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Potere o Servizio?
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2005
c Omar Stroppiana. Tutti i diritti riservati.
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Indice
Indice iii
Introduzione 1
iii
iv Indice
Potere o servizio? Sono passati più di dieci anni dalla prima volta in cui mi
misi a riflettere su questo tema.
Lo ricordo come fosse ieri. Avevamo chiesto ad alcuni ragazzi e ragazze di
aiutarci nella gestione e organizzazione degli incontri per il gruppo giovanile
di cui eravamo coordinatori. Dopo alcune settimane, ci siamo accorti che il
malumore serpeggiava tra i membri del gruppo. Il motivo fu subito chiaro:
il servizio che quei ragazzi svolgevano veniva percepito dagli altri come una
posizione di privilegio, di potere. . .
In un modo o nell’altro, tutti abbiamo un problema con la ricerca dell’au-
tocompiacimento e con il desiderio di prevalere sugli altri, non solo le persone
che occupano posti di grande responsabilità. Provate a mettere il naso in una
cucina, provate a fare le pulizie nella vostra chiesa locale, partecipate ad una
campagna di evangelizzazione. Non importa l’ambito in cui ci troviamo ad
operare. La tentazione di servire noi stessi anziché il Signore sarà sempre
presente in quanto é una delle principali conseguenze del peccato.
Nelle meditazioni che ho raccolto in questa serie, esamineremo il comporta-
mento di diversi personaggi e impareremo dalle loro azioni la differenza che c’è
tra il servire il Signore e servire noi stessi, tra un vero spirito di servizio e uno
spirito di potere.
Come gran parte degli studi biblici, un effetto collaterale di queste me-
ditazioni é quello di essere portati a vedere similitudini vere o presunte tra
i personaggi più negativi ed alcuni fratelli che non ci sono particolarmente
simpatici. Resistiamo a questa tentazione, vi prego. La mia speranza é che un
grande numero di voi si trovi piuttosto ad esclamare:“Quell’uomo sono io!”. Se
questo dovesse accadere, non vi turbate perché é lo specchio della parola che
sta facendo il suo effetto. Non mettetelo via dimenticando subito ciò che avete
visto. Sarebbe una occasione sprecata (Gc 1:23-25).
1
Uno
Ambizione o Chiamata?
3
4 CAPITOLO 1. AMBIZIONE O CHIAMATA?
1 R 1:5-10
1. alterigia;
3. ricerca di consensi;
1.1.1 Alterigia
“Sarò io il re!”, questa frase echeggiava nello spazio compreso tra le orecchie di
Adonia e lo riempiva di eccitazione.
Voltaire aveva proprio ragione quando scrisse:“Non l’amore bisognava di-
pingere cieco, ma l’amor proprio”. Immagino Adonia mentre cammina tra
le strade di Gerusalemme, avanzando con il petto gonfio e lo sguardo altero,
ripetendosi il medesimo ritornello:“Sarò io il re!”.
Quelle parole suonavano davvero bene. D’altra parte Amnon, il primogenito
di Davide, era morto da tempo, assassinato dal fratello Absalom. Il tentativo di
colpo di stato di Absalom, poi, non lo aveva portato più lontano di un terebinto
nella foresta di Efraim in cui i suoi bellissimi capelli si erano impigliati dando
al perfido Joab l’occasione di liberarsi di lui (2 S 18:9-15). Insomma, la strada
per Adonia sembrava essere sgombra da ostacoli ed egli si era convinto di essere
la persona giusta per regnare al posto di Davide suo padre. Probabilmente, il
tranquillo Salomone non gli era sembrato il tipo che potesse mettergli i bastoni
tra le ruote.
Dio aveva indicato Salomone come successore di Davide(1 Cr 22:7-10), ma
Adonia non é interessato né alla volontà di Davide suo padre né alla volonta di
Dio. “Sono l’uomo giusto per questo lavoro” pare pensare Adonia, rispondendo
ad un telefono che non stava assolutamente squillando.
Adonia aveva una posizione da raggiungere, una posizione che Dio non
gli aveva dato ma che il suo cuore desiderava più di ogni altra cosa: essere il
re di Israele! Egli era un “bimbo” viziato (Nota il v.6: Davide non gli aveva
mai fatto un rimprovero in vita sua) che quando si mette in testa una cosa la
vuole ottenere a tutti i costi. Essere re comportava delle grandi responsabilità,
ma Adonia pare non preoccuparsene . Egli voleva un giocattolo nuovo ed era
convinto che il suo papà, come sempre, non glielo avrebbe negato.
1.1. LA STRADA DI ADONIA 5
1Re 1:5
Il nostro aspirante re, si procura, in sostanza, tutto ciò di cui aveva bisogno
per apparire ciò che non era: carri, cavalieri, e uomini che correvano davanti a
lui.
Oh, che impressione doveva fare tutto questo! Adonia sembrava proprio un
re!
Non è questa la logica del mondo? Dio non ti ha chiamato? Non c’è
problema.
Se Dio non ti ha detto che sarai re, dovrai fare in modo che la gente pensi
che tu lo sia e il gioco è fatto.
non contento di questo, non solo non riceve egli stesso i fratelli, ma
a quelli che vorrebbero riceverli impedisce di farlo, e li caccia fuori
dalla chiesa.
3 Gio 9-10
Non vi sembra che questo Diotrefe sia descritto proprio come un Adonia
neotestamentario?
Eppure Diotrefe è un membro della chiesa, anche se vissuto quasi duemila
anni fa.
L’azione di Diotrefe si svolgeva nella assemblea locale e quindi egli non
poteva certamente aspirare alla carica di re come Adonia, tuttavia egli era
guidato dagli stessi principi che avevano animato Adonia:
3 Gio 11
3 Gio 12
Quando sarai entrato nel paese che il Signore, il tuo Dio, ti dà
e ne avrai preso possesso e lo abiterai, forse dirai:“Voglio avere un
re come tutte le nazioni che mi circondano”. Allora dovrai mettere
su di te come re colui che il Signore, il tuo Dio, avrà scelto.
Deu 17:14-15
ha dotati, e ci sono degli Adonia che sono costretti a cercare degli alleati e a
cercare di convincere gli altri del proprio valore.
Anche oggi ci sono dei Demetrio che hanno ricevuto da Dio dei doni, hanno
ricevuto una buona testimonianza da parte di tutti, sono raccomandati da Dio
stesso, e ci sono dei Diotrefe che combattono per per avere il primato nella
chiesa del Signore.
Purtroppo, a volte, le assemblee sono succubi degli Adonia e dei Diotrefe,
mentre da qualche parte, tra le panche dell’assemblea, ci sono dei Salomone
che aspettano con fiducia l’incarico che Dio gli vuole conferire e dei Demetrio
che rendono buona testimonianza con la loro vita operando con i doni che Dio
gli ha dato.
Che Dio guidi la sua chiesa a discernere il servitore dal despota e a non
cedere all’inganno delle apparenze.
E che Dio illumini ognuno di noi per discernere quale strada stiamo percor-
rendo. Quella di Adonia o quella di Salomone? Quella di Diotrefe o quella di
Demetrio?
Due
Pr 14:30
13
14 CAPITOLO 2. INVIDIA O SERVIZIO DISINTERESSATO?
Num 16:3
Nu 16:13
Un capo. E’ questo il chiodo fisso di chi vive per il potere: coloro che hanno
ricevuto un compito di responsabilità da parte del Signore vengono visti come
dei capi. Ed é proprio questo il problema: é difficile invidiare un servo mentre
non c’è niente di più facile che invidiare un capo.
