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WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL. DISCORSO MUSICALE La teoria dell'armonia non & perlomeno in parte fenomenologia, dunque grammatica? Lupwic Wrrrcensreny, The Big Typescript Forse Wittgenstein non avrebbe trovato eccessivo affermare che la musica ha occupato un posto fondamentale nella sua vita; quasi certamente, invece, avrebbe giudicato vano il tentativo di spiegare le ragioni di questa fedelta. Pit: volte aveva confessato agli amici di non poter esprimere a parole cid che significava per lui ascoltare un bra- no musicale. Era qualcosa di talmente importante da fargli credere che coloro che non ne avessero tenuto conto lo avrebbero frainteso.! In un certo senso il primato potrebbe essere fatto valere anche nei riguardi della principale vocazione: lettore poco sistematico di opere filosofiche, Wittgenstein conosceya un ampio repertorio musicale? La preparazione era il frutto di un’infanzia trascorsa in un ambiente familiare a contatto con le pit alte espressioni della cultura mitteleu- ropea:’ le serate organizzate dalla madre, pianista di talento, nel sa- ' Wore Mays, Recollections of Wittgenstein, in Ludwig Wittgenstein: the Mun and bis Philosophy, edited by Kuang T. Fann, New York, Dell Publishing, 1967, pp. 67-68. Come os- serva MARTIN ALDER, “Jetzt brach etn ander Licht beran...”” Uber Aspekte des Musikalischen in Biographie und Werke Ludwig Wittgenstein, in Wittgenstein und die Musik. Briefwechsel Lud- swig Wittgenstein - Rudolf Koder, hesg. von Mastin Alber, in Zusammenarbeit mit Brian McGuinness und Monika Seckircher, Innsbruck, Haymon, 2000, pp. 138-193: 139, per Witt- genstein il rapporto con la musica «era parte del rapport con se stesso, e quindi anche parte del suo filosofare», 2 ALLAN Jannc-Sremuen Tournmy, Wittgenstein’s Vienna, London, Weidenfeld and Ni- colson, 1973 (trad. it. di Ugo Giacomini, Le grande Vienna, Milano, Garzanti, 1975, p. 177). * Lo si pud evincere dagli schizzi biografici dei suoi allievi e dai dettagliati studi di Bnian McGuinness, Wittgenstein: life. Young Ludwig 1889-1921, London, Duckworth, 1988 (trad. it. di Rodolfo Rini, Wittgenstein. I giovane Ludwig (1889-1921), Milano, il Saggiatore, 322 ALESSANDRO ARBO _ lotto di uno dei pitt ricchi industriali e mecenati ebrei della Vienna di fine secolo, erano frequentate da personalita di spicco come Johannes Brahms, Gustav Mahler, Bruno Walter, oltre che da Josef Labor (1842-1924), organista e compositore molto legato alla fami- glia‘ ¢ per il quale Ludwig avrebbe sempre nutrito grande ammira- zione. L'influsso di tale miliew doveva trasformarsi, qualche anno pitt tardi, nel sogno di diventare direttore d’orchestra. Di fatto avrebbe imparato a suonare il clarinetto a livello amatoriale; ma sebbene non si sia mai esibito in concerto, gli amici stentavano a considerarlo un «dilettante»: ’ troppo elevata era la sua competenza nel commentare gli spartiti. In linea con questo interesse appaiono anche gli esperi- menti sulla funzione del ritmo nell’ascolto ai quali avrebbe sottopo- sto l’amico David Pinsent nei primi anni di soggiorno in Inghilterra, vale a dire in un momento di grandi incertezze sulla carriera.* Non c’é da stupirsi, allora, se un interrogativo sulla natura della comprensione musicale sembra attraversare per intero la sua opera, facendo la sua comparsa in luoghi tutt’altro che secondari nello svi- luppo del pensiero.’ In che misura la musica entrasse nelle discus- sioni di Wittgenstein & documentato, oltre che dalla testimonianza degli allievi di Cambridge, dalla considerevole quantita di osserva- zioni su opere e compositori che costellano i suoi scritti, sia quelli destinati alla pubblicazione, sia quelli (cio? la maggior parte) conce- piti per uso personale e pubblicati postumi. Nell’avvicinare queste riflessioni ci siamo imposti un duplice intento: la ricostruzione della 1990) e Rav Monk, Ludioig Wittgenstein. The Duty of Genius, London, Jonathan Cape, 1990 (trad. it. di Pieto Atlorio, Ludwig Wittgenstein. 1! davere del genio, Milano, Bompiani, 1991); per una sintesi, eft. Giovannt Guanni, Wittgenstein, Ludwig Josef Jobann, in Dizionario enci- clopedico universale della musica e det musicisti, a cura di Alberto Basso, Torino, Utet, 1983 1990, Appendice, 1990, p. 746. ‘Clr, Marnin Aunee, Josef Labor und die Musil in der Wittgenstein-Famili, in Wittgen- stein und die Musil cit., pp. 121-137 5 Cf. Grone Henrik von Wrictr, Ladwig Wittgenstein. A biographical sketch, in NoR- MAN MaLcoim, Ludwig Wittgenstein: a memoir, London, Oxford University Press, 1958 (Lird- twig Wittgenstein. Schizzo biografico, ia Ludwig Wittgenstein, tad. it. di Bruno Oddera, Mila- no, Bompiani, 1964, p. 32). * Cir. R. Monk, Ludwig Wittgenstein. 1] dovere del genio cit., p. 56. 7 Cunistiane Cauviné, Comprendre la musique chez Witlgenstein, «Critique», XLII, n. 475, dicembre 1986, p. 1159 e I,, La phrase musicale et sa “grammaire” chez Wittgenstein, in Liesprit de ta musique. Essais d’estbéique et de philosopbie, sous la dir. de Hugues Dufourt, Joél-Marie Fauguet et Frangois Hurard, Paris, Klincksieck, 1992, pp. 265-280: 265. WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 323 problematica teorica emergente ¢ l’indicazione dei motivi di interes- se di tale fonte per la ricerca musicologica.* © Nelle citazioni delle opere di Wittgenstein abbiamo adottato, riferendoci alla traduzi ne italiana, le seguenti abbreviazioni, seguite, come d'uso, dal numeto di paragrafo (ove in cato), e dal numero di pagina: Br E GF Le LM OF OEM OFP PD UEP. The Big Typescript (1932), a cura di Armando De Palma, Torino, Einaudi, 2002 (ed. orig. The Big Typescript, Wien, Springer-Verlag, 2000) Sull'etica (1929), in Lezioni e conversazioni, a cura di Michele Ranchetti, Milano, Adel- phi, 192%, pp. 1-46 (ed. orig, A Lecture on Ethics, ed. by Rush Rhees, «Philosophical Reviews, LXXV, 1965, pp. 3-12), Grammatica filosofica (1929-34), a cura di Mario Trinchero, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia, 1990 (ed. orig, Philosopbische Grammaiik, ed. by Rush Rhees, Oxford, Blackwell, 1969); Lexioni e conversazioni sull’estetica, la pstcologia e la credenza religiosa (1938, 1942-46), in Leziont e conversazioné cit., pp. 49-172 (ed. orig. Lectures and Conversations on Ae- subetic, Psychology and Religions Belief, ed. by Cyril Barrett, Oxford, Blackwell, 1966); Libro marrone (1934-35), in Libro blu ¢ Libro marrone, a cura di Amedeo G. Conte, Torino, Einaudi, 1983, pp. 101-236 (ed, orig, Preliminary studies for the «Philosopbical investigations» generally knows as the Blue and Brown Books, ed. by Rush Rhees, Osiord, Blackwell, 1958, 1969); Osserwazioni filosofiche (1929-30), trad. it. di Marino Rosso, Torino, Einaudi, 1976 (ed. orig. Phifosophische Bemerkungen, ed. by Rush Rhees, Oxford, Blackwell, 1964); Osservazioui sopra i fondamenti della mratematica (1937-44), trad. it. di Mario Trinche- 10, Torino, Einaudi, 1971 (ed. orig. Bemerkungen fiber die Grundlagen der Matera tuk, ed. by Georg Hentik von Wright, Rush Rhees, Gertrude Elizabeth Margaret An- scombe, Oxford, Blackwell, 1956); Osseroazioni sulla filosofta della pricologia, a cura di Roberta De Monticelli, Milano, Adelphi, 1990 (ed. orig. Bemerkungen aber dic Philosophie der Psychologie, ed. by Gertude Elizabeth Margaret Anscombe and Georg Henrik von’ Wright, 2 vol., Oxford, Blackowell, 1980); Pensieri diversi, a cura di Michele Ranchetti, Milano, Adelphi, 1988 (ed. orig. Veri- scbie Bemerkungen, hisg. von Georg Heatik von Wright, Frankfurt am Main, Subr- kamp, 1977); Quaderni 1914-1916, in Tractatns logico-philosopbicus ¢ Quaderni 1914-1916, a cura di Amedeo G. Conte, Torino, Einaudi, 1998, pp. 127-239 (ed. orig. Notebooks 1914- 1916, ed. by Georg Henrik von Wright and Gertrude Elizabeth Margaret Anscombe, Oxford, Blackwell, 1961); Ricerche filosofiche (1945 ¢ 1947-49), a cura di Mario Trinchero, Torino, Einaudi, 1995? (ed. orig. Philosopbisobe Untersuchungen, ed. by Gertrude Elizabeth’ Margaret Anscombe and Rush Rhees, Oxford, Blackwell, 1953); Tractatus logico-philosophicus (1921) in Tractatns logico-philosophicus ¢ Quaderni cit., pp. 1-125 (ed, ovig, Tiactatus logice-philosopbicus, London, Routledge and Kegan Paul, 1961} altte precedenti edizioni del Tractatus sono Logisch-philasophische Abbancd- dung. «Annalen der Naturphilosophien, XIV, 3-4, 1921, pp. 185-262, e Tractatus logi- co-philosophicus, with an introduction by Bertrand Russel, London, K. Paul-Trench Trubner & Co., 1922; Ultimi seritté 1948-1951. La filosofia della psicologia, wad. it. di Aldo Giorgio Gargani Barbara Agnese, Roma-Bati, Laterza, 1998 (ed. orig. Last Writings on the Philosophy of Psichology, ed. by Georg Henrik von Wright and Heikki Nyman, 2 voll., Oxford, Blackwell, 1982 [1], 1992 LIT); 324 ESSANDRO ARBO 1, MUSICA E LINGUAGGIO NEL “TRACTATUS’ Nel Tractatus logico-philosophicus (1921-1922) i riferimenti alla musica sono pochi e, apparentemente, occasionali, In una delle pre- cisazioni della terza proposizione la incontriamo sotto forma di un’a- nalogia utile a spiegare il funzionamento del linguaggio: La proposizione non & un miscuglio di parole. — (Come il tema musica- Je non @ un miscuglio di suoni.) La proposizione é articolata.? Il termine che scivola tra parentesi richiama il repertorio che Wittgenstein conosceva meglio e al quale avrebbe sempre accordato le sue preferenze.” Nulla di pitt opportuno, nell’illustrare le proprie- ta di una proposizione intesa come insieme strutturato, il cui senso non dipende dai singoli elementi ma dalla loro articolazione, di un «tema» cosi come era stato concepito dai compositori della Wiener- klassik. L’esempio dimostra che la comprensione dipende dalle no- stre capacita di cogliere il legame: proprio chi non ha orecchio, ave- va osservato Wittgenstein in un passo dei Quaderni scritti durante la prima guerra mondiale, € portato a credere che la melodia sia soltan- to un miscuglio di suoni."' Riguardo all’analogia, gli appunti successi- vi forniscono un’ulteriore indicazione: «I temi mu: sono, in un certo senso, proposizioni. Conoscere Pessenza della logica portera quindi a conoscere Pessenza della musica». Di 1a da quello che — nel processo di revisione critica che fara seguito alla pubblicazione della prima opera - dovra apparite come un pregiudizio essenziali- Z_~— Zettel. Lo spario segvegato delle psicologia (1929-48), a cura di Mario Trinchero, Torino, Einaudi, 1986 (ed. orig. Zettel, ed. by Gertrude Elizabeth Margaret Anscombe and Georg Henrik von Wright, Oxford, Blackwell, 1967). ° T,§ 3.141, p. 34. °° In PD, a parte qualche riferimento a Bach, i nomi pit ricorrenti sono quelli di Beetho- ven, Brahms, Bruckner, Haydn, Labor, Mahler, Mendelssohn, Mozart, Schubert, Wagner. In termini di preferenze il primato spettava ai classici (in una letera a Russell, Mozart e Beethoven sono «veri figli di Dio») ¢ a Schubert, con il quale, come é stato osservato, la prosa di Witt: genstein sembra condividere «l'unione di una rigorosa misura e di una immaginazione vi ma, la compresenza {...) di una naturale continuita e di svolte sorprendenti> (eft. G. H. Vox Wractst, Ludwig Wittgenstein. Schtzzo biograficocit.,p. 33). Un dubbio di fondo investiva inve ce la musica di Brahms (cfr. R. Monk, Ludwig Witgenstein. 1 dovere del genio cit., p. 20). “ Q, appunto dell’11 aprile 1915, p. 178. ° [vi, appunto del 7 febbraio 1915, p. 176. WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DI JORSO MUSICALE 325 sta,” il programma lascia trasparire la volonta di scartare un esame empirico dell’oggetto musicale per puntare sulle leggi 0 le condizioni a-priori dalle quali dipende la sua costruzione. Un secondo riferimento alla musica compare al centro della teoria della raffigurazione. Wittgenstein sostiene che, come un’immagine (Bild), una proposizione deve essere in grado di presentare di per sé il fatto che descrive. L’obiezione che si pud muovere a questa tesi é che di solito l’immagine esibisce la propria forma di raffigurazione (intesa come l’insieme dei mezzi espressivi tramite i quali le immagini raffigu- rano), mentre la proposizione non sembra esibirla affatto. Per scio- gliere la difficolta Wittgenstein introduce la seguente osservazione: A prima vista, la proposizione - quale, ad esempio, @ stampata sulla carta ~ non sembra essere un'immagine della realta della quale essa tratta, Ma, a prima vista, neppure la notazione musicale sembra essere un’immagi ne della musica, e neppure la nostra notazione grafica dei suoni (notazione fonetica mediante lettere dell’alfabeto) sembra essere un’immagine del no- stro linguaggio fonico. Eppure questi linguaggi segnici si dimostrano immagini, anche nel sen- so consueto di questo termine, di cid che rappresentano,"* Il confronto chiarisce la nozione di immagine, che non va conce- pita soltanto per le sue proprieta di tipo figurativo (come potrebbe essere il caso di una fotografia), ma come un modello capace di rap- presentare i fatti grazie a una serie di relazioni fra i suoi clementi. In senso generale dovremmo pensare che: il disco fonografico, il pensicro musicale, la notazione musicale, le onde so- note, stanno tutti l’uno con l’altro in quell’interna relazione di raffigurazio- ne che sussiste tra linguaggio e mondo, ‘Ad essi tutti @ comune la struttura logica,” » Sara la nozione di «somiglianze di famiglia», presentata nel § 35 della Gramnatica fi- losofica ¢ poi sviluppata fino alle Ricerche filosofiche, a sostituite Videa di un'essenza stabile, vale a dire Vintento di assicucare la carrispondenza di un termine con un insieme di proprieta che lo caratterizzano in maniera fondamentale (eft. Dizco Marcont, Transizioue, in Guida a Wittgenstein. I! «Tractatus», dal «Tractatus» alle «Ricerches, Matematica, Regole ¢ Lingnaggio privato, Psicologia, Certerza, Forme di vita, a cura di Diego Marconi, Roma-Bari, Laterza, 1997, pp. 59-101: 81). Come vedremo, questa prospettiva sembra in certo modo perfezionare anche il proposito di identificare nella musica un campione esemplare delle proprieta del lin uaggio. TT, § 4011, p. 43 ® i, § 4.014, p. 44. 