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Omar Stroppiana

Potere o Servizio?

Due modi di vivere


ii

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Indice

Indice iii

Introduzione 1

Capitolo 1. Ambizione o Chiamata? 3


1.1 La strada di Adonia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 La strada di Salomone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.3 La strada di Diotrefe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.4 La strada di Demetrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.5 La strada di Dio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

Capitolo 2. Invidia o servizio disinteressato? 13


2.1 Invidia e potere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2 Servizio disinteressato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.3 Un incarico inaspettato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

Capitolo 3. Apparenza o sostanza? 21


3.1 Gli occhi di Samuele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.2 Gli occhi dei Corinti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.3 I nostri occhi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

Capitolo 4. Competizione o cooperazione? 29


4.1 Uno spirito di competizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
4.2 Uno spirito di cooperazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
4.3 Una battaglia comune . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

Capitolo 5. Forza o debolezza? 37


5.1 Una forza effimera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
5.2 Una debolezza necessaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
5.3 Un esempio a metà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
5.4 Voglio essere debole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

Capitolo 6. Doppiezza o integrità? 45


6.1 La doppiezza del despota . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

iii
iv Indice

6.2 L’integrità del servo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48


6.3 Una sfida per oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

Capitolo 7. Due alberi, due frutti 55


7.1 Potere: l’uomo al centro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
7.2 Servizio: Dio al centro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
7.3 Frutti eterni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

Capitolo 8. Divisione o edificazione? 65


8.1 Divisione: frutto della ricerca del potere . . . . . . . . . . . . . 65
8.2 Edificazione: frutto del servizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
8.3 Usami per edificare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

Capitolo 9. Quantità o qualità? 73


9.1 Marketing o evangelizzazione? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
9.2 Il vero problema: il peccato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
9.3 Alberi e frutti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
9.4 Un ministero di qualità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

Capitolo 10. Tale padre, tale figlio 83


10.1 Satana, l’anticristo e il potere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
10.2 Dio, Cristo e il servizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
10.3 Di chi siamo figli? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
Introduzione

Potere o servizio? Sono passati più di dieci anni dalla prima volta in cui mi
misi a riflettere su questo tema.
Lo ricordo come fosse ieri. Avevamo chiesto ad alcuni ragazzi e ragazze di
aiutarci nella gestione e organizzazione degli incontri per il gruppo giovanile
di cui eravamo coordinatori. Dopo alcune settimane, ci siamo accorti che il
malumore serpeggiava tra i membri del gruppo. Il motivo fu subito chiaro:
il servizio che quei ragazzi svolgevano veniva percepito dagli altri come una
posizione di privilegio, di potere. . .
In un modo o nell’altro, tutti abbiamo un problema con la ricerca dell’au-
tocompiacimento e con il desiderio di prevalere sugli altri, non solo le persone
che occupano posti di grande responsabilità. Provate a mettere il naso in una
cucina, provate a fare le pulizie nella vostra chiesa locale, partecipate ad una
campagna di evangelizzazione. Non importa l’ambito in cui ci troviamo ad
operare. La tentazione di servire noi stessi anziché il Signore sarà sempre
presente in quanto é una delle principali conseguenze del peccato.
Nelle meditazioni che ho raccolto in questa serie, esamineremo il comporta-
mento di diversi personaggi e impareremo dalle loro azioni la differenza che c’è
tra il servire il Signore e servire noi stessi, tra un vero spirito di servizio e uno
spirito di potere.
Come gran parte degli studi biblici, un effetto collaterale di queste me-
ditazioni é quello di essere portati a vedere similitudini vere o presunte tra
i personaggi più negativi ed alcuni fratelli che non ci sono particolarmente
simpatici. Resistiamo a questa tentazione, vi prego. La mia speranza é che un
grande numero di voi si trovi piuttosto ad esclamare:“Quell’uomo sono io!”. Se
questo dovesse accadere, non vi turbate perché é lo specchio della parola che
sta facendo il suo effetto. Non mettetelo via dimenticando subito ciò che avete
visto. Sarebbe una occasione sprecata (Gc 1:23-25).

1
Uno

Ambizione o Chiamata?

Volontà di ottenere qualcosa che si desidera ardentemente. Il dizionario definisce


in questo modo la parola ambizione.
L’ambizione non é di per se qualcosa di negativo ma cosa accade quando
ciò che l’uomo desidera ardentemente non é ciò che il Signore ha preparato per
lui? Cosa accade quando l’ambizione personale non va di pari passo con la
chiamata di Dio?

1.1 La strada di Adonia


Non si può certo dire che il re Davide abbia ricevuto molte soddisfazioni dai
suoi figli. Absalom, qualche anno prima aveva cercato di togliergli il regno, lo
aveva svergognato davanti a tutto Israele, e lo aveva costretto a fuggire per
salvarsi la vita. Ora, un altro dei suoi figli, Adonia, incurante della volontà
del padre, stava architettando un piano per diventare re a scapito del fratello
Salomone:

Adonia, figlio di Agghit, mosso dall’ambizione, diceva:“Sarò io il


re!” E si procurò carri, cavalieri, e cinquanta uomini che correvano
davanti a lui. Suo padre non gli aveva mai fatto un rimprovero
in vita sua, dicendogli:“Perché fai cosı̀?” Adonia era inoltre di
bellissimo aspetto, ed era nato subito dopo Absalom. Egli prese
accordi con Ioab, figlio di Seruia, e con il sacerdote Abiatar; essi
si misero dalla sua parte e lo favorirono. Ma il sacerdote Sadoc,
Benaia, figlio di Ieoiada, il profeta Natan, Simei, Rei e gli uomini
valorosi di Davide non erano dalla parte di Adonia. Adonia sacrificò
pecore, buoi e vitelli grassi vicino al masso di Zoelet, che è accanto
alla fontana di Roghel, e invitò tutti i suoi fratelli, figli del re, e
tutti gli uomini di Giuda che erano al servizio del re; ma non invitò
il profeta Natan, né Benaia, né gli uomini valorosi, né Salomone
suo fratello.

3
4 CAPITOLO 1. AMBIZIONE O CHIAMATA?

1 R 1:5-10

Questo brano evidenzia alcune caratteristiche dell’uomo che coltiva una


ambizione contraria alla volontà di Dio:

1. alterigia;

2. realizzazione di un piano per raggiungere l’obiettivo;

3. ricerca di consensi;

4. lotta contro i veri servitori Di Dio.

Vediamo passo dopo passo la strada percorsa da Adonia.

1.1.1 Alterigia
“Sarò io il re!”, questa frase echeggiava nello spazio compreso tra le orecchie di
Adonia e lo riempiva di eccitazione.
Voltaire aveva proprio ragione quando scrisse:“Non l’amore bisognava di-
pingere cieco, ma l’amor proprio”. Immagino Adonia mentre cammina tra
le strade di Gerusalemme, avanzando con il petto gonfio e lo sguardo altero,
ripetendosi il medesimo ritornello:“Sarò io il re!”.
Quelle parole suonavano davvero bene. D’altra parte Amnon, il primogenito
di Davide, era morto da tempo, assassinato dal fratello Absalom. Il tentativo di
colpo di stato di Absalom, poi, non lo aveva portato più lontano di un terebinto
nella foresta di Efraim in cui i suoi bellissimi capelli si erano impigliati dando
al perfido Joab l’occasione di liberarsi di lui (2 S 18:9-15). Insomma, la strada
per Adonia sembrava essere sgombra da ostacoli ed egli si era convinto di essere
la persona giusta per regnare al posto di Davide suo padre. Probabilmente, il
tranquillo Salomone non gli era sembrato il tipo che potesse mettergli i bastoni
tra le ruote.
Dio aveva indicato Salomone come successore di Davide(1 Cr 22:7-10), ma
Adonia non é interessato né alla volontà di Davide suo padre né alla volonta di
Dio. “Sono l’uomo giusto per questo lavoro” pare pensare Adonia, rispondendo
ad un telefono che non stava assolutamente squillando.
Adonia aveva una posizione da raggiungere, una posizione che Dio non
gli aveva dato ma che il suo cuore desiderava più di ogni altra cosa: essere il
re di Israele! Egli era un “bimbo” viziato (Nota il v.6: Davide non gli aveva
mai fatto un rimprovero in vita sua) che quando si mette in testa una cosa la
vuole ottenere a tutti i costi. Essere re comportava delle grandi responsabilità,
ma Adonia pare non preoccuparsene . Egli voleva un giocattolo nuovo ed era
convinto che il suo papà, come sempre, non glielo avrebbe negato.
1.1. LA STRADA DI ADONIA 5

1.1.2 Piano per raggiungere l’obiettivo


Se il Signore non prende l’iniziativa, se il Signore non chiama, allora é l’uomo
a prendere l’iniziativa e a procurarsi i mezzi per realizzare i propri obiettivi.
Cosı̀, Adonia si da molto da fare per soddisfare la sua bramosia di potere.
Nella sua superbia, egli era convinto di poter essere il re di Israele ma ora
si trattava di convincere gli altri.
Il suo aspetto era già bellissimo (1 Re 1:6), ma occorrevano alcuni “status
symbol” per essere davvero un re agli occhi della gente. Cosı̀, Adonia fa
esattamente quello che aveva fatto Absalom prima di lui (2S 15:1):

E si procurò carri, cavalieri, e cinquanta uomini che correvano


davanti a lui

1Re 1:5

Il nostro aspirante re, si procura, in sostanza, tutto ciò di cui aveva bisogno
per apparire ciò che non era: carri, cavalieri, e uomini che correvano davanti a
lui.
Oh, che impressione doveva fare tutto questo! Adonia sembrava proprio un
re!
Non è questa la logica del mondo? Dio non ti ha chiamato? Non c’è
problema.
Se Dio non ti ha detto che sarai re, dovrai fare in modo che la gente pensi
che tu lo sia e il gioco è fatto.

1.1.3 A caccia di consensi


Cosa potrebbe fare una persona ambiziosa senza qualcuno che la appoggi? Non
gli resterebbe che mangiarsi il fegato nell’impossibilità di ottenere ciò che il
suo cuore desidera.
Purtroppo, é facile vedere un uomo che ama il Signore rimanere isolato
e incompreso mentre, con altrettanta facilità, uomini pieni di sé stessi sono
circondati da orde di ammiratori. Il potere attira più sostenitori di quanto
riesca a fare il servizio.
Cosı̀, dove c’è qualcuno che aspira ad un posto che non gli spetta, ci sono
sempre altri pronti a sposare la sua causa. Non siamo quindi sorpresi nel
leggere che due figuri del calibro di Ioab e Abiatar abbiano deciso di salire a
bordo della giostra di Adonia.
Procurarsi dei consensi é essenziale per realizzare il piano di Adonia. Cosı̀,
dopo essersi procurato degli alleati, non gli restava che organizzare una festa con
tanto di sacrifici di prim’ordine: buoi e vitelli grassi. Un’ottima performance
religiosa era essenziale per attirare ancora più simpatie.
6 CAPITOLO 1. AMBIZIONE O CHIAMATA?

1.1.4 Lotta contro i servi di Dio


Adonia non aveva ancora toccato il fondo.
Dando una occhiata alla lista degli invitati di Adonia non troviamo traccia
di Salomone e di coloro che lo supportavano, Natan, Benaia e gli uomini valorosi
di Davide.
Non é certo un caso.
Chi cerca il potere che Dio non gli ha dato è costretto a mettersi contro
coloro che Dio ha scelto. Salomone, il legittimo aspirante al trono di Davide
diventa un nemico da cui difendersi, e con lui tutti quelli che lo appoggiano.
L’ambizione non basata sulla volontà di Dio porta ad essere faziosi. Vi ricordate
cosa aveva fatto Absalom, fratello di Adonia qualche anno prima?

Absalom si alzava la mattina presto e si metteva da un lato della


via che conduceva alle porte della città; quando qualcuno aveva
un processo e si recava dal re per chiedere giustizia, Absalom lo
chiamava e gli chiedeva: «Di quale città sei?» L’ altro gli rispondeva:
«Il tuo servo è di tale e tale tribù d’ Israele». Allora Absalom gli
diceva: «Vedi, la tua causa è buona e giusta, ma non c’ è chi
sia delegato dal re per sentirti». Poi Absalom aggiungeva: «Oh,
se facessero me giudice del paese! Chiunque avesse un litigio o
reclamo verrebbe da me e io gli farei giustizia». Quando uno gli si
avvicinava per prostrarsi davanti a lui, egli gli porgeva la mano, l’
abbracciava e lo baciava. Absalom faceva cosı̀ con tutti gli Israeliti
che venivano dal re per chiedere giustizia; in questo modo Absalom
conquistò il cuore della gente d’ Israele.
2Sam 15:2-6

Absalom aveva screditato il re Davide, suo padre, per portare il popolo


di Israele dalla sua parte. “Questo re lascia a desiderare, ma se ci fossi io mi
interesserei di voi, le cose cambierebbero, ci sarebbe qualcuno che vi ascolti”,
diceva Absalom per conquistare le persone semplici.
Chi cerca il potere non si ferma davanti a nessuno, neanche di fronte agli
affetti naturali.
Absalom si mette contro suo padre.
Adonia si mette contro suo fratello.
Si, direi che ora il fondo é stato proprio raggiunto.

1.2 La strada di Salomone


“Il re Salomone mi giuri oggi che non farà morire di spada il suo servo” (1Re
1:51), balbettava Adonia mentre si teneva aggrappato ai corni dell’altare.
Qualche ora prima, Adonia stava ancora consumando il lauto pasto del
suo banchetto quando gli era giunta notizia che Davide aveva fatto incoronare
1.3. LA STRADA DI DIOTREFE 7

Salomone come re di Israele (1Re 1:41-48). Tutti i convitati sparirono ancora


con il boccone in bocca, con la stessa rapidità con cui si erano uniti ad Adonia.
Ora, Adonia aveva paura. L’uomo che qualche ora prima si autoproclamava
re di Israele, ora temeva per la sua vita.
Suo fratello Salomone non aveva avuto bisogno di lottare.
Non aveva dovuto cercare alleati.
Non aveva fatto piani per raggiungere l’obiettivo.
Mentre Adonia ambiva ad una posizione che Dio non aveva preparato
per lui, Salomone non aveva fatto altro che attendere la realizzazione della
promessa di Dio.
Mentre Adonia si stava dando un gran da fare per cercare alleati, Salomone
poteva contare sugli uomini fidati di Davide. Gli uomini che amavano il loro re
Davide, non si misero dalla parte di Adonia. Sadoc, Benaia, Sadoc, Simei, Rei
e gli uomini valorosi di Davide rimasero al loro posto non cadendo nel tranello
di Adonia. Sia ringraziato il Signore perchè ci sono sempre uomini che sanno
discernere chi è stato unto dal Signore da chi è semplicemente sporco di olio.
Chi conosce quale sia la volontà di Dio non ha bisogno di procurarsi degli
amici e di dimostrare agli altri qualcosa. Salomone non doveva fare altro che
riposare nelle promesse di Dio e aspettare il giorno in cui suo padre Davide gli
avrebbe lasciato il regno.
Non bastava sembrare un re. Non bastava darsi arie da re. Non bastavano
i carri, i cavalieri e i portaborse. Occorreva l’unzione di Dio, la sua chiamata,
il suo favore. In mancanza di queste cose, Adonia non poteva fare altro che
restare attaccato ai corni dell’altare confidando nella magnanimità di suo
fratello.
Quando il Signore promette qualcosa, non abbiamo bisogno di forzare gli
eventi. Egli manterrà le sue promesse per realizzarle al momento opportuno.

1.3 La strada di Diotrefe


Adonia è un personaggio vissuto in un’epoca talmente diversa dalla nostra
che si potrebbe faticare a trovare applicazioni pratiche per noi. Qualcuno,
a questo punto, potrebbe dire:“Oggi, nessuno di noi può aspirare al regno.
Inoltre, noi siamo dei credenti, abbiamo lo Spirito Santo. Non siamo sciocchi
come Adonia”.
E’ vero, non possiamo aspirare al regno. Tuttavia, il desiderio di prevalere
sugli altri, di dominarli, di dire loro cosa devono o non devono fare, è qualcosa
che tormenta anche gli uomini del ventunesimo secolo; purtroppo non é cosa
infrequente neanche tra i cristiani.
Non vi sembra possibile? Leggete il seguente brano:

Ho scritto qualcosa alla chiesa; ma Diotrefe, che aspira ad avere


il primato tra di loro, non ci riceve. Perciò, se vengo, io ricorderò
tutte le opere che fa, sparlando contro di noi con parole maligne; e
8 CAPITOLO 1. AMBIZIONE O CHIAMATA?

non contento di questo, non solo non riceve egli stesso i fratelli, ma
a quelli che vorrebbero riceverli impedisce di farlo, e li caccia fuori
dalla chiesa.

3 Gio 9-10

Non vi sembra che questo Diotrefe sia descritto proprio come un Adonia
neotestamentario?
Eppure Diotrefe è un membro della chiesa, anche se vissuto quasi duemila
anni fa.
L’azione di Diotrefe si svolgeva nella assemblea locale e quindi egli non
poteva certamente aspirare alla carica di re come Adonia, tuttavia egli era
guidato dagli stessi principi che avevano animato Adonia:

• Alterigia: Se Adonia passeggiava nelle strade di Gerusalemme ripeten-


dosi:“Saró io il re”, possiamo immaginare Diotrefe che passeggiava nelle
strade della sua cittá pensando:“Saró io l’uomo piú in vista della as-
semblea”. Certo, si tratta di una posizione ben diversa da quella a cui
aspirava Adonia ma la motivazione è sempre la stessa: avere il primato,
poter dominare sugli altri, il desiderio di chi cerca il potere.

• Piano per raggiungere l’obiettivo: Avete provato a chiedervi perchè mai


Diotrefe non voleva ricevere un apostolo? Se pensiamo al suo desiderio di
avere il primato, non sarà difficile rispondere a questa domanda. Proviamo
a metterci nei panni di Diotrefe per capire cosa poteva passargli per la
testa. Certo, si tratta di speculazione, ma sono convinto che non andremo
molto lontano dalla realtà. Egli voleva avere il primato nella chiesa, ma,
evidentemente sapeva che quello non era proprio il suo posto e quindi
temeva che un apostolo come Giovanni potesse evidenziare di fronte alla
chiesa la sua non idoneità ad occupare quella posizione. Cosa poteva fare
per evitare che Giovanni gli mettesse i bastoni tra le ruote? Rifiutarsi di
invitarlo e costringere anche gli altri credenti a comportarsi nello stesso
modo. Come Adonia, anche Diotrefe aveva un piano per raggiungere il
suo obiettivo.

• A caccia di alleati: é assolutamente impossibile che un uomo che aspiri ad


avere il primato ci riesca se non ha almeno un piccolo numero di persone
che lo sostengono. Quando un uomo si comporta nel modo descritto
eppure viene tollerato dalla assemblea, é evidente che si era saputo
procurare degli alleati. Probabilmente, il suo comportamento verso
Giovanni serviva ad evitare di perdere un certo numero di sostenitori.

• I giusti diventano nemici: purtroppo, per poter raggiungere l’obiettivo


prefissato, Diotrefe doveva andare fino in fondo. Non si poteva impedire
ai fratelli di ricevere Giovanni senza una motivazione, ma siccome non
1.4. LA STRADA DI DEMETRIO 9

c’erano motivazioni valide, non trovava niente di meglio da fare che


sparlare contro Giovanni con parole maligne. In questo modo, anche
egli, passeggiando per la strada di Adonia, finisce con il mettersi contro i
veri servitori di Dio. Vi ricordate cosa faceva Absalom alle porte della
cittá screditando Davide? Possiamo immaginare Diotrefe mentre faceva
una attività simile alle porte della chiesa screditando un servitore di Dio
come Giovanni. Che immagine triste.

L’uomo non si comporta in maniera diversa se si tratta di aspirare al regno,


di essere presidente di una societá di calcio o anziano di chiesa. Se é guidato
dall’ambizione finirà per manifestare un certo tipo di comportamento che lo
porterà ad allontanarsi inesorabilmente dalla volontà di Dio.

1.4 La strada di Demetrio


Nel brano che abbiamo appena riportato, subito dopo aver parlato di Diotrefe,
l’apostolo Giovanni afferma:

Carissimo, non imitare il male, ma il bene. Chi fa il bene è da


Dio; chi fa il male non ha visto Dio.

3 Gio 11

E’ ovvio il riferimento a Diotrefe come persona da non imitare. Ma dove tro-


vare esempi di bene da imitare? Giovanni ne cita subito uno che probabilmente
si trovava proprio in mezzo a loro.

A Demetrio è stata resa buona testimonianza da tutti e dalla


stessa verità; e anche noi gli rendiamo testimonianza e tu sai che
la nostra testimonianza è vera.

3 Gio 12

Mentre Diotrefe cerca il primato e si agita per ottenerlo, Demetrio viene


lodato e raccomandato da Giovanni perchè egli rende buona testimonianza con
la sua vita.
La chiesa di Gaio stava sopportando Diotrefe e la sua prepotenza e l’a-
postolo Giovanni sembra quasi voler aprire loro gli occhi sul fatto che nella
loro assemblea ci sono persone come Demetrio che meriterebbero maggiore
attenzione: “Invece di dare retta a Diotrefe, ci avete fato caso a quel Demetrio
che ha ricevuto buona testimonianza da parte delle persone, si comporta bene,
ed è raccomandato da Dio stesso (gli è stata resa testimonianza dalla stessa
verità)?”
10 CAPITOLO 1. AMBIZIONE O CHIAMATA?

1.5 La strada di Dio


Il Signore ha i suoi criteri per scegliere i suoi servitori e chiamarli al servizio
che egli vuole affidare loro.
A riguardo del regno di Israele Dio aveva dato delle indicazioni precise:

Quando sarai entrato nel paese che il Signore, il tuo Dio, ti dà
e ne avrai preso possesso e lo abiterai, forse dirai:“Voglio avere un
re come tutte le nazioni che mi circondano”. Allora dovrai mettere
su di te come re colui che il Signore, il tuo Dio, avrà scelto.

Deu 17:14-15

Colui che Dio avrà scelto.


