mostra
che al tempo di Idrimi (circa 1480) il sistema era già antico. E del resto un'organiz
zazione di tipo « feudale » è già attestata nella Siria settentrionale nei secoli xvm-xvii,
se pure probabilmente in forma meno nettamente definita di come lo sarà in seguito.
Gli scribi hittiti faranno in seguito riferimento a quel periodo dicendo che i re di Aleppo
avevano assunto la posizione di « grandi re »2, e la loro asserzione è esatta : lo confer
mano sia i testi di Alalakh VII, dai quali risulta chiaramente la posizione subordinata
dell'awïlum locale rispetto allo sarrum di Yamkhad ; sia i testi hittiti relativi aile

guerre di Khattushili I e di Murshili I, nei quali si vede il re di Aleppo intervenire in

sostegno dei suoi vâssalli délia Siria settentrionale ; sia infîne (in un'epoca leggermente
anteriore) il famoso passo di una lettera di Mari che accenna ai venti re che sono al

seguito del re di Yamkhad3.


Al tempo délia conquista egiziana délia zona siro-palestinese il sistema doveva
essere diffuso su tutta l'area : ciô sarà in parte dovuto all'antica difïusione di un
sistema di rapporti politici già in atto nella prima metà del II millennio ; in parte
sarà da connettere con l'estensione verso sud del dominio mitannico (che perô diffi
cilmente giungeva sino in Palestina), in parte con l'esistenza di altri aggregati politici
di analoga organizzazione feudale, anche se di più ridotta estensione : dagli annali di
Thutmosis III si intravede che re come quelli di Qadesh e di Tunip si trovavano in

posizione di signoria rispetto ad altri re meno potenti, loro vassalli, ed intervenivano


in loro sostegno e protezione anche quando non erano minacciati direttamente essi
stessi1. In ogni caso, non ci sembra vi sia dubbio sul fatto che il sistema politico in

questione, e la concezione che ne è alla base, anche se avevano forse il loro nucleo

originario in Siria settentrionale o in alta Mesopotamia, erano difïusi largamente in


tutta l'Asia anteriore, e in particolare nell' area siro-palestinese sulla quale si impiantô
il dominio egiziano.

1. S. Smith, The Statue of Idri-mi, London, 1949, pp. 16-17 (righe 43-58). Per l'interpretazione di tali righe
cf. specialmente W. F. Albright, BASOR, 118 (1950), pp. 17-18; J. Nougayrol, BA, 45 (1951), pp. 152-153.
2. KBo I 6, Vs. 11 (E. Weidner, cit., p. 82 ; e ora H. Klengel, Ein neues Fragment zur historischen Einlei

tung des Talmisarruma-Vertrages, ZA, 22 [1964], p. 213).


3. Su tutto ciô cf. da ultimo J. R. Kupper, Northern Mesopolamia and Syria, Cambridge, 1963, specialmente
pp. 32-38.
4. Cf. ARE II, §§ 420 (Qadesh in appoggio di Megiddo), 459 (Tunip in appoggio di Wa...), 470 (Tunip in

appoggio di Ullaza).

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1967] CONCEZIONI POLITICHE NELL'eTÀ DI EL-AMARNA 7

I re locali erano dunque abituati ad un particolare tipo di rapporto, che cercavano


naturalmente di trasferire nei contatti col loro nuovo signore, il faraone egiziano. In

particolare era per loro ovvio che la loro fedeltà verso il « grande re » dovesse avere
come contropartita la tutela, da parte sua, del loro trono, contro ogni minaccia. Le
lettere di el-Amarna costituiscono l'insistente espressione di questo concetto : io

(dicono i piccoli re locali) sono il servo fedele (arad kitti) del re mio signore, perciô il
mio signore mi protegga e mi aiuti. Dice ad esempio Rib-Adda : « Ecco che il re ha
abbandonato dalla sua mano la sua città fedele. Guardi il re le tavolette délia sua casa

paterna, se non è un servo fedele l'uomo che sta a Biblo ! (Perciô) non trarti indietro
dal tuo servo ! d1. Oppure : « Alïretti il re mio signore (l'invio di) truppe e carri, che

proteggano la città del re mio signore. Guarda : Biblo non è come le altre città, Biblo
è città fedele al re mio signore da tanto tempo »2. Questo schéma — proteste di fedeltà
e richieste di aiuto — è alla base di quasi tutte le lettere, espresso in maniera diversa,

più o meno esplicita, più o meno stringente, sicché è palese che esso esprime l'aspet
tativa consapevolmente o inconsciamente diffusa fra tutti i piccoli re siro-palestinesi.
il caso di citare altri esempi, lettera — si —
Non è neppure giacché ogni puô dire
andrebbe citata3.
Ma il punto di vista
dei re siro-palestinesi non è condiviso da parte egiziana : il
faraone non sente — e non ha assunto — di garantire il trono al vassallo
l'impegno
in cambio délia sua fedeltà. Né del resto vi è da parte egiziana alcun interesse ad
intervenire : vi sarebbe un interesse nel caso di attacchi da parte di altri « grandi re »,

poiché occorrerebbe salvaguardare la superiore autorità egiziana, ma questi casi sono

rari, connessi con l'espansione hittita. Nella maggior parte, le richieste di aiuto sono
inviate quando la minaccia viene da un altro piccolo re, oppure quando un membro
délia stessa famiglia reale locale cerca di impadronirsi del trono. In questi casi è
ovvio che il nuovo vassallo si affretterà a prestare anche lui il giuramento al faraone,
e adempirà gli obblighi previsti, come il precedente : l'autorità egiziana non è mini
mamente in pericolo, e al faraone non interessa chi sia il re locale, purché sia sotto
messo e fedele. In sostanza, il faraone non ha motivo di intervenire, né per impegno

giuridico né per convenienza politica : se il vassallo è in pericolo dovrà difendersi da sé.