326 ALESSANDRO ARBO La musica si esprime in forme di raffigurazione che, in quanto tali, contengono un insieme di elementi in connessione reciproca. In breve, il potere di raffigurare dipende dalla presenza di una struttu- ra. Il discorso pud sembrare relativo se ristretto al rapporto fra pro- posizione ¢ segno proposizionale, owvero, nel nostro caso, fra pensie- ro musicale ¢ notazione. Ma Wittgenstein fa riferimento anche al di- sco ¢ alle onde sonore: la forma di raffigurazione rinvia a un mondo che — in virti: del requisito dell’isomorfismo fra immagine e realta raffigurata — riflette la presenza di una struttura analoga. L’identifi- cazione della forma di raffigurazione implicata dall’immagine, del re- sto, richiede una capacita di astrazione e Passunzione di una regola che ci permetta di cogliere la somiglianza fra le varie raffigurazioni. Cosi, per chi non legge la musica, non @ immediato cogliere in una nota bianca una durata maggiore di quella segnalata da una nota ne- ra, 0 in una nota pit alta un suono piti acuto. Per vedere nella parti- tura un’immagine del discorso musicale non basta osservare: occorre conoscere la regola o l’insieme delle regole che stabiliscono le corri- spondenze (dobbiamo sapere che il colore @ un indice della durata, Paltezza grafica un indice dell’altezza sonora, ecc.). Questo insieme di regole @ chiamato da Wittgenstein «la legge della proiezione». E la legge «che proietta la sinfonia nel linguaggio delle note. Essa é la regola della traduzione del linguaggio delle note nel linguaggio del disco fonografico»." I discorso pud essere letto anche in questi ter- mini: ciascuna forma di raffigurazione (note, pensiero musicale, mi- crosolco, ec.) presenta un’articolazione che andra colta nella sua au- tonomia, L’esempio smentisce ’opportunita di accostare il linguag- gio nei termini di una corrispondenza spontanea: per capire la musi- ca non dovremmo occuparci dei suoni o delle loro proprieta fisiche ma delle regole sulle quali si fonda il suo movimento. Proprio come nella logica che, osserva Wittgenstein, deve anzitutto «curarsi di se stessa».” L'esemplarita della musica deriva dal fatto che un tema musicale pud essere considerato una proposizione senza correlato oggettivo."* In altri termini, nell’ascoltare cosi come nel costruire una % [bid § 4.0141 © Q, appunto del 22 agosto 1914, p. 129 (fe. T, § 5.473, p. 77). Cfe. Diener Brvnacten, Wittgenstein und die Musil in Wittgenstein und sein Einfluss auf die gegemwartige Philosophie, Akten des 2. Internationalen Wittgenstein-Symposiums (29 WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 327 melodia possiamo prescindere dal suo rapporto con la realta; quello che dobbiamo osservare, invece, @ una serie di principi che regolano il suo disegno: perché una frase musicale, proprio come una proposi- zione, non pud essere composta in modo arbitrario 0 illogico. Il ragionamento appare prossimo ad alcune linee fondamenta- li della discussione teorico-musicale fra Otto e Novecento. Fa pensa- te, per esempio, ai presupposti che accompagnano V’idea di una «lo- gica musicale» in Hugo Riemann (a prescindere dalla tematizzazione dell’attivita soggettiva implicata nelle Tonvorstellungen, in entram- bi i casi la realta musicale & ricondotta a uno spazio logico distinto dall’effettualita sonora). Similmente sembra ritagliarsi uno specifi- co ambito di applicazione nella tradizione occidentale, anche se in li- nea di principio non implica lesclusione di un repertorio diverso da quello classico-romantico, a condizione che manifesti la presenza di un insieme di regole che stabiliscono la relazione dei suoi elementi. Forse proprio laccento posto su questa condizione, unito all’esigen- za di far leva sull’analisi per salvaguardare un’espressione non cor- rotta dall’uso retorico, spiegano il fatto che, nonostante la dichiarata avversione di Wittgenstein per la musica novecentesca,” il modello o Lideale compositivo che venuto piti spontaneo associare al suo progetto filosofico sia quello di Schénberg ¢ della sua scuola. ‘Tra i august bis 4 september 1977, Kirchberg am Wechsel), hrsg. von Elisabeth Leinfellner, Hal Bergher, Adolf Hiibner, Wien, Hélder-Pichler-Tempsky, 1978, p. 542. Gs, Antonio Sernavezza, Musica e scienza nelleta del positivismo, Bologna, 1! Muli 1, 1996, p. 78 ® Cf. R. Monk, Ludwig Wittgenstein. Ul dovere del genio cit pp. 84-85; M. Aust, “Jetzt rach cin ander Licht beran...” cit, p. 153. Cfe. A, Janik-S. Touran, La grande Viena cit, p. 190; Enc Heten, Wittgenstein Unphilosopbical Notes, in Ludwig Wittgenstein: the man aud bis philosophy cit. pp. 94-95; Jean Piste Comern, Adagio cantabile - Esthétique et philosopbie, «Sud> (numero speciale de- dicato a Ludwig Wittgenstein), 1985, p. 62; Auvo Gancant, Techniques deseriptives et proce dures constructives: Schinberg-Wiugenstein, «Sud» (numero cit.), pp. 74-121; AntoNta SoU- Lez, Geste et musique: portée et limite du paradigme musical en philosopbie (A partir de Witt genstein ef Valéry..), in Liesprit de la musique cit, pp. 281-300; 297; Leonaxco V. Distaso, Estetica e differenza in Wittgenstein. Studi per unesteica wittgensteiniana, Roma, Carocci, 1999, p. JAl-133: Gunwato Bowo, Scdnberg e le ceo in Kadnos, Std mitelemopel, « cura di Alessandro Arbo, Gorizia, LC.M., 2001, pp. 115-116. E a Josef Matthias Hauer che pensa invece Dieter Bogner ne! rilevare una comune aspirazione «a ridurre la molteplicicA in- controllable di fenomeni individuali e di relazioni tra parole, forme, toni ed elementi di co- struzione a un rapporto fondamentale 0, quantomeno, a un numero ridotto di rapporti fonda- mentali chiati e controllabili» (Disrex Boonen, La question de Pintervalle: aspects conceptuels viennois, in Wittgenstein et la philosophie aujourd'bui, textes présentés par Jan Sebestik et An- tonia Soule, Paris, L'Harmattan, 2001, pp. 401-412: 409). 328 ALESSANDRO ARBO rilievi di fondo che sembrano legittimare questo accostamento c’é la necessita dell’artista di misurarsi con «il senso del tutto»; ma forse ancora pit affine é il presupposto che la musica deve essere conside- rata iuxta propria principia, prescindendo dal rapporto con cid che pud essere descritto attraverso altre forme di raffigurazione o di rap- presentazione. Il superamento del paradigma imitativo non @ una novita nella storia dell’estetica musicale; singolare € perd il contesto nel quale si ritrovano queste affermazioni. A prima vista sembrerebbe profilarsi una specie di formalismo, pitt 0 meno affine a quello di Hanslick: le frasi musicali non illustrano una parola né sottostanno al mondo dei sentimenti ma si rapportano a un ideale di bellezza autonomo, af- francato dall’interiorita soggettiva. Wittgenstein perd non si esprime esattamente in questo modo. Gli appunti sottolineano il carattere di autonomia con la seguente osservazione: «La melodia é una specie di tautologia, é conclusa e compiuta in sé; basta a se stessa».” Perché proprio una tautologia? Il termine, che a prima vista sembra sinoni- mo di «processo logico», esprime in realta un caso estremo, perlo- meno se considerato in relazione alle funzioni di verita: é la proposi- zione che risulta sempre vera 0, piii precisamente, quella che risulta vera per tutte le combinazioni di valori di verita delle proposizioni elementari di cui é costituita. Cid non assicura tuttavia la sua sensa- tezza — una proposizione é infatti sensata quando pud essere vera 0 falsa. In che cosa consiste allora il suo interesse? Nel mostrare che la sua validita non dipende da cid che dice ma dal modo in cui & co- struita.* Un discorso analogo pud essere fatto valere per la melodia: la sua verita non ha nulla a che fare con la descrizione del mondo, quanto con la capacita di mostrare le proprieta del sistema simbolico nel quale @ iscritta. Essa mette in gioco una serie di possibilita espressive che quel sistema comtiene ma non sempre (o non necessa- riamente) esibisce. Questa capacitd passa sopra ai fatti del mondo empirico; Wittgenstein lo riconosceva apertamente e, nel farlo nota- re agli amici, aggiungeva in tono enfatico un motto di Schopenhauer: «La musica é un mondo in se stessa».* » Q, appunto del 4 marzo 1915, p. 176. » Cf, Gtovannt Prana, Interpretazione del «Tractatus» di Wittgenstein, Milano, il Sag siatore, 1973, p. 62. *W. Mavs, Recollections of Witigenstein city p. 68. WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 329 Per comprendere questa affermazione dovremmo tener presente una importante conseguenza dell'ontologia e della teoria del linguag- gio del Tractatus, vale a dire il fatto che anche se si possono immagi- nare diversi simbolismi linguistici, in senso proprio per Wittgenstein non si danno diversi linguaggi.” Solo in un senso metaforico, quindi, possiamo dire di «parlare» attraverso le note: Perché non vi dev’essere un modo d’espressione con il quale io possa parlare sopra il linguaggio, cosi che questo mi possa appatire in coordina- zione con qualcos’altro? Supponiamo che la musica fosse quel modo d’espressione: Allora @ ad ogni modo caratteristico della scienza che non v’occorrano temi musical. Se la scienza pud fare a meno di temi musicali é perché con essi non saremmo in grado di chiarire il valore di verita delle sue propo- sizioni. Pur potendo apparire in coordinazione con le frasi del lin- guaggio, essi manifestano una logica propria. In un appunto pid tar- do, riconoscendo nel recitativo dei violoncelli e contrabbassi del quarto movimento della Nona sinfonia di Beethoven, uno dei luoghi in cui la musica riflette qualcosa di simile al linguaggio, Wittgenstein si richiamera fugacemente all’«osservazione di Schopenhauer sulla musica wiversale composta per un testo particolare»,” vale a dire a quel celebre § 39 del Mondo come volonta e rappresentazione (riletto proptio nel periodo di stesura dei Quadernt) che aveva suggerito a Wagner di rovesciare la sua concezione del rapporto fra musica € parola, Il riconoscimento di universalita assume l’aspetto di un’ipo- tesi rafforzativa nell’analisi di quelli che vengono considerati feno- meni «affini al linguaggio». II discorso perd non si spinge oltre e sa- © Cf Jacques Bouveresse, Wittgenstein. La rime et la raison, Pavis, Minuit, 1973 (trad. it, Wittgenstein, Scienza etiea estetica, a cura di Sergio Benvenuto, Roma-Bari, Laterza, 1982, p59). 2 Q, appunto del 29 maggio 1915, p. 192. ® PD, appunto del 1938, p. 73. Pud apparite sorprendente che Wittgenstein trovasse la musica di Bach «pitt simile al linguaggio che non quella di Mozart e di Haydn, In realta pro: prio tale paragone chiarisce il fatto che, nel riconoscere Vaffinita, egli si riferiva piuttosto alla ‘capaciti di ricalcave l'elocuzione, che alle possibilita strurturali ¢ discorsive di un linguaggio musicale autonomo. In ogni caso, nel suo punto di vista il carattere pitt o meno «linguisticon di un brano musicale non va seambiato con un piudizio di valore (cfr. ivi, appunto del 1947, p. 119), 330 ALESSANDRO ARBO _ rebbe vano cercare ulteriori specificazioni.* Wittgenstein si limita a riconoscere che se la musica si presenta come un sistema simbolico che pud talvolta esibire un funzionamento analogo, esso assume in realta un ruolo diverso. Lo stesso invito a considerare la melodia co- me una specie di tautologia non si traduce in una concreta descrizio- ne del fenomeno musicale; esso si limita a spostare Pattenzione sul campo di possibilita, vale a dire sulle condizioni a priori che regola- no il suo movimento. Solo questo sembra essere, nei termini del Tractatus, Voggetto di un sapere che non si accompagna a una forma di conoscenza. 2, FILOSOFIA DELLA MUSICA? Wittgenstein avrebbe sicuramente esautorato qualsiasi tentativo di individuare il “significato filosofico” di un’opera musicale, o di un tale o tal’altro modo di comporre. II Tractatus sostiene che la filoso- fia non va confusa con una disciplina dai contenuti particolari. Ma la scelta di concepirla come un’«attivita» di rischiaramento del linguag- gio non ci impedisce di considerarla come un eccellente strumento di analisi del discorso con cui miriamo a descrivere 0 a spiegare la musica. Un caso si annuncia gia nel Tractatus ed & rappresentato dal- la nozione di «tempo». Per mostrare le difficolta che si nascondono nel suo uso, Wittgenstein ricorda la sua funzione come soggetto di una frase,” destinata spesso a incrociarsi con la sua concezione come puro flusso, movimento originario privo di discontinuita. E tuttavia, osserva Wittgenstein, non c’é tempo senza misura, senza la possibili- ta di confrontare un processo con un altro.” Dal Tractatus alle Ricer- In un appunto del 1931 Wittgenstein riconosce in Schopenhauer uno degli autort che lo hanno maggiormente influenzato (ivi, pp. 47-48). Molto severo appare perd il giudi: zio espresso qualche anno pitt tardi (1939-40): se in superficie il suo discorso denota una cer- ta raffinaterza, «a un certo livello di profondita, questa improvvisamente cessa, ¢ allora diven. ta rozzo quant alti mai, LA dove comincia la vera profondita, la sua viene a mancate» (iv, p.76) «Una peculiare manipolazione logica, la personificazione del tempol» (Q, appunto del 13 maggio 1915, p. 186). 