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1. Considerazioni a caso
Potrebbe sembrare che la relatività generale e la meccanica quantistica si occu-
pino di gruppi di fenomeni completamente disgiunti: con la gravità facciamo pre-
visioni a livello macroscopico, in cui osserviamo un universo classico; mentre con le
teorie di campo quantistiche ci occupiamo delle interazioni elementari fra particel-
le, rispetto alle quali l’intensità dell’attrazione gravitazionale appare ampiamente
trascurabile1.
Per fare il confronto, possiamo metterci nella fisica classica pre-einsteiniana; a
parità di distanza la forza di Coulomb fra due protoni è ⇡ 1040 volte più intensa
della forza di Newton2. Questo perché la costante di gravitazione GN è molto
piccola:
s
~c5
(1.2) ⇡ 1028 eV
GN
1
Per la precisione, sappiamo apprezzare effetti gravitazionali fino all’ordine del micron, e feno-
meni quantistici si hanno sicuramente ancora alla scala dei nanometri. Sembra una distanza non
troppo scoraggiante, ma come vedremo subito gli effetti di gravità quantistica sono attesi molto
più nel piccolo.
2
qe qp
FC = k
r2
con
1
k ⌘
4⇡✏
Nm2
⇡ 1010
C2
Mentre
me mp
(1.1) FN = G N
r2
con
10 Nm2
GN ⇡ 10
kg2
Inoltre la carica elettrica elementare è
19
q ⇡ 10 C
Ma, da questa stessa analisi, abbiamo anche la previsione che ad energie di tale
ordine di grandezza (energia di Planck EP ) la gravità è di assoluta rilevanza3.
Ovviamente, siamo lontanissimi anche solo dal poter immaginare tali energie in
un contesto sperimentale4; allo stesso tempo, tuttavia, non possiamo teoricamente
escludere nessun livello di energia, per cui ci aspettiamo che esista un regime a cui
relatività generale e meccanica quantistica debbano parlarsi.
Quel regime potrebbe poi essere anche molto più vicino dell’energia di Planck;
d’altra parte un’estrapolazione di così tanti ordini di grandezza5 può facilmente
essere sbagliata di parecchio. Inoltre, consideriamo le interazioni deboli: vennero
chiamate così quando ancora non erano state studiate sperimentalmente a qua-
drimpulsi scambiati p dell’ordine di grandezza della massa M ⇡ 100GeV dei bosoni
mediatori; a quel regime il propagatore (/ p2 1M 2 ) si riduce ad essere / 1/M 2 , e la
costate di accoppiamento sta sempre con un fattore M 2 che fa sì che ci sembri
più piccola. Qualcosa di analogo, o anche di completamente diverso, potrebbe farci
apparire la gravità più debole di quel che è effettivamente. Un’altra analogia con le
interazioni deboli è che GN , a differenza delle costanti di accoppiamento del modello
standard, è dimensionale; proprio come la costante di Fermi GF che inglobava il
propagatore prima che si introducessero i mediatori.
Inoltre, seppure produrre e gestire una singola particella ad energie planckiane è
certamente fuori discussione, nulla vieta, come spesso accade nella fisica sperimen-
tale, di avvalersi di cosiddetti amplificatori: casi particolari in cui il fenomeno di
base che viene ricercato, pur di per sé troppo debole per essere misurato diretta-
mente, nel contesto studiato produce degli effetti che invece sono sufficientemente
macroscopici da essere rilevabili. Se ne trova un primo esempio alla sezione (1.3.1);
l’intensità dell’attrazione gravitazionale fra particelle, che come si è visto è piccolis-
sima, ha degli effetti misurabili quando si sommano gli effetti della enorme quantità
di particelle che compongono la terra.
Figure 1.1.
fascio di particelle viene diviso per poi reincontrarsi in D; i tratti l2 sono equiva-
lenti per entrambi i fasci, mentre i tratti l1 vengono percorsi ad altezza diversa e
potrebbero generare un’interferenza dovuta ad uno sfasamento energetico. Poiché
uno sfasamento energetico si amplifica nel tempo, avremo bisogno di una particella
(quantistica) sufficientemente pesante perché non percorra il tratto l1 troppo ve-
locemente; inoltre sarà bene che sia neutra, per schermare in partenza ogni effetto
elettromagnetico; per questi motivi sono stati usati neutroni, e l’esperimento ha
richiesto la sofisticatezza tecnologica di strumenti adatti ad indirizzare, dividere e
riflettere fasci di neutroni!
L’equazione di Schroedinger è:
@
ı~ (~r, t) = H (~r, t)
@t
p2 ~
H⌘ +V ~p ⌘ ı~r
2m
con
V = mgz
Una base dello spazio di Hilbert è costituita dagli autostati dell’energia, che sono
nella forma
Et
(~r, t) = (~r) e ı ~
con E che soddisfa all’equazione di Schroedinger indipendente dal tempo:
ANGELINO FARNETICAZIONI 5
~2 2
r = (E V )
2m
Poiché nel tratto orizzontale tra i due fasci c’è una
4V = mgl2
In D troveremo sfasamenti di
mgl2 T
4' =
~
con
l1
T =
v
m
= l1
p
Usando la relazione di De Broglie7:
h
p=
si ha
m2 gl1 l2
(1.6) 4' =
2⇡~2
In realtà non si misura direttamente uno sfasamento, ma una variazione di questo
cambiando la differenza di altezza, il che si ottiene ruotando il sistema attorno
ad AC. Mentre 4' aumenta si osservano diverse oscillazioni, ogni volta che si
completa un multiplo di ⇡. I risultati sperimentali risultano complessivamente in
buon accordo con questa teoria.
Notiamo come l’effetto quantistico (1.6), dovuto alla gravità, sia dipendente dalla
massa!
E = h⌫
con
h = 2⇡~
ANGELINO FARNETICAZIONI 6
ne diminuisce la massa con la sua energia negativa. Quindi abbiamo quella che vie-
ne chiamata una radiazione di buconero. Un buconero isolato, quindi, radierebbe
progressivamente la sua massa sino ad evaporare.
Hawking calcola che la radiazione fotonica emessa ha esattamente lo spettro del
corpo nero8, a temperatura
~c3
(1.7) T =
8⇡kB GN M
dipendente solamente dalla massa M del buco nero e inversamente proporzionale
ad essa. Notiamo come prima stranezza che la temperatura aumenta in maniera
esplosiva al radiare dell’energia. Ma ciò che potenzialmente ha le implicazioni più
profonde, è che in questo modello si distrugge informazione. La radiazione termica
di cui parla Hawking non è intesa in senso statistico: il buco nero radia sempre
indistintamente fotoni su tutto lo spettro, sull’unica base della sua massa. Se dopo
aver consumato la sua massa il buco nero evapora, tutta l’informazione contenuta
in esso è distrutta, o meglio ridotta all’informazione puramente termica che esso ha
radiato prima di scomparire. Finora non si è mai incontrata in fisica una situazione
di questo tipo: la meccanica classica è chiaramente deterministica e reversibile,
quando descriviamo un sistema termicamente è perché non conosciamo lo stato
di partenza e intendiamo l’evoluzione solo statisticamente. Lo stesso si può dire
(sezione 1.5) della meccanica quantistica.
Con la stessa analisi Hawking trova anche:
A
(1.8) S= kB
4lp2
che l’entropia S del buco nero è proporzionale alla superficie A del suo orizzonte
degli eventi. Questo è caratteristico di sistemi olografici, in cui tutta l’informazione
di un volume è già contenuta sulla sua superficie esterna. Ancora una volta, la
fisica ad oggi in uso non prevede una situazione del genere: l’entropia è in generale
proporzionale al volume. Questo è un esempio di un problema infrarosso della
gravità quantistica, nel senso che esplode a grandi distanze, dove il rapporto fra
superficie e volume cresce più velocemente. Suggerisce l’idea che effetti di gravità
quantistica possano essere cercati non solo nel minuscolo della lP . Ad esempio le
enormi discrepanze tra gli effetti gravitazionali osservati a grandi scale nell’universo
e la relatività generale, che adesso sono spiegate con distribuzioni ad hoc di materia
oscura, avrebbero nella meccanica quantistica un candidato per una loro spiegazione
alternativa9.
./ X En
kB T
⇢ (T ) = Z e |En i hEn |
n
con
X En
kB T
Z⌘ e
n
funzione di partizione.
9Il problema più immediato è dato forse dalle orbite delle stelle periferiche nelle galassie a
spirale. Assumendo che la velocità non sia superiore a quella orbitale, altrimenti le galassie si
sfalderebbero tutte velocemente, questa è molto superiore di quello che dovrebbe. In particolare
dovrebbe chiaramente diminuire con la distanza, e invece rimane costante.
ANGELINO FARNETICAZIONI 7
10
Q
W Q= dU = dS
T
Da cui
dU = T dS W
11Essendo
rS ⇠ M
allora
A ⇠ M2
e
dA
⇠M
dM
ANGELINO FARNETICAZIONI 8
1.4. [GR ✏ QM]1 . Per costruire una teoria interattiva potremmo prendere come
base alternativamente la GR e la QM, ed incominciare ad inserire in quel framework
elementi dell’altra. Indicheremo i due approcci con
[GR ✏ QM]1GR [GR ✏ QM]1QM
1.4.2. [GR ✏ QM]1QM . Su quest’altro fronte, per far interagire la gravità con le al-
tre forze si potrebbe pensare di quantizzare il campo gµ⌫ . Ma siccome questo svolge
il ruolo fondamentale di metrica, nella meccanica quantistica usuale è indipendente
dalle interazioni. Possiamo allora, scomporlo al primo ordine come
(1.10) gµ⌫ ⌘ ⌘µ⌫ + hµ⌫
ovvero considerare il campo del «gravitone» h (operatore) in uno spaziotempo min-
kowskiano ⌘ (numero). In questo modo si sviluppa una teoria quantistica di cam-
po, in cui il gravitone risulta avere spin 2. Questa teoria però, non è rinorma-
lizzabile; problema che si ritiene essere comune ad ogni interazione con costante
d’accoppiamento dimensionale (come lo è GN ).
Il fatto che [GR ✏ QM]1QM non sia rinormalizzabile però, non è di per se un
motivo sufficiente per abortirla. Anche se il suo sviluppo perturbativo diverge, non
è detto che una teoria non sia matematicamente definita a livello nonperturbativo
(ricordando però che finché non si conosce un modo concreto per effettuare i calcoli,
non può essere considerata una appropriata teoria fisica). Inoltre, se anche non
è possibile rinormalizzare un certo sviluppo perturbativo divergente, non è detto
che non esista un differente sviluppo perturbativo convergente o rinormalizzabile.
