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Istituto Superiore di Scienze Religiose

“S. Maria della Lettera”


Messina - Italia

LITTERA 1

Anno II
2013
RIVISTA DI STUDI FILOSOFICI, TEOLOGICI
E STORICO - RELIGIOSI 1
LITTERA
RIVISTA DI STUDI
FILOSOFICI, TEOLOGICI
E STORICO - RELIGIOSI
DELL’ISTITUTO SUPERIORE
DI SCIENZE RELIGIOSE
“S. MARIA DELLA LETTERA”
MESSINA - ITALIA

Anno II - 2013
Numero 1
DIREZIONE
Istituto Superiore di Scienze Religiose
“S. Maria della Lettera”

Via Ignatianum, 23 - 98121 Messina


Tel. 090 346454
Fax 090 5730365

ISNN 2281-7050

Reg. Stampa Trib. Messina


N° 9/12 del 16.04.2012
REDAZIONE
Direttore Responsabile
Cesare Natoli

Comitato Scientifico
Dino Calderone
Giuseppe Costa
Giovanni Ferrari
Anna Rosaria Gioeni
Costantino Lauria
Vincenzo Massimo Majuri
Giovan Giuseppe Mellusi
Roberto Romeo

segretaria
Maria Angela Carlotta

art director
Salvatore Forestieri

web master
Giancarlo Galletta
INDICE Littera II (2013) 1

SOMMARI / ABSTRACTS 10

STUDIA

Giovanni FERRARI 21
Tu autem eras interior intimo meo et superior summo meo
Uso e valore dei loci patristici nel magistero di Benedetto XVI

Giovan Giuseppe MELLUSI 53


Un’inedita cronotassi episcopale peloritana
Il ms. F.N. 204 della Biblioteca Regionale Universitaria di Messina

Cesare NATOLI 131


Spunti di estetica musicale nella teologia di Karl Barth e Hans
Urs von Balthasar

Vincenzo Massimo MAJURI 143


«Omne quod spirat, laudet Dominum!» (Ps 150,5).
La musica e il canto nelle Sacre Scritture e nella tradizione metafisica
occidentale

MISCELLANEA
Santi CALDERONE 163
Multiculturalismo e interculturalità.
Il caso della macellazione rituale islamica
Littera II (2013) 1

RECENSIONI
Cesare NATOLI, Il suono dell’anima. Musica e metafisica nella riflessione 171
filosofica e teologica, Roma 2013

Santi CALDERONE, La libertà degli altri. Sulle tracce di A.C. Jemolo, Ru- 174
bettino, Soveria Mannelli 2012, pp. 139, Euro 14.00

VITA DI ISTITUTO 177

Pubblicazioni dell’Istituto 187

Collaboratori 193

Norme per i Collaboratori 194


SOMMARI / ABSTRACTS
Giovanni FERRARI 21-51
Tu autem eras interior intimo meo et superior summo meo
Uso e valore dei loci patristici nel magistero di Benedetto XVI
Il titolo dell’articolo, tratto dalle Confessioni (3,6,11) di Agostino, evidenzia
l’attenzione dell’Autore in merito all’indagine effettuata, cioè l’ambito patristi-
co. Il sottotitolo specifica il campo e l’utilizzo delle citazioni patristiche nel ma-
gistero di Benedetto XVI. Ulteriormente sin dall’inizio viene specificato che la
ricerca è effettuata nell’ambito delle due encicliche Deus caritas est e Spe salvi e
dell’esortazione postsinodale “Sacramentum caritatis”. In base ad una classifica-
zione puntuale delle varie citazioni, nonché delle opere a cui si riferiscono e dei
relativi autori, l’Autore ha operato una lettura trasversale in senso antropologico,
che evidenzia l’attenzione primaria di Benedetto XVI nei confronti dell’uomo di
ogni tempo nell’anelito a Dio, e nel servizio ai fratelli. La dimensione della fede
viene pertanto vista come centrale nella vita dell’uomo e i riferimenti ai primi
secoli della Chiesa evidenziano in Benedetto XVI l’intenzione di creare unitarie-
10 tà nell’esistenza umana, dilacerata fra fede e ragione, azione e contemplazione,
vangelo e politica.

Te autem eras interior intimo meo et superior summo meo.


