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Federico Gobbo ∗
1 Introduzione
Come sono fatte le leggi del pensiero umano? Come può essere formalizzata la cono-
scenza linguistica? Queste due domande sono state poste per la prima volta come due
facce della stessa medaglia da Gottfried Wilhelm Leibniz nel XVII secolo. Leibniz diede
due risposte: la characteristica universalis per la prima domanda e la lingua generalis per la
seconda.
Gli sviluppi della characteristica universalis hanno portato alla formalizzazione del-
l’algebra e alla nascita della logica moderna con George Boole e Gottlob Frege, fino al-
la fondazione della matematica del calcolatore con Alan Turing e Alonzo Church e alla
gerarchia delle grammatiche formali di Chomsky-Schützenberger, passando attraverso
l’assiomatizzazione dell’aritmetica di Giuseppe Peano.
La lingua generalis, ingegnoso tentativo di semplificazione del latino per la comunica-
zione scritta scientifica, fu l’antesignano delle lingue ausiliarie internazionali quali il lati-
no sine flexione, l’esperanto e l’ido. L’opera di Leibniz, infatti, ispirò il latino sine flexione di
Giuseppe Peano grazie alla riscoperta di parte dell’opera leibniziana a inizi Novecento. Il
curatore era Louis Couturat, estensore principale dell’ido, a sua volta discendente diretto
dell’esperanto di Ludwik Lejzer Zamenhof. L’esperanto, la piú importante delle lingue
∗
Lezione invitata presso il corso di Interlinguistica ed Esperantologia, Università degli Studi di Torino,
A.A. 2008-9, docente prof. Fabrizio Pennacchietti, tenuta in data martedı́ 17 febbraio 2009. Per informazioni:
Federico Gobbo DICOM - Dipartimento di Informatica e Comunicazione via Mazzini 5, IT-21100 Varese
(Italia). Email: federico.gobbo@uninsubria.it. Web: http://federicogobbo.name.
1
ausiliarie internazionali, influenzò indirettamente la fondazione dello strutturalismo lin-
guistico postulato da Ferdinand de Saussure. Questo accadde grazie al coinvolgimento
del fratello René, matematico, nel nascente movimento esperantista. A lui dobbiamo an-
che la fondazione dell’esperantologia, ovvero lo studio scientifico degli aspetti linguistici
dell’esperanto. Infine, lo strutturalismo linguistico è il fondamento della ricerca lingui-
stica di Noam Chomsky e di Lucien Tesnière, che hanno ripreso e attualizzato il secondo
programma leibniziano.
2
turalista di Lucien Tesnière, rimproverano ai generativisti che il concetto di costituente
è completamente astratto. In particolare, viene costruito per far funzionare il modello al
calcolatore, ma non ha nessun corrispondente valore linguistico. I chomskiani rispondo-
no che le grammatiche della dipendenza sono difficilmente formalizzabili perché la loro
descrizione in termini algoritmici è estremamente difficoltosa.
3
propriamente. I cinesi ragionano per morfemi. All’opposto, le lingue cosiddette poli-
sintetiche mostrano parole-frase, dove soggetto, verbo e tutti gli argomenti sono in una
parola unica.
La verità è che il concetto di ‘parola’ come normalmente inteso è culturalmente deter-
minato in senso forte, e quindi non ha una valenza interlinguistica forte, vale a dire non
può essere generalizzato per tutte le lingue del mondo. Io propongo di considerare l’in-
tera catena linguistica non come una successione ordinata di parole ma piuttosto come
una successione ordinata di morfemi, i cui agglomerati chiamo semplicemente gruppi.
Una parola diventa cosı́ un tipo particolare di gruppo le cui relazioni tra i componenti,
cioè i morfemi, sono altamente grammaticalizzate.
La presenza di morfemi è un universale linguistico assoluto: una lingua è tale se i
suoi segni sono biplanari, cioè se è possibile leggerli come fonemi, le unità di seconda ar-
ticolazione, o come morfemi, le unità di prima articolazione. Questo è il punto principale
di novità delle grammatiche adposizionali rispetto agli altri approcci. Come vedremo,
questo approccio permette di ridurre drasticamente la grandezza del dizionario.
