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GESTIONE DELL'INNOVAZIONE :

Managment dell'innovazione tecnologica

CAPITOLO 1 : INTRODUZIONE
IMPORTANZA DELL'INNOVAZIONE TECNOLOGICA
L'innovazione tecnologica in molti settori è il fattore determinante per il successo
competitivo ed è fondamentale innovare per mantenere e acquisire posizioni di
posizioni di leadership nel mercato e recuperare condizioni di svantaggio. La crescita
di importanza dell'innovazione è dovuta alla globalizzazione che crea pressione
tramite la concorrenza internazionale impedendo la produzione di prodotti molto
differenziati. L'innovazione è una leva decisiva anche in settori dove sembra essere
superflua (es.Ferrero grand soleil). L'introduzione di nuovi prodotti consente di di
proteggere i profitti mentre gli investimenti nell'innovazione di processo servono per
ridurre i costi. I progressi tecnologici accelerano i ritmi innovativi (i software
progettano e sviluppano) anche tramite sistemi di produzione flessibili , che rendono
economicamente sostenibili cicli di produzione sempre più brevi, attenuando
l'importanza delle economie di scala e permettendo di produrre più varianti dello
stesso prodotto per raggiungere tutti i target di clientela differenziandosi rispetto alla
concorrenza .
Le tecnologie flessibili consentono di passare dalla produzione di un prodotto a
quella di un altro senza interruzioni, adottando i programmi degli impianti in base
alle informazioni simultanee del mercato, condividendo i costi (si riducono quelli di
investimento, sviluppo ed approvvigionamento , aumentando il grado di utilizzo delle
capacità degli impianti). Quando alcune imprese adottano nuove tecnologie ed
accelerano il ritmo di innovazione, elevano barriere all'ingresso, creando per l'intero
settore un balzo in avanti sollecitando le imprese ad accorciare i cicli di sviluppo e
introduzione di nuovi prodotti. L'esito finale è una maggiore segmentazione del
mercato ed una più rapida obsolescenza riducendo il ciclo di vita (ossia l'intervallo di
tempo tra l'introduzione sul mercato e il ritiro o la sostituzione con un prodotto di
nuova generazione) del prodotto e stimolando le imprese a concentrarsi
sull'innovazione come imperativo strategico (obsolescenza riduce i profitti).

IMPATTO DELL'INNOVAZIONE TECNOLOGICA SULLA SOCIETA':


La spinta dell'innovazione , innalzando gli standard competitivi in molti settori, rende
più difficile per le imprese raggiungere il successo di mercato , ma al contempo
garantisce effetti quasi sempre positivi per la società, poiché ha consenstito ai
consumatori l'accesso ad un ampia gamma di prodotti e servizi aumentando
l'efficienza della produzione dei beni di prima necessità, cure mediche, viaggi e
comunicazioni.
Un'indicatore dell'impatto dell'innovazione è il PIL (valore totale di beni e servizi
prodotti in un anno in una nazione , e misurato al prezzo d'acquisto e segnala la
quantità dei beni acquistabili dai consumatori) che aumenta costantemente nei paesi
industrializzati.
Nel 1957 , l'economista Solow , in una sua ricerca costruita in base all'analisi del Pil
pro capite negli Stati Uniti , ha ipotizzato che il “residuo stetistico” , ovvero la
componente della crescita non spiegata, era da imputare al progresso tecnico ; difatti
era l'innovazione tecnologica ad aumentare la produzione ottenibile da una
determinata quantità di lavoro e di capitale.
Talvolta , l'innovazione tecnologica può produrre delle esternalità negative come
l'inquinamento vicino alla fabbriche , fenomeni di erosione e di distruzione di habitat
in agricoltura, la creazione di conseguenze impreviste in medicina (nuove forme
batteriche resistenti agli antibiotici, etica) . Ma , tuttavia, la tecnologia è conoscenza,
e in quanto tale permette di risolvere problemi e perseguire scopi sempre più
ambiziosi da poter applicare ai problemi di ordine pratico.
Ma se l'applicazione della conoscenza avviene troppo rapidamente, si possono avere
conseguenze indesiderate , senza prestare la dovuta attenzione a soluzioni alternative.
Il governo gioca un ruolo importante negli investimenti tecnologici, ma per i paesi
OCSE, la maggior parte dei fondi R&S deriva dalle imprese mentre per l'Italia, dai
fondi statali , poiché le imprese investono poco.

INNOVAZIONE E IMPRESA : IMPORTANZA DI UNA STRATEGIA


Nella corsa all'innovazione, molte imprese si buttano a capofitto nello sviluppo di
nuovi prodotti senza definire chiare ed efficaci strategie , avviando così più progetti
di quanti essi possano effettivamente sostenere causando un allungamento dei cicli di
sviluppo ed un alto tasso di fallimento.
Da uno studio emerge che la durata del ciclo di sviluppo è correlato al grado di
innovatività del progetto , e al crescere del contenuto innovativo si allunga il ciclo di
sviluppo . I miglioramenti incrementali di un prodotto già esistente richiedono un
tempo minore rispetto a innovazioni di rottura e a nuovi prodotti. Anche se
l'innovazione viene descritta come un processo spontaneo e non strutturato da regole
e piani, gli studi empirici dimostrano che è necessaria pur sempre una strategia di
innovazione .
MODELLO A IMBUTO DELL 'INNOVAZIONE : Molte dell idee innovative, non si
trasformano in nuovi prodotti di successo , e dei prodotti che riescono ad essere
realizzati, non tutti hanno un rendimento di mercato adeguato agli investimenti, per
migliorare il tasso di successo, occorrono strategie coerenti con le risorse e gli
obiettivi dell'impresa , facendo leva su competenze chiave .
Secondo uno studio, occorrono circa 3000 idee prima di giungere ad un prodotto
nuovo e di successo nel mercato. Per questo motivo, il processo di innovazione ,
viene spesso raffigurato come un imbuto nel quale entrano molte idee di potenziali
nuovi prodotti , ma di queste , solo pochissime riescono a superare tutte le fasi del
processo di sviluppo e a raggiungere l'altra estremità.

MANAGMENT STRATEGICO DELL'INNOVAZIONE TECNOLOGICA:


Per migliorare il tasso di successo delle innovazioni di un'impresa, occorre elaborare
una buona strategia ; per tale motivo, i progetti di innovazione dovrebbero essere
coerenti con le risorse e gli obiettivi dell'impresa, facendo leva sulle sue competenze
chiave che portano al raggiungimento dell'intento strategico.
Per conseguere questi obiettivi, è indispensabile che il management dell'impresa (a)
abbia una conoscenza approfondita delle dinamiche dell'innovazione (b) , concepisca
una strategia d'innovazione ben strutturata (c) ed infine formuli in modo adeguato i
processi di implementazione della strategia di innovazione (d).

PARTE 1 : LE DINAMICHE DELL'INNOVAZIONE


TECNOLOGICA
– Le fonti da cui si genera l'innovazione, in riferimento al ruolo di singoli
individui , delle organizzazioni, delle istituzioni pubbliche di ricerca, delle reti
di collaborazione
– le forme e le tipologie di innovazione e i modelli più diffusi di evoluzione e
diffusione dell'innovazione tecnologica
– i fattori che determinano se in taluni settori si vengano a creare con maggiori
probabilità pressioni che sollecitano la scelta di uno standard dominante
,nonchè gli elementi che spiegano perchè e in che modo un disegno o un
modello di tecnologia riesca a imporsi come standard
– gli effetti della scelta del tempo d'ingresso e le modalità con cui un'impresa può
identificare (e gestire) le differenti opzioni di entrata.
CAPITOLO 2: FONTI DELL'INNOVAZIONE

DA DOVE PROVIENE L'INNOVAZIONE?


L'innovazione può scaturire da molte fonti differenti : INDIVIDUI, come nel caso
dell'inventore solitario, o degli utilizzatori di un prodotto/tecnologia; IMPRESE che
ben si prestano alle attività di innovazione (perchè sono maggiormente incentivate a
realizzare prodotti o servizi innovativi per differenziarsi dalla concorrenza ) , in
quanto dispongono di risorse più consistenti rispetto ai singoli individui e di un
sistema di management capace di padroneggiare le risorse orientandole verso il
raggiungimento di un obiettivo comune ; inotre , l'innovazione può essere frutto di
ricerche sostenute da UNIVERSITA', ENTI PUBBLICI di ricerca, ENTI NO
PROFIT; un'altro e più significativo motore dell'innovazione è realizzato dai
NETWORK DI INNOVATORI (collegamenti che si stabiliscono tra le diverse fonti)
che attingono dalle conoscenze e dalle risorse di una molteplicità di attori ,
costituendo il fattore più potente del progresso tecnologico.
In ogni caso, alla base della generazione di nuove idee , la creatività è pilastro
portante di tutto.

LA CREATIVITA':
La creatività è anche definita come facoltà di generare idee nuove, la capacità di
produrre un “qualcosa” di utile e nuovo, che in quanto tale , deve essere differente da
quanto realizzato in passato , e sorprendente .
Il grado di innovatività viene stabilito da differenza rispetto ai prodotti che l'hanno
preceduto, e dalle esperienze passate del mercato (es. un prodotto può essere nuovo
nel mercato locale , ma già conosciuto in altre parti del mondo).
-CREATIVITA' INDIVIDUALE-
Le capacità creative di un individuo sono funzione della sua capacità intellettuale,
delle conoscenze che possiede, della sua forma mentis, della sua personalità, delle
motivazioni che lo ispirano e dell'ambiente che lo circonda.
-le capacità intellettuali: comprendono la capacità di osservare i problemi da
prospettive non convenzionali, la capacità di riconoscere e selezionare le idee che
devono essere sviluppate . Ma la conoscenza deve essere pur sempre dosata in
maniera corretta ed efficace in quanto, una conoscenza troppo limitata di un problema
non consente la comprensione del problema tale da poterlo risolvere, mentre una
conoscenza troppo approfondita potrebbe restare intrappolata in schemi logici e
paradigmi dominanti.
-circa la forma mentis: gli individui più creativi sono coloro che prendono decisioni
in maniera del tutto originale e sono abili nel discernere i problemi importanti da
quelli secondari, e ciò dipende dall'autostima, dalla tolleranza dell'ambiguità , dalla
disponibilità a correre rischi ragionevoli e la volontà di superare gli ostacoli.
-motivazione interna : anch'essa importante visto che si è più inclini alla creatività
quando si lavora su qualcosa che piace ed interessa davvero.
-ambiente : per liberare completamente il potenziale creativo di un individuo, è
indispensabile coltivarlo in un ambiente in cui le idee vengono sostenute e
riconosciute.

-CREATIVITA' DI UN'ORGANIZZAZIONE-
La creatività di un’organizzazione dipende dalla creatività degli individui che la
compongono e dai i processi sociali che plasmano il modo in cui questi individui si
comportano e interagiscono.
Come incentivare la creatività di un'organizzazione?

-con sistemi per la raccolta delle idee (la cassetta dei suggerimenti) = ove
convengono le idee dei dipendenti e quelle realizzate ottengono dei riconoscimenti
morali, e non economici ; attraverso questo tipo di riconoscimento, il dipendente che
presenta l'idea diventa responsabile del processo di elaborazione della propria
proposta.
Questo sistema è semplice da adottare e prevede dei costi piuttosto contenuti .
Tuttavia rappresentano solo un primo passo nello stimolo della creatività;

-con investimenti in programmi di training creativo : incoraggiando il managment a


promuovere strumenti di dialogo e comunicazione interna ( applicazione di esercizi
che stimolano il personale ad adottare meccanismi creativi come lo sviluppo di
scenari alternativi, con nuove prospettive ), per dimostrare al personale il rispetto e la
considerazione per la loro autonomia di pensiero all'interno dell'impresa.
DALLA CREATIVITA' ALL'INNOVAZIONE :
L'innovazione è la realizzazione delle idee creative in prodotti o processi nuovi grazie
alla combinazione dell'idea con risorse e competenze che le conferiscano una forma
“utile”.

