Sei sulla pagina 1di 10

IL MONITORAGGIO BIOLOGICO

La corretta mappatura dell’inquinamento di una certa area implica uno studio


approfondito prolungato nel tempo. Le tradizionali tecniche di rilevamento
dell’inquinamento ambientale consistono in analisi fisiche, chimiche e
microbiologiche. Tali procedure, sicuramente di fondamentale importanza, oltre ad
essere estremamente costose forniscono dati non sempre comprensibili a tutti. Per
questo motivo negli ultimi anni si sta affiancando alle tradizionali tecniche di
monitoraggio, il biomonitoraggio o mappaggio biologico, che prevede l’utilizzo di
organismi viventi chiamati bioindicatori. Biomonitoraggio significa infatti
monitoraggio dell’inquinamento mediante l’uso di organismi viventi, gli indicatori
biologici, i quali reagiscono con variazioni del loro stato a determinate concentrazioni
di inquinanti. Il biomonitoraggio cioè si basa sulle variazioni ecologiche indotte
dall’inquinamento sull’ambiente. Tali variazioni si manifestano in modo piu’ o meno
evidente a tre livelli diversi:

1- accumulo delle sostanze inquinanti negli organismi


2- modificazioni morfologiche degli organismi
3- modificazioni nella composizione delle comunità vegetali e animali

Un buon bioindicatore dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

1- deve essere facilmente reperibile, ubiquitario, disponibile durante tutto il


corso dell’anno
2- deve essere sensibile agli inquinanti, in particolare deve reagire alla
variazione ambientale nel suo complesso e non ad un singolo fattore, così da
consentire una valutazione degli effetti sinergici delle miscele di sostanze
3- deve essere capace di integrare piu’ informazioni traducendole nella stessa
risposta (morte o deperimento)
4- deve essere resistente agli stress ambientali
5- deve essere il piu’ possibile longevo e presentare un accrescimento il piu’
possibile lineare e continuo.

L’aspetto piu’ importante del biomonitoraggio è che, a differenza delle analisi di


laboratorio, dà informazioni sugli effetti combinati delle varie sostanze sugli esseri
viventi. E’ sicuramente importante conoscere per esempio le concentrazioni di ossidi
di zolfo e ossidi di azoto nell’aria, ma è altrettanto utile, in termini di “sorveglianza
ambientale”, conoscere quali sono le conseguenze della loro azione combinata sugli
organismi. Al momento attuale, problemi del genere non possono essere affrontati
solo con il monitoraggio tradizionale; è necessario utilizzare strumenti che, seppure
non in grado di definire le sostanze tossiche presenti nell’ambiente, siano capaci di
rilevare gli effetti tossici sugli organismi. Considerato che un inquinante causa danni
agli organismi, risulta evidente che il miglior indicatore della presenza delle sostanze
inquinanti, va ricercato proprio in un organismo vivente. Naturalmente il
biomonitoraggio non sostituisce ma complementa il monitoraggio tradizionale.
Esempi di bioindicatori animali e vegetali sono dati dall’ape, molto sensibile a
determinati insetticidi; dalla pianta del tabacco, sensibile all’ozono il quale ne provoca
la necrosi fogliare; il gladiolo sensibile al fluoro. Anche l’uomo potrebbe essere
considerato un buon bioindicatore per metalli molto tossici quali piombo, mercurio,
nichel. Da diversi anni in Italia si è cominciato a far uso di organismi bioindicatori.
Esempi sono dati dall’uso di macroinvertebrati d’acqua dolce per la determinazione di
qualità dei corsi d’acqua e dall’uso di licheni per lo studio dell’inquinamento
atmosferico, in particolare quello dato dagli ossidi di zolfo, responsabili delle pioggie
acide.