2 Noi non possiamo confrontare alcun processo con lo “scorrere del tempo” ~ sso non vé-, ma solo con un altro processo (ad esempio, con i! movimento del cronometro). / Quindi, la deserizione del decorso temporale & possibile solo se ci basiamo su un altro proces: so» (T, § 6.3611, p. 103). WITTGE ELA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 331 che filosofiche, \a riflessione tornera spesso a concentrarsi sulla critica di questa nozione," spesso decisiva nello sbilanciare la descrizione dell’esperienza musicale. Se le conclusioni del Tractatus sembrano radiare gran parte dei problemi che si sono presentati nel corso della storia del pensiero musicale occidentale, la direzione di ricerca delineata appare in real- ta di grande interesse tanto in ambito estetico quanto musicologico. Ma del resto, a parte il fatto che Wittgenstein stesso avrebbe cam- biato idea riguardo alla possibilita di un’analisi completa del linguag- gio, vale a dire di approdare a proposizioni «profonde» perfettamen- te isomorfe al pensiero, va osservato che, nei termini del Tractatus, il suo impegno non si traduce affatto nella volonta di cancellare 0 con- siderare come inesistente cid che non si lascia formulare. Per Witt genstein infatti «v’é dell’ineffabile. Esso mostra sé, @ il Mistico».” Che la grande musica possa esibirlo, egli non lo avrebbe mai messo in dubbio. Ma sarebbe scorretto trarre da questa constatazione delle conseguenze analoghe a quelle raggiunte, per esempio, da Vladimir Jankélévitch.” Per Wittgenstein il problema di fondo é epistemologi- co: consiste nell’impossibilita di costruire un discorso (sensato) in- torno all’ineffabile. Si tratta di affermare la sua esistenza e, al tempo stesso, l’esigenza di conservatlo come tale; di salvaguardare, cioé, la sfera di cid che pud essere soltanto mostrato da ogni tentativo di tra- durlo in parole, con un silenzio pieno di rispetto, estraneo a qualsiasi ironia.* A questa volonta di proteggere l’indicibile pud essere collegato anche il significato che Wittgenstein attribuisce al termine «estetica». Nel Tractatus la sua comparsa @ fugace; ma la quantita di problemi che esso nasconde sarebbe presto uscita dall’ombra. Il contesto & rappresentato da una definizione assiomatica, corrispondente a una precisa delimitazione concettuale: «Il senso del mondo — scrive Witt- genstein — deve essere fuori di esso. Nel mondo tutto € come é, € 4 Se ne trova una traccia significativa ancora nelle lezioni dellultimo anno di insegna- mento a Cambridge (1947), eft. N. MaLcotm, Ludwig Wittgenstetn cit., p. 69. ® T, § 6.522, p. 109. » Cir, Glovannt Guanmi, Estetica musicale. La storia e le fonti, Milano, La Nuova Tealia, 1999, p. 464. A. Janik-S. Toutmin, La grande Vienna cit., p. 223, 332 ALESSANDRO ARBO tutto avviene come avviene; non v’é in esso alcun valore — né, se vi fosse, avrebbe un valore».” A partire da questo assunto, la conclu- sione & che non ci possono essere «proposizioni dell’etica». L’etica, infatti, «@ trascendentale» e, aggiunge subito tra parentesi, «etica ed estetica sono tutt’uno».” L’affermazione é ellittica e si presta a mol- teplici interpretazioni.” Ci sembra azzardato leggerla come l’annun- cio di una sorta di estetizzazione dell’etica caratteristica dell’epoca post-moderna;* Wittgenstein sembra suggerirci piuttosto che tanto in un caso quanto nell’altro siamo a un livello del discorso estraneo a un riscontro empirico, Il valore di un fatto non pud essere giudicato a partie da un altro fatto. Se c’é qualcosa che ci permette di giudi- care i fatti del mondo, questo qualcosa deve essere, nei suoi termini, «sopra il mondo». T Quaderni trattano pit diffusamente il motivo che apparenta eti- ca ed estetica: se la vita buona é il mondo visto sub specie aelernita- tis, Vopera d’arte pud essere concepita come «l’oggetto visto sub spe- cie aeternitatis».” Gia la terminologia lascia riconoscere il riferimen- to a Schopenhauer, dal quale Wittgenstein mutua una concezione dell’arte intesa come mezzo di liberazione dagli impulsi e di osserva- zione degli aspetti essenziali della realta. Da Schiller e da Tolstoj sembra derivare d’altronde il proposito di interpretarla come uno strumento di educazione morale, destinato a rendere l’uomo felice in virtii della sua capacita di condurlo verso un regno della liberta sot- tratto al vincolo degli eventi naturali.” In questa visione viene spon- tanco cogliere il riverbero di uno stile di vita tipicamente viennese; ma Tatteggiamento andrebbe considerato a partire dal principale in- © T,§ 64, p. 106. * Ibid, § 6.421 © Cfr, Cynitt. Banner, (Ethics and Aestheties are one)'?, in Asthetile, Akten des 8. Inter- nationalen Wittgenstein Symposiums, (15. bis 21. august 1983, Kirchherg am Wechsel), hes von Rudolf Haller, Wien, Hélder-Pichler-Tempsky, 1984, I, pp. 17-22. % Cf. EveLyne Wittgenstein et Festhétique: mise en perspective des différents points de vue via Vart 4 Vere du numérique, Lille, Presses Universitaires du Septenttion, 1997, Pp. 129, che si fonda su Richano SHUSTERMAN, L’art @ l'état vif a pensée pragmatique et Vestbé= tique populaire, Paris, Ed. de Minuit, 1991 » Q, appunto del 7 ottobre 1916, p. 229. Cir, Runoxr Hauer, Das Kunstwerk als Ge- genstand sub specie acternitatis, in Asthetik cit., I, pp. 29-35. © Cir. Q, appunto del 21 ottobre 1916, p. 233. 4A. Janik-S. Touran, La grande Vienna cit., p. 4 WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 333 teresse che fa da sfondo alla prima opera: definire lo spazio logico entro il quale si danno le diverse possibilita, l’accadere dei fatti del mondo, Come ha osservato Jacques Bouveresse, in tale prospettiva la felicité «non é altro che l’indifferenza totale all’accidente, cioé a tut- to quel che pud accadere o non accadere. Di conseguenza, la vita fe- lice deve essere in una certa maniera (ma questo non é altro che una metafora) la vita nell’eterno presente degli oggetti in seno allo spazio logico, cioé fuori dalla fattualita, in opposizione alla vita “mondana” nell’universo dei fatti, cio® dell’accidente».? Quale significato assume, da questo punto di vista, la riflessione estetica? In senso generale, nel punto di vista del Tractatus dovrem- mo dire che essa non 2 formulabile. Una rigorosa delimitazione di cid che si pud concepire comporta una critica di qualsiasi proposito di razionalizzare il giudizio estetico. Se negli scritti fino al Tractatus non compare alcuna descrizione del modo in cui si manifesta una relazio- ne sonora 8 perché Wittgenstein @ sicuto che essa non potri mai spiegare in che cosa consiste cié che le conferisce un «valore» esteti- co, né di conseguenza legittimare il giudizio con cui la accompagna- mo. Questo non comporta, tuttavia, la mancanza di senso dei com- menti che quell’oggetto pud generare.” I] punto consiste nel non fraintendere la loro funzione lasciandosi ingannare dalle trappole che insidiano il suo vocabolario. E proprio qui che la filosofia, intesa come il «rischiaramento logico dei pensieri»," pud dare il suo contri- buto. Una dimostrazione viene dall’opera successiva al Tractatus, do- ve il desiderio di «chiarire e delimitare nettamente i pensieri che al- trimenti sarebbero torbidi e indistinti»* sembra applicarsi con pro- fitto anche al discorso musicale. 3, LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE Verso la fine degli anni Venti Wittgenstein si trové a sostenere una posizione verificazionista in parziale contrasto con quanto soste- J, Bouvenesse, Wittgenstein, Sciewza etiea estetica cit p. 44 ® Jui, p. 133. “1, $4,112, p49. ® Iv, § 4.112, p. 50. 334 ALESSANDRO ARBO- nuto nel Tractatus:** comprendere una proposizione significa «sape- re come produrre la decisione della sua verita o falsita» in base a una prova che deve poter essere effettuata nel presente, qui ¢ ora.” Ben presto questo assunto fenomenologico si sarebbe scontrato con alcu- ne difficolta; prima fra tutte, quella di individuare uno strumento linguistico atto a descrivere tale esperienza. Pur non trovando un ar- gomento decisivo contro questa possibilita,"" Wittgenstein constata che il linguaggio fenomenologico risulta sempre debitore di altri lin- guaggi pit o meno secondari. Un ulteriore problema concerne il proposito di assicurare il significato di un enunciato con l’evidenza interiore al quale si accompagna: come facciamo a sapere che quel- Pevidenza ha effettivamente un determinato contenuto? Questi ¢ al- tri interrogativi lo avrebbero condotto a modificare il campo di inda- gine: invece di cercare di rendere pitt chiaro il fenomeno, converta impegnarsi nell’approfondire la grammatica che entra in gioco nella sua descrizione.” Nella percezione visiva, per esempio, «l’ottaedro dei colori @ grammatica, perché dice che possiamo parlare di un blu rossiccio, ma non di un verde rossiccio ecc.».” Non meno esemplare il caso della percezione sonora: «La teoria dell’armonia — si chiede Wittgenstein — non @ perlomeno in parte fenomenologia, dunque grammatica?»”' (dove vale la pena osservare gid ’impostazione della domanda: proprio in quanto «fenomenologia» l’armonia implica una «grammatica»: come facciamo infatti a descrivere una relazione ar monica senza applicare una regola o un insieme di regole in virtt delle quali il fenomeno appate strutturato?).** Cf. Dirco Marconi, L’eredita di Wittgenstein, Roma-Bari, Laterza, 1987, pp. 12 € 45- 4G; Ib., Trausizione cit., pp. 68-69. © OF, p.43. * Come notano Meni, B, Hivriska-Jaakko Hivrikka, Iavestigating Wittgenstein, Oxford-New York, Blackwell, 1986 (trad. it. Indagine su Wittgenstein, a cura di Mario Alai, Bologna, il Mulino, 1990, pp. 346-347), il fattore che conttibuir’ maggiormente « mutare la prospettiva sari «l'accresciuta importanza dei giochi linguisticin, che dimosttano come «per comprendere una parola non @ sufficiente avere una definizione ostensiva od una tegola per il suo uso, ma bisogna assistere all’intero gioco linguistico che ne costituisce | habitat logico». ” Cf. BT, p. 454. » Di, p. 438. * Di, p. 439. ® La necessita di riportarsi a uno sfondo normativo pud essere desunta dall’annotazione successiva: «La teoria dell'armonia ~ osserva semplicemente Wittgenstein - non @ questione di gusti» (bid) WITTGENSTEIN ELA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 335 Nel modo in cui Wittgenstein incomincia a impiegare il termine «grammatica» si pud cogliere il proposito di rilanciare — e progressi- vamente perfezionare — la critica filosofica del linguaggio annunciata nel Tractatus. Pur esponendosi a una certa equivocita,” la nozione sembra veicolare un principale programma: si tratta di esaminare il modo in cui le espressioni del linguaggio raggiungono un significa- to nel descrivere i fenomeni sulla base delle regole implicite nel lo- ro uso, L’elaborazione del concetto di «giochi linguistici», nel Libro blu (1933-1934) ¢ in misura ancora pid decisiva nel Libro marrone (1934-1935), si accompagna al riconoscimento del carattere irriduci- bilmente scabro e plurale del linguaggio, determinando una fonda- mentale revisione del compito dell’analisi: invece di misurare la tenu- ta logica di un enunciato, si trattera di identificare il suo uso in rap- porto a una determinata «forma di vita».* Ma il progetto non rinun- cia alla tensione critica che si era manifestata nella prima opera: l'in- dividuazione dei contesti nei quali si pud far valere un’affermazione contribuisce a dissolvere una ridda di falsi problemi; quelli che si ge- nerano, per esempio, con l’estrapolazione di un termine dal linguag- gio comune e la (pit: o meno implicita) modificazione del suo signifi- cato dovuta all’ingresso in un nuovo regime discorsivo, in genere pid teorico o specialistico. Questo ideale regolativo fa da sfondo anche alle riflessioni sulla musica che costellano l’opera wittgensteiniana. L’attenzione si con- centra sul modo in cui descriviamo il fenomeno a partire da determi- nate relazioni sonore, fraseologiche, ritmiche. In generale dovremo tener presente che «la cosa essenziale dei suoni ¢ dei colori @ mostra- ta nella grammatica delle parole per i suoni e per i colori».” A fronte di una terminologia e di una sintassi non sempre trasparenti, Witt- > Cfe. M. B. Hvrikka-J. Hinrikka, Indagine su Wittgenstein cit., pp. 33-35. Come os- serva D. Marconi (Transizione cit. p. 74), in diversi luoghi Wittgenstein parla «della gramma tica di un'espressione linguistica (di una parola, o di un enunciato) per indicare Pinsieme delle regole in base alle quali é usata, della grammatica dé wn (intero) Linguaggta, per intendere I'in seme delle regole che lo caratterizzano, e anche della grammatica come studio di quelle repo Ie, in cui consiste l'atvitafilosofica». Cfr. anche Manco Messext, Seguire la regola, in Guida a Wittgenstein cit, pp. 151-191; 151, % Sullantifondazionalismo implicita in questa nozione e sulla sua relativa estrancita allo scetticismo, cfr, MARILENA ANDRONICO, Giochi linguistici e forme di vita, in Guida a Wittgen- stein cit., pp. 241-286: 262-264. » BY, p. 456. 336 ALESSANDRO ARBO genstein incomincia a porsi una serie di interrogativi: secondo quanti usi ¢ in quali contesti sono stati impiegati nel descrivere l’esperienza musicale termini come «espressione», «comprensiones, ecc.? Per quale motivo suonare a tempo un brano musicale «non vuole affatto dire suonarlo secondo il metronomo»? * Perché alle volte siamo por- tati a dire che un brano musicale ci «parla»? In quanti contesti e in che modo si pud giudicare la «bellezza» di un’opera? A prima vista ci troviamo di fronte a problemi molto generali: vecchie questioni sulle quali si @ largamente dibattuto nella storia del pensiero musicale, L’originalita di Wittgenstein non consiste nell’a- ver individuato le soluzioni, quanto nell’aver posto al vaglio la loro stessa impostazione. Nell’evidenziare come i presupposti ¢ le finalit’ del suo discorso possono condurre a un’efficace analisi non solo del lessico, ma della costruzione del linguaggio con cui descriviamo I’e- sperienza musicale, concentreremo Vattenzione su alcuni casi piti ri- levanti. 