Proprio cosi infatti risponde il faraone a Rib-Adda che lo tempesta di richieste


di aiuto. Le risposte non ci sono pervenute come tali (l'archivio di el-Amarna contiene

quasi esclusivamente lettere in arrivo), ma dalle stesse lettere di Rib-Adda si ricava

qualche brano delle lettere del faraone, o riportato esplicitamente, o altre volte svelato
dalla « logica interna » délia replica. Le frasi del faraone che Rib-Adda riporta espri

1. EA 74, 8-12.
2. EA 88, 40-45.
3. Cf. J. A. Knudtzon, cit., II, p. 1441 (s. v. kittu) e pp. 1483-1484 (s. v. nasâru).

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mono tutte un certo fastidio per le assillanti richieste del re di Biblo1, che è consigliato
di provvedere da solo alla sua protezione : « Proteggiti e sarai protetto ! »2, « Proteggiti
da solo ! »3, « Proteggiti da solo, e proteggi la città del re che è con te ! »4. E nulla esprime

meglio l'incomprensione prodotta dal contatto di due concezioni divergenti, che la

testardaggine con cui Rib-Adda, al faraone che gli dice « proteggiti da solo ! », replica
ancora « ma chi mi proteggerà ? » e rinnova le richieste di aiuto basate sulle proteste
di fedeltà. Il « dialogo » tra vassallo e signore si configura cosi (e non solo nel caso di

Rib-Adda) in una serie di richieste di un aiuto che il vassallo si ritiene in diritto di

ricevere, ma che il signore non si ritiene in dovere di dare, e che perciô rimangono
inascoltate.

Si è in genere attribuito l'assenteismo egiziano alla crisi dello stato in età amar

niana, o anche aile prevalenti occupazioni religiose di Amenophis IV, o perflno


all'indole pigra degli ultimi sovrani délia XVIII dinastia. Ma le cose stanno diver
samente : è stato recentemente posto in evidenza che durante l'età di el-Amarna le

truppe egiziane erano presenti ed attive in Siria5 : basti pensare al fatto che nell'anno
délia morte di Tutankhamon, quando la presunta crisi dovrebbe essere al culmine, vi
furono scontri tra Hittiti ed Egiziani nelle zone di Amqa e di Qadesh6. Un regresso de!
dominio egiziano in Asia vi fu, ma solo nel senso che le spedizioni di Shuppiluliuma
sottrassero all'Egitto alcuni regni vassalli : Amurru, Ugarit, Qadesh, Qatna. Giô non
avvenne perô per la mancanza di reazione egiziana, ma per l'efficacia dell'attacco
che (non bisogna dimenticare) produsse il tracollo completo del regno di Mitanni.
Più a sud, il dominio egiziano rimase intatto, e non è affatto vero che Horemhab
abbia dovuto riconquistare i territori perduti : alla vigilia délia sua intronizzazione

gli Egiziani erano attestati nella zona che rimarrà il loro confine settentrionale fino
alla fine del Nuovo Regno. L'impressione di crisi è piuttosto data dalle ripetute e

pressanti richieste di aiuto che i piccoli re siro-palestinesi rivolgono al faraone contro

1. EA 106, 14-16 e 30-31


; EA 117, 7-9 e 30-31 ; e specialmente EA 124, 36-37 : « Tu mi scrivi più di tutti gli
altri hazânu ! ». E' da notare
che il passo immediatamente seguente è frainteso da Knudtzon ; bisogna intendere :
« Perché dovrebbero scriverti quelli ? le loro città appartengono a loro, (mentre) le mie eittà le ha prese Aziru »

(cf. W. L. Moran apud E. F. Campbell, The Chronology of the Amarna Letters, Baltimore, 1964, p. 85). Cf. anche le
allusioni a frasi del faraone la cui sostanza doveva essere : « fa' come fanno gli altri ! » : EA 113, 28-32 ; EA 125,
31-32. Anche quest'ultimo passo è frainteso da Knudtzon; bisogna intendere : « Perché il re mi paragona agli (altri)
frazânu 1 Gli (altri) hazânu, le loro città appartengono a loro » (e dunque non hanno bisogno di scrivere).
2. EA 112, 9 ; EA 117, 84.
3. EA 119, 9 ; EA 121, 9 ; EA 122, 10 ; EA 123, 30-31.
4. EA 125, 9-11 ; EA 126, 31-32; EA 130, 16-19.
5. A. R. Schulman, Some Observations on the Military Background of the Amarna Period, JARCE, 3

(1964), pp. 51-69 ; H. Klengel, Einige Bemerkungen zur Syrienpolitik des Amenophis IV/Echnaton, Das Altertum,
11 (1965), pp. 131-137.
6. KBo V 6, II 21-23 e IV 1-6 : H. G. Guterbock, The Deeds of Suppiluliuma, JCS, 10 (1956),
pp. 93-94.