Illustriamo questi concetti con un esempio in prima quantizzazione nella sezione
1.7. Certo sarebbe bello richiedere, ad una teoria basata su uno splitting fra campo
gravitazionale quantistico e spaziotempo di background, che le previsioni di misura
siano indipendenti dal background scelto; ovvero che si possa sviluppare (1.10)
anche partendo da un background non minkowskiano.
12
8⇡GN
(1.9) Gµ⌫ = Tµ⌫
c4
con
1
Gµ⌫ ⌘ Rµ⌫ Rgµ⌫ + ⇤gµ⌫
2
e gµ⌫ , R, Rµ⌫ tensori metrico, di curvatura scalare e di Ricci ed ⇤ costante cosmologica.
ANGELINO FARNETICAZIONI 9
Un altro problema è: come può la teoria fornire anche l’effetto perturbativo sul
campo gravitazionale? Equazioni come
[h(y), h(x)] = 0 xµ y µ < 0
attestanti il principio di microcausalità, che senso hanno se xµ y µ < 0 dipende dalla
metrica e quindi anche da h (per esempio dai suoi valori di aspettazione)?
13Una sovrapposizione
X
(x) ⌘ ci i (x)
i
dà invece XX
P (x) = c⇤i cj ⇤
i (x) j (x)
i j
14
./
h ./i
d⇢
ı~ = H, ⇢
dt
ANGELINO FARNETICAZIONI 10
detta entropia di Von Neumann, che quantifica l’informazione sullo stato del sistema.
17
4p
qE =
4t
ANGELINO FARNETICAZIONI 11
v p ⇣ q ⌘2 p
3
E' c E
q x m x
e il principio d’indeterminazione ci impone, in unità naturali19
✓ ◆
v ⇣ q ⌘2 1
E& E
q m x2
Questa non è una relazione di indeterminazione come nel caso di grandezze coniu-
gate, ma impedisce la definizione di un’osservabile E (x) che possa avere dei valori
esatti in un punto x (quale che sia la dispersione per una grandezza coniugata).
Tuttavia, questo non pone una difficoltà concettuale alla meccanica quantistica;
perché il contributo del primo termine può essere annullato considerando particelle
di prova sempre più lente, e il secondo con particelle sempre più pesanti20.
18
✓ ◆
4 2 3 2 4v 2
1/2mv 2
c q =
4t 3 4t
E quindi, considerando un setup in cui la variazione di velocità sia piccola:
vf ' vi ⌘ v
abbiamo
✓ ◆2
4p 4 3 21 4v
' c q
4t 3 v 4t
(1.11) En, = 4n + 1 + 2
con autofunzioni
x2
(1.12) L(n
1/2)
n, (x) = Nn, x e 2 x2
dove
s
2n!
Nn, ⌘
(n + 1 + 1/2)
21
(1)
En =h n| V | ni
E
(2) (1)
En =h n| V n
..
.
con
E Xh
(1) n2 | V | n 1 i
n1 = | n2 i
n2
E n1 E n2
..
.
ANGELINO FARNETICAZIONI 13
2n! ( ( 1) ( 1))
ˆ 1 e Ln x2
h n, |V | n, i= dx
(n + 1 + 1/2)
0 x2(1 )
Per = 1
2 diverge ancora:
1 x2 2
⌦ ↵ Ln x2 e
ˆ
(1.13) 1/2)2
n,1/2 V n,1/2 = 2 ( dx
0 x
ma solo logaritmicamente, e siamo in grado di rinormalizzare se aggiungiamo al-
l’hamiltoniana un controtermine:
1
d2 ( 1)
Hrenorm ⌘ 2
+ x2 + 2
+ 2
(x)
dx x x
Infatti essendo
( 1/2)2
(V ) =1/2 =
x2
notiamo che è di ordine 2 rispetto al parametro di sviluppo ✏; allora con l’aggiunta
del controtermine si ha
1
( 1/2)2
renorm 2
(V ) =1/2 = (x) +
x x2
e l’unico contributo da considerare al primo ordine è quello del controtermine, che
dà
1 ˆ 1
⌦ ↵ 2 2
n, /2
1
2
(x) n, /2
1 = 2 ( 1/2) dx e x Ln x2 (x)
x 0
= 2( 1/2)
⌦ 1 ↵
2 (1)
n, (x) n,
x
diverge, ma se mettiamo un cutoff sulla x negli integrali, troviamo che il suo
contributo e quello di
ˆ 1 2 2
⌦ ↵ e x Ln x2
V = 2 ( 1/2)2 lim dx
n, /2
1 n, /2
1
⇣1 1 x
ANGELINO FARNETICAZIONI 14
(1.13) sono uguali e opposti. Allora eseguendo prima la somma degli integrali e poi
mandando al limite il cutoff abbiamo eluso le divergenze.
1<⌧ <1
ad esempio il tempo proprio (time gauge); gli eventi di una stringa formeranno
invece una worldsheet (WS) bidimensionale, e c’è bisogno anche di un secondo
parametro
0 l
per individuare, ad esempio (quando ⌧ è in time gauge), la posizione rispetto ad
un estremo della stringa. Ci limiteremo a considerare la stringa libera.
= ⌧⌧ ⌧ ⌧
L’azione di Polyakov è
1 p
¨
(2.1) SP ⌘ d⌧ d ab
@ a xµ @ b xµ
4⇡↵ WS
22Ad esempio, in time gauge, il punto al tempo ⌧ . Potremmo anche indicare le sue coordinate
con ~
x (t); ma chiaramente, per poter gestire in maniera immediata le trasformazioni di Poincarè,
dobbiamo usare i quadrivettori.
ANGELINO FARNETICAZIONI 15
2.1.1. Simmetrie. Affinché l’azione sia invariante di Lorentz basta che lo sia .
Allora è anche invariante di Poincaré23, visto che le xµ compaiono solo derivate.
Riguardo l’invarianza per diffeomorfismi24, essa richiede che si trasformi come
una metrica; infatti considerando che
@ c @ d
@ a0 x µ @ b0 x µ = @ c xµ @ d xµ
@ 0a @ 0b
e che per un tensore controvariante di rango due sulla WS si ha
0a 0b
0ab @ @ cd
= c d
@ @
l’invarianza è soddisfatta se e solo se
p p
d⌧ d (⌧, ) = d⌧ 0 d 0 0 (⌧ 0 , 0)
che è quello che fa una metrica. Richiedendo infine che sia sempre negativo, come
p
deve essere su uno spazio di segnatura lorentziana (5.1), non dà problemi.
23
xµ ! ⇤µ v
⌫x + k
µ
24Cambiamenti di parametri:
⌧, ! ⌧ 0, 0
25
dxµ dxµ = @a xµ @b xµ d a
d b
2.1.3. Equivalenza classica delle azioni di Polyakov e Nambu-Goto. Nel senso di:
¨
S⌘ d⌧ d L
WS
la (densità di) lagrangiana di Polyakov è
1 p
L xµ (⌧, ) , ab
(⌧, ) , @a xµ (⌧, ) ⌘ ab
@ a xµ @ b xµ
4⇡↵
Allora l’equazione di Lagrange26 per ab
è
@L
=0
@ ab
ovvero
1 1 @ p
p cd
@ c xµ @ d xµ = @ a xµ @ b xµ
2 @ ab
ovvero
1 @
hc = hab
2 @ ab c
dove gli indici di h sono, come sarà usuale d’ora in poi, alzati e abbassati da .
Notiamo inoltre che, essendo la metrica covariante ab data dalla matrice inversa
di ab , per le proprietà del determinante27 si ha
⌧⌧ ⌧ ⌧ 1
=
Allora possiamo usare la relazione
1
@ 2@
=
@ ab @ ab
e troviamo
1 c
h⌧ ⌧ = h
2 c
1 c ⌧⌧
h = h
2 c
1 c ⌧
h⌧ = h
2 c
e
1 c 2 2 ⌧⌧ ⌧ ⌧
h⌧ ⌧ h h⌧ h ⌧ = (h ) ( )
4 c
1 c 2
= (h )
4 c
= h
Allora
1 cp p
(2.3) h = h
2 c
26
@L @L
@a =
@ (@a ) @
27
1 1
det M =
det M
ANGELINO FARNETICAZIONI 17
28
xµ (⌧, ) = 0
29
✓ ◆
@L @L
¨
S = d⌧ d i + (@a i )
WS @ i @ (@a i )
✓ ◆
@L @L
¨
= d⌧ d i+ @a ( i )
WS @ i @ (@a i )
✓ ✓ ◆ ✓ ◆ ◆
@L @L @L
¨
= d⌧ d i + @a i @a i
WS @ i @ (@a i ) @ (@a i )
✓ ◆ ✓ ◆
@L @L @L
¨ ¨
= d⌧ d @a i+ d⌧ d @a i
WS @ i @ (@a i ) WS @ (@a i )
ANGELINO FARNETICAZIONI 18
2.2.1. Gauge «di cono-luce». Per ricavare le equazioni del moto in forma più leg-
gibile, invece che esplicitare la (2.5) calcolando le derivate di gamma attraverso
la (2.3), è conveniente fissare una specifica gauge rispetto alle tre invarianze non
fisiche: due diffeomorfismi (riparametrizzazioni di ⌧, ) e l’invarianza di Vail.
(2.8) ⌧ ⌘ x+ ⌘ 1 @ ⌘0
E’ possibile dimostrare che le tre (2.8) fissano univocamente, oltre che e ⌧ (scelta
come la coordinata + di cono luce30) anche .
Per la lagrangiana abbiamo dunque
1
L= ab
@ a xµ @ b xµ
4⇡↵
Invertendo la metrica31, e considerando che:
@ ⌧ x+ = 1 @ x+ = 0
allora
30Sezione 5.2
31
1
a b 1 d b
=
c d det c a
ANGELINO FARNETICAZIONI 19
1
L = ( @ ⌧ xµ @ ⌧ xµ 2 ⌧ @ ⌧ xµ @ xµ + ⌧⌧ @ xµ @ xµ )
4⇡↵
1
= 2 @ ⌧ x + @ ⌧ xi @ ⌧ xi
4⇡↵
1
+ 2 ⌧ @ x @ ⌧ xi @ xi
4⇡↵
1 ⌧2 1
+ @ xi @ xi
4⇡↵
dove abbiamo anche eliminato un elemento di :
2
⌧ 1
⌧⌧ =
2.3. Soluzione. Le (2.9) ci dicono che che p è una costante (rispetto a entrambe
⌧ e ); e descrivono dunque il moto libero del baricentro della stringa lungo x : se
ˆ l
P ⌘ d p
0
allora
H
@⌧ X̄ =
P
costante con ˆ l
H⌘ d ⌅
0
perché nella lagrangiana non compare ⌧ esplicitamente.