INQUINAMENTO ATMOSFERICO (cenni) e LICHENI come


BIOINDICATORI
L’aria atmosferica è una miscela gassosa che circonda la terra ed è costituita
principalmente da azoto, ossigeno, anidride carbonica e vapore acqueo. Si parla di
inquinamento atmosferico quando nell’aria sono presenti sostanze estranee che
possono determinare danni all’uomo, agli animali, alle piante e alle cose.
L’inquinamento dell’aria puo’ essere naturale dovuto ad esempio ad eruzioni
vulcaniche che disperdono grandi quantità di polveri e cenere, a tempeste di vento
oppure ancora alla presenza di pollini, responsabili di fenomeni allergici.
L’inquinamento dell’aria è sopratutto artificiale dovuto a combustione domestica e
industriale, al traffico motorizzato e anche allo smaltimento dei rifiuti (discariche e
inceneritori).
In condizioni normali, le sostanze volatili emesse nell’atmosfera raggiungono
difficilmente concentrazioni tali da dare effetti dannosi, fatta eccezione per le aree
vicine alle fonti di emissione. L’atmosfera infatti possiede la capacità di diluire e
allontanare le sostanze inquinanti ad esempio attraverso i venti oppure attraverso il
fatto che l’aria negli strati piu’ vicini al suolo è piu’ calda rispetto all’aria soprastante:
l’aria calda è piu’ leggera della fredda, così la calda sale e la fredda scende
allontanando gli inquinanti.
Nelle città buona parte degli inquinanti atmosferici derivano dagli impianti di
riscaldamento domestici e dalle auto. Entrambe queste fonti liberano CO (monossido
di carbonio) e SO2 (anidride solforosa). Il CO è estremamente pericoloso per l’uomo
in quanto a concentrazioni molto elevate ne puo’ provocare la morte. La SO2 è
responsabile delle pioggie acide molto dannose per la vegetazione in quanto
provocano l’ingiallimento delle foglie e la morte delle piante: si ritiene che circa 1/3
delle foreste europee sia colpito da questo fenomeno. Sono inoltre dannose anche
per gli edifici e le opere d’arte in quanto ne provocano il deterioramento.
Anche l’anidride carbonica normalmente presente nell’atmosfera puo’ diventare
pericolosa ad alte concentrazioni. La CO2 viene emessa dalle combustioni, dalla
circolazione ed è la responsabile dell’effetto serra : la CO2 in eccesso forma una sorta
di cappa intorno alla terra che consente il passaggio in entrata dei raggi solari, i quali
si riflettono sulla superficie terrestre ma non riescono piu’ ad uscire, con conseguente
surriscaldamento della superficie. Un altro effetto molto conosciuto è l’alterazione
dello scudo dell’ozono. Lo strato di ozono è stato lo schermo necessario perchè 400-
500 milioni di anni fa, la vita si espandesse sulla terraferma avventurandosi fuori
dalle acque. Tale scudo, prodotto dall’azione della luce solare sull’ossigeno, è una
fascia che si estende intorno al globo ed ha l’importante ruolo biologico di filtro delle
radiazioni ultraviolette dannose per l’uomo. Negli ultimi decenni si è assistito ad un
assottigliamento nello strato di ozono dovuto all’abuso di alcune sostanze come
freon, clorofluorocarburi, utilizzati per esempio nelle bombolette spray.
L’inquinamento dell’aria puo’ quindi derivare da numerose fonti così come altrettanto
numerosi sono i suoi effetti sulla vita e sull’ambiente in generale.
Fino a pochi anni fa, il rilevamento dell’inquinamento atmosferico veniva effettuato
mediante delle centraline automatiche sistemate in punti particolari delle città.
Queste centraline però oltre ad essere molto costose, mi danno solo delle
informazioni “puntuali”, cioè riferite ad un momento preciso e in un posto preciso,
mentre l’inquinamento atmosferico è un problema molto piu’ esteso. Inoltre sono in
grado di rilevare solo gli inquinanti per i quali hanno i sensori, mentre i composti
liberati nell’aria sono migliaia. Soprattutto però non mi danno informazioni molto utili
sullo stato di salute dell’ambiente: per questo aspetto si ricorre al biomonitoraggio e
in particolare allo studio dei licheni. Il loro utilizzo è derivato dall’osservazione che
nelle vicinanze delle industrie non si riscontravano licheni mentre andando verso la
campagna riapparivano sempre piu’ numerosi e con molte specie diverse. Le
principali caratteristiche che fanno dei licheni dei buoni indicatori sono:

- elevata capacità di assorbimento e di accumulo di sostanze


nell’atmosfera
- resistenza a prolungati periodi di secchezza
- resistenza a temperature estreme
- impossibilità di liberarsi periodicamente delle parti vecchie e intossicate
- lento accrescimento e grande longevità dei licheni (che consentono di
seguire l’evolversi dell’inquinamento).