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1967] CONCEZIONI POLITICHE NELL'eTÀ DI EL-AMARNA 9

i loro nemici, e che rimangono inascoltate1. Se efïettivamente le richieste di aiuto

fossero coerenti col sistema politico egiziano, e il faraone non intervenisse per inca

pacité o per indolenza, la situazione sarebbe di grave crisi. Ma in realtà le richieste


sono basate sull'equivoco che abbiamo messo in luce, e il mancato intervento egiziano,
lungi dall'essere il segno di inefficenza militare o di irresolutezza politica, è invece il

risultato di una précisa scelta politica, derivata con logica consequenzialità dal modo

egiziano di concepire i rapporti tra signore e vassallo. Gli Egiziani cioè lasciano che i

piccoli re si proteggano da soli, ed intervengono solo nel caso che sia minacciata la
loro superiore autorité.
I re locali, che detengono il potere e che si vedono minacciati dai loro vicini o da

forze nuove del loro stesso regno, vedono in questo non intervento una sorta di

tradimento : come mai il loro signore non li protegge, benché siano fedeli ? Abdi
Kheba di Gerusalemme chiede al re e al suo governatore (râbisu) : « Perché amate i

habiru e odiate i hazânu ? »2. Per lui lo strano comportamento del faraone non puô

significare che questo : che il faraone ama i habiru, cioè i fuorusciti o i nemici in genere,

le forze che cercano di sovvertire l'ordine politico, e odia i hazânu, cioè i principi
locali che detengono legittimamente il potere ; e questo « amore » e questo « odio »

attribuiti in maniera cosi strana, opposta al normale, sono per lui incomprensibili.
Gomunque, poiché il faraone sembra sordo ad ogni problema in cui non sia in gioco

l'autorità egiziana, i re locali adottano il sistema di prospettare il loro proprio pericolo


come un pericolo per l'autorità egiziana stessa. Il procedimento è semplice : oltre
a qualificare se stessi di « servi fedeli », essi descrivono gli avversari come nemici
del faraone, e lo avvertono che se non manderà subito truppe (e magari anche

vettovaglie) le città andranno perdute e passeranno ai habiru3. Di fronte a questo

quadro, pensano i re locali, il faraone vedrà che il suo vantaggio coincide col loro,
e interverrà.
II faraone invece non interviene. Riceve lettere di Abdi-Kheba che sostiene che
Shuwardata e Milki-Ilu sono nemici del re, e lettere di Shuwardata che sostiene che
il nemico del re è Abdi-Kheba ; riceve lettere di Biryawaza contro Aitagama, e lettere
di Aitagama contro Biryawaza ; riceve richieste di aiuto da parte di Abdi-Ashirta e da

parte di Rib-Adda. E non manda aiuti a nessuno : sa che l'autorità egiziana non è in

pericolo, che il vincitore délia guerricciola locale si afïretterà a dichiararsi suo servo

fedele, che i habiru una volta entrati in possesso di una città diventeranno sudditi

tranquilli. L'accorgimento dei re locali di qualificare i propri avversari di « nemici

1. A. R. Schulman, cit., p. 61, analizza la situazione in maniera analoga, ma senza rendersi conto dell'equivoco
di base oausato dalla difîerenza di conoezione fra il faraone e i piccoli re.
2. EA 286, 18-20.
3. Anehe su questo punto è superfluo addurre esempi, che sono riscontrabili quasi in ogni lettera.

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10 MARIO LIVERANI
[RA 61

del re », pur se inefficace sul piano pratico1, è tuttavia intéressante come un primo modo
in cui i due sistemi politici che abbiamo defînito inizialmente (quello « asiatico » e

quello egiziano) vengono a parziale confluenza. Si tratta infatti délia rinuncia da

parte dei re siro-palestinesi a richiedere la protezione del « gran re » come dovuta loro
in base al rapporto feudale, e délia comprensione del fatto che il faraone interverrà
solo per tutelare i suoi interessi.
Un altro caso di comprensione e assimilazione da parte dei re siro-palestinesi
délia concezione egiziana si ha nell'atteggiamento dei principali perturbatori dell'ordine
costituito : Aziru al nord e Lab'aya al sud. Costoro hanno entrambi come base del
loro potere dei territori pastorali, senza grandi città, ed esercitano una pressione
ostile contro i regni cittadini confinanti2. Contro taie pressione, che tende a modificare
in loro favore la situazione politica délia zona, insorgono le proteste dei re minacciati,
che si rivolgono per aiuto agli Egiziani, configurando Aziru e Lab'aya come nemici
del faraone. Ma Aziru e Lab'aya hanno entrambi capito che il punto di vista egiziano è
indifférente ai mutamenti, e si affrettano a contrapporre aile accuse le loro proteste
di fedeltà e sottomissione, e a dichiarare esplicitamente che essi continueranno a
fornire quei tributi e ad adempiere a quegli obblighi che erano in precedenza forniti
ed adempiuti dai re spodestati. Ecco cosa dice Aziru : « Quel
che danno i hazânu,
anch'io lo darô al re mio signore, mio dio, mio sole, lo darô per sempre »3 ; « Io sono tuo
servo come tutti gli altri hazânu che erano (in precedenza) nella città »4. Ed ecco