I SINGOLI INDIVIDUI :

-INVENTORE: i tratti tipici dell'inventore sono l'interessamento a regionamenti


teorici ed astratti con insolito entusiasmo e con introversione (non interagiscono nella
sfera sociale). Gli inventori di maggior successo possiedono le seguenti
caratteristiche:
-buona padronanza degli strumenti e dei processi produttivi fondamentali del settore
in cui operano (spesso sono versatili e osservano ciascun settore da prospettive
originali.
-curiosità più per i problemi che per le soluzioni.
-attitudine a mettere in discussione le ipotesi esistenti ed i modelli di pensiero
dominanti.
-percezione della conoscenza come “sapere integrato” : ricerca di soluzioni globali
invece che particolari.
Sebbene dotati di straordinaria creativita, non possiedono però l'attitudine
imprenditoriale che li dovrebbe indurre a brevettare e commercializzare le proprie
scoperte.
-INNOVAZIONI IDEATE DAGLI UTILIZZATORI: gli utilizzatori posseggono una
profonda conoscenza dei propri bisogni e un forte incentivo per escogitare soluzioni
in grado di soddisfarli. Perciò spesso apportano modifiche a prodotti già esistenti ,
proponendo ai produttori variazioni del progetto o nel design del prodotto oppure
elaborando e sviluppando personalmente nuovi prodotti.
(un esempio è il “Laser” , una barca a vela di grande successo nata dall'ispirazione
creativa di tre ex velisti olimpionici; questa piccola barca racchiudeva tutte le
preferenze creative dei promotori: massime prestazioni, facilità di trasporto, durata
nel tempo e costi contenuti).
Le innovazioni sviluppate dagli utilizzatori, possono condurre anche alla nascita di
nuovi settori , come nel caso degli snowboard.
LE INNOVAZIONI NELLE IMPRESE, ENTI PUBBLICI , UNIVERSITA' etc:

ATTIVITA' DI RICERCA E SVILUPPO NELLE IMPRESE:


Nelle realtà aziendali, una delle naturali fonti dell'innovazione è costituita dall
impegno e dagli investimenti in Ricerca e Sviluppo dell'impresa.
La ricerca di base :finalizzata all’ampliamento della conoscenza scientifica, non ha
un obiettivo preciso e definito a livello di prodotto o processo produttivo;
La ricerca applicata : mirata alla creazione di nuove conoscenze per la generazione
di un nuovo prodotto o processo (utilizzando la ricerca di base oppure altre
conoscenze);
Sviluppo: consiste nella effettiva realizzazione di un nuovo prodotto o processo.

Numerosi studi hanno dimostrato che la R&S è la principale fonte interna di


innovazione, correlata positivamente al tasso di aumento dei ricavi di un'impresa.
Pertanto, l'approccio alla R&S si è evoluto nel corso del tempo, infatti:

– 1950/1965 = approccio “SCIENCE PUSH” : l'innovazione presenta un


percorso lineare in cui le fonti principali di innovazione erano le “ricerche
scientifiche” che venivano poi tradotte in applicazioni commerciali
dall'impresa.
– 1965/2000= approccio “DEMAND PULL” : l'innovazione è guidata dalla
domanda degli utilizzatori che indirizzano i ricercatori verso lo sviluppo di
nuovi prodotti , nel tentativo di rispondere ai suggerimenti/problemi sollevati
dal cliente.
– Oggi = approccio “IN HOUSE” : ovvero realizzata all'interno
dell'organizzazione , compresa la ricerca di base relazionandosi con i potenziali
utilizzatori, con un network esterno di imprese , e con altre fonti esterne di
informazione scientifica e tecnica (università, centri di ricerca pubblici etc.).
La R&S in-house contribuisce a costruire la capacità di assorbimento
dell’impresa consentendo un apprendimento e un uso più efficace della
conoscenza acquisita da fonti esterne. Le fonti di innovazioni interne ed esterne
sono complementari.

La maggior parte degli studi recenti ha rilevato che l’innovazione non è un processo
così semplice e lineare, ma che invece può scaturire da molteplici fonti e seguire
molti percorsi di sviluppo differenti.
Spesso infatti, le imprese formano:
-collaborazioni con clienti, fornitori , produttori o università locali
-collaborazioni con concorrenti e produttori di beni complementari: i beni
complementari di un'altra impresa sono parte del prodotto e ne determinano il
successo e la riuscita (es. cassetta e videoregistratore).
In caso di concorrenti multipli – ovvero di imprese che si confrontano in più aree di
business – il confine tra concorrenti e produttori di beni complementari diventa vago.(Ad
esempio, Kodak e Fuji sono concorrenti nel mercato delle pellicole fotografiche. Fuji
però rappresenta anche un produttore di un bene complementare per Kodak nel mercato
delle macchine fotografiche.)
-UNIVERSITA' E RICERCA CON FINANZIAMENTI PUBBLICI :
Lo Stato finanzia differenti forme di innovazione tra cui:
UNIVERSITA': Molte università stimolano il corpo docente ad intraprendere attività
di ricerca che possano condurre a innovazioni utili. Di solito , la proprietà
intellettuale di un'università comprende innovazioni sia brevettabili sia non
brevettabili : l'università conserva l'esclusiva sui diritti di commercializzazione
dell'innovazione, e se un'invenzione riscuote successo commerciale, condivide i
proventi con i singoli inventori. Per favorire tutto ciò , molte università hanno istituito
delle strutture chiamate a favorire il trasferimento tecnologico. Le università
forniscono inoltre un , un contributo significativo all'innovazione mediante la
pubblicazione dei risultati delle ricerche, frutto degli sforzi dei ricercatori.

ENTI DI RICERCA E INCUBATORI DI IMPRESE: I governi di molti Paesi


investono attivamente nella ricerca con la creazione di laboratori, science parks e
incubatori di imprese (quando i parchi scientifici sono dedicati in particolar modo alla
creazione e allo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali, prendono il nome di
“incubatori di imprese” che concorrono ad attenuare i rischi di imperfezioni del
mercato,valido soprattutto per le innovazioni che presentano un elevato grado di
incertezza) oppure finanziando enti di ricerca pubblici e privati.

ORGANIZZAZIONI PRIVATE NO-PROFIT: a questa categoria appartengono gli


istituti di ricerca privati, gli ospedali no profit, le fondazioni private, le associazioni
professionali o tecniche , i consorzi accademici o industriali e le associazioni
imprenditoriali. Molte tra loro svolgono programmi di ricerca e sviluppo con
l'approccio “in house”.
I NETWORK COLLABORATIVI :
La ricerca collaborativa è impostata secondo formule quali la joint venture , la
concessione di licenze , le associazioni di ricerca, i programmi di ricerca congiunti
finanziati dallo Stato , i network per lo scambio di conoscenze tecniche e scientifiche.
Tutto ciò assume un'importanza particolare nei settori hi-tech , dove è raro che un
singolo individuo o una sola organizzazione possa disporre di tutte le risorse e le
capacità necessarie a sviluppare e realizzare un'innovazione rilevante.

CLUSTER TECNOLOGICI: un cluster tecnologico è una rete di imprese connesse


fra loro e di istituzioni associate , concentrate territorialmente (la prossimità
geografica riveste un ruolo decisivo) operanti in determinati campi, dove competono
e al tempo stesso cooperano , collegate da elementi di condivisione e
complementarità.
I benefici che le altre imprese possono cogliere decidendo di localizzarsi in
prossimità di altre imprese sono definiti come economie di agglomerazione.
L'intensita del processo di dustering (concentrazione territoriale delle attività)
dipende da fattori come :
– la natura della tecnologia, determinata dalla base delle conoscenze necessarie
al suo sviluppo;
– le caratteristiche del settore , come il grado di concentrazione del mercato o lo
stadio del ciclo di vita
– il contesto culturale della tecnologia, ossia la densità delle risorse umane
specializzate o da clienti esigenti, o le differenze nazionali nelle modalità di
finanziamento o di protezione della tecnologia.

SPILL-OVER TECNOLOGICI: si manifestano quando i benefici delle attività di


ricerca di un'impresa (o di un cluster , o di una regione) , si riversano su altre imprese
(istituzioni, cluster, regioni etc.) . gli spill-over perciò rappresentano delle esternalità
positive dell'impegno nella ricerca e sviluppo.
Lo spill-over dei benefici della R&S dipende anche dall'efficacia dei meccanismi di
protezione dell'innovazione , quali i brevetti, il copyright e il segreto industriale.

*knoweledge broker : sono individui o organizzazioni che trasferiscono informazioni


da un contesto ad un altro.
CAPITOLO 3 : FORME E MODELLI
DELL'INNOVAZIONE

Le innovazioni tecnologiche vengono spesso classificate secondo categorie


contrapposte e ,di norma, vengono adoperate 4 dimensioni di classificazione :
1)in base alla natura dell'innovazione = di Prodotto o di Processo
2)in base all'intensità e al grado di ampiezza = innovazioni radicali , incrementali
3) in base all'effetto esercitato sulle competenze possedute dall'impresa=
competence enhancing, competence destroying
4)in base al suo ambito di destinazione = innovazioni architetturali, innovazioni
modulari.
INNOVAZIONE DI PRODOTTO ED INNOVAZIONE DI PROCESSO:

INNOVAZIONI DI PRODOTTO : sono incorporate nei beni o servizi realizzati da


un'impresa (cambiamenti in COSA viene offerto). L'obiettivo è quello di creare nuovi
business o rafforzare quelli esistenti.
Innovazione di prodotto basata su differenziazione:
Innovazione come miglioramento di tecnologie e caratteristiche esistenti
Differenziazione su packaging, prezzi, servizi complementari
Innovazione di prodotto basata su nuove architetture
Nuove combinazioni di tecnologie esistenti sono applicate e combinate per
creare ‘nuovi ‘ prodotti e servizi o nuovi segmenti di mercato
Innovazione di prodotto basata sulla tecnologia
Nuove soluzioni a problemi esistenti: l’innovazione è guidata dall’adozione di
una nuova tecnologia capace di sconvogere i livelli standard di performance
Innovazione di prodotto complessa
Sia la tecnologia che i mercati sono nuovi e co-evolvono

INNOVAZIONI DI PROCESSO : sono dei cambiamenti nelle modalità in cui


un'impresa svolge le sue attività, relativi ad esempio alle tecniche di produzione o al
marketing dei propri beni o servizi. Le innovazioni di processo sono spesso orientate
al miglioramento dell'efficacia o dell'efficienza dei sistemi di produzione e
possono consistere nella riduzione dei difetti di fabbrica o nell'aumento di una
produzione in una determinata unità di tempo. (cambiamenti in COME viene offerto)

ES. I prodotti della Ferrero sono realizzati attraverso processi produttivi a elevata complessità
tecnologica ; l'innovazione si estende dalla selezione delle materie prime alla sperimentazione di
nuove tecniche , dai processi produttivi al confezionamento.
Ferrero dedica pertanto una porzione cospicua dei suoi investimenti allo sviluppo di innovazioni
tecnologiche e organizzative da introdurre lungo le linee di produzione. Molti dei suoi brevetti
registrati tutelano proprio i processi di produzione industriale.

Spesso le innovazioni di prodotto e di processo sono simultanee, e fra loro collegate.


In primo luogo , un nuovo processo può consentire la realizzazione di nuovi prodotti .
In secondo luogo, nuovi prodotti possono determinare lo sviluppo di nuovi processi.
Da ultimo, un'innovazione di prodotto introdotta da un'impresa può rivelarsi al
contempo un'innovazione di processo per un'altra azienda.
Sebbene le innovazioni di prodotto spesso siano più visibili delle innovazioni di
processo, entrambe le tipologie rivestono un'importanza fondamentale nel sostenere
la competitività di un'impresa.
INNOVAZIONI RADICALI ED INNOVAZIONI INCREMENTALI :

Questa distinzione è basata sulla distanza dell'innovazione da un prodotto o un


processo preesistente (indica cioè il grado di novità e di differenziazione).

INNOVAZIONI RADICALI: le innovazioni radicali per eccellenza dovrebbero


presentare un carattere di novità assoluta e risultare differenti in modo significativo
dai prodotti e dai processi produttivi già esistenti, che vengono mandati in
obsolescenza dalla nuova innovazione scardinante . (i prodotti di telecomunicazione
wireless sono un ottimo esempio di innovazione radicale, rappresentando una rottura
con i prodotti o i processi già esistenti). Il carattere radicale di un'innovazione viene
talvolta definito anche in termini di rischio.