Use and value of the patristic loci in the teaching of Benedict XVI
The title of the article taken from the Confessioni (3,6,11) of Augustine highlights
the attention of the author about the investigation carried out: the patristic pe-
riod. The subtitle specifies the field and the use of patristic citations in the tea-
ching of Benedict XVI. Further from the outset it is specified that the research is
carried out as part of the two encyclicals Deus caritas est and Spe salvi and post-
synodal exhortation “Sacramentum Caritatis”. Based on a precise classification
of the various quotes, as well as the works to which they refer and its artists, the
author has made a cross-reading in the anthropological sense, which highlights
the primary focus of Benedict XVI about the man of every time in the yearning
to God and service to others. The size of the faith is thus seen as central to the
life of man and references to the early centuries of the Church in Benedict XVI
highlighted the intention to create unity in human existence, lacerated between
faith and reason, action and contemplation, gospel and politics.
Littera II (2013) 1

Giovan Giuseppe MELLUSI 53-130


Un’inedita cronotassi episcopale peloritana
Il ms. F.N. 204 della BibliotecaRegionale Universitaria di Messina
Questo articolo riguarda un inedito manoscritto del secolo XIX sulla Storia ec-
clesiastica di Messina; l’obiettivo del suo autore, l’ex cappellano maggiore della
cattedrale mons locale. Salvatore Pennisi, era quello di compilare una rassegna
cronologica completa della storia della Chiesa locale sin dalle sue origini, in
base principalmente al criterio della successione dei suoi arcivescovi. È un dato
di fatto che la parte più antica di questa compilatione è abbastanza irrilevan-
te perché sembra superato da un paio di pubblicazioni che forniscono un più
completo e documentato rendiconto di tale cronologia (vedi ad esempio l’ultima
edizione, nel 1733, del testo Sicilia sacra, di Rocco Pirro). La restante parte, che
riguarda più o meno un secolo (dal 1744 al 1842), è molto più interessante e, di
conseguenza, il dr. Mellusi ha più correttamente deciso di trascrivere e di pubbli-
carlo, insieme ad un’utile introduzione e a un commento approfondito.
11

An unpublished Archbishop’s list relating to the Diocesis


of Messina
(Messina, Biblioteca Regionale Universitaria, ms. F.N. 204)
This paper concerns an unpublished early XIXth century pamphlet on the Ec-
clesiastical History of Messina; the aim of its author, the former major chaplain
of the local cathedral mons. Salvatore Pennisi, was that of compiling a fully
chronological review of the local Church history since its own origins, according
chiefly to the criterion of the succession of its archbishops. As a matter of fact,
the oldest part of this compilation is quite unimportant because it appears super-
seded by quite a few publications which give a more complete as well as docu-
mented account of that chronology (see for instance the last edition, in 1733, of
the Sicilia sacra, by Rocco Pirro). The remaining part, which concerns more or
less a century (since 1744 to 1842), is much more interesting and consequently,
dr. Mellusi most properly decided to transcribe and to publish it, together with
an useful introduction and a thorough commentary.
Littera II (2013) 1

Cesare NATOLI 131-141


Spunti di estetica musicale nella teologia di Karl Barth e Hans
Urs von Balthasar
L’articolo intende portare l’attenzione su alcuni aspetti della riflessione di Karl
Barth e Hans Urs von Balthasar. In entrambi i teologi, infatti, è presente un for-
te interesse per la dimensione estetica e musicale in particolare. Tale interesse
sembra proseguire una tradizione che ha origine nei padri della Chiesa e negli
stessi primi filosofi cristiani. Riflessione che, in relazione soprattutto al rapporto
tra musica e metafisica, dopo aver vissuto, con il sorgere dell’età moderna, una
sorta di arresto, riprende vigore a partire dai pensatori romantici, che, pur laici,
hanno fatto risaltare il nesso tra il vertice espressivo dell’arte musicale e l’idea
di rivelazione o manifestazione della trascendenza, e conosce una nuova fortu-
nata stagione dalla seconda metà del Novecento sino ai giorni nostri. Possiamo
anzi affermare che, oggi, il suono, pur se in autori e in contesti teoretici diversi, è
nuovamente visto come un fenomeno di grande interesse da parte della teologia,
che appare più disposta ad attribuire alla musica – anche a quella non espressa-
mente sacra – un altissimo valore. Esemplificativi di tale atteggiamento possono
12 essere considerati, appunto, Karl Barth e Hans Urs von Balthasar.
Ideas of musical aesthetics in theology of Karl Barth and Hans
Urs von Balthasar
The paper intends to bring attention to some aspects of the reflection of Karl
Barth and Hans Urs von Balthasar. In both theologians, in fact, there is a strong
interest in the aesthetic and music in particular. This interest seems to be continu-
ing a tradition that originated in the fathers of the Church and in the same early
Christian philosophers. Reflection, especially as regards the relationship betwe-
en music and metaphysics, after living with the rise of the modern age, a kind of
shutdown, resume effective for Romantic thinkers, who, while lay people, did
highlight the link between the expressive peak of musical art and the idea of re-
velation or manifestation of transcendence, and knows a new successful season
in the second half of the twentieth century to the present day. Indeed, we can say
that, today, the sound, even if in authors and in different theoretical contexts, it
is again seen as a phenomenon of great interest by theology, which appears to be
more willing to give the music - even that is not expressly sacred - a very high
value. Examples of this attitude can be considered Karl Barth and Hans Urs von
Balthasar.
Littera II (2013) 1