Lab'aya, che evidentemente risponde all'accusa (formulata dai suoi avversari e

giratagli dai faraone) di aver « peccato » occupando Gezer : « Ecco, io sono servo del
re, come mio padre e mio nonno, servo del re già da prima. E non ho peccato, non
sono in colpa. Questo è il mio peccato, questa è la mia colpa : che sono entrato in Gezer.
Ma io dico : sia benevolo il re verso di me, perché io non ho altra intenzione se non
di servire il re, e tutto ciô che il re scrive, io lo ascolto. Il re mi affidi, per mano del

governatore, di proteggere la città del re »5 ; e altrettanto chiaramente : « Ecco, io


sono un servo fedele del re, e non ho peccato, non sono in colpa : non ho rifiutato (di

fornire) il tributo, non ho rifiutato (di esaudire) il desiderio del governatore »6. Cosa
si vuole di più ? E in effetti non sembra che il faraone voglia di più. Se qualche volta,

1. A consolazione postuma dei re siro-palestineai è da dire che le loro Iettere, se non sono riuscite a traire in
inganno la eorte egiziana, hanno pero ottenuto taie risultato con numerosi studiosi moderni.
2. Per questa oaratterizzazione del regno di Amurru cf. il nostro studio Implicazioni sociali nella politica
di Abdi-Ashirta di Amurru, BSO, 49 (1965), pp. 267-277 ; analoga doveva essere la situazione del regno di
Lab'aya fcf. in questo senso A. Alt, Die Landnahme der Israeliten in Palastina [1925], Kleine Schriften, I,
pp. 108-110).
3. EA 157, 37.
4. EA 162, 8-9.
5. EA 253, 11-35.
6. EA 254, 10-15.

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1967] CONCEZIONI POLITICHE NELL'ETÀ DI EL-AMARNA 11

cedendo aile assillanti proteste dei re minacciat.i, si risolve a scrivere una lettera come

quella ad Aziru, che ci è pervenuta1, le accuse sono piuttosto lievi nella sostanza :
di aver catturato Rib-Adda (o forse solo di non averne tenuto al corrente il faraone), e
di essere in rapporti amichevoli con Aitagama che è un traditore ; e il sospetto di
infedeltà è appena insinuato con dei « se » : « Se sei un servo del re secondo giustizia »

(kl kitti), « se hai agito secondo giustizia ». Ancor più lieve è quel che si chiede in

riparazione : di fare atto di sottomissione (arduta epësu), di recarsi in Egitto, e di

consegnare dei fuorusciti politici egiziani. Il faraone cioè non solleva alcuna difficoltà
a che la situazione politica sia turbata e mutata dalle iniziative degli ambiziosi o
dalle lotte di confine ; solo approfitta di queste situazioni, e del « senso di colpa »

degli interessati, per ottenere più saldi vincoli di sottomissione. Se qualche volta
interviene a favore di uno dei contendenti, lo fa per suo proprio vantaggio o per
la pressione delle circostanze, non per garantire la giustizia e la legittimità del

potere2.

Anche la funzione del râbisu egiziano come giudice e arbitro nelle dispute locali3,
non dimostra che il faraone intendesse garantire il trono ai legittimi occupanti.
In effetti, l'unica colpa politica possibile è quella di agire ostilmente contro il

faraone, perché contraddice esplicitamente il giuramento di fedeltà4 : e infatti


i re locali si accusano a vicenda di essere « traditori del re »5. Ogni altra que
stione è considerata evidentemente sul piano giudiziario comune, senza implicazioni
politiche.
L'assorbimento délia concezione egiziana da parte dei re siro-palestinesi non si
limita a dichiarazioni evidentemente strumentali per l'ottenimento dei loro scopi,
ma ci sembra penetrare abbastanza profondamente nel senso dell'assimilazione délia

posizione del re vassallo a quella del funzionario. Taie assimilazione è évidente

soprattutto nella questione délia difesa délia città. La posizione del re vassallo è

1. EA 162.
2. Gome si vede siamo in sostanziale disaccordo con lo studio (peraltro notevole) di C. Kuhne, Zum Status
der syro-palâstinensischen Vassallen des Neuen Reiches, Andrews University Seminary Studies, 1 (1963), pp. 71-73,
secondo il quale i vassalli non possono
egiziani attaccarsi a vicenda tradimento
perché questo verso il sarebbe
faraone ; lo stesso Kuhne che questa norma in realtà non è molto osservata,
riconosce ma ritiene trattarsi di casi di

illégalité. Ma cosi si ricade nell'opinione che il comportamento abituale degli Egiziani nei rispetti di tali episodi fosse
in disaccordo con le loro concezioni politiche, il che sembra difficile : noi riteniamo invece che la differenza tra la
concezione siro-palestinese e quella egiziana, e le loro influenze reciproche, chiariscano in maniera soddisfacente
tutta la situazione. Che la fedeltà al faraone non comporti amicizia fra i re locali è anche opinione di W. Helck,
cit., MDOG, 92 (1960), p. 5.
3. Mohammad Abdul-Kader, cit., p. 119 ; C. Kxjhne, cit., p. 73.
4. La formula del giuramento è riportata nella stele di Gebel Barkal, di Thutmosis III : « Non compiremo
alcunché di ostile contro Menkheperre... per tutta la nostra vita » (W. Helck, Beziehungen, cit., p. 256).
5. L'espressione tipic? è arnu (sa) sarri (cf. J. A. Knudtzon, cit., II, p. 1380) ; cf. anchel'espressione sûtmulka
studiata da W. F. Albright, A Case of Lèse-Majesté in Pre-Israelite Lachish, BASOB, 87 (1942), pp. 32-38.