Saul era stato scelto dal Signore.
Davide era stato scelto dal Signore.
Salomone era stato scelto dal Signore.
Ad Adonia non restava che tenersi aggrappato ai corni dell’altare implorando
per la sua vita.
Era Dio che sceglieva i re. Era Dio che sceglieva i sacerdoti e i profeti. Ed
è ancora Dio che oggi, nella sua assemblea, dona ai credenti i carismi necessari
per la crescita della assemblea. L’uomo deve solo riconoscere i doni che Dio ha
dato per il bene comune.
“Oh se ci fossi io come anziano di chiesa le cose qui potrebbero davvero
cambiare... I responsabili fanno quello che possono, ma se ci fossi io le cose
potrebbero davvero cambiare”. Purtroppo, come Absalom, critichiamo e
disprezziamo gli uomini che Dio ha donato alla chiesa e spesso rispondiamo a
chiamate che il Signore non ha mai fatto.
Pensiamo di poter avere tutto ciò che vogliamo. Cosı̀, non ha molta
importanza quale sia la volontà di Dio per la nostra vita o quali doni ci abbia
dato, perchè abbiamo già deciso che saremo noi il solista del coro, il responsabile
del gruppo giovanile, l’anziano dell’assemblea. . .
E guai, se qualcuno ci vuole togliere il nostro giocattolo. Guai se qualcuno
ci fa notare che non siamo adatti per svolgere un determinato lavoro o avere
un determinato ruolo nella chiesa. A quel punto ci offendiamo, sbattiamo i
piedi e minacciamo di andarcene.
Bambini viziati. Magari con dieci, venti o più anni di conversione alle
spalle. E senza rendercene conto abbiamo cominciato a percorrere la strada di
Adonia.
Viviamo in un’epoca in cui l’immagine é tutto. Viviamo in un mondo in cui,
più che mai, apparire é più importante che essere. Cosı̀, anche nella assemblea,
siamo spesso indaffarati a promuovere una certa immagine di noi per ottenere
qualcosa in cambio dagli altri credenti, per realizzare il nostro obiettivo.
Anche oggi ci sono dei Salomone che si basano sulle promesse del Signore e
attendono con pazienza che il Signore li chiami a svolgere l’incarico per cui li
1.5. LA STRADA DI DIO 11

ha dotati, e ci sono degli Adonia che sono costretti a cercare degli alleati e a
cercare di convincere gli altri del proprio valore.
Anche oggi ci sono dei Demetrio che hanno ricevuto da Dio dei doni, hanno
ricevuto una buona testimonianza da parte di tutti, sono raccomandati da Dio
stesso, e ci sono dei Diotrefe che combattono per per avere il primato nella
chiesa del Signore.
Purtroppo, a volte, le assemblee sono succubi degli Adonia e dei Diotrefe,
mentre da qualche parte, tra le panche dell’assemblea, ci sono dei Salomone
che aspettano con fiducia l’incarico che Dio gli vuole conferire e dei Demetrio
che rendono buona testimonianza con la loro vita operando con i doni che Dio
gli ha dato.
Che Dio guidi la sua chiesa a discernere il servitore dal despota e a non
cedere all’inganno delle apparenze.
E che Dio illumini ognuno di noi per discernere quale strada stiamo percor-
rendo. Quella di Adonia o quella di Salomone? Quella di Diotrefe o quella di
Demetrio?
Due

Invidia o servizio disinteressato?

Poche cose possono rovinare la propria vita quanto l’invidia.

Un cuore calmo è la vita del corpo, ma l’invidia è la carie delle


ossa.

Pr 14:30

L’invidia toglie la pace a chi la coltiva, rodendo l’uomo dall’interno come


un insaziabile parassita.
L’invidia ci rende insoddisfatti del nostro stato e tristi per la felicità o il
benessere altrui. In tali condizioni, diventa difficile servire il Signore con gioia
e sincerità.
Core e suoi compagni di ribellione ne sapevano qualcosa.

2.1 Invidia e potere


La lettura di Numeri 16 ci offre una occasione per riflettere sull’invidia e sulle
sue conseguenze.
Ragionando secondo la logica del potere, la guida del popolo di Israele
doveva essere qualcosa di straordinario a cui aspirare.
Agli occhi di Core, Datam e Abiram, Mosè doveva essere davvero una
persona privilegiata. Quanto avrebbero voluto essere al suo posto. . .
Non riuscivano a vedere la pesantezza del servizio che Dio aveva affidato a
Mosè, ma solo un posto di comando per cui provare invidia.
Perché proprio Mosè ed Aronne avrebbero dovuto guidare Israele? Cosa
avevano di speciale costoro? Queste domande dovevano essere state più volte
il tema delle loro conversazioni fino a quando il vaso dell’invidia fu pieno e
traboccò in questo modo:

13
14 CAPITOLO 2. INVIDIA O SERVIZIO DISINTERESSATO?

Basta! Tutta la comunità, tutti, dal primo all’ultimo, sono santi,


e il Signore è in mezzo a loro; perché dunque vi mettete al di sopra
dell’assemblea del Signore?

Num 16:3

2.1.1 Falsi presupposti


Come abili uomini politici, i ribelli hanno accostato una verità ad una bugia
per rendere la bugia meno evidente agli occhi del popolo.
Era infatti vero che tutto Israele era un popolo santo per il Signore. Era
altresı̀ vero che il Signore era in mezzo a loro. Ma non era assolutamente vero
che Mosè ed Aronne si fossero messi arbitrariamente al di sopra dell’assemblea.
Ai loro occhi, o almeno cosı̀ volevano far credere al popolo, Mosè ed Aronne
non stavano esercitando un servizio per il Signore ma stavano assumendo il
ruolo di capi:

Ti sembra poco l’averci fatto uscire da un paese dove scorre il


latte e il miele, per farci morire nel deserto? Vuoi elevarti su di noi
come un capo?

Nu 16:13

Un capo. E’ questo il chiodo fisso di chi vive per il potere: coloro che hanno
ricevuto un compito di responsabilità da parte del Signore vengono visti come
dei capi. Ed é proprio questo il problema: é difficile invidiare un servo mentre
non c’è niente di più facile che invidiare un capo.
Cosı̀ chi vede, ad esempio, il ruolo di anziano come un ruolo di potere, può
arrivare a fare affermazioni sconsiderate come questa:«Tutti siamo figli di Dio,
salvati per grazia, perché tu dovresti essere un anziano di questa assemblea e
io no?». L’invidia porta a giocare con le mezze verità come aveva fatto Core.
Era facile creare confusione tra la santità del popolo di Israele e la specificità
dell’incarico dato a Mosè, cosı̀ come è facile creare confusione tra il sacerdozio
universale dei credenti e la diversità di doni che il Signore elargisce.
L’invidia é come una lente che distorce la realtà. Finché non ci si toglie
quella lente é davvero difficile riuscire a servire il Signore.

2.1.2 Vi sembra poco?


Un aspetto spesso sottovalutato dell’invidia del servizio altrui é l’implicito
disprezzo verso ciò che il Signore ci ha dato.
Quelli che si sono ribellati insieme a Core non erano degli emarginati, ma
erano tutti uomini autorevoli e rinomati nella comunità di Israele (Nu 16:1-2).
Avevano un ruolo importante nella comunità ma questo non bastava loro.
2.1. INVIDIA E POTERE 15

Core, ad esempio, era un levita e quindi svolgeva il servizio nel tabernacolo.


Ma l’invidia verso Mosè lo portò a disprezzare ciò che il Signore gli aveva dato.
Per questo, Mosè lo redarguı̀ dicendo:

Vi sembra poco che il Dio d’Israele vi abbia scelti in mezzo alla


comunità di Israele e vi abbia fatto avvicinare a sé per fare il servizio
del tabernacolo del Signore e per tenervi davanti alla comunità per
esercitare il vostro ministero per lei? Egli vi fa avvicinare a sé,
te e tutti i tuoi fratelli figli di Levi con te, e pretendete anche il
sacerdozio?

Nu 16:9-10

Vi sembra poco? Questa è la domanda che Mosè rivolge a Core e ai suoi


compagni di ribellione. Vi sembra poco?
Dio aveva dato a Core un grande privilegio di servirlo nel tabernacolo. Ma
per Core non era sufficiente, egli voleva qualcosa di più, voleva il posto di Mosè
e di Aronne. Egli voleva il sacerdozio.
Dobbiamo accettare il posto che il Signore ci ha affidato e dobbiamo
ringraziarlo per ciò a cui ci ha chiamato. Non possiamo essere tutti dei Mosè o
degli Aronne. Il popolo di Dio ha bisogno anche di Core, Datam e Abiram che
facciano il servizio che il Signore ha affidato loro.
Vi sembra poco? Questa è la domanda che il Signore potrebbe fare ad
ognuno di noi nel momento in cui disprezzassimo e trascurassimo il servizio
che egli ci ha donato.
A volte, ci guardiamo attorno e vediamo altri fratelli che stanno servendo
il Signore in una maniera diversa dalla nostra, perchè a quello il Signore li ha
chiamati. Quante volte, come me, avete desiderato essere al loro posto? Quante
volte ci é sembrato di non essere utili? Quante volte abbiamo disprezzato ciò
che il Signore ci ha dato?
Siamo spesso attirati dalle grandi cose. Ma quelle che sembrano piccole
cose, una parola di incoraggiamento verso chi è scoraggiato, una visita ad un
malato, un complimento a chi era giù di morale: in quanti modi il Signore può
servirsi di noi! Vi sembra poco?

2.1.3 Chi è Aronne?


L’invidia é un sentimento che il più delle volte si consuma nel nostro intimo
senza sfociare in azioni concrete verso il prossimo. Per questo motivo, molti
tendono a minimizzarne gli effetti. Le parole di Mosè vanno invece al nocciolo
della questione:

Per questo tu e tutta la gente che è con te avete fatto lega


contro il Signore! Poiché chi è Aronne che vi mettete a mormorare
contro di lui?
16 CAPITOLO 2. INVIDIA O SERVIZIO DISINTERESSATO?

Nu 16:11

Aronne stava solo facendo ciò a cui il Signore lo aveva chiamato. Pertanto,
l’invidia di Core e dei suoi compagni nei suoi confronti non era solo un peccato
contro quest’ultimo, ma un vero e proprio affronto verso il Signore.
Mormorare contro Aronne significava, di fatto, mormorare contro chi lo
aveva scelto, ovvero contro il Signore.
Ci avete mai pensato? Forse, avete invidiato qualcuno e avete desiderato
essere al suo posto, senza rendervi conto che, se quella persona è stata scelta
dal Signore per svolgere il suo servizio, la vostra invidia e il vostro desiderio
di prendere il suo posto non é niente altro che una critica al suo datore di
lavoro:“Ehi! io so fare questo mestiere molto meglio di lui. Perchè non hai
scelto me?”
Dio elargisce i suoi doni secondo la sua volontà. Non deve rendere conto
a nessuno. Non possiamo scegliere i nostri doni e quando cerchiamo di farlo,
riusciamo solo a scimmiottare i doni del Signore, danneggiando il popolo di
Dio.
Chi è Aronne? Chi è il nostro fratello? Sono solo uomini che servono il
Signore come noi. Ha senso mormorare contro di loro?

2.1.4 Il prezzo dell’invidia


Core e gli altri ribelli hanno pagato con la vita la loro ribellione.
Oggi non capita spesso che Dio intervenga in maniera cosı̀ drastica verso chi
manifesta invidia nei confronti dei fratelli e ribellione nei confronti del Signore.
Tuttavia, questo non deve farci pensare che l’invidia non abbia delle
conseguenze nella vita del popolo di Dio:

Infatti dove c’è invidia e contesa, c’é disordine e ogni cattiva


azione

Gm 3:16

Questa frase scrive Giacomo nella sua epistola considerando i danni che
può fare nella chiesa la presenza dell’invida e quindi della contesa. Qualche
riga più avanti, continua cosı̀:

Da dove vengono le guerre e le contese tra di voi? Non deri-


vano forse dalle passioni che si agitano nelle vostre membra? Voi
bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottene-
re; voi litigate e fate la guerra; non avete perchè non domandate;
domandate e non ricevete, perchè domandate male per spendere
nei vostri piaceri

Gm 4:1-3
2.2. SERVIZIO DISINTERESSATO 17

Il prezzo da pagare per l’invidia, quindi, è davvero alto ed è l’assemblea


del Signore a farne le spese, infatti le contese e le divisioni potrebbero non
uccidere nessuno fisicamente, ma danneggiano molti credenti spiritualmente e
producono scandali.
Tutti abbiamo dei desideri. Tutti amiamo fare le cose che ci piacciono. Ma
un figlio di Dio desidera soprattutto fare le cose che piacciono al padre.
Se ci lasciamo prendere dai nostri desideri e dall’invidia, rischiamo di
incamminarci per la strada di Core e, invece di ringraziare il Signore per quello
che abbiamo e di ringraziarlo per i fratelli che il Signore ha donato al popolo
di Dio, finiamo per il contendere un posto che non ci spetta, un servizio che il
Signore ha affidato ad un altro.
Disordini, contese, passioni, litigi, divisioni. Tutte queste cose non sono
forse un prezzo troppo alto da pagare per la nostra invidia?

2.2 Servizio disinteressato


Core non è stato né il primo, né l’ultimo, a criticare e invidiare Mosè.
In molte occasioni il popolo lo mise in discussione. Egli si trovò continua-
mente a che fare con critiche, mormorii e disprezzo.
In una occasione, addirittura sua sorella Miriam e suo fratello Aronne
avevano avuto da ridire sulla sua preminenza:

Maria e Aaronne parlarono contro Mosè a causa della moglie


cusita che aveva presa; poiché aveva sposato una Cusita. E dissero:
«Il SIGNORE ha parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha
parlato anche per mezzo nostro?» E il SIGNORE lo udı̀.

Nu 12:1-2

Anche in quella occasione, il Signore intervenne in favore di Mosè, confer-


mando, ancora una volta il suo rapporto speciale con lui:

Il SIGNORE disse:«Ascoltate ora le mie parole; se vi è tra di


voi qualche profeta, io, il SIGNORE, mi faccio conoscere a lui in
visione, parlo con lui in sogno. Non cosı̀ con il mio servo Mosè,
che è fedele in tutta la mia casa. Con lui io parlo a tu per tu,
con chiarezza, e non per via di enigmi; egli vede la sembianza del
SIGNORE. Perché dunque non avete temuto di parlare contro il
mio servo, contro Mosè?»

Nu 12:6-8

Tutte le volte che l’invidia aveva portato qualcuno a sparlare contro Mosè,
il Signore era intervenuto per difendere il suo servo fedele. Quali erano le
caratteristiche di questo straordinario uomo di Dio?
18 CAPITOLO 2. INVIDIA O SERVIZIO DISINTERESSATO?

2.2.1 Il disinteresse di Mosè


A differenza di quanto pensavano Core, Datan e Abiram, sappiamo dalla
scrittura che Mosè avrebbe fatto volentieri a meno di essere un capo.
Sicuramente vi ricorderete della sua resistenza ad accettare l’incarico che
il Signore voleva dargli (Es. 4:10) sostenendo di non essere un buon oratore.
In nessun modo Mosè ha cercato di innalzarsi come un capo sopra il popolo,
semmai ha cercato di evitare con tutte le sue forze quella eventualità.
Quando il popolo chiese della carne da mangiare (Nu 11) Mosè si rivolse
cosı̀ al Signore:

Perché hai trattato cosı̀ male il tuo servo? Perché non ho trovato
grazia agli occhi tuoi, e mi hai messo addosso il carico di tutto
questo popolo?

Nu 11:11

Sono forse le parole di uno che aspira e gode ad essere un capo? No, sono
le parole di un servo stanco che, in un momento di debolezza, si rivolge con
disperazione al Signore perché ritiene il compito ricevuto troppo pesante per
lui.
Non c’é ombra di interesse personale nel servizio di Mosè. La sua vita é
stata spesa intercedendo continuamente per il popolo, anche nei momenti più
critici.
Quando Miriam e Aronne lo criticarono, egli aveva interceduto presso il
Signore per sua sorella (Nu 12:13).
Quando il popolo peccò facendosi un vitello d’oro, egli aveva interceduto a
lungo affinchè il Signore non distruggesse il popolo (Es 32:11-13).
Mentre un uomo di potere si preoccupa per la sua poltrona, Mosè si é
sempre preoccupato per il destino dell’intero popolo di Dio.

2.2.2 L’umiltà di Mosè


Se qualcuno pensa che Mosè fosse orgoglioso a causa dei privilegi che il Signore
gli aveva dato, si sbaglia di grosso.
Core si sarebbe comportato cosı̀. Forse io mi sarei comportato cosı̀. Ma
non Mosè. Colui che gli altri vedevano come un capo non aveva assolutamente
l’atteggiamento del capo.

Or Mosè era un uomo molto umile, più di ogni altro uomo sulla
faccia della terra.

Nu 12:3

Nonostante la grande responsabilità, Mosè era un uomo umile. Egli ci


ha dimostrato che un uomo di Dio è umile indipendentemente dal ruolo che
2.3. UN INCARICO INASPETTATO 19

ricopre. Egli serviva il Signore senza preoccuparsi della fama, della posizione,
del prestigio.
Gli uomini di cui Dio si é servito maggiormente nella storia sono stati
uomini umili. Pensate a Davide, l’uomo secondo il cuore di Dio, che aspettò la
realizzazione della promessa di Dio senza affrettare i tempi. In due occasioni
ebbe Saul nelle sue mani ma non si permise di torcergli un solo capello. In un
bellissimo salmo egli riassume cosı̀ il suo atteggiamento:

Signore, il mio cuore non è orgoglioso e i miei occhi non sono


altèri; non aspiro a cose troppo grandi e troppo alte per me. In
verità l’anima mia è calma e tranquilla. Come un bimbo divezzato
sul seno di sua madre, cosı́ è tranquilla l’anima mia. O Israele,
spera nel Signore, ora e per sempre.

Sl 131

Chi cerca il potere è agitato da forti passioni e non riesce a dormire per le
preoccupazioni che tali passioni gli causano. Al contrario, l’uomo che spera nel
Signore è come un bambino sazio che riposa tranquillo sul seno della madre.
Egli non aspira a cose elevate ma é contento di ciò che il Signore provvede.

Non aspirate alle cose alte, ma lasciatevi attrarre dalle umili.


Non vi stimate saggi da voi stessi.

Rom 12:16

Questo fecero Mosè e Davide. Non aspirarono alle cose alte ma si lasciarono
attrarre dalle umili. Fu il Signore ad innalzarli.
Meglio essere stimati saggi da Dio che stimarci saggi da noi stessi.

2.3 Un incarico inaspettato


Sono troppo piccolo, sono troppo giovane, io non so parlare, sono solo un
bambino. . . La scrittura è piena di uomini che non si sarebbero mai aspettati di
ricevere incarichi importanti dal Signore, uomini che non si sentivano all’altezza.
Dio si compiace di scegliere proprio uomini di quel genere.
Cosı̀ Dio non sceglie persone come Absalom, Adonia o Core che aspirano
ad una posizione, ma sceglie Gedeone, Geremia, Mosé, Samuele.
Pensate ad Amos che coltivava i sicomori e faceva il mandriano. Chissà che
faccia avrà fatto quando il Signore gli ha detto:“Va e profetizza ad Israele”!
Ciò non significa che il Signore scelga persone inadatte. Il Signore piuttosto
sceglie persone adatte che spesso non sanno di esserlo. La storia di Gedeone,
ad esempio, ci dimostra che egli era un abile condottiero e un abile diplomatico
(vedi Gd. 8) eppure egli non se ne rendeva conto quando il Signore lo chiamò.
20 CAPITOLO 2. INVIDIA O SERVIZIO DISINTERESSATO?

Capita di incontrare dei giovani con le idee molto chiare su ciò che “vogliono
fare per il Signore”. Anche io quando ero più giovane pensavo di avere le idee
chiare in proposito. Beh, il tempo mi ha dimostrato che il Signore aveva altro
in serbo per me e mi sto ritrovando a percorrere strade completamente diverse
da quelle che avevo immaginato.
Se vogliamo servire il Signore in maniera disinteressata, dobbiamo ricordarci
che non conta ciò che noi vogliamo fare per il Signore ma ciò che il Signore
vuole fare attraverso di noi. In quest’ottica, l’invidia non ha alcuna ragione di
essere.
Tre

Apparenza o sostanza?

Oggi l’immagine é tutto. O quasi.


Quanti soldi spendono le aziende per curare la propria immagine?
Quanto spende ognuno di noi per curare la propria?
Viviamo in un mondo artificiale in cui l’apparire é più importante dell’essere.
Grazie alla diffusione su larga scala degli spot pubblicitari attraverso tutti
i canali di comunicazione, percepiamo maggiormente questa continua ricerca
dell’apparire a scapito dell’essere.
Da quanto leggiamo nella scrittura, l’uomo é sempre stato più attento
all’aspetto esteriore che a quello interiore.

Infatti il Signore non bada a ciò che colpisce lo sguardo del-


l’uomo: l’uomo bada alle apparenze, ma il Signore guarda al
cuore.

1S 16:7

L’uomo percepisce la realtà con i propri sensi pertanto é normale che valuti
in base a questi. Però, é necessario che i figli di Dio siano in grado di andare
oltre l’apparenza quando si tratta di scegliere uomini che possano servire il
Signore in determinati ambiti.
Noi non possiamo vedere il cuore, ma il Signore può davvero scrutare l’uomo
interiore. Egli può davvero vedere di che pasta siamo fatti. E allora dobbiamo
affidarci alla sua guida per non rischiare di valutare in maniera superficiale.

3.1 Gli occhi di Samuele


Il verso appena citato, 1S 16:7, ha un contesto piuttosto interessante che ci
permette di fare un confronto tra i nostri criteri di scelta e quelli di Dio.
Quando Dio lo mandò a casa di Jesse per ungere un re che avrebbe sostituito
Saul, Samuele non esitò un attimo ad individuare un buon candidato:

21
22 CAPITOLO 3. APPARENZA O SOSTANZA?

Mentre entravano, Samuele pensò, vedendo Eliab: “Certo l’unto


del Signore è qui davanti a lui”.

1S 16:6

Eliab era probabilmente alto e di bell’aspetto. Cosı̀ gli occhi di Samuele


andarono a colpo sicuro. Non possiamo biasimarlo, infatti egli si stava basando
sulla esperienza precedente, quando Dio lo mandò a ungere Saul:

Aveva un figlio di nome Saul, giovane e bello; tra i figli d’Israele


non ce n’era uno più bello di lui; era più alto di tutta la gente, dalle
spalle in su.

1S 9:2

In quella occasione, Samuele lo presentò al popolo dicendo:

“Vedete colui che il SIGNORE si è scelto? Non c’è nessuno


come lui in tutto il popolo”. Tutto il popolo mandò grida di gioia
esclamando:“Viva il re!”