L’inquinamento atmosferico provoca:

- riduzione del numero totale di specie nel tempo


- riduzione del numero totale di specie nello spazio
- aumento dei licheni crostosi (la sensibilità all’inquinamento cresce passando dai
licheni crostosi, ai fogliosi ai fruticosi che sono in assoluto i piu’ sensibili)
- riduzione della vitalità e alterazione della forma e del colore del tallo (piu’
aumenta l’inquinamento piu’ si assiste ad un progressivo peggioramento delle
condizioni di salute del lichene che si traduce nello scolorimento del tallo e nel
distacco di questo dal substrato
- riduzione della fotosintesi e della respirazione per danneggiamento della
clorofilla
- riduzione della fertilità
La reazione dei licheni all’inquinamento e il loro deperimento può avvenire in tempi
anche molto brevi, mentre la loro ricomparsa in caso di miglioramento delle
condizioni, avviene in tempi piu’ lunghi per il loro lento accrescimento.
In conclusione i licheni reagiscono con molta sensibilità ai differenti stadi di
inquinamento dell’aria:
- la prima reazione è un rallentamento della crescita;
- a breve termine, l’inquinamento provoca il deperimento dei licheni che assumono in
certe parti del tallo colorazioni caratteristiche;
-un inquinamento permanente uccide i licheni.
CHE COSA SONO I LICHENI ?
I licheni sono dei vegetali costituiti da due esseri viventi: un fungo ed un’alga che
vivono in simbiosi. La simbiosi è un’associazione in cui i componenti senza nuocersi,
utilizzano e sfruttano qualche proprietà particolare del partner, cioè traggono
reciproco vantaggio l’uno dall’altro dal momento che singolarmente non potrebbero
vivere nell’ambiente in cui vivono i licheni. Il fungo dipende dall’alga in quanto
questa gli fornisce l’alimento prodotto attraverso la fotosintesi visto che il fungo è
privo di clorofilla, l’alga dipende dal fungo perchè viene da questo protetta e rifornita
di acqua. In realtà dagli ultimi studi, piu’ che una simbiosi sembra che il fungo tenga
come prigioniera l’alga, nella quale penetra, sottrae nutrimento e limita in parte la
sua riproduzione. Le alghe dei licheni sono di solito alghe verdi; in alcuni casi si
possono trovare alghe azzurre che hanno la caratteristica di utilizzare l’azoto
presente nell’aria e di metterlo a disposizione del lichene quale alimento. L’alga
possiede al suo interno la clorofilla, quindi è in grado di realizzare la fotosintesi:
grazie all’energia solare può fabbricare zuccheri partendo dall’anidride carbonica e
dall’acqua. La resistenza alle condizioni piu’ difficili di vita, alle alte e alle basse
temperature, all’estrema siccità è possibile solo al consorzio lichenico: alghe e funghi
singolarmente necessitano di una buona quantità di acqua per vivere. Uniti nel
lichene sopportano condizioni di siccità e di freddo intenso che da soli non
potrebbero sopportare.

LA STRUTTURA
Osservando internamente la struttura di un lichene si può vedere come le alghe per
lo più unicelluleri e di forma sferica, siano avvolte dalle cellule filamentose fungine.
Queste ultime dette IFE, sono cellule tubolari disposte una di seguito all’altra, in
modo da formare dei lunghi filamenti. Le ife fungine predominano sull’alga e
formano la tessitura del corpo del lichene che viene chiamato TALLO. Il corpo di un
lichene è costituito da tre strati:
STRATO CORTICALE SUPERIORE- è la parte più esterna del lichene costituita
prevalentemente da ife fungine con pareti spesse. Di solito questa parte esterna è
vivacemente colorata in arancio, giallo, verde o grigio.
STRATO GONIDIALE- con poche ife e cellule algali molto globose.
STRATO MIDOLLARE- formato prevalentemente da ife allungate con poche cellule
algali.
Alcuni licheni presentano uno strato corticale inferiore in cui alcune ife possono
trasformarsi in RIZINE utili ad ancorare il tallo al substrato. Tali rizine assomigliano a
delle radichette: hanno però la sola funzione di ancoraggio e non di assorbimento
come negli altri vegetali.
Una prima classificazione dei licheni si basa sulla forma del tallo. Esistono infatti
cinque categorie di licheni.
LICHENI CROSTOSI- il tallo è estremamente sottile e addossato al substrato che in
genere è la roccia. I licheni crostosi si presentano come macchie multicolori. Tra i
licheni crostosi si trovano delle specie capaci di penetrare nel substrato grazie alla
produzione di sostanze chimiche dette acidi lichenici, che agiscono degradando la
roccia permettendo al lichene di penetrarvi. La parte visibile del lichene in questo
caso è minima, mentre la parte preponderante è interna alla roccia (licheni
endolitici).
LICHENI FOLIOSI- ricordano molto le foglie delle piante superiori. I talli di questi
licheni sono lassamente aderenti al substrato. Hanno scarso sviluppo in altezza cioè
sono di solito appiattiti. I licheni foliosi si ancorano al substrato tramite delle rizine.

