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Giacomo Leopardi (1798-1837), uno dei poeti più importanti della letteratura italiana e grande filosofo

(influenza su Schopenhauer)

La Natura
Leopardi identifica una marginalità dell’uomo nell’universo: non è che piccola cosa nell’immensità spaziale
e temporale della natura.
Il pensiero di Leopardi ha quindi una prospettiva materialistica: la natura è regolamentata solo da leggi
necessarie, senza alcun fine o prospettiva ultraterrena. La natura è quindi un meccanismo che non si
occupa nello specifico dell’uomo ed è ad esso indifferente: l’uomo è considerato alla stregua di tutti gli altri
esseri viventi. Manca quindi il senso: a chi giova questa infelice vita nell’universo?

Fasi della natura:


- natura primitiva: natura innocente, lontana dalla tragica verità e sorretta dalle illusioni. Rimedio contro il
nulla  illusione che allontana la nullità dall’essere (es. infinito, eterno)
- natura corrotta dalla ragione che squarcia il velo delle illusioni. Natura costruisce e demolisce senza sosta
lo scenario del reale, dimostrando di essere succube al caso. Dopo irrompere della ragione, la natura si
rivolge ad esso per conseguire la felicità, ma la ragione ottiene l’effetto contrario, ovvero allontana l’uomo
dalla felicità, sgretolando le illusioni e lasciando spazio al nulla.

Teoria del piacere


L’esistenza è per Leopardi un desiderare continuo, destinato a non essere soddisfatto. Il desiderio è
mancanza, quindi dolore, e l’appagamento momentaneo del desiderio genera assuefazione e noia. Questo
ragionamento viene sviluppato nello Zibaldone in una vera e propria teoria del piacere. Leopardi dimostra
che il desiderio non può essere soddisfatto perché è indeterminato e infinito, e quindi destinato a rimanere
inappagato: il desiderio infinito di piacere tende per sua natura al piacere infinito. La speranza e l’attesa
sono quindi gli unici due stati positivi dell’esistenza, ma sono in realtà illusioni destinate a venir meno.

L’essere infelice è una contraddizione in quanto l’infelicità è il non-essere, causato dalla carica distruttiva
che l’essere scaglia contro sé stesso.

Tensione alla felicità= amor proprio, meta della natura umana, ma non della natura universale.

Il nichilismo
A questa mancanza di senso cosmologico e esistenziale si lega il nichilismo leopardiano. Il nulla è l’orizzonte
dell’essere, perché ogni cosa tende al proprio annientamento secondo una casualità immanente, senza
seguire alcuno scopo o disegno. Questa assenza di una meta causa disperazione, poiché l’idea o il
sentimento dell’infinito possono generarsi solo dall’immaginazione svincolata dalla ragione. Il divenire
implica necessariamente la certezza dell’immediata nullità delle cose, poiché se esiste il divenire non esiste
alcun eterno. Il dramma dell’uomo è che l’essere risulta essere senza un perché, quindi privato della sua
ragion d’essere. Questa riflessione genera infelicità e uno stato di angoscia estrema ed è causata dal
pensiero razionale. Emerge così la contraddizione dell’uomo pensante, in cui la ragione si impone ed
obbliga a scoprire il tragico vero con un processo irreversibile. Tutto è nulla, e l’infinita volontà umana di
essere felice non sarà mai appagata. Di questo dolore è colpevole la natura, poiché fondata sulla
temporaneità.

L’esistenza implica l’amore verso se stessa (egoismo), che si traduce in un perenne anelito alla piena
realizzazione di sé, la felicità. Si crea quindi una dicotomia tra vita e felicità.

L’infinito si coniuga con l’immaginario, mentre nel finito si esaurisce il reale, analizzato dalla facoltà più
materiale, la ragione. Le illusioni sono generate dall’immaginazione per dare all’uomo una parvenza di
felicità: la vita felice è quindi incompatibile con la razionalità.
La noia instaura il suo dominio quando le illusioni svaniscono per cedere il posto all’arida verità, la nullità di
tutte le cose. Venendo meno qualsiasi oggetto del desiderio, subentra la noia che causa un conflitto
ontologico tra volontà di esistere e conoscenza della nullità di tutte le cose.

Il sistema della natura, tendente alla felicità, evita la verità compenetrandosi con l’illusione. La ragione
dipende dall’illusione, in quanto può negarla solo facendone esperienza. La ragione, nemica della natura, è
quindi dipendente da quest’ultima. Ciò dà luogo ad una contraddizione. La ragione annienta la vita perché
evidenza la nullità della vita stessa: il progresso della ragione è quindi impetuoso e inarrestabile avanzare
del nulla. Scienza e tecnica perpetuano lo stesso schema delle vecchie illusioni: il paradiso della civiltà della
tecnica rappresenta l’estrema illusione della civiltà occidentale.

La ragione, fulcro della filosofia moderna, si rivela uno strumento inadeguato: l’esistenza vuole essere e
pertanto evita la ragione, sforzandosi di rimanere nell’illusione, ma l’irrompere della ragione infrange e
annienta la volontà di esistenza, svelandone le contraddizioni.

Divenire privo di scopo, non risponde a leggi superiori, crea e distrugge (assoluta potenza creatrice si
identifica con assoluta potenza annientatrice). La vita è il graduale accorgersi del divenire come un andare
verso la morte. L’essere è quindi votato al non-essere. Il divenire è evidente ed esclude l’eterno ipotetico. Il
pensiero è condannato a soffermarsi su cose finite e mortali, non essendo in grado di affermare una realtà
immutabile (è quindi temporale – o transeunte).