1S 10:24

Saul era alto e bello. Samuele si aspettava quindi una scelta analoga.
Perché il nuovo re sarebbe dovuto essere diverso?
Ma Dio aveva una lezione da impartire a Samuele e a tutto il popolo di
Israele.
Infatti , quando, qualche anno prima, il popolo di Israele aveva chiesto un
re, il Signore se ne era rammaricato perché le loro motivazioni erano sbagliate
(1S 8:4-7).
Da quando erano entrati nella terra promessa fino a quel momento, Dio
aveva sempre ascoltato le loro suppliche e aveva mandato dei giudici che
amministrassero la giustizia e li liberassero dai loro nemici. Ma ora, essi non
volevano più gridare al Signore per essere liberati. Essi volevano un liberatore
sempre pronto, sempre a disposizione, un re che amministrasse la giustizia, che
marciasse alla loro testa in caso di guerra. Quando i nemici si fossero fatti
avanti, sarebbe stato molto più comodo avere un liberatore pronto per l’uso
senza dover gridare al Signore.
Cosı̀, Dio li aveva accontentati dando loro un re giovane, alto, bello e forte
che rispondeva alle loro aspettative. Ma Saul era come quei frutti che sono
belli a vedersi ma dentro sono marci. Dopo un brillante inizio, Saul si rivelò
per quello che era: tanto bello e forte quanto disubbidiente al Signore (1S
13:8-14).
Cosı̀, di fronte a Eliab, il Signore ricorda a Samuele che le apparenze
possono ingannare:
3.1. GLI OCCHI DI SAMUELE 23

Ma il Signore disse a Samuele:“Non badare al suo aspetto né


alla sua statura, perché io l’ho scartato; infatti il Signore non bada
a ciò che colpisce lo sguardo dell’uomo: l’uomo bada alle apparenza,
ma il Signore guarda al cuore”.
1S 16:6-7

Questa volta Dio avrebbe usato il suo criterio di scelta. Avrebbe scelto
una mela sana piuttosto che una semplicemente bella. Avrebbe scelto Davide.
E la scelta del Signore si dimostrò subito la migliore. Quando un gigante
filisteo di nome Goliat si fece avanti per insultare e mettere in ridicolo gli
Israeliti, sarebbe stato lecito aspettarsi che il loro re alto, forte e bello ne
facesse un sol boccone. Non era stato unto proprio per occasioni come queste?
Ma Saul aveva paura come tutti gli altri (1S 17:11). D’altra parte, se ti basi
sulla tua forza e sulla tua bellezza, puoi stare certo che prima o poi troverai
qualcuno più bello o più forte di te. E di fronte a Goliat la forza di Saul non
bastava.
Ma l’uomo che Dio aveva scelto, si avvicinò a Goliat con un bastone, una
fionda e cinque pietre nel suo sacchetto da pastore, dicendogli:

“Tu vieni verso di me con la spada, con la lancia e con il


giavellotto; ma io vengo verso di te nel nome del SIGNORE degli
eserciti, del Dio delle schiere d’Israele che tu hai insultate. Oggi
il SIGNORE ti darà nelle mie mani e io ti abbatterò; ti taglierò
la testa, e darò oggi stesso i cadaveri dell’esercito dei Filistei in
pasto agli uccelli del cielo e alle bestie della terra; cosı̀ tutta la terra
riconoscerà che c’è un Dio in Israele, e tutta questa moltitudine
riconoscerà che il SIGNORE non ha bisogno di spada né di lancia
per salvare; poiché l’esito della battaglia dipende dal SIGNORE ed
egli vi darà nelle nostre mani”.
1S 17:45-47

Niente male per un giovane pastore. Benché non ne avesse l’apparenza, in


lui c’era tutta la sostanza del guerriero che sa di avere Dio dalla sua parte.
Credo che conosciate il resto della storia. Vi dico solo che Goliat non fu in
grado di raccontarla ai suoi nipotini.
Nessuno avrebbe scommesso su Davide, ma Dio lo sostenne e gli diede la
precisione necessaria per vincere con un solo colpo. Non fu la forza di Davide
a dargli la vittoria, ma la sua fede nel Signore. L’aspetto e la forza non sono
tutto perché l’uomo non può fare nulla quando il Signore non è con lui.
In quel giorno Israele ha ricevuto una bella lezione da parte del Signore: il
timore del Signore è più importante della forza e della bellezza. Il Signore é
colui che libera dai nemici.
Il vecchio Samuele avrà sicuramente capito perché il Signore gli aveva
chiesto di non fidarsi dei propri occhi.
24 CAPITOLO 3. APPARENZA O SOSTANZA?

3.2 Gli occhi dei Corinti


Anche nella chiesa possiamo correre il rischio di badare alle apparenze piuttosto
che alla sostanza.
Prendiamo l’esempio di Corinto. Paolo aveva servito fedelmente il Signore
in quella assemblea, eppure i credenti stavano andando dietro ad altri uomini,
sorti in mezzo a loro, che mettevano in ridicolo l’apostolo Paolo e facevano
bella mostra di sé e della loro sapienza. A questi ultimi che “si vantano di ciò
che è apparenza e non di ciò che è nel cuore”(2C 5:12) Paolo contrappone un
modello completamente diverso:

Noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa


grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi.
2C 4:7

Il vaso di terra non attira lo sguardo su di sé ma può contenere un tesoro


di grande valore. Il contenuto é più importante del contenitore.
L’atteggiamento umile e debole di Paolo era volontario ma veniva scambiato
per debolezza perché i Corinti guardavano all’apparenza:

Voi guardate all’ apparenza delle cose. Se uno è convinto dentro


di sé di appartenere a Cristo, consideri anche questo dentro di
sé: che com’egli è di Cristo, cosı̀ lo siamo anche noi. Infatti se
anche volessi vantarmi un po’ più dell’ autorità, che il Signore ci
ha data per la vostra edificazione e non per la vostra rovina, non
avrei motivo di vergognarmi. Dico questo perché non sembri che io
cerchi d’ intimidirvi con le mie lettere. Qualcuno dice infatti:“Le
sue lettere sono severe e forti; ma la sua presenza fisica è debole e
la sua parola è cosa da nulla”.
2C 10:7-10

Coloro che a Corinto si vantavano e criticavano l’apostolo Paolo probabil-


mente apparivano molto saggi agli occhi degli altri. Paolo ricorda loro che
avrebbe potuto vantarsi in maniera ancora più efficace, se avesse voluto. Ma
che senso avrebbe avuto confrontarsi con altri uomini? Occorreva forse stilare
una classifica? No, Paolo preferiva che il proprio ministero venisse valutato
alla luce del compito che il Signore gli aveva affidato. Egli voleva essere trovato
fedele dal Signore, non dagli uomini:

Noi non abbiamo il coraggio di entrare in classifica o confrontarci


con certuni che si raccomandano da sé; i quali però, misurandosi
secondo la loro propria misura e paragonandosi tra di loro stessi,
mancano d’ intelligenza. Noi, invece, non ci vanteremo oltre misura,
ma entro la misura del campo di attività di cui Dio ci ha segnato i
limiti, dandoci di giungere anche fino a voi.
3.2. GLI OCCHI DEI CORINTI 25

2C 10:12-13

Paolo non aveva bisogno di vantarsi perché i frutti del suo ministero
parlavano chiaro:

Cominciamo forse di nuovo a raccomandare noi stessi? O ab-


biamo bisogno, come alcuni, di lettere di raccomandazione presso
di voi o da voi? La nostra lettera, scritta nei nostri cuori, siete voi,
lettera conosciuta e letta da tutti gli uomini; è noto che voi siete
una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non
con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di
pietra, ma su tavole che sono cuori di carne.

2C 3:1-3

La sostanza del suo ministero non poteva certo impallidire di fronte


all’apparenza di quei sedicenti apostoli:

Stimo infatti di non essere stato in nulla inferiore a quei sommi


apostoli. Anche se sono rozzo nel parlare, non lo sono però nella
conoscenza; e l’abbiamo dimostrato tra di voi, in tutti i modi e in
ogni cosa.

2C 11:5-6

Puó sembrare strano che i credenti di Corinto, benché avessero conosciuto


Paolo, fossero cosı̀ influenzati da questi detrattori dell’apostolo. Ciò dimostra
che noi uomini ci facciamo impressionare facilmente dalle apparenze, da coloro
che sanno fare discorsi persuasivi di sapienza umana, discorsi tanto pomposi
quanto vuoti, che hanno l’apparenza ma non la sostanza.
E’ triste considerare come spesso noi credenti siamo molto attirati da
argomenti che non aggiungono nulla alla nostra conoscenza di Dio e alla nostra
vita di fede ma solleticano solo la nostra curiosità. La sostanza della parola
di Dio, quella che predicava l’apostolo Paolo, non ci interessa più. Eppure
Paolo si vantava proprio di questa rinuncia alla sofisticazione per annunciare il
vangelo nella sua semplicità:

Questo, infatti, è il nostro vanto: la testimonianza della nostra


coscienza di esserci comportati nel mondo, e specialmente verso
di voi, con la semplicità e la sincerità di Dio, non con sapienza
carnale ma con la grazia di Dio. Poiché non vi scriviamo altro se
non quello che potete leggere e comprendere; e spero che sino alla
fine capirete,come in parte avete già capito, che noi siamo il vostro
vanto, come anche voi sarete il nostro nel giorno del nostro Signore
Gesù.
26 CAPITOLO 3. APPARENZA O SOSTANZA?

2C 1:12-14

A volte circondiamo di ammirazione le persone che parlano con arroganza


e prendiamo la debolezza e l’umiltà volontaria di chi serve il Signore come una
mancanza di autorità.
Che Dio ci dia di capire che l’autorità viene dal Signore e non ha niente
a che vedere con ciò che gli uomini amano mostrare. Il contenuto di valore
rimane tale anche e soprattutto in vasi di terra.
Paolo poteva dire ai suoi schernitori:“Fatti non parole. Sostanza non
apparenza.” Infatti,

non colui che si raccomanda da sé è approvato, ma colui che il


Signore raccomanda.

2C 10:18

3.3 I nostri occhi


La terra promessa sembrava inespugnabile agli occhi degli esploratori mandati
da Mosè (Nu 14:31). Il Signore li punı̀ per la loro mancanza di fiducia. Le
apparenze ingannano.
Al contrario, molti anni dopo, sotto la guida di Giosuè, gli Israeliti erano
convinti di poter vincere facilmente ad Ai (Gs 7:3). Tornarono a casa battuti e
umiliati. Le apparenze ingannano.
I re scelti secondo le apparenze crollano di fronte ai Goliat. Sono i re
secondo il cuore di Dio che riportano la vittoria. Le apparenze ingannano.
I sommi apostoli di Corinto erano gonfi e amavano vantarsi. Ma i fatti
davano ragione all’umile Paolo che non signoreggiava sui credenti ma serviva
fedelmente la chiesa come il Signore gli aveva indicato. Il tesoro della grazia
di Dio è stato deposto in vasi di terra affinché la gloria vada a Dio e non agli
uomini. Le apparenze ingannano.
Non possiamo fidarci dei nostri occhi, dei nostri sensi, della nostra carne.
Dio sceglie e distribuisce i doni come vuole. Il nostro compito come credenti
è mettere a disposizione degli altri i doni che abbiamo ricevuto dal Signore e
riconoscere i doni che egli ha dato agli altri membri.
Dobbiamo però stare attenti al nostro metro di valutazione. Dobbiamo
esercitare il discernimento che il Signore ci ha dato perché persino Samuele si
era fatto ingannare dai propri occhi. Le cose spirituali vanno valutate mediante
lo Spirito, perché la carne non ci aiuta.
Il mondo va avanti grazie alle raccomandazioni umane. Gli uomini cercano
la forza, la ricchezza, l’abilità nel parlare, cercano dei bei contenitori.
Dio cerca invece un cuore umile e povero che sappia ubbidire alla sua voce.
Egli bada al contenuto. Davide, ad esempio, quando peccò, seppe umiliarsi e
chiedere perdono, cosa che Saul non fu mai completamente in grado di fare. Il
3.3. I NOSTRI OCCHI 27

Signore gradisce proprio questo atteggiamento di umiltà di fronte a Lui (1P


4:5-6), l’atteggiamento di chi non vuole compiacere sé stesso ma vuole essere
davvero un servo ubbidiente.
Qualcuno potrebbe obiettare:“Che speranza abbiamo? Le cose che balzano
agli occhi degli uomini non sono le stesse che riesce a vedere il Signore. Noi
non possiamo vedere il cuore!”
E’ vero. Ma Dio ha donato lo Spirito Santo alla sua chiesa:

A noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito, perché lo Spirito


scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Infatti, chi, tra gli
uomini, conosce le cose dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è
in lui? Cosı̀ nessuno conosce le cose di Dio se non lo Spirito di Dio.

1C 2:10-11

Dio non ci ha lasciato in balia dei nostri sensi. Egli ci ha donato il suo
Spirito che illuminerà il nostro cammino nella fede.
Ricordate la scelta di Paolo e Barnaba ad Antiochia (At 13:1-3)? Furono
scelti dallo Spirito Santo che li indicò alla chiesa mentre erano radunati. I
credenti furono convinti nel proprio cuore dallo Spirito Santo sulla necessità di
inviare Paolo e Barnaba per la missione specifica che Dio aveva affidato loro.
Lo Spirito parla ai credenti, e se non facciamo finta di non sentire, se cer-
chiamo la volontà di Dio con sincerità, nutrendoci della sua parola e coltivando
la comunione con il Signore e con i credenti, dobbiamo ammettere che Dio ci
dà la saggezza per capire quali persone sono adatte e quali non lo sono per
servirlo in determinati ambiti. Lo Spirito equipaggia i credenti con dei carismi
e gli altri credenti sono assolutamente in grado di rendersene conto se vivono
in sottomissione al Signore. Quando ciò non avviene, non possiamo dire che il
Signore non abbia parlato, ma piuttosto che non siamo stati attenti alla sua
voce e abbiamo preferito scegliere sulla base dei nostri criteri umani basati
sull’immagine, sulla simpatia, sull’eloquenza.
Le apparenze ingannano. Impariamo ad essere sensibili alla voce del Signore
e discernere i doni che lui ha dato. Chi cerca il potere é obbligato a coltivare
una certa immagine, ad apparire a tutti i costi per supplire alla carenza di
contenuti. Ma chi vuole servire il Signore ripulisca il suo cuore perché Dio
bada alla sostanza.
Quattro

Competizione o cooperazione?

Viviamo in una società in cui la competizione é assolutamente normale.


Ci alziamo la mattina e incominciamo a correre per essere i primi, i più
bravi, quelli che riceveranno un aumento di stipendio o una promozione.
Due uomini competono per lo stesso posto di lavoro.
Due donne competono per lo stesso uomo.
Due aziende competono per rubarsi fette di mercato a vicenda.
Già più di duemila anni fa, i discepoli di Gesù erano in competizione tra di
loro per avere la preminenza:

Fra di loro nacque anche una contesa: chi di essi fosse con-
siderato il più grande. Ma egli disse loro:“I re delle nazioni le
signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono
chiamati benefattori. Ma per voi non dev’ essere cosı̀; anzi il più
grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui
che serve. Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure
colui che serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in
mezzo a voi come colui che serve.”

Lc 22:24-27

Noi non siamo tanto diversi da loro. Il confronto con gli altri impegna di
frequente la nostra mente. E’ qualcosa a cui non sappiamo resistere.
Chi é il più grande? Chi é il più amato? Chi é il più ricercato? Chi é il più
eloquente? Chi é il più bello del reame? La nostra vanità ci spinge a vivere in
un clima di costante competizione con coloro che ci circondano.
Quando questo atteggiamento é presente anche nella chiesa, i risultati sono
catastrofici.
Gesù propose ai discepoli un modello diverso, un modello in cui i discepoli
facessero a gara non per essere le prime donne, ma per servirsi e onorarsi a
vicenda.

29
30 CAPITOLO 4. COMPETIZIONE O COOPERAZIONE?

La chiesa che Gesù avrebbe edificato sarebbe stata basata sul servizio, non
sulla ricerca del potere, sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione.
Solo in questo modo i credenti avrebbero potuto affrontare la difficile battaglia
spirituale che li attendeva.

4.1 Uno spirito di competizione


E’ difficile vincere una battaglia quando non si sa distinguere il proprio nemico
dal proprio compagno.
Per quanto possa sembrare incredibile, questo é ciò che accade nella chiesa
quando siamo concentrati sui nostri desideri piuttosto che sulla volontà di Dio.
E’ opinione comune che lo scopo principale di un individuo nella propria
vita sia quello di “sentirsi realizzato”. Il problema é che l’uomo, per realizzarsi,
tende spesso a calpestare gli altri.
Infatti, se il nostro obiettivo é quello di ottenere e mantenere una posizione
rispettabile nella chiesa per “sentirci realizzati”, finiremo per spendere tutte le
nostre energie nella competizione con gli altri fratelli piuttosto che nel cooperare
con loro nella battaglia comune.
Se vediamo i nostri fratelli come dei concorrenti ad un posto di prestigio,
stiamo fallendo miseramente nella nostra vita cristiana. Stiamo vivendo secondo
la logica del mondo.
Saul visse gran parte della sua vita rifiutandosi di accettare la volontà di
Dio e combattendo contro colui che il Signore aveva unto come suo successore
al trono.
Egli, dopo un primo periodo in cui si era fatto conoscere e rispettare in
Israele, cominciò a manifestare una caratteristica decisamente negativa per un
servo del Signore: la disubbidienza. Proprio a causa di questo, il Signore lo
ripudiò e decise di mettere un altro sul trono.
A quel punto la cosa più saggia da fare per Saul sarebbe stata quella di
accettare la riprensione del Signore e godersi il tempo che il Signore gli aveva
concesso prima che il regno passasse a Davide. Non avrebbe comunque potuto
opporsi alla volontà di Dio.
Invece, come tutti coloro che sono innamorati del potere, Saul non seppe
resistere alla tentazione di combattere la sua battaglia personale quando fu
ferito nell’orgoglio dai consensi che Davide stava riscuotendo tra il popolo:
“Saul ha ucciso i suoi mille, e Davide i suoi diecimila”, gridavano le donne,
danzando per la strada (1S 18:7).
“Ne danno diecimila a Davide e a me non ne danno che mille! Non gli
manca altro che il regno!”(1S 18:8). Saul era irritato e da quel giorno guardò
Davide di mal occhio. Davide non gli aveva fatto nulla, ma Saul cominciò a
guardarlo come si guarda un nemico.
“Inchioderò Davide al muro!”(1S 18:8) disse Saul scagliando una lancia
verso Davide, mentre quest’ultimo suonava l’arpa in casa del re. La battaglia
4.1. UNO SPIRITO DI COMPETIZIONE 31

di Saul era cominciata.


Nel medesimo passo, la scrittura ci offre un verso fondamentale per capire
il comportamento di Saul:

Saul aveva paura di Davide, perchè il Signore era con lui e si


era ritirato da Saul.

1Sam 18:12

Paura. Saul aveva paura. Paura di perdere la propria posizione, paura di


non godere più del rispetto della gente, paura di non poter essere più il numero
uno. La paura era talmente grande da spingerlo a mettersi contro Davide pur
sapendo che il Signore era dalla parte di quest’ultimo. La paura lo portò a
competere contro colui che il Signore aveva scelto.
Terribile vero? Ma quante volte ci siamo comportati come Saul? Sapevamo
di non essere le persone giuste al posto giusto, sapevamo che c’erano fratelli
che potevano svolgere meglio il servizio che invece ci ostinavamo a portare
avanti noi, e, cosı̀, invece di farci da parte per lasciare che persone più adatte
portassero avanti il compito che Dio aveva assegnato loro, abbiamo deciso di
opporci con tutte le nostre forze.
Accade. Più spesso di quanto osiamo confessare a noi stessi e agli altri.
Come Saul, abbiamo spesso paura di coloro che sappiamo essere migliori di
noi. Quando scorgiamo un Davide che il Signore vuole usare al nostro posto,
ci sentiamo minacciati e cominciamo la nostra battaglia personale.
Saper mantenere il proprio posto nel piano di Dio é una virtù che pochi
uomini posseggono. Ed é proprio la mancanza di questa virtù che ci porta a
competere con i fratelli piuttosto che cooperare per il regno di Dio.
E’ terribile quando trattiamo i fratelli da nemici. Tra fratelli puó capitare
di discutere, può capitare di avere punti di vista diversi, può capitare di non
andare d’accordo in un certo periodo e può capitare anche di adirarsi. A volte
può essere necessario disciplinare o rimproverare un fratello, ma egli non deve
mai essere considerato un nemico:

Non odierai tuo fratello nel tuo cuore; rimprovera pure il tuo
prossimo, ma non ti caricare di un peccato a causa sua.

Lev 19:17

Quando l’odio comincia a farsi strada nel nostro cuore e cominciamo a per-
cepire il nostro fratello come un nemico, allora è segno che stiamo percorrendo
la pericolosa strada di Saul. In tal caso, è meglio che non ci siano lance nei
paraggi perché l’odio gioca brutti scherzi.
32 CAPITOLO 4. COMPETIZIONE O COOPERAZIONE?

4.2 Uno spirito di cooperazione


Mentre la nostra società incoraggia sempre più a perseguire la massima soddi-
sfazione personale ponendo gli interessi individuali al centro, nella scrittura
troviamo un modello completamente diverso:

Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno,


con umiltà, stimi gli altri superiori a sé stesso, cercando ciascuno
non il proprio interesse, ma anche quello degli altri.

Fi 2:3-4

Il modello che il Signore vuole realizzare nella sua assemblea prevede quindi
che l’individuo sacrifichi i propri interessi per perseguire il bene comune.
Gesù fu piuttosto chiaro quando spiegò che essere un suo discepolo com-
portava necessariamente l’essere pronti a sacrificare la propria vita per amore
del Signore:

Allora Gesù disse ai suoi discepoli:“Se uno vuol venire dietro a


me, rinunzi a sé stesso, prenda la sua croce e mi segua.”

Mt 16:24

Rinunciare a sé stesso. . .


Prendere una croce. . .
Un modo piuttosto strano di realizzarsi vero?
Mentre la realizzazione secondo i criteri più comuni implicano una afferma-
zione di sé, Gesù proponeva esattamente il contrario.
Nell’assemblea del Signore, composta da individui che rinunciano a sé stessi,
alle proprie prerogative, alla propria voglia di emergere e di dominare gli altri,
c’é spazio per un solo tipo di competizione:

Quanto all’ amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli
altri. Quanto all’ onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente.

Rom 12:10

Onorarci gli uni con gli altri, servirci a vicenda. Questa é l’unica compe-
tizione nella quale vale la pena di essere coinvolti come credenti. In questo
modo potremo cooperare insieme nel campo del Signore, come faceva l’apostolo
Paolo con i suoi compagni di servizio:

Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere;

1C 3:6
4.3. UNA BATTAGLIA COMUNE 33

E’ bello lavorare insieme per il Signore, ognuno con i doni che ha ricevuto.
L’evangelista semina e pianta, ma è necessario che ci sia anche l’insegnante
per annaffiare. L’uno non guarderà l’altro con sospetto o alterigia perché chi
pianta e chi annaffia non sono in competizione tra loro ma cooperano per il
fine comune.
Inoltre, seguendo questo modello, non saremo pressati dalla necessità di
dover ottenere risultati a tutti i costi per dimostrare agli altri che siamo più
bravi, perché Colui che fa crescere è il Signore, colui che pianta e colui che
annaffia non sono nulla. Nessuno potrà quindi vantarsi di essere l’artefice della
crescita.
Quando Paolo scrisse ai Filippesi, li esortò proprio a cooperare insieme per
affrontare la comune battaglia:

Soltanto, comportatevi in modo degno del vangelo di Cristo,


affinché, sia che io venga a vedervi sia che io resti lontano, senta dire
di voi che state fermi in uno stesso spirito, combattendo insieme con
un medesimo animo per la fede del vangelo, per nulla spaventati
dagli avversari.

Fil 1:27-28

La vita é già abbastanza difficile per i credenti. Nella storia della chiesa i
credenti sono stati sottoposti a terribili persecuzioni. Se un credente non trova
incoraggiamento e consolazione neanche tra i propri fratelli, ma é costretto a
combattere una assurda guerra fratricida, la battaglia contro il vero nemico
diventa davvero difficile da sostenere perché egli non avrà più energie per farlo.

4.3 Una battaglia comune


A volte sembra che noi credenti ignoriamo totalmente la battaglia spirituale
nella quale siamo coinvolti e finiamo per affrontare la vita come se, di fatto,
non esistesse alcun mondo spirituale. Siamo spesso totalmente impegnati
nell’affrontare degli uomini come noi, preparati ad affrontare carne e sangue,
ma assolutamente inadeguati ad affrontare il vero combattimento che ci é
proposto:

Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate


star saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento
infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro
le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro
le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti.