4
dell’azione piú saliente, mentre Landmark (’contrassegno’, acclimatato come ‘Sfondo’), è il
punto di osservazione che serve da referente alla Figura: ne consegue che non c’è Figura
senza Sfondo. Per capire cosa significa basti pensare a una macchina fotografica non au-
tomatica, dove si sceglie cosa mettere a fuoco e cosa lasciare, per l’appunto, sullo sfondo,
oppure a quando si dirige l’attenzione uditiva su una conversazione bisbigliata tra due
persone in metropolitana, lasciando sullo sfondo il rumore acusticamente ben piú forte
del treno lanciato sulle rotaie: anche in questo caso, abbiamo una messa a fuoco.
q
A
A
↔ A
adp A
A
tr lm
La Figura 2 mostra i tre elementi che formano l’impalcatura delle grammatiche ad-
posizionali: la Figura (tr), lo Sfondo (lm), la loro relazione (adp), che diviene il “gan-
cio” dell’albero.7 Questi tre elementi possono essere rappresentati sotto forma di albero
adposizionale (adtree).
5
sintattico i costituenti sono i gruppi e la risultante è la frase, e infine a livello testuale i
costituenti sono le frasi e la risultante è il testo.
6
adimensionale dimensionale
applicativo
retroapplicativo
... ...
q
A
⊕A
→
-o/.-eA
A
Aq
Leonard- A
A
←
-o/ A
A
Aq
4 A
il barattol- ←AA
su-/-o/A
A
4 mett-
-l tavol-
Figura 5: Messa in evidenza delle adposizioni principali in una frase
7
combinano gli alberi sintagmatici in modo da formare l’albero di una frase. I triango-
li (4) indicano che l’albero non è esplicitato in quel ramo al dettaglio. Non è possibile
vedere tutti i dettagli in questa sede: qui mi interessa solo sottolineare che i sintagmi
vengono montati insieme per formare le frasi e possono essere esplicitati o meno per evi-
denziare un certo fenomeno linguistico; in altri termini, le grammatiche adposizionali
sono estremamente flessibili. La figura 6 mostra come mettere in evidenza, per esempio,
q
A
→⊕A
-o/ A
A
A
Leonard- 4
mette il barattolo sul tavolo
Figura 6: Messa in evidenza della relazione Plus in una frase
la relazione Plus nella frase d’esempio. Si sarà notato che le foglie degli alberi sono scritte
in neretto. Per capire questo dettaglio, insieme all’ordine gerarchico dei sottoalberi, dob-
biamo introdurre il concetto di valenza, che riguarda il lessico. Ma prima completiamo
lo spazio adposizionale, esaminando le adposizioni retroapplicative.
Nella seconda frase, la Figura Leonardo prende il barattolo di marmellata si staglia sullo Sfon-
do il tavolo grazie alla preposizione da. Da un punto di vista adposizionale, da è dunque
retroapplicativa, e anche adimensionale, perché la compresenza spaziotemporale non è
prevista da tale relazione. Per convenzione, chiameremo le adposizioni retroapplicative
adimensionali alla latina Divide (‘dividi’) e le indicheremo con il segno: . Come rela-
zione prototipica di tipo Divide individuiamo la relazione possessore-posseduto che in
molte lingue viene indicata dal genitivo.
Naturalmente, esistono anche adposizioni retroapplicative dimensionali, come la pre-
posizione con nella frase Leonardo prende il barattolo di marmellata con Susanna: la relazione
tra Leonardo e Susanna richiede una presenza spaziotemporale. Spesso le adposizioni re-
troapplicative dimensionali sono anche simmetriche, in senso brøndaliano, vale a dire
se è vero che Leonardo prende il barattolo con Susanna sarà anche vero che Susanna
prende il barattolo con Leonardo. Indichiamo dunque come relazione prototipica delle
adposizioni retroapplicative dimensionali il tratto semantico [+SIMMETRICO].11 Sempre
per convenzione, le adposizioni retroapplicative dimensionali le chiameremo alla latina
Multiplice (‘moltiplica’)e le indicheremo con il segno: ⊗.12
8
3.7 I mattoni degli alberi adposizionali
adimensionale dimensionale
applicativo
: relazione VO, ... ⊕: relazione SV, ...
retroapplicativo
q q
A A
A
← ⊕A
→
adp A adp A
A A
A A
lm tr tr lm
q q
A A
A
→ ⊗A
←
adp A adp A
A A
A A
lm tr tr lm
gura 8 mostra i mattoni di costruzione degli gli alberi adposizionali, vale a dire gli alberi
astratti minimi. Le frecce sotto i segni Plus, Minus, Divide e Multiplice indicano l’appli-
catività o la retroapplicatività della relazione Figura/Sfondo: le adposizioni Plus e Minus
sono applicative, vale a dire la Figura si proietta sullo Sfondo, e la direzione della freccia
va appunto dalla Figura allo Sfondo; viceversa, le adposizioni Divide e Multiplice sono
retroapplicative, dunque la Figura emerge dallo Sfondo, e la freccia corrispondente parte
dallo Sfondo per tornare sulla Figura.