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12 MARIO LIVERANI [RA 61

quella di difendere la propria città per sé stesso, e di essere aiutato in ciô dal suo

signore ; la posizione del funzionario è invece quella di difendere la città del suo

signore, per il signore stesso, che gli ha affidato taie incarico. Che quest'ultimo sia il

punto di vista egiziano, è documentato da alcune lettere scritte dal faraone ad alcuni
dei suoi vassalli, per ricordare i loro obblighi. Cosi scrive al re di Ammiya : « Ti è
stato detto di proteggere la città ; tu hai protetto il luogo del re che ti è affidato m1;
ad Indaruta di Akshapa : « Bada, proteggi il luogo del re che ti è affidato »2 ; e lo
stesso ad Itiya3. Analoghe istruzioni del faraone sono riferite nelle lettere di Addu
dani : « Proteggi il luogo del re che ti è affidato »4, « Proteggi il tuo governatore, e

proteggi la città del re tuo signore »5. Estremamente abbondante è la documentazione


di come questo punto di vista era stato assunto dai re locali. Abdi-Ashirta : « Io

proteggo tutta per il re mio signore »6 ; Rib-Adda


la terra di Amurru : « Finché vivrô,

proteggerô la città del re per lui »7 ; Abi-Milki : « Quando il re mio signore mi ha affidato
la sua città da proteggere »8, « Il re mio signore mi ha affidato da proteggere Tiro, la
serva del re »9, « Proteggo
la città del re, che egli ha affidato alla mia mano »10, « Il re mi
ha affidato da proteggere la città di Maya-ati m11; Abdi-Tirshi : « Io sono un servo
fedele del re mio signore, e proteggo Hazor con i suoi villaggi per il re mio signore »12 ;
Yama : « Le città dove io sto, sono tutte protette per te »13, Biridiya : « Notte e

giorno io proteggo Megiddo, la città del re mio signore »14; e gli esempi potrebbero
moltiplicarsi.
Naturalmente vi era da parte egiziana un efïettivo interesse a che i re locali « pro

teggessero » le città, cioé le mantenessero nell'ordine, nell'efficenza e nella sottomis


sione all'autorità egiziana, perché fornissero docilmente e rapidamente tributi, doni,
contribuzioni varie, ospitassero messaggeri e funzionari, provvedessero a nutrire le

truppe di passaggio. Di tutto ciô il re locale era responsabile, e perciô il faraone gli
ricorda il suo compito. Ma i re locali pensano di trarre da questa impostazione un

1. EA 99, 6-9.
2. EA *367, 4-5.
3. EA *370, 4-6.
4. EA 293, 10-11 ; EA 294, 9-11.
5. EA 292, 20-22.
6. EA 60, 8-9.
7. EA 119, 15-16.
8. EA 148, 20-22.

9. EA 149, 9-10.
10. EA 151, 6-7.
11. EA 155, 49-50.

12. EA 228, 10-17.

13. EA 230, 14-16.

14. EA 243, 10-13.

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1967] CONCEZIONI POLITICHE NELL'ETÀ DI EL-AMARNA 13

vantaggio per loro stessi, un appoggio per le loro richieste di aiuto : il faraone vuole
che si protegga la città per lui, e allora mandi soldati e vettovaglie. Sentiamo Rib
Adda : « Mi mandi (il re) del grano per il mio sostentamento, e io proteggerô la città

del re per lui »x ; « Mi mandi (il re) delle truppe di guarnigione per proteggere la città

del re »2. Queste richieste si scontrano perô con l'interesse degli Egiziani a che la

protezione delle città avvenga senza impiego di energie da parte loro, e con l'indiffe
renza riguardo a chi in particolare protegga la città. Questa sostanziale indifïerenza

egiziana verso la persona del vassallo (l'importante è che il luogo sia protetto, non

importa chi sia a proteggerlo) rende senz'altro paradossale la minaccia di abbandonare

la città, formulata talvolta da Rib-Adda «


: Se entro due mesi non ci saranno arcieri,
io abbandonerô la città »3, « Se il re ha in odio la città, io l'abbandonerô »4, « Se non
ordinerai questo, io abbandonerô la città e fuggirô ; e inoltre se non mi risponderai

(neppure) una parola, io abbandonerô la città e fuggirô con gli uomini che mi amano »5.
Ma proprio il carattere paradossale di tali minacce è significativo come indizio del
fatto che i re locali assumono atteggiamenti e mentalité da funzionari : la minaccia

di abbandonare il proprio posto, rinunciando aU'incarico ricevuto, ha infatti un

senso in un sistema burocratico, ma per un re abbandonare il proprio regno significa

semplicemente il « suicidio » politico, la fine di tutto senza alcuno svantaggio per gli
altri.

