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Elaborato Scienze Motorie e Sportive

Il teatro e lo sport, lo spirito tragico e quello olimpico, sono due tra le numerose (e preziose)
eredità che ci arrivano dall’antica Grecia. Affondano entrambe le radici nel rito, ed entrambe
hanno da sempre una funzione civile, rivolte come sono alla città, e addirittura all’insieme delle
città greche.
Può essere curioso allora esplorare affinità e differenze tra queste due pratiche per molti versi più
vicine di quanto non si pensi.
Tanto per cominciare, teatro e sport vengono praticati in tempi e luoghi particolari, in vario modo
differenziati dalla normale vita quotidiana: lo spazio-tempo della finzione e quello del gioco si
contrappongono allo spazio-tempo della realtà “feriale”. Vengono inseriti in un tempo “festivo”
che ancora mantiene la memoria del rito, restando legato a ritmi stagionali (le scadenze di
Campionati e Coppe, la stagione teatrale e quella dei festival) e cicli pluriennali (le Biennali del
teatro, il quadriennio olimpico). La durata dell’evento teatrale e sportivo è inoltre separato dalla
quotidianità grazie a precisi segnali d’inizio e di fine: nel teatro moderno, per esempio, può essere
delimitata dall’aprirsi e chiudersi del sipario o più semplicemente dall’abbassarsi e riaccendersi
delle luci in sala; la durata della competizione sportiva può essere scandita all’inizio dal colpo di
pistola nell’atletica o dall’apertura del cancelletto nello sci, e dal superamento dalla linea del
traguardo o dal filo di lana (un tempo, ora è stato sostituito dal fotofinish), oppure dal fischio
d’inizio e di fine gara dell’arbitro.
Anche lo spazio – quello della gara e quello della rappresentazione – tende a essere delimitato,
anche se i confini possono essere più o meno fluidi a seconda delle circostanze. Inoltre sia lo
spettacolo dal vivo sia lo sport, anche se possono essere praticati senza spettatori, hanno poi come
ingrediente essenziale la compresenza del pubblico nel “qui e ora” in cui si svolge l’evento. E vero
che le nuove tecnologie – cinema, radio, tv, internet eccetera ci permettono di seguire eventi
teatrali e spettacolari mediati: la fruizione non avviene cioè dal vivo, ma attraverso un filtro
tecnologico, in differita o in diretta; tuttavia la fruizione live continua a mantenere un sapore più
autentico, una diversa energia, e pare essenziale alla riuscita della manifestazione anche quando
viene fruita attraverso un medium tecnologico: il pubblico è parte integrante dell’evento, una
partita di calcio in uno stadio vuoto è assai triste, come si è visto in recenti casi di provvedimenti
disciplinari contro tifoserie eccessivamente calde. Fin dall’antichità questa compresenza di attori e
spettatori ha portato alla necessità di progettare e edificare spazi appositi, che potessero
contenere entrambi nelle migliori condizioni. Gli stadi e i teatri sono da sempre parte integrante
del tessuto e del paesaggio delle nostre città.
Un ulteriore aspetto che avvicina la scena e lo sport è l’asimmetria tra chi agisce e chi assiste: da
un lato gli attori e gli atleti, dall’altro gli spettatori: i primi giungono all’evento dopo un’attenta e
lunga preparazione, con una progettualità meditata ed estenuanti esercitazioni (le prove per gli
uni, gli allenamenti per gli altri). Ormai il training di molti attori ricorda per moltissimi aspetti
l’allenamento degli atleti, non solo per quanto riguarda la preparazione fisica, ma anche
nell’adozione di varie tecniche di rilassamento e concentrazione. Da questo punto di vista
l’improvvisazione – la gag del grande attore come il colpo imprevedibile del fuoriclasse – non è
mai totale, ma scatta sempre all’interno di schemi predisposti in precedenza, che vengono attivati
quando se ne presenta l’occasione.
Proprio in questo l’asimmetria della preparazione sta la grande differenza tra lo sport e il teatro.