INNOVAZIONI INCREMENTALI: le innovazioni incrementali invece, non


presentano caratteristiche particolarmente nuove o originali , possono essere già note
all'interno dell'impresa o del settore , e consistono in cambiamenti marginali o in
lievi adattamenti di soluzioni preesistenti (comporta miglioramento di processo,
prodotto o servizio rispetto ad un design dominante).
Esempio di innovazioni incrementali è ad esempio l'introduzione di un piano
tariffario che prevede più minuti di conversazione gratuiti nei weekend.

La stessa innovazione radicale per un'azienda , potrebbe risultare incrementale per


un'altra (es. Kodak e Sony con l'introduzione delle macchine fotografiche digitali nel
mercato dell'elettronica).

INNOVAZIONI COMPETENCE ENHANCING E


COMETENCE DESTROYING

INNOVAZIONE COMPETENCE ENHANCING: consiste in un'evoluzione della


base di conoscenza preesistente (Es. Microprocessori Intel riprendono la tecnologia
del modello precedente. Quindi, ciascuna generazione incorpora un’innovazione, ma
fa leva sul patrimonio di conoscenze Intel, che acquisisce così un valore sempre
crescente).

INNOVAZIONE COMPETENCE DESTROYING: la nuova tecnologia non


scaturisce delle competenze già possedute , anzi le rende addirittura inadeguate.
( es.regoli calcolatori)
INNOVAZIONI ARCHITETTURALI E MODULARI

Un'innovazione può implicare una modifica dei singoli componenti , della struttura
generale (l'architettura) entro la quale operano i signoli componenti, o di entrambi.

INNOVAZIONE MODULARE : prevede cambiamenti di uno o più componenti


senza modifiche sostanziali alla configurazione generale del sistema .

INNOVAZIONE ARCHITETTURALI: consiste in un cambiamento della struttura


generale del sistema o del modo in cui i componenti interagiscono tra loro.
La maggior parte delle innovazioni architetturali comporta, però, dei cambiamenti del
sistema che si ripercuotono sul progetto nel suo complesso, implicando modifiche nei
componenti e non solo dei meccanismi di interazione. Spesso le innovazioni
architetturali esercitano profonte e complesse influenze sui concorrenti e sugli
utilizzatori di quella tecnologia. L'introduzione o l'adozione di un'innovazione
architetturale comporta un'ampia conoscenza dei meccanismi che governano le
relazioni e le interazioni tra le varie parti all'interno del sistema; l 'impresa deve
essere in grado di comprendere come interagiscono gli attributi di ciascun
componente e in che modo un cambiamento di determinate caratteristiche possa far
scattare il bisogno di modificare il progetto del sistema nel suo complesso o di
qualcuna delle sue parti.
IL PROCESSO INNOVATIVO
E LE CURVE TECNOLOGICHE A S

PROCESSO INNOVATIVO: Processo centrale per l’impresa che implica il rinnovo


di ciò che essa offre al proprio mercato target ed al modo in cui lo produce e lo
distribuisce, al fine di ricavare profitto.

E' importante gestire il processo innovativo in quanto:


85% delle nuove idee non vengono mai commercializzate • 60% dei progetti di R&S
sono dei fallimenti • 40% dei prodotti di consumo e dei servizi sono degli insuccessi •
40% delle joint ventures tra le imprese sono dei fallimenti • 20% dei nuovi prodotti
industriali e dei servizi sono dei fallimenti.
INNOVAZIONE COME PROCESSO GESTIONALE

IL PROCESSO INNOVATIVO: FASI ED ATTIVITA'

1-Audit dell'ambiente (micro e macro) rilevante per l'organizzazione. Si


individuano fonti/opportunità di innovazione (attività di ricerca, pressioni legislative,
azioni dei concorrenti, etc.).
2-Selezione delle opportunità di innovazione. Nessuna organizzazione può fare tutto,
si devono chiaramente definire le attività su cui impegnare risorse.
3-Individuazione delle risorse (umane, finanziarie, tecnologiche, etc.) da destinare al
processo innovativo. Si può trattare di un semplice problema di make or buy, o può
richiedere una ricerca estensiva per individuare la natura e la quantità delle risorse da
destinare a tale processo.
4-Sviluppo e realizzazione dell’innovazione dall’idea fino al lancio sul mercato del
nuovo prodotto/servizio, o all'implementazione del nuovo processo all’interno
dell’organizzazione.
5-Esame delle fasi precedenti al fine di imparare dalle proprie esperienze di
successo/fallimenti.(attivazione di processi di learning)
IL PROCESSO INNOVATIVO : IL CICLO DELL'APPRENDIMENTO

Le caratteristiche del processo innovativo che lo rendono instabile sono:


- l'INCERTEZZA che può essere primaria (eventi casuali) o secondaria (mancanza di
comunicazione);
- la PATH DEPENDENCY: le innovazioni possono avvenire nelle “vicinanze
tecnologiche” dei successi precedenti;
- la NATURA CUMULATIVA: le innovazioni procedono cumulativamente lungo il
percorso tecnologico;
- l'IRREVERSIBILITA': le nuove tecnologie sostituiscono le precedenti;
- l'INTERRELAZIONE con determinati sottosistemi (il legame con altre tecnologie,
assets complementari e utilizzatori devono essere curati);
- lo STICKINESS: la conoscenza nelle organizzazioni è spesso tacita e questo rende
difficile il trasferimento tecnologico;
- l'IMITABILITA': le innovazioni sono facili da imitare. L’investimento in attività
innovative non porta necessariamente all’appropriabilità dei possibili ricavi.

Per attuare il processo innovativo bisogna guardare ad alcuni aspetti come:


- la dimensione delle imprese innovative (o Generalmente grande nel settore chimico,
aeronautico, automotive, della lavorazione dei materiali, e dei prodotti elettronici;
piccola nel settore dei macchinari, del software e della strumentazione);
- l'obiettivo dell'innovazione (o Generalmente innovazioni di prodotto nel campo
farmaceutico e dei macchinari; Innovazioni di processo nel settore dell’acciaieria;
entrambi nel settore automobilistico);
- la tipologia dei prodotti (se sono più sensibili al prezzo o alla performance);
- le fonti di innovazione utilizzate (o Fornitori di macchinari e di altri mezzi produttivi
nel settore agricolo e nel settore manifatturiero tradizionale (tessile); clienti nei settori della
strumentazione, dei macchinari, del software; attività di R&D interna nell’industria chimica
etc.)
LA STRATEGIA PER L'INNOVAZIONE

La strategia dell'innovazione deve ricollegarsi alla strategia aziendale (corporate


strategy) e abbiamo 4 diversi APPROCCI per attuarla:
1. APPROCCIO RAZIONALISTA (anni 60-70): questo è un approccio che riflette
la realtà dei fatti studiando le relazioni causa-effetto e stimolo-risposta. Sono
metodologie e tecniche di lungo periodo.
Si parla di MODELLI LINEARI che si dividono a loro volta in due tipologie:
- TECHNOLOGY PUSH (ricerca di base → ricerca applicata → sviluppo →
marketing e vendita);
- DEMAND PULL (fabbisogni della clientela → sviluppo → produzione →
marketing e vendita);
Nel primo caso le opportunità vengono colte in base alle ricerche che si producono
internamente mentre nel secondo caso è il mercato a segnalare nuovi bisogni e ad
ispirare l'innovazione.
Limiti dell'approccio razionalista:
1. Suddivisione dei processi in fasi sequenziali con la conseguente difficoltà di
individuare i confini tra le singole fasi;
2. Sono essenzialmente unidirezionali e non tengono conto dei feedback;
3. Rappresentano processi di grossa rilevanza.

I 3 principali step dell'approccio razionalista sono:


1.Descrivere,comprenere e analizzare
l'ambiente;
}
2. Formulazione di un piano d'azione;Lo strumento utilizzato è la SWOT analysis*
3.Esecuzione del piano definito;

*SWOT ANALYSIS=individuazione dei punti di forza/debolezza alla luce delle


opportunità e minacce dell’ambiente esterno.

Ciò che caratterizza l'approccio di base sono:


- le unità di analisi (all'interno della stessa impresa);
- le ipotesi di base (sviluppate attraverso l'identificazione di forza/debolezza in base
all'esperienza);
– l'obiettivo primario della strategia che è quello di aiutare l'impresa ad avere
coscienza delle dinamiche del mercato e a svolgere coerentemente gli obiettivi
e le azioni, con una certa attenzione al LUNGO PERIODO .
2. APPROCCIO INCREMENTALISTA (prima età degli anni 80): questo
approccio consente al management di avere maggiore flessibilità con processi che, se
necessario, incrementano l'utilizzo di attività e risorse in modo dinamico,
rispecchiando i cambiamenti del mercato;
3. APPROCCIO PORTERIANO (seconda metà anni 80, prima metà anni 90): la
strategia viene intesa come opzione scelta in funzione dei risultati ottenuti con
l'analisi del settore;
4.APPROCCIO EVOLUTIVO (seconda metà anni 90) : il focus si pone sulle
risorse interne e sulla capacità propria dell'impresa: •La conoscenza, con i suoi aspetti taciti
ed espliciti •L’apprendimento, come processo di accumulazione di conoscenza •Le competenze,
proprietà emergenti dell’impresa, risultato di processi di apprendimento e di accumulazione di
conoscenze.

Possiamo dividere l'approccio evolutivo in:


- STRATEGIA INNOVATIVA BASATA SULLE DINAMYC CAPABILITIES
dove le dimensioni sono:
1. processi manageriali ed organizzativi dell'impresa;
2. posizione competitiva attuale rispetto a prodotti/processi/tecnologie e contesto
nazionale;
3. traiettorie di sviluppo tecnologico.
L'attenzione si focalizza sulla conoscenza, l'apprendimento e le competenze come
risultati di processi di apprendimento.
- APPROCCIO DI TIPO SISTEMICO: qui abbiamo MODELLI DINAMICI che
sono:
– COUPLING: (Fabbisogni della società e del mercato) processo di innovazione
come successione di attività funzionali interdipendenti che valorizzano le
interazioni e i feedback tra le diverse funzioni aziendali;
– SYSTEM INTEGRATION AND EXTENSIVE NETWORKING:
l'innovazione viene vista come un processo multifattoriale che richiede elevati
livelli di integrazione, intra e inter aziendale, favorendo
l'INTEGRAZIONE A MONTE con i fornitori e A VALLE con i consumatori,
molta enfasi sulle relazioni e sugli accordi.
LE TRAIETTORIE TECNOLOGICHE E LA CURVA A “S”

E'stato osservato che sia il tasso di miglioramento della performance di una


tecnologia, sia il suo tasso di diffusione nel mercato tendono a seguire un andamento
graficamente riproducibile con una curva a S.

CURVE A “S” DEL MIGLIORAMENTO TECNOLOGICO:


Se osserviamo il processo di miglioramento della performance, osserviamo che
inizialmente l'andamento è lento , man mano accelera ed infine rallenta nuovamente
fino a declinare.
Nella fase iniziale: il miglioramento della performance è lento perchè i princìpi di
base della tecnologia sono stati compresi ancora in modo parziale.
Seconda fase: quando i ricercatori e l'organizzazione nel suo complesso, hanno
acquisito una conoscenza più approfondita della tecnologia, il miglioramento
incomincia ad essere più rapido. Durante lo sviluppo, l'attenzione è posta in tutte
quelle attività che producono i maggiori miglioramenti a parità di impegno ,
garantendo un rapido incremento della performance.
Terza fase: a un certo punto il rendimento delle risorse e delle energie impegnate per
lo sviluppo della tecnologia comincia a decrescere , e quando la teconlogia si
avvicina al proprio limite naturale , il costo marginale di ciascun miglioramento
aumenta, mentre la curva tende ad appiattirsi.

Non sempre le tecnologie raggiungono i propri limiti, perchè già prima


potrebbero essere rimpiazzate dall'avvento di una nuova tecnologia. In questo
caso si dice che avviene una DISCONTINUITA' TECNOLOGICA
Un'innovazione tecnologica si dice discontinua, quando risponde a una richiesta di
mercato simile a quella già soddisfatta da una tecnologia preesistente, partendo però
da una base di conoscenze completamente nuova. (es. dalla riproduzione con carta
carbone alle fotocopie, dai dischi in vinile ai compact disc etc.)
Inizialmente, il rendimento degli sforzi adottati per lo sviluppo di una nuova
tecnologia, risulta inferiore a quello degli investimenti destinati al miglioramento di
una tecnologia già esistente, e le imprese sono solitamente restìe ad abbandonare una
tecnologia già conosciuta ed adottata da tempo per passare a una tecnologia nuova o
non familiare. Tuttavia, se la nuova tecnologia presenta una curva a S più ripida,
ovvero con un tasso più rapido di miglioramento delle prestazioni , oppure raggiunge
un limite di performance più elevato, vi è un punto dal quale il rendimento che
proviene dagli investimenti nella nuova tecnologia cominciano a superare il
rendimento degli investimenti adottati per la tecnologia già conosciuta.