Analoga in questo senso alla minaccia di abbandonare il posto è la richiesta


di un sostituto o almeno di un « richiamo » a corte, ulteriore elemento costitutivo

dell'atteggiamento « da funzionario » assunto dai re locali, e in particolare da Rib

Adda6 : « Piaccia al re mio signore di mandare un suo uomo, che stia qui mentre io

verrô presso il re mio signore. Con te starô bene, mentre cosa


posso fare nel mio isola

mento ? »7, « Mi piacerebbe stare con te : avrei pace »8 ; « Se non puoi (venire tu stesso a)

prendere il tuo servo, manda delle truppe a prenderlo : è bello stare con te »9 ; « Se

1. EA 83, 31-33.
2. EA 79, 14-16 e anche 29-31.
3. EA 82, 41-43.
4. EA 126, 44-45. Questo passo è inteso diversamente da W. L. Moran, Early Canaanite yaqtula, Or, 29

(1960), p. 18 : « If the king hâtes his city, then let him abandon it. » Ma che sia Rib-Adda e non il faraone ad abban

donare Biblo è indicato sia dal prosieguo délia lettera (in cui si chiede di mandare un sostituto a proteggere la città),
sia dal confronto con EA 82, 41-43 e EA 83, 45-52, dove il soggetto di i-ti-zi-ib non puô essere che Rib-Adda, perché
il faraone è in seconda persona.
5. EA 83, 45-52.
6. Si ricorderà che Biblo era in particolari rapporti di dipendenza dall' Egitto già da molto tempo, e che già
durante il Medio Regno i principi Iocali sono designati in egiziano h'dj-' (che è il titolo dei funzionari locali egiziani)
anziché wr : cf. P. Montet, Byblos et l'Égypte, Paris, 1928, p. 277.
7. EA 74, 59-64.
8. EA 116, 48-50.
9. EA 114, 44-46.

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14 MARIO LIVERANI [RA 61

quest'anno non verranno qui truppe, almeno manda delle navi a prendermi insieme
ai miei dèi, (e a portarmi) vivo dal mio signore »x. Analogamente Abi-Milki : « (Se)
un ufïiciale egiziano ("'wi-u)
proteggesse la città del re mio signore, io potrei entrare
al cospetto del re mio signore »2 ; Milki-Ilu : « Mandi il re mio signore dei carri a pren

dermi, afïinché non vada in rovina »3. La minaccia di defezione sfuma cosi verso la
richiesta di un salvataggio, svelando (se ce n'era bisogno !) che in pericolo è la vita
del piccolo re, non l'autorità del suo signore egiziano.
Un ulteriore elemento che si inquadra nel comportamento da funzionari dei

piccoli re siro-palestinesi, è il senso gerarchico che si rivela nelle dichiarazioni e nelle

promesse di obbedienza al governatore (râbisu) egiziano : « Il governatore che tu hai

posto sopra di me, noi gli obbediamo »4 ; « Il mio re mandi un governatore, e io


ascolterô tutte le sue parole »5 ; « Ecco, io obbedisco aile parole del governatore del

re mio signore, con tutte le mie forze »6 ; « Il governatore del re mio signore, che il re
mio signore, il Sole nel cielo, ha mandato a me, io obbedisco aile sue parole, con tutte
le mie forze »7 ; « Chi è il cane che non obbedisce al governatore del re ? Ecco, io gli

obbedisco con tutte le mie forze, al governatore del re mio signore, figlio del Sole che

è in cielo »8 ; « Il governatore del re mio signore, che il remio signore ha mandato a me,

ecco io obbedisco a tutte le parole che mi ha detto Maya, il governatore del re »9.

Queste dichiarazioni evidentemente rispondono a lettere del faraone del tipo di

quella ad Indaruta : « Ecco che il re ti ha mandato Khanni, figlio di Mairiya, gover


natore del re nella terra di Kinakhkhi. Quel che ti dira, ascoltalo attentamente, che
il re non ti trovi in colpa. Ogni parola che ti dira, ascoltala attentamente ed eseguila

attentamente »10 ; e il carattere di risposta è esplicito in un caso : « Il gran re mio

signore mi ha detto : 'obbedisci al governatore, tuo hazânu', e io obbedisco attenta

mente ; ed egli (il re) lo sa, se io obbedisco al hazânu »u. Dunque l'acquisizione di

questo atteggiamento è stimolata in maniera del tutto diretta da parte egiziana ;


ma l'atteggiamento resta significativo, giacché nel sistema « asiatico » la dipendenza

1. EA 129, 49-51.

2. EA 150, 9-13; cf. anche EA 151. Abi-Milki sembra perô rispondere ad una ingiunzione del faraone a
recarsi presso di lui.

3. EA 270, 24-29; cf. EA 271, 17-21.

4. EA 211, 21-25 (Zitriyara).


5. EA 225, 10-13 (Shamu-Adda).
6. EA 319, 15-18 (Zurashar).
7. EA 321, 15-23 (Widya).
8. EA 322, 17-24 (Widya).
9. EA 328, 17-25 (Yabni-Ilu).
10. EA *367, 6-13.

11. EA 317, 19-25 (Dagan-takala).

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1967] CONCEZIONI POLITICHE NELL'eTÀ DI EL-AMARNA 15