Le (2.10) danno l’equazione delle onde:
1
@ 2 xi = 2 @⌧2 xi
v
con velocità
1
v⌘
2⇡↵p
La soluzione compatibile con le condizioni al contorno (2.6) e quelle iniziali (2.10)
può essere messa nella forma
Pi p X 1 i⇣ v⌧ ⌘ ⇣ ⌘
xi (⌧, ) = X̄ i (⌧ ) + + ⌧ + ı 2↵ ↵n exp ın⇡ cos n⇡
P n l l
n6=0
33
./† ./
N⌘↵ ↵
34
./† p
↵ |ni = n + 1 |n + 1i
ANGELINO FARNETICAZIONI 22
35Diversi ordinamenti danno diverse teorie quantistiche con lo stesso limite classico. Per quan-
tizzare non basta porre i commutatori canonici, ma occorre anche definire gli ordinamenti degli
operatori di base nei vari osservabili quantistici.
36Notiamo che l’ordinamento, a priori, non deve essere lo stesso per ogni coppia.
ANGELINO FARNETICAZIONI 23
2.5. Anomalia. Per i momenti (2.11), si può dimostrare che i corrispondenti ope-
ratori danno, ad esempio,
⇥ i ⇤
(2.15) M , Mj 6= 0
che è in contrasto con le costanti di struttura del gruppo di Lorentz. Avremmo
quindi una situazione anomala in cui le usuali relazioni relativistiche, ancora valide
per la stringa classica, non vengono preservate dopo la quantizzazione. In parti-
colare l’invarianza di Poincaré, questa emergerebbe soltanto nel limite classico. E’
possibile pensare tuttavia, viste le invarianze di gauge dell’azione di Polyakov da cui
siamo partiti, che esistano delle gauge, diverse dalle (2.8), in cui la quantizzazione
preserva l’invarianza di Poincaré.
Inoltre si può dimostrare che in uno spazio D-dimensionale
⇥ i ⇤ ı X
1 ⇣./i ./j ./j ./i ⌘
M , Mj = 2 f (n) ↵ n ↵n ↵ n ↵n
(P + ) n=1
con ✓ ◆ ✓ ◆
D 2 1 D 2
f (n) ⌘ n 2 + 2A
12 n 12
Per cui se prendiamo la (2.14), come già notato, ed anche
(2.16) D ⌘ 26
non abbiamo l’anomalia, almeno per quanto riguarda la (2.15). Si può poi dimo-
strare che (2.14) e (2.16) assieme fanno tornare anche tutti gli altri commutatori.
2.6. Fenomenologia: dimensioni extra. L’apparente contrasto con l’esperien-
za dato dalla (2.16), si potrebbe spiegare ipotizzando che le dimensioni spaziali
extra siano compattificate, ovvero chiuse in se stesse su una scala di lunghezza
molto piccola; di conseguenza i loro effetti si farebbero sentire solo ad energie mol-
to alte. Nella sezione (2.6.1) è presentato un esempio dell’effetto di dimensioni
compattificate, nel caso di una buca di potenziale.
Dimensioni extra compattificate a una scala l⇤ > lP potrebbero anche avere
l’effetto, a distanze r l⇤ , di far sembrare la costante gravitazionale in unità
naturali (c = ~ = 1) più debole di quello che è effettivamente, avvicinando la scala
naturale degli effetti gravitazionali; come esemplificato alla sezione (2.6.2).
2.6.1. Dimensione extra compattificata in una buca di potenziale . Per una buca di
potenziale: (
0 0xa
V ⌘
1 (x < 0) [ (x > a)
possiamo risolvere l’equazione di Schroedinger indipendente dal tempo:
~2 2
r =E
2m
con la condizione che si annulli all’esterno della buca.
Nel caso unidimensionale le condizioni al contorno sono
(0) ⌘ (a) ⌘ 0
E abbiamo
r
2 n⇡x ~2 ⇣ n⇡ ⌘2
n (x) = sin En =
a a 2m a
ANGELINO FARNETICAZIONI 24
l⌧a
lo spettro ad energie basse rimane lo stesso. La nuova fisica si manifesta tutta
all’improvviso ad energie dell’ordine di 1/l2 , si parla in questo caso di steep onset.
2.6.2. Gravità newtoniana con una distribuzione uniforme di massa su una dimen-
sione extra compattificata. Per semplicità supponiamo che le masse siano uniforme-
mente distribuite sulla dimensione extra, compattificata con raggio R:
⇢ (~x)
%=
2⇡R
Se il campo gravitazionale dovuto alla massa % ad r molto maggiori delle altre
distanze in gioco è
1
˚
g (r) = G⇤N dx1 dx2 dx3 %
r
G⇤N 1
˚
= dx1 dx2 dx3 ⇢ (~x)
2⇡R r
ciò equivarrebbe a misurare una costante di Newton
G⇤N
GN =
2⇡R
riscalata dalla dimensione compattificata. La vera costante gravitazionale sarebbe
dunque in unità naturali
G⇤N = 2⇡RGN
2
= 2⇡RlP
La scala di lunghezza individuata da G⇤N , a cui gli effetti gravitazionali diventano
macroscopici è allora
q
l⇤ = 3 RlP 2
che, se la dimensione extra è più grande della scala di Planck, si avvicina a noi.
ANGELINO FARNETICAZIONI 25
37Vale la pena notare esplicitamente che, come già fatto per la stringa, non stiamo ponendo a
priori il tempo come un parametro ma lo mettiamo, almeno in un primo momento, al pari con le
altre coordinate e quindi anch’esso quantizzabile.
38Notiamo che il problema non si pone per un tensore (1, 1), motivo per cui [x, p ] può essere
x
costante.
ANGELINO FARNETICAZIONI 26
classica, se ne veda un esempio alla sezione 3.8. In quel caso però, non è una pro-
prietà intrinseca degli osservabili posizione in sé, bensì un effetto che emerge solo in
un certo regime. Noi stiamo qui ponendo la (3.1) come condizione di quantizzazione
a priori, e non avrebbe quindi senso fisico distinguere delle proprietà trascendenti
dello spaziotempo in sé, che non potremo mai misurare.
Un’ipotesi alternativa è che ⇥ non sia un tensore ma una matrice di operatori
⇥ˆ µ⌫ fissati. In questo caso avremmo salvo il principio di relatività, ma al costo di
trovare un gruppo di trasformazioni alternative a quelle di Poincaré, per i sistemi
in cui vale la (3.1). In analogia alla situazione in cui si trovò la relatività galileiana
rispetto alle equazioni di Maxwell: o si perde il principio di relatività fra sistemi
inerziali o si modificano le trasformazioni tra questi39. Lì apparve una velocità al
quadrato, quella della luce, che consentiva di distinguere fra riferimenti inerziali, se
si fosse trasformata secondo Galilei; oppure imponeva di deformare le trasformazioni
in quelle di Poincaré, per lasciarla invariante40. Qui il ruolo di costante invariante lo
ha il commutatore (3.1); una lunghezza al quadrato, con scala caratteristica quella
di Planck.
Una forma ancora abbastanza generica che possiamo dare alla (3.1) è
[x̂µ , x̂v ] ⌘ ılP
2 µ⌫
✓ + ılP µ⌫ x̂
3.1. Mappe di Weyl. Il principio di corrispondenza ci dà il limite classico
lim f (x, p) ⌘ f (x, p)
~⇣0
a cui dobbiamo convergere quando le grandezze non sono più operatori, ma per ogni
funzione commutativa f (x, p) si può ancora scegliere tra infinite f (x, p) diverse. Se
39L’evidenza sperimentale, come il famoso esperimento di Michelson-Morley, costrinse a
scegliere questa seconda ipotesi.
40L’assetto relativistico della teoria viene deformato, ad una scala di velocità c. Ad esempio,
tra due sistemi inerziali S , S 0 con velocità relativa v~ , la legge di composizione delle velocità per
~v 0 ⌘ v~ ~v
in relatività galileiana è
v~ G ~v = v~ + ~v
mentre in relatività Einsteiniana
00 1 1
s
1 BB (v~ · ~v ) C v2 C
v~ ~v = BB1 + ✓ ◆C ~v C
E
1+ v~ ·~
v @@ q
v2
A v~ + 1
c2 A
c2 2
c 1+ 1 c2
ad esempio nella teoria classica abbiamo un xp, che operatore gli corrisponderà
dopo la quantizzazione? xp, px, xp+px
2 . . .? Allo stesso modo, risolta in meccanica
quantistica ordinaria la questione dell’ordinamento fra variabili coniugate, se anche
le x̂µ sono non commutative si pone un nuovo problema di ordinamento nelle f̂ (x̂)
della teoria. Indicheremo con
⌦ : f (x) 7! f̂ (x̂)
dove la ⌦ è la stessa di (3.2) perché fra variabili con la stessa commutatività non
c’è ambiguità nei passaggi f (x) 7! f (x) o f (x̂) 7! f (x̂).
Se imponiamo che ⌦ sia lineare:
e
⇣ µ
⌘
⌦B eıkµ x ⌘ exp ık1 x̂1 exp ık2 x̂2 exp ık3 x̂3 exp ık0 x̂0
ANGELINO FARNETICAZIONI 28
exp (A + B) = exp (B + A)
perché la somma di operatori resta commutativa, ma in generale
(exp A) (exp B) 6= exp (A + B)
E’ possibile dimostrare che vale
✓ ◆
1 1
(exp A) (exp B) = exp A + B + [A, B] + ([A, [A, B]] [B, [A, B]]) + . . .
2 12
conosciuta come formula di Baker-Campbell-Hausdorff (BCH). E chiaramente
(exp A) (exp B) 6= (exp B) (exp A)
42Se
⌦ (1 f1 + 2 f2 ) = 1 f̂1 + 2 f̂2
allora
⇣ ⌘
1
⌦ 1 f̂1 + 2 f̂2 = 1 f 1 + 2 f 2
⇣ ⌘ ⇣ ⌘
= 1 ⌦ 1 f̂1 + 2 ⌦ 1
f̂2
ANGELINO FARNETICAZIONI 29
f1 f2 ⌘ f2 f1
Il prodotto fra funzioni non commutative f̂1 f̂2 definisce però un prodotto fra
funzioni commutative tramite
3.1.2. Integrazione. Abbiamo visto che in uno spaziotempo non commutativo non è
possibile parametrizzare puntualmente un campo. Come definire allora un dominio
di integrazione? E che cos’è l’integrale stesso su uno spaziotempo non commutativo?
Non sapendo fare di meglio porremo
ĉ ˆ ⇣⌘
(3.7) d4 x̂ f̂ ⌘ d4 x ⌦ 1 f̂
che significa
@ˆµ ⌦ (f (x)) = ⌦ (@µ f (x))
ˆ
se la ⌦ è la stessa che compare nella definizione (3.8) della @.