Cosı̀ chi vede, ad esempio, il ruolo di anziano come un ruolo di potere, può
arrivare a fare affermazioni sconsiderate come questa:«Tutti siamo figli di Dio,
salvati per grazia, perché tu dovresti essere un anziano di questa assemblea e
io no?». L’invidia porta a giocare con le mezze verità come aveva fatto Core.
Era facile creare confusione tra la santità del popolo di Israele e la specificità
dell’incarico dato a Mosè, cosı̀ come è facile creare confusione tra il sacerdozio
universale dei credenti e la diversità di doni che il Signore elargisce.
L’invidia é come una lente che distorce la realtà. Finché non ci si toglie
quella lente é davvero difficile riuscire a servire il Signore.
Nu 16:9-10
Nu 16:11
Aronne stava solo facendo ciò a cui il Signore lo aveva chiamato. Pertanto,
l’invidia di Core e dei suoi compagni nei suoi confronti non era solo un peccato
contro quest’ultimo, ma un vero e proprio affronto verso il Signore.
Mormorare contro Aronne significava, di fatto, mormorare contro chi lo
aveva scelto, ovvero contro il Signore.
Ci avete mai pensato? Forse, avete invidiato qualcuno e avete desiderato
essere al suo posto, senza rendervi conto che, se quella persona è stata scelta
dal Signore per svolgere il suo servizio, la vostra invidia e il vostro desiderio
di prendere il suo posto non é niente altro che una critica al suo datore di
lavoro:“Ehi! io so fare questo mestiere molto meglio di lui. Perchè non hai
scelto me?”
Dio elargisce i suoi doni secondo la sua volontà. Non deve rendere conto
a nessuno. Non possiamo scegliere i nostri doni e quando cerchiamo di farlo,
riusciamo solo a scimmiottare i doni del Signore, danneggiando il popolo di
Dio.
Chi è Aronne? Chi è il nostro fratello? Sono solo uomini che servono il
Signore come noi. Ha senso mormorare contro di loro?
Gm 3:16
Questa frase scrive Giacomo nella sua epistola considerando i danni che
può fare nella chiesa la presenza dell’invida e quindi della contesa. Qualche
riga più avanti, continua cosı̀:
Gm 4:1-3
2.2. SERVIZIO DISINTERESSATO 17
Nu 12:1-2
Nu 12:6-8
Tutte le volte che l’invidia aveva portato qualcuno a sparlare contro Mosè,
il Signore era intervenuto per difendere il suo servo fedele. Quali erano le
caratteristiche di questo straordinario uomo di Dio?
18 CAPITOLO 2. INVIDIA O SERVIZIO DISINTERESSATO?
Perché hai trattato cosı̀ male il tuo servo? Perché non ho trovato
grazia agli occhi tuoi, e mi hai messo addosso il carico di tutto
questo popolo?
Nu 11:11
Sono forse le parole di uno che aspira e gode ad essere un capo? No, sono
le parole di un servo stanco che, in un momento di debolezza, si rivolge con
disperazione al Signore perché ritiene il compito ricevuto troppo pesante per
lui.
Non c’é ombra di interesse personale nel servizio di Mosè. La sua vita é
stata spesa intercedendo continuamente per il popolo, anche nei momenti più
critici.
Quando Miriam e Aronne lo criticarono, egli aveva interceduto presso il
Signore per sua sorella (Nu 12:13).
Quando il popolo peccò facendosi un vitello d’oro, egli aveva interceduto a
lungo affinchè il Signore non distruggesse il popolo (Es 32:11-13).
Mentre un uomo di potere si preoccupa per la sua poltrona, Mosè si é
sempre preoccupato per il destino dell’intero popolo di Dio.
Or Mosè era un uomo molto umile, più di ogni altro uomo sulla
faccia della terra.
Nu 12:3
ricopre. Egli serviva il Signore senza preoccuparsi della fama, della posizione,
del prestigio.
Gli uomini di cui Dio si é servito maggiormente nella storia sono stati
uomini umili. Pensate a Davide, l’uomo secondo il cuore di Dio, che aspettò la
realizzazione della promessa di Dio senza affrettare i tempi. In due occasioni
ebbe Saul nelle sue mani ma non si permise di torcergli un solo capello. In un
bellissimo salmo egli riassume cosı̀ il suo atteggiamento:
Sl 131
Chi cerca il potere è agitato da forti passioni e non riesce a dormire per le
preoccupazioni che tali passioni gli causano. Al contrario, l’uomo che spera nel
Signore è come un bambino sazio che riposa tranquillo sul seno della madre.
Egli non aspira a cose elevate ma é contento di ciò che il Signore provvede.
Rom 12:16
Questo fecero Mosè e Davide. Non aspirarono alle cose alte ma si lasciarono
attrarre dalle umili. Fu il Signore ad innalzarli.
Meglio essere stimati saggi da Dio che stimarci saggi da noi stessi.
Capita di incontrare dei giovani con le idee molto chiare su ciò che “vogliono
fare per il Signore”. Anche io quando ero più giovane pensavo di avere le idee
chiare in proposito. Beh, il tempo mi ha dimostrato che il Signore aveva altro
in serbo per me e mi sto ritrovando a percorrere strade completamente diverse
da quelle che avevo immaginato.
Se vogliamo servire il Signore in maniera disinteressata, dobbiamo ricordarci
che non conta ciò che noi vogliamo fare per il Signore ma ciò che il Signore
vuole fare attraverso di noi. In quest’ottica, l’invidia non ha alcuna ragione di
essere.
Tre
Apparenza o sostanza?
1S 16:7
L’uomo percepisce la realtà con i propri sensi pertanto é normale che valuti
in base a questi. Però, é necessario che i figli di Dio siano in grado di andare
oltre l’apparenza quando si tratta di scegliere uomini che possano servire il
Signore in determinati ambiti.
Noi non possiamo vedere il cuore, ma il Signore può davvero scrutare l’uomo
interiore. Egli può davvero vedere di che pasta siamo fatti. E allora dobbiamo
affidarci alla sua guida per non rischiare di valutare in maniera superficiale.
21
22 CAPITOLO 3. APPARENZA O SOSTANZA?
1S 16:6
1S 9:2
1S 10:24
Saul era alto e bello. Samuele si aspettava quindi una scelta analoga.
Perché il nuovo re sarebbe dovuto essere diverso?
Ma Dio aveva una lezione da impartire a Samuele e a tutto il popolo di
Israele.
Infatti , quando, qualche anno prima, il popolo di Israele aveva chiesto un
re, il Signore se ne era rammaricato perché le loro motivazioni erano sbagliate
(1S 8:4-7).
Da quando erano entrati nella terra promessa fino a quel momento, Dio
aveva sempre ascoltato le loro suppliche e aveva mandato dei giudici che
amministrassero la giustizia e li liberassero dai loro nemici. Ma ora, essi non
volevano più gridare al Signore per essere liberati. Essi volevano un liberatore
sempre pronto, sempre a disposizione, un re che amministrasse la giustizia, che
marciasse alla loro testa in caso di guerra. Quando i nemici si fossero fatti
avanti, sarebbe stato molto più comodo avere un liberatore pronto per l’uso
senza dover gridare al Signore.
Cosı̀, Dio li aveva accontentati dando loro un re giovane, alto, bello e forte
che rispondeva alle loro aspettative. Ma Saul era come quei frutti che sono
belli a vedersi ma dentro sono marci. Dopo un brillante inizio, Saul si rivelò
per quello che era: tanto bello e forte quanto disubbidiente al Signore (1S
13:8-14).