4. ESPRESSIONE Nel linguaggio musicale ci sono almeno due modi comuni di im- piegare il termine «espressione»: per designate un certo modo di eseguire un brano, ovvero per qualificare il rapporto di una frase, un brano, uno stile, ecc. con uno stato emotivo, spesso indicato come la sua origine. Se é stata soprattutto la seconda accezione a determinare una svolta nel dibattito estetico dal Settecento in poi,” entrambe hanno avuto conseguenze rilevanti nel modo di considerare opera musicale. L’ascolto di un’esecuzione «espressiva», 0 dell’«espressio- ne» di una melodia, sembra spingerci verso Panalisi delle passioni, degli stati d’animo o delle esperienze vissute che si manifestano per il suo tramite. Ma & veramente questo cid che vogliamo indicare con il termine «espressione»? Fin dai Quaderni Wittgenstein sostiene che l’opera d’arte é «l’e- * PD, appunto del 1949, p. 151. » Cir, Exnico Funint, Lestetion musicale dal Settecenito a ogg, Torino, Einaudi, 1968, peal. WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 337 spressione compiuta».* Una domanda sorge spontanea: espressione di che cosa? Gli scritti degli anni Trenta gettano luce su questa ap- parente lacuna. In realta, contrariamente a quanto sembra suggerirci un certo modo di pensare, Wittgenstein osserva che quando ricono- sciamo un’espressione non occorre affatto che la interpretiamo in base al sentimento di chi la produce o di chi la riceve. L’esperienza dimostra che questa inferenza non @ necessaria. Per esempio, quan- do vediamo il volto triste di una persona, non abbiamo bisogno di risalire da una serie di smorfie alla sensazione di noia o di tristezza; é vero invece che «descriviamo immediatamente il suo volto come tri- ste, raggiante di gioia, annoiato, anche se non siamo in grado di dare la minima descrizione dei tratti del volto. La tristezza, vorremmo di- re, & personificata nel volto».” Ora lo stesso discorso pud essere fat- to valere per un brano o un tema musicale, il quale, «non meno di un volto, ha un’espressione».” Se ha poco senso indagare la sua ori- gine 0 il suo effetto & perché «il particolare sentimento che suscita in me questo brano é parte integrante del brano, anzi é parte integrante di esso in questo contesto».“' Cosi per esempio «dire di un brano di Schubert che é melanconico, come dargli una faccia (non esprimo approvazione o dissenso). Potrei invece usare gesti o [...] danzare. Di fatto, se si vuole essere esatti, usiamo un gesto o un’espressione della faccia».@ Se il gesto, l’espressione del viso 0 il passo di danza hanno mag- giori probabilita di corrispondere all’espressione, ¢ perché, nel «con- cretizzare in qualche modo la nostra impotenza a descrivere cid che sentiamo»,® riassumono un aspetto nella sua globalita. Essi vantano un’altra importante peculiarita; sono parte del nostro vissuto. Rico- hoscere in questo modo una frase musicale significa appropriarsela, iscriverla in una forma di vita, per poi ritrovarla, con rinnovato stu- pote, in una delle sue infinite variazioni.“ Il punto di partenza — la > Q, appunto del 19 settembre 1916, p. 229. » OEP, pp. 472-473. © PD, appunto del 1946, p. 102. Cf. Jean-Pisnxe Comernt, Philosopher avec Wittgen- stein, Paris, Presses Universitaires de France, p. 191. ® UEP, § 381, p. 65, © LC,§ 10, p. 56 © C, Cuauviré, Le Phrase musicale et sa “grammaire” chez Wittgenstein cit. p. 272. Cfr. PD, appunto del 1948, p. 138. 338 _ALESSANDRO ARBO - penna di Wittgenstein continua a ribadirlo — rimane quel suo singo- lare, irriducibile modo di manifestarsi come unita sintetica ed espres- siva. L’analogia con il gesto, d’altra parte, rispecchia bene la natura performativa di una figura che pud cambiare di carattere al mutare della velocita di esecuzione.* In effetti ’'uso del termine «espressio- ne» pud suggerire un significato molto diverso se concepito in riferi- mento al modo di eseguire. Per esempio, «posso parlare dell'espres- sione con la quale qualcuno suona il brano, anche senza pensare che un altro brano potrebbe avere la medesima espressione. Questo con- cetto serve, qui, soltanto a confrontare le esecuzioni di questo bra- no». D’altronde nello spiegare che cosa vuol dire eseguire un brano «con espressione» potremmo ritenere che quest’ultima si aggiunge a cose fatte («prima esegui il brano, poi ci metti anche P’espressione») Ma se questo modo di pensare fosse coerente, allora, nota Wittgen- stein, dovremmo essere in grado di riprodurre da sola non solo la melodia, ma anche la sua espressione.” II tentativo si espone a una principale difficolta: l'espressione che cercheremmo di rendere — at- traverso un movimento, una smorfia, un particolare andamento, ecc. — potrebbe assomigliare senza mai coincidere del tutto con I’espres sione di quella melodia; in caso contrario, non avremmo nessun bi sogno di riprodurre o ascoltare proprio quella melodia. E del resto, Ja capacita di cogliere l’espressione non pud essere ricondotta al fat- to che riusciamo semplicemente a udite qualcosa: «Che cosa perce- pisce colui che sente la gravita di una melodia? — Nulla che si possa comunicare riproducendo cid che si & udito».* Fin da queste osservazioni appare chiaro che il problema dell’e- spressione di una frase musicale rinvia a quello, pitt generale, della sua «comprensione». Il tema si fonda su una complessa serie di ar- gomenti e di osservazioni; ma prima di affrontarli pud essere utile ri- tornare sulle ragioni che portano Wittgenstein a esautorare la volon- ta di ricondurre l’espressione musicale alla somma dei requisiti che si “ ali un fatto importante e sttano, credo, che un tema musicale, suonato con yelocitit (molto) diverse, cambi il proprio caraidere, Passaggio dalla quantita alla qualitiv» (ive, appunto del 1948, p. 139), “© URP, § 382, p. 66. © Chr, RE, § 332, p42, Iwi, p, 276 (chr, UFP, § 775, p. 121). DORSO MUSICALE 339 \8ITTGENSTENN F LA GRAMMATICA DEL DI manifestano sul piano sensibile, La precisazione assume la forma di un interrogativo retorico: che senso pud avere descrivere «lespres- sione musicale piena di sentimento» con «le gradazioni dell’intensita © del ritmo» o «l’espressione sentimentale del volto» attraverso «mi- sure geometriche», o persino attraverso ’aderenza a un paradigma della bellezza, se poi nel giudicare ci dimostriamo inconsapevoli del- la presenza di queste misure o di questo modello ¢ se d’altronde «lo stesso pezz0 pud essere eseguito in innumerevoli modi con espres sione genuina»?® Non @ affatto detto, del resto, che gli elementi identificati mantengano invariato il loro valore espressivo al mutare delle circostanze: Lo stesso tema ha in minore un carattere diverso che in maggiore, ma é del tutto falso parlare di un carattere del minore in generale. (In Schubert il maggiore suona spesso pitt triste del minore). E cosi & ozioso e inutile, io credo, per capire la pittura, patlare dei caratteri dei singoli colori, In realt’a in questi casi si pensa solo a un loro uso particolare. II fatto che, come co- lore di una tovaglia, il verde produca un effetto ¢ il rosso un altro, non con- sente aleuna conclusione circa il loro effetto in un quadro.* Wittgenstein non porta alcun esempio a conferma di questa os- servazione; ma forse non ci allontaneremo dal suo pensiero richia- mando una pagina tratta da Der Hirt auf dem Felsen op. 129, per can- to, clarinetto ¢ pianoforte di Franz Schubert. Nella sezione centrale, dopo aver cantato in tonalita di sol minore la solitudine del pastore, ritratto dalla poesia di Wilhelm Miiller, in corrispondenza delle pa- role «die Herzen es zum Himmel zicht mit wunderbarer Macht la melodia si apre a un luminoso sol maggiore. Eppure, con il procede- re del discorso, ci si accorge che questo rischiaramento non risolve la tristezza: il pit aperto lirismo dell’intero passo sembra intensificarla. Una prova viene dal fatto che il ritorno al modo minore, alla fine dell’episodio, appare del tutto spontaneo: in quel punto, un passag- gio diretto al finale sarebbe apparso poco efficace, quasi che la tri- PD, appunto del 1949, p. 153. Come osserva Giutrs-Gaston Granarr, “Bild” et ‘Gleichnis”. Remarques sur le style philosophique de Wittgenstein, «Sudo (numero cit.), p. 129, Jo stesso stile filosofico di Wittgenstein si lascia descrivere sulla base di questo esempio, «co- me untarte di esecuzione, latte di eseguire delle somighianze>. ” PD, appunto del 1950, p. 157. 340. ALESSANDRO ARBO- stezza accumulata nelle battute precedenti avesse bisogno ancora di un alone, (Andantino) me WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 341 Es, 1 - Franz Schubert, Der Hitt auf dem Felsen per clarinetto, voce e pianoforte D 965, op. post. 129, miss, 177-207. 342 ALESSANDRO ARBO Il discorso potrebbe essere esteso a molti altri materiali che spes- so finiscono per assumere un valore espressivo diverso da quello che siamo portati a riconoscere per abitudine. Nello stacco del celebre invito al brindisi della Traviata («Libiamo...!») buona parte della verve, di quella che potremmo chiamare la sensazione di una gioiosa leggerezza danzante, sembra provenite dallintervallo di sesta mag- giore con cui si apre, su un ritmo ternario di per sé connotato per la sua associazione con il ballo. Ci verrebbe da dire che siamo di fronte a una cifra espressiva, prova ne sia la sua ‘esportazione’ in contesti analoghi (per esempio il brindisi «Si colmi il calice», nel Macbeth).” E tuttavia quello stesso intervallo, ascoltato all’inizio del Notturno op. 62 di Chopin, suggerisce un clima molto diverso. Se ci spingiamo oltre i confini del repertorio frequentato da Wittgenstein, potremmo incontrare un caso ancora piti esemplare: nel Secondo Libro de’ Ma- drigali a quattro voci (1557), Cipriano De Rore illustra con una sesta maggiore la parola «crudele» (dal primo verso di una sestina del Pe- trarca), Si tratta di una «durezza» determinata dall’uso repentino di una «consonanza imperfetta»; ¢ cid non soltanto perché é in questo modo che viene classificata dalla trattatistica coeva, ma perché é in quanto tale che viene impiegata dalla letteratura madrigalistica della seconda meta del Cinquecento. Per cogliere la sua estraneit’ al flus- so circostante bastera che l’orecchio si sia familiarizzato con le possi- bilita di spostamento melodico dettate dalle regole di quel linguag- gio, per le quali un salto di sesta maggiore non é affatto pitt «baldan- zoso» di uno di terza, cosi come un intervallo minore non é necessa- riamente pit «triste» di uno maggiore, ecc, Se questi rilievi possono apparire scontati, non dovremmo di- menticare che la tendenza a generalizzare le possibilita espressive dei materiali isolati dal contesto rappresenta una delle spinte pit resi- stenti nell’apparato argomentativo dell’estetica musicale moderna, al punto da lasciarsi evidenziare in modelli teorici opposti.” Il proble- 7 Nella semiosi della competenza comune che Gino Stefani individua nell'attuale «so- cieti globale> si tratta di una ‘6* esclamativa’, ovvero di un intervallo sentivo «ome tasfor- mazione di un gesto orale esclamativo di tone euforico» (analogo, per esempio, a quello im- piegato dalla pubblicita della Coca Cola o dei Baci Perugina; cft., Gino Sterant-Luca Mare CONT - Franca Ferrari, Gili intervalli musicali, Milano, Bompiani, 1990, p. 14). ® Si pens alle concezioni archetipiche di Zarlino e di Galileo (cfr. ENnico Fustyt, Mus- ca e pubblico dal Rinascimento al Barocco, Torino, Einaudi, 1984, p. 83), il cui esito potrebbe apparite non troppo distante non solo da quello raggiunto da molte teorizzazioni del secolo WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 343 ma non dipende dal valore generico del materiale indicato: il discor- so potrebbe essere fatto valere anche per soluzioni assai meno co- muni. Tanto per riprendere un caso celebre, |’armonia del Tristan- Akkord non era nuova nel momento in cui Wagner l’aveva impiega- ta; come & stato osservato, si trovava, per esempio, nell’esposizione della Sonata per pianoforte op. 31 n. 3 di Beethoven. Ma il contesto é molto diverso, cosi come é diverso il modo in cui viene preparato e risolto 'accordo di due quarte sovrapposte, nonché la sua durata -— relativamente breve, nonostante il suo rapporto di preminenza ri- spetto ai valori circostanti.” Non stupisce, di conseguenza, che il ri- sultato espressivo abbia ben poco a che spartire con quello del Tri- stan-Akkord. Questi esempi bastano a mostrare Pincoerenza di un proposito contro il quale sembra muoversi costantemente la prosa di Witt- genstein: quello di concepire un certo materiale come il marchio di una certa situazione espressiva. Nei suoi termini potremmo dire che le ‘esportazioni’ di un certo materiale hanno senso (espressivamente parlando) solo in presenza di un «gioco» analogo: uno stile o un lin- guaggio che manifestano — all’orecchio prima ancora che all’analisi - qualche somiglianza con il precedente. Le annotazioni ci invitano continuamente a osservare il ruolo del contesto (musicale ma anche pid. generalmente sonoro o percettivo): dalla familiarita con esso sembra dipendere gran parte del valore di un motivo o di una figura che, di per sé, potrebbero anche apparire insignificanti." Molti degli appunti che Wittgenstein ha dedicato a brani o stili musicali che lo avevano colpito si concentrano sulla descrizione di qualita espressive caratterizzanti. Qualcosa di corrispondente «all’e- spressione di una felice ironia», per esempio, gli sembrava mani- festarsi nei Maestri cantor ¢ nel fugato del primo movimento della Nona sinfonia;” con la differenza che, mentre in Beethoven tale ca- successive - eft. LoxeNz0 BUaNcONt, I! Seicento, Torino, EDT, 1991 (Storia della musica, a cura della Societa Italiana di Musicologia, 5), p. 62 ~ ma anche da alcuni noti paradigmi nove- centeschi (dalla classificazione degli intervalli di Eocar Wines, L'orecchio musicale, Padova, Zanibon, 1977, Il, p. 138, alle unita lessicali di Derick Cooke, The language of Music, Oxford, Oxford University Press, 1959, fino ad alcune tesi della semantica psicologica). > Cf. Jean-Jacques Narriez, I! discorso musicale. Per una seriologia della musica, edi- zione italiana 2 cura di Rossana Dalmonte, Torino, Einaudi, 1987, p. 56. Cfr. PD, appunto del 1946, p. 103. ” vi, appunto del 1946, p. 108. 