E’ lineare:
@ˆµ (1 ⌦ (f1 ) + 2 ⌦ (f2 )) = @ˆµ ⌦ (1 f1 + 2 f2 )
= ⌦ (1 (@µ f1 ) + 2 (@µ f2 ))
= 1 ⌦ (@µ f1 ) + 2 ⌦ (@µ f2 )
= 1 @ˆµ f̂1 + 2 @ˆµ f̂2
E resta quindi definita, fissata la ⌦, dall’azione su ⌦ eıkx ; che è:
⇣ ⌫
⌘ ⇣ ⌫
⌘
@ˆµ ⌦ eık⌫ x = ⌦ @µ eık⌫ x
⇣ ⌫
⌘
= ⌦ kµ eık⌫ x
⇣ ⌫
⌘
= kµ ⌦ eık⌫ x
ma ˆ ˆ
d4 k f̃A (k) kµ ⌦A eıkx 6= d4 k f̃B (k) kµ ⌦B eıkx
Quindi se abbiamo una derivazione che fa, ad esempio, @ˆµ x̂2 ŷ = 2x̂ŷ; non ci pos-
siamo aspettare che @ˆµ (x̂ŷx̂) dia lo stesso risultato43. Tuttavia se deriviamo funzio-
ni di sole variabili commutanti, ad esempio se ⇥ ˆ xy = 0, allora tutti gli ordinamenti
sono equivalenti e le regole di derivazione devono essere quelle usuali.
43Siccome
3.2. ✓-Minkowski. L’esempio più semplice, detto anche canonico, di non commu-
tatività, ha la forma
µ 0 µ
eıkµ x ? eıkµ x = ⌦ 1
(exp ıkµ x̂µ ) exp ıkµ0 x̂µ
✓ ✓ ◆◆
1 0 µ 1 0 µ v
= ⌦ exp ı kµ + kµ x̂ kµ k⌫ [x̂ , x̂ ]
2
⇣ ı 0 µ⌫ ⌘
= ⌦ 1 e 2 kµ k⌫ ✓ exp ı kµ + kµ0 x̂µ
ı 0 µ⌫
= e 2 kµ k⌫ ✓ ⌦ 1
exp ı kµ + kµ0 x̂µ
0 0
eı'(k,k ) eıkµ x eıkµ x
µ µ
=
nel caso canonico introduce semplicemente una fase rispetto al normale prodotto
di esponenziali, questo perché la (3.11) ci dice che, nell’ultimo passaggio, a meno
di una fase in k + k 0 possiamo scegliere noi l’ordinamento.
Siccome poi diverse mappe di Weyl associano ad una data fˆ:
ˆ
f̂ (x̂) ⌘ d4 k f̃A (k) ⌦A eıkx
ˆ
⌘ d4 k f̃B (k) ⌦B eıkx
ˆ
= d4 k f̃B (k) eı'(k) ⌦A eıkx
Inoltre, siccome
⇣ ⌘ ⇣ 0 µ⌘ 0
⇣ 0 µ
⌘
⌦ eıkµ x ⌦ eıkµ x = eı'(k,k ) ⌦ eıkµ x eıkµ x
µ µ
vale:
⇣ ⇣ ⌘ ⇣ 0 µ ⌘⌘ 0
⇣ 0 µ
⌘
eı'(k,k ) kµ + kµ0 ⌦ eıkµ x eıkµ x
µ µ
@ˆµ ⌦ eıkµ x ⌦ eıkµ x =
⇣ µ
⌘ ⇣ 0 µ⌘
= kµ ⌦ eıkµ x ⌦ eıkµ x
⇣ µ
⌘ ⇣ 0 µ⌘
+kµ0 ⌦ eıkµ x ⌦ eıkµ x
⇣ ⇣ µ
⌘⌘ ⇣ 0 µ ⌘
= @ˆµ ⌦ eıkµ x ⌦ eıkµ x
⇣ µ
⌘⇣ ⇣ 0 µ ⌘⌘
+⌦ eıkµ x @ˆµ ⌦ eıkµ x
! ˆ
@µ ı✓µ⌫ @⌫
ˆ
= d4 k f̃1 (k) eık x
exp d4 k f̃2 (k) eık x
2
!
@µ ı✓µ⌫ @⌫
= f1 (x) exp f2 (x)
2
!
dove @ , @ derivano, rispettivamente, solo quanto è a sinistra e a destra45.
Essendo l’integrazione indipendente dalla mappa di Weyl possiamo adesso usare
la (3.13) per dimostrare che:
ĉ ˆ
d4 x̂ f̂1 f̂2 = d4 x f1 (x) ? f2 (x)
ˆ ¨
0 µ⌫ 0 µ
d4 k d4 k 0 f̃1 (k) f̃2 (k 0 ) e 2 kµ k⌫ ✓ eı(kµ +kµ )x
ı
= d4 x
¨
4 ı 0 µ⌫
= (2⇡) d4 k d4 k 0 f̃1 (k) f̃2 (k 0 ) e 2 kµ k⌫ ✓ (k + k 0 )
ˆ
4 ı µ⌫
= (2⇡) d4 k f̃1 (k) f̃2 ( k) e 2 kµ k⌫ ✓
ˆ
4
= (2⇡) d4 k f̃1 (k) f̃2 ( k)
ˆ
4
= (2⇡) d4 k f̃2 (k) f̃1 ( k)
ĉ
= d4 x̂ f̂2 f̂1
dove si è usato il fatto che kµ k⌫ ✓µ⌫ è nullo, dato che ✓ è antisimmetrico46. Si noti
che quella sopra dimostrata è una proprietà di ciclicità:
ĉ ĉ
d4 x̂ f̂1 . . . f̂n = d4 x̂ f̂n f̂1 . . . f̂n 1
che non vuol dire commutatività se non nel caso di due funzioni.
45Si è anche tenuto conto che
✓ ◆
d d kx 1 d2 kx
exp a ekx = ekx + a e + a2 e ...
dx dx 2 dx 2
1
= ekx + akekx + a2 k2 ekx . . .
✓ 2 ◆
1
= 1 + ak + (ak)2 . . . ekx
2
(3.14) = eak ekx
46E che
ˆ a ˆ a
dx f (x) = dx f ( x)
a a
ANGELINO FARNETICAZIONI 34
⇥ ⇤ ⇥ ⇤
(3.15) x̂0 , x̂i ⌘ ılx̂i x̂i , x̂j ⌘ 0
1 n
! 1 n
!
X (ık0 x̂0 ) 1 X (ıkx̂i ) 2
0 i
exp ık0 x̂ exp ıkx̂ =
n =0
n1 ! n =0
n2 !
1 2
X1 X 1 n n
(ık0 x̂0 ) 1 (ıkx̂i ) 2
=
n =0 n =0
n1 !n2 !
1 2
X1 X 1 n n
(ık0 ) 1 (ık) 2 0 n1 n2
= x̂ x̂i
n =0 n =0
n1 !n2 !
1 2
n n 1
x̂0 x̂i = x̂0 x̂0 x̂i
n 1 ⇥ 0 ⇤
= x̂0 x̂ , x̂i + x̂i x̂0
n 1
= x̂0 x̂i ıl + x̂0
..
.
n
= x̂i x̂0 + ıl
e siccome
⇥ ⇤ ⇥ ⇤
x̂0 + ıl, x̂i = x̂0 , x̂i
allora
n1 n2 n1 n2 1
x̂0 x̂i = x̂0 x̂i x̂i
n1 n2 1
= x̂i x̂0 + ıl x̂i
2 n1 n2 2
= x̂i x̂0 + 2ıl x̂i
..
.
n2 n1
= x̂i x̂0 + n2 ıl
ANGELINO FARNETICAZIONI 35
dunque
X1 X 1 n n
(ıkx̂i ) 2 (ik0 x̂0 n2 k0 l) 1
exp ık0 x̂0 exp ıkx̂i =
n =0 n =0
n2 ! n1 !
2 1
X1 n n2 k0 l
(ıkx̂i ) 2 e
= exp ik0 x̂0
n =0
n2 !
2
1 n2
X ıe k0 l
kx̂i
= exp ik0 x̂0
n2 =0
n2 !
k0 l
= exp ıe kx̂i exp ik0 x̂0
k0 l
= exp ı e 1 kx̂i exp ıkx̂i exp ik0 x̂0
Due ordinamenti adesso differiscono per qualcosa di più complesso di una fase nume-
rica. Ogni volta che un exp ıkx̂i salta dietro a un exp ık0 x̂0 , diventa exp ıe k0 l kx̂i ,
che equivale evidentemente a dire che se salta avanti diventa exp ıek0 l kx̂i . Siccome
poi gli x̂i commutano fra loro
exp ık0 x̂0 exp ıki x̂i = exp ık0 x̂0 exp ık1 x̂1 exp ık2 x̂2 exp ık3 x̂3
k0 l k0 l k0 l
= exp ıe k1 x̂1 exp ıe k2 x̂2 exp ıe k3 x̂3
(3.16) exp ik0 x̂0
k0 l
= exp ıe ki x̂i exp ik0 x̂0
(3.17) = exp ı e k0 l
1 ki x̂i exp ıki x̂i exp ik0 x̂0
K0 l
K0 ⌘ k 0 Ki ⌘ e ki
1 0 0 0
@Kµ . e K0 l 0 0
= K0 l
@k⌫ . 0 e 0
K0 l
. 0 0 e
3K0 l
= e
Possiamo scrivere
exp ık0 x̂0 exp ıki x̂i = exp ıKi x̂i exp iK0 x̂0
ANGELINO FARNETICAZIONI 36
47
Dunque abbiamo
ˆ
f̂ (x̂) = d4 k f̃ (k) exp ık0 x̂0 exp ıki x̂i
ˆ
= d4 k f̃ (k) exp ıe k0 l
ki x̂i exp ik0 x̂0
ˆ
= d4 k f̃ 0 (k) exp ıki x̂i exp ık0 x̂0
ˆ
= d4 K e3K0 l f̃ K0 , eK0 l Ki exp ıKi x̂i exp iK0 x̂0
ovvero
f̃ 0 (k) = e3k0 l f̃ k0 , ek0 l ki
Siamo quindi ancora nel caso (3.12), che ci consente avere la stessa integrazione
(3.7) indipendentemente dall’ordinamento scelto.