Efe 6:11-12
34 CAPITOLO 4. COMPETIZIONE O COOPERAZIONE?

Il nostro vero nemico non é fatto di carne e sangue. Non é un uomo come
noi.
Dobbiamo ricordarcelo perché il tipo di avversario che combattiamo deter-
mina il tipo di armatura che indosseremo e le armi che utilizzeremo.
L’armatura necessaria a combattere gli uomini è necessariamente diversa da
quella che il Signore ci richiede di indossare per combattere le forze spirituali.
Cosı̀, magari stiamo utilizzando la spada della lingua, l’elmo dell’ignoranza, la
corazza della nostra caparbietà per combattere la nostra battaglia personale
contro altri uomini, con l’aggravante che talvolta quegli uomini sono proprio
nostri fratelli.
Purtroppo, se siamo impegnati nella guerra sbagliata, non avremo l’arma-
tura necessaria per la vera battaglia spirituale, cosı̀ saremo colti di sorpresa
quando il nemico sferrerà il suo attacco.
Saul, accecato dall’odio, aveva visto in Davide il proprio nemico, ma era
forse colpa di Davide se il Signore aveva ripudiato Saul? No, il nemico si
trovava nelle sue membra, nella sua ostinazione, nella sua disubbidienza al
Signore. Egli si é lasciato dominare dal peccato e ha combattuto la guerra
sbagliata.
Anche noi, come Saul, corriamo il rischio di essere impegnati sul fronte
sbagliato, ma l’uomo che vuole servire il Signore deve saper identificare bene il
vero avversario:

Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno


come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Resistete-
gli stando fermi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze
affliggono i vostri fratelli sparsi per il mondo.

1 Pie 5:8-9

I credenti sono impegnati in una battaglia comune, contro un avversario


comune. La parola “Satana” significa proprio “Avversario”. La scrittura ci
esorta a resistergli affinché egli fugga da noi (Gc 4:7).
Se siamo troppo impegnati, come Saul, a combattere il nostro Davide, il
fratello che sta ottenendo i risultati che noi non siamo riusciti ad ottenere,
il fratello che per qualche ragione gode della stima di cui vorremmo godere
noi, difficilmente saremo preparati ed impegnati per combattere il nostro vero
nemico.
Per poter affrontare un avversario, occorre essere preparati ad affrontarlo
con le armi giuste. Non si può andare ad affrontare un toro con uno scaccia-
mosche. Inoltre, non serve a nulla indossare una armatura all’ultimo momento
quando il nemico è ormai alle nostre calcagna o davanti a noi. E’inutile infilarsi
l’elmo quando ormai la freccia ha raggiunto il cranio.
Capiamo quindi che la battaglia spirituale è qualcosa che coinvolge tutta
la nostra esistenza. Non si tratta di imparare un modo di affrontare alcuni
4.3. UNA BATTAGLIA COMUNE 35

episodi, ma di imparare un modo di vivere. Dobbiamo quindi pregare il Signore


affinché ci insegni a vivere in questo modo giorno dopo giorno. Paolo aveva
esortato i credenti ad indossare l’armatura, ma sapeva che la preghiera era
assolutamente fondamentale per affrontare la battaglia:

Pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni pre-
ghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza.

Ef 6:18

Che il Signore ci guidi a smetterla di vivere in competizione con altri uomini


e ci insegni a cooperare insieme per l’avanzamento del suo regno.
Quando avremo delle controversie, invece di combattere contro carne e
sangue, preghiamo il Signore affinché riusciamo ad individuare il vero nemico,
le forze spirituali che vogliono mettere i bastoni tra le ruote alla chiesa del
Signore. Solo cosı̀ eviteremo molte lacrime e molte sconfitte.
Cinque

Forza o debolezza?

Forza o debolezza? Come rispondereste se vi facessero questa domanda a


bruciapelo, senza ulteriori spiegazioni?
Forza, naturalmente. Forza.
D’altra parte, é difficile essere affascinati dalla debolezza perché questo é
un mondo dominato da uomini forti.
Nei posti che contano, nella nostra società, vogliamo uomini che non
chiedono mai, uomini che sanno il fatto loro, uomini che non fanno mai
domande ma hanno tutte le risposte, uomini che sanno imporre agli altri le
proprie idee mentre non hanno orecchi per ascoltare quelle degli altri.
Al potere, vogliamo uomini forti, non deboli.
Ma che tipo di persone vogliamo al servizio?
L’apostolo Paolo, ad un certo punto della sua vita, guidato dal Signore, si
ritrova a scrivere:

Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità,


in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando
sono debole, allora sono forte.
2C 12:10

Un punto di vista diverso, una voce fuori dal coro che ci costringe a riflettere.
Ci si può davvero compiacere della propria debolezza?
In quale senso siamo forti quando siamo deboli?

5.1 Una forza effimera


I versi che seguono, tratti dall’Apocalisse di Giovanni, evidenziano un paradosso:
si può essere ricchi essendo poveri e poveri essendo ricchi.
Il Signore scrive alla chiesa di Smirne:

Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà, tuttavia sei ricco.

37
38 CAPITOLO 5. FORZA O DEBOLEZZA?

Ap 2:9

Invece alla chiesa di Laodicea scrive:

Tu dici:“Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di


niente!” Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile,
povero, cieco e nudo.

Ap 3:17

Avete notato la contrapposizione? Smirne é povera secondo i criteri del


mondo, tuttavia é ricca davanti al Signore. Al contrario, Laodicea crede di
essere ricca ma si tratta di una ricchezza fasulla, senza alcun valore reale. Nei
fatti, Laodicea, é povera, miserabile, infelice, cieca e nuda.
Smirne, infatti, nella sua debolezza acuita dalla persecuzione, é costretta a
gridare al Signore per ottenere la forza di cui ha bisogno.
Laodicea, invece, credendo di avere già tutto ciò che le occorre non ha
bisogno di chiedere nulla a Dio. Il Signore, però, non la pensa cosı̀:

Perciò io ti consiglio di comperare da me dell’oro purificato dal


fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non
appaia la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli
occhi e vedere.

Ap 3:18

L’autosufficienza di Laodicea é miopia spirituale che le impedisce di vedere


la sua vera situazione. Crede di non aver bisogno di nulla, mentre le manca
tutto.
Quando siamo autosufficienti come Laodicea siamo forti dal punto di vista
umano ma deboli per quanto riguarda il nostro servizio al Signore. Infatti,
generalmente, l’autosufficienza é vista come una virtù mentre, spiritualmente,
é un danno.
A Corinto, l’apostolo Paolo si trovò a dover affrontare una situazione simile,
per certi versi, a quella di Laodicea.
Alcuni si erano montati la testa per i doni che avevano ricevuto dal Signore
e si vantavano come se quei doni fossero un loro merito:

Infatti, chi ti distingue dagli altri? E che cosa possiedi che tu


non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti vanti come se
tu non l’avessi ricevuto? Già siete sazi, già siete arricchiti, senza
di noi siete giunti a regnare! E fosse pure che voi foste giunti a
regnare, affinché anche noi potessimo regnare con voi! Poiché io
ritengo che Dio abbia messo in mostra noi, gli apostoli, ultimi fra
tutti, come uomini condannati a morte; poiché siamo diventati uno
5.2. UNA DEBOLEZZA NECESSARIA 39

spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi siamo pazzi a


causa di Cristo, ma voi siete sapienti in Cristo; noi siamo deboli,
ma voi siete forti; voi siete onorati, ma noi siamo disprezzati.

1C 4:7-10

Sazi, arricchiti, sapienti, forti e onorati. Chi si trova in queste condizioni


non ha bisogno di nulla, vero?
Il paragrafo é permeato di ironia. Infatti, Paolo stava cercando di farli
riflettere sulla loro situazione. Come Laodicea, quei credenti rischiavano di
essere cosı̀ orgogliosi da dimenticare che non possedevano nulla che non avessero
ricevuto dal Signore. In tal modo, invece di servire il Signore, servivano loro
stessi.
Paolo era debole, sofferente, considerato pazzo, disprezzato. Ma egli era in
quelle condizioni perché predicava la croce di Cristo e si rifiutava di attirare
consensi con la sapienza umana (1C 2:15-5). Paolo aveva rinunciato alla propria
dimostrazione di sapienza per lasciare che Dio mostrasse la sua sapienza in lui.
Coloro che invece erano sazi, ricchi, sapienti, forti e onorati, che strada
stavano percorrendo? Erano davvero cosı̀ forti? Dal tono con cui continua
l’esortazione di Paolo non pare che sia cosı̀:

Or alcuni si sono gonfiati d’orgoglio, come se io non dovessi più


venire da voi; ma, se il Signore vorrà, mi recherò presto da voi, e
conoscerò non il parlare ma la potenza di coloro che si sono gonfiati;
perché il regno di Dio non consiste in parole, ma in potenza.

1C 4:18-20

Se c’é una cosa che Dio non può sopportare nell’uomo é proprio l’orgoglio.
Parole, parole, parole. L’orgoglio gonfia ma produce solo parole.
Un uomo orgoglioso é come un pallone pieno d’aria, senza consistenza. La
sua forza é solo apparente.
Un servizio basato sulla sapienza umana, sull’eloquenza, sulle nostre ca-
pacità e sulle nostre forze é un servizio vuoto in cui Dio non manifesta la sua
potenza. Vale la pena portare avanti un ministero simile?

5.2 Una debolezza necessaria


Uno spirito forte, orgoglioso, ricco, trova in sé tutte le risorse necessarie. Ma il
Signore si compiace in coloro che sono poveri, deboli e umili di spirito come
già aveva scritto attraverso Isaia:

Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui che è umile, che ha lo


spirito afflitto e trema alla mia parola.
40 CAPITOLO 5. FORZA O DEBOLEZZA?

Is 66:2

Infatti, in Mt 5:3, Gesù disse:“Beati i poveri in spirito, perché di loro è il


regno dei cieli”.
Solo uno spirito povero può essere arricchito dal Signore. Solo uno spirito
che grida al Signore confessando tutta la propria debolezza può essere reso
forte dal Signore.
La nostra debolezza ci porta quindi a dipendere dal Signore mentre la
nostra forza ci porta all’autosufficienza.
L’apostolo Paolo lo aveva sperimentato sulla sua pelle:

Fratelli, non vogliamo che ignoriate riguardo all’afflizione che ci


colse in Asia, che siamo stati molto provati, oltre le nostre forze,
tanto da farci disperare perfino della vita. Anzi, avevamo già
noi stessi pronunciato la nostra sentenza di morte, affinché non
mettessimo la nostra fiducia in noi stessi, ma in Dio che risuscita i
morti. Egli ci ha liberati e ci libererà da un cosı̀ gran pericolo di
morte, e abbiamo la speranza che ci libererà ancora.

2C 1:8-10

La prova era stata talmente terribile da fargli credere che non avrebbe
avuto scampo. Ma proprio in una situazione di estrema debolezza, egli mise la
propria fiducia in Dio che risuscita i morti. E Dio ha operato.
Quando non possiamo contare sulle sue forze, quando ci sentiamo perduti,
senza speranza, allora possiamo confidare totalmente nel Signore e invece di
essere sconfitti, possiamo vincere con la forza che Dio fornisce. L’autosufficienza
porta l’uomo ad agire, ma la debolezza lo porta a pregare.
Uno dei parametri principali con il quale possiamo misurare se siamo
abbastanza deboli da poter piacere al Signore é, quindi, proprio la nostra vita
di preghiera.
Mosè, Samuele, Geremia, Daniele, Esdra, Nehemia: tutti i grandi uomini
di Dio erano dipendenti da Lui, strumenti deboli nelle mani di un Dio forte,
uomini le cui vite sono state caratterizzate dalla preghiera.
La preghiera esprime proprio la nostra dipendenza da Dio, la necessità che
Dio guidi le nostre vite perché senza di Lui non possiamo fare nulla.
Quando dobbiamo prendere una decisione ci preoccupiamo di cosa voglia il
Signore da noi? O pensiamo di essere abbastanza saggi da poter decidere da
soli?
La nostra vita sentimentale, le nostre finanze, il nostro lavoro, la nostra
famiglia. Siamo coscienti del fatto che Dio si interessa a tutti gli aspetti della
nostra vita oppure preferiamo dividere la vita in cassetti con l’accortezza di
tenere ben chiusi quelli in cui non vogliamo che Dio vada a guardare?
Siamo abbastanza deboli da dipendere da lui in ogni cosa? O siamo talmente
forti da poter fare di testa nostra?
5.3. UN ESEMPIO A METÀ 41

5.3 Un esempio a metà


Il re Asa costituisce un esempio interessante. Infatti, egli é nello stesso tempo
un buon esempio e un cattivo esempio.
Quando era giovane ha gridato al Signore per essere liberato da un nemico
che incuteva timore e, in quella occasione, ha mostrato una debolezza esemplare.
Invece, verso la fine del suo regno, di fronte ad un pericolo che sembrava di
minore entità si é sentito abbastanza forte da poter fare a meno del Signore
fornendo un pessimo esempio di autosufficienza che non piace a Dio.

5.3.1 Debole ma vincente


2Cr 14:8-14 evidenzia un momento di fede straordinario della vita di Asa.
Egli, attaccato dall’esercito di Zera l’Etiope, si rende conto di essere debole,
di non potercela fare da solo.
Cosı̀, egli rivolge a Dio questa bellissima preghiera:

Allora Asa invocò il suo Dio, e disse:“Signore, per te non c’è


differenza tra il dare soccorso a chi è in gran numero, e il darlo
a chi è senza forza; soccorrici, Signore nostro Dio! Poiché su di
te noi ci appoggiamo, e nel tuo nome siamo venuti contro questa
moltitudine. Tu sei il Signore nostro Dio; Non vinca l’uomo contro
di te!”
2 Cron. 14:10

L’esercito di Asa era di circa trecentomila persone mentre gli Etiopi erano
un milione. Dal punto di vista umano era impossibile vincere. . .
Ma Asa sa che il soccorso del Signore può fare la differenza perché Egli é
in grado di ribaltare le forze in campo. Cosı̀, egli proclama la sua debolezza
affidandosi alla forza del Signore. Il Signore rispose alla preghiera e mise gli
Etiopi in fuga (2Cr 14:11).
Questo é l’uomo che piace al Signore, un uomo debole che confida nel
Signore per ottenere la vittoria.

5.3.2 Forte ma sconfitto


Nella seconda parte della sua vita (2Cr 16), verso la fine del suo regno, Asa si
comporta in maniera totalmente diversa.
Nel trentaseiesimo anno del suo regno, infatti, egli si sente minacciato dal
re di Israele Baasa.
Questa volta, però, Asa ritiene di non dover invocare il Signore. Egli si
sente abbastanza forte da poter risolvere il problema a modo suo:

Allora Asa prese dell’argento e dell’oro dai tesori della casa del
SIGNORE e del palazzo del re, e inviò dei messaggeri a Ben-Adad,
42 CAPITOLO 5. FORZA O DEBOLEZZA?

re di Siria, che abitava a Damasco, per dirgli:“Ci sia alleanza fra


me e te, come vi fu tra mio padre e tuo padre. Ecco, ti mando
dell’argento e dell’oro; va’, rompi la tua alleanza con Baasa, re
d’Israele, perché egli si ritiri da me”.

2Cr 16:2-3

Questa volta la diplomazia di Asa ha sostituito la preghiera. La sua forza


ha sostituito la forza del Signore.
Ma il Signore non ha gradito il suo comportamento:

In quel tempo, Canani, il veggente, si recò da Asa, re di Giuda, e


gli disse:“Poiché ti sei appoggiato sul re di Siria invece di appoggiarti
sul SIGNORE, che è il tuo Dio, l’esercito del re di Siria è scampato
dalle tue mani. Gli Etiopi e i Libi non formavano forse un grande
esercito con una moltitudine immensa di carri e di cavalieri? Eppure
il SIGNORE, perché tu ti eri appoggiato su di lui, li diede nelle
tue mani. Infatti il SIGNORE percorre con lo sguardo tutta la
terra per spiegare la sua forza in favore di quelli che hanno il cuore
integro verso di lui. In questo tu hai agito da insensato; infatti, da
ora in poi avrai delle guerre”.

2Cr 16:7-9

Avendo confidato nelle sue forze, egli, pur avendo battuto il re di Israele, si
é ritrovato sconfitto perché il Signore non gli ha più concesso di avere la pace
di cui aveva goduto fino a quel momento.

5.3.3 Un monito per noi


Anche i migliori possono cadere nell’errore di confidare nelle proprie forze.
Asa ne é un esempio lampante. Quando era giovane, si era trovato di
fronte il terribile e numeroso esercito etiope e non ci aveva pensato due volte a
chiedere l’aiuto del Signore. Alla fine della sua vita, invece, quando aveva più
esperienza e aveva sviluppato una certa fiducia nelle sue capacità diplomatiche,
si é sentito forte e non ha ritenuto necessario consultare il Signore perché il
pericolo che proveniva dal re di Israele sembrava poca cosa.

Cosı̀ parla il SIGNORE:“Maledetto l’uomo che confida nell’uo-


mo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si allontana dal
SIGNORE!”

Gr 17:5

Dio vuole che confidiamo in lui in ogni istante della nostra vita, non solo
quando ci troviamo in circostanze estreme. Asa, confidando nell’uomo, ha
5.4. VOGLIO ESSERE DEBOLE 43

ottenuto la vittoria sul re di Israele ma ha disprezzato il Signore che quindi lo


ha punito.
Talvolta, con i nostri metodi umani, possiamo anche ottenere dei risul-
tati, ma a lungo termine, se non abbiamo confidato nel Signore, quelle che
sembravano vittorie si riveleranno essere le nostre peggiori sconfitte.

5.4 Voglio essere debole


La forza porta l’uomo ad agire.
La debolezza porta l’uomo a pregare, a dipendere da Dio.
L’uomo che vuole esercitare potere sugli altri ha bisogno di essere forte,
persuasivo, coraggioso in modo da poter prevalere e poter mantenere la propria
posizione conquistata duramente con la lotta.
Al contrario, l’uomo che vuole servire il Signore non ha bisogno di essere
intrinsecamente forte. Anzi, è necessario che sia debole in modo che Dio possa
mostrare la sua potenza in lui:

Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa


grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi.

2C 4:7

I momenti migliori della nostra vita sono quindi quelli in cui siamo abba-
stanza deboli da permettere al Signore di operare.

ed egli mi ha detto:“La mia grazia ti basta, perché la mia potenza


si dimostra perfetta nella debolezza”. Perciò molto volentieri mi
vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo
riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie,
in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché,
quando sono debole, allora sono forte.

2C 12:9-10

Paolo conosceva bene la logica del servizio: é un bene per l’uomo essere
debole affinchè Dio possa mostrare la sua potenza.
Che Dio ci insegni a dipendere da lui in ogni aspetto della nostra vita.
Scegliamo di essere deboli. Non ce ne pentiremo.
Sei

Doppiezza o integrità?

Avete mai sentito parlare di abuso di servizio?


Non credo.
Tutti noi abbiamo invece familiarità con l’espressione “abuso di potere”.
Ci sono dei comportamenti che sono inevitabilmente associati al potere e
non al servizio, comportamenti che caratterizzano il despota e non il servo.
Dove troviamo tali comportamenti, abbiamo la certezza che il servizio non
sia di casa.
Il potere é caratterizzato da comportamenti doppi, opportunistici, che non
onorano il Signore ma che procurano successo.
Il Signore, invece, cerca uomini che lo servano con integrità anche se questo
può portarli a non essere molto popolari.

“ Meglio il povero che cammina nella sua integrità, che il perverso


che cammina nella doppiezza, ed è ricco. ”

Pr 28:6

6.1 La doppiezza del despota


Abusi, parzialità, compromessi. Quando il potere prende il posto del servizio,
esso é accompagnato da un certo numero di comportamenti ambigui che, se
non vengono corretti, portano alla rovina della assemblea del Signore.

6.1.1 Abuso
“ I figli di Eli erano uomini scellerati; non conoscevano il SIGNO-
RE. Ecco qual era il modo di agire di questi sacerdoti riguardo al
popolo: quando qualcuno offriva un sacrificio, il servo del sacerdote
veniva nel momento in cui si faceva cuocere la carne; teneva in
mano una forchetta a tre punte, la piantava nella caldaia o nel

45
46 CAPITOLO 6. DOPPIEZZA O INTEGRITÀ?

paiuolo o nella pentola o nella marmitta, e tutto quello che la


forchetta tirava su, il sacerdote lo prendeva per sé. Cosı̀ facevano a
tutti gli Israeliti che andavano là, a Silo. Anche prima che si fosse
bruciato il grasso, il servo del sacerdote veniva e diceva all’uomo
che faceva il sacrificio:“Dammi della carne da fare arrostire, per
il sacerdote; poiché egli non accetterà da te carne cotta, ma cru-
da”. Se quell’ uomo gli diceva:“Si bruci prima di tutto il grasso,
poi prenderai quello che vorrai”, egli rispondeva:“No, me la devi
dare ora; altrimenti la prenderò con la forza!” Il peccato di quei
giovani era dunque grandissimo agli occhi del SIGNORE, perché
disprezzavano le offerte fatte al SIGNORE. ”

1 S 2:12-17

Il passo che abbiamo appena letto fa davvero venire i brividi.


I figli di Eli avevano lo straordinario privilegio di essere sacerdoti, intercessori
tra Dio e il popolo, coloro che dovevano occuparsi del tempio e delle offerte
fatte al Signore.
Ma essi stavano abusando del proprio privilegio di sacerdoti per trarre
vantaggio personale. Si comportavano come despoti maltrattando coloro che si
avvicinavano al Signore per offrire dei sacrifici.
Il servizio porta benedizione al prossimo, ma i figli di Eli stavano danneg-
giando il popolo di Dio. Coloro che avrebbero dovuto essere degli esempi e
avrebbero dovuto insegnare al popolo la via di Dio, non conoscevano il Signore
e non avevano alcun timore di Lui.
Il testo ci dice che i figli di Eli non conoscevano il Signore. Proprio per
questo motivo esercitavano il sacerdozio come se fosse un lavoro dal quale
cercare di trarre il massimo profitto. Il mestiere aveva sostituito la vocazione.

6.1.2 Parzialità
Abbiamo illustrato l’abuso di potere con il comportamento dei figli di Eli. Ma,
è interessante anche esaminare il comportamento di Eli, loro padre, di fronte a
tale comportamento.