è basata su un rapporto esclusivamente personale, non sull'inserimento in una

gerarchia. Naturalmente anche nell'organizzazione hittita si verifica (né potrebbe


essere altrimenti) l'utilizzazione da parte del gran re dei suoi funzionari nella condu
zione dei rapporti con i piccoli re ; ma i rapporti tra re vassalli e funzionari rimangono
su un piano sostanzialmente paritetico, come si conviene a servi dello stesso signore,
con preminenza dell'una o dell'altra parte a seconda dell'età e del rango, e non
assume quei tratti di estrema subordinazione che si riscontrano nel sistema

egiziano1.
L'affermazione di essere un funzionario del faraone è a volte del tutto esplicita.
Afferma Abi-Milki : « Tu (il re) mi hai posto come governatore (râbisu) su Tiro »2,
« Io sono il governatore del re mio signore »3 ; e Abdi-Kheba : « Io non sono un hazânu,
ma un ufïiciale (^û-eji-û) del re »4. A volte le espressioni usate nelle lettere riecheggiano
chiaramente le affermazioni dei funzionari egiziani. Quando Abdi-Kheba afferma :
« Non sono stati mio padre e mia madré a mettermi in questo posto, ma la potente
mano del re mi ha messo nella mia casa paterna »5, sembra di sentire uno di quei
funzionari amarniani che dichiarano di non avere padre né madré, ma di essere stati

promossi per la loro obbedienza al faraone6. E quando Abi-Milki (o meglio, il suo


scriba egiziano)7 afferma che « Chi non ascolta la parola del re suo signore, la sua
città va in rovina, la sua casa va in rovina, e il suo nome non rimane in tutta la terra

per sempre », mentre « il servo che dà ascolto al suo signore, salva è la sua città, salva
è la sua casa, e il suo nome (rimane) per sempre »8, sembra avere in mente delle massime

egiziane del tipo « La fama di uno valoroso nelle sue imprese non périra in questa
terra per sempre », che si incontra nella tomba di un funzionario délia XVIII dinastia9.

1. Per un esempio di come il râbisu si rivolge ai re locali cf. la lettera 5 di Ta 'annak (W. F. Albright, A Prince
of Taanach in the 15th Century B.C., BASOR, 94 [1944], pp. 23-24) ; a meno che la lettera non sia scritta dal

Faraone, come sostiene A. Malamat, Campaigns of Amenhotep II and Thutmose IV in Canaan, Scripta Hieroso
lymilana, VIII, Jerusalem, 1961, pp. 218-227 (ma il tipo di indirizzo ci sembra una difficoltà insuperabile).
2. EA 149, 48. W. F. Albright, The Egyptian Correspondence of Abimilki Prince of Tyre, JEA, 23 (1937),

p. 200, nota che questa frase ricalca un'espressione egiziana.


3. EA 149, 14.
4. EA 285, 5-6 ; EA 288, 9-10. Il termine wû-i/e-û è l'egiziano w'w « soldato ». Il passo EA 288, 9-10 è inteso
diversamente da W. F. Albright, ANETa, p. 488 : « I am not a governor (nor even a) petty officer of the King » ;
ma il confronto con EA 285, 5-6 rende sicura l'interpretazione di Knudtzon, qui accettata.
5. EA 286, 9-13 ; EA 287, 25-28 ; EA 288,13-15.
6. Cf. W. Helck, Entwicklung der Verwaltung als Spiegelbild historischer und soziologischer Faktoren,
Le fonti indirette délia storia egiziana, Roma, 1963, p. 75.
7. Che lo scriba di Abi-Milki sia un egiziano è stato dimostrato da W. F. Albright, cit. ; JEA, 23 (1937),

pp. 190-203.

8. EA 147, 45-51.

9. ARE II, § 6. Cf. anche W. F. Albright, cit., JEA, 23 (1937), p. 199. Parimenti riecheggiante motivi

egiziani è EA 195, 16-23.

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16 MARIO LIVERANI [RA 61

E sarà un principe locale oppure un vero e proprio funzionario, quello Yakhtiri che
scrive al faraone facendo tutta la storia del suo servizio1, come nelle autobiografie
funerarie dei funzionari ? Infine, lo stesso faraone prospetta come esito délia fedeltà
e dell'efficienza il conseguimento délia « vita », come per i suoi funzionari ; nella lettera
al re di Ammiya, il faraone promette in cambio dei doni richiesti : « La mia persona
ti farà vivere ! »2 ; e in quella ad Aziru dice : « Tu vedrai il re, per il cui sguardo tutte
le terre vivono ! »3. Ma da parte dei re locali questa promessa di « vita » è intesa in
senso assai concreto, come « vettovagliamento ». Quando Rib-Adda scrive « Ascolti il
re le parole del suo servo, e dia vita al suo servo, e faccia vivere il suo servo »4, in

pratica vuole del grano, come si comprende da un'altra richiesta analoga, ma più
esplicita : « Ascolti il re mio signore le parole del suo servo fedele, e mandi grano su
navi per far vivere il suo servo e la sua città »5.

*
* *

Il contatto tra due concezioni radicalmente differenti dei rapporti fra i « piccoli
re » e i loro signori, dà luogo dunque ad una serie di mutamenti nelle concezioni

stesse, e di conseguenza nei criteri di comportamento. Abbiamo visto cosi da un lato


i piccoli re entrare nell'ordine di idee che son loro a custodire le terre del faraone, e
non è il faraone a proteggere la loro posizione ; e a volte accade viceversa che il faraone
si risolva a mandare aiuti ai re minacciati o a rimproverare quelli che li minacciano.
Ma abbiamo visto i piccoli re locali assumere — almeno in una certa
soprattutto
misura — mentalità e comportamento da funzionari. Nonostante di
questi processi
assimilazione (dettati del resto per lo più dall'opportunismo o direttamente sollecitati
da parte egiziana), resta tuttavia l'equivoco di fondo che il contatto tra le due conce
zioni diverse provoca : l'equivoco dei piccoli re che credono loro diritto conservare il
trono in cambio délia loro fedeltà, e si rivolgono per questo al faraone che invece non

condivide — o piuttosto non — taie connessione. di


comprende Questo equivoco
base è a nostro avviso una delle chiavi per una effettiva comprensione délia corri

spondenza politica di el-Amarna. L'età di el-Amarna non fu un periodo di particolare


crisi politica nella zona siro-palestinese sotto controllo egiziano : le situazioni
cui fanno riferimento le lettere rappresentano null'altro che la normalité, la

1. EA 296.

2. EA 99, 17. Cf. anche ARE II, §§ 819, 820, 891, 1033, ecc. : richieste di « vita » rivolte dai principi asiatici
al faraone.