L”esito finale di una rappresentazione è in larghissima misura preordinato: salvo nelle forme più
estreme di happening, gli attori (e il drammaturgo e il regista) sanno sempre quello che sta per
succedere sul palcoscenico e conoscono lo sviluppo dell’evento spettacolare e lo scioglimento
della trama. In un evento sportivo – anche se ci sono i favoriti, come sanno benissimo gli allibratori
l’esito è sempre imprevedibile; anzi, nello sport il peccato peggiore, imperdonabile, consiste
proprio nel “combinare” il risultato di una competizione: la lotta per la vittoria deve ’essere “vera”,
non si ammettono combine, biscotti e neppure il doping. Se l’appassionato di teatro può
apprezzare l’ennesima messinscena di Edipo Re o di Amleto, anche se conosce già l’esito della
vicenda, e apprezzare le varianti della regia e le differenze dell’interpretazione, per qualunque
tifoso una gara di cui si conosce già l’esito perde invece quasi tutto il suo fascino. Nello sport deve
sempre esistere un margine d’incertezza e d’imprevedibilità: spesso la squadra più debole ha
ribaltato il pronostico vincendo la partita perché, si dice, “la palla è rotonda”.
Anche lo stesso spettacolo teatrale è diverso ogni sera, perché cambiano il pubblico, lo stato
d’animo degli attori eccetera: tuttavia il margine d’oscillazione è molto ridotto. E’ vero che, come
qualunque altro evento, può avere esiti assolutamente imprevisti, che però sono estranei alla
logica dello spettacolo: per esempio, nel classico caso dello spettatore “ingenuo” della sceneggiata
napoletana che estrae la pistola e uccide “‘o malamente”, il cattivo, perché non è in grado di
distinguere la finzione dalla realtà (inutile dire che drammaturghi e attori giocano da sempre sul
confine tra realtà e finzione, e dunque sul meccanismo del teatro nel teatro). Alcuni generi
spettacolari amano tuttavia giocare con il rischio e dunque con la possibilità dell’errore e
addirittura del disastro. Il circo ci affascina anche perché avvertiamo sempre la possibilità che il
giocoliere perda il controllo di una delle otto palline che fa vorticare, o che l’acrobata cada dal filo
teso a dieci metri da terra… Vista dunque la vicinanza tra sport e spettacolo, non sorprende
scoprire intersezioni tra l’uno e l’altro: così esistono sport più “spettacolari” e forme di spettacolo
più “sportive”. E’ sempre possibile osservare qualunque evento sportivo come uno spettacolo,
considerando parte dello show anche il pubblico, con i cori e gli inni, la ola, ma anche le esibizioni
delle cheerleaders; da sempre le premiazioni obbediscono a precisi rituali: la consegna della
medaglia, l’inno e la bandiera, l’ostensione della coppa e il giro d’onore). Le cerimonie inaugurali e
conclusive delle grandi manifestazioni sportive sono diventate un vero e proprio genere
spettacolare, che tende sempre più al kolossal. Ancora: il gesto sportivo, al di là del risultato
numerico, ha spesso una valenza estetica, come dimostrano le “punizioni capolavoro” di
Maradona o di Baggio, con le perfette parabole impresse al pallone. Tuttavia esistono discipline
che, sempre prevedendo il superamento di difficoltà tecniche valutate con precisi punteggi, danno
grande importanza anche alla qualità estetica del gesto atletico: armonia, coordinamento, ritmo,
sincronismo… Basti pensare alla ginnastica artistica e ritmica, ai tuffi, al nuoto sincronizzato, al
pattinaggio artistico, e all’importanza che in alcune di queste discipline hanno la scelta delle
musiche e dei costumi. La tendenza alla spettacolarizzazione dell’evento sportivo (che coinvolge
anche il pubblico, quasi incitato a diventare attore) è anche determinata dall’invadenza delle
telecamere e dei maxischermi, del moltiplicarsi dei punti di vista, dei ripetuti ralenti,
dell’attenzione per il dettaglio e dell’insistenza sull’azione individuale (la prodezza, il virtuosismo,
ma anche l’errore e la scorrettezza magari ignorata dall’arbitro).

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