9
4 I lessemi
Abbiamo visto come trattare i ganci degli alberi adposizionali. Adesso vediamo come
vengono trattate le foglie degli alberi adposizionali, vale a dire i lessemi, che portano il
significato. Sono ben pochi i linguisti che si sono occupati di descrivere non la gramma-
tica di quella o talaltra lingua, ma di dare ordine al caos da un lato rispettando la varietà
linguistica, una delle eredità piú ricche del genere umano.
1. verbale (I);
2. circostanziale (E);
3. aggiuntivo (A);
4. stativo (O).
10
Tabella 1: Come lavora la traslazione per un A-lessema in diverse lingue
sono tutti e solo lessemi rispettivamente verbali, circostanziali, aggiuntivi e stativi per
selezione. Anche i lessemi caratterizzabili solo per collocazione, comunque, hanno un
carattere grammaticale primario.
4.3 La traslazione
La traslazione, vale a dire il passaggio da un carattere grammaticale all’altro, è il nucleo
della sintassi strutturale definita da Tesnière [1959].15 Vediamo per esempio il lessema
long in diverse lingue indoeuropee, e per contrasto come si comporta il turco (tabella
1). Nelle lingue indoeuropee il lessema è chiaramente aggiuntivo: lo si vede perché in
molte lingue non c’è bisogno di nessun morfema grammaticale per segnare il carattere
grammaticale. Diverso è il caso del turco, dove il carattere primario potrebbe essere sia
aggiuntivo che circostanziale.
Tutte le lingue hanno delle strategie per trasformare il carattere grammaticale di un
lessema, alcuni piú efficienti, altri piú dispendiosi da un punto di vista cognitivo. Possia-
mo raggrupparle in tre gruppi:
1. per Ablaut;
2. per traslatore;
3. per supplettività.
La prima strategia è detta Ablaut, vale a dire viene ruotata la vocale: in inglese e in tede-
sco, per esempio, la traslazione da aggiuntivo a stativo (A>O) viene effettuata in questo
modo.
Un’altra strategia cognitivamente efficiente è quella usata dall’ italiano o dal turco,
che usano un morfema grammaticale specializzato per la traslazione A>O, rispettiva-
mente -ezz- e -luk. Chiamiamo questi morfemi grammaticali specializzati traslatori. I
traslatori li consideriamo portatori di significato e quindi in un albero adposizionale
andranno collocati nelle foglie.
L’ultima strategia, cognitivamente piú dispendiosa, è quella supplettiva: per esem-
pio, se vogliamo traslare O>A il lessema italiano acqu dobbiamo ricorrere al greco, e
prendere il lessema idr per supplire, per l’appunto – e infatti la rete idrica è la rete dell’
acqua. Naturalmente, se abbiamo lessemi definiti per selezione la supplettività è l’unica
strada percorribile per traslarli: come sempre, nelle lingue quello che si guadagna da un
lato – il riconoscimento immediato del carattere grammaticale – lo si perde dall’altro. Ab-
biamo visto prima che nel registro standard dell’italiano non possiamo dire *elefantarsi,
dovremmo ricorrere a una perifrasi, come comportarsi come un elefante o simili.
11
Da un punto di vista computazionale, la base di dati che contiene il dizionario ha co-
me chiavi il lessema, e i quattro caratteri grammaticali con le opportune regole di trasfor-
mazione come quattro campi dello stesso record: questo permette di avere un dizionario
molto ben strutturato e parallelo tra lingue diverse, anche molto distanti tra loro, come si
è visto nell’esempio suesposto (tabella 1).
12
figura 9 vediamo l’albero della frase Leonardo mette il barattolo della marmellata sul tavolo con
Susanna. La frase è abbastanza complessa da mostrare tutte i tipi adposizionali possibili:
Plus, Minus, Divide e Multiplice. Notiamo che tutti gli articoli sono adposizioni Divide,
perché sono altamente grammaticalizzate. Notiamo inoltre che c’è un gruppo in alto,
con lei, che gode di due interessanti proprietà. La prima è il fatto che il lessema lei in
realtà è un riferimento anaforico: supponiamo si riferisca a Susanna, che è stata citata in
precedenza. La seconda è il fatto che è scritta in tondo ma non in grassetto: questo fatto
indica che il partecipante lei è esterno alla valenza del verbo mettere su.
• valenza 0: nevicare;
• valenza 1: crescere;
• valenza 2: mangiare;
• valenza 3: gradire.