“ Un uomo di Dio andò da Eli e gli disse:“Cosı̀ parla il SIGNO-


RE:«Non mi sono forse rivelato alla casa di tuo padre, quando essi
erano in Egitto al servizio del faraone? Non lo scelsi dunque fra
tutte le tribù d’ Israele per diventare mio sacerdote, per salire al mio
altare, per bruciare il profumo e indossare l’ efod in mia presenza?
Non diedi alla casa di tuo padre tutti i sacrifici, consumati dal
fuoco, dei figli d’ Israele? Allora, perché calpestate i miei sacrifici
e le mie oblazioni che ho comandato di offrire nel mio santuario?
Come mai onori i tuoi figli più di me e vi ingrassate con il meglio
di tutte le oblazioni d’ Israele, mio popolo?»” ”
6.1. LA DOPPIEZZA DEL DESPOTA 47

1 S 2:27-29

Onori i tuoi figli più di me. Questa é l’accusa pesante che il Signore rivolge
ad Eli.
La legge prevedeva che i figli di Eli venissero messi a morte per il loro
comportamento. Nel passato, i figli di Aronne avevano perso la vita per una
disubbidienza molto meno grossolana (Nu 3:4). Invece, Eli si limitò a sgridare
i propri figli come un padre che sgrida dei bimbi che stanno facendo rumore in
cortile. Il suo intervento fu assolutamente inadeguato:

“ Eli era molto vecchio e udı̀ tutto quello che i suoi figli facevano
a tutto Israele e come si univano alle donne che erano di servizio
all’ ingresso della tenda di convegno. Disse loro:«Perché fate queste
cose? Poiché odo tutto il popolo parlare delle vostre azioni malvagie.
Non fate cosı̀, figli miei, poiché quel che odo di voi non è buono; voi
traviate il popolo di Dio. Se un uomo pecca contro un altro uomo,
Dio lo giudica; ma se pecca contro il SIGNORE, chi intercederà
per lui?» Quelli però non diedero ascolto alla voce del loro padre,
perché il SIGNORE li voleva far morire. ”
1 S 2:22-25

Il Signore fece ciò che Eli non fu in grado di fare. Probabilmente Eli non
ebbe il coraggio di intervenire duramente con i propri figli. Se fossero stati degli
estranei sarebbe stato più facile, ma si trattava dei suoi figli ed Eli manifestò
un comportamento parziale non andando fino in fondo alla questione come la
legge prescriveva.
Come Eli, nella scrittura ci sono molti uomini che hanno agito con parzialità,
comportandosi in maniera diversa a seconda della convenienza. Ad esempio,
In Ml 2:9 si puó leggere di persone che avevano riguardi personali quando
applicavano la legge benché fossero coloro che dovevano amministrarla.
Essere parziali nel giudizio, favorendo l’uno a danno dell’altro, porta un
danno a tutta la comunità perchè non incoraggia le persone a temere il Signore
e a comportarsi in maniera retta. Il risultato di una società in cui la giustizia
non regna, ha come effetto negativo la mancanza di fiducia delle persone nei
confronti della stessa giustizia divina (Ml 3:14-15).

6.1.3 Compromesso
I libri profetici sono pieni di accuse contro la classe dirigente in Israele e Giuda
che conducevano il popolo con l’ingiustizia e i compromessi. A titolo di esempio,
leggiamo la seguente descrizione di Michea che si rivolse ai capi e alle guide di
Israele che erano in Gerusalemme:

“ I suoi capi giudicano per ottenere regali, i suoi sacerdoti inse-


gnano per un profitto, i suoi profeti fanno predizioni per denaro e
48 CAPITOLO 6. DOPPIEZZA O INTEGRITÀ?

tuttavia si appoggiano al Signore e dicono:“Il Signore non è forse


in mezzo a noi? Non ci verrà addosso nessun male!””

Mi 3:11

Altrove, il profeta scrive:

“ Cosı̀ parla il Signore riguardo ai profeti che sviano il mio


popolo e che gridano:“Pace!” quando i loro denti hanno qualcosa
da mangiare, ma dichiarano la guerra santa contro chi non mette
nulla nella loro bocca.”

Mi 3:5

Molti falsi profeti in Israele annunciavano ciò che la gente voleva sentirsi
dire. Era comodo parlare di pace fino a che c’era qualcuno che provvedeva alle
loro necessità. Amavano fare compromessi per mantenere la propria posizione,
avevano piegato il loro ufficio profetico all’opportunismo.

6.2 L’integrità del servo


Il servo del Signore si comporta in maniera totalmente diversa da quanto
abbiamo visto fin qui.

6.2.1 Rinuncia
La strada del servitore di Dio passa per la rinuncia piuttosto che per l’abuso.
Lı̀ dove l’uomo assetato di potere cerca vantaggi personali, approfittando della
propria posizione, l’uomo di Dio rinuncia persino ai propri diritti per amore
del Signore e per il vantaggio della comunità.
Ne é un esempio l’apostolo Paolo.
Leggendo tutto il capitolo 9 della prima lettera di Paolo ai Corinzi, si
percepisce l’indignazione dell’apostolo nel constatare che quei credenti, invece
di apprezzarlo per non aver fatto valere i propri diritti, lo consideravano un
debole.
Essi preferivano gli arroganti e i presuntuosi, che stavano invece approfit-
tando di loro, uomini che Paolo chiama falsi apostoli, operai frudolenti che si
travestono da apostoli di Cristo (2C 11:12):

“ Infatti, se uno vi riduce in schiavitù, se uno vi divora, se uno


vi prende il vostro, se uno s’innalza sopra di voi, se uno vi percuote
in faccia, voi lo sopportate. ”

2C 11:17
6.2. L’INTEGRITÀ DEL SERVO 49

Come evangelista itinerante, fondatore di chiese, Paolo avrebbe avuto


diritto ad essere sostenuto dai credenti tuttavia, più volte, egli non ha fatto
uso di questi diritti per dare un buon esempio ai credenti e affinchè nessuno
avesse niente da dire a suo riguardo.

“ Io però non ho fatto alcun uso di questi diritti, e non ho scritto


questo perché si faccia cosı̀ a mio riguardo; poiché preferirei morire,
anziché vedere qualcuno rendere vano il mio vanto.”

1Cor 9:15

Mentre dei falsi apostoli stavano approfittando dei credenti, l’apostolo


Paolo aveva rinunciato anche ai suoi legittimi diritti. Cosı̀ si comporta il servo
del Signore!

6.2.2 Imparzialità
Il potere porta a fare parzialità. Chi vuole mantenere una posizione, è costretto
ad avere degli alleati e, per averli, è costretto a favorirli in qualche modo.
Essere imparziali significa giudicare le cose indipendentemente dalle circo-
stanze e dalle persone coinvolte, senza avere riguardi personali, con obiettività
di giudizio.
Ad esempio, il re Asa, fu imparziale nella sua lotta all’idolatria quando si
mise addirittura contro sua madre:

“ Il re Asa destituı̀ pure dalla dignità di regina sua madre Maaca,


perché lei aveva eretto un’immagine ad Astarte;”

2 Cr 15:16

Asa destituı̀ la regina, a causa della sua idolatria, benché fosse sua madre, al
contrario di Eli che permise ai suoi figli di continuare ad esercitare il sacerdozio
indegnamente.
Ovviamente, Dio è l’esempio perfetto di imparzialità. Egli non ha riguardi
personali e non accetta regali che possano influenzare il suo giudizio:

“ poiché il SIGNORE, il vostro Dio, è il Dio degli dèi, il Signore


dei signori, il Dio grande, forte e tremendo, che non ha riguardi
personali e non accetta regali, che fa giustizia all’orfano e alla
vedova, che ama lo straniero e gli dà pane e vestito.”

De 10:17-18

Nello stesso modo, dovevano comportarsi coloro che amministravano la


giustizia in Israele:
50 CAPITOLO 6. DOPPIEZZA O INTEGRITÀ?

“ Non pervertirai il diritto, non avrai riguardi personali e non


prenderai nessun regalo, perché il regalo acceca gli occhi dei savi e
corrompe le parole dei giusti. ”

De 16:19

Anche nel nuovo testamento troviamo le medesime esortazioni:

“ Fratelli miei, la vostra fede nel nostro Signore Gesù Cristo,


il Signore della gloria, sia immune da favoritismi. Infatti, se nel-
la vostra adunanza entra un uomo con un anello d’ oro, vestito
splendidamente, e vi entra pure un povero vestito malamente, e voi
avete riguardo a quello che veste elegantemente e gli dite:“Tu, siedi
qui al posto d’ onore”; e al povero dite:“Tu, stattene là in piedi”, o
“siedi in terra accanto al mio sgabello”, non state forse usando un
trattamento diverso e giudicando in base a ragionamenti ingiusti?

Gc 2:1-4

“ Ti scongiuro, davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti,


di osservare queste cose senza pregiudizi, e di non fare nulla con
parzialità.”

1 Ti 5:21

6.2.3 Schiettezza
Il servo di Dio non fa compromessi, non ha paura di dire con schiettezza come
stanno le cose.
Quando il re Manasse gli mandò a dire che egli doveva smettere di profetiz-
zare sventure al popolo di Israele, Amos rispose cosı̀:

«Io non sono profeta, né figlio di profeta; sono un mandriano


e coltivo i sicomori. Il SIGNORE mi prese mentre ero dietro al
gregge e mi disse: «Va’, profetizza al mio popolo, a Israele». »

Am 7:4-15

Il Signore lo aveva chiamato a profetizzare ad Israele, quindi Amos non


poteva tacere.
Anche Michea non si lasciò intimidire da coloro che gli intimavano di non
profetizzare:

«Non profetizzate!»vanno essi ripetendo.«Anche se non si pro-


fetizzano tali cose, non si eviterà l’infamia.»
6.2. L’INTEGRITÀ DEL SERVO 51

Mi 2:6

“ Ma, quanto a me, io sono pieno di forza, dello Spirito del


Signore, di giustizia e di coraggio, per far conoscere a Giacobbe la
sua trasgressione e a Israele il suo peccato.”

Mi 3:8

E come non ricordare lo stupendo esempio di Micaia? Egli è stato istigato


a mentire per fare una predizione in accordo con tutti gli altri profeti che
erano stati ingannati da uno spirito maligno (1Re 22:19-23), ma ha preferito
annunziare ciò che il Signore gli aveva detto:

Il messaggero che era andato a chiamare Micaia gli parlò co-


sı̀:“Ecco tutti i profeti, unanimi, predicono del bene al re; ti prego,
le tue parole siano concordi con le loro, e predici del bene!” Ma
Micaia rispose:“Com’ è vero che il SIGNORE vive, io dirò quel
che il SIGNORE mi dirà”. Quando giunse davanti al re, il re gli
disse:“Micaia, dobbiamo andare a far guerra a Ramot di Galaad, o
no?” Egli rispose:“Va’ pure, tu vincerai; il SIGNORE la darà nelle
mani del re”. Il re gli disse:“Quante volte dovrò scongiurarti di non
dirmi altro che la verità nel nome del SIGNORE?” Micaia rispose:
“Ho visto tutto Israele disperso su per i monti, come pecore che
non hanno pastore; e il SIGNORE ha detto: Questa gente non ha
padrone; ciascuno ritorni in pace a casa sua”. Il re d’ Israele disse a
Giosafat:“Non te l’ avevo detto che costui non mi avrebbe predetto
nulla di buono, ma soltanto del male?”

1R 22:13-18

Il re disprezzava Micaia perchè, a suo dire, prediceva solo cose negative.


Per questo motivo Micaia, inizialmente, si prende gioco del re dandogli una
predizione in accordo con gli altri profeti corrotti. Poi, rivela al re la scomoda
verità.
Se Micaia avesse cercato la fama e il prestigio, avrebbe potuto accontenten-
tare il re dicendogli le cose che quest’ultimo voleva sentire.
Micaia, invece, non fece compromessi anche se ciò gli costò la libertà (1 R
22:26-27) perché egli serviva un re più grande di Acab.
Nelle scritture del nuovo patto, troviamo un altro esempio bellissimo:

“ E, avendoli chiamati, imposero loro di non parlare né inse-


gnare affatto nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni risposero
loro:“Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché
a Dio. Quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che
abbiamo viste e udite”.”
52 CAPITOLO 6. DOPPIEZZA O INTEGRITÀ?

At 4:18-21

Pietro e Giovanni servono lo stesso Dio che servivano Michea, Amos, Micaia.
Chi serve il Signore, deve rispondere solo a lui. Il compromesso è una strada
che serve ad accontentare gli uomini, ma l’integrità ha un grande valore agli
occhi di Dio:

“ Tu ti mostri pietoso verso il pio, integro verso l’ uomo integro”

Sl 18:25

6.3 Una sfida per oggi


Anche oggi il mestiere può prendere il posto della vocazione.
Quando questo accade, non é infrequente vedere abusi, parzialità e com-
promessi anche in mezzo al popolo di Dio.
Nel nuovo testamento abbiamo un brano che esorta gli anziani delle
assemblee in questo modo:

“ Pascete il gregge di Dio che è tra di voi, sorvegliandolo, non per


obbligo, ma volenterosamente secondo Dio; non per vile guadagno,
ma di buon animo; non come dominatori di quelli che sono affidati,
ma come esempi del gregge. E quando apparirà il supremo pastore,
riceverete la corona della gloria che non appassisce.”

1 P 5:2-4

Anche se questo brano si rivolge in maniera particolare agli anziani, i


principi che vengono evidenziati possono essere applicati ad ogni ambito del
servizio. Se non temiamo il Signore, infatti, cercheremo i nostri interessi e non
i Suoi. Il nostro servizio sarà svolto controvoglia e ci porterà a diventare dei
piccoli despoti che cercano di trarre qualche vantaggio personale da ciò che
facciamo.
Se poi, anche nella chiesa, siamo parziali nei nostri giudizi, tollerando il
peccato e non intervenendo al momento opportuno, questo genererà delusione
e insofferenza nei fratelli e li istigherà a comportarsi male.
Nelle assemblee, si incontrano tante persone deluse e ferite proprio per
questi motivi.
Viviamo in un mondo in cui il successo di un uomo si misura dal numero di
persone che riesce a dominare. Gli arroganti e i presuntuosi vengono elogiati
mentre coloro che rinunciano ai propri diritti vengono chiamati deboli. E’ un
mondo in cui la gente preferisce sentirsi dire delle comode bugie piuttosto
che la triste verità, cosı̀ si preferisce predicare su argomenti che suscitano un
discreto interesse intellettuale ma non toccano la coscienza di nessuno. E’ lo
6.3. UNA SFIDA PER OGGI 53

stesso mondo malato in cui vivevano Michea, Amos e Micaia con la differenza
che, con il passare dei secoli, la malattia ha ora raggiunto lo stadio terminale.
Eppure, proprio in questo mondo, ancora oggi, Il Signore cerca dei servi
che lo servano volentieri, con la coscienza pulita, che siano degli esempi per gli
altri, che siano imparziali, schietti, e non facciano compromessi. Ne troverà
ancora?
Sette

Due alberi, due frutti

Ogni strada conduce alla sua destinazione. Ogni albero produce il suo frutto.

“ Li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie forse uva dalle


spine, o fichi dai rovi? Cosı̀, ogni albero buono fa frutti buoni, ma
l’albero cattivo fa frutti cattivi. . . ”
Mt 7:16-17

L’albero del potere e quello del servizio producono frutti ben diversi.

7.1 Potere: l’uomo al centro


L’albero del potere é antropocentrico, ovvero mette l’uomo al centro dell’u-
niverso. I suoi frutti sono quindi l’interesse dell’uomo, la gloria dell’uomo e
l’applauso dell’uomo. Come disse un saggio ebreo:«Non c’è spazio per Dio in
colui che è pieno di sé stesso».

7.1.1 Gli interessi dell’uomo


Chi cerca il potere serve sé stesso e non può fare altro che perseguire i propri
interessi.
Già ai tempi dell’apostolo Paolo, era difficile trovare delle persone disinte-
ressate che servissero il Signore senza secondi fini:

“ Poiché tutti cercano i loro propri interessi, e non quelli di


Cristo Gesù”
Fi 2:21

Paolo aveva dedicato la sua intera esistenza al vangelo ma faticava a trovare


collaboratori che condividessero tale abnegazione. Come vedremo, Timoteo ed
Epafrodito costituivano delle incoraggianti eccezioni.

55
56 CAPITOLO 7. DUE ALBERI, DUE FRUTTI

Gli interessi personali di ognuno possono essere svariati. C’è chi cerca il
successo, la fama o chi é attaccato al denaro. Altri desiderano dominare sul
prossimo.
Il re Saul, ad esempio, fu protagonista di un episodio che illustra il suo
attaccamento al trono più che al Signore.
Il Signore aveva detto a Saul di votare allo sterminio Amalec senza rispar-
miare alcun essere vivente che gli appartenesse (1S 15:3). Ma Saul non diede
ascolto al Signore, infatti egli ed il popolo votarono allo sterminio ogni cosa
senza valore e inutile ma risparmiarono Agag e il meglio delle pecore, dei buoi,
gli animali della seconda figliatura, gli agnelli e tutto quel che c’era di buono
(1S 15:9).
Quando il Signore mandò Samuele a denunciare il comportamento di Saul,
quest’ultimo cercò di giustificarsi in questo modo:

“ Samuele disse:«Che cos’ è dunque questo belar di pecore che


mi giunge agli orecchi e questo muggire di buoi che sento?» Saul
rispose:«Sono bestie condotte dal paese degli Amalechiti; perché il
popolo ha risparmiato il meglio delle pecore e dei buoi per farne dei
sacrifici al SIGNORE, al tuo Dio; il resto, però, l’abbiamo votato
allo sterminio».”

1 S 15:14-15

Saul non era sinceramente pentito per la sua disubbidienza ma cercò di


coprire il proprio peccato invece di confessarlo al Signore. Inoltre stava cercando
di scaricare le proprie responsabilità sul popolo.
Saul aveva rigettato la parola del Signore. Samuele gli annuncia quindi che
il Signore lo avrebbe rigettato come re (1 S 15:23).
A questo punto, Saul avrebbe dovuto essere desolato per la disubbidienza
commessa e per il suo tentativo maldestro di giustificarsi, ma, dopo aver
dibattuto con Samuele per cercare di farlo tornare sui suoi passi, egli manifestò
ciò che gli stava davvero a cuore:

“ Ho peccato; ma tu adesso onorami, ti prego, in presenza degli


anziani del mio popolo e in presenza d’Israele; ritorna con me e mi
prostrerò davanti al Signore, al tuo Dio”

1 S 15:30

Adesso onorami! Benché ammetta di aver peccato, Saul non era preoccupato
per il giudizio di Dio quanto per la propria reputazione davanti agli uomini. Il
potere aveva portato il suo triste frutto nella vita di Saul.
7.1. POTERE: L’UOMO AL CENTRO 57

7.1.2 La gloria dell’uomo


E’ difficile resistere alla tentazione di vantarsi quando abbiamo fatto qualcosa
che ci rende speciali agli occhi degli altri, qualcosa per cui vorremmo ricevere
delle lodi.
Vi ricordate la storia del re Nabucodonosor? Egli era stato innalzato e
utilizzato da Dio per punire Israele, ma all’apice della sua grandezza quest’uomo
non diede gloria a Dio:

“ Dodici mesi dopo, mentre passeggiava sul terrazzo del palazzo


reale di Babilonia, il re disse:“Non è questa la grande Babilonia che
io ho costruita come residenza reale con la forza della mia potenza
e per la gloria della mia maestà?””

Da 4:29-30

La risposta di Dio non si fece attendere:

“ Sappi, o re Nabucodonosor, che il tuo regno ti è tolto; tu sarai


scacciato di mezzo agli uomini e abiterai con le bestie dei campi; ti
daranno da mangiare erba come ai buoi, e passeranno sette tempi
sopra di te, finché tu riconoscerai che l’ Altissimo domina sul regno
degli uomini e lo dà a chi vuole.”

Da 4:31-33

E’ il Signore che rende grandi o piccoli, che domina sull’universo e dona il


regno a chi vuole. Dopo queste parole Nabucadonosor perse la ragione e visse
in maniera selvaggia, come se fosse un animale selvatico, per sette anni dopo i
quali imparò la lezione e , come vedremo, diede gloria a Dio.
Nel nuovo testamento vediamo un episodio simile:

“ Nel giorno fissato, Erode indossò l’ abito regale e sedutosi sul


trono, tenne loro un pubblico discorso. E il popolo acclamava:
«Voce di un dio e non di un uomo!» In quell’ istante un angelo del
Signore lo colpı̀, perché non aveva dato la gloria a Dio; e, roso dai
vermi, morı̀. ”

At 12:21-23

Erode prese per sé stesso la gloria che spettava a Dio e il Signore lo fece
morire. Dio non sopporta la superbia e il vanto nell’uomo.
Quando l’uomo é al centro, egli trae gloria dalle cose che fà. Alcuni Corinti,
ad esempio, si erano gonfiati d’orgoglio esaltandosi e dimenticando che i loro
doni spirituali erano stati donati da Dio. Il Signore li esorta cosı̀ attraverso
Paolo:
58 CAPITOLO 7. DUE ALBERI, DUE FRUTTI

“ Infatti, chi ti distingue dagli altri? E che cosa possiedi che tu


non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti vanti come se tu
non l’avessi ricevuto? ”

1C 4:6-7

Ogni cosa che abbiamo l’abbiamo ricevuta dal Signore. Non dimentichia-
molo quando siamo tentati di vantarci e di glorificare noi stessi.

7.1.3 L’applauso dell’uomo


C’è una buona notizia per chi ha messo il proprio io sul trono della propria
vita. Infatti, egli otterrà la retribuzione che gli spetta, riceverà esattamente
ciò che ha cercato.
Considerate questa affermazione del Signore Gesù:

“ Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini,


per essere osservati da loro; altrimenti non ne avrete premio presso
il Padre vostro che è nei cieli”

Mat. 6:1

Per quale motivo non ci si può aspettare un premio da Dio quando si


pratica la propria giustizia per essere osservati dagli uomini? Semplice: se
è per l’applauso degli uomini che serviamo il Signore, sarà l’applauso degli
uomini il premio che avremo. Niente altro.
Gesù illustra proprio questo principio, ripetendo il medesimo concetto per
tre volte:

“ . . . per essere onorati dagli uomini. . . questo è il premio che ne


hanno. ”

Mt 6:2

“ . . . per essere visti dagli uomini. . . questo è il premio che ne


hanno. ”

Mt 6:5

“ . . . per far vedere agli uomini che digiunano. . . questo è il premio


che ne hanno.”

Mt 6:16
7.2. SERVIZIO: DIO AL CENTRO 59

Chi può negare il valore che l’elemosina, la preghiera e il digiuno hanno


davanti al Signore? Il punto del brano in questione, però, é un altro. Tutto
gira intorno al motivo per il quale pratichiamo la giustizia: per essere visti e
ammirati dagli uomini o per essere approvati da Dio?
Il prezzo da pagare alla propria vanità é proprio quello di non potersi più
aspettare nulla dal Signore.
La frase “questo é il premio che ne hanno”, che il Signore Gesù utilizza, è
proprio quella tipica di un contratto e sta ad indicare che chi ha prestato la
sua opera ha già ottenuto il suo compenso e non può pretendere più niente
dall’altra parte in causa. Questo è il senso delle parole di Gesù: se abbiamo
ricevuto l’applauso degli uomini, abbiamo già ricevuto il premio, siamo stati
già pagati, non possiamo più pretendere nulla.
Insomma, se quello che vuoi è l’applauso della gente, prenditelo pure se ti
accontenti di cosı́ poco. Ricordati, però, che il Signore potrebbe darti molto di
più.

7.2 Servizio: Dio al centro


L’albero del servizio é teocentrico, pone Dio al centro di ogni cosa.
La strada del servizio prevede che Dio scelga gli uomini, che li guidi e che
raccolga i frutti del loro servizio.
Il servizio fa l’interesse di Dio, dà gloria a Dio e cerca di piacere a Dio.
Il servizio non cerca l’applauso dell’uomo ma cerca il premio del Signore.