Vincenzo Massimo MAJURI 143-160


«Omne quod spirat, laudet Dominum!» (Ps 150,5).
La musica e il canto nelle Sacre Scritture e nella tradizione
metafisica occidentale
L’«armonia cosmica», e già queste due parole ci riportano immediatamente ad
acquisizioni filosofiche di matrice pitagorica, per la Sacra Scrittura è di origi-
ne divina. In sostanza, la Bibbia tende ad evitare tutte quelle tradizioni mitiche
cosmogoniche del suono generatore per sostituirvi quella della Parola creatrice.
Alla musica e al canto sono affidate tre funzioni: edificare, esortare, consola-
re. Un linguaggio che parla a tutte e tre le sfere umane: corpo, anima e spirito,
tripartizione che interessa anche la musica, generalmente suddivisa in ritmo, me-
lodia ed armonia. Un percorso nella Sacra Scrittura e nella tradizione metafisica
occidentale di riflessione sul «suono» dell’anima umana, l’unica a poter rendere
gloria a Dio: «omne quod spirat, laudet Dominum», «ogni vivente dia lode al
Signore» (Sal 150,1).

13

“Omne quod spirat, Laudet Dominum” (Ps 150,5).


The music and singing in the Holy Scriptures and in the Western
metaphysical tradition
«Cosmic harmony». Already these two words immediately bring us back to the
philosophical traditions of pythagoreanism, for Sacred Scripture is of divine ori-
gin. Ultimately the Bible tends to show all these cosmological mythical tradi-
tions of generative sound by substituting them for the creative Word. Three fun-
ctions are entrusted to music and song: to edify, to exhort, to console. A language
that speaks to all three human spheres: body soul and spirit; a tripartite division
that concerns also music, which is generally subdivided into rhythm, melody
and harmony. A journey through Sacred Scripture and the western metaphysical
tradition of reflection upon the «sound» of the human soul, the one thing capable
of giving glory to God: «omne quod spirat, laudet Dominum» (Sal 150,1).
Littera II (2013) 1

Santi CALDERONE 163-167


Multiculturalismo e interculturalità.
Il caso della macellazione rituale islamica
La religione musulmana, come quella ebraica, prevede che la carne per pote-
re essere consumata in maniera lecita dai propri fedeli, debba provenire da un
animale che sia stato macellato secondo l’uso di regole precise.In questi anni
la macellazione rituale è divenuta oggetto di dibattiti perché, secondo una par-
te dell’opinione pubblica, il rispetto della libertà religiosa non può avere come
conseguenza l’aumento della sofferenza degli animali. L’animale, infatti, deve
essere ucciso senza essere prima stordito come prevedono invece le norme dei
diversi Stati europei. Dal punto di vista giuridico il dilemma si colloca dunque
nella compatibilità tra il diritto di libertà religiosa (che sta alla base della ma-
cellazione rituale) ed il rispetto degli animali, che impone di risparmiare loro
ogni sofferenza non necessaria. Le leggi della maggior parte dei paesi europei,
comunque, prevedono apposite deroghe per rendere possibile la macellazione
rituale.
14

Multiculturalism and interculturalism.


The case of the ritual islamic slaughtering

According to Islam, as well as Judaism, meat can only be eaten when coming
from an animal which has been slaugthered according to precise rules. Ritual
slaughtering has recently been at the centre of heated debates, since according to
part of the public opinion respect for religious freedom should not be a further
cause of animals suffering. Animals are instead slaughtered without being stun-
ned, as provided by european states laws. From a legal perspective the dilemma
lies in the opposition between the right to religious freedom (at the basis of ritual
slaughtering) and the respect for animals, according to which the latter should be
spared any unnecessary suffering. The laws of most european countries, howe-
ver, allow specific derogations, which make ritual slaughtering possible.
16
Littera II (2013) 1

Spunti di estetica musicale


nella teologia di Karl Barth
e Hans Urs von Balthasar
Cesare NATOLI*

In questo contributo intendo portare l’attenzione su alcuni aspetti della rifles-


sione di Karl Barth e Hans Urs von Balthasar.1 In entrambi i teologi, infatti, è
presente un forte interesse per la dimensione estetica e musicale in particolare.
Tale interesse sembra proseguire una tradizione che ha origine nei padri della
Chiesa e negli stessi primi filosofi cristiani. Riflessione che, in relazione so-
prattutto al rapporto tra musica e metafisica, dopo aver vissuto, con il sorgere
dell’età moderna, una sorta di arresto, riprende vigore a partire dai pensatori ro-
mantici, che, pur laici, hanno fatto risaltare «con il massimo della esplicitezza il
nesso intrinseco tra il vertice espressivo dell’arte musicale e l’idea di rivelazione
o manifestazione della trascendenza»2 e conosce una nuova fortunata stagione
131
dalla seconda metà del Novecento sino ai giorni nostri. Possiamo anzi affermare
che, oggi, il suono, pur se in autori e in contesti teoretici diversi, è nuovamente
visto come un fenomeno di grande interesse da parte della teologia, che appare
più disposta ad attribuire alla musica – anche a quella non espressamente sacra
– un altissimo valore. Esemplificativi di tale atteggiamento possono essere con-
siderati, appunto, Karl Barth e Hans Urs von Balthasar.