3. EA 162, 49-50.

4. EA 74, 53-55.

5. EA 85, 16-19 ; per un re diverso da Rib-Adda cf. EA 158, 20, 26, 30.

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1967] CONCEZIONI POLITÏCHE NELL'ETÀ DI EL-AMARNA 17

logica conseguenza dell'impostazione data dagli Egiziani ai loro rapport! con i


re locali.
Rifîutando l'impegno di garantire ai vassalli fedeli il loro trono, gli Egiziani
diedero libero corso aile discordie locali e aile ambizioni personali. Ne derivô un
incessante seguito di guerre e di attentati, di contrasti sia tra regni confmanti, sia
tra le forze politiche di uno stesso regno : da una parte il re e la cerchia détentrice del

potere e dall'altra i fuorusciti, suoi avversari politici o scontenti di ogni condizione

(habiru). La diagnosi di Àbdi-Kheba è eccessiva : il faraone non « odia » i re e non


« ama » i fuorusciti, ma entrambe le parti gli sono indifïerenti, e perciô non interviene.

Questo disinteresse degli Egiziani per le contese locali si risolse sul piano più immediato
in un risparmio di mezzi e di uomini ; ma a lungo andare non poté non danneggiare
gli stessi interessi egiziani. E' ovvio infatti che questa sequenza ininterrotta di guerre
e di lotte intestine, con distruzioni di città e di raccolti, con fughe di uomini e decima
zione délia classe dirigente, abbia dovuto contribuire fortemente a quel depauperamento
délia zona che è stato osservato anche su basi archeologiche1, e che contrasta con la
lloridezza délia zona hittita. E taie depauperamento si risolse in un danno per gli
stessi Egiziani, che aile ricchezze dell'area siro-palestinese attingevano largamente
con tributi e con commerci.
Un'altra conseguenza fu provocata (o almeno facilitata) dall'assenteismo

egiziano, sul piano


politico-sociale. La rottura délia coerenza del sistema feudale, da

parte di un « grande re » che non garantiva il trono ai suoi vassalli fedeli, favori il

prevalere delle forze eversive del sistema stesso. Délia situazione di labilità politica
si giovarono a lungo andare seminomadi e fuorusciti, che assunsero il potere e diedero

un nuovo assetto politico e sociale alla zona, con la costituzione délia lega israelitica2.
E' significativo che un'organizzazione politica innovativa, come la lega israelitica,
si sia potuta costituire nella zona — e senza alcuna da parte degli
egiziana opposizione
— che posero fine all'età del bronzo, mentre al nord,
Egiziani prima delle invasioni

1. W. F. Albright, The Archaeology of Palestine, Harmondsworth, 1949, pp. 99-101. Sulla situazione
di turbolenza e di decadenza culturale délia Palestina nel tardo bronzo cf. anche K. Kenyon, Archaeology
of the Holy Land, New York, 1960, pp. 206-220 e E. Anati, Palestine before the Hebrews, London 1963,

pp. 424-437.
2.Per la presa di potere da parte délia lega israelitica come un processo interno cf. specialmente l'importante
e stimolante articolo di G. E. Mendenhall, The Hebrew Conquest of Palestine, Biblical Archaeologisl, 25 (1962),

pp. 66-87, e anche le nostre conclusioni in Rivisla Storica Ilaliana, 77 (1965), pp. 333-335 (scritte purtroppo senza
aver présente l'articolo di Mendenhall). La teoria di Mendenhall ci sembra troppo radicale nell'eliminare il fattore

nomadico, che diede invece la struttura di basealla lega israelitica, mentre è accettabile che in taie struttura abbiano

confluito elementi di origine sedentaria, e che il processo di costituzione délia lega, svolgendosi all'interno délia

Palestina, sia da interpretare piuttosto come un fenomeno di evoluzione sociale che non come invasione dal

l'esterno di base délia teoria tradizionale è l'equazione : sedentarizzazione di nomadi = invasione dal
(l'errore
Anche E. Anati, cit., pp. 427-437, prospetta la conquista israelitica in termini di mutamento sociale, e
l'esterno).
non solo come invasione dall'esterno.

Revue d'Assyriologie, LXI.

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18 MARIO LIVERANI [RA 61-1967]

nella zona hittita, il potere rimase saldamente nelle mani delle corti regie cittadine
fino al crollo dell'impero hittita, ed anche oltre. Le forze nuove trovarono al sud una
situazione già matura alla loro presa di potere, per il lungo periodo di instabilité

politica e sociale che era stata prodotta (o almeno agevolata) dall'indifferenza egiziana
per la sorte dei re locali1.

1. E' intéressante a questo proposito anche quanto già notato da W. F. Albright, cit., BASOR, 87 (1942),

pp. 37-38, sull'aumento del numéro dei re locali in Palestina, daU'età di el-Amarna all'epoca délia conquista
israelitica.

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