7.2.1 Gli interessi di Dio


Come abbiamo visto, l’uomo che vive per il potere cerca sempre il proprio
tornaconto. Il vero servitore, invece, cerca l’interesse comune, portando del
bene alla comunità del Signore:

“ Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno,


con umiltà, stimi gli altri superiori a sé stesso, cercando ciascuno
non il proprio interesse, ma anche quello degli altri.”

Fi 2:3-4

Secondo 1 Co 13:5, “l’amore non cerca il proprio interesse”. Il servizio é


caratterizzato dall’amore per Dio e per gli altri.
Proprio nella stessa epistola ai Filippesi, oltre al supremo esempio di Cristo
e a quello dell’apostolo Paolo che era in prigione per il vangelo, vengono citati
due credenti che hanno sacrificato i propri interessi per quelli del Signore:

“ Infatti non ho nessuno di animo pari al suo che abbia since-


ramente a cuore quel che vi concerne. Poiché tutti cercano i loro
60 CAPITOLO 7. DUE ALBERI, DUE FRUTTI

propri interessi, e non quelli di Cristo Gesù. Voi sapete che egli
ha dato buona prova di sé, perché ha servito con me la causa del
vangelo, come un figlio con il proprio padre.”

Fi 2:20-22

“ Accoglietelo dunque nel Signore con ogni gioia e abbiate stima


di uomini simili; perché è per l’opera di Cristo che egli è stato molto
vicino alla morte, avendo rischiato la propria vita per supplire ai
servizi che non potevate rendermi voi stessi.”

Fi 2:29-30

Mentre tutti cercavano i propri interessi, Timoteo ha servito la causa del


vangelo. Epafrodito addirittura ha rischiato la vita per il vangelo stando vicino
all’apostolo Paolo e provvedendo alle sue necessità anche mentre quest’ultimo
si trovava in prigione .
Mentre Saul si preoccupò di essere onorato dagli uomini , Timoteo ed
Epafrodito hanno dato la loro vita per il Signore, cercando gli interessi di
Cristo.
Anche Paolo ha rinunciato ai suoi diritti per il vangelo, proprio perchè
aveva gli interessi di Cristo al centro della propria vita:

“ Con i deboli mi sono fatto debole, per guadagnare i deboli; mi


sono fatto ogni cosa a tutti, per salvarne ad ogni modo alcuni. E
faccio tutto per il vangelo, al fine di esserne partecipe insieme ad
altri.”

1 Co 9:22-23

Faccio tutto per il vangelo. Possiamo dire lo stesso anche noi nel nostro
servizio?

7.2.2 La gloria a Dio


Il servizio ha senso solo se dà gloria a Dio.
Anzi, non solo il servizio, ma la nostra intera vita ha un senso solo se
glorifica il Signore:

“ Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate
qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio. ”

1 Co 10:31
7.2. SERVIZIO: DIO AL CENTRO 61

Il servo ha Dio al centro della propria vita e fa ogni cosa per glorificare il
Signore.
Dio ci ha creati a sua immagine ed è implicito in questo che siamo creati
per dare gloria a Lui. Infatti una immagine riflette la gloria di colui al quale
l’immagine appartiene.
Una delle conseguenze più terribili del peccato é che gli uomini non
glorificano più il Signore con la loro vita.
Gesú, però, è venuto per ripristinare quella gloria, per fare di noi degli
uomini nuovi ricreati ad immagine di Dio per glorificarlo:
“ . . . e a rivestire l’uomo nuovo che è creato a immagine di Dio
nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità.”
Ef 4:24
Il capitolo 1 di Efesini ci ricorda proprio lo scopo della nostra intera esistenza
come credenti:
“ . . . a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel
suo amato Figlio.. . . per essere a lode della sua gloria; noi, che per
primi abbiamo sperato in Cristo.. . . Il quale è pegno della nostra
eredità fino alla piena redenzione di quelli che Dio si è acquistati a
lode della sua gloria. ”
Ef 1:6,12,14
A lode della sua gloria. Lo scopo della nostra vita è glorificare Dio. Pertanto,
un servizio che glorifichi l’uomo e non il Signore non può essere chiamato
servizio.
Se il frutto di una vita spesa per il potere é la soddisfazione e il vanto
personale, una vita spesa per il servizio porta frutti di giustizia a gloria e lode
di Dio. Tali frutti si hanno per mezzo di Gesù Cristo, per mezzo della sua vita
che opera in noi, non per nostro merito.
Anche il re Nabucodonosor, dopo essere stato giudicato dal Signore per la
sua arroganza, riconobbe la gloria e la potenza di Dio:
“ Alla fine di quei giorni, io, Nabucodonosor, alzai gli occhi
al cielo e la ragione tornò in me. Benedissi l’Altissimo, lodai e
glorificai colui che vive in eterno: il suo dominio è un dominio
eterno e il suo regno dura di generazione in generazione. . . . Ora
io, Nabucodonosor, lodo, esalto e glorifico il Re del cielo, perché
tutte le sue opere sono vere e le sue vie giuste, ed egli ha il potere
di umiliare quelli che procedono con superbia. ”
Da 4:34-37
Abbiamo molto da imparare dall’esperienza di questo re pagano. Che
possiamo sempre dare al Signore la gloria che gli spetta!
62 CAPITOLO 7. DUE ALBERI, DUE FRUTTI

7.2.3 L’applauso di Dio


Coloro che cercano l’applauso degli uomini dovranno accontentarsi di quel
premio. Ma c’é un albero che produce risultati più duraturi, fiori che sbocciano
nell’eternità.
Il vangelo ci presenta un episodio interessante:

“ Ciò nonostante, molti, anche tra i capi, credettero in lui; ma a


causa dei farisei non lo confessavano, per non essere espulsi dalla
sinagoga; perché preferirono la gloria degli uomini alla gloria di
Dio. ”
Gv 12:42-43

Alcuni farisei non confessavano di aver creduto in Gesù perché preferivano


la gloria degli uomini alla gloria di Dio. Costava troppo cercare la gloria di
Dio.
L’applauso degli uomini é immediato, é più comodo, dà maggiori soddisfa-
zioni nel breve periodo, per questo é difficile servire il Signore quando siamo
sollecitati dalla nostra vanità:

“ Come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri
e non cercate la gloria che viene da Dio solo? ”
Gv 5:44

Tuttavia ci sono persone che hanno preferito la gloria di Dio. L’apostolo


Paolo , ad esempio, scrive:

“ A me poi pochissimo importa di essere giudicato da voi o da


un tribunale umano; anzi non mi giudico neppure da me stesso.
Infatti non ho coscienza di alcuna colpa; non per questo però sono
giustificato; colui che mi giudica è il Signore.”
1 Co 4:3-4

“ Vado forse cercando il favore degli uomini o quello di Dio?


Oppure cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere
agli uomini, non sarei servo di Cristo”
Ga 1:10

Paolo non cercava di piacere agli uomini, non sacrificava la verità per
attirare le simpatie della gente. L’unico giudizio di cui si preoccupava era
quello del Signore.
Sarebbe fin troppo facile, per un predicatore, assecondare i propri uditori
con discorsi vaghi e messaggi che li mandano a casa contenti ma senza che le loro
vite siano toccate in alcun modo. Ma servire Dio significa essere preoccupati
della opinione di Dio, non di quella degli uomini.
7.3. FRUTTI ETERNI 63

7.3 Frutti eterni


La strada del potere é facile da percorrere perché sembra dare maggiori soddi-
sfazioni nel breve termine. Infatti permette di soddisfare le proprie voglie, di
essere lodati dagli uomini, di essere oggetto di ammirazione.
La strada del servizio, invece, non porta quasi mai risultati immediati ma
passa spesso per sofferenze ed afflizioni. Tuttavia,

“ . . . la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un


sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo
lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che
non si vedono; poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma
quelle che non si vedono sono eterne. ”

2 Co 4:17-18

E’ difficile fissare lo sguardo su ciò che non si vede perché le cose che si
vedono attirano più facilmente la nostra attenzione. Ma le cose che non si
vedono sono eterne.
Forse, ci sono stati momenti difficili nella vostra vita in cui vi siete ritrovati
a lottare contro tutto e tutti, in cui vi é parso di aver subito una ingiustizia
mentre il vostro desiderio era quello di seguire il Signore. Siete allora stati
tentati di cercare il vostro interesse e l’applauso degli uomini ponendovi gli
stessi interrogativi che gran parte del popolo si poneva ai tempi di Malachia:

“ . . .“È inutile servire Dio”; e, “che vantaggio c’è a osservare i


suoi precetti, e a vestirsi a lutto davanti al SIGNORE degli eser-
citi? Ora, noi proclamiamo beati i superbi; sı̀, quelli che agiscono
malvagiamente prosperano; sı̀, tentano Dio e restano impuniti!””

Ml 3:14-15

A cosa serve servire il Signore? Che vantaggio c’è? Le cose che si vedono
possono trarci in inganno ma, come abbiamo detto, le cose che non si vedono
sono quelle che contano perché durano per sempre. Se pensiamo che servire il
Signore non dia risultati, ricordiamoci queste parole:

“ Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, incrollabili, sempre


abbondanti nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non
è vana nel Signore.”

1 Co 15:58

In quelle circostanze della vita in cui solo Dio vede il nostro operato,
possiamo servire Dio con gioia e speranza. Il Signore vede nel segreto e conosce
64 CAPITOLO 7. DUE ALBERI, DUE FRUTTI

quali sono i nostri propositi, ci conosce a fondo, sa che vogliamo servirlo con
tutto il nostro cuore e che non ci aspettiamo niente in cambio dagli uomini.
Quando tutto sembra giocare contro di noi e quando vediamo che il malva-
gio prospera, quando sperimentiamo opposizione nel nostro servizio, quando,
facendo gli interessi del Signore non riceviamo gloria né applausi dagli uomini,
quando ci stiamo chiedendo:«Ma chi me lo fa fare?», ricordiamoci che il nostro
obiettivo é piacere al Signore. E’ Lui che ce lo fa fare.
Diamo a Lui la gloria e cerchiamo il premio che Egli ha in serbo per noi.
La nostra fatica non é vana nel Signore.
Otto

Divisione o edificazione?

Se un gruppo di persone prende un tessuto e ognuno comincia a tirarlo dalla


propria parte, quel tessuto finirà per strapparsi. E’ solo questione di tempo.
Nello stesso modo, quando, in una assemblea locale, gli interessi personali
prevalgono sugli interessi comuni, l’assemblea tenderà ad essere divisa.

“ Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno,


con umiltà, stimi gli altri superiori a sé stesso, cercando ciascuno
non il proprio interesse, ma anche quello degli altri.”

Fi 2:3-4

Lo spirito di parte, la vanagloria, la ricerca del potere portano a dividere il


corpo di Cristo.
Un servizio genuino, invece, non cerca il proprio interesse ma quello comune,
contribuendo ad una sana edificazione della chiesa.

8.1 Divisione: frutto della ricerca del potere


Negli articoli precedenti abbiamo visto caratteristiche come l’ambizione, l’abuso,
l’invidia, il compromesso, la competizione. Si tratta di caratteristiche dell’uomo
che vive per il potere, ovvero per se stesso e non per il Signore.
Se ci pensiamo un attimo, tutte queste caratteristiche sono tipiche cause
di divisione nel corpo di Cristo. La divisione nel corpo è in qualche modo il
frutto che raccogliamo per la presenza di quei peccati nella chiesa.
Esiste quindi una stretta correlazione tra la ricerca del potere e le divisioni
nel corpo di Cristo , come suggerisce il seguente brano:

“ Ora vi esorto, fratelli, a tener d’occhio quelli che provocano le


divisioni e gli scandali in contrasto con l’insegnamento che avete
ricevuto. Allontanatevi da loro. Costoro, infatti, non servono il

65
66 CAPITOLO 8. DIVISIONE O EDIFICAZIONE?

nostro Signore Gesù Cristo, ma il proprio ventre; e con dolce e


lusinghiero parlare seducono il cuore dei semplici.”

Ro 16:17-18

Le divisioni a cui questo brano fa riferimento non sono causate da differenze


di visione nell’opera che possono portare due credenti a intraprendere strade
diverse pur nell’amore e nel rispetto reciproco, cosa che può accadere anche
se entrambi sono sinceri servitori del Signore (Vedi dissenso e separazione tra
Paolo e Barnaba in At 15:36-41).
Il testo fa piuttosto riferimento a persone che “non servono il nostro Signore
Gesù Cristo, ma il proprio ventre” ed è per questo motivo che essi “provocano
le divisioni e gli scandali”.
L’uomo che serve il proprio ventre è un uomo che cerca la propria soddisfa-
zione, lavora per sé stesso e non per il Signore. Un tale uomo non collabora
alla causa comune ma cerca di glorificare se stesso causando rivalità, divisione,
scandalo.
Un altro testo interessante che associa la sensualità alle divisioni, lo troviamo
nella breve epistola di Giuda:

“ quando vi dicevano:«Negli ultimi tempi vi saranno schernitori


che vivranno secondo le loro empie passioni». Essi sono quelli che
provocano le divisioni, gente sensuale, che non ha lo Spirito.”

Gd 1:18-19

Anche in questo caso, coloro che provocano divisioni vengono dipinti come
persone che vivono secondo le proprie empie passioni perché sono dominati
dalla sensualità ovvero vivono per soddisfare i propri sensi e non per gli interessi
di Cristo.
Ciò che colpisce di questo brano è l’affermazione implicita secondo cui nella
chiesa visibile ci sono persone che non hanno lo Spirito, quindi non rigenerate, le
quali comunque influiscono in maniera rilevante sulla vita della chiesa causando
divisioni!
Tutti questi testi evidenziano che le divisioni nel corpo di Cristo sono un
frutto della carne, non dello Spirito. Il brano seguente lo conferma:

“ Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione,


impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia,
gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e
altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso:
chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio. ”

Ga 5:19-21
8.1. DIVISIONE: FRUTTO DELLA RICERCA DEL POTERE 67

E’ difficile accettare che peccati quali quelli descritti nel brano precedente
possano essere presenti tra i membri della chiesa visibile.
Eppure, proprio scrivendo ad una chiesa, quella di Corinto, l’apostolo Paolo,
ispirato dal Signore, si trova ad affrontare in maniera piuttosto estesa il tema
delle divisioni, presenti nella chiesa cosı̀ come erano presenti altre opere della
carne quali la fornicazione, l’invidia, le contese.
E’ utile ricordare che non abbiamo motivi di pensare che i Corinzi fossero
peggiori di noi. All’inizio della prima epistola, Paolo li lodò per la loro fede e
il loro doni. Essi erano credenti come noi, ma stavano tollerando il peccato
in mezzo a loro e una delle manifestazioni più chiare di tale presenza erano
proprio le divisioni.
Infatti essi esaltavano un credente piuttosto che un altro causando rivalità
e dividendo la chiesa in gruppi contrapposti.

“ Infatti, dato che ci sono tra di voi gelosie e contese, non siete
forse carnali e non vi comportate secondo la natura umana? Quando
uno dice:«Io sono di Paolo»; e un altro:«Io sono d’Apollo»; non
siete forse uomini carnali?”

1 Co 3:3-4

Qualche paragrafo più indietro avevamo visto che le divisioni sono un’opera
della carne. E’ quindi logico che Paolo etichetti questo comportamento come
carnale, ovvero come tipico dell’uomo non rigenerato, un comportamento
secondo la natura dell’uomo e non secondo lo Spirito di Dio.
E’ evidente che tale atteggiamento non può essere considerato normale
per il figlio di Dio, ma piuttosto una anomalia che evidenzia una cattiva
comprensione dei doni che Dio ha dato. Infatti, esaltando alcuni uomini che
hanno dei doni e disprezzando gli altri, ci si dimentica che tutti sono servitori
del medesimo Dio che è origine dei doni degli uni e degli altri:

“ Che cos’è dunque Apollo? E che cos’è Paolo? Sono servitori,


per mezzo dei quali voi avete creduto; e lo sono nel modo che
il Signore ha dato a ciascuno di loro. Io ho piantato, Apollo ha
annaffiato, ma Dio ha fatto crescere; quindi colui che pianta e colui
che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere! Ora, colui che pianta
e colui che annaffia sono una medesima cosa, ma ciascuno riceverà
il proprio premio secondo la propria fatica.”

1 Co 3:5-8

L’apostolo Paolo non sminuisce le differenze che c’erano tra lui ed Apollo, ma
piuttosto dimostra che tali differenze contribuiscono in misura e in modo diverso
all’edificazione dell’assemblea perché ogni servitore svolge il suo ministero nel
modo che il Signore gli ha dato.
68 CAPITOLO 8. DIVISIONE O EDIFICAZIONE?

Dio ha donato doni diversi a tutti i membri del corpo affinché ognuno possa
godere del contributo dell’altro. Uno ha uno spiccato dono di evangelista,
l’altro è un ottimo insegnante, ma entrambi sono solo strumenti nelle mani di
Colui che fa crescere, il Signore.
Il Signore è l’autore della crescita. Quando pensiamo di poter trovare
nell’uomo la ragione del successo, portiamo solo divisioni e scontri all’interno
della assemblea.
Tali divisioni non portano necessariamente ad una separazione fisica. Il più
delle volte, come accadeva proprio a Corinto, si ha la nascita di diversi partiti
all’interno della stessa assemblea e, pur rimanendo fisicamente insieme, non si
ha più l’unità di intenti che dovrebbe caratterizzare una assemblea locale.
Molti sono abituati a convivere con i partiti nella assemblea. Conosco
credenti che parlano come se fosse normale che all’interno della chiesa diversi
gruppi lottino per avere la meglio.
A questo proposito, voglio ricordare che, nel medesimo capitolo della prima
epistola ai Corinti, abbiamo un monito che dovrebbe farci venire un brivido
lungo la schiena:

“ Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio


abita in voi? Se uno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui;
poiché il tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi.”

1 Co 3:16-17

Guastare il tempio di Dio! Abbiamo mai pensato alla possibilità concreta


di aver passato parte della nostra vita a fare nient’altro che questo mentre
lottavamo contro altri fratelli per risultare i pavoni dalle piume più belle della
nostra chiesa locale?

8.2 Edificazione: frutto del servizio


Secondo un modo comune di pensare, ciò che è edificante per uno potrebbe non
esserlo per un altro. Si tende, cioè, a pensare all’edificazione come qualcosa di
soggettivo.
Eppure edificare significa costruire, stimolare al bene con il buon esempio.
Edificare è quindi qualcosa di piuttosto oggettivo. Posso dire di edificare
se costruisco qualcosa di utile per la comunità in cui mi trovo, qualcosa che è
in armonia con la volontà di Dio espressa attraverso la sua parola, qulcosa che
esprime la mia ubbidienza alla Sua parola.
La chiesa non è un club in cui diversi individui mettono a confronto le
proprie idee cercando di fare qualcosa di più o meno buono. Piuttosto, i credenti
di una chiesa locale si mettono davanti alla parola di Dio con l’obiettivo comune
di ubbidire al Signore. Le loro divergenze di opinione occuperanno quindi un
8.2. EDIFICAZIONE: FRUTTO DEL SERVIZIO 69

posto di secondo piano e saranno più preoccupati di piacere al Signore che di


imporre la propria visione delle cose.
L’edificazione della chiesa non è quindi un processo squisitamente umano,
ma, piuttosto, è il risultato di un disegno divino. E’ Lui che edifica la sua
chiesa (Mt. 16:18).
La sua chiesa è un edificio spirituale di cui, per la sua grazia, ogni credente
fa parte:

“ Cosı̀ dunque non siete più né stranieri né ospiti; ma siete
concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio. Siete stati
edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo
Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben
collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel
Signore. In lui voi pure entrate a far parte dell’edificio che ha da
servire come dimora a Dio per mezzo dello Spirito.”

Ef 2:19-22

La chiesa è quindi un tempio che Dio costruisce sulla pietra angolare che è
il Cristo. E’ un grande privilegio fare parte di tale edificio. Ed è un grande
privilegio essere strumenti nella mani di colui che edifica la chiesa attraverso i
doni e la saggezza che solo lui può elargire:

“ È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri
come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento
dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del
corpo di Cristo. . . Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso
mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo
nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare sé stesso
nell’amore”

Ef 4:11,16

E’ lui che ha dato! Se riconosciamo questo, non disprezzeremo i fratelli che


Dio ci ha dato e non esalteremo un fratello a scapito di un altro.
Egli ha dato i doni spirituali proprio perché il corpo cresca in maniera sana.
Ogni singola parte contribuisce allo sviluppo del corpo e trae giovamento dal
contributo delle altre membra. E’ un edificio che viene edificato nell’amore,
non nella divisione.

“ Ora vi è diversità di doni, ma vi è un medesimo Spirito. Vi è


diversità di ministeri, ma non v’è che un medesimo Signore. Vi è
varietà di operazioni, ma non vi è che un medesimo Dio, il quale
opera tutte le cose in tutti. Ora a ciascuno è data la manifestazione
dello Spirito per il bene comune.”
70 CAPITOLO 8. DIVISIONE O EDIFICAZIONE?

1 Co 12:4-7

Vi è un unico Signore e un unico Spirito. Se i doni provengono tutti dal


medesimo Spirito, come può esserci divisione? Certamente, le divisioni non
sono causate dai nostri doni, ma dalla nostra carnalità.
Quando i Corinzi esaltavano un fratello a danno dell’altro si stavano proprio
dimenticando che vi era un medesimo Spirito in Paolo, in Apollo, in Pietro.
Tutti contribuivano all’edificazione della chiesa con i doni che avevano ricevuto
dal Signore.
Benché ci siano diverse membra e diversi ministeri, il corpo è uno; benché
ci siano diverse pietre, l’edificio è uno.
Quindi, con la guida del Signore e della sua parola è possibile stabilire in
maniera oggettiva se un ministero è svolto secondo una precisa risposta alla
chiamata di Dio o secondo una logica umana.
Se la parola di Dio è il metro di misura, l’edificazione è un criterio oggettivo
per valutare la bontà di un servizio.
Più che lasciarci trasportare dalle nostre simpatie per alcuni piuttosto che
per altri, quando ci troviamo di fronte ad un servizio, dovremmo porci delle
domande di questo tipo:

• Quel ministero sta portando un contributo alla costruzione dell’edificio?


• E’ svolto per il bene comune?
• E’ svolto in ubbidienza alla parola di Dio?
• Rafforza la comunione o crea ostacoli?
• Porta edificazione o divisione?
• E’ svolto con amore?

A proposito dell’ultima domanda, è utile ricordare che, mentre la ricerca


del potere manifesta egoismo, il servizio è la più bella espressione pratica di
amore verso gli altri. 1 Co 13 è un capitolo molto conosciuto che esalta l’amore
e, non a caso, è inserito proprio in un contesto di esercizio dei doni spirituali.
In una assemblea come Corinto nella quale i credenti esaltavano gli uomini
e dividevano la chiesa, ma si vantavano di avere molti doni spirituali, il Signore
ricorda che

“ Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi


amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo. Se avessi
il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e
avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi
amore, non sarei nulla. Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i
poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non
mi gioverebbe a niente.”
8.3. USAMI PER EDIFICARE 71

1 Co 13:1-3

Amare significa servire la chiesa con i propri doni ma anche rispettare quelli
altrui.
L’amore edifica, non causa divisioni.