Di norma, le imprese quando entrano per la prima volta in un settore , tendono ad


optare per una tecnologia discontinua, mentre le aziende già presenti sul mercato,
devono decidere se tenere ancora in vita la tecnologia attuale, oppure investire nel
passaggio ad una nuova tecnologia.

LE FONTI DELLE DISCONTINUITA' TECNOLOGICHE POSSONO ESSERE:


– Creazione di nuovi mercati/ segmenti di mercato
– Nuova tecnologia in senso stretto (PC, conservazione a freddo, elettricità,
farmaceutica, immagini in digitale, telefonia mobile)
– Cambiamenti geo- politici (caduta URSS, apartheid in Sud Africa, ingresso
della Cina nella WTO, globalizzazione)
– Deregulation (liberalizzazioni, privatizzazioni, caduta monopoli: energia,
telefonia, ecc.)
– Gruppi di pressione (McDonalds e obesità, BigTobacco e guerra al fumo,
compagnie petrolifere e surriscaldamento globale)
– Demografia
– Eventi non immaginabili (11 settembre; Fukushima)
– Innovazione del business model (Toyota, Ryanair, Amazon, Zara, Internet
banking)
– Paradigmi /Innovazioni di sistema (Rivoluzione industriale, produzione di
massa, ICTs)
CURVE A S E DIFFUSIONE DI UNA NUOVA TECNOLOGIA
L’andamento della curva a S è collegato alla cosiddetta curva di diffusione di una
tecnologia. Le curve a S della diffusione di una tecnologia esprimono il rapporto tra il
numero complessivo degli utilizzatori di una tecnologia e il tempo.In
tempo. una fase
iniziale, quando la tecnologia ancora poco conosciuta viene introdotta nel mercato,
l’adozione è lenta. Poi, quando gli utilizzatori ne acquisisco una comprensione più
approfondita, si diffonde nel mercato di massa così da far aumentare il tasso di
adozione. Infine, quando il mercato tenderà a saturarsi, il tasso di nuove adozioni
comincerà a diminuire. (es. le calcolatrici)

Se una tecnologia determina un miglioramento significativo rispetto alle soluzioni


esistenti, perchè alcune imprese decidono di adottarla solo a distanza di tempo?
Per la complessità delle conoscenze alla base delle nuove tecnologie.

Infine, dovrebbe essere chiaro che le curve a S che descrivono la diffusione di una
tecnologia, sono in parte una funzione delle curve a S tracciate dal processo di
miglioramento della tecnologia : al crescere del suo grado di perfezionamento , i suoi
benefici diventano più evidenti e la sua utilità si manifesta con maggiore chiarezza
agli utilizzatori potenziali, incoraggiando così il processo di adozione. Gradualmente,
i rischi associati all’utilizzazione di una nuova tecnologia si attenuano (mentre i costi
di utilizzo diminuiscono), rendendone possibile l’adozione da parte di segmenti di
mercato sempre più ampi.
CURVE A S COME STRUMENTO DI PIANIFICAZIONE :
I manager possono avvalersi ai modelli con curva a S per:
1.Prevedere quando una tecnologia raggiungerà i suoi limiti;
2.Decidere se e quando passare a una tecnologia innovativa o radicale.

LIMITI DELLA CURVA:

1) è raro che si conoscano in anticipo i limiti effettivi di una tecnologia, spesso le


imprese esprimono opinioni e percezioni divergenti riguardo a quali limiti
saranno raggiunti;
2) lo forma a S non è applicabile a ciascun processo di innovazione tecnologica.
Cambiamenti inattesi nel mercato, innovazioni nei componenti o tecnologie
complementari , possono accorciare o allungare il ciclo di vita di una
tecnologia. Inoltre, le imprese possono prolungare il ciclo di vita
intraprendendo nuovi percorsi di sviluppo, oppure rinnovando l'architettura
della tecnologia;
3) i benefici associati al passaggio a una nuova tecnologia, dipendono anche da
tanti altri fattori tra cui : -vantaggi offerti dall'innovazione, -capacità della
nuova tecnologia di integrarsi con le competenze possedute dall'azienda,
-la capacità della nuova tecnologia di adattarsi al quadro delle risorse
complementari d'azienda , - il tasso di diffusione previsto per la nuova
tecnologia.
LA DIFFUSIONE DELL'INNOVAZIONE E LE CATEGORIE ADOTTANTI:
La curva di diffusione della tecnologia è funzione delle categorie adottanti e dai
loro tempi di adozione (Rogers, 1995)
Si prende in considerazione il differente tempo di adozione di quella tecnologia da
parte di segmenti di mercato che differiscono per : valore attribuito all'innovazione,
per propensione al rischio e alla sperimentazione, per grado di coinvolgimento.

1.Innovatori(2,5 %): sono i primi “coraggiosi” ad adottare l’innovazione, non


temono la complessità e l’incertezza, dispongono, nella maggior parte dei casi, di
consistenti risorse finanziarie, rappresentano il “canale” attraverso cui le nuove idee
si diffondono nella società.

2.Primi Adottanti(13,5 %): sono ben integrati nel sistema sociale, esercitano una
forte influenza sul comportamento di amici e colleghi, sono i “guru” a cui le persone
si rivolgono per avere informazioni e consigli affidabili, fungono da “evangelist” del
nuovo prodotto.

3.Maggioranza Anticipatrice(34 %): sono persone che godono di numerose relazioni


sociali, sono piuttosto lenti e prudenti, anticipano di poco il consumatore “medio”,
non hanno una particolare influenza sugli altri;

4.Maggioranza Ritardataria(34 %): sono gli individui scettici verso l’innovazione,


adottano il nuovo prodotto per la pressione sociale degli altri, dispongono di minori
risorse finanziarie e attendono l’attenuazione dell’incertezza del nuovo prodotto (o
della nuova tecnologia).

5.Ritardatari(16 %): non sono mai “opinion leader”, basano le proprie decisioni più
sulle esperienze passate che sulle influenze delle reti sociali, sono estremamente
scettici verso l’innovazione (e verso gli innovatori), adottano un nuovo prodotto solo
quando hanno la certezza della sua utilità.
I CICLI TECNOLOGICI:

Il cambiamento tecnologico spesso segue un modello ciclico. Dapprima vi è un


periodo iniziale di turbolenza, subito seguito da un rapido miglioramento , in seguito
si registra una fase di andamenti decrescenti che si chiude infine con il superamento e
la sostituzione della tecnologia , tutti effetto conseguenziali di una discontinuità
tecnologica. Shumpeter ha definito questo processo “distruzione creativa”
riconoscendo in esso il motore propulsore del progresso di un'economia di mercato.
Utterback e Abernathy (1975) hanno elaborato un modello di analisi dell'evoluzione
tecnologica secondo il quale è stato osservato che il processo di innovazione
tecnologica attraversa un percorso costituito da una successione di fasi.
1° fase fase fluida , caratterizzata da una condizione di forte incertezza sia sulla
tecnologia sia sul suo mercato (prodotti e servizi basati sulla nuova tecnologia
potrebbero essere ancora grezzi o troppo costosi) ; in questa fase le aziende
sperimentano i differenti fattori di forma e le differenti combinazioni per incrociare le
soluzioni suggerite dai produttori e le esigenze manifestate dai clienti;
2°fase fase specifica, il progetto inizia a prender forma fino a quando emerge un
vero e proprio disegno o modello dominante che fissa i princìpi dell'architettura che
sostiene la tecnologia e collega in maniera specifica le innovazioni nei prodotti, nei
materiali e nei processi di produzione.
Il disegno dominante rappresenta un benchmark stabile per le imprese del settore,
consentendo ai produttori di rivolgere la propria attenzione all’aumento
dell’efficienza dei processi produttivi e ai miglioramenti incrementali del prodotto.
Con l’arrivo di una nuova discontinuità tecnologica il ciclo riparte. È raro che la
prima configurazione di uno standard, basato sulla discontinuità tecnologica nella sua
forma originaria, diventi il disegno dominante. Di solito, si assiste a un periodo nel
quale le aziende propongono una varietà di progetti tecnologici basati sulla stessa
innovazione e concorrenti tra loro, finché uno di questi non si impone come disegno
dominante. Raramente il disegno dominante racchiude in sé le caratteristiche più
innovative della nuova tecnologia disponibili al tempo in cui si afferma. Si tratta
piuttosto di una combinazione degli elementi e dei fattori più idonei a soddisfare i
requisiti imposti e le esigenze espresse dalla maggior parte di imprese e di
utilizzatori.
CAPITOLO 4 : CONFLITTI DI STANDARD E DISEGNO
DOMINANTE

Un esempio di conflitto di standard è quello relativo all'HD-DVD di TOSHIBA vs. il


Blue Ray di SONY.

Come evidenziato da Anderson e Tushman, il ciclo di vita di una tecnologia presenta


quasi sempre una fase in cui le imprese di un settore convergono verso un disegno
dominante. Una volta selezionato lo standard, i produttori ed i clienti concentrano i
propri sforzi sul miglioramento dell'efficienza nell'ambito della produzione , della
distribuzione, del marketing , abbandonando i percorsi di sviluppo di disegni o
modelli alternativi.

PERCHE' SI AFFERMA UN DISEGNO DOMINANTE?


L'affermazione di un DESIGN DOMINANTE è importante per 2 motivi:
- per l'esistenza di rendimenti crescenti associati alla diffusione di una nuova
tecnologia che li rende più sofisticati e l'utilità ed il valore della tecnologia
aumentano al crescere del numero degli adottanti, quindi man mano che cresce
l'utilizzo la tecnologia tende a migliorare. Inoltre , l'adozione e la diffusione di una
tecnologia generano di norma elevati margini di profitto che possono essere
reinvestiti nello sviluppo e nel miglioramento della tecnologia stessa.
L’utilizzo consente di acquisire una conoscenza più estesa, permettendo di migliorare
la tecnologia e le sue applicazioni. L’alto tasso di diffusione determina lo sviluppo di
assets complementari al servizio di quella tecnologia .
Due fra le fonti primarie dei rendimenti crescenti sono gli effetti dell’apprendimento
1(curva di esperienza) ed esternalità di rete 2;
- è un design le cui componenti principali non cambiano sostanzialmente da un
modello ad un altro.

1- GLI EFFETTI DELL'APPRENDIMENTO:


Con l'adozione di una tecnologia, l'espansione del volume d'affari genera profitti che
possono essere reinvestiti in ulteriori attività di sviluppo e di miglioramento della
tecnologia stessa. Inoltre, le imprese, mentre accumulano esperienza in una
determinata tecnologia, possono scoprire nuovi modi per incrementare la produttività
di quella tecnologia.
Un chiaro esempio degli effetti di apprendimento si riscontra attraverso la curva di
apprendimento (o curva di esperienza) : chi adopera una determinata tecnologia,
con l'accumulo di esperienza, impara a rendere il processo più efficiente, sviluppando
nuove soluzioni in grado di ridurre il costo dell'input ed aumentare la performance.
ESPERIENZA E CAPACITA' DI ASSORBIMENTO: le competenze e le capacità
acquisite dall'impresa nelle esperienze precedenti, possono accelerare il suo tasso di
apprendimento futuro , rafforzando la sua “capacità d'assorbimento” ovvero il
fenomeno per cui un individuo , quando è impegnato in processi di apprendimento
,incrementa la propria capacità di acquisire e assimilare informazioni.

ESTERNALITÀ DI RETE: molti mercati sono caratterizzati da esternalità di rete, o


esternalità positive derivanti dall'utilizzo di un bene che genera beneficio al crescere
degli utilizzatori (ciò accade soprattutto nelle reti fisiche come ad es. le reti
ferroviarie o di telecomunicazione). Il numero di utilizzatori di una particolare
tecnologia prende la denominazione di base di installazioni o base di clienti.
Inoltre , le esternalità di rete si manifestano anche per quei prodotti fortemente
influenzati dalla presenza di beni complementari (è il caso della Microsoft , che
avendo una larga base di clienti, ha attirato molti produttori di beni complementari ) .