1. Karl Barth e Mozart

Nel 1955, durante i preparativi per il bicentenario della nascita di Wolfgang


Amadeus Mozart, Karl Barth scriveva un articolo sulla Neue Zürcher Zeitung in
cui si legge: «Il mio primo incontro con la grande musica – avrò avuto cinque o

* Docente di Filosofia sistematica presso l’ISSR “Santa Maria della Lettera” di Messina.

1
Questo articolo riprende, rielaborandolo parzialmente, un paragrafo apparso recentemente in C. NATOLI, Il
suono dell’anima. Musica e metafisica nella riflessione filosofica e teologica, Aracne, Roma 2013.
2
P. SEQUERI, Il teologico e il musicale, in «Teologia», 10, 1985, 311.
Spunti di estetica musicale nella teologia di Karl Barth e Hans Urs von Balthasar

sei anni – è stato l’incontro con Mozart. Ho ancora davanti agli occhi la scena:
mio padre che esegue al pianoforte qualche battuta del Flauto magico (“Tamino
mio, o qual fortuna…!”). Ne fui afferrato fin nell’intimo. Da allora sono cre-
sciuto e ho finito col diventar vecchio: di Mozart ho sentito molte altre cose e
di tutt’altro genere. Col passare del tempo è divenuto sempre più una costante
della mia esistenza».3 Sembra una semplice testimonianza d’amore da parte di
un grande intellettuale – nello specifico, un teologo tra i più raffinati e profondi
del XX secolo – nei confronti di un musicista geniale ed amatissimo; un amore
‘normale’, si direbbe, per una persona di grande cultura e sensibilità quale Barth.
Tuttavia, il rapporto Barth-Mozart non si esaurisce solo in questa direzione. Ap-
passionato e profondo conoscitore della musica, Barth vede in Mozart il risultato
di una tensione tutta umana alla speranza e alla grazia, pur non prescindendo dal
dato materiale e terreno di tale musica; anzi, proprio questo legame con l’umano
ed il terreno ‘spinge verso lo spirituale’ per sua stessa natura. Ciò che il teologo
coglie nel compositore salisburghese, inoltre, è un significativo rapporto tra gio-
co e centro.
132 Ma andiamo per ordine, seguendo ancora Barth:

Se dovessi mai giungere in paradiso, domanderei anzitutto di Mozart e soltan-


to dopo cercherei Agostino e Tommaso, Lutero, Calvino e Schleiermacher. Ma
quale spiegazione dare? Forse, in poche parole, questa: il pane quotidiano com-
prende anche il gioco. Io sento che Mozart […] gioca. Il giocare è però qualcosa
che richiede grande abilità, e pertanto un impegno alto e severo. Il bel gioco
presuppone che si abbia una conoscenza infantile del centro – perché la si ha del
principio e della fine – di tutte le cose. Sento che la musica di Mozart scaturisce
da questo centro, da questo principio senza fine. Sento la limitazione che egli si
imponeva, perché proprio questa gli dava gioia. Essa allieta, rianima, consola
anche me, quando lo ascolto.

3
K. BARTH, Wolfgang Amadeus Mozart [1956], trad. di G. Tron, Queriniana, Brescia 2008, 7.
4
Ivi, 8.
Cesare NATOLI

Il gioco, dunque: la dimensione ludica e gratuita come luogo ontologico in


cui si manifesta l’essenza del fenomeno musicale. Di tale luogo Mozart,
secondo Barth, era un frequentatore abituale; anzi, un vero e proprio ‘pa-
drone di casa’. Ma un padrone estremamente ospitale, cui Barth testimonia
tutta la sua gratitudine anche in una lettera immaginaria di ringraziamento
che gli scrive nel 1956:

Ogni volta che L’ascolto, mi sento trasportato sulla soglia di un mondo che, col
sole e nella bufera, di giorno e di notte, è felice e ordinato, e poi, come uomo del
XX secolo, mi sento ogni volta infondere coraggio (non orgoglio!), vivacità (non
una vivacità esagerata!), purezza (non una purezza stucchevole!), pace (non una
pace illusoria!). Ora Lei sa assai meglio di me che per vivere occorre ben altro
che la migliore musica. Eppure certa musica, più di ogni altra, aiuta gli uomini
(indirettamente e solo in taluni casi!) a vivere. La Sua musica questo aiuto lo dà.5

Nella stessa lettera, tra l’altro, è presente anche una sorta di visione metasto- 133
rica dell’escaton:

Di come stiano le cose a proposito della musica, là dove Lei si trova, ho soltanto
un’idea molto vaga. Ho però un sospetto, a questo riguardo, che mi è già accaduto
di formulare nel modo che segue. Forse gli angeli, quando sono intenti a rendere
lode a Dio, suonano musica di Bach, ma non ne sono del tutto sicuro; sono certo,
invece, che, quando si trovano tra di loro, suonano Mozart ed allora anche il Si-
gnore trova particolare diletto nell’ascoltarli. Ora, può essere che questa alternati-
va sia errata. E comunque anche di questo lei è al corrente meglio di me.Quel che
ho detto è solo per farLe intendere, in forma figurata, quale sia il mio pensiero.
Mi creda Suo devoto. Karl Barth.6

5
Ivi, 11-12.
6
Ivi, 12-13.
Spunti di estetica musicale nella teologia di Karl Barth e Hans Urs von Balthasar

Ora, perché, per Barth, Mozart ha questa grandissima prerogativa? Perché


l’aspetto fondamentale e originario della sua musica sembra «essere identico
al tono fondamentale e originario della musica in generale? Egli non potrebbe
averlo colto ed espresso nella sua forma perennemente valida?».7 Per rispondere
occorre svelare una sorta di «mistero»8, partendo dalla rilettura della consueta
definizione di ‘fanciullo divino’. Mozart è un fanciullo, nel senso che è capace
di rivolgersi a noi ridendo e piangendo nello stesso istante. Tale dimensione gli
deriva anche dal fatto che «non ha mai potuto essere un bambino nel senso vero
e proprio della parola»9, a causa del durissimo iter formativo cui lo sottopose il
padre Leopold.
La sua fu dunque un’esistenza segnata dalla solitudine e dalla sofferenza, «ed
è a questo prezzo che ha potuto essere un “fanciullo” nell’altro, più elevato senso
della parola. Bisogna avere presente tutto ciò, perché a questo proposito facil-
mente si pensano e si dicono sciocchezze».10 Da qui deriva l’universalità, che è il
tratto peculiare della musica di Mozart, secondo Barth; universalità la quale «più
che ‘estensivamente’ è da intendere ‘intensivamente’, come penetrazione nel se-
134 greto dell’universo, per svelarlo e tradurlo musicalmente».11 Per Barth, cioè, «è
evidente che l’uomo Mozart ha udito la voce del cosmo e, assumendo solo la
funzione di mediatore, la traduce nel canto! Si può dire davvero che sia qualcosa
di incomparabile».12 La musica mozartiana, infatti, non è autobiografica: egli
«non vuol dire nulla ma soltanto cantare e suonare».13 E riesce a farlo sublima-
mente perché guarda il mondo da un’altezza in cui tutto sembra riconciliato:
«Ciò che nella sua musica commuove ed acquieta gli animi è questo: essa pare
provenire da un’altezza dalla quale (lassù si sa tutto!) è possibile contemplare
insieme, nella loro realtà ma anche nei loro limiti, l’aspetto luminoso e quello

7
Ivi, 18.
8
Ivi, 16.
9
Ivi, 19.
10
Ivi, 20-21.
11
C. DI SANTE, Francesco e la musica. In dialogo con Mozart e Barth, Pazzini, Villa Verucchio 2004, 22-23.
12
BARTH, Wolfgang Amadeus Mozart, cit., 24.
13
Ivi, 26.
Cesare NATOLI

oscuro dell’esistenza e quindi la gioia ed il dolore, il bene ed il male, la vita


e la morte».14 Un’altezza che, per Barth, riconduce – passando da suggestioni
quasi hegeliane – alla creazione biblica, poiché Mozart «metteva in musica la
vita quale in realtà è, nei suoi aspetti contradditori, presentandola tuttavia sullo
sfondo rasserenante costituito dalla creazione divina, ciò che significava (ed è
forse questo che s’intende quando si parla della ‘leggiadria’ che trionfa) proceder
costantemente dal negativo verso il positivo e mai nella direzione inversa […]
Mozart è universale».15
Venendo, invece, all’‘enigma’ mozartiano, esso, per Barth, riguarda due
aspetti. Il primo si riferisce alla capacità del Salisburghese di attingere a modelli
plurimi, personalizzandoli in modo paradigmatico: «Quest’uomo sapeva creare
anche quando e proprio in quanto si ispirava ad altri».16
Il secondo ha radici ancora più profonde: «la musica di Mozart ha un suono
del tutto libero, spigliato, lieve, e per questo ci si sente alleviati, sollevati, liberati
da essa […] il suo è un giuoco che non cessa mai di essere tale»17; e ciò, nono-
stante il fatto che tale leggerezza derivi da una disciplina ferrea e da un impegno
compositivo estenuante. Tuttavia, «l’elemento soggettivo non entra mai a far 135
parte dei suoi temi. Non si è mai servito della musica per parlare di se stesso,
della sua situazione, dei suoi umori […]. Era la vita di Mozart ad essere al ser-
vizio della sua arte, non già l’inverso».18 Per questo la musica del Salisburghese
ha il potere di liberare: perché essa è «come l’incarnazione stessa della ‘libertà’
intesa come libertà da tutto ciò che […] non fosse solo suono o musica. Libertà
da tutto per essere al servizio solo – e sempre solo – del suono e della musica!».19
Libertà, ad esempio, anche dalle ideologie politiche: «egli non è mai stato diret-
tamente, concretamente toccato (lo provano le sue lettere) né dalla natura che lo
circondava, né da tutta quanta la storia, la letteratura, la filosofia e la politica del