Cosı̀, di fronte a Eliab, il Signore ricorda a Samuele che le apparenze
possono ingannare:
3.1. GLI OCCHI DI SAMUELE 23
Questa volta Dio avrebbe usato il suo criterio di scelta. Avrebbe scelto
una mela sana piuttosto che una semplicemente bella. Avrebbe scelto Davide.
E la scelta del Signore si dimostrò subito la migliore. Quando un gigante
filisteo di nome Goliat si fece avanti per insultare e mettere in ridicolo gli
Israeliti, sarebbe stato lecito aspettarsi che il loro re alto, forte e bello ne
facesse un sol boccone. Non era stato unto proprio per occasioni come queste?
Ma Saul aveva paura come tutti gli altri (1S 17:11). D’altra parte, se ti basi
sulla tua forza e sulla tua bellezza, puoi stare certo che prima o poi troverai
qualcuno più bello o più forte di te. E di fronte a Goliat la forza di Saul non
bastava.
Ma l’uomo che Dio aveva scelto, si avvicinò a Goliat con un bastone, una
fionda e cinque pietre nel suo sacchetto da pastore, dicendogli:
2C 10:12-13
Paolo non aveva bisogno di vantarsi perché i frutti del suo ministero
parlavano chiaro:
2C 3:1-3
2C 11:5-6
2C 1:12-14
2C 10:18
1C 2:10-11
Dio non ci ha lasciato in balia dei nostri sensi. Egli ci ha donato il suo
Spirito che illuminerà il nostro cammino nella fede.
Ricordate la scelta di Paolo e Barnaba ad Antiochia (At 13:1-3)? Furono
scelti dallo Spirito Santo che li indicò alla chiesa mentre erano radunati. I
credenti furono convinti nel proprio cuore dallo Spirito Santo sulla necessità di
inviare Paolo e Barnaba per la missione specifica che Dio aveva affidato loro.
Lo Spirito parla ai credenti, e se non facciamo finta di non sentire, se cer-
chiamo la volontà di Dio con sincerità, nutrendoci della sua parola e coltivando
la comunione con il Signore e con i credenti, dobbiamo ammettere che Dio ci
dà la saggezza per capire quali persone sono adatte e quali non lo sono per
servirlo in determinati ambiti. Lo Spirito equipaggia i credenti con dei carismi
e gli altri credenti sono assolutamente in grado di rendersene conto se vivono
in sottomissione al Signore. Quando ciò non avviene, non possiamo dire che il
Signore non abbia parlato, ma piuttosto che non siamo stati attenti alla sua
voce e abbiamo preferito scegliere sulla base dei nostri criteri umani basati
sull’immagine, sulla simpatia, sull’eloquenza.
Le apparenze ingannano. Impariamo ad essere sensibili alla voce del Signore
e discernere i doni che lui ha dato. Chi cerca il potere é obbligato a coltivare
una certa immagine, ad apparire a tutti i costi per supplire alla carenza di
contenuti. Ma chi vuole servire il Signore ripulisca il suo cuore perché Dio
bada alla sostanza.
Quattro
Competizione o cooperazione?
Fra di loro nacque anche una contesa: chi di essi fosse con-
siderato il più grande. Ma egli disse loro:“I re delle nazioni le
signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono
chiamati benefattori. Ma per voi non dev’ essere cosı̀; anzi il più
grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui
che serve. Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure
colui che serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in
mezzo a voi come colui che serve.”
Lc 22:24-27
Noi non siamo tanto diversi da loro. Il confronto con gli altri impegna di
frequente la nostra mente. E’ qualcosa a cui non sappiamo resistere.
Chi é il più grande? Chi é il più amato? Chi é il più ricercato? Chi é il più
eloquente? Chi é il più bello del reame? La nostra vanità ci spinge a vivere in
un clima di costante competizione con coloro che ci circondano.
Quando questo atteggiamento é presente anche nella chiesa, i risultati sono
catastrofici.
Gesù propose ai discepoli un modello diverso, un modello in cui i discepoli
facessero a gara non per essere le prime donne, ma per servirsi e onorarsi a
vicenda.
29
30 CAPITOLO 4. COMPETIZIONE O COOPERAZIONE?
La chiesa che Gesù avrebbe edificato sarebbe stata basata sul servizio, non
sulla ricerca del potere, sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione.
Solo in questo modo i credenti avrebbero potuto affrontare la difficile battaglia
spirituale che li attendeva.
1Sam 18:12
Non odierai tuo fratello nel tuo cuore; rimprovera pure il tuo
prossimo, ma non ti caricare di un peccato a causa sua.
Lev 19:17
Quando l’odio comincia a farsi strada nel nostro cuore e cominciamo a per-
cepire il nostro fratello come un nemico, allora è segno che stiamo percorrendo
la pericolosa strada di Saul. In tal caso, è meglio che non ci siano lance nei
paraggi perché l’odio gioca brutti scherzi.
32 CAPITOLO 4. COMPETIZIONE O COOPERAZIONE?
Fi 2:3-4
Il modello che il Signore vuole realizzare nella sua assemblea prevede quindi
che l’individuo sacrifichi i propri interessi per perseguire il bene comune.
Gesù fu piuttosto chiaro quando spiegò che essere un suo discepolo com-
portava necessariamente l’essere pronti a sacrificare la propria vita per amore
del Signore:
Mt 16:24
Quanto all’ amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli
altri. Quanto all’ onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente.
Rom 12:10
Onorarci gli uni con gli altri, servirci a vicenda. Questa é l’unica compe-
tizione nella quale vale la pena di essere coinvolti come credenti. In questo
modo potremo cooperare insieme nel campo del Signore, come faceva l’apostolo
Paolo con i suoi compagni di servizio:
1C 3:6
4.3. UNA BATTAGLIA COMUNE 33
E’ bello lavorare insieme per il Signore, ognuno con i doni che ha ricevuto.
L’evangelista semina e pianta, ma è necessario che ci sia anche l’insegnante
per annaffiare. L’uno non guarderà l’altro con sospetto o alterigia perché chi
pianta e chi annaffia non sono in competizione tra loro ma cooperano per il
fine comune.
Inoltre, seguendo questo modello, non saremo pressati dalla necessità di
dover ottenere risultati a tutti i costi per dimostrare agli altri che siamo più
bravi, perché Colui che fa crescere è il Signore, colui che pianta e colui che
annaffia non sono nulla. Nessuno potrà quindi vantarsi di essere l’artefice della
crescita.
Quando Paolo scrisse ai Filippesi, li esortò proprio a cooperare insieme per
affrontare la comune battaglia:
Fil 1:27-28
La vita é già abbastanza difficile per i credenti. Nella storia della chiesa i
credenti sono stati sottoposti a terribili persecuzioni. Se un credente non trova
incoraggiamento e consolazione neanche tra i propri fratelli, ma é costretto a
combattere una assurda guerra fratricida, la battaglia contro il vero nemico
diventa davvero difficile da sostenere perché egli non avrà più energie per farlo.
Efe 6:11-12
34 CAPITOLO 4. COMPETIZIONE O COOPERAZIONE?
Il nostro vero nemico non é fatto di carne e sangue. Non é un uomo come
noi.
Dobbiamo ricordarcelo perché il tipo di avversario che combattiamo deter-
mina il tipo di armatura che indosseremo e le armi che utilizzeremo.
L’armatura necessaria a combattere gli uomini è necessariamente diversa da
quella che il Signore ci richiede di indossare per combattere le forze spirituali.
Cosı̀, magari stiamo utilizzando la spada della lingua, l’elmo dell’ignoranza, la
corazza della nostra caparbietà per combattere la nostra battaglia personale
contro altri uomini, con l’aggravante che talvolta quegli uomini sono proprio
nostri fratelli.
