Sei sulla pagina 1di 4

CAPITOLO 5 ■ LA STRUTTURA DEL REATO 39

█ SEZIONE II
IL REATO

█ CAPITOLO 5
LA STRUTTURA DEL REATO

█ SOMMARIO: I ■ 1. Nozione e categorie di reato. - 2. Le teorie della bipartizione e della


tripartizione, le concezioni quadripartite e gli elementi negativi. - 3. L’oggetto del reato. II ■ 1. Il
soggetto passivo del reato. - 1.1. Il danneggiato dal reato. - 2. La persona fisica come soggetto
attivo del reato. - 3. La responsabilità da reato degli enti. - 3.1. Natura della responsabilità. III ■
1. La condotta. - 2. L’azione. - 3. L’omissione. reati omissivi propri e impropri. - 3.1. I reati omissivi
impropri: la clausola di equivalenza di cui all’art. 40, co. 2, c.p. criteri di identificazione della
posizione di garanzia. - 3.2. La delega di funzioni. - 4. L’evento. - 5. Presupposti della condotta.- 6.
Le condizioni obiettive di punibilità. IV ■ 1. Il rapporto di causalità: generalità e disciplina. - 2. La
teoria della condicio sine qua non: ricostruzione e limiti. - 3. L’accertamento del nesso causale:
sussunzione dell’evento sotto leggi scientifiche di copertura. - 4. Il concorso di cause e le cause
idonee a interrompere il nesso causale. - 4.1. Teorie concorrenti con la “condicio sine qua non”. -
4.2. L’incidenza del comportamento dell’offeso sul nesso causale. - 5. La causalità omissiva. - 6. I
rapporti tra causalità penale e causalità civile. V ■ 1. Il principio di offensività: ratio e
fondamento. - 1.1. La duplice accezione del principio: l’offensività in astratto ed in concreto. - 2. Il
ruolo dell’offesa nella consumazione del reato: reati di danno e di pericolo. - 2.1. Il ruolo
dell’offesa nella consumazione del reato: ulteriori applicazioni giurisprudenziali. - 3. Il reato
impossibile. - 4. Il reato putativo. VI ■ 1. Nozione e fondamento, inquadramento dogmatico. - 2.
La disciplina. - 3. Cause di giustificazione, scusanti e cause di non punibilità: differenze. - 3.1.
L’eccesso colposo. - 4. Il consenso dell’avente diritto. - 5. Esercizio del diritto. - 6. L’adempimento
del dovere. - 7. La legittima difesa. - 7.1. La legittima difesa domiciliare. - 8. L’uso legittimo delle
armi. - 9. Lo stato di necessità. - 10. Le scriminanti tacite.

I - NOZIONE E OGGETTO DEL REATO

1. Nozione e categorie di reato.


Il reato è un comportamento umano vietato dalla legge sotto minaccia di una pena. Nei
moderni ordinamenti, sensibili all’esigenza di certezza del diritto penale e soggetti al
principio di legalità, la qualificazione di una data condotta come reato deve essere
operata dal legislatore, tenuto tuttavia a farsi fedele interprete del disvalore
naturalmente insito in certi comportamenti umani. In tale prospettiva, si coglie la
dialettica tra la nozione formale e la nozione sostanziale del reato.
- la nozione formale considera come reato solo la condotta compiutamente descritta
(e vietata) dalla legge penale, nel rispetto del principio garantista nullum crimen
sine lege, escludendo che si possa dare spazio a valutazioni di carattere sociologico,
antropologico o morale nella qualificazione di un determinato comportamento
come illecito penale; alla nozione formale si collega la concezione analitica del
40 PARTE I ■ DIRITTO PENALE

reato, in base alla quale per individuare ciò che concretamente è vietato e punito
dalla legge occorre riscontrare nella fattispecie tutti gli elementi costitutivi del
reato;
- la nozione sostanziale descrive il reato come offesa di un bene giuridico e violazione
di un obbligo, così esprimendo l’esigenza che l’individuazione della condotta
delittuosa non sia solo frutto di un’attività di creazione normativa, ma sia
innanzitutto espressione del comune sentire umano e sociale.