Per la derivata @ˆ questo non vale. O meglio per @ˆ0 sì, perché si possono riordinare
gli esponenziali a meno di una ridefinizione di k che non coinvolge la coordinata
temporale. Ma le @ˆi di diverse mappe di Weyl introducono invece fattori del tipo
eK0 l a seconda dell’ordinamento.
e
⇣ µ
⌘ ✓ k0
◆ ✓
k0
◆
⌦S eıkµ x ⌘ exp ı x̂0 exp ıki x̂i exp ı x̂0
2 2
Considerando (3.17), abbiamo
⇣ µ
⌘ ⇣ k0
⌘
⌦S eıkµ x = exp ıe 2 l
ki x̂i exp ik0 x̂0
✓ k0
◆!
l
ı k0 x0 +e 2 ki x i
= ⌦R e
47Ricordando
@x0
dV 0 = dV
@x
ANGELINO FARNETICAZIONI 37
e
✓✓ ◆ ✓ ◆
ıkµ xµ 0 µ
ıkµ x 1 k0 0 i k0 0
e ?S e = ⌦S exp ı x̂ exp ıki x̂ exp ı x̂
2 2
✓ 0
◆ ✓ 0
◆◆
k k
exp ı 0 x̂0 exp ıki0 x̂i exp ı 0 x̂0
2 2
✓✓ ◆ ✓ ◆
k 0 k0
= ⌦S 1 exp ı x̂0 exp ıki x̂i exp ı 0 x̂0
2 2
✓ ◆ ✓ 0
◆◆
k0 0 k
exp ı x̂ exp ıki0 x̂i exp ı x̂0 0
2 2
✓✓ ◆✓ 0
◆✓ 0
◆
k 0 k k0
= ⌦S 1 exp ı x̂0 exp ı 0 x̂0 exp ıe 2 l ki x̂i
2 2
⇣ k0
⌘✓ k
◆✓
k00 0
◆◆
l 0 i 0 0
exp ıe 2 ki x̂ exp ı x̂ exp ı x̂
2 2
✓✓ 0
◆
k0 + k0 0
= ⌦S 1 exp ı x̂
2
✓ ✓ 0 ◆ ◆
k0 k0
l l 0
exp ı e ki + e
2 2 ki x̂i
✓ ◆◆
k0 + k00 0
exp ı x̂
2
0
! !
k0 k0
l l
i (k0 +k00 )x0 + e 2 ki +e 2 k0
i xi
= e
dai quali si può ricavare lo star-prodotto fra funzioni generiche.
Usiamo ⌦R per vedere se, come nel caso canonico, vale la proprietà ciclica dentro
l’integrale:
ĉ ˆ ¨
0 k0 l 0
d4 k d4 k 0 f̃1 (k) f̃2 (k 0 ) ei((k0 +k0 )x +(ki +e ki ) x i )
0
d4 x̂ f̂1 f̂2 = d4 x
ˆ ¨
0 µ
= d4 x d4 k d4 K 0 f̃1 (k) f̃2 K00 , ek0 l Ki0 e3k0 l eı(kµ +Kµ )x
¨
4
= (2⇡) d4 k d4 K 0 f̃1 (k) f̃2 K00 , ek0 l Ki0 e3k0 l (k + K 0 )
ˆ
4
= (2⇡) d4 k f̃1 (k) f̃2 k0 , ek0 l ki e3k0 l
@ˆµR exp ıki x̂i exp ık0 x̂0 = kµ exp ıki x̂i exp ık0 x̂0
e
@ˆµS (exp ı k20 x̂0 )(exp ıki x̂i )(exp ı k20 x̂0 ) = kµ (exp ı k20 x̂0 )(exp ıki x̂i )(exp ı k20 x̂0 )
abbiamo
⇣⇣ k0
⌘ ⌘
@ˆµR (exp ı k20 x̂0 )(exp ıki x̂i )(exp ı k20 x̂0 ) = @ˆµR exp ıe 2 l ki x̂i exp ik0 x̂0
⇣ k0
⌘
= Kµ exp ıe 2 l ki x̂i exp ik0 x̂0
ANGELINO FARNETICAZIONI 38
con
k0
l
K0 ⌘ k 0 Ki ⌘ e 2 ki
trovando quindi quindi conferma che
@ˆ0R = @ˆ0S ⌘ @ˆ0
mentre
k0
@ˆiR (exp ı k20 x̂0 )(exp ıki x̂i )(exp ı k20 x̂0 ) = e 2 l
@ˆiS (exp ı k20 x̂0 )(exp ıki x̂i )(exp ı k20 x̂0 )
che significa48 ✓ ◆
l
@ˆiR = exp ı @ˆ0 @ˆiS
2
Consideriamo ora
⇣ ⇣ 0 ⌘⌘ ⇣ ⇣ 0
⌘⌘
@ˆµ ⌦ eıkx ⌦ eık x = @ˆµ ⌦ eıkx ? eık x
⇣ ⇣ 0
⌘⌘
= ⌦ @µ eıkx ? eık x
48Ricordiamo che @,ˆ come operatore lineare sullo spazio delle funzioni non commutative, rimane
definita una volta stabilita la sua azione su una base di esponenziali ⌦ eikx ; quale che sia la ⌦
di riferimento scelta. Ricordiamo inoltre la (3.14).
ANGELINO FARNETICAZIONI 39
Notiamo che l’algebra del coprodotto, o coalgebra, per operatori lineari come la
derivata assorbe completamente le regole di non commutazione dello spazio. Per
comprendere meglio in che modo verifichiamolo. Si vede subito che, essendo com-
mutative le derivate rispetto al tempo, applicando @ˆ0 a (3.15) si annullano entrambi
i membri, preservando l’equazione; lo stesso vale per @ˆi quando applicato al secon-
do commutatore (quello solo spaziale). Usando la regole di coprodotto appena
trovate si può poi agilmente vedere l’opera delle derivate spaziali sul commutatore
spaziotemporale, ad esempio:
⇥ ⇤ ⇣ ⌘ ⇣⇣ ⌘ ⌘⇣ ⌘
@ˆiR x̂0 , x̂i = @ˆiR x̂0 x̂i + exp ıl @ˆ0 x̂0 @ˆiR x̂i
⇣ ⌘ ⇣⇣ ⌘ ⌘⇣ ⌘
@ˆiR x̂i x̂0 exp ıl @ˆ0 x̂i @ˆiR x̂0
⇣ ⌘
= exp ıl @ˆ0 x̂0 x̂0
⇣ ⌘
= 1 + ıl @ˆ0 x̂0 x̂0
= ıl
= @ˆiR ılx̂i
e
✓✓ ◆ ◆⇣ ⌘ ⇣ ⌘ ✓✓ ◆ ◆
⇥ ⇤ l l
@ˆiS x̂0 , x̂i = exp ı @ˆ0 x̂0 @ˆiS x̂i @ˆiS x̂i exp ı @ˆ0 x̂0
2 2
✓ ◆ ✓ ◆
l ˆ l
= exp ı @0 x̂0 exp ı @ˆ0 x̂0
2 2
= ıl
= @ˆS ılx̂i
i
uguali su entrambi i membri delle equazioni, quod erat demontrandum. E’⇣ chiaro ⌘
0
infine che la coalgebra resta definita dalla sua azione su una base ⌦ eikx ⌦ eik x .
che non va bene, perché in uno spaziotempo non commutativo il parametro della
trasformazione non può più essere, in generale, commutativo (si pensi ad esempio
alle traslazioni, in cui il parametro sarebbe proprio un x ). Possiamo però prendere
(3.18) T̂" ⌘ 1 + ıˆ
"Ĝ
con Ĝ che, rispetto ad una data ⌦, agisce con
(3.19) Ĝ . ⌦ (f) ⌘ ⌦ (G . f)
Tuttavia cosa siano le "ˆ non è a priori definito, sono nuove variabili di cui dobbiamo
decidere le regole di commutazione. Le possiamo fissare in maniera da preservare
(3.15) sotto la trasformazione. Abbiamo allora trasformazioni di simmetria per
-Minkowski che si riducono alle corrispondenti commutative nel limite l ⇣ 0.
Tuttavia è bene notare che fuori da quel limite:
⇣ ⌘
⌦ 1 T̂" . ⌦ (f) = ⌦ 1 (⌦ (f) + ıˆ " ⌦ (G . f))
6= (1 + ı"G) . f
L’algebra di questi generatori, se sono definiti tutti con la stessa ⌦, non è defor-
mata; nel senso che le costanti di struttura sono le stesse, perché potendo entrare
e uscire dalla corrispondente mappa di Weyl, deve valere:
h i
Ĝ1 , Ĝ2 . ⌦ (f) = Ĝ1 Ĝ2 . ⌦ (f) Ĝ2 Ĝ1 . ⌦ (f)
= Ĝ1 . ⌦ (G2 . f ) Ĝ2 . ⌦ (G1 . f )
= ⌦ (G1 G2 . f ) ⌦ (G2 G1 . f )
= ⌦ ([G1 , G2 ] . f )
Diremo che le trasformazioni hanno azione classica. Non siamo però qui sempli-
cemente nel gruppo di Lie corrispondente, perché abbiamo un’algebra in più, data
dal coprodotto; quest’ultimo serve a implementare le regole di non commutazione
e garantisce quindi che la (3.15) sia preservata sotto applicazione di Ĝ. Se ol-
tre a chiudere l’algebra dei commutatori un insieme di operatori chiude anche il
coprodotto49, diciamo che forma un algebra di Hopf.
3.4.1. Traslazioni. Ponendo la condizione (3.19) per P̂µ si ha
P̂µ ⌘ ı@ˆµ
Con derivata relativa alla ⌦ scelta; in particolare considereremo
P̂R
µ ⌘ ı@ˆµR P̂Sµ ⌘ ı@ˆµS
Ad ogni modo h i
x̂µ , P̂⌫ = ı µ⌫
perché i coprodotti delle derivate sono primitivi nel caso temporale, e nel caso
spaziale differiscono da coprodotti primitivi per esponenziali in @ˆ0 che sono unitari
su x̂i .
Per una traslazione dell’origine
49Ovvero se in tutti i loro commutatori e in tutti i loro coprodotti compaiono solo operatori
nell’iniseme di partenza.
ANGELINO FARNETICAZIONI 41
si ha
h i h i h i
(3.21) [x̂0µ , x̂0v ] = [x̂µ , x̂v ] x̂µ , ⇠ˆ⌫ ⇠ˆµ , x̂v + ⇠ˆµ , ⇠ˆ⌫
Si può verificare che in questo caso Ĵ non dipende dalla ⌦ scelta per definirlo.
Consideriamo ad esempio i due operatori ĴR , ĴS , definiti usando le mappe time-to-
the-right e time-simmetrized; applicandoli alla stessa base:
⇣ µ
⌘ ⇣ µ
⌘
ĴSi . ⌦S eıpµ x = ı✏ijk pk ⌦S xj eıpµ x
✓ ◆
@ ıpµ xµ
= ✏ijk pk ⌦S e
@pj
@ ⇣ µ
⌘
= ✏ijk pk j ⌦S eıpµ x
@p
50Per una non commutatività di tipo (3.10), il problema non si pone nemmeno se ✓ è costante.