Purtroppo, se siamo impegnati nella guerra sbagliata, non avremo l’arma-
tura necessaria per la vera battaglia spirituale, cosı̀ saremo colti di sorpresa
quando il nemico sferrerà il suo attacco.
Saul, accecato dall’odio, aveva visto in Davide il proprio nemico, ma era
forse colpa di Davide se il Signore aveva ripudiato Saul? No, il nemico si
trovava nelle sue membra, nella sua ostinazione, nella sua disubbidienza al
Signore. Egli si é lasciato dominare dal peccato e ha combattuto la guerra
sbagliata.
Anche noi, come Saul, corriamo il rischio di essere impegnati sul fronte
sbagliato, ma l’uomo che vuole servire il Signore deve saper identificare bene il
vero avversario:
1 Pie 5:8-9
Pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni pre-
ghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza.
Ef 6:18
Forza o debolezza?
Un punto di vista diverso, una voce fuori dal coro che ci costringe a riflettere.
Ci si può davvero compiacere della propria debolezza?
In quale senso siamo forti quando siamo deboli?
37
38 CAPITOLO 5. FORZA O DEBOLEZZA?
Ap 2:9
Ap 3:17
Ap 3:18
1C 4:7-10
1C 4:18-20
Se c’é una cosa che Dio non può sopportare nell’uomo é proprio l’orgoglio.
Parole, parole, parole. L’orgoglio gonfia ma produce solo parole.
Un uomo orgoglioso é come un pallone pieno d’aria, senza consistenza. La
sua forza é solo apparente.
Un servizio basato sulla sapienza umana, sull’eloquenza, sulle nostre ca-
pacità e sulle nostre forze é un servizio vuoto in cui Dio non manifesta la sua
potenza. Vale la pena portare avanti un ministero simile?
Is 66:2
2C 1:8-10
La prova era stata talmente terribile da fargli credere che non avrebbe
avuto scampo. Ma proprio in una situazione di estrema debolezza, egli mise la
propria fiducia in Dio che risuscita i morti. E Dio ha operato.
Quando non possiamo contare sulle sue forze, quando ci sentiamo perduti,
senza speranza, allora possiamo confidare totalmente nel Signore e invece di
essere sconfitti, possiamo vincere con la forza che Dio fornisce. L’autosufficienza
porta l’uomo ad agire, ma la debolezza lo porta a pregare.
Uno dei parametri principali con il quale possiamo misurare se siamo
abbastanza deboli da poter piacere al Signore é, quindi, proprio la nostra vita
di preghiera.
Mosè, Samuele, Geremia, Daniele, Esdra, Nehemia: tutti i grandi uomini
di Dio erano dipendenti da Lui, strumenti deboli nelle mani di un Dio forte,
uomini le cui vite sono state caratterizzate dalla preghiera.
La preghiera esprime proprio la nostra dipendenza da Dio, la necessità che
Dio guidi le nostre vite perché senza di Lui non possiamo fare nulla.
Quando dobbiamo prendere una decisione ci preoccupiamo di cosa voglia il
Signore da noi? O pensiamo di essere abbastanza saggi da poter decidere da
soli?
La nostra vita sentimentale, le nostre finanze, il nostro lavoro, la nostra
famiglia. Siamo coscienti del fatto che Dio si interessa a tutti gli aspetti della
nostra vita oppure preferiamo dividere la vita in cassetti con l’accortezza di
tenere ben chiusi quelli in cui non vogliamo che Dio vada a guardare?
Siamo abbastanza deboli da dipendere da lui in ogni cosa? O siamo talmente
forti da poter fare di testa nostra?
5.3. UN ESEMPIO A METÀ 41
L’esercito di Asa era di circa trecentomila persone mentre gli Etiopi erano
un milione. Dal punto di vista umano era impossibile vincere. . .
Ma Asa sa che il soccorso del Signore può fare la differenza perché Egli é
in grado di ribaltare le forze in campo. Cosı̀, egli proclama la sua debolezza
affidandosi alla forza del Signore. Il Signore rispose alla preghiera e mise gli
Etiopi in fuga (2Cr 14:11).
Questo é l’uomo che piace al Signore, un uomo debole che confida nel
Signore per ottenere la vittoria.
Allora Asa prese dell’argento e dell’oro dai tesori della casa del
SIGNORE e del palazzo del re, e inviò dei messaggeri a Ben-Adad,
42 CAPITOLO 5. FORZA O DEBOLEZZA?
2Cr 16:2-3
2Cr 16:7-9
Avendo confidato nelle sue forze, egli, pur avendo battuto il re di Israele, si
é ritrovato sconfitto perché il Signore non gli ha più concesso di avere la pace
di cui aveva goduto fino a quel momento.
Gr 17:5
Dio vuole che confidiamo in lui in ogni istante della nostra vita, non solo
quando ci troviamo in circostanze estreme. Asa, confidando nell’uomo, ha
5.4. VOGLIO ESSERE DEBOLE 43
2C 4:7
I momenti migliori della nostra vita sono quindi quelli in cui siamo abba-
stanza deboli da permettere al Signore di operare.
2C 12:9-10
Paolo conosceva bene la logica del servizio: é un bene per l’uomo essere
debole affinchè Dio possa mostrare la sua potenza.
Che Dio ci insegni a dipendere da lui in ogni aspetto della nostra vita.
Scegliamo di essere deboli. Non ce ne pentiremo.
Sei
Doppiezza o integrità?
Pr 28:6
6.1.1 Abuso
“ I figli di Eli erano uomini scellerati; non conoscevano il SIGNO-
RE. Ecco qual era il modo di agire di questi sacerdoti riguardo al
popolo: quando qualcuno offriva un sacrificio, il servo del sacerdote
veniva nel momento in cui si faceva cuocere la carne; teneva in
mano una forchetta a tre punte, la piantava nella caldaia o nel
45
46 CAPITOLO 6. DOPPIEZZA O INTEGRITÀ?
1 S 2:12-17
6.1.2 Parzialità
Abbiamo illustrato l’abuso di potere con il comportamento dei figli di Eli. Ma,
è interessante anche esaminare il comportamento di Eli, loro padre, di fronte a
tale comportamento.
1 S 2:27-29
Onori i tuoi figli più di me. Questa é l’accusa pesante che il Signore rivolge
ad Eli.
La legge prevedeva che i figli di Eli venissero messi a morte per il loro
comportamento. Nel passato, i figli di Aronne avevano perso la vita per una
disubbidienza molto meno grossolana (Nu 3:4). Invece, Eli si limitò a sgridare
i propri figli come un padre che sgrida dei bimbi che stanno facendo rumore in
cortile. Il suo intervento fu assolutamente inadeguato:
“ Eli era molto vecchio e udı̀ tutto quello che i suoi figli facevano
a tutto Israele e come si univano alle donne che erano di servizio
all’ ingresso della tenda di convegno. Disse loro:«Perché fate queste
cose? Poiché odo tutto il popolo parlare delle vostre azioni malvagie.
Non fate cosı̀, figli miei, poiché quel che odo di voi non è buono; voi
traviate il popolo di Dio. Se un uomo pecca contro un altro uomo,
Dio lo giudica; ma se pecca contro il SIGNORE, chi intercederà
per lui?» Quelli però non diedero ascolto alla voce del loro padre,
perché il SIGNORE li voleva far morire. ”
1 S 2:22-25
Il Signore fece ciò che Eli non fu in grado di fare. Probabilmente Eli non
ebbe il coraggio di intervenire duramente con i propri figli. Se fossero stati degli
estranei sarebbe stato più facile, ma si trattava dei suoi figli ed Eli manifestò
un comportamento parziale non andando fino in fondo alla questione come la
legge prescriveva.