344 ALESSANDRO ARBO. _ rattere gli appariva collegarsi spontaneamente al tema del destino, in Wagner gli sembrava assumere sembianze borghesi.” Ma gli esempi pi ricorrenti sono tratti dall’opera dei compositori con i quali, in misura pitt © meno esplicita, Wittgenstein riconosceva una qualche affinita. Di Mendelssohn «il meno tragico di tutti i compositori», era incline a riconoscere il tratto «inglese» ¢, al contempo, una singolare mancanza di fermezza: Mendelssohn & come un uomo che pud essere allegro solo se tutto & co- munque allegro, 0 come un womo che pud essere buono solo se tutti sono buoni attomo a lui; non @ certo come un albero che sta fermo dov’é, qual- siasi cosa gli succeda intorno. Io gli assomiglio ¢ tendo a essere come lui.” Il riferimento all’autore non corrisponde a un autentico interesse biografico; suggerisce piuttosto la volonta di cogliere il modo in cui egli ci appare nella sua musica — come un volto che ci sorride da una fotografia e al quale siamo portati spontaneamente a rispondere.” La risposta, in ogni caso, & affidata a poche linee: una concisione che sembra mimare la scrittura di Nietzsche, anche se complessivamente meno caustica appare la volonta di lasciar parlare le idiosincrasie. Sembra largamente accordarsi alla critica nietzscheana, del resto, il giudizio secondo il quale i motivi di Wagner «possono certo essere collegati in una forma melodica, ma non danno luogo a sna melo- dia», mentre il suo dramma é solo «un giustapporsi di situazioni che sono come disposte su un filo il quale, a sua volta, @ solo filato con accortezza ma non, come i motivi e le situazioni, ispirato». Con un’in- tuizione che sembra anticipare le analisi di Carl Dahlhaus, le idee di Wagner sono qualificate come «frasi musicali in prosa».”” Tn altri esempi il risultato di un ascolto che potremmo definire «globale» deriva dal confronto fra due stili riconosciuti come affini. Per riassumere in due parole cid che distingue Bruckner da Brahms, Wittgenstein osserva che il primo sembra aver composto «solo con % Twi, appunto del 1949, pp. 152-153. 7 Ibi, appunto del 1929, p. 20 ™ Cfr. OFP, § 1072, p. 299: «Guarda una fotografia: domandati se vedi solo la distribu ione di macehie scure € chiare, 0 anche espressione del viso! Domandati se cid che vedi rebbe pit facile raffigurarlo descrivendo quella distribuzione di macchie, oppure una testa uumnana. E se ora dici di quel volto che & sorridente, — cosa & pitt facile: descrivere la posizione la forma corrispondenti delle parti del viso, oppure sorridere a tua volta?». ” PD, appunto del 1941, p. 84. WurTGe: {IN ETA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 345 Porecchio interno e immaginando orchestra che suona», mentre il secondo «con la penna»® (espressione che si ritrova in un altro ap- punto di intonazione autoironica: «lo penso effettivamente con la penna, perché la mia testa spesso non sa nulla di cid che la mia ma- no scrive»)."' La parentela del sinfonismo di Bruckner con quello «dell'epoca eroica» gli appare molto piti stretta di quella che poteva vantare Mahler® (musicista apprezzato come direttore d’orchestra, non come compositore);® ma gli sembra fuori logo scambiarla per una mimesi del titanismo di Beethoven (il modelo piii alto in quanto a genialita creativa, ammirato anche sul piano etico):* La Nona di Bruckner @ come una protesta contro la Nona di Beethoven ed & per questo che diventa sopportabile, il che non sarebbe se intesa come una sorta di imitazione, Il suo comportamento verso la sinfonia di Beetho- ven & molto simile a quello del Faust di Lenau nei confronti del Faas’ goe- thiano, ¢ cioé del Faust cattolico rispetto a quello illuminista, ecc., ec.” In un altro passo Wittgenstein sottolinea il carattere non «con- sanguineo» dei gruppi tematici di Bruckner, fino ad affermare che © Ivi, appunto del 1931, p. 36. " Ti, appunto del 1931, p. 44. Ii, appunto del 1931, p. 49. © I giudizio negativo non he maneato di suscitare sorprese, considerata Ia vieinanza di Mabler alla famiglia Wittgenstein (fr. M. Ausen, “Jetzt brach ein ander Licht beran..” cit., pp. 148-149), Maa parte il fawo che, in materia di gusti musicali, Witygenstein non nasconde- va affaito le sue preferenze per un repertorio che non superasse i confini di Brahms e di Bruc- ner, non ci sembra sbagliato cogliere, anche in questo caso, una velata autoitonia. E abba- stanza facile leggere I'identificazione personale con la figura del?autore di talento ma privo di reale inventiva (una sorta di sindrome «ebraica» diagnosticata nel solco Weininger, eft. PD, appunto del 1931, pp. 47-48). Nell’appunto pit: dissacrante si fa riferimento a un simboli aito di censura probabilmente non estraneo al modo con cui Wittgenstein considerava la sua pproduzione: «Se é vero, come eredo, che la musica di Mahler non vale niente, allora la doman- dda che a mio avviso si pone é che cosa avrebbe potuto fare Mabler con il suo talento. Infati & del tutio owio che per comporre questa cattiva musica occorrevano certamente wa serie di ta- {enti assat rant. Aveebloe potuto, ad esempio, scrivete le sue sinfonie e bruciarle? [..] Persino co: lui che loita contro Ja vanita, ma senza ottenere pieno sucesso, si inganneri sempre sul valore del uo prodotto, / Sembra perd che la cosa pit pericolosa di tutte sia mettere in qualche modo il proprio lavoro nella condizione per cui esso viene confrontato con le grandi opere del passa to, prima da noi stessi, poi dagli atti. A un confronco simile non si dovrebbe nemmeno pensare. Perché se le circostanze odieme sono dawvero cos) diverse da quelle del passato che un con: fronto secondo il gevere fra la propria opera e quelle del passato non & possibile, allora non & possibile neanche il raffronto {ra i rispettvi valor, To stesso commetto continuamente errore di cui sto parlando» (PD, appunto del 1948, pp. 127-128). ™ Cfr. R. Monk, Ludwig Wittgenstein. Il dovere del genio cit. p. 52. ® PD, appunto del 1938, p. 72. 346 Al SANDRO ARBO una sua sinfonia «ha due inizi, linizio del primo pensiero e quello del secondo». Complessivamente trova che l’espressione della sua musica non abbia «piii nulla del volto lungo € magro (nordico?) di Nestroy, Grillparzer, Haydn, ecc., ha invece un volto assolutamente rotondo, pieno (alpino?), di un tipo ancora pit puro di quello di Schubert».” Si concentra nuovamente sulla scrittura il confronto Brahms/Mendelssohn: Fra Brahms e Mendelssohn esiste decisamente una certa affinita, ¢ non intendo quella che si manifesta in singoli passi nelle opere di Brahms che ricordano passi di Mendelssohn; si potrebbe invece esprimere l'affinita di cui patlo dicendo che Brahms fa con assoluto rigore cid che Mendelssohn ha fatto con rigore insufficiente, Oppure: spesso Brahms @ un Mendelssohn senza errori.® Riflessioni di questo genere sono frequenti nei quaderni di Witt- genstein: come in una serie di istantanee, compongono il taccuino di viaggio di un esploratore curioso, attento a fermare l’impressione del momento, Sarebbe fuori luogo scambiarle con l’'abbozzo di una filo- sofia della musica, Certamente egli avrebbe rifiutato di attribuirgli questo significato: la filosofia non ha il compito di esprimete opinio- ni o di giudicare un’opera d’arte. Nondimeno, in filigrana questi ap- punti sembrano lasciar scorgere una precisa consonanza con le pre- messe formulate sul piano filosofico. Non vi troveremo, per esempio, Ja domanda sulle ragioni che possono aver spinto un compositore a impiegare un determinato suono, un ritmo o una forma. In un ap- * Ibid. * Ivi, appunto del 1931, p. 52. yi, appunto del 1931, p. 51. In un altro passo, Wittgenstein riconosce che «da musica di Mendelssohn, quando & riuscita,@ fatta di arabeschi musicali. Per questo ci risulta penosa in lui ogni mancanza di tigore» (i, appunto del 1931, p. 42). Se poco coraggiose gli appaio- no le sue scelte melodiche, la sua essenza gli sembra che si possa caratterizzare «dicendo che forse non esiste una musica di Mendelssohn difficile da eapire> (107, appunto del 193234, pp. 54), Sullo sfondo del giudizio secondo cui Mendelssohn sarebbe un musicista fondamental- mente «riproduttivo», invece, c’@ ancora il riflesso autobiografico (vf, appunto del 1940, p. 79). Al contrario, la musica di Brahms gli sembra denotare una «sconvolgente capacita> (ivi, appunto del 1934, p. 57) e «forza di pensero musicale» (ivi, appunto del 1932-34, p. 54), meatre il suo carattere «troppo astratto» viene invocato a spiegazione del fatto che non sia stata utlizeata come accompagnamento per il film muto: «Posso immaginare una scena emo- ionante accompagnata da una musica di Beethoven o di Schubert e che dal film mi derivi una certa comprensione di quella musica. Ma questo non vale per la musica di Brahms, Inve- ce Bruckner per un film va bene» (iv/, appunto del 1934 0 1937, p. 58). \WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 347 punto del 1941, Wittgenstein osserva che «quelli che continuano a domandare “perché” sono come i turisti che davanti a un monu- mento leggono il Baedeker - ¢ proprio la lettura della storia della sua origine, ecc., ecc., impedisce loro di vedere il monumento».” Analogamente, nell’avvicinare un brano musicale Pinvito & a non sof- focarlo nelle informazioni storiche, alimentando cosi la tentazione di spiegare la sua origine. Una delle critiche piti pesanti, in questo sen- so, cade sul modo in cui Donald Fancis Tovey (1875-1940) aveva ri- tenuto di poter legittimare la sua interpretazione della musica di Mo- zart: se pud essere esatto affermare che essa non sembra affatto oc- cuparsi del destino, come fa a dire che cid avviene perché certe let- ture non gli erano accessibili? «Ma se Mozart nelle sue letture non ha trovato la grande ¢ragedia, non l’ha per questo trovata wella vita? E i compositori dovrebbero forse vedere sempre ¢ soltanto attraver- so pli occhiali dei poeti?»." Mentre punta il dito sul riduzionismo implicito nel proposito di spiegare le origini o le cause di un’espressione,” Wittgenstein ci invi- ta ad attenerci al proposito — apparentemente pit: limitato, ma in realta pit complesso — di descriverla. Un compito strettamente colle- gato all’esperienza dell’ascolto: da numerose testimonianze sappiamo che egli richiedeva un’assoluta concentrazione a colui che lo accom- pagnava ai concerti.” I suoi appunti sono il distillato di questo silen- zio interiore: € come se in essi la musica venisse fatta risuonare senza che i presupposti teorici ci impediscano di coglierne l'aspetto pit es- © Jui, appunto del 1941, p. 83 ® Jui, appunto del 1949, p. 153. Pur spostando Pattenzione sul ricorso alla fonte poctica, il passo sembra ancora richiamare un aforisma di Nietzsche, che in Umano troppo umano ave- va osservato come Mozart «non trova le sue ispirazioni ascoltando musica, bensi guardando la vita, Panimatissima vita meridionale> (Opere di Friedrich Nietesche, a cura di Giorgio Colli ¢ Mazzino Montinari: Umano, troppo umano, II, wad. it. di Sossio Giometta, vol. IV, tomo ILI, Milano, Adelphi, 1981, § 152, p. 196). % In una conversazione con Friedrich Waissmann del 17 dicembre 1930: «Cosa & che ha valore in una sonata di Beethoven? Il susseguirsi delle note? No, & solo una suecessione fra molte, E ditei perfino che i sentimenti di Beethoven nel comporte la sonata non avevano pit vvalore di altri sentimenti qualsiasi. Il fatto di venir preferito ha in sé un valore altrettanto scar- so / Tl valore & un determinato stato d'animo? Oppure una forma inerente a certi dati della coscienza? Risponderei “Qualsiasi cosa mi si dicesse Ia respingerei”, e non perché la spiega- zione sia falsa, ma perché & una spiegazone. / Se qualeuno mi propone una teotia, dicei “No, no! questo non mi interessa”» (LC, p. 24) * Cf. R Monk, Ludvig Wittgenstein. U dovere del genio cit, p. AL 348 ALESSANDRO ARBO_ senziale, A questo modo di ascolto, del resto, si collegano delle pre- cisazioni che si ritrovano perfettamente nel quadro delle problemati- che di una grammatica del discorso musicale. Abbiamo osservato il modo in cui il discorso evita la tendenza a polarizzare il valore espressivo in particolari elementi estrapolati dal contesto in cui sono stati impiegati dal compositore. Con non minore finezza Wittgen- stein nota il diverso modo in cui ci troviamo a impiegare un medesi- mo termine del vocabolario musicale. Per esempio, se nel considera- re la musica di Schubert adoperiamo il termine «melodia», sottinten- diamo una serie di qualita ben diverse da quelle che potremmo in- contrare in un altro compositore: Si pud dire, delle melodie di Schubert, che sono piene di pointes, il che non si pud dite delle melodie di Mozart; Schubert & barocco. Si possono indicare certe parti di una melodia di Schubert e dire: vedi, Parguzia di questa melodia sta qui, qui il pensiero si affila Si pud applicare alle melodie di diversi compositori quel principio del- Vosservazione secondo cui ogni tipo di albero é ‘albero’ in un senso diverso. Ossia: non lasciarti fuorviare dal fatto che qualcuno sostiene che tutte que- ste sono melodie. Sono stadi in un cammino che conduce da qualcosa che tu non chiameresti melodia verso qualcosa d’altro che parimenti non chia- meresti melodia, Osservando solo la successione dei suoni i passaggi di tonalit’, tutte queste forme appaiono sen7’altro coordinate. Se pero guardi il contesto in cui si trovano (cio’ il loro significato), allora sarai portato a dire: qui la melodia & qualcosa di completamente diverso che la (qui ha un’altra origine, un altro ruolo, ecc.).”” Si noti che I’esempio diventa tanto pit persuasivo quanto pid si allontanano i contesti di riferimento: che cosa dovremmo dire, par- tendo dal caso presentato da Wittgenstein, della «melodia» di Pale- strina? Da queste osservazioni non dovremmo trarre la conclusione che egli intendesse rettificare il lessico musicale 0 emendare i suoi errori per raggiungere un linguaggio perfettamente univoco. Il suo obiettivo, apparentemente pit limitato, consisteva nel portare |’at- tenzione sulla relativita dell’impiego dei suoi termini, Con un’effica- ce metafora meccanica egli ci fa osservare che «a volte si deve estrar- te un’espressione dal linguaggio, farla pulire, — e poi si pud rimetter- ® PD, appunto del 1946, pp. 94-95, NeITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 349 la in circolazione».