■ In Italia, il sistema introdotto dal codice Rocco ruota attorno al principio di legalità,
prediligendo l’approccio formale, nella misura in cui è attribuita alla sola legge la prerogativa
di stabilire quali fatti umani debbano essere sanzionati.
Con l’avvento della Costituzione si è imposta, tuttavia, l’esigenza di adottare una definizione
unitaria del reato, ad un tempo formale e sostanziale. Dall’esigenza di un’interpretazione
costituzionalmente orientata della disciplina codicistica è scaturita una concezione
teleologica del reato: la Costituzione è utilizzata quale fonte da cui attingere gli scopi e i
limiti del diritto penale (come il canone di necessaria offensività del fatto, di personalità
della responsabilità penale, di proporzionalità tra illecito e sanzione), oltre che quale punto
di riferimento per la individuazione del bene giuridico tutelato dalle singole disposizioni (cfr.
infra, Par. 3).
■ delitti e contravvenzioni.
I reati si dividono in due categorie. In mancanza di una nozione specifica fornita
dal legislatore, il criterio distintivo accolto è quello formale ex art. 39 c.p., che guarda
al tipo di sanzione prevista. In particolare, l’art. 17 c.p. prevede che le pene principali
stabilite per i delitti sono l’ergastolo, la reclusione e la multa, mentre quelle per le
contravvenzioni sono l’arresto e l’ammenda.
La distinzione tra delitti e contravvenzioni rileva in rapporto a vari istituti, in quanto
comporta varie differenze di disciplina. Le più importanti sono:
- l’elemento soggettivo: in generale, le contravvenzioni sono punibili sia se
commesse con dolo sia se commesse con colpa, mentre i delitti sono punibili
solo se sorretti dal dolo, salve le ipotesi di delitto colposo espressamente
previste dalla legge (art. 43 c.p.);
- il tentativo è configurabile solo per i delitti (art. 56 c.p.);
- la recidiva può essere contestata ai soli autori di delitti (art. 99 c.p.);
- i termini di prescrizione del reato (art. 157 c.p.) e di estinzione della pena (artt.
172-173 c.p.) sono stabiliti secondo diversi criteri;
- l’oblazione (artt. 162 e 162-bis c.p.) è una causa estintiva del reato applicabile
alle sole contravvenzioni;
- le pene accessorie ai delitti sono distinte da quelle previste per le
contravvenzioni (art. 19 c.p.);
- la sospensione condizionale della pena ha una durata diversa nei due casi (art.
163 c.p.)
- la cooperazione colposa ex art. 113 c.p. è configurabile per i soli delitti (mentre
per le contravvenzioni i comportamenti corrispondenti sarebbero punibili ai
sensi degli artt. 110 e 42, comma 4 c.p.);
CAPITOLO 5 ■ LA STRUTTURA DEL REATO 41

- sul versante processuale, i soli delitti consentono l’applicazione di istituti come


l’arresto in flagranza, il fermo, le misure cautelari personali, le intercettazioni.

2. Le teorie della bipartizione e della tripartizione, le concezioni quadripartite e


gli elementi negativi.
Nonostante il reato sia un quid sostanzialmente unitario, la teoria generale del reato ha
dimostrato l’utilità di operarne una scomposizione analitica, in una pluralità di elementi
fra loro distinti ma non separati (DELITALA), a fini ermeneutici.
Le costruzioni più importanti sono le seguenti.

A) La teoria della bipartizione


La teoria della bipartizione scompone il reato in:
1) un elemento oggettivo o materiale (il fatto; la tipicità) comprensivo dei dati
estrinseci con cui si manifesta il reato: la condotta umana, eventualmente
accompagnata da elementi come l’evento (e il nesso di causalità con la
condotta) o i presupposti del fatto (cfr. Sez. II, par. 5). Alla tipicità viene
ricondotta anche l’assenza di cause di giustificazione (tali da rendere la
condotta penalmente lecita nonostante la sua conformità al tipo legale, cfr. Sez.
VI), delineate come elementi negativi del fatto;
2) un elemento soggettivo o psicologico (la colpevolezza), comprensivo degli
aspetti attinenti alla sfera morale dell’agente ed al collegamento di questi con il
fatto obiettivamente mostratosi come illecito (dolo, colpa, preterintenzione).

B) La teoria della tripartizione


La teoria della tripartizione scompone l’illecito penale in:
1) Il fatto, comprensivo degli elementi oggettivi del reato come delineati sub A),
ma non delle cause di giustificazione;
2) l’antigiuridicità, che indica la complessiva contrarietà del fatto alle regole
dell’ordinamento, coincidendo con l’assenza di cause di giustificazione;
3) la colpevolezza.