8.3 Usami per edificare


Dividere o edificare? Siamo davanti ad un bivio e dobbiamo scegliere la strada
da percorrere.
L’Ecclesiaste aveva osservato:

“ Ho anche visto che ogni fatica e ogni buona riuscita nel lavoro
provocano invidia dell’uno contro l’altro. Anche questo è vanità,
un correre dietro al vento.”

Ec 4:4

Se lavoriamo per noi stessi, genereremo invidia e ogni sorta di rivalità e


divisione. Nel mondo del lavoro è piuttosto normale che questo accada, ma è
anomalo che accada all’interno della chiesa.
Infatti, la chiesa è un corpo e ogni membro del corpo ha la sua utilità
proprio per evitare che ci sia divisione nel corpo e che ci siano membri che
siano trascurati rispetto ad altri:

“ ma Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore


alla parte che ne mancava, perché non ci fosse divisione nel corpo,
ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. Se un
membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è
onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui.”

1 Co 12:24-26

Questo è il progetto di Dio per la sua chiesa. Questo è il modo in cui


lui l’ha concepita, non come un gruppo di persone che vivono ognuna per il
proprio ventre, ma come un unico corpo.
Se amiamo il Signore, allora ci sottometteremo anche al suo progetto per
la chiesa. E per farlo, non abbiamo alternative: dobbiamo essere servi.
Il servo di Dio non litiga. Non favorisce le contese. Non perde tempo in
dispute inutili.
Il servo di Dio cerca piuttosto di istruire e insegnare con mansuetudine, in
maniera paziente nel tentativo di recuperare anche gli eventuali oppositori:

“ Evita inoltre le dispute stolte e insensate, sapendo che generano


contese. Il servo del Signore non deve litigare, ma deve essere
72 CAPITOLO 8. DIVISIONE O EDIFICAZIONE?

mite con tutti, capace di insegnare, paziente. Deve istruire con


mansuetudine gli oppositori nella speranza che Dio conceda loro
di ravvedersi per riconoscere la verità, in modo che, rientrati in sé
stessi, escano dal laccio del diavolo, che li aveva presi prigionieri
perché facessero la sua volontà. ”

2 Ti 2:23-26

Il servo lavora sempre per il bene comune. Ogni parola che dice, ogni azione
che svolge, la svolge per portare edificazione al corpo.

“ Che dunque, fratelli? Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi


un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra
lingua, o un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione. ”

1 Co 14:26

Il servo non crea partiti ma sa apprezzare ogni singolo fratello o sorella che
il Signore gli ha dato:

“ Nessuno dunque si vanti degli uomini, perché tutto vi appartie-


ne. Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, le cose presenti,
le cose future, tutto è vostro! E voi siete di Cristo; e Cristo è di
Dio.”

1 Co 3:16-23

Tutto vi appartiene, tutto è vostro! Perché allora privarsi di una parte


della chiesa? Perché scegliere alcuni fratelli a scapito di altri, quando tutti
apparteniamo a Cristo ed è lui che ci ha dato i doni che abbiamo?
Ogni fratello della assemblea in cui ci troviamo ha delle caratteristiche
diverse da un altro perché la sapienza di Dio è infinita. Ognuno ha le sue
caratteristiche ma è bello sapere che in loro c’è un medesimo Spirito, un
medesimo Signore. Che peccato sarebbe privarci di anche solo uno di loro.
Signore, non voglio essere uno strumento di divisione ma di edificazione.
Voglio essere un tuo servo. Voglio sapere apprezzare ogni fratello o sorella
che tu mi hai dato.
Usami per edificare Signore.
Sia questa la nostra preghiera.
Nove

Quantità o qualità?

Il fine giustifica i mezzi. E’ un frase che capita di sentire spesso in svariati


ambiti.
Quando questo concetto viene applicato al servizio cristiano, però, provo
un brivido lungo la schiena.
Se il fine è qualcosa di buono, tipo la crescita della chiesa, siamo propensi
a credere che tutto sia lecito pur di raggiungere tale fine? La crescita che
cerchiamo è genuina o è solo fumo negli occhi?
Non vorrei che i miei pensieri venissero manipolati per cui voglio essere il più
chiaro possibile. La riflessione che ci accingiamo a fare non è una disquisizione
su metodi leciti o non leciti di evangelizzazione o sugli ausili che possiamo
usare nella nostra predicazione.
Per quanto mi riguarda, sono persuaso che Dio ci ha affidato un messaggio
e ci ha dato l’intelligenza per presentare il messaggio del vangelo avvalendoci
dei metodi più vari a seconda delle nostre capacità e possibilità.
Quando parlo di mezzi per raggiungere il fine, intendo piuttosto l’adulte-
razione del messaggio, il non dire le cose come stanno, pur di fare crescere la
chiesa. Questo tipo di adulterazione può avvenire anche, forse soprattutto,
attraverso metodi che tutti considerano leciti, come la predicazione da un
pulpito.
Oggi si vive in un mondo “dopato”, in cui l’“ansia da prestazione” permea
ogni aspetto della nostra vita. In questo senso, il cristianesimo pare soffrire
degli stessi mali della società che ci circonda. Anche noi viviamo come se
fossimo in linea di produzione e sembriamo più preoccupati della quantità
di nuovi “cristiani” che escono dalla linea piuttosto che dalla qualità della
produzione.
Il servo trova il suo diletto nell’ubbidienza al suo divino padrone. Benché
sia contento di vedere quantità, egli non è disposto a rinunciare alla qualità
del proprio servizio.
All’altro estremo troviamo colui che cerca il potere, il quale è contento

73
74 CAPITOLO 9. QUANTITÀ O QUALITÀ?

solo quando può esercitare il proprio dominio sul maggior numero possibile di
persone, pertanto è decisamente più interessato alla quantità, all’estensione
della sua influenza sugli altri, che alla qualità del messaggio.
Probabilmente, la maggior parte di noi si trova in mezzo a questi due
estremi e vive ogni giorno scegliendo la quantità o la qualità a fasi alterne.

9.1 Marketing o evangelizzazione?


“ Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa
la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano
per essa. Stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla
vita, e pochi sono quelli che la trovano.”

Mt 7:13-14

Se prendiamo questo verso cosı̀ com’è ne deduciamo che:

1. La porta che conduce alla perdizione è larga;

2. La porta che conduce alla vita è stretta;

3. Di conseguenza, molti vanno verso la perdizione, pochi verso la vita.

Questo verso turba perché, al contrario di quanto desidereremmo, non


esprime assolutamente ottimismo sull’accoglimento della buona notizia da
parte dei più.
La strada che conduce alla vita é selettiva, stretta, richiede fede, lotta,
sacrificio, ubbidienza.
Non è una strada facile da percorrere, quindi non attira l’uomo in maniera
naturale. Non è attraente.
Nel tentativo di attirare più persone possibili in questa via cosı̀ stretta e
poco attraente, c’è il rischio di non confidare nella potenza della parola ma di
cedere il passo agli strumenti del marketing.
Ragionando in termini di marketing, le campagne di evangelizzazione
diventano delle campagne pubblicitarie che servono a rendere più attraente il
prodotto proposto. Nel tentativo di vedere locali di culto più pieni il linguaggio
del testimone cristiano si è adattato alle esigenze dell’uditorio.
Facciamo qualche esempio.
La scrittura dice che “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio”.
E’ un messaggio poco attraente. Cominciamo quindi a dire che “Tutti hanno
dei problemi e hanno un vuoto nella propria vita”. Avere dei problemi non
implica alcuna colpa. E’ decisamente più attraente.
E poi, perché parlare di sangue? Dire all’uomo del ventunesimo secolo
che un altro uomo ha dato il proprio sangue per redimerlo dai suoi peccati è
fastidioso per la coscienza dell’uomo moderno. Diciamogli allora che “Gesù è
9.1. MARKETING O EVANGELIZZAZIONE? 75

venuto per aiutarti a risolvere i tuoi problemi, per farti essere felice”. Tutti
hanno più o meno desiderio di essere più felici e sono ben contenti che qualcuno
li aiuti a risolvere i propri problemi, quindi il messaggio diventa più accettabile.
Insomma si cerca di limare la porta stretta e di ammagliare gli aspiranti
pellegrini per dimostrargli che la via non è poi cosı̀ angusta.
Questo modo di edulcorare il messaggio della salvezza ha degli effetti
collaterali. Infatti, in questo modo rischiamo di riempire le assemblee di molti
simpatizzanti cristiani, ma pochi discepoli.
Il seguente brano viene spesso travisato e utilizzato per rendere lecita la
presentazione di un messaggio cristiano annacquato:

“ con i Giudei, mi sono fatto giudeo, per guadagnare i Giudei;


con quelli che sono sotto la legge, mi sono fatto come uno che è
sotto la legge (benché io stesso non sia sottoposto alla legge), per
guadagnare quelli che sono sotto la legge; con quelli che sono senza
legge, mi sono fatto come se fossi senza legge (pur non essendo
senza la legge di Dio, ma essendo sotto la legge di Cristo), per
guadagnare quelli che sono senza legge. Con i deboli mi sono fatto
debole, per guadagnare i deboli; mi sono fatto ogni cosa a tutti,
per salvarne ad ogni modo alcuni. E faccio tutto per il vangelo, al
fine di esserne partecipe insieme ad altri. .”

1Co 9:20-23

Che cosa sta dicendo Paolo? E’ questa la sua versione de “Il fine giustifica
i mezzi?”. Forse egli presentava un vangelo diverso a seconda delle persone
che gli stavano davanti pur di portarli dalla sua parte? E’ questo il senso del
brano?
Questo discorso di Paolo sembra piuttosto indicare il suo rispetto e amore
per coloro che gli stavano davanti. Egli voleva rendere gli altri partecipi del
vangelo della grazia, voleva che fossero salvati, e quindi non voleva che ci
fossero degli impedimenti, pertanto si adattava al suo uditorio cercando di
trovare un terreno comune in cui comunque potesse poi predicare il vangelo
cosı̀ com’é, senza adulterarlo!
Abbiamo nel libro degli atti diversi esempi pratici di cosa Paolo intendesse
con “mi sono fatto ogni cosa a tutti, per salvarne ad ogni modo alcuni”.
In particolare, il brano di Atti 17:16-34 è una lezione chiara. Paolo era ad
Atene dove il suo spirito era turbato dall’idolatria presente nella città. Mentre
si trovava lı̀, conversò con i giudei ma non disdegnò la conversazione con i filosofi
epicurei e stoici. Sia agli uni che agli altri, Paolo predicava lo stesso messaggio,
ma ovviamente usava un linguaggio diverso. Con gli uni (giudei) poteva rifarsi
al linguaggio delle scritture che essi conoscevano, mentre con gli altri (greci)
doveva partire da un terreno su cui loro si sentivano forti, la filosofia. Ciò
significa che a questi ultimi Paolo non predicò il vangelo? Se leggiamo bene il
76 CAPITOLO 9. QUANTITÀ O QUALITÀ?

verso 18, scopriamo che Paolo aveva annunciato la resurrezione di Gesù anche
a loro. Questo li incuriosı̀ al punto che lo condussero nell’Areopago.

“ Presolo con sé, lo condussero su nell’Areòpago, dicendo:«Potremmo


sapere quale sia questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu
ci fai sentire cose strane. Noi vorremmo dunque sapere che cosa
vogliono dire queste cose».”

At 17:20

Per loro erano cose strane quelle che Paolo predicava. Tuttavia egli era
riuscito ad attirare la loro attenzione.
A quel punto Paolo pronunciò il famoso discorso riportato in At 17:22-31
che comincia cosı̀:

“ Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente reli-


giosi. Poiché, passando, e osservando gli oggetti del vostro culto,
ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al dio sconosciuto.
Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annunzio. . . ”

At 17:22-23

Partendo in questo modo Paolo comincia a parlare del Dio della bibbia,
il Dio creatore dei cieli e della terra che non abita in templi fatti da mani
d’uomo, un Dio che non è una statua d’oro o di argento ma è vivo come noi
perchè noi siamo sua discendenza. Paolo arriverà a introdurre anche i concetti
di ravvedimento, giustizia e risurrezione.
E’ un brano straordinario che ci mostra la saggezza che il Signore dona
ai propri servi. Qui abbiamo un Fariseo istruito fin da piccolo nella legge del
Signore che parla di fronte a persone idolatre che ignoravano del tutto la legge.
Eppure, nelle sue parole vediamo una grazia straordinaria, che solo Dio poteva
dargli, per poter annunciare la salvezza nel Cristo risorto anche a loro partendo
da concetti che essi potevano capire, usando un linguaggio a loro comprensibile.
Teniamo presente che dopo questo messaggio molti si beffavano di lui, ma
alcuni si unirono a lui, dandogli quindi la possibilità di spiegare loro ancora
meglio chi era quell’uomo che Dio aveva risuscitato dai morti e facendogli capire
bene il messaggio del vangelo al punto che alcuni credettero (At 17:32-33).
Egli aveva ottenuto il fine di raggiungerli con il vangelo andando loro
incontro ma senza adulterare il messaggio. D’altra parte il vanto di Paolo nei
suoi scritti era proprio questo:

“ Mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e


lui crocifisso.”

1 Co 2:2
9.2. IL VERO PROBLEMA: IL PECCATO 77

Paolo cercava occasioni per predicare il vangelo a tutti, tuttavia non


rinunciava alla qualità del messaggio. Anche se ad Atene lo deridevano quando
si mise a parlare di resurrezione, egli non poteva esimersi dall’annunciare il
vangelo per quello che era.
Paolo non faceva marketing, ma faceva discepoli di Cristo.

9.2 Il vero problema: il peccato


I maestri che accontentano l’uditorio avranno sempre una gran quantità di
discepoli:

“ Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottri-


na, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero
secondo le proprie voglie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e
si volgeranno alle favole.”

2 Ti 4:3-4

Studiando i bisogni dell’uomo medio , gli si può offrire un vangelo su misura


che soddisfi tali bisogni. Questo è esattamente ciò che si fa quando si vuole
vendere un prodotto. Si cerca di dare alle persone ciò che vogliono, o comunque
gli si fa credere che riceveranno ciò che vogliono.
In questo modo, però, abbiamo l’uomo al centro del messaggio, non Dio.
Le persone vogliono essere felici, avere soldi, successo? Basta proporre
queste cose per ottenere una certa attenzione.
Non trovi una ragazza? Gesù te la farà trovare.
Hai dei problemi? Con Gesù li risolverai tutti.
Cerchiamo di essere seri. Il vangelo non è un prodotto da vendere attraverso
pubblicità ingannevole.
Tutti gli uomini hanno bisogno di Cristo, indipendentemente dal fatto che
siano felici oppure no, che abbiano o non abbiano problemi, che sentano un
vuoto o stiano bene cosı̀, che non abbiano una ragazza o siano già sposati.
Tutti gli uomini hanno bisogno di Cristo anche se non hanno alcun problema
particolare nella loro vita.
Tutti hanno bisogno di Cristo perché sono morti nei loro peccati, lontano
da Dio, destinati ad un futuro di eterna separazione da Dio. Questo è il loro
vero problema. Tutte le altre cose sono dettagli.
Se una persona si avvicina alla vostra assemblea perchè gli avete promesso
che Gesù risolverà ogni suo problema, che opinione avrà di voi quando si
renderà conto che anche i credenti hanno dei problemi talvolta gravi? Come
reagirà nel caso in cui dovesse perdere il lavoro o una persona cara se non ha
una fede davvero radicata e non ha compreso davvero il messaggio del vangelo?
E’ ancora questo il motivo per cui gli umani devono avvicinarsi a Cristo:
perché sono peccatori e hanno bisogno di un redentore. Hanno bisogno di
78 CAPITOLO 9. QUANTITÀ O QUALITÀ?

nascere di nuovo. Se ciò non accade, non avremo delle conversioni ma solo
degli affiliati.
Tutti noi desideriamo vedere quantità, persone che si avvicinano al vangelo,
grandi folle che credono in Gesù. Gioiamo quando anche una sola anima
riconosce il Signore Gesù come Salvatore e Signore.
Tuttavia, non si può cedere alla tentazione di avere chiese locali numerose
a scapito del messaggio del vangelo stesso.
L’obiettivo è crescere, ma dobbiamo essere determinati a crescere nel modo
giusto, confidando nella qualità del messaggio che il Signore ci ha affidato e
non nella nostra capacità di attrarre le folle.
La parola del Signore ha una potenza intrinseca, una capacità di parlare
alle anime che noi, con tutta la nostra arte oratoria, non potremo mai riuscire
ad emulare:

“ Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qua-


lunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima
dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i
pensieri del cuore.”

Eb 4:12

L’eloquenza e la simpatia del predicatore non potranno mai sostituire


la potenza della parola. Non abbiamo quindi alcun bisogno di addolcire il
messaggio del vangelo perché il Signore è potente da agire oggi come ieri
attraverso il medesimo messaggio.

9.3 Alberi e frutti


Spesso, la fedeltà di un servo viene giudicata dalla quantità di persone che
ruotano attorno al suo ministero.
Si dice:“Se tanti lo seguono, deve essere una persona fedele”. Spesso è vero
e ringraziamo il Signore perché ci sono tanti servi fedeli il cui ministero tocca
migliaia di vite. Ma è sempre cosı̀? E’ il numero di persone che un ministero
influenza il criterio con cui valutare la fedeltà di un servitore?
Questo modo di pensare causa frustrazione in molti servitori sinceri che,
nonostante la loro fedeltà, non riescono ad ottenere i medesimi risultati.
In Mt 7, dopo il confronto tra la porta stretta e quella larga, abbiamo
questa esortazione:

“ Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti


da pecore, ma dentro son lupi rapaci. Li riconoscerete dai loro
frutti. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Cosı̀, ogni
albero buono fa frutti buoni, ma l’albero cattivo fa frutti cattivi.
Un albero buono non può fare frutti cattivi, né un albero cattivo
9.3. ALBERI E FRUTTI 79

far frutti buoni. Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e
gettato nel fuoco. Li riconoscerete dunque dai loro frutti.”
Mt 7:15-20

Il falso profeta, come il lupo, non ama le pecore ma ama se stesso e vuole
soddisfare il proprio appetito. Cosı̀ se vogliamo percorrere la via stretta
dobbiamo stare attenti a non confondere i servi del Signore con i falsi profeti
che possono anche avere un certo successo dal punto di vista umano, tuttavia
portano frutti cattivi. Tanti frutti ma cattivi.
Questi falsi profeti vengono in vesti da pecore quindi si confondono in
mezzo al gregge. Tuttavia, possono essere riconosciuti dai frutti.
E’ piuttosto facile associare il frutto alla crescita numerica di un movimento
o gruppo religioso. Ma la via larga, quella che conduce alla perdizione, viene
percorsa da molti, per cui ciò implica che anche gli alberi cattivi portano molto
frutto. Anzi, si direbbe che portino più frutto di quelli buoni.
Persone come Sai Baba (popolare maestro spirituale indiano) riescono a
influenzare quantità enormi di persone. Questo fa di loro dei grandi uomini di
Dio?
D’altra parte, Gesù non dice che l’albero cattivo fa pochi frutti e che il
buono ne fa molti. Entrambi portano frutto ma ciò che li contraddistingue è la
qualità, la bontà del frutto, indipendentemente dalla quantità.
La crescita, quindi, non è l’unica garanzia di qualità. Non possiamo
permetterci di giudicare un ministero, anche se sotto il cappello della cristianità,
dal fatto che riscuota o meno successo.
Ma se il frutto non si giudica dall’abbondanza ma dalla sua qualità, come
possiamo misurarlo? Semplice: andiamo all’albero e ne assaggiamo i frutti.
Il frutto principale che deve manifestarsi nella vita del servo, aldilà del
fatto che il suo ministero abbia o meno una grande estensione è la qualità della
sua vita e delle vite che tale ministero influenza.

“ Ma ora, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, avete per


frutto la vostra santificazione e per fine la vita eterna;”
Ro 6:22

Il servo di Dio, liberato dal peccato, ha per frutto la santificazione.


Quando conosciamo di persona un servo, ci rendiamo conto del suo amore
per la parola del Signore, della sua profonda comunione con il Signore, della sua
ubbidienza, del suo impegno disinteressato, percepiamo il lavoro che Dio sta
facendo in lui per trasformarlo sempre di più a immagine di Cristo. Vediamo
che il suo agire e il suo parlare sono in accordo con ciò che la scrittura insegna.
Vediamo quindi il frutto di una vita che glorifica il Signore.
Attraverso l’esempio, un servizio genuino stimolerà le persone a crescere
ad immagine di Cristo, poche o tante che esse siano. Stimolerà le persone a
glorificare il Signore con la propria vita.
80 CAPITOLO 9. QUANTITÀ O QUALITÀ?

Al contrario, maestri che vivono per il potere difficilmente produrranno


discepoli che vivono per il servizio. Infatti, uno dei frutti principali della
strada del potere caratterizzata da cose come ambizione, invidia, apparenza,
competizione, abusi, parzialità, compromessi, autonomia dal Signore, è senza
dubbio il frutto dello scandalo, del cattivo esempio.
Non deve essere quindi la quantità di persone che vengono influenzate da
un ministero ad impressionarci, quanto gli esiti positivi che tale ministero ha
avuto nella loro vita.
D’altra parte, nella scrittura ci sono molti esempi di persone fedeli che
non hanno ottenuto risultati molto incoraggianti nel loro ministero. Eppure
nessuno di noi si permetterebbe di giudicarle male.
Il ministero di Giovanni Battista, dal punto di vista umano è stato davvero
uno spreco, un vero fallimento. Trenta anni di preparazione per predicare
circa sei mesi. Eppure, credo che siamo tutti convinti che Giovanni ha servito
fedelmente il Signore portando a buon fine ciò a cui il Signore lo aveva chiamato.
Egli non ha svolto un ministero di quantità e non si è preoccupato di addolcire
la pillola ai suoi ascoltatori per conquistarli. Il suo era un ministero di qualità,
al punto che Gesù dice di lui che, tra i nati di donna non c’é nessuno più
grande di lui.
E cosa dire di Geremia? Egli ha svolto gran parte del suo ministero
predicando a persone che non gli davano assolutamente retta. E quanti hanno
dato retta a gente come Ezechiele o Micaiah?
Dobbiamo quindi imparare a valutare il ministero cristiano sulla base della
fedeltà al Signore, non sulla base di criteri aziendali o di marketing. Conosco
cari fratelli che, da anni, predicano il vangelo in zone difficili senza ottenere
risultati di rilievo. Questo mi autorizza a considerarli dei falliti o a giudicarli
come poco spirituali?

9.4 Un ministero di qualità


Dio ci ha affidato un messaggio. Non possiamo svenderlo. E non ne abbiamo
bisogno. Il messaggio della salvezza in Cristo può salvare oggi come ieri. E’ un
messaggio potente anche per l’uomo moderno perché Potente è Colui che ce lo
ha affidato.
Dobbiamo proclamarlo con tutti i metodi possibili, ma con chiarezza per
non rischiare di riempire i locali di culto con persone che si convertono e si
fanno battezzare per motivi che non hanno niente a che vedere con il nocciolo
del vangelo e non hanno realmente capito cosa voglia dire avere un rapporto
reale con il Signore. Il risultato ottenuto sarebbe effimero.
Chi cerca il potere, si preoccupa di avere tante persone che lo seguono e lo
ammirano. Per questo motivo, sarà portato ad accontentare coloro che gli sono
sottoposti. I falsi profeti avranno sempre molto seguito, tuttavia, ricordiamoci
questo monito:
9.4. UN MINISTERO DI QUALITÀ 81

“ Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno


dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti
mi diranno in quel giorno:«Signore, Signore, non abbiamo noi
profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in
nome tuo molte opere potenti?» Allora dichiarerò loro:«Io non vi
ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!»”