* Proprio in questo consiste una delle principali finalita della sua riflessione: delineare la «morfologia dell’uso di una espressiones.” Cosi, comprendete la «melodia» non significa stabili- re il suo significato generale, ma osservare i diversi contesti nei quali quel termine pud essere impiegato. 5, GIUDIZIO ESTETICO E CRITICA MUSICALE Se la parte finale del Tractatus sembra esautorare il proposito di formulare una teoria estetica, non dobbiamo immaginare che Witt- genstein evitasse di affrontare problemi di questo genere. In qualche modo é vero il contrario: «Gli interrogativi scientifici — scrisse due anni prima di morire - possono, si, interessarmi, ma mai avvincermi dayvero. Solo gli interrogativi concettuali ed estetici possono farlo».* Affermazione che giustifica Posservazione di Jacques Bouveresse se- condo la quale proprio |’estetica finisce per occupare un posto cen- trale nella sua indagine filosofica.” Per sciogliere ’apparente contraddizione & necessario approfon- dire il modo in cui Wittgenstein concepiva tale interesse, Dal suo punto di vista i giudizi dell’estetica, cosi come quelli delletica, impli- cano il riferimento a un valore assoluto. Un confronto risulta persua- sivo: se riconosco che una persona gioca a tennis meglio o peggio di un’altra, in questo caso applico senza difficolta un giudizio di valore rclativo;® se perd volessi applicare lo stesso giudizio a un’azione mo- rale, mi troverei di fronte a una contraddizione: un’azione moral- mente buona, infatti, non é tale perché @ pitt o meno buona di un’al- tra. Come aveva riconosciuto Kant, il criterio della bonta comporta * ui, appunto del 1940, p. 80 ® Prosegue Wittgenstein nelle lezioni riportate da N. Malcolm (Ldwig Witrgenstein cit,, pp. 72-73): «dn filosofia uno si sente costretto a guardare a un concetto in un determinato modo. Quel che io faccio & di proporre, o addirittura di inventare, altci modi di consideratlo Suggerisco possibiliti alle quali non avevate mai pensato. Credevate che existesse una sola possbilita, 0 al massimo due, Ma io vi ho fatto pensare ad altre possibilita. Per di pia, vi ho mostrato ch’era assurdo aspettarsi che il concerto si adeguasse a possibilta cosi ristrette. Cosi vi ho liberati del vostro erampo mentale, ¢ ora potete guardarvi intorno nel campo dell'uso dell'espressione e descrivete i suoi diversi tipi d’uso. * PD, appunto del 1949, p. 149. * J, Bouveresse, Wittgenstein. Scienza etica estetica cit., p. 6. Ep. 8. 350 ALESSANDRO ARBO un giudizio di valore assoluto. Ora il punto @ che «mentre si pud mostrare come tutti i giudizi di valore relativo siano pure asserzioni di fatti, nessuna asserzione di fatti pud mai essere, o implicare, un giudizio di valore assoluto».” E per questo che infrangiamo le regole della valutazione estetica ogniqualvolta cerchiamo di riportare a un fatto la bellezza di un’opera musicale. In realta quando essa si mani- festa siamo costretti a riconoscerla come tale, senza poterla spiegare. L’estetica dovra dunque rinunciare a qualsiasi spiegazione? Se avviciniamo lo sguardo alla prosa di Wittgenstein ci accorgeremo che la sua risposta é negativa. Quando egli respinge la volonta di spiegare un brano musicale, infatti, si riferisce a una spiegazione di tipo causale,"® vale a dire al proposito di individuare a un qualsiasi li- vello della realta fattuale Porigine, la causa o il significato di cid che si manifesta nella struttura sonora, in un determinato stile o nel «lin- guaggio» di un compositore. In questo senso anche Panalisi — con- dotta in chiave storica 0 psicologica — dell’«effetto» prodotto sull’a- scoltatore ha scarso valore: quello che si tratta di chiarire, infatti, & una certa espressione, non il sentimento che l’accompagna. Se alla domanda «Perché ascolti questo minuetto?» qualcuno dovesse ri- spondere: «Per ottenete questo particolare effetto», potremmo repli- care: «E il minuetto in se stesso, non ha importanza? — il fatto di ascoltare questo minuetto: un altro sarebbe andato altrettanto be- ne?»." Un ptimo suggerimento consiste dunque nel muovere dal presupposto che le note che ascoltiamo sono il miglior modo per esprimere quello che é stato espresso. Ma questo punto di partenza non esclude !’intento di spiegarle ». Potrei scegliere tra chiamare una melodia «graziosa» o chiamarla «giovani- le». E stupido chiamare un brano di musica «Melodia primaverile» 0 «Sin- fonia primaverile> [spring], Ma la parola «agile» [springy] non sarebbe af- fatto assurda, non pit di «imponente» 0 «pomposon.!” Liindicazione di fondo consiste nel cercare di individuare l’effet- tiva presenza di un aspetto o di un’espressione in una figura sonora. Anche in questo caso, naturalmente, molto dipende dall’uso: «mag- giore» e «minore», per esempio, possono esprimere «un valore emo- tivo», ma possono anche «essere usati unicamente per descrivere la struttura che si é percepita».” In realt’ proprio mentre richiede all’a- scoltatore un’elevata competenza disciplinare — in un certo senso si " foi, $1, p31 "6 Cr, ivi, § 35, p. 67. La centralitd di questa nozione dall’estetica filosofics & liquidata con una battuta ironica: «Potresti pensare che l'Estetica & una scienza che ei dice cosa & bel- Jo — quasi troppo ridicolo per parlarne. Suppongo che dovrebbe includere anche quale tipo di caffe ha un buon sapore> (ivi, § 2, p. 68) "Chr, dvi, § 5, pp. 52-53. ™ vi, §35, p. 67. Chr. J. Bouvsnse, Wittgenstein, Scienza etica estetica cit. pp. 135-136. LC, 59, p.55. p25, WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 355 potrebbe identificarla con quella auspicata da Aristotele per l’ascol. tatore intelligente (Pol. 1341a) - ¢ gli consiglia di impiegare un lessi co appropriato, Wittgenstein lo invita a tenere presenti le indicazioni che provengono dall’so comune. La sensazione di trovarsi di fronte a un ragionamento circolare pud temperarsi se pensiamo al motivo che fa da sfondo a questo suggerimento. Si tratta di controllare il principale rischio connesso all’invenzione di uno specifico apparato teorico, vale a dire quello di rinchiudersi in un’arida gabbia concet- tuale: E notevole che nella vita reale, quando si dinno giudizi estetici, aggetti- vi estetici come “splendido”, “bello”, ecc., abbiano scarsissima importanza, Si usano aggettivi estetici in una ctitica musicale? Tu dici “Guarda questo passaggio” [“I] passaggio & stato eseguito correttamente”], oppure [Rhees] “Questo brano é incoerente”.! Nel leggere altri appunti si ha nondimeno l'impressione della permanenza di un dubbio di fondo. Wittgenstein ribadisce il suo so- spetto riguardo a un discorso che, nella maggior parte dei casi, si di- mostra pleonastico rispetto ad altri generi di risposta. Proprio in quanto aderente a una forma di vita, l’abbigliamento torna a presen- tarsi come un esempio utile: quando effettivamente apprezziamo un abito, osserva Wittgenstein, non lo circondiamo di interiezioni o di aggettivi, ma, pitt semplicemente, lo indossiamo spesso e lo guardia- mo.” Analogamente l’apprezzamento di un brano musicale passa attraverso il desiderio di tradurlo in un gesto: «Suonare il pianofor- te: una danza delle dita umane»,” scrive in un appunto degli anni Trenta. Musicista per occasione (aveva imparato a suonare il cla- rinetto nel periodo in cui insegnava nelle scuole elementari di Puch- berg), Wittgenstein era noto per la sua abilita nel fischiettare me- "LC, § 8, p. 55. ™ vi, § 6, pp. 69-70. " PD, appunto del 1939.40, p. 77. A sollecitare questa formazione fu anche Pamicizia con Rudolf Koder, un giovane maestro che insegnava nella stessa scuola e che suonava egtegiamente il pianoforte. Nell’in- verno 1922-1923 Wittgenstein si trovd quasi ogni pomeriggio per eseguire con lui le sonate per clarinetto di Brahms ¢ di Labor, oltre agli arrangiamenti dei quintetti di Brahms e di Mo zart (cfr. R. Monk, Ludwig Wittgenstein. If dovere del genio ci, p. 214-215). 356 ALESSANDRO ARBO Jodie: ? eseguiva in questo modo interi spartiti con una precisione straordinaria, curando il fraseggio ¢ l'espressione (durante una va- canza estiva, accompagnato al pianoforte dall’amico Pinsent aveva messo a punto un repertorio di una quarantina di Lieder di Schu- bert).'% Ma si potrebbe rammentare anche un altro genere di «esecu- zione»: Quando immagino una musica, ¢ lo faccio tutti i giorni e spesso, sftego — credo ogni volta — gli incisivi tra loro. Me ne ero gia accorto in passato, ma di solito mi capita di farlo del tutto inconsapevolmente. Ed @ davvero come se i suoni immaginati venissero prodotti da questo movimento. Riten- go questo modo di ascoltare musica, nel proprio interno, estremamente co- mune. Posso com'é ovvio immaginare una musica anche senza sfregare i denti, ma i suoni sono allora molto pit fantomatici, molto pid indistinti, meno pregnant. Una paradossale ma in realta comune esperienza, una sorta di at- tivita interna allacciata alla sensibilita da un filo leggero ¢ nella quale il confine fra esecuzione ¢ ascolto sembra confondersi. Non stupisce che i concerti assorbissero tutta la concentrazione di Wittgenstein. Non meno importanza attribuiva alle trasmissioni radiofoniche o ai dischi che aveva ricevuto in regalo dalla sorella: li riascoltava piii vol- te al giorno, spostando Ia puntina sui passi che lo avevano colpito € dei quali cercava di cogliere l’espressione.'* Sono i segnali del modo in cui la musica entrava a far parte della sua vita, le testimonianze di un esercizio amorevole rigoroso senza il quale non avrebbe mai po- tuto concepire la valutazione di un’opera musicale. 6. COMPRENSIONE Sia il tema dell’espressione sia il problema del giudizio tinviano a una questione che possiamo considerate fondamentale, se non altro ” Cir. G. H. von Wricitt, Ludwig Wittgenstein. Scbizzo biografico cit, p. 14; N. MAL cous, Ludwig Wittgenstein cit, p. 115. © Cfr. R. Monk, Lecdwig Wittgenstein. Il dovere del genio cit., p. 94. ® PD, appunto del 1957, p. 62. ™ Una significativa traccia dei giudizi che Wittgenstein formulava a partire da queste esperienze di ascolto si pud rilevare, oltre che nella sua corrispondenza con la famiglia, nello k te scambio epistolare con Rudolf Koder (cfr. Wittgenstein und die Musik cit.). AITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 357 per la costanza con cui torna a presentarsi: che cosa significa «com- prendere» una frase o un brano musicale? Nel caso di Wittgenstein la centralita di questa domanda si po- trebbe collegare al fatto che sembra discendere direttamente dall’in- contro o dalla confluenza di due principali vocazioni: Pascolto musi cale ¢ quello che, in termini non soltanto metaforici, pud essere chia- mato Pascolto delle parole." In entrambi i casi il filosofo sembra sug- gerirci di non avere fretta di individuare la risposta, pet concentratci gia sul modo in cui viene formulata la domanda. Nella sua prosa essa riappare portando su di sé, come un torrente in piena, sia le pietre preziose sia le scorie del linguaggio ordinario. Facendo valere il prin- cipio secondo cui non si trata di correggere, bensi di descrivere il modo in cui essa viene modulata, dovremmo passare in rassegna il campionario di espressioni e di contesti in cui viene impiegata. Po- tremmo incominciare dal paragone pitt insistente: Il capire una proposizione @ pitt affine di quanto non si creda al capire un brano musicale, Perché queste battute devono esser sonate proptio co- si? Perché il diminuendo il crescendo, Paccelerando ¢ il rallentando devono associarsi proprio a quest’immagine? Vorrei rispondere: «Perché so che co- sa vuol dire tutto cié». Ma allora che vuol dire? — Non saprei dirlo, Per spiegarlo posso soltanto tradurre immagine musicale nell’immagine di un altro processo; ¢ fare in modo che questa illumini quella.” Sembra pitt facile constatare che spiegare questa analogia. Abbia- mo osservato come, nel Tractatus, il tema converga in una problema- tica di interesse logico, Negli scritti successivi, Wittgenstein continua a riconoscere che non si da comprensione senza il reperimento di un ordine o di una connessione fra gli elementi di un’unita superiore, identificabile in una proposizione, in una melodia o nella figura di un disegno, Alle volte pud capitare di non riuscite a seguire una fra- se 0 una melodia perché troppo lunga o complicata: E la stessa cosa pottebbe accadere con un’immagine, e con questo vo- glio dire: con un disegno ornamentale, Dapprima vedo soltanto un guazza- buglio di righe; infine, si raggruppano dinnanzi a me in forme note e fami- gliati; ci vedo un ordine, un sistema che conosco bene. ~ Se nel disegno ot- "© Cfr, Ropeta De Monmiceins, I! linguaggio ¢ la memoria, in OFP, p. 521, © GE, § 4, pp. 7-8; cfr. anche le diverse versioni di BT, p. 156 ¢ in RF, § 527, p. 188, 358 ALESSANDRO ARBO namentale ci fossero anche raffigurazioni di oggetti a me ben noti, il ricono- scimento di tali oggetti significherebbe una comprensione ulteriore. (Si pensi, qui, alla soluzione di un puzzle.) Allora dird: «Si, ora vedo l'immagi- ne giusta»."" La comprensione ha a che fare con il riconoscimento di un aspetto, come possiamo constatare quando esso non é evidente fin dalPinizio, ma sembra comparirci davanti all’improvviso. Per esem- pio, potremmo sentire un brano musicale come un guazzabuglio di suoni privi di connessione. Grazie ad alcune indicazioni di massima, perd, potremmo a un certo momento riuscire a cogliere una direzio- ne o a riconoscere una figura. In certi casi basta un semplice suggeri- mento per metterci sulla strada: «Pensa che é un Walzer, ¢ lo esegui- rai correttamente»,? oppure «‘‘Questo suonalo come fosse la rispo- sta” — e magari si aggiunge un gesto».’” Talvolta le differenze posso- no apparire molto sottili; ma il minimo spostamento di un accento o di un respiro (spesso pitt immaginati che effettivamente eseguiti) ri- sultano decisivi nell’ottenere un risultato espressivo. Supponiamo che qualcuno non riuscisse a rendere la spinta dinamica di questo passo, tratto dal finale della Sonata per pianoforte in re minore op. 31 n, 2 (Sturmsonate) di Beethoven. Sulla falsariga delle indicazioni di Wittgenstein, potremmo suggerirgli di cadenzarlo in due tempi inve- ce che in tre; senza accentuare alcuna nota, il semplice fatto di pen- sare all’emiolia contribuisce a rendere pit persuasivo il conflitto rit- mico: Es, 2 - Ludwig van Beethoven, Sonata per pianoforte in re minore ‘Sturmsonate’ op. 31 n. 2, Allegretto, miss. 271-276. "GF, § 34, pp. 3738 "2 LM, § 17, p. 213. "OP, § 247, p. 85. WITTGE LA GRAMIMATICA DEL DISGORSO MUSICALE 9 II punto interessante @ che nell’esperienza del «sentire come»™ ci troviamo nella difficolta di tracciare un confine netto fra sensazione ¢ pensiero: «E come se l’aspetto fosse ’eco inarticolata di un pensie- ro»."” Questa ambiguita non toglie rilievo al carattere essenzialmente estetico di tale esperienza, che risulta fondamentale proprio nel mo- mento in cui avviciniamo un’opera:” per quanto io possa trarre qualche aiuto dalle indicazioni concettuali (ma pit utili risultano in genere le indicazioni di tipo pratico), il cambiare dell’aspetto e l’ap- parire della figura non sembra dipendere da esse, né soltanto dalla mia volonti.'” Solo dopo una serie di ascolti, per esempio, potrei riu- scire a «sentire» l'unita di un brano musicale che fino a un momento, prima mi appariva «come una sequenza di pezzi brevi che continua- vano a interrompersi bruscamente»."