C) Concezioni quadripartite
Sono state inoltre elaborate concezioni quadripartite – rimaste per vero isolate – che
aderiscono alla teoria tripartita ravvisando tuttavia un elemento ulteriore,
rispettivamente indicato con:
- la verifica della conformità del fatto al tipo descritto dalla fattispecie. La tesi è
respinta dai più in quanto sarebbe insensato, nell’ambito della teoria del reato,
distinguere tra fatto tipico e conformità del fatto al tipo.
- la punibilità, (MARINUCCI) la quale assurgerebbe ad elemento essenziale anziché
costituire una mera “normale conseguenza” del reato. In altri termini, ove la punibilità
difetti per qualsiasi ragione, non sarebbe ravvisabile reato nonostante la compresenza
degli altri elementi. La tesi viene respinta rilevando che può ben accadere che ragioni
di opportunità esterne al fatto di illecito giustifichino l’esenzione da pena nonostante
la commissione di un reato completo di tutti i suoi elementi (es. art. 649 c.p.; cfr.
42 PARTE I ■ DIRITTO PENALE

infra., Sez. VI, n. 3).


Come si vede, la differenza essenziale tra le concezioni sub A) e B) risiede nella
collocazione delle cause di giustificazione. Si presenta preferibile la (maggioritaria) teoria
tripartita, capace di cogliere la differenza sostanziale tra tipicità e antigiuridicità. Posto che
tutti gli elementi del fatto tipico devono essere soggettivamente collegati al reo, la teoria
bipartita, nel concepire entrambi gli aspetti come elementi costitutivi, finisce con
l’ascrivere i c.d. elementi negativi all’oggetto della colpevolezza (imponendo, in caso di
dolo, l’accertamento della consapevolezza dell’assenza di cause di giustificazione). Al
contrario, è indiscusso che le cause di giustificazione operino oggettivamente (cfr. art. 59,
co. 4 c.p., nonché infra., Sez. VI), in ciò differendo dagli elementi del fatto tipico.

3. L’oggetto del reato.


Si è visto come, secondo una concezione sostanziale del reato, l’intervento penale dello
Stato si giustifica solo a presidio di determinati beni giuridici, coincidenti con valori essenziali
della società, preesistenti alla norma incriminatrice e tutelati a livello costituzionale.
Detto altrimenti, il bene giuridico coincide con l’interesse protetto dalla norma penale,
integrando il c.d. oggetto giuridico del reato. Quest’ultimo può assumere consistenza
materiale (es. il patrimonio, nei delitti di cui al titolo XIII) o immateriale (ad es. la
pubblica fede nei reati di falso).
L’oggetto giuridico del reato non va confuso con la ratio della norma, cioè con il fine che
il legislatore ha inteso perseguire con l’incriminazione penale, secondo una valutazione
di opportunità politica.
Ancora diverso è il concetto di oggetto materiale del reato: descrive l’entità materiale
sulla quale insiste concretamente la condotta delittuosa (es. la persona uccisa
nell’omicidio; la cosa mobile altrui nel furto).
In relazione all’oggetto giuridico della fattispecie di reato è possibile distinguere:
a) reati monoffensivi: posti a presidio di un unico bene giuridico (es. ingiuria);
b) reati plurioffensivi: posti a presidio di una pluralità di beni giuridici (es. peculato,
lesivo di patrimonio e buon andamento della P.A.).

II - I SOGGETTI DEL REATO

1. Il soggetto passivo del reato.


Il soggetto passivo è il titolare del bene o interesse tutelato dalle norme penali. Soggetti
passivi possono essere le persone fisiche o giuridiche, o la collettività.
Mentre il soggetto attivo è l’autore della condotta vietata, il soggetto passivo è colui che
subisce l’offesa. Ad esempio, nel furto (art. 624 c.p.) soggetto attivo è chi si impossessa
del bene altrui; soggetto passivo è chi deteneva il bene sottratto.
Al titolare del bene tutelato, parte della dottrina accosta lo Stato, individuato come
soggetto passivo generico (o costante) di ogni reato, posto che la pretesa punitiva
statale è giustificata solo in presenza di un’offesa ai pubblici interessi.
Il soggetto passivo del reato va tenuto distinto dal soggetto passivo della condotta

Potrebbero piacerti anche