I verbi zerovalenti come nevicare non accettano alcun partecipante all’azione, perciò il
loro albero adposizionale tipicamente non avrà alcuna Figura, che indicheremo conven-
zionalmente con un quadrato (). Per capire i verbi zerovalenti, basti pensare a certi
paesaggi di stampe tradizionali giapponesi, dove tutto è Sfondo e non è possibile trovare
una Figura. I verbi italiani del meteo come nevica ne sono un esempio.
I verbi monovalenti accettano solo un’adposizione Plus di tipo SV come crescere. Al
contrario, i verbi bivalenti tipicamente accettano un’adposizione Minus di tipo VO. Ma
esistono anche verbi il cui secondo argomento non è un complemento oggetto diretto, per
dirla in termini di grammatica tradizionale, ma invece un complemento indiretto, come
cadere, che vorrà la preposizione in.
Infine, i verbi trivalenti prevedono tre argomenti per essere saturati: un soggetto S
e altri due argomenti, nelle nostre lingue un oggetto O e una qualche forma di dativo.
Anche in questo caso, alcuni verbi hanno il terzo argomento introdotto da preposizioni
prevedibili, come il verbo mettere nell’esempio. Esiste infatti una lista ristretta di prepo-
sizioni locative che ci possiamo aspettare dopo tale verbo: su, in, e poche altre. Ritengo
pertanto che tale adposizione sia da considerarsi interna al verbo, una sua estensione, e
quindi prenda il valore Minus – tecnicamente, possiamo parlare di ‘falsa adposizione’, e
infatti la preposizione su- dell’esempio viene riferita come un’appendice adposizionale
del lessema tavol-. 17
Tesnière raccomandava che l’analisi di una frase dovesse sempre iniziare nell’indivi-
duare i verbi e la loro valenza, e aveva ragione: in tal modo i partecipanti interni al verbo
possono essere individuati per primi, poi verranno aggiunti i partecipanti esterni. Per
convenzione, i partecipanti interni vengono indicati in grassetto, quelli esterni in tondo.
13
5.2 Il livello testuale
L’ultimo passo da compiere è capire come mettere insieme le frasi le une con le altre. Ci
sono infatti adposizioni specializzate nel legare tra loro non sintagmi dentro le frasi ma
frasi intere prese come un entità unitarie (per ‘frase’, intendo un gruppo contenente al
piú un lessema verbale). In italiano, queste adposizioni sono tradizionalmente classifica-
te come congiunzioni, come ma, tuttavia, poiché.... Sono tutte altamente grammaticalizzate
e dunque retroapplicative, e possono essere dimensionali o adimensionali, vale a dire Di-
vide o Multiplice. Facciamo ancora una volta un esempio contrastivo, preso da Tesnière
[1959]:
Il concetto in Figura in entrambi gli esempi è Alfredo può pagare. Questo implica che l’ad-
posizione poiché sia di tipo Divide, perché la Figura è il primo elemento, mentre viceversa
l’adposizione dunque è di tipo Multiplice, perché in questo caso lo Sfondo È ricco viene
presentato in precedenza.
Anche la punteggiatura rientra nelle grammatiche adposizionali: è noto l’esempio di
Gianni Rodari che scrisse alla lavagna la frase il maestro dice il direttore è un asino a un
maestro di scuola che sosteneva che la punteggiatura non era importante. A seconda
della punteggiatura, il significato può essere completamente ribaltato:
? A
A
q A
A
A 4
→ Susi legge un libro
: A
A
q A
A
⊗A 4
← No, non legge
. A
A
A
4
è stanca
Figura 10: L’albero adposizionale di un breve testo.
14
6 Conclusioni
Questa carellata necessariamente essenziale sulle grammatiche adposizionali ha mostra-
to come è fatto un albero sintagmatico, il mattone di un albero adposizionale, e come
i mattoni vengono montati per formare frasi e interi testi. Il grosso vantaggio di que-
sto formalismo linguistico sta nel suo isomorfismo strutturale nei tre livelli sintagmati-
co, frasale e testuale, il che permette di considerare morfologia, sintassi, e addirittura
la punteggiatura, la cenerentola della ricerca linguistica, come tre aspetti di uno stesso
fenomeno.
Le applicazioni potenziali delle grammatiche adposizionali vanno dall’analisi compa-
rata delle lingue alla didattica delle lingue straniere alla teoria della traduzione, sia sotto
un profilo puramente linguistico che sotto un profilo piú strettamente computazionale.
Copyright
2009 Federico Gobbo. Alcuni diritti riservati.
C
CC BY: $
\
Notes
1
Questo aspicio leibniziano viene a volte riferito con il termine calculemus [Eco, 1993].