* In un altro caso potrei sapere che é presente un determinato tema o una sua variazione (per esem- pio, che un secondo tema di Beethoven é generato dall'inversione del primo) senza per questo riuscire a sentirlo. Come ottenere questo isultato? Una premessa consiste nel cercare di non catturare imme- diatamente l’oggetto in categorie storiche o teoriche predefinite; «ci viene chiesto — osserva Paolo Bozzi — di soffiar via per qualche atti- mo le ragnatele dei concetti, e quelle ben piti dense degli pseudo- concetti, che fanno velo all’osservabile [...]».”” Pitt utile potra essere cercare di «fraseggiare» la figura seguendo i suoi suggerimenti. In generale dovrei tener presente che se il gusto é finezza della sensa- zione e, come abbiamo osservato, pud essere migliorato, la sensazio- ne come tale «non /a nulla, @ soltanto ricettiva».” Forse una del- Complessivamente meno rappresentata negli appunti, ¢ forse meno ricca di conse guenze nell’esame dello «spazio logico» della percezione rispetto alla tematica del vedere (cfr. Ouivier FONTAINE, Le «voir commen, entre voir et penser? Remarques sur «l'espace grammati- caly de la saisie d'aspects, in Wittgenstein: les mots de Vesprit, 6d. par Chistiane Chauviré, San- dra Laugier et Jean-Jacques Rosat, Paris, J. Vrin, 2001, p. 159), quella dell'udire ha nondime: no attirato considerevolmente I'attenzione di Wittgenstein, come & documentato da numerose osservazioni svolte in OFP; eft. ALISSANDRO Anso, Seutire come. Riflession’ su un tema di Wittgenstein, in Musica e interpretazione: soggettvita ¢ conoscenza nell esecuzione musicale, a cura di Luigi Attademo, Torino, Trauben, 2002, pp. 105-127. ® OFP, § 1036, p. 287. 8 URP, § 634, p. 101 7 Chr, ti, § 451, p. 76; toi, § 612, p. 97 ° Ivi, § 677, p. 106 (Wittgenstein fa riferimento a una composizione i Bruckner) Paoto Bozzi, Vedere come. Commenti ai §§ 1-29 delle ‘Osservazioni sulla filasofia della psicologia’ di Wittgenstein, Milano, Guerini ¢ associati, 1998, p. 42. "© PD, appunto del 1947, pp. 115-116. 360 ALESSANDRO ARBO. le difficolta maggiori consiste proprio nel riuscire a cogliere il senso di questa passivita: un ricevere che, tuttavia, é strettamente collegato a una complessa forma di attivita. Si tratta di seguire i suggerimenti della figura, di individuare la chiave che ci permette di raggruppare i tratti nel modo migliore o secondo una certa coerenza estetica. Per esempio, che cosa significa «capire un modo ecclesiasticon? La ri- sposta pit persuasiva a questo interrogativo ricorrente si trova nel Big Typescript: non vuol dire semplicemente abituarsi a qualcosa, «nel senso in cui posso abituarmi a un puzzo ¢ dopo un po’ non sen. tirlo pit sgradevole»: Significa invece udire qualcosa di nuovo che prima non avevo ancora udito, come (in maniera del tutto analoga) vedere improwvisamente come un tutto caratteristico i dieci trattiniIIIIIIilII che prima avevo potuto vedere soltanto come due volte cinque trattini, O come vedere di colpo spazial- mente il disegno di un cubo che prima potevo vedere soltanto come orna- mento piatto."" Il nuovo modo di raggruppare gli elementi ¢ organizzare la figura @ determinante nel permetterci di cogliere il suo ‘significato’, Ein questo appatire dell’aspetto che si individua la «comprensione» di una frase o di un brano musicale. L’osservazione si presenta come alternativa a un modo pid: comune di spiegarla, vale a dire quello di riferirsi anzitutto all’«esperienza vissuta» che accompagna la sensa- zione. Secondo Wittgenstein tale modo di pensare pud essere consi- derato corretto «soltanto nella misura in cui questo concetto di com- prendere ha qualche affinita con altri concetti di esperienze vissute. Si dice: “Questa volta di questo passo ho avuto un’esperienza vissuta del tutto differente”. Perd quest’espressione dice “che cos’? accadu- to” soltanto a chi si trovi a casa propria in un mondo concettuale tutto particolare, che appartiene a questa situazione. (Analogia: “Ho vinto la partita”’)»."” Proviamo a chiarire questa spiegazione. In un appunto successi- vo Wittgenstein ci invita a chiederci che cos’é che ci permette di sapere che in una persona é presente una determinata esperienza vis- suta: MI BT, p. 439. * 2, § 165, p. 36. WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 361 Come faccio a sapere che un tizio @ andato in estasi? Come Vespressione linguistica dell’estasi? A che cosa si connette? AlPespr di sensazioni corporee? Per venir a sapere se un tizio prova godimento, gli chiediamo che cosa sente nel petto, nei muscoli facciali? Gli interrogativi sembrano suggerire una risposta articolata su due livelli, il primo corrispondente all’uso dell’espressione, il secon- do al suo significato fisico 0 fisiologico. Per sapere che una persona é in estasi occorrerebbe: 1) imparare un certo modo di usare I’e- spressione «essere in estasi»; 2) individuare e localizzare le sue «sen- sazioni corporee». L’incalzare delle domande svela in realta l’'assidui- ta di un dubbio: potremmo anche immaginare di imparare a usare Vespressione linguistica dell’estasi; ma dovremmo veramente prende- re sul serio il proposito di chiedere a qualcuno se sente qualcosa nel petto o nei muscoli facciali? L’intonazione ironica suggerisce ancora una volta il punto in cui fermarsi: se ha senso cercare di comprende- re 'uso di una certa espressione, é inutile cercare di spiegare la sua genesi. Cid non vuol dire che quando si gode la musica «non esi- stono sensazioni che spesso ritornano»;" ma cid che a Wittgenstein continua ad apparire fuorviante é il proposito di servirsene per spie- gare Pespressione. Non saremmo meno fuori strada nel dire che la comprensione & un processo mentale che «accompagna» l’audizione.'” Wittgenstein ci invita a immaginare di dover spiegare a qualcuno che non ha capi- to che cosa significa «comprendere la musica»: incominceremo forse «elencandogli le immagini mentali, le sensazioni di movimento, ecc., che ha chi comptende? Le probabilit’ di riuscire nell'impresa sa- tebbero davvero minime. Chi ci assicura infatti che quella persona & capace di provare (0 che sta effettivamente provando) quelle sensa- zioni? Sarebbe capace di riconoscerle e di indicarle nello stesso mo- do in cui le indica un’altra persona? Un’alternativa potrebbe consi- stere nel mostrargli «i movimenti nell’espressione di chi compren- de». Grazie all’analisi delle pitt «sottili sfumature di comportamen- '® Iwi, § 168, p. 37. Thid., § 169. '% Iwi, § 159, p. 35. M6 PD, appunto del 1948, p. 133, 362 ALESSANDRO ARBO. to» sembra pitt facile illuminare il significato di quell’esperienza."” La mia comprensione di un tema, per esempio, «si esprime dal fatto che lo fischio correttamente».'* Anche da questo rilievo dovremmo cer- care tuttavia di non trarre conseguenze inopportune. Il rifiuto del mentalismo non si traduce, nel caso di Wittgenstein, in una forma di comportamentismo:” egli non afferma che la comprensione si riduce a una reazione pratica, escludendo qualsiasi sentimento, idea o pen- siero. La sua tattica consiste piuttosto nel «dissociare cid che sempl cemente accompagna la comprensione da cid che la costituésce»,” per far vedere che é solo alPinterno di un «gioco linguistico» che un’e- sptessione assume significato. Questo riscontro vale sia quando cer- chiamo di indicare il modo in cui ‘funziona’ uno stile musicale, sia per spiegare il modo in cui descriviamo l’opera e la nostra esperienza di ascolto. Al primo caso si collega la ripresa di un confronto formulato fin dagli appunti preparatori del Tractatus. «Anche della comprensione d’una frase musicale — nota Wittgenstein — si pud dire che é la com- prensione di un Linguaggion." Come abbiamo osservato, nel Tracta- dus V'analogia si fondava sul riscontro di una struttura o forma logica della proposizione. La nuova prospettiva che si affaccia negli scritti degli anni Trenta e giunge a maturazione nelle Ricerche filosofiche permette di chiarire una serie di importanti conseguenze. Anzitutto, proprio l'indipendenza dal significato emotivo o mentale delle note che possiamo verificare nella comprensione di una frase musicale suggerisce il procedimento che é in opera nella comprensione delle proposizioni del linguaggio, il cui senso non viene affatto indotto dalla presenza di contenuti o immagini mentali corrispondenti alle “ Iyi, appunto del 1946, p. 101: «Di nuovo: in che cosa consiste ascoltare una frase mu- sicale e comprenderla, oppure suonarla e comprenderla? Non guardare in te stesso, Chiedit, piuttosto, che cosa ti fa dire che ‘altro lo sta facendo. E che cosa ti consente di dire che fui sta vivendo una particolare esperienza interiore? Ma é poi vero che si dice cosi? Non sarei pitt propenso a dire dellaltro che egli sta vivendo una quantita di esperienze? Forse potrei dive: “Egli vive intensamente il tema musicale”; ma pensa a come tutto questo si esprimes. “® RF, p. 272, Cfr. anche PD, appunto del 1946, p. 102: «Se tu mi domandassi come io abbia sentito il tema, forse tisponderei: “Come una domanda”, o qualcosa del genere, oppure lo fischietei con espressione, ece.. \ Cf, Roserro Casatt, Il linguaggio psicologico, in Guida a Wittgenstein cit. pp. 193+ 239: 216. 59 ©, Cuauvmé, La phrase musicale et sa “grammaire” chez Wittgenstein cit., pp. 268. Z,§ 172, p. 38. WITTGENSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO Mt 363 singole parole. La frase musicale @ un campione utile in quanto evi- denzia una forma di «comprensione intransitiva»,” nella quale il sen- so dipende dalla sua stessa articolazione. Cid non vuol dire che la comprensione in generale andra concepita in base a questo modello; ittosto, che tra i due casi esistono delle somiglianze.'” Oltre che come mezzo per un’adeguata analisi delle asserzioni linguistiche,™ il rilievo dell’affinita si traduce in una originale illustra- zione del modo di strutturarsi dell’esperienza musicale. Secondo Wittgenstein non é sbagliato affermare di una frase molto breve, an- che di due sole battute: «Che cosa non ¢’é qui dentro!», a condizio- ne pero di non cadere nell'illusione di credere che «quello che c’é in questa frase accada mentre la odi»."” Se il tema sembra rinviate a qualcosa al di la di se stesso, questo potrebbe voler dire: Vimpressione che mi fa dipende da certe cose nel suo ambiente. - Per esempio dal nostro linguaggio e dalla sua intonazione, e dunque dall'intieto campo dei nostri giuochi linguistici. Se dico, per esempio: E come se qui si fosse tratta una conclusione, 0 come se qui si fosse confermato qualcosa, oppure come se questo fosse una risposta a quello che si é detto prima, — la mia comprensione presuppone appunto la famigliarita con inferenze, conferme, risposte."