14
Ivi, 22.
15
Ivi, 22-23.
16
Ivi, 34.
17
Ivi, 34-35.
18
Ivi, 37.
19
DI SANTE, Francesco e la musica. In dialogo con Mozart e Barth, cit., 27.
Spunti di estetica musicale nella teologia di Karl Barth e Hans Urs von Balthasar

suo tempo».20 Tutto resta solo un gioco, cui, per tornare agli argomenti di inizio
paragrafo, si lega il concetto di ‘centro’: «Mozart compone la sua musica avendo
conoscenza di ogni cosa, partendo da un centro misterioso, e quindi conosce e
osserva i limiti posti a destra e a sinistra, verso l’altro e verso il basso. Per lui
quel che conta è la misura».21
Nel centro mozartiano, dunque, «si compie un grandioso perturbamento
dell’equilibrio, è una svolta, in virtù della quale la luce si accresce e l’ombra,
senza scomparire, diminuisce, la gioia prende il sopravvento, senza sopprimerlo,
sul dolore, il ‘sì’ prende un suono più forte del ‘no’, comunque sempre presen-
te».22 Si delineano meglio, così, i contorni di questo centro: esso è il luogo in
cui, per Barth, dimorano la misericordia e l’ordine divino. Un luogo ‘eccelso e
profondo’ da cui Mozart attinge angelicamente libertà e altezza, trasfigurandole
in note musicali.

136
2. L’analogia estetica di Balthasar

La riflessione di Hans Urs von Balthasar – che era abile pianista e musicista
sensibilissimo e la cui esperienza musicale costituisce la prima fonte della sua
formazione – sui rapporti tra musica e teologia si sposta, invece, su un piano più
teoretico. Essa è in gran parte consegnata alla monumentale trilogia teologica
(Estetica, Drammatica e Logica le sue sezioni, per un totale di 16 volumi), dove
le arti sono spesso viste come il tramite ideale per intuire e dire il divino.23 Nella

20
BARTH, Wolfgang Amadeus Mozart, cit., 40.
21
Ivi, 41.
22
Ivi, 42.
23
Citiamo per primo H. U. VON BALTHASAR, Gloria. Un’estetica teologica [1961-1969], 7 voll., traduttori
varî, Jaca Book, Milano 1971-1980. I riferimenti riguardanti l’interesse di Balthasar nei confronti della mu-
sica comprendono però anche i seguenti testi: Die Kunst der Fuge, in «Schweitzer Rundschau», 28, 1928,
84-87; Lo sviluppo dell’idea musicale. Testimonianza per Mozart [1925], a cura e con scritti di P. Sequeri,
Glossa, Milano 1995; Il terzetto dell’addio nel Flauto magico di Mozart, in Spiritus creator. Saggi teolo-
gici. III [1967], trad. di B. Colombo, Morcelliana, Brescia 1983 e numerose pagine della Teodrammatica
[1973-1983], 5 voll., trad. di Guido Sommavilla, Jaca Book, Milano 1980.
Cesare NATOLI

musica, in particolare, si attivano per Balthasar fecondi meccanismi di ‘analogia


estetica’:

Il presente non è senza tensione verso il passato e il futuro, ogni battuta che si
suona ha senso solo in quanto spiegazione, rivelazione, giustificazione successi-
va di tutto ciò che si è sentito prima, e questo ogni volta solo in quanto anticipa-
zione gravida di attese di ciò che poi si sentirà, che però non può essere ancora
indovinato dai suoni attuali (neppure in una fuga rigorosa). L’istante che passa è
– per esempio in una sinfonia di Mozart – talmente colmo fino all’orlo di tensione
che non si ha, come veri ascoltatori, né tempo né voglia di precisare in anticipo
qualcosa di passato o meno ancora di futuro. Si percepisce nella battuta che passa
la presenza del tutto, che è insieme qualcosa che diviene nel tempo e che – in un
inafferrabile sovratempo – è sempre presente.24

L’analogia è la sola dimensione, in linea con la tradizione teologica occiden-


tale, in cui ogni essere creato può concordare con l’assoluto e ciò è evidente
anche nella musica. Si veda la seguente riflessione di Balthasar sull’Ouverture 137
del Don Giovanni di Mozart, la quale