GLI EFFETTI DELL'ADOZIONE DI UN DESIGN DOMINANTE :


– La creazione di mercati “winner-takes-all”(il vincitore “prende tutto”):
l’impresa (o un numero limitato di imprese) conquista una quota di mercato
totalitaria, una volta riuscita ad imporre il proprio modello o disegno
tecnologico, cogliendo l'opportunità di acquisire delle rendite di quasi-
monopolio , ma ha anche la possibilità di modellare l'evoluzione.
– Traiettorie tecnologiche con natura “path dependency” Eventi o circostanze
del passato, anche marginali, possono esercitare un’influenza significativa
sugli esiti finali di una scelta strategica, e che il futuro di un’impresa dipende
dal percorso seguito nel passato per giungere alla posizione attuale.
– Rilevanza di altri fattori indipendenti dal grado di superiorità tecnica
dell’innovazione (Arthur, 1989; Katz e Shapiro, 1986)

LE DIMENSIONI DEL VALORE :


Il valore di una tecnologia per gli acquirenti è multidimensionale.
Il valore stand-alone di una tecnologia può includere una serie di fattori, quali la
produttività o la semplicità, e naturalmente il suo costo. Nei settori caratterizzati da
rendimenti crescenti il valore sarà fortemente influenzato anche dalla base di
installazioni della tecnologia e dalla disponibilità dei beni complementari.
Nel valutare un prodotto o una tecnologia i clienti si basano su una combinazione di
informazioni oggettive e soggettive. Pertanto, le percezioni e le aspettative del cliente
rispetto a una tecnologia sono importanti tanto quanto il suo valore effettivo (e a volte
perfino più importanti).
Le imprese possono cercare di orientare le percezioni e le aspettative dei clienti
attraverso strategie di comunicazione e campagne pubblicitarie, annunciando ordini
di prenotazione, mediante accordi per la distribuzione del prodotto, e così via.
I rendimenti delle esternalità di rete (combinati con il valore dell’utilità
tecnologica determinano la soglia di quota di mercato da raggiungere perché una
tecnologia possa conquistare la posizione dominante. In alcuni settori è possibile
raggiungere il massimo livello di benefici generati dalle esternalità di rete anche con
una quota di mercato non maggioritaria, garantendo così la coesistenza di una
molteplicità di standard.
CAPITOLO 5 : LA SCELTA DEL TEMPO D'INGRESSO
NEL MERCATO
L’affermazione di un dominant design e lo sfruttamento dei rendimenti crescenti
generati dal processo di diffusione ed adozione della tecnologia possono essere
fortemente influenzati dalla scelta del tempo d’ingresso nel mercato (timing).
A influenzare la relazione tra il timing d'ingresso sul mercato e le probabilità di
successo, concorrono tanti vantaggi e svantaggi per il first mover.
Tuttavia, ad influenzare la relazione tra timing d’ingresso e probabilità di successo
concorrono tanti altri fattori.
I nuovi entranti in un mercato posson essere distinti in:
– First movers (pionieri): sono i primi ad offrire una nuova categoria di prodotto
o servizio;
– Early followers (entranti iniziali, o primi inseguitori) : si affacciano sul
mercato ancora in una fase iniziale senza però essere i primi;
– Late entrants (entranti ritardatari): si inseriscono quando il prodotto
incomincia a penetrare nel mercato di massa o addirittura in una fase
successiva.

VANTAGGI DEL FIRST MOVER:


Un first mover può riuscire a costruirsi una fedeltà di marca (brand loyalty) e una
reputazione di leader tecnologico, ad assicurarsi prima dei concorrenti le risorse
scarse e a trarre beneficio dagli switching cost che l’acquirente dovrà sostenere in
futuro in caso di passaggio a un nuovo fornitore. I first mover possono trarre ulteriori
vantaggi dai rendimenti crescenti da adozione del prodotto dovuti agli effetti della
curva di esperienza o alle esternalità di rete.
Andando a vedere più nel dettaglio , quindi:

-BRAND LOYALTY E LEADERSHIP TECNOLOGICA: l'impresa che introduce


per prima una nuova tecnologia ,può guadagnare una reputazione di lunga durata
quale leader in un determinato dominio tecnologico ; l'acquisizione di tale “status”
permette all'impresa di rafforzare la sua immagine, estendere la brand loyalty e
allargare la quota di mercato anche dopo l'introduzione di prodotti analoghi da parte
dei concorrenti.
La posizione di leadership tecnologica consente all'impresa di modellare le
aspettative del cliente riguardo alla forma, alle caratteristiche , al prezzo, cosi chè
quando gli altri operatori entreranno nel mercato, le esigenze particolari ed i bisogni
specifici del cliente saranno ormai ben consolidati.
Se le caratteristiche che un cliente si aspetta da una determinata tecnologia e da un
prodotto particolare risultano difficili da imitare, la posizione di leadership
tecnologica determina per l'impresa una rendita di monopolio.

-DIRITTO DI OPZIONE SU RISORSE SCARSE: le imprese che entrano nel


mercato per prime, godono di un vantaggio di prelazione nell'acquisizione di risorse
scarse , come una localizzazione in una posizione strategica, le concessioni
governative, l'accesso esclusivo ai canali di distribuzione o i rapporti privilegiati con
i fornitori.
-SFRUTTAMENTO DEGLI SWITCHING COST (Costi di passaggio)
DELL'ACQUIRENTE: il passaggio ad una tecnologia differente comporta dei costi
per il cliente , chiamati switching cost , che scoraggiano l'acquirente al passaggio
verso un prodotto alternativo. L'impresa che conquista i clienti in una fase embrionale
del ciclo di vita del mercato, potrebbe riuscirli a conservarli anche se saranno
introdotte in futuro tecnologie di valore superiore.

-VANTAGGI DEI RENDIMENTI CRESCENTI: in un settore caratterizzato da


rendimenti crescenti da adozione del prodotto, un'entrata “anticipata” nel mercato,
può conferire al first mover notevoli vantaggi, in quanto la tecnologia adottata nella
fase iniziale del ciclo di mercato , può incrementare il proprio potere di mercato
grazie ai meccanismi di feedback positivo, arrivando persino ad affermarsi come
disegno dominante.

SVANTAGGI DEL FIRST MOVER:


Alcuni studi affermano però che i first mover possano essere soggetti a tassi di
fallimento più elevati (circa il 47 %). Le imprese che entrano nel mercato per prime
devono sostenere maggiori costi di R&S e a volte devono confrontarsi con una
situazione di forte incertezza e ambiguità nel mercato: i consumatori difatti non
avranno ancora le idee chiare né avranno rivelato le proprie preferenze riguardo al
nuovo prodotto. I second mover, ovvero gli entranti successivi, invece, possono
usufruire dei risultati già raggiunti dal first mover, beneficiando degli sforzi condotti
dal primo entrante nella R&S e nel marketing, nonché realizzare una tecnologia con
minori costi di sviluppo e in grado di correggere gli errori compiuti dal first mover.
I first mover sono spesso costretti ad operare con mercati di fornitura e canali di
distribuzione ancora poco sviluppati e a scontare una scarsa disponibilità di beni
complementari; tali fattori rischiano di compromettere il successo del lancio del
nuovo prodotto o servizio. Anche le tecnologie abilitanti o di supporto potrebbero non
aver ancora raggiunto un grado soddisfacente di maturità mature, ostacolando o
pregiudicando la performance del prodotto.
In molti casi il principale svantaggio dei first mover è l’incertezza sulle esigenze dei
clienti, i quali spesso non hanno ancora stabilito quali caratteristiche o attributi
ricercare o desiderare in un nuovo prodotto. Non di rado l’impresa è costretta a subire
perdite significative prima di acquisire una maggiore e più solida conoscenza delle
preferenze del cliente.

-COSTI DI RICERCA E SVILUPPO: al termine del processo di sviluppo, l'impresa


avrà sostenuto non solo i costi relativi alla tecnologia introdotta, ma anche i costi di
sperimentazione. Ed ancora, i first mover dovranno assumere su di sé il fardello dei
costi di sviluppo sia dei processi di produzione ,sia dei beni complementari non
presenti nel mercato: tutto ciò comporta costi e rischi di non poco conto.
-SVILUPPO DEI CANALI DI FORNITURA E DISTRIBUZIONE : un altro
ostacolo non trascurabile è l'assenza o l'inadeguatezza del sistema di fornitori o
distributori esistenti. All'impresa che per prima introduce la tecnologia , spetta
l'ingrato compito di sviluppare e realizzare per proprio conto , i servizi di fornitura e
distribuzione , o almeno di contribuire allo sviluppo della filiera industriale a monte e
a valle.
-SVILUPPO DELLE TECNOLOGIE ABILITANTI E DEI BENI
COMPLEMENTARI: durante lo sviluppo di una tecnologia, spesso l'impresa si affida
ad altri operatori per la realizzazioen delle tecnologie abilitanti o di supporto
(enabling technology) . Al momento dell'introduzione nel mercato delle nuove
tecnologie, lo sviluppo di beni complementari “critici” potrebbe essere ancora in
corso , rallentando il processo di adozione dell'innovazione.

-INCERTEZZA NELLE CONDIZIONI DELLA DOMANDA : I first mover devono


affrontare spesso una notevole incertezza relativa alle preferenze e alle richieste del
mercato, poiché, in una fase embrionale del ciclo di vita del prodotto, l'impresa non
conosce ancora quali caratteristiche dell'innovazione desteranno un effettivo interesse
nei clienti , né quale prezzo questi potenziali clienti saranno disposti a pagare per
l'acquisto. Di conseguenza, a volte i first mover sono costretti a modificare l'offerta
iniziale di prodotto a mano a mano che il mercato comincia a rivelare le proprie
preferenze. I first mover hanno l'opportunità di indirizzare e plasmare le preferenze
del mercato , qualora siano in grado di stabilire un modello di riferimento per il
design del prodotto.

FATTORI CHE DETERMINANO LA STRATEGIA D'ENTRATA OTTIMALE:


Le scelte del tempo di ingresso ottimale è pertanto funzione di una serie di fattori, tra
cui il margine di vantaggio offerto dall’innovazione, il livello di sviluppo delle
tecnologie abilitanti e dei beni complementari, il grado di definizione delle
aspettative e delle preferenze del cliente, la minaccia di un ingresso nel settore di
nuovi concorrenti, la presenza di rendimenti crescenti e le risorse e le competenze a
disposizione dell’impresa.
Le imprese con processi di sviluppo a cicli veloci dispongono di più alternative nella
scelta del timing di ingresso. Esse non solo godono di un vantaggio come primi
entranti, introducendo l’innovazione tecnologica fin dalle prime fasi di sviluppo del
mercato, ma anche come fast follower, come inseguitore di se stesso, quando è in
grado in tempi brevi di proporre al mercato una versione perfezionata della propria
tecnologia (strategia= disporre di processi di sviluppo di nuovi prodotti a cicli veloci)

ESEMPI DI FIRST MOVER E FOLLOWER : I VINCITORI


Tastiere per macchine da scrivere:
Tastiera QWERTY (FM) e tastiera DVORAK (FW)
Pannolini “usa e getta”: Chux (FM) e Pampers di Procter&Gamble (FW)
Lettore mp3: MPMan F10 Saehan (FM) e iPod Apple (FW)
Macchine fotografiche istantanee: Polaroid (FM) e Kodak (FW)
Personal Computer: MITS Altair (FM) e IBM, Apple (FW)
Consolle per videogame: Magnavox (FM) e Nintendo, Atari (FW)
Sistemi operativi per PC: Digital Research (FM) e Microsoft (FW)
Browser Internet: NCSA Mosaic (FM) e Netscape, Microsoft Explorer (FW)
LA CESSIONE DI LICENZE TECNOLOGICHE :
Le decisioni sulla cessione di licenze tecnologiche sono vitali quando la tecnologia è
una fonte importante del vantaggio competitivo. Fermo restando che raramente le
provvigioni per le licenze compensano la perdita di vantaggio competitivo, ci sono
dei casi in cui cedere una licenza è strategicamente desiderabile:
Incapacità di sfruttare la tecnologia
• Accesso a mercati non disponibili
• Rapida standardizzazione della tecnologia
• Struttura debole del settore industriale
• Creazione di buoni concorrenti
• Ottenere altre licenze in cambio