* La comprensione dipende a tal punto da questi procedimenti € dalle regole a essi sottese, che potrebbe essere sondata in base alla coerenza dimostrata nel proseguire autonomamente il discorso. Il criterio si dimostra simile a quello che seguiamo nella costruzione di un discorso, 0 a quello che adottiamo nel risolvere un problema ma- tematico: Prendi un tema come quello di Haydn (Corale di sant’Antonio), prendi il frammento di una delle variazioni di Brahms che corrisponde alla prima © Cf. Kyput S, Jouannessen, Art, philosophy and intransitive understanding, in Willgen- stein: Eine Neubewertung, Akten des 14. Internationalen Wittgenstein-Symposiums. Feier des 100, Geburstages (13 bis 20 August 1989, Kirchberg am Wechsel), hrsg. von Rudolf Haller und Johannes Brandl, Wien, Verlag Hélder-Pichler-Tempsky, 1990, pp. 329-330. © C. Cuauviné, La phrase musicale et sa “grammaire” chez Willgenstein cit., p. 266, oft Saran E. Worrs, Wittgenstein’s Musical Understanding, «The British Journal of Aesthetics», XXXVI, 1997, pp, 158-167. YD, Baensacner, Wittgenstein und die Musik cit., p. 543 5 Z, $173, p.38 6 Thid., § 175. Cfe. anche Vappunto del 1946: PD, pp. 102-103, 364 ALESSANDRO ARBO parte del tema € proponiti di costruire la seconda parte della va nello stile della prima, Questo @ un problema dello stesso genere dei pro- blemi matematici. Se si trova la soluzione, simile, per esempio, a quella di Brahms, allora non si hanno dubbi: Ia soluzione & questa. Su questa strada siamo d’accordo. E tuttavia qui é chiaro che @ facile che esistano diverse strade, su ciascuna delle quali potremmo essere d’ac- cordo, ciascuna delle quali potremmo chiamare coerente.” L’osservazione ci porta incontro alla nota alternativa fra pensiero «convergente» e «divergente» che attraversa il dibattito psicopeda- gogico novecentesco. Forse proprio in quanto la «soluzione» di un problema ritmico, armonico o fraseologico si dimostra pid aperta, la musica — che seguendo una lunga tradizione, da Platone a Kant, po- trebbe essere considerata il campione per eccellenza di una costru- zione pura" — riflette maggiori analogie con il linguaggio discorsivo. E singolare, del resto, come talvolta la musica riesca a illuminare il suo funzionamento meglio di quanto facciano le parole. Ha sempre suscitato l’interesse di Wittgenstein il fatto che nel discorso entrino in gioco delle variabili musicali che risultano decisive nell’orientare la comprensione di un enunciato: il ritmo, che sembra fare della fra- se una sorta di esempio di cid che viene rappresentato,’” ma anche «un sospiro, il tono della domanda, dell’annuncio, del desiderio, ¢ tutti gli innumerevoli ges#i del tono della voce». In questi casi & co- me se la musica mutuasse una parte dei suoi strumenti dal gioco lin- guistico della domanda, dell’annuncio, ecc. Un prestito che diventa fondamentale nel caso della poesia, la quale, «anche se & stata com- posta nel linguaggio che serve alla comunicazione, non pud essere impiegata nel giuoco linguistico della comunicazione»."' Non @ un caso se la sua comprensione «si rileva, per esempio, nell’espressione con cui uno legge», analoga a quella con cui una persona potrebbe ° OFM, § 8, p. 219. © Wittgenstein lo suggerisce con un curioso paragone: «lmmagina che le equavioni ven- gano impiegate come ornament (disegni di una tappezzeria) e poi che questi ornamenti ven: ano sottoposti a una prova per vedere a qual genere di curve corrispondano. La prova sarcb- be analoga a quella delle proprieta contrappuntistiche di un brano musicales (OFM, § 33, p. 242). » OFP, § 1090-1091, p. 304. 1 7, § 161, p. 35. ™ Thid., § 160, 365 wire DEL DISCORSO MUSIC! EIN ELA GRAMMATIC cantare una melodia.’ Proprio la domestichezza con l’uso delle com- ponenti sonore del linguaggio, del resto, potrebbe spiegare le reazio- ni di una persona che, non conoscendo la musica ed entrando in ca- sa durante Pesecuzione di un pezzo «meditabondo» di Chopin, do- vesse convincersi che «é una lingua, soltanto che gliene vogliono te- nere segreto il senso»."° II fatto che nell’usare il linguaggio verbale ci dimostriamo pitt vicini a un musicista di quanto non potremmo cre- dere, appare evidente quando cerchiamo di spiegare la diversita fra il modo di parlare e di comprendere di una persona di madrelingua e di uno straniero: Si dice che non comprendo un modo di dire come lo comprende uno di madre lingua quando so cid che esso significa, ma non so, ad esempio, quale tipo di persona ne farebbe uso. In un caso del genere quello che si dice @ che non conosco l’esatta sfumatura del significato della parola. Bp- pure sbaglierebbe anche chi pensasse che, quando si conosce questa sfuma- tura, pronunciando la parola si ha una sensazione differente. Quello che comunque io posso fare & eseguire innumerevoli passaggi che l’altro non pud eseguire.'* In definitiva la comprensione di una frase musicale & analoga a quella di una frase del linguaggio in quanto rinvia alla capacita di usare in modo pertinente l’espressione in base alle regole del gioco nel quale é inscritta, Sarebbe fuori luogo riconoscere in questa posi- zione un assunto pragmatista: proprio la musica sembra rendete evi- dente il fatto che il senso di una frase non si giudica in base alla sua utilita, ma, semplicemente, al suo uso.° E per questo che nello spie- gare un tema musicale non sembra azzardato introdurre il paragone con altre forme di espressione, dalla gestualita istintiva, al passo di danza, 0 con le parole che possiamo impiegare per descriverle. Un criterio potrebbe anche consistere nell’indicare un esempio che pos- sa in qualche modo fungere da schema o regola di costituzione del tema. Una pagina delle Osservazioni sui fondamenti della matematica (1937-44) ci invita a immaginare di ascoltare una composizione cor- rispondente a un certo andamento grafico. «Una richiesta del genere © fyi, § 171, p. 38. Ii, § 161, p. 35. “4 OFP, § 1078, p. 301 %© Chr, ivi, $ 266, p. 91 366 ALESSANDRO ARBO_ dovrebbe necessariamente essere insensata? Non pud darsi che esista una composizione della quale si possa mostrare che corrisponde, in qualche importante senso del termine, a questa linea?»' Es. 3 - OFP, § 1078, p. 301 L’importante @ concepire Villustrazione non come un contenuto © un significato, bens} come un procedimento di costruzione, Potri essere di qualche utilité a questo proposito riflettere sulle teorie che indicano «come si debbano disporte le figure di un’immagine (in un dipinto), ad esempio, in base a certi principi estetici generali, — indi- pendentemente dal fatto che queste figure rappresentino persone che combattono, che fanno !’amore, ¢ cosi via».'” Ma é essenziale non fraintendere questo ricorso alle immagini: se nell’ascoltare un brano musicale «quel che importa & vedere la danza — osserva ironicamente Wittgenstein - meglio sarebbe che si eseguisse /a danza, invece della musica». Lesempio risulta utile se riusciamo a sciogliere il malinteso: Nel dare a qualcuno una spiegazione, gli dico: «2 come quando...»; € lui dice: «Si, adesso capisco», oppure: «Si, ora so come va suonatay. [...]. Non é che gli stia spiegando, ad esempio, che il brano deve rappresentare questo o quest’altro sulla base delle dichiarazioni del compositore.'* Per favorire la comprensione Vinterprete @ libero di introdurre immagini, figure, esempi che non hanno nulla a che fare con le in- tenzioni del compositore 0 con la storia del brano. E un avvicina- mento che si esprime a pitt livelli, tanto nel modo in cui lo suoniamo © lo canticchiamo, quanto nei paragoni con cui cerchiamo di illu- strarlo, E chiaro infatti che non solo gli atteggiamenti, ma anche il “6 OFM, § 39, pp. 198-199. 7 Iwi, § 39, p. 200, “6 PD, appunto del 1948, p. 152. WITTGENSTEIN ELA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 367 modo di parlare di colui che la comprende saranno ben diversi da quelli di colui che non ’ha compresa." Tl fatto che la comprensione musicale possa essere considerata come «una manifestazione vitale dell’uomo», ci indurra a partire da una descrizione di cid che si veri fica nella musica stessa; noteremo poi gli atteggiamenti con cui pud venir recepita. Ma potremmo anche seguire una via molto diversa, cercando per esempio di «iniziarlo alla comprensione della poesia o della pittura».’” La condizione é che le immagini, le espressioni o le tecniche di cui ci serviamo, ci permettano di entrare nel «gioco» messo in opera dal brano. Questo criterio assicura la tenuta episte- mologica degli enunciati di una interpretazione al di la dell’illusoria autorevolezza di documenti che attengono alla sua genesi o alla sua ricezione, senza tuttavia sottrarre linterprete al compito di acquisire una serie di conoscenze molto precise: solo a chi conosca a fondo una cultura («e percid reagisca alla musica in questo certo modo, co- si e cosi») riusciremo a far capire che cosa significa «suonare con espressione».'" Dove la peculiarita del riscontro consiste ancora una volta nel modo in cui viene fatto valere: i presupposti culturali sono indispensabili non tanto perché rappresentano, per cosi dire, lo sfon- do storico o sociale nel quale avrebbe radici il ‘significato’ di un’ope- ra, ma perché si ritrovano, a livello estetico, nel modo in cui rispon- diamo alle sue sollecitazioni 7. CONCLUSIONI Liinteresse musicologico della riflessione di Wittgenstein pud es- sere riassunto in due motivi: 1) suggetisce un criterio di ascolto fon- dato sulla riconduzione degli oggetti sonori al “gioco linguistico” che sottende al loro valore espressivo; 2) introduce un metodo di analisi dello strumento linguistico destinato a descrivere la musica 0, pid in particolare, ’esperienza musicale, attraverso la formulazione di esempi destinati a chiarire Pimpiego delle nozioni estetiche e a «tipulire» dalle scorie derivate da un uso poco consapevole un voca- bolario ricco di stratificazioni interne. L’attenzione si sposta sul con- vi, appunto del 1948, p. 133 Tui, appunto del 1948, p. 134. 2, § 164, p. 36. 368 ALESSANDRO ARBO. testo nel quale un procedimento 0 un elemento assume il suo senso e che pud essere rappresentato dalle regole sottese a una composi- zione, ma anche dalle reazioni o dagli atteggiamenti che, in base a quelle regole, essa sembra richiedere o sollecitare. Il fatto di rendere familiare una determinata reazione significa che non si trata soltanto di conoscere le regole di un certo linguaggio ma di riuscire ad appli- carle in modo spontaneo. E infatti nell’atto stesso del giocare che il giocatore dimostra il suo talento e, soprattutto, la comprensione di cid che & ‘accaduto’ mentre giocava."? La familiarita con uno stile musicale si genera attraverso l’ascolto e l’esecuzione, attivita che an- drebbero concepite — come aveva intuito Aristotele (Pol. 1340b) - in stretto rapporto reciproco.”” II suggerimento di prestare attenzione al contesto ¢ alle compe- tenze che si manifestano nell’esperienza riflette il distacco dalle tesi della psicologia empirico-associativa fondata sul criterio delPintro- spezione: siamo pit vicini alla comprensione di un tema quando, nell’ascoltarlo 0 nell’eseguirlo, ci verra da dire «ora so proseguire», di quando titerremo di aver chiarito la sua origine 0 il «processo spi- rituale» al quale cortisponde.' L’esame dei segni che accompagnano la sua espressione non sembra tuttavia tradurre l’estetica in una se- miologia dell’atto 0 dell’oggetto musicale: il fatto che il «senso» di una frase possa essere compreso alla luce del «gioco» nel quale é iscritta si accompagna al riconoscimento dell’impossibilita di sosti- tuirla, Mentre ci parla dall’interno di una cultura, un tema musicale non si consuma nella funzione di rinvio: @ un’«espressione compiu- ta», esemplare proprio in virti del suo apparire sensibile. E. per que- sto che, piuttosto che indagare i suoi presupposti, vale la pena impe- gnarsi in una sua attenta descrizione, in conformita agli obicttivi di un approccio gestaltista spogliato da ogni psicologismo,'” ovvero a una psicologia descrittiva orientata linguisticamente.”* Scelte che se- "? Cli, JP. Comern, Adagio cautabile - Esibétique et philosophie cit., pp. 59-60. " Chr, UP, § 586-587, p. 94: al; come se il fare e l'impressione non procedessero l'uno accanto all’altra, bensi il fare formasse 'impressione. / Io lo ascolto diversamente € ora poss suonarlo diversamente. Dunque tiprodurlo diversamente», Cfr. anche PD, appunto del 1946, p. 103. ™ 7, § 446, p. 97 (ofr. anche RF, § 154, p. 83). Chr. J. Bouveresse, Wittgenstein. Scienza lica estetica cit, p. 138. "5 C. Cuauvnt, Comprendre la musique chez Willgenstein cits, p. 165 "6 R. Casati, Id linguaggio psicologico cit. p. 239. NSTEIN E LA GRAMMATICA DEL DISCORSO MUSICALE 369 gnalano come per Wittgenstein il problema maggiore stava proprio nel riuscire a non spingersi troppo lontano: «Abbiamo gia detto tutto, - Non qualcosa che ne segue, ma proprio questa cosa @ la soluzione!». Questo, credo, dipende dal fatto che ci aspettiamo a torto una spiega- zione: invece la soluzione della difficolta una deserizione, perché Pinseria- mo correttamente nella nostra considerazione. Purché ci soffermiamo su di essa ¢ non tentiamo di andare oltre La difficolta, qui, sta nel fermarsi.’” -ALESSANDRO ARBO Agstracr. The references to music scattered throughout the writings of Ludwig Witrgenstein have not escaped the attention of commentators, who have often pointed out their importance in illustrating essential aspects of both his biography and the historical and cultural background. From the theoretical framework that acts as a backdrop to these references this arti- cle aims to extract those issues that are useful for clarifying the interpreta- tive exercise innate in musicological practices. While in the reflections that accompanied the writing of the Tractatus, music amounts to little more than an analogy used to explain the functioning of language (and particu- larly, to confirm the theory of proposition), in his following writings, from The Big Typescript to the Philosophical Researches, Wittgenstein draws at- tention to the need to re-examine the terms of language with which we de- scribe musical experience, observing the extent to which their sense can be referred to the rules implicit in their use, Investigation of the «grammar» of musical discourse translates into an analysis of notions such as «expres sion», «comprehension», «interpretation», «sounding like», etc. In particu- lar, his elaboration of the concept of «linguistic play» leads him to return constantly to the theme of musical comprehension. In his formulation the suggestion is to pay attention to the responses or reactions that a work arouses within a culture and to reject the explanations founded on the cri- terion of introspection. No less important is his epistemological analysis of the distinction between causal explanation and aesthetic explanation: the aesthetic explanation, which rejects issues relating to the genesis of a work, resorts to the compatison between sensitive samples and is founded on an exact and shared description of the phenomenon. 2, 9314, p. 70,

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