2
L’esposizione piú compiuta è la mia dissertazione per il dottorato di ricerca [Gobbo, 2009] liberamente
scaricabile come Creative Commons dal mio sito web.
3
Si vedano almeno, in lingua italiana, i contributi piú recenti sul tema Pennacchietti [2006] e Pennacchietti
[2008].
4
Qui cominciano i problemi da un punto di vista computazionale, perché in italiano per esempio la
parola auto civetta viene scritta separata da uno spazio ma si considera una parola unica. Ma il problema di
individuare le parole in una stringa di caratteri, detto tokenizzazione dai linguisti computazionali, non è il
problema principale: il problema vero risiede nella classificazione.
5
Diverso è il caso dell’esperanto, lingua pianificata, dove i parlanti si sentono autorizzati a introdurre
novità a qualsiasi livello. È pur vero che i tentativi di introdurre pronomi o preposizioni, tranne rarissimi
casi, non sono entrati nel registro standard dell’esperanto.
6
La linguistica del Novecento innovata da de Saussure ha messo al centro lo studio sincronico delle
lingue, differenziandosi dalla glottologia ottocentesca, che studiava le lingue in diacronia. Le grammatiche
adposizionali considerano le lingue degli oggetti di studio sincronici.
7
Questo tipo di albero fu usato per la prima volta da Silvio Ceccato nel suo sistema di traduzione
automatica. Si veda il secondo capitolo in Gobbo [2009] per i dettagli su questo punto.
8
Si noti che tutti i segnaposto, tipicamente i deittici – come per esempio suo, quella – sono indicatori di
significato e pertanto ricadono nella categoria dei lessemi, seppure speciali.
9
Naturalmente, il riconoscimento del morfema da parte del nostro parser mentale raramente è cosı́ sem-
plice, specie in lingue non completamente pianificate come l’italiano: la finale -a può indicare il femminile
singolare di un nome (ragazz-a), il maschile singolare di un nome (giornal-ist-a), la terza persona singolare
di un verbo (ball-a)...
10
In questo punto, il mio sistema si differenzia da quello di Pennacchietti che elabora fino a nove caselle
di cui quella centrale sempre vuota per le adposizioni cosiddette ‘neutre’. Le adposizioni neutre sono quelle
che si comportano talvolta in un modo, talvolta in un altro, e quindi non si riescono a collocare adeguata-
mente nello spazio adposizionale. Ebbene, la mia soluzione per le adposizioni neutre è di duplicarle: in
altri termini, la adposizione neutra compare in entrambe le caselle. Linguisticamente non si perde nessuna
sfumatura e formalmente il sistema diventa molto piú elegante e gestibile con maggior agio.
11
Non andrò piú nel dettaglio su questo punto, perché non è fondamentale per il nostro discorso in questa
sede.
12
Uso il latino per esigenze didattiche. Se chiamassi Plus ‘piú’, per nel discorso parlato sorgerebbero
ambiguità con i piú che incontro nelle frasi da analizzare, mentre il latino permette piú precisione.
13
Per la verità, Whorf raggruppa le parole per selezione e collocazione, mentre noi, per i motivi di cui
sopra, consideriamo come unità fondamentale il morfema.
15
14
In realtà esiste un uso specifico della verbificazione del morfema strument. In ambito musicale, ‘stru-
mentare’ indica l’assegnazione di una parte specifica ad uno strumento in sede concertistica, oppure un
adattamento strumentistico di esecuzioni nate per altri strumenti. Ringrazio M. Chiara Miduri per la pun-
tualizzazione.
15
Una traduzione parziale in italiano della monumentale opera del linguista francese è Proverbio and
Trocini Cerrina [2001].
16
In questa sede non mi soffermo sugli aspetti pragmatici degli attanti fondamentali: Agente, Paziente,
Esperiente, Strumentale. Si faccia riferimento al terzo capitolo di Gobbo [2009] per questi aspetti.
17
In alternativa, possiamo considerarla una adposizione ‘vera’ e quindi Plus, e dovremmo scambiare le
due foglie in modo da porre il lessema mett- a sinistra. Personalmente preferisco mantenere il verbo reggente
sempre e comunque in fondo a destra.
Riferimenti bibliografici
Umberto Eco. La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea. Laterza, Bari, 1993.
English translation published by Basil Blackwell, 1995. 15
Germano Proverbio and Anna Trocini Cerrina. Elementi di sintassi strutturale. Rosenberg
& Sellier, Torino, 2001. 15
16