Mt 7:21-23

I falsi profeti parlano di Dio e dicono di operare da parte di Dio ma non


hanno alcun rapporto con lui.
Scegliere di servire il Signore può portare anche a risultati non piacevoli
dal punto di vista personale. Molti credenti nel mondo sono stati e, in alcuni
paesi, sono tuttora perseguitati a causa del vangelo. Perché non presentano un
messaggio più attraente pur di salvarsi la vita? Perché sono veri servi.
Il servo cerca risultati duraturi e genuini, anche se questo gli costa fatica e
sacrificio. Forse non avrà molto seguito ma che gioia avrà quando vedrà la vita
di Dio nelle persone che hanno goduto del suo ministero. Niente può superare
una simile gioia.
Dieci

Tale padre, tale figlio

E’ stato un lungo viaggio. Per la strada, abbiamo incontrato molti personaggi


biblici, uomini come noi, sottoposti alle nostre stesse passioni.
Alcuni hanno scelto la strada del potere.
Altri hanno percorso quella del servizio.
Ma, chi sono i due modelli per eccellenza di questi due modi di vivere?
Chi è colui che cerca il potere se non l’anticristo?
E chi è il servo per eccellenza se non Gesù, il Messia?
La strada che ogni uomo percorre non è che l’imitazione di uno di questi
due modelli.
Come dice il proverbio, tale padre, tale figlio.

10.1 Satana, l’anticristo e il potere


Nella scrittura, il diavolo è presentato come un istigatore al peccato e un
accusatore dei credenti (es. 1 Cr 21:1, Gb 1:6-11, Zc 3:1, Ap 12:10).
Egli tenta di opporsi ai credenti e alla volontà di Dio e infatti viene designato
spesso con l’espressione Satana che significa proprio «Oppositore».
Egli è chiamato anche «l’avversario» dei credenti (1Pt 5:8).
Alcuni scritti ebraici antichi, non canonici, lo presentano come un Arcangelo,
un personaggio importante che si ribella e lascia insieme ad altri angeli la sua
posizione e si mette contro Dio. Seguendo queste tradizioni, molti vedono in
brani come Is 14 e Ez 28 allusioni a Satana stesso.
Senza cercare di spiegare qui le origini di Satana e il motivo della sua stessa
esistenza, prendiamo comunque atto delle sue caratteristiche e vediamo che egli
è un usurpatore che effettivamente (come descritto in Is 14 appunto) cerca di
prendere per sé la gloria che spetta solo all’Altissimo. Ne abbiamo un esempio
lampante quando egli tenta Gesù stesso in questo modo:

“ Di nuovo il diavolo lo portò con sé sopra un monte altissimo

83
84 CAPITOLO 10. TALE PADRE, TALE FIGLIO

e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria, dicendogli:


«Tutte queste cose ti darò, se tu ti prostri e mi adori».”

Mt 4:8-9

Il diavolo chiese a Gesù di prostrarsi e adorarlo. Egli cerca quindi di elevarsi


al di sopra di Dio, di piegare al suo volere il figlio di Dio, Dio stesso incarnato!
Questo desiderio di potere di Satana troverà la sua espressione più concreta
nella figura dell’anticristo.

10.1.1 L’uomo del peccato


“ Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà
se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato
l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che
s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto;
fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé
stesso e proclamandosi Dio.”

2Te 2:3-4

L’anticristo è l’uomo del peccato, l’avversario di Dio per eccellenza. La


sua caratteristica principale è proprio quella di innalzarsi al di sopra di tutto
ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto. L’anticristo esemplifica proprio
il tentativo di Satana di usurpare il posto di Dio. Infatti egli andrà a sedersi
nel tempio di Dio, proclamandosi Dio e usurpando il posto che appartiene al
nostro Signore Gesù il Messia.

“ E allora sarà manifestato l’empio, che il Signore Gesù distrug-


gerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione
della sua venuta. La venuta di quell’empio avrà luogo, per l’azione
efficace di Satana, con ogni sorta di opere potenti, di segni e di
prodigi bugiardi. . . ”

2Te 2:8-9

L’anticristo opererà segni e prodigi bugiardi, come è confermato in Ap 13:2-


8, Ap 13:11-15, proprio mediante l’azione di Satana, il padre della menzogna
(Gv 8:44). In questo modo, avrà dalla sua parte una grande quantità di persone
che lo seguiranno anche nell’ultima disperata battaglia contro il Signore:

Quando i mille anni saranno trascorsi, Satana sarà sciolto dalla


sua prigione e uscirà per sedurre le nazioni che sono ai quattro
angoli della terra, Gog e Magog, per radunarle alla battaglia: il
loro numero è come la sabbia del mare.
10.1. SATANA, L’ANTICRISTO E IL POTERE 85

Ap 20:7-8

La ricerca del potere sarà quindi la sua ragione di essere e ne manife-


sterà tutte le caratteristiche: ambizione, invidia, esaltazione dell’apparenza,
competizione, autosufficienza, doppiezza, egocentrismo, menzogna.
Lo stesso numero 666 (associato all’anticristo Ap 13:18) è un numero che
esalta enfaticamente il numero 6, il numero dell’uomo, ripetendolo per ben
3 volte. Rappresenta quindi la perfezione dell’uomo, il culmine dell’orgoglio
umano e dell’indipendenza da Dio in opposizione al suo Cristo.

10.1.2 Potere, peccato e inimicizia


In Ap 12:9 il diavolo è chiamato «Il seduttore di tutto il mondo». In effetti, già
nelle prime pagine della bibbia lo vediamo in azione in questo ruolo quando, in
forma di serpente, seduce Eva.

“ Il serpente disse alla donna:«No, non morirete affatto; ma Dio


sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e
sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male».”

Ge 3:4-5

No, non morirete affatto. Dio aveva detto chiaramente che sarebbero
morti ma Satana contraddice il Signore. D’altra parte é scritto che Satana,
«Quando dice il falso, parla di quel che è suo perchè è bugiardo e padre della
menzogna.»(Giov 8:44).
Sarete come Dio. Ecco un’altra bugia. Satana aspira ad essere come Dio e,
come abbiamo visto, nella persona dell’anticristo, esprimerà pienamente questo
desiderio. Nell’Eden, egli semina nella razza umana questo seme della ricerca
del potere, dell’orgoglio, dell’ambizione.
Ma la ribellione ha portato l’uomo a conseguenze ben diverse da quelle
prospettate dal serpente.
Leggiamo le parole che Dio rivolse al serpente, alla donna e all’uomo dopo
il peccato:

«Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la


progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai
il calcagno». Alla donna disse: «Io moltiplicherò grandemente le
tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli;
i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su
di te». Ad Adamo disse: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua
moglie e hai mangiato del frutto dall’albero circa il quale io ti avevo
ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua;
ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso
ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l’erba dei campi; mangerai
86 CAPITOLO 10. TALE PADRE, TALE FIGLIO

il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da
cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai».

Ge 3:15-19

Ge 3:15 è la prima profezia della scrittura che annuncia la venuta del


Messia (progenie della donna) ma è interessante notare la presenza della parola
inimicizia in questo passo.
La prima condanna è inimicizia tra il serpente e la donna e le loro rispettive
progenie. I figli del diavolo, i suoi seguaci, saranno quindi nemici di Dio e di
Suo Figlio. Ma il Figlio di Dio vincerà sulla morte e sul diavolo.
Per quanto riguarda l’inimicizia tra uomo e donna, due esseri creati per
completarsi a vicenda si troveranno invece in competizione e cercheranno di
prevaricarsi a vicenda. La donna volgerà i propri desideri verso l’uomo nel
tentativo di fargli fare ciò che vuole, mentre l’uomo, a sua volta, dominerà
sulla donna cercando di piegarla al proprio volere. L’armonia della coppia è
stata quindi compromessa dal peccato.
Infine, l’inimicizia tra l’uomo e il suolo! L’uomo e l’ambiente diventeranno
nemici. L’uomo continuerà a lavorare la terra ma questa non produrrà più
come prima e l’uomo dovrà faticare per riuscire ad ottenere qualcosa.
Insomma, l’uomo cercando di essere come Dio, si è invece trovato ad essere
nemico di Dio, dei suoi simili, e del mondo in cui vive!
I risultati di questa inimicizia a tutti i livelli sono ben visibili ancora oggi.
La nostra natura, dopo il peccato é una natura nemica di Dio, che desidera
fare cose contrarie allo spirito del Signore:

Ma ciò che brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo


Spirito è vita e pace; infatti ciò che brama la carne è inimicizia
contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure
può esserlo;e quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio.

Ro 8:6-8

Ciò che la carne desidera é inimicizia contro Dio a causa del peccato.
L’antidoto all’inimicizia è la riconciliazione, ma l’uomo è incapace di
riconciliare se stesso con Dio, con i propri simili e con l’ambiente in cui
vive.
Ecco perché abbiamo bisogno di Gesù, il Messia.

10.2 Dio, Cristo e il servizio


Nell’universo non esiste nessuno che abbia diritto a regnare se non il Dio che
ha fatto i cieli e la terra.
Egli è Colui dal quale ha origine la vita e per il quale la vita degli uomini
e di tutto il bestiame sussiste. Egli ha davvero il potere e il dominio su ogni
10.2. DIO, CRISTO E IL SERVIZIO 87

cosa, sul mare, sulla vegetazione, su tutti gli animali, sul raccolto, sul ciclo
delle stagioni.

“ Anima mia, benedici il SIGNORE! SIGNORE, mio Dio, tu


sei veramente grande; sei vestito di splendore e di maestà. Egli si
avvolge di luce come d’una veste; stende i cieli come una tenda;
egli costruisce le sue alte stanze sulle acque; fa delle nuvole il suo
carro, avanza sulle ali del vento; fa dei venti i suoi messaggeri, delle
fiamme di fuoco i suoi ministri. Egli ha fondato la terra sulle sue
basi: essa non vacillerà mai. ”
Sl 104:1-5

Dio ha progettato e realizzato ogni cosa nei minimi dettagli. Ed ogni cosa
gli è sottoposta:

“ Egli guarda la terra ed essa trema; egli tocca i monti ed essi


fumano.”
Sl 104:32

Egli è l’unico degno di essere lodato e adorato. Quando consideriamo tutte


le Sue opere, siamo meravigliati di fronte ad una tale manifestazione di potenza.
Eppure, Questo Dio cosı́ potente ci ha creati a Sua immagine e ci ha fatti
oggetto del Suo amore.
L’uomo ha peccato cedendo alla seduzione di Satana ma il Signore, nella
sua grazia non ha abbandonato la sua creatura.
Come abbiamo già letto, subito dopo il peccato di Adamo ed Eva abbiamo
infatti la prima promessa inerente il Messia:

Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la


progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il
calcagno
Ge 3:15

Chi è questa progenie della donna che avrebbe schiacciato la testa del
serpente se non Gesù Cristo?

10.2.1 Il servo per eccellenza


“ Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo
Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere
uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò
sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;
trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi
ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.”
88 CAPITOLO 10. TALE PADRE, TALE FIGLIO

Fi 2:3-11

L’anticristo non ha diritto a regnare eppure si innalza come un dio. Il


Cristo, al contrario, pur avendone il diritto, non considerò l’ essere uguale a
Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente. Il Cristo ha spogliato se stesso e
ha preso forma di servo. Si è umiliato e si è fatto ubbidiente fino al punto da
dare la sua vita per noi sulla croce.

“ Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure colui che
serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in mezzo a voi
come colui che serve.”

Lc 22:27

Colui che ha il potere, colui per il quale l’universo stesso esiste, colui che è
chiamato la parola di Dio, si è abbassato al punto da manifestarsi in carne:

Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola


era Dio.

Gv 1:1

la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di


noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua
gloria, gloria come di unigenito dal Padre.

Gv 1:14

Come sommo sacerdote egli è stato mediatore fra Dio e gli uomini, rispon-
dendo ubbidientemente alla chiamata di Dio:

Cosı̀ anche Cristo non si prese da sé la gloria di essere fatto


sommo sacerdote, ma la ebbe da colui che gli disse:«Tu sei mio
Figlio; oggi ti ho generato».

Eb 5:5

Egli non era mosso da invidia o interessi personali, ma ha fatto fino in


fondo la volontà del padre:

Ecco perché Cristo, entrando nel mondo, disse:“Tu non hai


voluto né sacrificio né offerta ma mi hai preparato un corpo; non
hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho
detto:«Ecco, vengo (nel rotolo del libro è scritto di me) per fare, o
Dio, la tua volontà»”.

Eb 10:5-7
10.2. DIO, CRISTO E IL SERVIZIO 89

“ E colui che mi ha mandato è con me; egli non mi ha lasciato


solo, perché faccio sempre le cose che gli piacciono. ”

Gv 8:29

Mentre Satana è bugiardo fin dal principio, in Cristo abbiamo solo verità
perchè Lui è verità:

la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra noi,


piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre.

Gv 1:14

Mentre l’anticristo cerca gloria e potere attraverso i suoi prodigi bugiardi,


Gesù è il servo per eccellenza che si fece volontariamente debole, in ottempe-
ranza al suo servizio, e ha dato la sua vita come prezzo di riscatto per le nostre
vite:

“ Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita per


riprenderla poi. Nessuno me la toglie, ma io la depongo da me. Ho
il potere di deporla e ho il potere di riprenderla. Quest’ordine ho
ricevuto dal Padre mio. ”

Gv 10:17-18

Egli fu crocifisso per la sua debolezza; ma vive per la potenza


di Dio.

2C 13:4

Mentre l’anticristo perseguita la chiesa del Signore, Gesù è Colui che la


edifica (Mt 16:18).
Mentre il diavolo tende a creare competizione tra i fratelli, Gesù ha insegnato
loro a servirsi gli uni gli altri.
Alla fine dei tempi molti seguiranno l’anticristo, ma quando Gesù depose la
sua vita sulla croce, quanti rimasero con lui? Non era certamente la quantità
la caratteristica del suo ministero, ma la qualità.
Gesù Cristo ha manifestato tutte le caratteristiche del vero servo: chiamata,
servizio disinteressato, sostanza, cooperazione, debolezza, integrità, qualità,
Dio al centro del proprio servizio.
Egli è davvero il servo per eccellenza.
90 CAPITOLO 10. TALE PADRE, TALE FIGLIO

10.2.2 Servizio e riconciliazione


Gesù apparve nella storia e visse come un uomo. Fece il falegname con suo
padre per gran parte della sua vita e i suoi concittadini non sospettavano
minimamente che egli potesse essere il Messia.
Ma la promessa fatta nell’Eden si sarebbe proprio realizzata in quello che
molti consideravano solo un falegname di Nazareth.
Egli avrebbe schiacciato la testa del serpente. Egli avrebbe ribaltato gli
effetti del peccato.
Se il primo uomo ha peccato, sfidando il potere di Dio e pensando di
diventare come Lui, Gesù ci ha mostrato l’uomo come avrebbe dovuto essere,
senza peccato, ubbidiente, un vero servo del Signore senza macchia.

“ Dunque, come con una sola trasgressione la condanna si è


estesa a tutti gli uomini, cosı̀ pure, con un solo atto di giustizia, la
giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti gli uomini. Infatti,
come per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati resi
peccatori, cosı̀ anche per l’ubbidienza di uno solo, i molti saranno
costituiti giusti.”

Ro 5:18-19

Come il peccato di Adamo ha introdotto la morte e l’inimicizia, l’ubbidienza


di Gesù ha introdotto nuovamente vita e riconciliazione.

Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo


tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per
un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il
coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio
amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori,
Cristo è morto per noi. Tanto più dunque, essendo ora giustificati
per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall’ira. Se infatti,
mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la
morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo
salvati mediante la sua vita.

Rom 5:6-10

Molti non comprendono ancora oggi la necessità di un Messia sofferente.


Eppure, l’uomo ha bisogno di essere redento. L’inimicizia tra noi e Dio può
trovare soluzione solo mediante la morte del Figlio suo. Come disse Pietro nel
suo famoso discorso:

“ In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo


nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del
quale noi dobbiamo essere salvati.”
10.2. DIO, CRISTO E IL SERVIZIO 91

At 4:12

Il servo ubbidiente ha permesso che fossimo riconciliati con Dio, svolgendo


la funzione di Sommo sacerdote per noi, una volta per tutte:

“ E’ entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con
sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Cosı̀ ci ha
acquistato una redenzione eterna. ”

Eb 9:12

Ma egli non è rimasto nella tomba.


Satana, l’usurpatore, il serpente antico, colui che ha sempre cercato il
potere che non gli spetta, è solo riuscito a mordere il calcagno della progenie
della donna.
Sula croce, lı̀ dove sembrava che le forze della malvagità potessero trionfare,
ha invece trionfato il Signore Gesù:

“ Ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico


spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce. ”

Co 2:15

“ Ma Dio lo risuscitò, avendolo sciolto dagli angosciosi legami


della morte, perché non era possibile che egli fosse da essa trattenuto.

At 2:24

Egli è venuto per servire e ha dato la sua vita come prezzo di riscatto per
le nostre vite, ma la morte non poteva trattenerlo. Egli è risorto. Egli è vivo!

Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome


che è al di sopra di ogni nome, affinchè nel nome di Gesù si pieghi
ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, e ogni lingua
confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.

Fil 2:9-10

Un giorno tutti dovranno inginocchiarsi di fronte a colui che è venuto come


un servo ma è il legittimo sovrano, il Re dei Re, il Signore dei Signori!

“ Poi vidi il cielo aperto, ed ecco apparire un cavallo bianco.


Colui che lo cavalcava si chiama Fedele e Veritiero; perché giudica
e combatte con giustizia. . . Era vestito di una veste tinta di sangue
e il suo nome è la Parola di Dio. . . Dalla bocca gli usciva una spada
affilata per colpire le nazioni; ed egli le governerà con una verga di
92 CAPITOLO 10. TALE PADRE, TALE FIGLIO

ferro, e pigerà il tino del vino dell’ira ardente del Dio onnipotente.
E sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: RE DEI RE
E SIGNORE DEI SIGNORI. ”

Ap 19:11-16

Il Fedele e Veritiero, la parola di Dio! Egli è Gesù, il Messia. Egli è il


vincitore.
Alla fine quindi il potere sarà nelle mani del suo legittimo proprietario ed
egli schiaccierà definitivamente la testa del serpente antico:

“ Egli afferrò il dragone, il serpente antico, cioè il diavolo, Satana,


lo legò per mille anni, e lo gettò nell’abisso che chiuse e sigillò sopra
di lui perché non seducesse più le nazioni finché fossero compiuti i
mille anni; dopo i quali dovrà essere sciolto per un po’di tempo. . . E
il diavolo che le aveva sedotte fu gettato nello stagno di fuoco e
di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta; e saranno
tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli. ”

Ap 20:2,10

10.3 Di chi siamo figli?


Dio o Satana? Cristo o l’Anticristo? E’ venuto il momento di scegliere chi
vogliamo seguire.
Fin dall’Eden Satana ha invitato l’uomo a percorrere la strada dell’orgoglio,
del potere, dell’inimicizia. I suo figli continueranno a percorrere quella strada
perchè è piuttosto normale che un figlio segua le orme dei genitori:

“ Voi siete figli del diavolo, che è vostro Padre, e volete fare i
desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e
non si è attenuto alla verità, perché non c’è verità in lui.”

Gv 8:44

L’Anticristo è colui che più di tutti farà la volontà del padre suo, che è il
diavolo, ma egli non è il solo:

“ Ragazzi, è l’ ultima ora. Come avete udito, l’ anticristo deve


venire, e di fatto già ora sono sorti molti anticristi. Da ciò conoscia-
mo che è l’ultima ora. Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano
dei nostri; perché se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con
noi; ma ciò è avvenuto perché fosse manifesto che non tutti sono
dei nostri.”

1Gv 2:18-19
10.3. DI CHI SIAMO FIGLI? 93

Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri. E’ un verso che
fa venire i brividi, ma dobbiamo accettarlo per quello che dice: in mezzo ai
credenti, vi sono degli infiltrati, degli anticristi che imitano e fanno la volontà
del padre loro.
Questo è confermato anche dall’apostolo Paolo mentre metteva in guardia
la chiesa di Corinto:

“ Quei tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che si travesto-


no da apostoli di Cristo. Non c’è da meravigliarsene, perché anche
Satana si traveste da angelo di luce. Non è dunque cosa eccezionale
se anche i suoi servitori si travestono da servitori di giustizia; la
loro fine sarà secondo le loro opere.”

2C 11:13-15

Satana si traveste da angelo di luce. I suoi figli si travestono da servitori di


giustizia. Tale padre, tale figlio.
Dove c’é ricerca del potere troviamo infatti orgoglio, invidia, inimicizia,
rapporti spezzati, divisioni, cuori delusi, egocentrismo. Queste cose non le
abbiamo imparate certamente da Gesù eppure sono ben presenti nella chiesa
visibile oggi.
Forse abbiamo abbassato la guardia nei confronti del nostro nemico? L’a-
postolo Paolo, a differenza di molti di noi, teneva ben presente la battaglia
spirituale che doveva sostenere e non ignorava i disegni dell’avversario:

“ A chi voi perdonate qualcosa, perdono anch’io; perché anch’io


quello che ho perdonato, se ho perdonato qualcosa, l’ho fatto per
amor vostro, davanti a Cristo, affinché non siamo raggirati da
Satana; infatti non ignoriamo i suoi disegni.”

2 C 2:10

Paolo conosceva il pericolo di fare guerra ai propri fratelli, cadendo nel


tranello di Satana. Potere o servizio? Inimicizia o riconciliazione? Questi sono
due atteggiamenti nei confronti di Dio ma anche due modi di vivere le relazioni
fraterne.
Mors tua vita mea. Egoismo e individualismo sono i cardini su cui si basa
la vita in questo mondo rovinato dal peccato.
La scrittura incoraggia invece il principio di comunità, di vita insieme gli
uni al servizio degli altri. Noi abbiamo il privilegio di essere chiamati figli di
Dio (1Gv 3:1) e quindi dobbiamo essere suoi imitatori (Ef 5:1)!
Noi non seguiamo colui che ha mostrato se stesso e si è proclamato Dio,
non seguiamo colui che ha cercato il potere fin dal principio.
Seguiamo piuttosto colui che è venuto per servire e tornerà per regnare per
sempre.
94 CAPITOLO 10. TALE PADRE, TALE FIGLIO

Noi che abbiamo creduto in Cristo, possiamo manifestare già oggi il suo
carattere, perché egli opera in noi attraverso il suo spirito.
Non abbiamo bisogno di vivere per il potere.
Scegliamo oggi di servire il Signore.
Invece di passare il tempo, come facevano i discepoli, a chiedersi chi fosse
il maggiore, seguiamo le orme di Gesù:

“ . . . chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore;


e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti. Poiché
anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per
servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti. ”

Mc 10:43-45

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