è carica di spirito fino all’ultimo sedicesimo, sfavilla di senso e significato,


e non li nasconde dietro i suoni, esprime tutto ciò che poteva essere espresso.
E tuttavia: chi potrebbe esprimere ciò che ora significa veramente? Lo si
potrebbe dire forse con più facilità se non fosse così perfetta. Si potrebbe
allora forse, per la mancanza dell’espressione, cercare di indovinare
da certi frammenti che cosa l’artista si era proposto di comunicare. Si
potrebbe separare senso ed espressione, come con la cattiva musica di
programma. Ma ecco la cosa strana: quanto più perfettamente i due aspetti
si identificano, quanto più chiaro e univoco il dentro appare nel fuori,

24
ID., Teodrammatica, vol. I, cit., 340.
Spunti di estetica musicale nella teologia di Karl Barth e Hans Urs von Balthasar

quanto più cioè l’opera appare perfetta, tanto più indecifrabile diventa il
suo contenuto. Essa diventa […] un simbolo che trascende la somma delle
sue parti.25

E questo perché «la lingua dell’espressione non si rivolge primariamente al


pensiero concettuale, ma al pensiero intuitivo che legge la forma. Il primo entra
nei suoi diritti quando il secondo ha compiuto la sua funzione».26
Lontana dall’empasse dell’estetismo, dunque, la personalissima avventura
dell’‘estetica teologica’ di Balthasar

costituisce primariamente un discorso metafisico-teologico che si svolge alla


luce del trascendentale pulchrum, nell’intenzione di considerare verità e bontà
mediante bellezza […]. L’estetica teologica proposta da Balthasar rappresenta
infatti un discorso il cui fulcro tematico è costituito dalla gloria dei, assunta come
cifra universale in quanto bellezza teologante della rivelazione. Come tale […] la
bellezza di cui parla il teologo svizzero non rimane esclusivo dominio dell’este-
138 tica, ma rientra nelle capacità e nelle competenze della teologia, che abbraccia la
stessa estetica in quanto ambito di trattazione del bello.27

La prospettiva estetica, cioè, non deve «sostituire […] quella logica ed etica. I
trascendentali infatti non sono assolutamente separabili e la dimenticanza di uno
di essi non può che avere un effetto distruttore sugli altri».28 Vista in tal modo, la
bellezza pertiene alla rivelazione e può essere vista come il legame che vincola

25
ID., Teologica [1983-1985], vol. I, Verità del mondo, trad. di G. Sommavilla, Jaca Book, Milano 1997,
145 (corsivo mio). L’interesse per Mozart, che – insieme ad altri aspetti più strettamente teologici – acco-
muna Balthasar a Barth, emerge ovviamente anche in ID., Lo sviluppo dell’idea musicale. Testimonianza
per Mozart, cit.; qui, il teologo svizzero, tra le altre cose, attribuisce al Salisburghese la capacità di signo-
reggiare ‘sinfonicamente’ una visione d’insieme tanto estesa quanto profonda; in grado, cioè, di rendere
conto dell’unità e della molteplicità (cfr. ivi, 63-65).
26
Ivi, 144.
27
F. GUALCO, Bellezza e mistero. La proposta estetico-teologica di H.U. von Balthasar, Colors, Genova
2000, 11.
28
BALTHASAR, Gloria. Un’estetica teologica, cit., vol. I, La percezione della forma, trad. di G. Ruggeri, 3.
Cesare NATOLI

il mondo a Dio, «via privilegiata alla pienezza pleromatica, tanto ontologico-


metafisica quanto esistenziale, a cui l’essere umano, in quanto ente ad essa co-
stitutivamente tendente, è chiamato a corrispondere nell’unità del proprio statuto
ontologico».29
E, influenzata da Schopenhauer e Nietzsche, la teologia balthasariana, che
si giova di uno stile ricco, dialogico e sapienziale, incontra l’estetica proprio
grazie alla musica. In tal senso, il primo problema che gli si presenta è quello di
dare uno statuto teologico a uno stato dionisiaco. Avendo dinanzi tale obiettivo,
egli comincia con l’affermare che la musica, «è l’arte più inafferrabile perché
è la più immediata».30 Ritorna dunque, ma in una nuova veste, il topos della
dialettica percezione/inafferrabilità, sensibile/sovrasensibile. Caratteristica che
riguarda l’intero ambito estetico balthasariano e che è stata efficacemente inda-
gata da Brunella Antomarini: «l’idea ruota tutta intorno al fatto che quello che
viene chiamato “trascendenza” non si afferma in estetica oltre l’immanenza, ma
proprio nell’opera concreta e particolare, una trascendenza che sale dall’imma-
nenza».31
La prospettiva corretta, dunque, non deve essere quella di un ennesimo tenta- 139
tivo di razionalizzare la bellezza e di anteporre il momento gnoseologico strictu
sensu a quello metafisico; in tale condizione, l’oggetto studiato ‘si vendicherà’
con un’irriducibile eccedenza. Tanto più il pensiero cerca in modo riduzionisti-
co di racchiudere la complessità della bellezza, cioè, tanto più tale eccedenza
tornerà prepotentemente in primo piano, quale presenzialità di fecondo mistero.
La direzione, invece, deve consistere nell’indagare un sovrannaturale che «si
radica appunto nelle più intime strutture dell’essere, per impregnarle come un
lievito, per attraversarle come un soffio e un aroma onnipresente. È non solo
impossibile, ma sarebbe anche folle, voler bandire ed escludere con ogni mezzo
quest’aroma della verità sovrannaturale dalla ricerca filosofica; il sovrannaturale
è troppo fortemente impregnato nella natura perché questa possa essere ancora
ricostruita nel suo stato di natura pura».32 Per questo l’arte è chiamata ad essere