Come Eli, nella scrittura ci sono molti uomini che hanno agito con parzialità,
comportandosi in maniera diversa a seconda della convenienza. Ad esempio,
In Ml 2:9 si puó leggere di persone che avevano riguardi personali quando
applicavano la legge benché fossero coloro che dovevano amministrarla.
Essere parziali nel giudizio, favorendo l’uno a danno dell’altro, porta un
danno a tutta la comunità perchè non incoraggia le persone a temere il Signore
e a comportarsi in maniera retta. Il risultato di una società in cui la giustizia
non regna, ha come effetto negativo la mancanza di fiducia delle persone nei
confronti della stessa giustizia divina (Ml 3:14-15).
6.1.3 Compromesso
I libri profetici sono pieni di accuse contro la classe dirigente in Israele e Giuda
che conducevano il popolo con l’ingiustizia e i compromessi. A titolo di esempio,
leggiamo la seguente descrizione di Michea che si rivolse ai capi e alle guide di
Israele che erano in Gerusalemme:
Mi 3:11
Mi 3:5
Molti falsi profeti in Israele annunciavano ciò che la gente voleva sentirsi
dire. Era comodo parlare di pace fino a che c’era qualcuno che provvedeva alle
loro necessità. Amavano fare compromessi per mantenere la propria posizione,
avevano piegato il loro ufficio profetico all’opportunismo.
6.2.1 Rinuncia
La strada del servitore di Dio passa per la rinuncia piuttosto che per l’abuso.
Lı̀ dove l’uomo assetato di potere cerca vantaggi personali, approfittando della
propria posizione, l’uomo di Dio rinuncia persino ai propri diritti per amore
del Signore e per il vantaggio della comunità.
Ne é un esempio l’apostolo Paolo.
Leggendo tutto il capitolo 9 della prima lettera di Paolo ai Corinzi, si
percepisce l’indignazione dell’apostolo nel constatare che quei credenti, invece
di apprezzarlo per non aver fatto valere i propri diritti, lo consideravano un
debole.
Essi preferivano gli arroganti e i presuntuosi, che stavano invece approfit-
tando di loro, uomini che Paolo chiama falsi apostoli, operai frudolenti che si
travestono da apostoli di Cristo (2C 11:12):
2C 11:17
6.2. L’INTEGRITÀ DEL SERVO 49
1Cor 9:15
6.2.2 Imparzialità
Il potere porta a fare parzialità. Chi vuole mantenere una posizione, è costretto
ad avere degli alleati e, per averli, è costretto a favorirli in qualche modo.
Essere imparziali significa giudicare le cose indipendentemente dalle circo-
stanze e dalle persone coinvolte, senza avere riguardi personali, con obiettività
di giudizio.
Ad esempio, il re Asa, fu imparziale nella sua lotta all’idolatria quando si
mise addirittura contro sua madre:
2 Cr 15:16
Asa destituı̀ la regina, a causa della sua idolatria, benché fosse sua madre, al
contrario di Eli che permise ai suoi figli di continuare ad esercitare il sacerdozio
indegnamente.
Ovviamente, Dio è l’esempio perfetto di imparzialità. Egli non ha riguardi
personali e non accetta regali che possano influenzare il suo giudizio:
De 10:17-18
De 16:19
Gc 2:1-4
1 Ti 5:21
6.2.3 Schiettezza
Il servo di Dio non fa compromessi, non ha paura di dire con schiettezza come
stanno le cose.
Quando il re Manasse gli mandò a dire che egli doveva smettere di profetiz-
zare sventure al popolo di Israele, Amos rispose cosı̀:
Am 7:4-15
Mi 2:6
Mi 3:8
1R 22:13-18
At 4:18-21
Pietro e Giovanni servono lo stesso Dio che servivano Michea, Amos, Micaia.
Chi serve il Signore, deve rispondere solo a lui. Il compromesso è una strada
che serve ad accontentare gli uomini, ma l’integrità ha un grande valore agli
occhi di Dio:
Sl 18:25
1 P 5:2-4
stesso mondo malato in cui vivevano Michea, Amos e Micaia con la differenza
che, con il passare dei secoli, la malattia ha ora raggiunto lo stadio terminale.
Eppure, proprio in questo mondo, ancora oggi, Il Signore cerca dei servi
che lo servano volentieri, con la coscienza pulita, che siano degli esempi per gli
altri, che siano imparziali, schietti, e non facciano compromessi. Ne troverà
ancora?
Sette
Ogni strada conduce alla sua destinazione. Ogni albero produce il suo frutto.
L’albero del potere e quello del servizio producono frutti ben diversi.
55
56 CAPITOLO 7. DUE ALBERI, DUE FRUTTI
Gli interessi personali di ognuno possono essere svariati. C’è chi cerca il
successo, la fama o chi é attaccato al denaro. Altri desiderano dominare sul
prossimo.
Il re Saul, ad esempio, fu protagonista di un episodio che illustra il suo
attaccamento al trono più che al Signore.
Il Signore aveva detto a Saul di votare allo sterminio Amalec senza rispar-
miare alcun essere vivente che gli appartenesse (1S 15:3). Ma Saul non diede
ascolto al Signore, infatti egli ed il popolo votarono allo sterminio ogni cosa
senza valore e inutile ma risparmiarono Agag e il meglio delle pecore, dei buoi,
gli animali della seconda figliatura, gli agnelli e tutto quel che c’era di buono
(1S 15:9).
Quando il Signore mandò Samuele a denunciare il comportamento di Saul,
quest’ultimo cercò di giustificarsi in questo modo:
1 S 15:14-15
1 S 15:30
Adesso onorami! Benché ammetta di aver peccato, Saul non era preoccupato
per il giudizio di Dio quanto per la propria reputazione davanti agli uomini. Il
potere aveva portato il suo triste frutto nella vita di Saul.
7.1. POTERE: L’UOMO AL CENTRO 57
Da 4:29-30
Da 4:31-33
At 12:21-23
Erode prese per sé stesso la gloria che spettava a Dio e il Signore lo fece
morire. Dio non sopporta la superbia e il vanto nell’uomo.
Quando l’uomo é al centro, egli trae gloria dalle cose che fà. Alcuni Corinti,
ad esempio, si erano gonfiati d’orgoglio esaltandosi e dimenticando che i loro
doni spirituali erano stati donati da Dio. Il Signore li esorta cosı̀ attraverso
Paolo:
58 CAPITOLO 7. DUE ALBERI, DUE FRUTTI
1C 4:6-7
Ogni cosa che abbiamo l’abbiamo ricevuta dal Signore. Non dimentichia-
molo quando siamo tentati di vantarci e di glorificare noi stessi.
Mat. 6:1
Mt 6:2
Mt 6:5
Mt 6:16
7.2. SERVIZIO: DIO AL CENTRO 59
Fi 2:3-4
propri interessi, e non quelli di Cristo Gesù. Voi sapete che egli
ha dato buona prova di sé, perché ha servito con me la causa del
vangelo, come un figlio con il proprio padre.”
Fi 2:20-22
Fi 2:29-30
1 Co 9:22-23
Faccio tutto per il vangelo. Possiamo dire lo stesso anche noi nel nostro
servizio?
“ Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate
qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio. ”
1 Co 10:31
7.2. SERVIZIO: DIO AL CENTRO 61
Il servo ha Dio al centro della propria vita e fa ogni cosa per glorificare il
Signore.