ANGELINO FARNETICAZIONI 42
e
⇣ ⌘ ✓ ⇣ p0 ⌘◆
ıpµ xµ
p0 ı p x0 +e 2 l pi xi
ĴR
i . ⌦S e = ı✏ijk e 2 l
pk ⌦R x j e 0
✓ ⇣ p0 ⌘◆
l @ ı p0 x0 +e 2 l pi xi
p0 p0
l
= ✏ijk e 2 pk ⌦ R e 2 e
@pj
✓ ⇣ p0 ⌘◆
@ ı p x0 +e 2 l pi xi
= ✏ijk pk j ⌦R e 0
@p
@ ⇣ µ
⌘
= ✏ijk pk j ⌦S eıpµ x
@p
Notiamo che la derivata rispetto a p può uscire dalla mappa perché questa è lineare,
e in uno sviluppo in serie di Taylor p appare sempre come coefficiente. Precisiamo
inoltre che l’indice di pj è alzato con metrica minkowskiana, quella degli osservatori
inerziali che stiamo connettendo con le trasformazioni dentro la mappa.
Resta solo da studiarne la coalgebra. Sfruttando l’invarianza di Ĵ rispetto alla
mappa di Weyl, esisteranno due ⌦A , ⌦B tali che
⇣ ⇣ 0 ⌘⌘ ⇣ 0
⌘
Ĵi . ⌦A (eıpx ) ⌦A eıp x = Ĵi . ⌦B eıpx eıp x
@ ⇣ 0
⌘
= ✏ijk pk j ⌦B eıpx eıp x
@p
@ ⇣ 0
⌘
0
✏ijk pk 0j ⌦B eıpx eıp x
@p
✓ ◆ ⇣ 0 ⌘
@
= ✏ijk pk j ⌦A (e ) ⌦A eıp x
ıpx
@p
✓ ⇣ 0 ⌘◆
@
+⌦A (eıpx ) ✏ijk p0k 0j ⌦A eıp x
@p
⇣ ⌘ ⇣ 0 ⌘
= Ĵi . ⌦A (e ) ⌦A eıp x
ıpx
⇣ ⇣ 0 ⌘⌘
+⌦A (eıpx ) Ĵi . ⌦A eıp x
3.4.3. Boost. Fin qui abbiamo visto che si può definire, fissata una ⌦, un’algebra
di Hopf delle rototraslazioni di -Minkowski, imponendo che i generatori abbiano
azione classica dentro ⌦. L’algebra dei commutatori è quella classica, e la non
commutatività deforma solo l’algebra dei coprodotti, che però chiudono un’algebra
di Hopf.
Se però proviamo a fare la stessa cosa con i boost:
51La (3.10) con ✓ costante, è invece non conservata per rotazioni classiche.
ANGELINO FARNETICAZIONI 43
con tutti i generatori presi rispetto alla stessa mappa. Nella (3.24) compaiono
operatori x̂, che non fanno parte dell’insieme P̂, Ĵ, N̂ dei generatori, questo vuol
dire che l’algebra di Hopf delle trasformazioni di Lorenz ad azione classica su -
Minkowski non si chiude. Questo segnala che dovremmo allargare l’insieme delle
trasformazioni al fine di descrivere in maniera coerente le simmetrie inerziali.
3.4.4. Boost deformati. Abbiamo visto che la scelta dell’azione Lorenziana per le
trasformazioni inerziali di -Minkowski fallisce con i boost. Ma in realtà nulla ci
vincola a quella scelta: l’azione dei nostri «boost» Nˆi dentro la mappa di Weyl deve
essere quella classica solo nel limite l ⇣ 0. Ovviamente se cambiamo l’azione l’alge-
bra dei commutatori sarà deformata; questo ci può dare, evidentemente, predizioni
fisiche sulle grandezze associate a quegli operatori. Stiamo dicendo che l’algebra
di Poincarè sarebbe un approssimazione di questa nuova algebra per regimi in cui
distanze l sono trascurabili.
E’ ragionevole richiedere che gli Nˆi si trasformino tra loro come vettori, ovvero
lasciare immutata l’algebra dei commutatori (5.5),(5.4) fra rotazioni e boost. Que-
sto è garantito se partiamo, presa la stessa mappa di Weyl degli altri generatori,
dall’ansatz
✓✓ ◆ ◆
. . . .
(3.25) Nˆi . ⌦ (f) ⌘ ⌦ xi A + x0 @ i B + xi @ j @ j C + xj @ j @ i D f
con evidentemente 8.
>
>A ⌘ ı@0
>
>
>
<B.
⌘ ı
lim .
l⇣0 >
>
>
> C⌘ 0
>
:.
D⌘ 0
Deformeremo quindi solo [Pµ , Ni ]. Si può dimostrare che, imponendo che questo
commutatore chiuda, e chiuda il coprodotto di Nˆ, si determina, per una data map-
pa di Weyl, un certo operatore; notiamo che non avevamo un motivo generale per
aspettarci che un tale operatore esistesse. Il vincolo da rispettare per il coprodotto
agisce in maniera diversa a seconda della mappa scelta in (3.25); quindi, ad esem-
pio, l’operatore commutativo NiR che si determina dentro la mappa nella (3.26) se
prendiamo ⌦R :
(3.26) ✓✓ ✓ ◆ ◆ ◆
1
exp 2ıl@0 l
Nˆi . ⌦R (f) = ⌦R ıx0 @i + xi xi @j @ j + lxj @ j @i f
2l 2
è diverso da quello che otteniamo usando ⌦S . Tuttavia si può dimostrare che
l’operatore non commutativo che risulta è sempre lo stesso indipendentemente
dall’orientamento, con coprodotto52
⇣ ⌘
Nˆi = Nˆi ✏ 1 + exp lP̂0 ✏ Nˆi + . . .
52Il professore non si ricorda cosa va al posto dei puntini ed il calcolo sarebbe agghiacciante.
ANGELINO FARNETICAZIONI 44
Possiamo mappare lo spazio di Hilbert dato dalle (3.30),(3.31), in uno che cono-
sciamo già. Ad esempio
p p
â1 ! ✓ x â2 ! ✓ px
p p
(3.32) b̂1 ! ✓ y b̂2 ! ✓ py
dà, in unità naturali, un isomorfismo con lo spazio di Hilbert cinematico di una
particella in un piano. O anche
⇣ ⌘ p ⇣ ⌘ p
(3.33) â1 b̂1 ! 2✓ q â2 b̂2 ! 2✓ p
visto che
h⇣ ⌘ ⇣ ⌘i h i h i h i
â1 b̂1 , â2 b̂2 = [â1 , â2 ] â1 , b̂2 â2 , b̂1 + b̂1 , b̂2
h i
= [â1 , â2 ] + b̂1 , b̂2
= 2ı✓
3.6.1. Distanza fra due punti. Quantizzando la distanza classica fra due punti a, b
in un piano
2 2
d2 = (a1 b1 ) + (a2 b2 )
con le (3.30), e mappando con (3.33), abbiamo
dˆ2 = 2✓ q2 + p2
= 4✓H
dove H ha gli autovalori di un oscillatore armonico unidimensionale53.
Esiste allora una lunghezza minima dell’ordine di ✓.
53L’hamiltoniana è
p2 1
H= + kq 2
2m 2
ponendo le costanti uguali a 1 ci riduciamo a
1 2
H= q + p2
2
Lo spettro quantistico è
✓ ◆
1
En = n+
2
ANGELINO FARNETICAZIONI 47
3.6.2. Area di un triangolo. Sia posta l’origine in un vertice, gli altri individuano
due vettori ~a, ~b rispetto ai quali l’area del triangolo (metà dell’area del parallelo-
gramma individuato da ~a, ~b) può essere ricavata da
1
A⌘ ~a ^ ~b
2
Ponendo gli assi x1 , x2 sul piano ~a, ~b
1
A= |a1 b2 a2 b1 |
2
Per quantizzare usiamo (3.32) e allora abbiamo
1
 = ✓ |xpy ypx |
2
1
= ✓Jz
2
ovvero un’area quantizzata, coi numeri quantici (interi e seminteri positivi) di un
momento angolare. Ritroveremo un risultato simile partendo da tutt’altre premesse
nella sezione (4).
Notiamo che, sebbene esista una distanza minima, non c’è un’area minima perché
Jz ammette l’autovalore nullo.
abbiamo
1
(3.34) ' 1 lE
2
< 1
d’altra parte i fotoni avrebbero ora una massa non nulla, che dipende dall’energia.
Per verificare (3.34) si potrebbero misurare i tempi di arrivo di fotoni provenien-
ti da molto lontano (in modo da amplificare l’effetto di una piccola differenza di
velocità). Ma dovremmo già conoscere la distanza della sorgente, magari tramite
l’analisi del redshift cosmologico54. Oppure si possono cercare fotoni di diversa
energia, di cui si sappia che sono stati emessi pressoché simultaneamente, ad esem-
pio in una esplosione (gamma ray burst55). Oppure anche, chiaramente, potremmo
fare analisi statistiche (dopo aver escluso il rumore).
3.7.1. collineari, molto fuori dal centro di massa. Per la massa invariante ab-
biamo al primo ordine
µ
M2 = (p1 + p2 )µ (p1 + p2 )
= E12 + E22 + 2E1 E2 p21 p22 2p1 p2
' E12 + E22 + 2E1 E2 E12 + lE13 E22 + lE23 + 2E1 E2 lE12 E2 lE1 E22
(3.35) = 4E1 E2 + lE13 + lE23 lE12 E2 lE1 E22
Nel riferimento del centro di massa (E1 = E2 ) la (3.35) ha esattamente uguale
il valore classico 4E1 E2 , perché i termini in l si annullano l’uno con l’altro. Il
sistema è caratterizzato solo dai valori delle energie, per cui se esiste un riferimento
con valori E1 , E2 la (3.35) dà proprio il valore della M 2 trasformato con -Poincarè
in quel riferimento. Se ci mettiamo a
E1 E2
la differenza con la massa invariante classica si amplifica. Come unico termine di
correzione rilevante possiamo considerare lE13 . Inoltre, misurando la grandezza
M2 E3
' 4E1 + l 1
E2 E2
il termine che misura l’effetto non classico può essere valorizzato operando su due
fronti: andando alle energie E1 più grandi che possiamo e alle E2 più piccole.
