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(influenza su Schopenhauer)
La Natura
Leopardi identifica una marginalità dell’uomo nell’universo: non è che piccola cosa nell’immensità spaziale
e temporale della natura.
Il pensiero di Leopardi ha quindi una prospettiva materialistica: la natura è regolamentata solo da leggi
necessarie, senza alcun fine o prospettiva ultraterrena. La natura è quindi un meccanismo che non si
occupa nello specifico dell’uomo ed è ad esso indifferente: l’uomo è considerato alla stregua di tutti gli altri
esseri viventi. Manca quindi il senso: a chi giova questa infelice vita nell’universo?
L’essere infelice è una contraddizione in quanto l’infelicità è il non-essere, causato dalla carica distruttiva
che l’essere scaglia contro sé stesso.
Tensione alla felicità= amor proprio, meta della natura umana, ma non della natura universale.
Il nichilismo
A questa mancanza di senso cosmologico e esistenziale si lega il nichilismo leopardiano. Il nulla è l’orizzonte
dell’essere, perché ogni cosa tende al proprio annientamento secondo una casualità immanente, senza
seguire alcuno scopo o disegno. Questa assenza di una meta causa disperazione, poiché l’idea o il
sentimento dell’infinito possono generarsi solo dall’immaginazione svincolata dalla ragione. Il divenire
implica necessariamente la certezza dell’immediata nullità delle cose, poiché se esiste il divenire non esiste
alcun eterno. Il dramma dell’uomo è che l’essere risulta essere senza un perché, quindi privato della sua
ragion d’essere. Questa riflessione genera infelicità e uno stato di angoscia estrema ed è causata dal
pensiero razionale. Emerge così la contraddizione dell’uomo pensante, in cui la ragione si impone ed
obbliga a scoprire il tragico vero con un processo irreversibile. Tutto è nulla, e l’infinita volontà umana di
essere felice non sarà mai appagata. Di questo dolore è colpevole la natura, poiché fondata sulla
temporaneità.
L’esistenza implica l’amore verso se stessa (egoismo), che si traduce in un perenne anelito alla piena
realizzazione di sé, la felicità. Si crea quindi una dicotomia tra vita e felicità.
L’infinito si coniuga con l’immaginario, mentre nel finito si esaurisce il reale, analizzato dalla facoltà più
materiale, la ragione. Le illusioni sono generate dall’immaginazione per dare all’uomo una parvenza di
felicità: la vita felice è quindi incompatibile con la razionalità.
La noia instaura il suo dominio quando le illusioni svaniscono per cedere il posto all’arida verità, la nullità di
tutte le cose. Venendo meno qualsiasi oggetto del desiderio, subentra la noia che causa un conflitto
ontologico tra volontà di esistere e conoscenza della nullità di tutte le cose.
Il sistema della natura, tendente alla felicità, evita la verità compenetrandosi con l’illusione. La ragione
dipende dall’illusione, in quanto può negarla solo facendone esperienza. La ragione, nemica della natura, è
quindi dipendente da quest’ultima. Ciò dà luogo ad una contraddizione. La ragione annienta la vita perché
evidenza la nullità della vita stessa: il progresso della ragione è quindi impetuoso e inarrestabile avanzare
del nulla. Scienza e tecnica perpetuano lo stesso schema delle vecchie illusioni: il paradiso della civiltà della
tecnica rappresenta l’estrema illusione della civiltà occidentale.
La ragione, fulcro della filosofia moderna, si rivela uno strumento inadeguato: l’esistenza vuole essere e
pertanto evita la ragione, sforzandosi di rimanere nell’illusione, ma l’irrompere della ragione infrange e
annienta la volontà di esistenza, svelandone le contraddizioni.
Divenire privo di scopo, non risponde a leggi superiori, crea e distrugge (assoluta potenza creatrice si
identifica con assoluta potenza annientatrice). La vita è il graduale accorgersi del divenire come un andare
verso la morte. L’essere è quindi votato al non-essere. Il divenire è evidente ed esclude l’eterno ipotetico. Il
pensiero è condannato a soffermarsi su cose finite e mortali, non essendo in grado di affermare una realtà
immutabile (è quindi temporale – o transeunte).
Principio divino: appare come una via di salvezza, ma è un espediente della volontà che illudendosi agogna
all’eternità. La ginestra (il genio) disdegna tale ripiego e rimane ancorata alla verità terribile del nulla: non
aspira a trasformare o redimere il deserto (il nulla). Constatare la nullità di tutte le cose è l’annientamento
della volontà di vivere: La Ginestra è il canto che afferma la propria morte. La sua battaglia è l’ergersi fiero
al cospetto della tragica verità: l’immodificabilità dell’essenza dell’esistente.
Drammi dell’essere:
- mancanza ragione evidente
- lotta perenne di vita contro morte
- impredicibilità del divenire
Il nulla domina e circonda l’essere: la vita sorge dal nulla e vi ritorna necessariamente. Anche la durata è
nulla, essendo l’essere infinitamente inferiore al nulla. Solo il nulla è assoluto, infinito ed eterno, mentre le
cose sono determinate e relative. L’intersezione tra il nulla e l’essere è frutto del caso. Nulla è trionfo del
principio di identità: il nulla è nulla, è l’unico assoluto ed è senza alcuna predeterminazione. Inoltre, è la
possibilità dell’essere. Il nulla diventa essere in modo inspiegabile e l’essere torna al nulla in modo
inesorabile. Infinita possibilità= nulla. Nulla è onipotente (simile all’onnipotenza di Dio)
Infelicità umana: negazione del principio di non contraddizione (È impossibile che la stessa cosa, a un
tempo, appartenga e non appartenga a una medesima cosa). Se eterno esistesse il divenire sarebbe non
divenire.
Il suicidio sembra essere l’unico rimedio all’infelicità, ma la volontà di vivere creata da natura e ragione
sembrano allearsi per trattenere l’uomo dal precipitare deliberatamente nell’oblio. Desiderio di morire
scaturito dalle scoperte della ragione si scontra con la volontà di vivere alimentata dalla natura.
Dicotomia esistenza-felicità: l’esistente desidera la propria felicità, quindi l’esistente è per l’esistente, ma
l’esistenza dell’esistente non è per l’esistente in quanto non tende alla felicità dell’esistente. Non essendo
per l’esistente, l’esistenza dell’esistente è il principio dell’inesistenza, cioè del non essere dell’esistente. Ciò
è una spaventosa contraddizione.
Il genio vede distintamente la realtà, abbandona ogni forma illusoria, assumendo un atteggiamento di sfida
nei confronti del destino irrazionale e vuoto.
Nella storia non vi è alcuna logica, alcuna forza provvidenziale, alcuna finalità: la civilizzazione è frutto di un
accadere casuale
La poesia
L’uomo non può trovare vie d’uscita, ma può trovare motivi di speranza nella solidarietà degli uomini e
nella poesia. Ne La Ginestra l’intera umanità è chiamata a combattere unita contro il nemico, la natura, ma
questa unione può solo lenire una sofferenza incancellabile.
La poesia ha invece lo scopo di rendere la realtà accettabile, poiché espressione della facoltà immaginativa,
che permette all’uomo di immaginare illusioni di infiniti piaceri. La poesia ha quindi una funzione catartica,
una breve parentesi di sollievo.
Poesia è l’illusione estrema, ma indispensabile alla visione del nulla. Nel genio, poesia e filosofia si uniscono
e la poesia consente all’uomo di sostenere la vista della nullità di tutti gli esseri.