Dio ci ha creati a sua immagine ed è implicito in questo che siamo creati
per dare gloria a Lui. Infatti una immagine riflette la gloria di colui al quale
l’immagine appartiene.
Una delle conseguenze più terribili del peccato é che gli uomini non
glorificano più il Signore con la loro vita.
Gesú, però, è venuto per ripristinare quella gloria, per fare di noi degli
uomini nuovi ricreati ad immagine di Dio per glorificarlo:
“ . . . e a rivestire l’uomo nuovo che è creato a immagine di Dio
nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità.”
Ef 4:24
Il capitolo 1 di Efesini ci ricorda proprio lo scopo della nostra intera esistenza
come credenti:
“ . . . a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel
suo amato Figlio.. . . per essere a lode della sua gloria; noi, che per
primi abbiamo sperato in Cristo.. . . Il quale è pegno della nostra
eredità fino alla piena redenzione di quelli che Dio si è acquistati a
lode della sua gloria. ”
Ef 1:6,12,14
A lode della sua gloria. Lo scopo della nostra vita è glorificare Dio. Pertanto,
un servizio che glorifichi l’uomo e non il Signore non può essere chiamato
servizio.
Se il frutto di una vita spesa per il potere é la soddisfazione e il vanto
personale, una vita spesa per il servizio porta frutti di giustizia a gloria e lode
di Dio. Tali frutti si hanno per mezzo di Gesù Cristo, per mezzo della sua vita
che opera in noi, non per nostro merito.
Anche il re Nabucodonosor, dopo essere stato giudicato dal Signore per la
sua arroganza, riconobbe la gloria e la potenza di Dio:
“ Alla fine di quei giorni, io, Nabucodonosor, alzai gli occhi
al cielo e la ragione tornò in me. Benedissi l’Altissimo, lodai e
glorificai colui che vive in eterno: il suo dominio è un dominio
eterno e il suo regno dura di generazione in generazione. . . . Ora
io, Nabucodonosor, lodo, esalto e glorifico il Re del cielo, perché
tutte le sue opere sono vere e le sue vie giuste, ed egli ha il potere
di umiliare quelli che procedono con superbia. ”
Da 4:34-37
Abbiamo molto da imparare dall’esperienza di questo re pagano. Che
possiamo sempre dare al Signore la gloria che gli spetta!
62 CAPITOLO 7. DUE ALBERI, DUE FRUTTI
“ Come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri
e non cercate la gloria che viene da Dio solo? ”
Gv 5:44
Paolo non cercava di piacere agli uomini, non sacrificava la verità per
attirare le simpatie della gente. L’unico giudizio di cui si preoccupava era
quello del Signore.
Sarebbe fin troppo facile, per un predicatore, assecondare i propri uditori
con discorsi vaghi e messaggi che li mandano a casa contenti ma senza che le loro
vite siano toccate in alcun modo. Ma servire Dio significa essere preoccupati
della opinione di Dio, non di quella degli uomini.
7.3. FRUTTI ETERNI 63
2 Co 4:17-18
E’ difficile fissare lo sguardo su ciò che non si vede perché le cose che si
vedono attirano più facilmente la nostra attenzione. Ma le cose che non si
vedono sono eterne.
Forse, ci sono stati momenti difficili nella vostra vita in cui vi siete ritrovati
a lottare contro tutto e tutti, in cui vi é parso di aver subito una ingiustizia
mentre il vostro desiderio era quello di seguire il Signore. Siete allora stati
tentati di cercare il vostro interesse e l’applauso degli uomini ponendovi gli
stessi interrogativi che gran parte del popolo si poneva ai tempi di Malachia:
Ml 3:14-15
A cosa serve servire il Signore? Che vantaggio c’è? Le cose che si vedono
possono trarci in inganno ma, come abbiamo detto, le cose che non si vedono
sono quelle che contano perché durano per sempre. Se pensiamo che servire il
Signore non dia risultati, ricordiamoci queste parole:
1 Co 15:58
In quelle circostanze della vita in cui solo Dio vede il nostro operato,
possiamo servire Dio con gioia e speranza. Il Signore vede nel segreto e conosce
64 CAPITOLO 7. DUE ALBERI, DUE FRUTTI
quali sono i nostri propositi, ci conosce a fondo, sa che vogliamo servirlo con
tutto il nostro cuore e che non ci aspettiamo niente in cambio dagli uomini.
Quando tutto sembra giocare contro di noi e quando vediamo che il malva-
gio prospera, quando sperimentiamo opposizione nel nostro servizio, quando,
facendo gli interessi del Signore non riceviamo gloria né applausi dagli uomini,
quando ci stiamo chiedendo:«Ma chi me lo fa fare?», ricordiamoci che il nostro
obiettivo é piacere al Signore. E’ Lui che ce lo fa fare.
Diamo a Lui la gloria e cerchiamo il premio che Egli ha in serbo per noi.
La nostra fatica non é vana nel Signore.
Otto
Divisione o edificazione?
Fi 2:3-4
65
66 CAPITOLO 8. DIVISIONE O EDIFICAZIONE?
Ro 16:17-18
Gd 1:18-19
Anche in questo caso, coloro che provocano divisioni vengono dipinti come
persone che vivono secondo le proprie empie passioni perché sono dominati
dalla sensualità ovvero vivono per soddisfare i propri sensi e non per gli interessi
di Cristo.
Ciò che colpisce di questo brano è l’affermazione implicita secondo cui nella
chiesa visibile ci sono persone che non hanno lo Spirito, quindi non rigenerate, le
quali comunque influiscono in maniera rilevante sulla vita della chiesa causando
divisioni!
Tutti questi testi evidenziano che le divisioni nel corpo di Cristo sono un
frutto della carne, non dello Spirito. Il brano seguente lo conferma:
Ga 5:19-21
8.1. DIVISIONE: FRUTTO DELLA RICERCA DEL POTERE 67
E’ difficile accettare che peccati quali quelli descritti nel brano precedente
possano essere presenti tra i membri della chiesa visibile.
Eppure, proprio scrivendo ad una chiesa, quella di Corinto, l’apostolo Paolo,
ispirato dal Signore, si trova ad affrontare in maniera piuttosto estesa il tema
delle divisioni, presenti nella chiesa cosı̀ come erano presenti altre opere della
carne quali la fornicazione, l’invidia, le contese.
E’ utile ricordare che non abbiamo motivi di pensare che i Corinzi fossero
peggiori di noi. All’inizio della prima epistola, Paolo li lodò per la loro fede e
il loro doni. Essi erano credenti come noi, ma stavano tollerando il peccato
in mezzo a loro e una delle manifestazioni più chiare di tale presenza erano
proprio le divisioni.
Infatti essi esaltavano un credente piuttosto che un altro causando rivalità
e dividendo la chiesa in gruppi contrapposti.
“ Infatti, dato che ci sono tra di voi gelosie e contese, non siete
forse carnali e non vi comportate secondo la natura umana? Quando
uno dice:«Io sono di Paolo»; e un altro:«Io sono d’Apollo»; non
siete forse uomini carnali?”
1 Co 3:3-4
Qualche paragrafo più indietro avevamo visto che le divisioni sono un’opera
della carne. E’ quindi logico che Paolo etichetti questo comportamento come
carnale, ovvero come tipico dell’uomo non rigenerato, un comportamento
secondo la natura dell’uomo e non secondo lo Spirito di Dio.