E’ stata osservata un piccola anomalia nell’assorbimento di fotoni a 10 TeV pro-
venienti da sorgenti stellari lontane da parte della radiazione di fondo cosmico, che,
avendo un picco infrarosso a 0, 01 eV, ha proprio l’energia giusta per la soglia clas-
sica della reazione in e+ e con questi fotoni. L’opacità a quelle energie è minore
di quella che ci si aspetta. Fra le possibili spiegazioni è stata proposta anche quella
di termini di modifica nella massa invariante del tipo di quelli che compaiono in
54Sia la lunghezza d’onda osservata e la lunghezza d’onda all’emissione, il redshift è
definito come
z⌘
(3.35). Chiaramente però molti fattori entrano in gioco in questo fenomeno: biso-
gna conoscere bene il valore del picco infrarosso, la sua densità, e chiaramente non
conoscendo lo spettro della sorgente dei fotoni energetici non si può escludere che
sia lì l’origine dell’anomalia.
Y µ ⌘ N nµ + N i bµi
che definisce quattro grandezze indipendenti: il cosiddetto lapse N e il vettore di
shift N i ; queste fissano la struttura della foliazione (4.1). La metrica gµ⌫ nella base
Y µ , bµ1 , bµ2 , bµ3
ṗx = qBvy
ANGELINO FARNETICAZIONI 50
ha la forma:
2 3 2 3
gYY gYb1 gYb2 gYb3 Yµ Y µ Yµ bµ1 Yµ bµ2 Yµ bµ2
6 g b1 Y g b1 b1 g b1 b2 g b1 b3 7 6 bµ1 Yµ bµ1 b1µ bµ1 b2µ bµ1 b3µ 7
6 7 = 6 µ 7
4 g b2 Y g b2 b1 g b2 b2 g b2 b3 5 4 b2 Yµ bµ2 b1µ bµ2 b2µ bµ2 b3µ 5
g b3 Y g b3 b1 g b3 b2 g b3 b3 bµ3 Yµ bµ2 b1µ bµ2 b3µ bµ3 b3µ
2 2 3
N + N i N j hij N i hi1 N i hi2 N i hi3
6 N i h1i h11 h12 h13 7
= 6 7
4 N i h2i h21 h22 h23 5
N i h3i h31 h32 h33
o
ds 2 = N 2 dt 2 + hij N i dt + dxi N j dt + dxj
con
j
hij ⌘ bi b
metrica di ⌃. Si può dimostrare inoltre che
p p
g=N h
D’altra parte
⇣ ⌘
dx dx = nµ dxµ n + bi dxi n⌫ dx⌫ n + bj dxj
= nµ n⌫ dxµ dx⌫ + bi bj dxi dxj
= nµ n⌫ dxµ dx⌫ + bi bj bµi b⌫j dxµ dx⌫
per cui possiamo anche scrivere
g µ⌫ = nµ n⌫ + hµ⌫
con
hµ⌫ ⌘ hij bµi b⌫j
D’ora in avanti però gli indici spaziali (gli unici che adesso abbiamo) vengono
alzati e abbassati con h. Al posto delle 10 variabili57 del tensore simmetrico gµ⌫ ,
abbiamo ora le 4 variabili N, N i , che si occupano come detto della foliazione, e le
6 variabili per la metrica spaziale hij . Queste danno luogo a simboli di Christoffel:
1
Kij ⌘ @t hij r̄i Nj r̄j Ni
2N
che chiameremo curvatura estrinseca, con scalare associato
K ⌘ K ii
Una superficie bidimensionale S 2 ⌃t è descritta parametricamente da due coor-
dinate curvilinee 1 , 2 , che definiscono in ogni punto due vettori tangenti ad S:
i @xi i @xi
1 ⌘ 2 ⌘
@ 1 @ 2
ed uno normale
⌧ i ⌘ ✏ijk 1j 2k
tramite il prodotto vettoriale dei due vettori tangenti. L’ area di S è definita come
p
ˆ
AS = d 1 d 2 q
S
dove q è il determinante della metrica indotta su S da h:
2 3
h⌧ ⌧ h⌧ 1 h⌧ 2
[h] = 4 h 1 ⌧ q 1 1 q 1 2 5
h 2⌧ q 2 1 q 2 2
E si può dimostrare che
(4.2) q = hhij ⌧ i ⌧ j
1 p
L hij , N, N i = N h R̄ + Kij K ij K2
16⇡
con momenti cinetici associati ad hij
p
⇧ ij = h K ij Khij
A meno di una costante:
n 0 0
o
hij (x) , ⇧ i j (x0 ) = 16⇡ ii0 jj0
LEH ⌘ L + LM
con
1 p
L (gµ⌫ ) ⌘ g (R 2⇤)
16⇡
parte gravitazionale, e LM relativa al campo di materia T µ⌫ . Unità naturali.
ANGELINO FARNETICAZIONI 52
1 ⇣ ij ⌘
L= ⇧ ḣij NH N i Hi
16⇡
con
✓ ◆
1 1 2 p
H⌘ p ⇧ ij ⇧ij ⇧ h R̄ Hi ⌘ 2r̄j ⇧ ij
h 2
⇧ ⌘ ⇧ii
Le variabili N, N i sono moltiplicatori di Lagrange, il loro contributo è quello di
fornire i vincoli
H=0 Hi = 0
per le variabili dinamiche hij , che sono quelli relativi ai gradi di libertà che garan-
tiscono l’invarianza per diffeomorfismi. L’hamiltoniana è di puro vincolo:
H hij , ⇧ ij , N, N i = N H + N i Hi
" #
./
i0 j0 0
hij (x) , ⇧ (x ) = 16⇡ı ii0 jj0 (x0 x)
(4.6) GI = 0
per controbilanciare i nuovi gradi di libertà introdotti, che sono quelli che danno la
possibilità di ruotare la triade; possiamo introdurli con tre nuovi moltiplicatori di
Lagrange N I (che non aggiungono gradi di libertà).
A meno di una costante le variabili coniugate di (4.5) sono
60
✓ ◆
O1 O2 O2 O1
ˆ
{O1 J n
, ⇡n K , O 2 J n
, ⇡n K} ⌘ d3 x n
|x |x n
|x |x
⇡n ⇡n
con n, ⇡
n coniugati.
ANGELINO FARNETICAZIONI 54
Il vantaggio di questa coppia di variabili è che con una opportuna scelta di , detta
parametro di Immirzi, si possono rendere più gestibili le equazioni per i vincoli. Si
può infatti dimostrare che:
✓ ◆
EIi EJj IJ K 2 I J J I 2 E iI ⇣ j
⌘
H= p ✏ K Fij 2 1 + K i K j Ki Kj + 1 + @i p D j EI
h h
⇣ ⌘
j J j
Hi = EJ Fij 1 + 2 KiJ Dj EI
j
G I = D j EI
con
K
Fij ⌘ @i AKj @j AKi + ✏KIJ AIi AJj Di VKj ⌘ @i VKj + ✏KJ I AJi EIj
Notiamo che compaiono elementi di una teoria di gauge SU 2: i coefficienti di Levi-
Civita tridimensionali sono le costanti di struttura del gruppo delle rotazioni tri-
dimensionali, compatibili con trasformazioni SU 2, allora F è il tensore dei campi
associati ad una simmetria di gauge SU 2 con potenziali AIi , e Di è la derivata
covariante associata; (4.6) è dunque il vincolo di Gauss relativo alla simmetria
SU 2.
Scrivendo (4.2) in funzione della triade densitizzata, otteniamo l’area in funzione
dei campi:
s
@xk @xm @xl @xn i j
ˆ
AS = d 1 d 2 IJ ✏
ikl ✏jmn E E
S @ 1@ 1@ 2@ 2 I J
h i
AIi (x0 ) , EjJ (x) = 8⇡ı ii0 jj0 (x0 x)
L’operatore associato all’area AS non ha problemi di ordinamento, perché le E
commutano tra loro. E’ un osservabile e si può dimostrare che il suo spettro dipende
da tre infinità di numeri quantici j1 n , j1 n , j3 n con valori in 0, 12 , 32 . . . , ed è dato
da r
X 1 1 1
2
AS = 8⇡ lP j1 n (j1 n + 1) + j2 n (j2 n + 1) j3 n (j3 n + 1)
n
2 2 4
Emerge quindi, ancora una volta, una discretizzazione dello spazio a scala planc-
kiana, con un’area minima di 8⇡ lP 2
. Notiamo come , che nella teoria classica
è un parametro arbitrario, dopo la quantizzazione assume significato fisico, e do-
vrebbe quindi essere fissato sperimentalmente. Dalla discretizzazione di osservabili
spaziali tuttavia, non discende automaticamente che debbano essere modificate le
simmetrie spaziotemporali classiche, come abbiamo fatto ad esempio nella sezione
(3.4). Possiamo infatti considerare ad esempio il caso di Stern-Gerlach: la devia-
zione del punto di impatto di un fascio di atomi in presenza di un campo magnetico
è una lunghezza quantizzata, ma come sappiamo la sua spiegazione non richiede di
rivedere le trasformazioni di Lorentz.
ANGELINO FARNETICAZIONI 55
4.2.2. Spazio di Hilbert fisico. Come al solito bisogna poi imporre i vincoli (4.4),
con le H espresse ora rispetto agli operatori (4.8), con un fissato ordinamento.
Il vincolo di Gauss
./
(4.9) GI JAK = 0
è soddisfatto imponendo l’invarianza
q¸ y di gauge dei funzionali. Questo può essere
fatto lavorando con stati S A ; da qui il nome di loop quantum gravity.
4.3. Scelta di Ashtegard. I vincoli si semplificano notevolmente:
EIi EJj IJ K j J
H= p ✏ K Fij Hi = EJ Fij
h
se poniamo
= ±ı
Notiamo però che così facendo il campo di gauge è immaginario: sono due campi,
uno per la parte reale e l’altro per quella immaginaria.
4.3.1. Costante cosmologica non nulla. Se la costante cosmologica è
⇤ 6= 0
i vincoli vengono diversi; ad esempio si può dimostrare che il vincolo scalare, relativo
al moltiplicatore N , è:
✓ ◆
EIi EJj IJ K 1 k K
H = p ✏ K Fij + ⇤✏ij Ek
h 3
Una soluzione classica nota è l’universo di De Sitter61
4.3.2. Stato di Kodama. Si conosce una soluzione quantistica a
./
H JAK = 0
con ordinamento: ✓ ◆
./ EiI EjJ IJ 1
H= p ✏ K FKij + ⇤✏ij k EKk
h 3
ed è:
ds 2 = dt 2 + eHt dx2
con costante: p
H/ ⇤
ANGELINO FARNETICAZIONI 56
De Sitter. C’è chi sostiene che lo stato di Kodama, se interrogato con opportu-
ni operatori metrici, evidenzia uno spaziotempo con quelle stesse simmetrie non
classiche (quantum De Sitter). Il professore inoltre sostiene QDS sia una contra-
zione di Inonu-Wigner di -Minkowski, ovvero sia una sorta di versione «curva» di
-Minkowski, a cui si riduce sotto un opportuno limite.