L'APPROPRIAZIONE DEI BENEFICI DELL'INNOVAZIONE :


– Forza di brevetti e meccanismi legali di protezione dell’innovazione (*)
– Segreto industriale (Secrecy)
– protezione dell’innovazione di processo
– Controllo dei complementary assets (manufacturing capabilities, sales and
service expertise, brand name, distribution channels, customer relationships) -
Alleanze
– Regulation -
– Numero di attori presenti sul mercato
– Switching costs
– Lead time e complessità di prodotto
– Conoscenza tacita
– Consolidamento dello standard e curva dell’apprendimento
PARTE 2 :LE DIMENSIONI GESTIONALI
DELL'INNOVAZIONE – Elaborazione di una strategia di
innovazione tecnologica

CAPITOLO 6 : L'ORIENTAMENTO STRATEGICO


ALL'INNOVAZIONE
La formulazione di una strategia competitiva richiede:
1.L’analisi del contesto competitivo dell’impresa.
2.La valutazione delle forze e delle debolezze dell’impresa, delle fonti del suo
vantaggio competitivo, delle sue competenze distintive.
3.La definizione di un intento strategico ambizioso, una sifda competitiva condivisa
verso cui far convergere le risorse e l’impegno dell’organizzazione.
MA ANCOR PRIMA..
Il primo passo per la definizione di una strategia d’impresa coerente è la valutazione
dell’ambiente esterno. I due modelli d’analisi più comuni sono il modello delle
cinque forze di Porter e l’analisi degli stakeholder.
-MODELLO DI PORTER: Il modello di Porter consiste in una valutazione
dell’intensità di cinque forze competitive: il grado di rivalità o intensità
competitiva, la minaccia di potenziali nuovi entranti, il potere contrattuale dei
fornitori e dei clienti e la minaccia dei prodotti sostitutivi. Di recente Porter ha
aggiunto al modello anche una sesta forza, il ruolo dei prodotti complementari,
ovvero beni,servizi o risorse che rafforzano il valore di un prodotto.

1-grado di rivalità competitiva: influenzato in primis dal numero e dalle dimensioni


relative dei concorrenti ;maggiore è il numero di concorrenti maggiore sarà il grado
di rivalità . Ma va fatta eccezione per i mercati oligopolistici.
2-minaccia di nuovi entranti potenziali: questa minaccia è influenzata sia dal grado
di attrattività esercitata sui nuovi entranti da un determinato settore, sia dall'altezza
delle barriere all'entrata (es. elevati costi di start-up, le regolamentazioni vigenti, il
difficile accesso ai canali di distribuzione e fornitura).
3-il potere contrattuale dei fornitori: determinato dal numero e dal grado di
differenziazione dei fornitori , dal valore per il cliente dei prodotti acquisiti da un
determinato fornitore , così come dalla quota di prodotti venduti dal fornitore a un
determinato cliente , dagli switching cost (i costi di passaggio da un fornitore
all'altro) e dalla minaccia di integrazione verticale .
4-il potere contrattuale dei clienti: determinato dal numero e dal grado di
differenziazione degli acquirenti, dal valore dei prodotti venduti a un particolare
cliente e in modo analogo dalla porzione di prodotti acquistati da un dato fornitore ,
dalla minaccia di integrazione verticale.
5-la minaccia di prodotti sostitutivi :determinata dal numero di potenziali
alternative al prodotto ,dal grado di somiglianza della funzione che svolgono , dal
prezzo relativo.

ANALISI DEGLI STAKEHOLDER : L’analisi degli stakeholder consiste


nell’individuazione degli attori dello scenario che possiedono un interesse
nell’impresa e nell’analisi delle aspettative e delle potenziali rivendicazioni di
ciascuno.

L'ANALISI DELL'AMBIENTE INTERNO :


1.CATENA DEL VALORE DI PORTER
Nel condurre un’analisi dell’ambiente interno, il management incomincia spesso con
l’individuazione dei punti di forza e di debolezza che ricadono in ciascuna delle
singole attività della catena del valore. I risultati di questa analisi consentono di
individuare i punti di forza che potrebbero costituire una fonte di vantaggio
competitivo sostenibile.
2.CORE COMPETENCE: In un secondo momento, il management individua le core
competency dell’impresa, ossia le combinazioni equilibrate di capacità che
distinguono l’impresa all’interno del mercato sotto il profilo strategico . Ciascuna
unità di business può attingere a più core competency e, al contempo, più unità di
business condividere la medesima competenza chiave.
Per essere alla base di un vantaggio competitivo duraturo, devono essere rare , di
valore , durevoli, e difficili da imitare . A volte le core competency si trasformano in
rigidità-chiave, costituendo un vincolo che limita la capacità dell’impresa di
rispondere ai cambiamenti dell’ambiente di mercato. Le capacità dinamiche sono
competenze che consentono all’impresa di riconfigurare in breve tempo la propria
struttura o le routine organizzative in risposta ai cambiamenti dell’ambiente
competitivo delle opportunità del mercato.

L'INTENTO STRATEGICO:
L’intento strategico dell’impresa si identifica nella scelta di un obiettivo o di una serie
di obiettivi a lungo termine (10 o 20 anni) molto ambiziosi. L’intento strategico
dovrebbe essere ispirato alle core competency possedute dall’impresa, da potenziare e
sfruttare quanto più possibile, da estendere fino al limite, fino al raggiungimento delle
aspirazioni che hanno motivato l’intera organizzazione. Una volta definito l’intento
strategico, il management dovrebbe individuare le risorse e le capacità da sviluppare
o da acquisire per poterlo realizzare.
SLIDE 2 : L'INNOVAZIONE DI PRODOTTO E LA
GESTIONE DEL PROCESSO DI SVILUPPO DEL NUOVO
PRODOTTO

1. INNOVAZIONE DI PRODOTTO
Indica in COSA cambia l'OUTPUT e può essere:
- DI TIPO INCREMENTALE: cambia la struttura del prodotto introducendo attributi
o funzionalità nuovi;
- DI TIPO RADICALE: si sviluppa un prodotto nuovo e l'innovazione risulta
rivoluzionaria.

Innovazione di prodotto può essere:


- DI DIFFERENZIAZIONE: si migliorano le tecnologie e le caratteristiche esistenti e
la differenziazione può avvenire sui prezzi o sui servizi complementari (es. latte);
- DI ARCHITETTURA: Si applicano nuove combinazioni di tecnologie esistenti,
combinate per creare “nuovi prodotti/servizi” (es. elettronica);
- TECNOLOGICA: vengono applicate nuove tecnologie per risolvere problemi già
esistenti (es. auto ibride);
– COMPLESSA: si hanno tecnologie e mercati nuovi (es. industria
farmaceutica).

DEFINIZIONE DI PRODOTTO:
Il prodotto (servizio) è il risultato di un determinato processo ottenibile mediante il
pagamento di un certo corrispettivo.
Il prodotto è tradizionalmente classificato in accordo ad alcuni criteri:
Il prodotto è classificabile mediante alcuni parametri:
- DESTINAZIONE;
- DURATA;
- NATURA;
- DESTINATARI.

DESTINAZIONE
- Prodotti finali: (con competizione tra marchi) sono beni destinati a soddisfare
bisogni umani ed è caratterizzato da distruzione immediata e usura progressiva.
(business to consume); pertanto il bene non servirà più alla produzione ;
- Prodotti intermedi: (senza competizione tra marchi) il consumo di tali beni è un
momento del ciclo della produzione (business to business).
DURATA
- Prodotti durevoli: il consumo non corrisponde ad una distruzione immediata del
prodotto (es elettrodomestico);
- Prodotti non durevoli: si ha la distruzione immediata del prodotto con l'utilizzo (es.
alimenti).
DESTINATARI
- Prodotti/servizi individuali: l'uso del prodotto da parte di un individuo esclude un
altro individuo dal suo utilizzo (es. beni privati);
- Prodotti/servizi collettivi: sono beni che producono efficienze (esternalità positive
ed inefficienze (produzione non conveniente per privati e free riding) e più persone
utilizzano il prodotto nello stesso tempo; può essere il risultato di iniziative private
ma spesso di organismi pubblici.

NATURA
-Prodotti materiali: prodotto palpabili stoccabili e consumati dopo essere stati
prodotti
-Prodotti immateriali: non stoccabili, consumati prevalentemente nello stesso tempo
in cui sono prodotti (es. consulenza medica, know-how).

Concetto di prodotto-sistema
Aggregato di elementi ordinati per realizzare un obiettivo precedentemente definito;
combinazione di parti costituenti un tutto “complesso o unitario” .
Tale PRODOTTO-SISTEMA è scomponibile in sottosistemi aventi ciascuno una
propria funzione. Il SOTTOSISTEMA a sua volta può essere scomposto in
COMPONENTI e ancora in OGGETTI TECNICI-ELEMENTARI.
Schema di scomposizione : (prodotto-sistema → sottosistemi → componenti →
oggetti tecnici-elementari).
FUNZIONI DEL PRODOTTO
1. COMPLEMENTARI: tale funzione è necessaria per la soddisfazione del bisogno
principale (es. fotocamera del cellulare);
2. PRINCIPALI: funzioni per le quali il prodotto è stato concepito;
3. DI CONSTRIZIONE: la funzione è imposta dalla necessità di realizzare il prodotto
utilizzando le tecnologie disponibili;
4. LUDICHE: sono funzioni legate ad un bisogno particolare del cliente (es. comfort,
estetica);
5. DI VINCOLO: funzioni imposte da norme legislative e dai regolamenti in vigore.

IL PROCESSO DI SVILUPPO DEL PRODOTTO :


Si sviluppa essenzialmente su 6 fasi che coinvolgono in particolare ed in maniera
integrata le funzioni marketing, progettazione, industrializzazione ed operations.

Le fasi di sviluppo prodotto in una logica market-pull – il mercato “tira” le decisioni


di sviluppo prodotto
Fase 0. La pianificazione
Fase 1. Lo sviluppo del concept
Fase 2. La progettazione del sistema-prodotto
Fase 3. La progettazione di dettaglio
Fase 4. Collaudo e perfezionamento (prototipazione)
Fase 5. Ramp-up della produzione

FASE 0 → PIANIFICAZIONE
Questa fase precede l'approvazione del progetto e si ha il lancio del vero e proprio
processo di sviluppo del prodotto.
Si effettua un'ANALISI della DOMANDA DI MERCATO, elaborando i dati
provenienti dall'ambiente ed è legata alla strategia aziendale.
L'output di questa fase è la DICHIARAZIONE DEGLI OBIETTIVI DI PROGETTO,
FASE 1 → LO SVILUPPO DEL CONCEPT
Si identificano i bisogni del target di mercato, si generano e si valutano concept di
prodotto alternativi e si selezionano alcuni concept che verranno ulteriormente
sviluppati e testati. Spesso si sviluppano analisi dei prodotti concorrenti e un primo
budget di progetto.
Il concept è la descrizione della forma, delle funzioni e delle carattteristiche di un
prodotto.
FASE 2 → PROGETTAZIONE DEL SISTEMA-PRODOTTO
In questa fase si definisce l'architettura del prodotto, si scompone in sottosistemi,
componenti e oggetti tecnici-elementari e si progetta lo schema finale di montaggio.
L'output di questa fase è la definizione delle geometrie di massima del prodotto, le
principali specifiche di ciascun sottosistema e il diagramma di flusso preliminare di
montaggio.
Questa è la fase più delicata perchè si possono trasferire gli errori nelle altre fasi con
il pericolo di vedere lievitare i costi di produzione o progettare processi troppo lenti.
I PROBLEMI DELLA PROGETTAZIONE “CONVENZIONALE”:
1-la progettazione è lenta: Il prodotto/servizio arriva tardi sul mercato, quando i
concorrenti sono già saldamente posizionati. Il marketing deve sempre inseguire la
concorrenza; la produzione si trova a dover rincorrere miglioramenti già introdotti; i
ritorni finanziari lenti ritardano e impediscono il recupero degli investimenti.
2-la progettazione è miope : La progettazione è intesa come mera progettazione dei
prodotti e non si cura contemporaneamente la progettazione dei relativi processi e dei
servizi complementari che comprendono spesso le reali attività a valore necessarie
allo sviluppo e commercializzazione dei nuovi prodotti.
3-la progettazione è avulsa dal contesto aziendale: I “progettisti” sono un gruppo a
parte. Lavorano senza contatti con i loro clienti, finali ed interni e sulla base di
scarsissime informazioni provenienti dal mercato.
4-la progettazione non è focalizzata: Mancanza di linee guida chiare che indirizzino
i programmi di progettazione verso il rispetto degli obiettivi e delle funzionalità di
prodotto/servizio.
PER UNA PROGETTAZIONE EFFICACE:
-Lavorare in team inter-funzionali
-Sviluppo del concetto: per passare dall’idea al concetto sono necessari tre elementi:
forma, tecnologia, beneficio
-Progettazione simultanea (concurrent design)
-Approcci strutturati: il Quality Function Deployment (QFD), o “casa della qualità”

FASE 3 → PROGETTAZIONE DI DETTAGLIO


Questa fase include la definizione di specifiche complete per le geometrie, identifica
le parti da acquistare da produttori esterni e si progettano le attrezzature e i layout
necessari per la produzione.