E’ evidente che tale atteggiamento non può essere considerato normale
per il figlio di Dio, ma piuttosto una anomalia che evidenzia una cattiva
comprensione dei doni che Dio ha dato. Infatti, esaltando alcuni uomini che
hanno dei doni e disprezzando gli altri, ci si dimentica che tutti sono servitori
del medesimo Dio che è origine dei doni degli uni e degli altri:
1 Co 3:5-8
L’apostolo Paolo non sminuisce le differenze che c’erano tra lui ed Apollo, ma
piuttosto dimostra che tali differenze contribuiscono in misura e in modo diverso
all’edificazione dell’assemblea perché ogni servitore svolge il suo ministero nel
modo che il Signore gli ha dato.
68 CAPITOLO 8. DIVISIONE O EDIFICAZIONE?
Dio ha donato doni diversi a tutti i membri del corpo affinché ognuno possa
godere del contributo dell’altro. Uno ha uno spiccato dono di evangelista,
l’altro è un ottimo insegnante, ma entrambi sono solo strumenti nelle mani di
Colui che fa crescere, il Signore.
Il Signore è l’autore della crescita. Quando pensiamo di poter trovare
nell’uomo la ragione del successo, portiamo solo divisioni e scontri all’interno
della assemblea.
Tali divisioni non portano necessariamente ad una separazione fisica. Il più
delle volte, come accadeva proprio a Corinto, si ha la nascita di diversi partiti
all’interno della stessa assemblea e, pur rimanendo fisicamente insieme, non si
ha più l’unità di intenti che dovrebbe caratterizzare una assemblea locale.
Molti sono abituati a convivere con i partiti nella assemblea. Conosco
credenti che parlano come se fosse normale che all’interno della chiesa diversi
gruppi lottino per avere la meglio.
A questo proposito, voglio ricordare che, nel medesimo capitolo della prima
epistola ai Corinti, abbiamo un monito che dovrebbe farci venire un brivido
lungo la schiena:
1 Co 3:16-17
“ Cosı̀ dunque non siete più né stranieri né ospiti; ma siete
concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio. Siete stati
edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo
Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben
collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel
Signore. In lui voi pure entrate a far parte dell’edificio che ha da
servire come dimora a Dio per mezzo dello Spirito.”
Ef 2:19-22
La chiesa è quindi un tempio che Dio costruisce sulla pietra angolare che è
il Cristo. E’ un grande privilegio fare parte di tale edificio. Ed è un grande
privilegio essere strumenti nella mani di colui che edifica la chiesa attraverso i
doni e la saggezza che solo lui può elargire:
“ È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri
come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento
dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del
corpo di Cristo. . . Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso
mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo
nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare sé stesso
nell’amore”
Ef 4:11,16
1 Co 12:4-7
1 Co 13:1-3
Amare significa servire la chiesa con i propri doni ma anche rispettare quelli
altrui.
L’amore edifica, non causa divisioni.
“ Ho anche visto che ogni fatica e ogni buona riuscita nel lavoro
provocano invidia dell’uno contro l’altro. Anche questo è vanità,
un correre dietro al vento.”
Ec 4:4
1 Co 12:24-26
2 Ti 2:23-26
Il servo lavora sempre per il bene comune. Ogni parola che dice, ogni azione
che svolge, la svolge per portare edificazione al corpo.
1 Co 14:26
Il servo non crea partiti ma sa apprezzare ogni singolo fratello o sorella che
il Signore gli ha dato:
1 Co 3:16-23
Quantità o qualità?
73
74 CAPITOLO 9. QUANTITÀ O QUALITÀ?
solo quando può esercitare il proprio dominio sul maggior numero possibile di
persone, pertanto è decisamente più interessato alla quantità, all’estensione
della sua influenza sugli altri, che alla qualità del messaggio.
Probabilmente, la maggior parte di noi si trova in mezzo a questi due
estremi e vive ogni giorno scegliendo la quantità o la qualità a fasi alterne.
Mt 7:13-14
venuto per aiutarti a risolvere i tuoi problemi, per farti essere felice”. Tutti
hanno più o meno desiderio di essere più felici e sono ben contenti che qualcuno
li aiuti a risolvere i propri problemi, quindi il messaggio diventa più accettabile.
Insomma si cerca di limare la porta stretta e di ammagliare gli aspiranti
pellegrini per dimostrargli che la via non è poi cosı̀ angusta.
Questo modo di edulcorare il messaggio della salvezza ha degli effetti
collaterali. Infatti, in questo modo rischiamo di riempire le assemblee di molti
simpatizzanti cristiani, ma pochi discepoli.
Il seguente brano viene spesso travisato e utilizzato per rendere lecita la
presentazione di un messaggio cristiano annacquato:
1Co 9:20-23
Che cosa sta dicendo Paolo? E’ questa la sua versione de “Il fine giustifica
i mezzi?”. Forse egli presentava un vangelo diverso a seconda delle persone
che gli stavano davanti pur di portarli dalla sua parte? E’ questo il senso del
brano?
Questo discorso di Paolo sembra piuttosto indicare il suo rispetto e amore
per coloro che gli stavano davanti. Egli voleva rendere gli altri partecipi del
vangelo della grazia, voleva che fossero salvati, e quindi non voleva che ci
fossero degli impedimenti, pertanto si adattava al suo uditorio cercando di
trovare un terreno comune in cui comunque potesse poi predicare il vangelo
cosı̀ com’é, senza adulterarlo!
Abbiamo nel libro degli atti diversi esempi pratici di cosa Paolo intendesse
con “mi sono fatto ogni cosa a tutti, per salvarne ad ogni modo alcuni”.
In particolare, il brano di Atti 17:16-34 è una lezione chiara. Paolo era ad
Atene dove il suo spirito era turbato dall’idolatria presente nella città. Mentre
si trovava lı̀, conversò con i giudei ma non disdegnò la conversazione con i filosofi
epicurei e stoici. Sia agli uni che agli altri, Paolo predicava lo stesso messaggio,
ma ovviamente usava un linguaggio diverso. Con gli uni (giudei) poteva rifarsi
al linguaggio delle scritture che essi conoscevano, mentre con gli altri (greci)
doveva partire da un terreno su cui loro si sentivano forti, la filosofia. Ciò
significa che a questi ultimi Paolo non predicò il vangelo? Se leggiamo bene il
76 CAPITOLO 9. QUANTITÀ O QUALITÀ?
verso 18, scopriamo che Paolo aveva annunciato la resurrezione di Gesù anche
a loro. Questo li incuriosı̀ al punto che lo condussero nell’Areopago.
At 17:20
Per loro erano cose strane quelle che Paolo predicava. Tuttavia egli era
riuscito ad attirare la loro attenzione.
A quel punto Paolo pronunciò il famoso discorso riportato in At 17:22-31
che comincia cosı̀:
At 17:22-23
Partendo in questo modo Paolo comincia a parlare del Dio della bibbia,
il Dio creatore dei cieli e della terra che non abita in templi fatti da mani
d’uomo, un Dio che non è una statua d’oro o di argento ma è vivo come noi
perchè noi siamo sua discendenza. Paolo arriverà a introdurre anche i concetti
di ravvedimento, giustizia e risurrezione.
E’ un brano straordinario che ci mostra la saggezza che il Signore dona
ai propri servi. Qui abbiamo un Fariseo istruito fin da piccolo nella legge del
Signore che parla di fronte a persone idolatre che ignoravano del tutto la legge.
Eppure, nelle sue parole vediamo una grazia straordinaria, che solo Dio poteva
dargli, per poter annunciare la salvezza nel Cristo risorto anche a loro partendo
da concetti che essi potevano capire, usando un linguaggio a loro comprensibile.
Teniamo presente che dopo questo messaggio molti si beffavano di lui, ma
alcuni si unirono a lui, dandogli quindi la possibilità di spiegare loro ancora
meglio chi era quell’uomo che Dio aveva risuscitato dai morti e facendogli capire
bene il messaggio del vangelo al punto che alcuni credettero (At 17:32-33).