62SFP
63
F J (x) + " (x x )K F J (x)K
|x F J (x)K ⌘ lim
"⇣0 "
Allora
|x (x) = (x x )
ANGELINO FARNETICAZIONI 57
con f arbitraria; questa lascia invarianti i campi (4.10). Anche le circuitazioni del
potenziale vettore sono invarianti di gauge, perché per il teorema di Stokes64:
˛ ¨ ⇣ ⌘
~ ·A
ds ~= ~ ^ r
dS ~ ⇥A ~
@S S
dipendono solo da B.~ Inoltre si può dimostrare che i campi possono essere definiti,
invece che dal potenziale, dall’insieme di tutte le circuitazioni su tutte le curve
chiuse; in questo modo evidentemente i gradi di libertà di gauge sono eliminati.
Il potenziale può essere visto come campo di gauge associato ad una simmetria
abeliana, ovvero a trasformazioni di una fase locale65.
Dato un quadrivettore di correnti
⇢
jµ ⌘ ~
j
soddifacente l’equazione di continuità
@µ j µ = 0
Le equazioni di Maxwell sono
@ µ @ ⌫ A⌫ @ ⌫ @ ⌫ Aµ = j µ
derivabili dalla lagrangiana:
1 µ⌫
L= F Fµ⌫ + jµ Aµ
4
4.5.1. Nel vuoto. In assenza di cariche la densità di lagrangriana è
1
L⌘ E2 B2
2
In funzione del potenziale abbiamo dunque
⇣ ⌘ ⇣ ⌘ ⇣ ⌘ 1⇣ ⌘ ⇣ ⌘
~ (xµ ) ⌘ 1 A
L ' (xµ ) , A ~˙ + r'
~ ~˙ + r'
· A ~ ~ ⇥A
r ~ · r~ ⇥A
~
2 2
64
˛ ¨ ⇣ ⌘
~ ·A
ds ~= ~ ^ r
dS ~ ⇥A
~
@S S
con @S bordo lineare della superficie S ; ds~ elemento di lunghezza, tangente a @S ; e dS ~
elemento di superficie, normale a S .
65In generale, se la trasformazione di gauge ha più generatori
n , c’è un campo di gauge Aµ
n
A0n n
µ = Aµ @µ f n + Cab
n
Aaµ f b
con f arbitrari e C costanti di struttura del gruppo di trasfromazioni di gauge:
. . .
n
a , b ⌘ ıCab n
n
Fµ⌫ = @µ An⌫ @⌫ Anµ + Cab
n
Aaµ Ab⌫
E’ inoltre associata una derivata covariante:
j jn j
Di Va ⌘ @i Va + Cab Abi Vn
Le circuitazioni dei potenziali sono invarianti di guage, e contengono tutte le informazioni
fisiche.
ANGELINO FARNETICAZIONI 58
@i Ei JAK = 0
Si può dimostrare che il vincolo di Gauss è equivalente a restringersi a lavorare
con funzionali JAK invarianti per trasformazioni
q¸ y di gauge di A. Allora possiamo
prendere come stati i funzionali S A di circuitazioni di A lungo le diverse
curve S .
Notiamo infine che siccome siamo in formulazione covariante (non abbiamo fis-
sato una gauge) gli stati dello spazio di Hilbert non rappresentano configurazioni
ad un dato istante, ma (implicitamente) tutta l’evoluzione.
67
La sua generalizzazione è
Di Eni = 0
68
@L
⇡⌘
@ (@⌧ )
69
n
⌅ ⌘ ⇡n @ ⌧ L
ANGELINO FARNETICAZIONI 59
. .
⇥! = exp ı!n n
Quindi una trasformazione infinitesima ⇥d! , labellata dal parametro ! e con gene-
ratore , è espressa al primo ordine da
. .
⇥d! = 1 ı d!
dove ı garantisce che, se la trasformazione è unitaria, il generatore è hermitiano;
allora la trasformazione infinitesima inversa è
. 1 .
⇥d! = 1 + ı d!
Un operatore O viene allora trasformato al primo ordine in d! con
⇥d! O⇥†d! = (1 ı d! ) O (1 + ı d! )
= O ı d! [ , O]
70
Vale a dire che
. O = [ , O]
anche se occorre fare attenzione con questa algebra perché mentre
⇥O1 ⇥† ⇥O2 ⇥† = ⇥O1 O2 ⇥†
con i generatori invece il prodotto dei trasformati non dà il trasformato del prodotto:
( . O1 ) ( . O2 ) 6= . (O1 O2 )
5.1. Algebra di Poincaré. Le trasformazioni di Poincaré dipendono da 10 pa-
rametri, a cui corrispondono altrettanti operatori. Abbiamo il quadrivettore dei
generatori delle traslazioni
.
(5.2) Pµ ⌘ ı@µ
E il tensore antisimmetrico dei generatori delle rotazioni
. . .
(5.3) M µ⌫ ⌘ xµ P ⌫ x⌫ P µ
tre di tipo spaziale71 (euclideo)
. .
J i ⌘ M jk
e tre spaziotemporali
. .
N i ⌘ M i0
dette anche boost.
Le (5.2) e (5.3) formano dei sottogruppi, con algebra data rispettivamente da
. .
P µ, P ⌫ = 0
70Si noti che non si possono trasformare i prodotti di operatori facendo il prodotto dei
trasformati
71Spesso nella forma
.
J i = ı✏ijk xj @k
dove ✏ è il simbolo di Levi-Civita tridimensionale, definito dal suo valore
✏123 = 1
e dalla proprietà di essere antisimmetrico su ogni coppia di indici.
ANGELINO FARNETICAZIONI 60
e, ricordando72 . .
xµ , P ⌫ = ı µ⌫
ma non i boost:
. . .
(5.4) N i, N j = ı✏ijk J k
perché i loro generatori non chiudono un algebra di Lie. Questo significa che
combinando boost, non si ottengono boost. Fra boost e rotazioni poi si ha:
. . .
(5.5) J i , N j = ı✏ijk N k
Un Casimir è l’operatore73
. .µ
⌘ P µP
= @µ @ µ
i suoi autovalori m2 sono invarianti di Poincarè (commuta con tutti i generatori) e
labellano quindi le rappresentazioni dell’algebra.
Per una particella libera di massa m, le trasformazioni di Poincaré trasformano
una configurazione [E, p~], in una [E 0 , p~0 ] muovendosi lungo la cosiddetta shell di
massa:
E 2 p2 = m2
72Che vuole anche dire
.µ @
x =ı
@pµ
73Si intende
.µ .
P ⌘ ⌘ µ⌫ P ⌫
ANGELINO FARNETICAZIONI 61
Inversamente, dati due punti sulla shell di massa, esiste una trasformazione che li
connette. Per un sistema composto, la massa invariante è
! !
X X µ
2
M ⌘ (pi )µ (pi )
i i
!2
X
mi
i
questa si conserva non solo tra un riferimento inerziale e l’altro, ma anche nel tempo
come conseguenza della conservazione di E e p~.
p
ˆ
SNG ⌘ m d⌧ ẋµ ẋµ
WL
p
ˆ
= m dxµ dxµ
WL
ˆ
(5.6) = m ds
WL
corrisponde alla lagrangiana
p
(5.7) LNG (xµ (⌧ ) , ẋµ (⌧ ) , ⌧ ) ⌘ m ẋµ ẋµ
rispetto al parametro74 ⌧ : ˆ
S= d⌧ L
WL
perché
dx±
ẋ± =
dx+
dx⌥
=
dx+
= ẋ⌥
dove ovviamente
ẋ+ = 1
Con chiaramente un campo in meno (che è diventato il parametro).
I tre momenti78 delle x, evidentemente costanti del moto, sono
1 1 i
p = # pi = # ẋ
L’hamiltoniana79 è allora
1 1 i 1
H = # ẋ ẋi + #m2
2 2
1
= # p pi + m2
i
2
1
= pi pi + m2
2p
Confrontando con la relazione di mass shell
pµ p µ = 2p p+ + pi pi
= m2
troviamo
H = p+
= p
come ci aspettiamo essendo H coniugata a x+ (ed essendoci un fattore meno rispetto
alla segnatura + a cui siamo in genere abituati).
La quantizzazione consiste nel trasformare le grandezze fisiche in operatori su
uno spazio di Hilbert. Questo si può fare definendo le loro regole di commutazione.
Per il principio di corrispondenza si pongono i commutatori canonici a ⌧ fissato,
uguali, in unità naturali, a
⇥ ⇤ ⇥ i ⇤
x ,p ⌘ ı x , pj ⌘ ı i,j
x+ , essendo stato fissato a parametro di evoluzione, non si quantizza. L’hamilto-
niana è funzione solo dei momenti quindi commuta con loro e
pi pi + m2
H |p , pi i = |p , pi i
2p
78
@L
pn ⌘
@ ẋn
79
H ⌘ pn ẋn L
ANGELINO FARNETICAZIONI 64
p |p , pi i = p |p , pi i pi |p , pi i = pi |p , pi i
Qui il campo ausiliario compare solo linearmente, le sue equazioni allora danno
solo dei vincoli per le altre variabili; in questo caso vengono propriamente chiamati
moltiplicatori di Lagrange (altrove useremo però questo termine nell’accezione più
generale di variabile non fisica ausiliaria). Il vincolo è, per la (5.9), la relazione di
on-shellness.
I momenti coniugati alle xµ sono proprio i pµ , per cui l’hamiltoniana è di puro
vincolo:
H (x, p) = # ⌘ µ⌫ pµ p⌫ + m2
= 0
La quantizzazione
non imponendo una gauge viene fatta su variabili parziali. Lo spazio di Hilbert
così ottenuto81 è detto cinematico. Ci si restringe a quello fisico solo dopo aver
introdotto i vincoli, in questo caso l’on-shellness. Infatti l’operatore x definito dalla
(5.10) non commuta con l’operatore di on-shellness, quindi in generale trasforma
uno stato che soddisfa il vincolo (on-shell) in uno che non lo soddisfa (off-shell).
Non è un osservabile sullo spazio di Hilbert fisico.
I momenti commutano con il vicolo, ma solo tre su quattro sono indipendenti;
esprimendo i pi in funzione di p0 abbiamo tre osservabili sullo spazio di Hilbert
fisico. Altri tre vengono dati dagli operatori di Newton-Wigner:
pi 0 pi
Xi ⌘ x i 0
x + ı~ 2
p 2 (p0 )
80
(
@⌅
ẋ = @p
@⌅
ṗ = @x