FASE 4 → PROTOTIPAZIONE
Si ha la costruzione reale, si valutano i veri prototipi del prodotto e lo si collauda, e
tale prototipo dev'essere idoneo a soddisfare i consumatori.

FASE 5 → RAMP-UP DI PRODUZIONE


Il prodotto viene fabbricato da operai addestrati, seguendo il ciclo di produzione.
I primi esemplari del prodotto vengono forniti ad un gruppo di consumatori scelti
(feedback), e valutati per identificare eventuali difetti persistenti.
Il passaggio dal ramp-up al pieno impiego avviene in maniera graduale, fino ad
essere lanciato su larga scala.
PRODOTTI AD ALTA INTENSITA' DI PROCESSO
In alcuni settori industriali (specie in quelli chimici e alimentari, caratterizzati da
facile imitabilità), è impossibile scegliere tra INNOVAZIONE DI PRODOTTO e
INNOVAZIONE DI PROCESSO, poiché le 2 tipologie vengono sviluppate
simultaneamente perchè il processo di produzione influisce fortemente sulle proprietà
del prodotto (concurrent engineering).

L'ANALISI ECONOMICO-FINANZIARIA DEL PROGETTO DI


SVILUPPO PRODOTTO
Le categorie fondamentali di flusso di cassa per un tipico progetto di sviluppo di un
nuovo prodotto sono:
• I costi di sviluppo (tutti i costi rimanenti di progettazione, di collaudo e di
miglioramento fino alla fase di avvio della produzione).
• I costi di avvio della produzione.
• I costi di marketing e di supporto.
• I costi di produzione.
• I ricavi di vendita.

A ciò andrebbe aggiunta l’analisi di sensitività sui trade-off di progetto e analisi di


tipo if-then.

Quando si deve fare un’analisi economica?


L’analisi economica, che include sia l’approccio quantitativo sia quello qualitativo, è
utile in almeno due circostanze:
• Capisaldi tipo Va/non va (go/no-go milestone):nel momento in cui ci si trova di
fronte a scelte strategiche relative al prodotto, per esempio: conviene tentare di
sviluppare un prodotto indirizzato a una certa opportunità di mercato? Procediamo
con l’implementazione del concetto selezionato? Conviene lanciare il prodotto che è
stato sviluppato? Queste decisioni sorgono tipicamente alla fine di ogni fase dello
sviluppo.

• Decisioni operative di progettazione e sviluppo: le decisioni operative comprendono


domande come: Decisioni del tipo make or buy , utili al fine di valutare se sia più
conveniente sviluppare alcuni componenti in casa oppure gestirli in outsourcing.
Nell’ambito delle decisioni operative rientrano anche le scelte relative alla tempistica
del lancio del prodotto e le decisioni riguardanti le modalità di calcolo del costo pieno
di produzione.
Un’analisi eseguita all’inizio di un progetto va di solito aggiornata con le nuove
informazioni, in modo da non doverla rifare completamente ogni volta. In questo
modo l’analisi economica diventa uno dei sistemi informativi che il gruppo utilizza
per gestire il progetto di sviluppo. L’analisi economica può essere fatta da qualsiasi
membro del gruppo. Nelle piccole aziende sarà il capo progetto o uno dei membri del
gruppo ristretto che ne implementerà i dettagli. Nelle aziende più grandi, un
rappresentante della funzione finanziaria o della pianificazione potrà essere incaricato
di collaborare col gruppo per l’esecuzione dell’analisi. Conviene sottolineare che,
anche se la responsabilità dell’analisi economica viene assunta da un esperto, è
l’intero gruppo che la deve comprendere completamente e sentirsi coinvolto nella sua
formulazione e uso.
CONCLUDENDO :
Dall’analisi effettuata abbiamo potuto notare che i gruppi di sviluppo del prodotto
devono prendere molte decisioni nel corso del progetto di sviluppo. L’analisi
economica è uno strumento utile per supportare queste scelte.
• Il metodo consiste di quattro passi:
1. Costruire un modello finanziario
2. Eseguire un’analisi di sensibilità per comprendere le relazioni tra successo
finanziario, ipotesi fondamentali e variabili del modello.
3. Utilizzare l’analisi di sensibilità per comprendere le interazioni del progetto.
4. Considerare l’influenza dei fattori qualitativi sul successo del progetto.

• L’analisi quantitativa mediante l’utilizzo delle tecniche VAN è largamente


utilizzata. La tecnica forza il gruppo di sviluppo di prodotto a considerare
obiettivamente i propri progetti e le proprie decisioni. Come minimo il gruppo
è costretto a definire un bilancio e una tempistica realistica per il progetto. La
modellizzazione economica fornisce un metodo per comprendere
quantitativamente i principali generatori di profitto del progetto.
• Le tecniche quantitative come la modellizzazione e l’analisi finanziaria si
basano su ipotesi relative all’ambiente esterno. Questo ambiente è in continua
mutazione e può essere influenzato da decisioni dello stesso gruppo di sviluppo
o da altri incontrollabili fattori. Inoltre, l’analisi quantitativa, per sua natura,
considera solo quello che è misurabile, anche se molti fattori chiave che
influenzano il progetto sono molto complessi o incerti e quindi difficili da
quantificare.
• L’analisi qualitativa enfatizza l’importanza di questi aspetti di difficile
quantificazione chiedendosi specificatamente che interazioni vi siano tra il
progetto ed il resto dell’azienda, il mercato e l’ambiente macroeconomico.
• La tecnica quantitativa unita a quella qualitativa può aiutare a garantire che il
gruppo prenda decisioni di sviluppo economicamente valide.
Linee guida di progettazione per la produzione

GENERALI :
1.Progettare in funzione degli obiettivi di mercato e di costo
2.Minimizzare il numero delle parti e delle operazioni

PER LA QUALITA’ :
3.Assicurarsi che le esigenze del cliente siano note e progettare in modo tale da
soddisfarle
4.Assicurarsi che le capacità di processo – sia proprie che dei fornitori – siano note e
considerarle in fase di progettazione
5.Usare procedure, materiali e processi standard di qualità già conosciuta e dimostrata

DI LAVORABILITA’ :
6. Progettare componenti, elementi e moduli di servizio multifunzionali/multiuso
7. Progettare in modo da semplificare le operazioni di assemblaggio, separazione e
riassemblaggio
8. Progettare per avere un unico metodo di assemblaggio ed una movimentazione in
un solo senso
9. Evitare chiusure e connettori particolari
10. Evitare progetti “al limite” di prestazioni standard o non sicure.
SLIDE 3 -Parte a: MAPPATURA, ANALISI ,
PROGETTAZIONE E SELEZIONE DEI PROCESSI
-ANALISI DEI PROCESSI
-PROGETTAZIONE E SELEZIONE DEI PROCESSI
NELLE PRODUZIONI INDUSTRIALI
2. INNOVAZIONE DI PROCESSO
E' un aggregato di attività finalizzate al raggiungimento dello stesso obiettivo.
Le singole attività (TASKS) sono poste in essere all'interno dell'impresa per ottenere
un prodotto/servizio.

E' quindi una catena di attività attraverso le quali, partendo da determinati INPUT si
ottengono gli desiderati OUTPUT.
(INPUT → PROCESSO → OUTPUT)

Un'attività è una parte di un processo che non include decisioni e che quindi non è
utile scomporre ulteriormente (sebbene la scomposizione sia di per sé possibile). Le
attività, quindi, possono sostanziarsi in operazioni su oggetti fisici o informativi
oppure in una decisione assunta da un attore coinvolto nel processo.

COMPONENTI DI UN PROCESSO (7M):


1. MATERIALI → materie prime, semilavorati;
2. MANODOPERA → persone;
3. METODI → procedure operative;
4. MISURAZIONI → tecniche per raccogliere informazioni sulle prestazioni
dei processi;
5. MACCHINE → impianti;
6. MANUTENZIONE → cura delle componenti del processo (es. aggiornamento
software);
7. MANAGEMENT → gestione.
L'ORIENTAMENTO AI PROCESSI:

IL BUSINESS PROCESS REENGINEERING (BPR):


E’ un’analisi critica e radicale dei processi di business dell’organizzazione: una
riprogettazione degli esistenti processi di business per raggiungere miglioramenti
delle prestazioni aziendali all’interno e tra le diverse organizzazioni.
BPR consente di ottenere un miglioramento sostanziale delle prestazioni mediante la
riprogettazione dei processi di business.
IL BUSINESS PROCESS IMPROVEMENT (BPI) :
E’ un’analisi dei processi di business associata ad un’azione di miglioramento
incrementale e continua nel tempo.
BPI consente di mantenere tale miglioramento e di incrementarlo mediante
l’adeguamento dei processi ai mutamenti dell’ambiente esterno.

Il presupposto per rendere operativo il BPR è l’analisi e la ricostruzione dei processi


stessi (process mapping)
• Processi “Core”: attività principali dell’impresa
• Processi “Support”: di supporto ai processi chiave, spesso hanno clienti interni
• Processi “Business Network”: si estendono oltre i confini organizzativi,
coinvolgendo clienti e fornitori
• Processi “Management”: pianificano, gestiscono e controllano le risorse
-PROCESS MAPPING-

• Applicazione di una metodologia e procedimento rigorosi per l’identificazione e la


modellazione di processi aziendali
• Obiettivi:
– Organizzativi: identificare le attività principali, il valore che generano, le
interdipendenze, le risorse, le criticità, ecc.
– Informativi: identificare gli elementi chiave per la progettazione di sistemi
informativi (analisi “informativa” dei processi) • sistemi informativi di
supporto alle attività operative; sistemi ERP: processi come attività di
“processamento” di informazione • (sistemi informativi direzionali: processi
come attività “da controllare”)

SVILUPPO PRODOTTO
La qualità dei nuovi prodotti non è legata unicamente alle valutazioni dei progettisti e
alle loro capacità tecniche, ma risulta sempre più influenzata dalla qualità dei legami
informativi che si instaurano tra marketing, progettazione, produzione e logistica.
Parametro chiave: Time to market

COMUNICAZIONE AL MERCATO
Si unificano in un’ottica customer-oriented una serie di attività che partendo dalla
valutazione del posizionamento competitivo dell’azienda arrivano fino al contatto
commerciale con il cliente, permettendo non solo un miglior coordinamento delle
modalità di proporsi ai mercati, ma anche maggiori scambi informativi interni e con
gli intermediari commerciali.
Parametro chiave: Qualità del servizio al cliente

GESTIONE DELL’ORDINE
Processo che comprende tutte le attività di interfaccia con il cliente, a partire dal
momento in cui il venditore ha raccolto un ordine fino al momento dell’incasso,
oppure della risoluzione di eventuale contenzioso, passando attraverso controlli
commerciali, finanziari, amministrativi e logistici.
In un’ottica di reengineering, si integrano tutta una serie di responsabilità che in una
organizzazione funzionale rientrano sotto varie competenze e si cerca di superare
conflitti tra funzioni che possono creare disservizi al cliente ed extracosti per
l’azienda. La responsabilità è affidata ad un case team/manager unico interfaccia per
tutte le esigenze del cliente.
Parametro chiave: Time to delivery

CATENA LOGISTICA (supply chain)


Processo che rende disponibile il prodotto per la consegna al cliente. Il ridisegno
integrato unifica il flusso informativo delle attività logistiche: fabbisogni ipotizzati,
ordini acquisiti, programmazione della produzione, politiche di approvvigionamento.
Può costituire occasione per un ripensamento dei rapporti con i fornitori in un’ottica
di maggiore cooperazione e più spinta integrazione operativa.
Parametro chiave: Flessibilità con elevata efficacia
PRODUZIONE
In una logica BPR, la produzione viene organizzata su più unità produttive che
sviluppano ciascuna una intera porzione del processo produttivo. Svolge anche
attività di manutenzione impianti e controllo qualità dei prodotti.
Parametro chiave: Flessibilità con elevata efficienza

ANALISI DEL PROCESSO PRODUTTIVO (OM)


L’Operation Management (OM) è definito come il processo di progettazione,
realizzazione e miglioramento dei sistemi d’impresa che creano i prodotti ed erogano
servizi.