LICHENI SQUAMULOSI- questa categoria non è ben definita. Il tallo è formato da


squamule più o meno erette.

LICHENI GELATINOSI- hanno un tallo duro e secco ma che con l’umidità si rigonfia
assumendo un aspetto molle e una consistenza gelatinosa.
LICHENI FRUTICOSI- sono caratterizzati dalla forma tridimensionale. Sono attaccati
al substrato solo con la parte basale mentre i lobi sono eretti.

LA BIOLOGIA
I licheni sono molto resistenti e longevi (alcuni infatti possono avere un’età di oltre
200 anni). Sopportano le condizioni di vita più difficili grazie alla loro capacità di
passare rapidamente a una sorta di quiescenza. Possono ad esempio sopportare
lunghi periodi di siccità in quanto il loro contenuto in acqua, secondo lo stato di
umidità dell’ambiente, può variare dal 12% al 77%. Il lichene si comporta cioè come
una spugna; non muore ma si disidrata e in presenza di acqua, in meno di un minuto
si imbibisce completamente. L’acqua viene assunta dall’ambiente esterno sotto forma
di pioggia, neve, brina, su tutta la loro superficie. Così come viene assunta, l’acqua
viene persa altrettanto velocemente; ciò è dovuto all’assenza di adattamenti specifici,
quali quelli delle piante superiori. Queste posseggono infatti strati di cera, di cuticole
o di peli che impediscono ai tessuti sottostanti di perdere l’acqua; inoltre nella parte
inferiore delle foglie sono presenti delle strutture, gli stomi, in grado di regolare,
aprendosi e chiudendosi, la perdita di acqua. Non possedendo alcuna di queste
strutture i licheni si disidratano molto facilmente; si riduce così la respirazione e la
fotosintesi ed entrano in una sorta di dormienza.
La temperatura che permette il funzionamento ottimale della fotosintesi si aggira
intorno ai 10°C. Normalmente i licheni sopportano bene temperature comprese tra i -
20°C e i 70°C.
RIPRODUZIONE- ci sono due tipi di riproduzione, sessuata e asessuata. La
riproduzione sessuata è tipica del fungo perchè la riproduzione sessuata dell’alga è
bloccata ed essa si riproduce solo vegetativamente. Le spore, cellule riproduttive, si
formano all’interno di APOTECI, dischi o piatti, o di PERITECI, corpi fruttiferi a forma
di fiasco approfondito nel tallo. Gli apoteci possono avere lo stesso colore del disco,
ciò significa che sono presenti solo le ife fungine mentre mancano le alghe; se il
bordo è di colore diverso significa che nel bordo sono presenti anche le alghe. I
periteci appaiono come piccoli punti neri sulla faccia superiore del tallo. Le spore
espulse da questi organi sono disseminate dall’acqua e dal vento e se incontrano
un’alga adatta si potrà formare un nuovo lichene.
La riproduzione asessuata, o moltiplicazione vegetativa, avviene tramite la
dispersione di piccoli frammenti costituiti da ife e alghe che si staccano dal tallo. Può
avvenire in due modi:
tramite SOREDI- la superficie superiore del tallo si lacera e fuoriescono piccoli
ammassi di ife che contengono cellule algali. Questi ammassi detti soredi germinano
e originano un nuovo lichene. Con la lente sembrano polvere sul lichene;
tramite ISIDI- sono propagoli un po' più grossi delle soredi dotati di uno strato
corticale già formato.