Egli aveva ottenuto il fine di raggiungerli con il vangelo andando loro
incontro ma senza adulterare il messaggio. D’altra parte il vanto di Paolo nei
suoi scritti era proprio questo:
1 Co 2:2
9.2. IL VERO PROBLEMA: IL PECCATO 77
2 Ti 4:3-4
nascere di nuovo. Se ciò non accade, non avremo delle conversioni ma solo
degli affiliati.
Tutti noi desideriamo vedere quantità, persone che si avvicinano al vangelo,
grandi folle che credono in Gesù. Gioiamo quando anche una sola anima
riconosce il Signore Gesù come Salvatore e Signore.
Tuttavia, non si può cedere alla tentazione di avere chiese locali numerose
a scapito del messaggio del vangelo stesso.
L’obiettivo è crescere, ma dobbiamo essere determinati a crescere nel modo
giusto, confidando nella qualità del messaggio che il Signore ci ha affidato e
non nella nostra capacità di attrarre le folle.
La parola del Signore ha una potenza intrinseca, una capacità di parlare
alle anime che noi, con tutta la nostra arte oratoria, non potremo mai riuscire
ad emulare:
Eb 4:12
far frutti buoni. Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e
gettato nel fuoco. Li riconoscerete dunque dai loro frutti.”
Mt 7:15-20
Il falso profeta, come il lupo, non ama le pecore ma ama se stesso e vuole
soddisfare il proprio appetito. Cosı̀ se vogliamo percorrere la via stretta
dobbiamo stare attenti a non confondere i servi del Signore con i falsi profeti
che possono anche avere un certo successo dal punto di vista umano, tuttavia
portano frutti cattivi. Tanti frutti ma cattivi.
Questi falsi profeti vengono in vesti da pecore quindi si confondono in
mezzo al gregge. Tuttavia, possono essere riconosciuti dai frutti.
E’ piuttosto facile associare il frutto alla crescita numerica di un movimento
o gruppo religioso. Ma la via larga, quella che conduce alla perdizione, viene
percorsa da molti, per cui ciò implica che anche gli alberi cattivi portano molto
frutto. Anzi, si direbbe che portino più frutto di quelli buoni.
Persone come Sai Baba (popolare maestro spirituale indiano) riescono a
influenzare quantità enormi di persone. Questo fa di loro dei grandi uomini di
Dio?
D’altra parte, Gesù non dice che l’albero cattivo fa pochi frutti e che il
buono ne fa molti. Entrambi portano frutto ma ciò che li contraddistingue è la
qualità, la bontà del frutto, indipendentemente dalla quantità.
La crescita, quindi, non è l’unica garanzia di qualità. Non possiamo
permetterci di giudicare un ministero, anche se sotto il cappello della cristianità,
dal fatto che riscuota o meno successo.
Ma se il frutto non si giudica dall’abbondanza ma dalla sua qualità, come
possiamo misurarlo? Semplice: andiamo all’albero e ne assaggiamo i frutti.
Il frutto principale che deve manifestarsi nella vita del servo, aldilà del
fatto che il suo ministero abbia o meno una grande estensione è la qualità della
sua vita e delle vite che tale ministero influenza.
Mt 7:21-23
83
84 CAPITOLO 10. TALE PADRE, TALE FIGLIO
Mt 4:8-9
2Te 2:3-4
2Te 2:8-9
Ap 20:7-8
Ge 3:4-5
No, non morirete affatto. Dio aveva detto chiaramente che sarebbero
morti ma Satana contraddice il Signore. D’altra parte é scritto che Satana,
«Quando dice il falso, parla di quel che è suo perchè è bugiardo e padre della
menzogna.»(Giov 8:44).
Sarete come Dio. Ecco un’altra bugia. Satana aspira ad essere come Dio e,
come abbiamo visto, nella persona dell’anticristo, esprimerà pienamente questo
desiderio. Nell’Eden, egli semina nella razza umana questo seme della ricerca
del potere, dell’orgoglio, dell’ambizione.
Ma la ribellione ha portato l’uomo a conseguenze ben diverse da quelle
prospettate dal serpente.
Leggiamo le parole che Dio rivolse al serpente, alla donna e all’uomo dopo
il peccato:
il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da
cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai».
Ge 3:15-19
Ro 8:6-8
Ciò che la carne desidera é inimicizia contro Dio a causa del peccato.
L’antidoto all’inimicizia è la riconciliazione, ma l’uomo è incapace di
riconciliare se stesso con Dio, con i propri simili e con l’ambiente in cui
vive.
Ecco perché abbiamo bisogno di Gesù, il Messia.
cosa, sul mare, sulla vegetazione, su tutti gli animali, sul raccolto, sul ciclo
delle stagioni.
Dio ha progettato e realizzato ogni cosa nei minimi dettagli. Ed ogni cosa
gli è sottoposta:
Chi è questa progenie della donna che avrebbe schiacciato la testa del
serpente se non Gesù Cristo?
Fi 2:3-11
“ Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure colui che
serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in mezzo a voi
come colui che serve.”
Lc 22:27
Colui che ha il potere, colui per il quale l’universo stesso esiste, colui che è
chiamato la parola di Dio, si è abbassato al punto da manifestarsi in carne:
Gv 1:1
Gv 1:14
Come sommo sacerdote egli è stato mediatore fra Dio e gli uomini, rispon-
dendo ubbidientemente alla chiamata di Dio:
Eb 5:5
Eb 10:5-7
10.2. DIO, CRISTO E IL SERVIZIO 89
Gv 8:29
Mentre Satana è bugiardo fin dal principio, in Cristo abbiamo solo verità
perchè Lui è verità:
Gv 1:14
Gv 10:17-18
2C 13:4
Ro 5:18-19
Rom 5:6-10
At 4:12
“ E’ entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con
sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Cosı̀ ci ha
acquistato una redenzione eterna. ”
Eb 9:12
Co 2:15
At 2:24
Egli è venuto per servire e ha dato la sua vita come prezzo di riscatto per
le nostre vite, ma la morte non poteva trattenerlo. Egli è risorto. Egli è vivo!
Fil 2:9-10
ferro, e pigerà il tino del vino dell’ira ardente del Dio onnipotente.
E sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: RE DEI RE
E SIGNORE DEI SIGNORI. ”
Ap 19:11-16
Ap 20:2,10
“ Voi siete figli del diavolo, che è vostro Padre, e volete fare i
desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e
non si è attenuto alla verità, perché non c’è verità in lui.”
Gv 8:44
L’Anticristo è colui che più di tutti farà la volontà del padre suo, che è il
diavolo, ma egli non è il solo:
1Gv 2:18-19
10.3. DI CHI SIAMO FIGLI? 93
Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri. E’ un verso che
fa venire i brividi, ma dobbiamo accettarlo per quello che dice: in mezzo ai
credenti, vi sono degli infiltrati, degli anticristi che imitano e fanno la volontà
del padre loro.
Questo è confermato anche dall’apostolo Paolo mentre metteva in guardia
la chiesa di Corinto:
2C 11:13-15
2 C 2:10
Noi che abbiamo creduto in Cristo, possiamo manifestare già oggi il suo
carattere, perché egli opera in noi attraverso il suo spirito.
Non abbiamo bisogno di vivere per il potere.
Scegliamo oggi di servire il Signore.
Invece di passare il tempo, come facevano i discepoli, a chiedersi chi fosse
il maggiore, seguiamo le orme di Gesù:
Mc 10:43-45