Principio divino: appare come una via di salvezza, ma è un espediente della volontà che illudendosi agogna
all’eternità. La ginestra (il genio) disdegna tale ripiego e rimane ancorata alla verità terribile del nulla: non
aspira a trasformare o redimere il deserto (il nulla). Constatare la nullità di tutte le cose è l’annientamento
della volontà di vivere: La Ginestra è il canto che afferma la propria morte. La sua battaglia è l’ergersi fiero
al cospetto della tragica verità: l’immodificabilità dell’essenza dell’esistente.

La matematica, in cui operazioni peculiari sono la misurazione e l’analisi, evidenzia necessariamente la


nullità delle cose e quindi annienta la volontà di vivere e rende impossibile la felicità.

Drammi dell’essere:
- mancanza ragione evidente
- lotta perenne di vita contro morte
- impredicibilità del divenire

Il nulla domina e circonda l’essere: la vita sorge dal nulla e vi ritorna necessariamente. Anche la durata è
nulla, essendo l’essere infinitamente inferiore al nulla. Solo il nulla è assoluto, infinito ed eterno, mentre le
cose sono determinate e relative. L’intersezione tra il nulla e l’essere è frutto del caso. Nulla è trionfo del
principio di identità: il nulla è nulla, è l’unico assoluto ed è senza alcuna predeterminazione. Inoltre, è la
possibilità dell’essere. Il nulla diventa essere in modo inspiegabile e l’essere torna al nulla in modo
inesorabile. Infinita possibilità= nulla. Nulla è onipotente (simile all’onnipotenza di Dio)

A questa tragica conclusione si oppongono tre sistemi culturali:


- la filosofia tradizionale (platonica-aristotelica), per cui la felicità umana deve legarsi necessariamente alla
verità per poter essere una condizione reale.
- la religione (cristianesimo)illusione estrema, il mondo sovrannaturale. L’ente si colloca oltre alla natura,
in uno spazio illusorio, ma utile per dare sollievo. Infatti l’uomo, col predominio della ragione, si trova ad un
bivio tra l’illusione di un mondo ultraterreno (in cui l’uomo si illude della felicità eterna) e la disperazione
del nulla rivelato dalla ragione. Ail rimedio alla negatività è quindi fornito da una rinnovata illusione di una
vita perfetta futura. Cristianesimo svolge una funzione ambivalente. E’ da un lato un ritorno alla natura, con
il ridestare delle illusioni, dall’altro la distruzione della vita: la vita è sentita come una colpa e si tende a
mortificarla nelle sue espressioni naturali per poter meritare la felicità eterna. Inoltre, la beatitudine
cristiana è negazione della felicità agognata dall’uomo, quella terrena.
Al problema posto dal cristianesimo esistono due soluzioni: abbracciare la fede cristiana per vivere
nell’illusione di una futura felicità, o accettare eroicamente il destino di annullamento che incombe su ogni
essere.
- la scienza moderna (cartesiano-galileiana) riconduce il senso del mondo a ordine naturale, che forgia le
cose secondo regole predeterminate. La scoperta di queste leggi immutabili e universali è addotta come
prova dell’esistenza di un ente ordinatore. Secondo L. le regole della natura valgono al suo interno, ma
sono prive di significato assoluto. La relatività rappresenta per L. il terreno comune dell’essere: i valori
concepiti come assoluti e immutabili sono relativi, la validità della scienza è oggettiva. La civiltà della tecnica
illude l’uomo della sua superiorità rispetto alle leggi inesorabili del sistema, mentre l’uomo che si crede
dominatore è in realtà dominato.

Infelicità umana: negazione del principio di non contraddizione (È impossibile che la stessa cosa, a un
tempo, appartenga e non appartenga a una medesima cosa). Se eterno esistesse il divenire sarebbe non
divenire.

Il suicidio sembra essere l’unico rimedio all’infelicità, ma la volontà di vivere creata da natura e ragione
sembrano allearsi per trattenere l’uomo dal precipitare deliberatamente nell’oblio. Desiderio di morire
scaturito dalle scoperte della ragione si scontra con la volontà di vivere alimentata dalla natura.

Dicotomia esistenza-felicità: l’esistente desidera la propria felicità, quindi l’esistente è per l’esistente, ma
l’esistenza dell’esistente non è per l’esistente in quanto non tende alla felicità dell’esistente. Non essendo
per l’esistente, l’esistenza dell’esistente è il principio dell’inesistenza, cioè del non essere dell’esistente. Ciò
è una spaventosa contraddizione.

Il genio vede distintamente la realtà, abbandona ogni forma illusoria, assumendo un atteggiamento di sfida
nei confronti del destino irrazionale e vuoto.

La società è capace di corrompere la natura al pari della ragione

Nella storia non vi è alcuna logica, alcuna forza provvidenziale, alcuna finalità: la civilizzazione è frutto di un
accadere casuale

La poesia
L’uomo non può trovare vie d’uscita, ma può trovare motivi di speranza nella solidarietà degli uomini e
nella poesia. Ne La Ginestra l’intera umanità è chiamata a combattere unita contro il nemico, la natura, ma
questa unione può solo lenire una sofferenza incancellabile.

La poesia ha invece lo scopo di rendere la realtà accettabile, poiché espressione della facoltà immaginativa,
che permette all’uomo di immaginare illusioni di infiniti piaceri. La poesia ha quindi una funzione catartica,
una breve parentesi di sollievo.

Poesia è l’illusione estrema, ma indispensabile alla visione del nulla. Nel genio, poesia e filosofia si uniscono
e la poesia consente all’uomo di sostenere la vista della nullità di tutti gli esseri.

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