NOTE ECOLOGICHE
Sottoposti a concorrenza da parte delle più evolute “piante con fiori”, i licheni si sono
dovuti adattare a vivere in ambienti dove le altre piante non possono vivere; per
questo motivo sono anche detti la “flora pioniera”. Sono infatti gli organismi più
diffusi sulla terra. Sono gli ultimi rappresentanti della vita vegetale nelle regioni polari
dove a volte ricoprono estese superfici di terreno a formare le cosiddette TUNDRE.
Le rocce d’alta montagna ospitano molti licheni a volte, come già detto, sulla loro
superficie, a volte nel loro interno. Li possiamo trovare sugli alberi, sui muri e non di
rado persino sui vetri delle antiche cattedrali. Poichè i licheni non hanno delle vere e
proprie radici, dipendono molto dal substrato. Ogni lichene ha un certo intervallo di
tolleranza all’acidità: la scorza acida di una conifera non avrà mai la stessa flora
lichenica di una scorza basica di un pioppo. Anche le precipitazioni acide hanno una
loro influenza: se la scorza è già di per se stessa acida perderà molto piu’ facilmente
i licheni, una scorza basica li perderà invece piu’ lentamente perchè c’è l’effetto
tamponante. Anche la struttura della superficie è importante: una scorza rugosa e
fessurata è piu’ facilmente colonizzabile rispetto alla liscia, la perdita regolare della
scorza nei platani e negli aceri impedisce la colonizzazione. Il bisogno di umidità
induce i licheni ad installarsi nella parte piu’ esposta alle intemperie. All’interno di un
bosco gli alberi piu’ ricchi di licheni sono quelli che ricevono piu’ luce; ai margini dei
sentieri, vicino ai corsi d’acqua. Se vi è un inizio di inquinamento sono piu’ numerosi
verso il centro del bosco.

LICHENI E ANIMALI
Vari sono i rapporti tra licheni e animali come nel caso del lichene islandico che
costituisce la principale fonte di nutrimento per le renne che vivono nelle tundre
europee dell’estremo Nord. Da noi si nutrono di licheni camosci e stambecchi. Il loro
potere calorico è infatti abbastanza elevato. Molti uccelli utilizzano i licheni per
costruire i nidi; lumache, chiocciole, coleotteri se ne nutrono. I licheni offrono rifugio
agli insetti; alcune specie di farfalle si mimetizzano tra i licheni.
LICHENI E UOMO
Anche l’uomo si serve di licheni. Un tempo venivano usati per fare essenze, nel XIX
secolo venivano usati come coloranti per tingere la lana. Il tornasole indicatore di pH
si ottiene dal lichene Lecanora: azzurro in ambiente basico, rosso in ambiente
acido.Nel passato erano usati anche dai medici per curare diverse malattie, ai
polmoni, all’utero, all’intestino. Gli acidi lichenici hanno proprietà antibiotiche su
funghi e batteri. Si conosce un solo lichene tossico che un tempo era utilizzato per
preparare esche avvelenate per i lupi. In Giappone vengono mangiati, in altri posti
usati in miscela per il tabacco da pipa.

LAVORO IN CAMPO
Gli alberi sui quali si effettua il rilevamento devono essere selezionati secondi i
seguenti criteri:
- il tronco deve essere perfettamente verticale;
- il tronco non deve avere delle ferite;
- la scorza deve essere integra e non deve desquamarsi;
- gli alberi devono essere il piu’ possibile isolati e lontani da oggetti che li pongano in
ombra (muri, altri alberi);
- la circonferenza deve essere superiore a 80 cm.

Le specie di alberi che non devono mai essere presi in considerazione sono: platano,
ippocastano e tutte le specie di conifere.

ESPERIENZA
Monitoraggio dei licheni.
Materiale occorrente-
lenti di ingrandimento, reticolo per la determinazione dei licheni, elastici tipo
portapacchi, carta della zona visitata.

Applicare il reticolo all’albero con gli elastici, a circa 120 cm dal suolo, in modo che la
sua parte centrale corrisponda con la parte del tronco piu’ ricca di licheni. per ogni
tipo di lichene identificato, contare la frequenza, cioè in quanti rettangoli è presente.
ES:
specie A F=3
specie B F=3
specie C F=5
La frequenza totale di ogni albero è data dalla somma dei singoli valori: ES
(A)3+(B)3+(C)5=11. Si calcola poi il VALORE DI PUREZZA ATMOSFERICA sommando
le frequenze di ogni singolo albero e dividendo per il numero di alberi.
ES.
stazione 1
albero 1 F=20
albero 2 F=26
albero 3 F=24
albero 4 F=10
VPA= 80/4=20

I valori di VPA vengono inseriti in 7 fasce di qualità dell’aria, evidenziate ognuna da


colori diversi:
F1- grigio scuro
F2- marrone
F3- rosso
F4- arancio
F5- giallo
F6- verde
F7- azzurro

Per sapere a quali fasce corrispondono i valori di VPA, dopo opportuni calcoli sono
stati stabiliti diversi intervalli:
0.001<F1<0,409
0,409<F2<1,633
1,633<F3<3,673
3,673<F4<6,529
6,529<F5<10,201
10,201<F6<14,689
14,689<F7<19.993=20
Quindi nel caso precedente, la stazione 1, avendo un valore di VPA=20, sarebbe
stata inserita nella fascia 7.

Potrebbero piacerti anche