29
F. GUALCO, Bellezza e mistero. La proposta estetico-teologica di H.U. von Balthasar, cit., 30.
30
BALTHASAR, Lo sviluppo dell’idea musicale. Testimonianza per Mozart, cit., 45.
31
B. ANTOMARINI, La percezione della forma. Trascendenza e finitezza in Hans Urs von Balthasar, Aesthe-
tica Preprint, Palermo 2004, 6-7.
32
BALTHASAR, Teologica, vol. 1, cit., 14.
Spunti di estetica musicale nella teologia di Karl Barth e Hans Urs von Balthasar

forma archetipica del sapere, in quanto capace di riportare in primo piano il mi-
stero cui il coglimento della sua forma rimanda.
Se la teologia quindi – tornando al nostro obiettivo principale – vuole scavare
nella profonda fecondità ontologica del musicale e attivare il gemüt, la percezio-
ne profonda, deve, in primo luogo, abbandonare un approccio superficialmente
allegorico, che vede nel bello artistico un simbolico vocabolario dell’assoluto,
e, in secondo luogo, accettare la ricchezza di senso che viene dal sensibile e dal
contingente. E ciò perché «è la contingenza che sostiene l’incarico drammatico
ma necessario che le cose del mondo partecipino e non siano indifferenti alla
domanda sulla realtà. Perciò non possiamo passare in fretta oltre le cose finite
e, istintivamente, grazie all’attrazione per la bellezza, rispettiamo la contingen-
za radicale del mondo (e qui Balthasar deve molto a Nietzsche e Dostoevskij),
poiché il trascendimento appare al limite della contingenza e ne ha bisogno».33
Nel momento estetico-contemplativo, grazie al contributo ‘sensibile’ del tempo,

si dà la visione di un’esperienza concreta, che nel passaggio temporale adatta


140 ai nostri sensi un intero (assente e implicito) in modo da renderlo presente. Che
l’esperienza estetica sia essenzialmente forma temporale è di fondamentale im-
portanza: vuol dire che essa prima di tutto accade. E se accade è di sorpresa, deve
avere una qualità di imprevedibilità, altrimenti non potremmo percepirla come
“evento”. E sembra che accada al fine di sorprenderci con la sua intimazione
di ulteriorità. Infatti la sorpresa rispetto al nostro involontario coinvolgimento
emotivo e sensoriale è già lo scopo dell’evento, uno scopo diremmo intrinseco
all’evento stesso; nelle parole di Balthasar, un istante chiuso messo in movimen-
to, una descrizione che annulla l’astrattezza della trascendenza e vi sottrae as-
solutezza: la trascendenza passa per l’esperienza. Essa o si presenta nell’istante

di proiettarsi fuori del tempo e dello spazio, ma di compiere un WHORz intrinseco


chiuso (la finitezza della forma) o non si dà; perciò significa qui non un desiderio

alle forme.34

33
Ivi, 9.
34
Ivi, 17.
Cesare NATOLI

Ciò costituisce anche una chiave di lettura esistenziale: «La chiave per capi-
re l’esperienza umana è ancora estetica: restiamo nel tempo, dove troviamo le
occasioni dell’integrazione (Integration), cioè di agire o produrre nella natura-
lità dell’esistenza opere che vanno oltre la naturalità stessa, e proprio nella loro
parzialità e limitazione». E la stessa Rivelazione, «dice Balthasar per introdurre
la Theodramatik, il libro scritto in prosecuzione dell’Estetica, non è un oggetto
statico da contemplare ma è un agire della contemplazione con i mezzi che ap-
partengono al mondo, in cui l’uomo non è spettatore ma co-attore».36
L’esperienza dell’ascolto musicale, in particolare, è «una percezione esatta
e fortemente emotiva nello stesso tempo. L’arte è sensibile, ma i sensi nell’arte
“vanno” verso un compimento».37 Compimento che produce «una forma, ne-
cessaria in base alle emozioni che sollecita».38 Il movimento implicito in questa
trascendenza “dal basso”, che quasi impone la necessità estetica nel suo rea-
lismo fenomenologico, è dunque sempre da una Urmaterie verso l’Urlicht, nel
tentativo di cogliere una ‘contrazione’ dell’infinito e di scoprire – attivando una
sorta di stupore-archetipo – il nuovo nell’originario.
141

35
Ivi, 19.
36
Ivi, 21.
37
Ivi, 24.
38
Ibidem

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