Si parte da un diagramma che ne rappresenta gli elementi chiave, normalmente


operazioni, flussi e aree immagazzinamento, più i momenti decisionali.
Attività operative – RETTANGOLO
Flussi – FRECCIA
Immagazzinamento - TRIANGOLO ROVESCIATO
Punti di decisione - ROMBO

TIPI DI PROCESSO:
Possiamo avere varie tipologie di processo
La prima tipologia è rappresentata da:
1. Processo multifase sequenziale;
2. Processo multifase con buffer;
3. Processi alternativi;
4. Attività simultanee;
5. Prodotti differenti.
La seconda tipologia di processo è rappresentata da:
6. Processo produttivo ”per il magazzino” (make to stock): è finalizzato a generare
prodotti standard, collocati in scorte di prodotti finiti. Il prodotto è consegnato
rapidamente al cliente perchè prelevato dal magazzino prodotti finiti;
7. Processo produttivo “su ordine” o “su commessa” (make to order):la produzione
avviene solo in risposta ad un ordine effettivo;
8. Processo produttivo “ibrido”:un bene generico/semilavorato viene prodotto e
conservato ad un certo stadio del processo, per poi essere completato ed
eventualmente “personalizzato” in una fase conclusiva innescata dall’ordine reale del
cliente.

RIDUZIONE DEI TEMPI DI ATTRAVERSAMENTO DI UN PROCESSO:


Per le imprese è fondamentale ridurre il tempo di attraversamento di un processo
perchè:
- Più un cliente attende e più è probabile che si rivolga alla concorrenza;
- Più è lunga la giacenza di materiale e più crescono i costi e i rischi del
mantenimento;
- Se gli assets sono specifici o limitati danno origine ai c.d. “colli di bottiglia”.
SOLUZIONI :L e soluzioni possono essere COST-BASED, attraverso l'acquisto di
attrezzature all'avanguardia che incrementano la capacità produttiva , oppure
soluzioni di tipo NO-COST, in cui
1. Eseguire le attività in parallelo, può ridurre il tempo di attraversamento anche
dell’80%;
2. Modificare la sequenza delle attività e del lay-out (collocazione e organizzazione
delle postazioni di lavoro): materiali, beni e documenti non devono fare flussi confusi
e transitare più volte su stesse postazioni, reparti, uffici;
3. Ridurre le interruzioni tecniche;
4. Gestire opportunamente l’acquisizione degli ordini e la tempistica della messa in
produzione
PROGETTAZIONE E SELEZIONE DEI PROCESSI
La “selezione del processo” si riferisce alla decisione strategica che identifica il tipo
di processo produttivo da realizzare nello stabilimento.
La “progettazione del processo” si riferisce alle attività tattiche di pianificazione che
si verificano continuamente durante la produzione.

LA SELEZIONE DEL PROCESSO

La classificazione dei sistemi produttivi – i 3 criteri


1. Le modalità con le quali la domanda si forma e con le quali l’impresa
risponde alla domanda:
Produzioni su commesse singole: ordini diversi per singoli prodotti, anche molto
differenziati, es. grandi opere – la progettazione può essere o meno a carico del
committente
- Produzioni su commesse ripetitive: gamma di prodotti con caratteristiche definite
che richiedono forniture scaglionate nel tempo, o produzioni “su catalogo”:
componentistica auto, elettrodomestici, arredamento
- Produzioni per il magazzino (su previsione): industria alimentare;
2. Le modalità secondo le quali è realizzato l’output dell’impresa:
Produzioni unitarie
- Produzioni intermittenti (o a lotti): struttura di processo per la creazione di una
gran varietà di prodotti standard in quantitativi relativamente ridotti. Presenza più o
meno forte di scorte. Es. abbigliamento
Produzioni continue: flusso ininterrotto di prodotti dalla caratteristiche omogenee
nel tempo. Es. industria petrolifera, siderurgica, bevande, ecc.;
3. Le modalità di realizzazione del volume produttivo:
- Produzioni per processo: il prodotto finito non può essere scomposto a ritroso,
poichè i componenti originari non sono più distinguibili o hanno cambiato natura
(acciaio, carta, cemento, prodotti chimico-farmaceutici) – “a ciclo tecnologico
obbligato”
- Produzioni per parti, o manifatturiere: di solito esiste una fase di fabbricazione e
una di assemblaggio/montaggio (automobili, elettrodomestici, elettronica, giocattoli,
ecc.) – “ a ciclo tecnologico non obbligato”

POSIZIONAMENTO SCORTE NELLA SUPPLY CHAIN:

Concetto chiave nel processo produttivo è quello di Punto di Disaccoppiamento tra


ordine del cliente e produzione: tale punto determina la posizione lungo la SC nella
quale devono essere collocate le scorte, affinche processi o attori della SC possano
operare in maniera efficace ed indipendente
Es.: il maglione disponibile presso il negozio (retailer) vs aereo militare
Il posizionamento del Punto di Disaccoppiamento è importante per identificare i
diversi contesti produttivi.
1. Make-to-Stock: le imprese soddisfano la domanda dei clienti con le scorte di
prodotti finiti – produzioni standard, a buona previsione e limitata complessità;
2. Assemble-to-Order: le imprese combinano una serie di moduli pre-assemblati.
Produzione su previsione di sottogruppi standard e successiva personalizzazione del
prodotto finito in fase di assemblaggio finale – produzioni ad elevata ampiezza di mix
di codici prodotti finito (arredamento, metalmeccanica, ecc.)
3. Make-to-Order: le imprese realizzano per il cliente un prodotto a partire dalle
materie prime, dalle parti e dalle componenti – prodotti diversificati fin dalle prime
fasi di lavorazione, la produzione inizia solo con l’ordine del committente.
4. Engineer-to-Order: le imprese lavorano con il cliente dalla progettazione del
prodotto – produzioni su commessa

Le QUESTIONI GESTIONALI IMPORTANTI sono 2:


1. Ricerca dell’equilibrio tra livelli di scorte di prodotti finiti (costi di giacenza, costi
di magazzino) e livello di servizio al cliente;
2. La personalizzazione dell’ordine ed il numero di combinazioni – importanza della

LA MATRICE PRODOTTO-PROCESSO

La matrice prodotto-processo indica la correlazione fra la struttura di processo e dei


flussi per la trasformazione dei fattori e le caratterisitiche del prodotto in termini di
volumi produttivi e varietà di gamma.
Le tipologie di prodotto e di processo determinano la scelta del “Modello di sistema
produttivo”.
I MODELLI DI SISTEMA PRODUTTIVO- LAYOUT:
Per layout si intende la disposizione fisica delle apparecchiature nella fabbrica. Tale
disposizione è strettamente correlata al tipo di produzione.

1.POSTAZIONE FISSA: Struttura nella quale il prodotto resta fisso in una


posizione. E’ l’attrezzatura necessaria alla produzione che viene spostata verso il
prodotto e non viceversa (siti di costruzioni, aerei, navi, ecc.). Importanza delle
tecniche di project management
• Utilizzato per oggetti di grandi dimensioni e pesanti (difficoltà nella
movimentazione). • Apparecchiature molto versatili. • Manodopera di alto livello. •
Tipicamente impiegato per produzione unitaria.

2.JOB-SHOP , O PER REPARTO: Struttura di processo adatta per produzioni in


quantitativi ridotti di una grande varietà di prodotti non standard. Sinonimo di
produzione per reparti: articolazione del processo produttivo per macchinari e
operazioni omogenee sotto il profilo funzionale, con flussi fisici complessi ed
articolati, o intrecciati – I macchinari, le attrezzature, le attività simili sono
raggruppati in un univo luogo: tutte le presse, tutti i torni, ecc. – il pezzo si sposta da
un reparto all’altro in base alla sequenza delle operazioni stabilite ed a seconda della
collocazione dei macchinari necessari a ciascuna operazione. Es.: lavorazioni legno-
arredo: taglio, squadrabordatura, nastratura, finitura; lavorazioni meccaniche:
tornitura, fresatura, lappatura, foratura; ecc.
• Sistema di produzione diviso in reparti nei quali vengono messe le apparecchiature
che realizzano lo stesso tipo di processo: il pezzo subisce movimentazioni all’interno
del reparto e tra i reparti. • Apparecchiature versatili e caratterizzate da elevata
produttività. • Manodopera di buon livello. • Incidenza del tempo di setup sul singolo
pezzo tanto maggiore quanto minore è la dimensione del lotto. • Tipicamente
impiegato per produzione per lotti di piccole-medie dimensioni.

3.PRODUZIONE A CELLE: Le macchine sono organizzate per omogeneità di


prodotti lavorati. Si costituiscono aree complete dedicate alla realizzazione di prodotti
o famiglia limitata di prodotti che richiedono processi di lavorazione simili.
• Le macchine vengono raggruppate in modo da poter realizzare
contemporaneamente articoli diversi ma “tecnologicamente simili” appartenenti alla
stessa famiglia di prodotto (group technology). • Apparecchiature versatili e
caratterizzate da elevata produttività ed automazione. • Manodopera di buon livello. •
Tempi di setup ridotti quasi a zero. • Impiegato per produzione di lotti medio-grandi
per ammortizzare i notevoli costi di impianto.
4.PRODUZIONE IN LINEA: La disposizione dei materiali è sequenziata secondo la
specificità del ciclo tecnologico di realizzazione dei prodotti. I singoli prodotti
vengono costruiti spostandoli da una postazione di lavoro all’altra ad un ritmo
controllato, seguendo la sequenza di produzione – Es. giocattoli, elettrodomestici,
automobili, ecc.
• Apparecchiature altamente automatizzate e dedicate al prodotto specifico, con
velocità di produzione elevate. • Manodopera di basso livello. • Il prodotto in
lavorazione passa attraverso stazioni di lavoro poste lungo la linea di flusso del
prodotto. • Tempi di setup nulli. • Impiegato per produzione di volumi molto grandi
di prodotto (flusso continuo).

5.PROCESSO CONTINUO: Prevalgono le problematiche tecnologiche, il flusso


segue un ciclo tecnologicamente obbligato. Strutture di questo tipo sono in genere
altamente automatizzate su cicli h24 che evitano costosi arresti ed avvii. Es:
conversione e trasformazione di materiali omogenei come petrolio, prodotti chimici,
farmaci, ecc.
MISURARE LE PERFORMANCE DEI PROCESSI:
4. Tasso di utlizzo (utilization): rapporto temporale che esprime l’impiego effettivo
di una risorsa in relazione al suo tempo totale teoricamente disponibile – es. forza
lavoro diretta, macchine utensili.
5. Produttività (totale e dei singoli fattori)
6. Rendimento: rapporto tra output reale (effettivo) di un processo e alcuni parametri
standard. Es.: macchina progettata per confezionare cerali al ritmo di 30 scatole al
minuto. L’addetto in realtà produce 36 scatole. Il rendimento è 36/30 = 120%
7. Tempo di produzione (run time): tempo necessario a produrre un lotto di pezzi.
Si calcola moltiplicando il tempo richiesto per produrre 1 unità per le dimensioni del
lotto.
8. Tempo di attezzaggio (set-up time): tempo richiesto per predisporre una
macchina alla produzione di un determinato articolo. Le macchine con tempo di
attrezzaggio lungo tendono ad operare per lotti consistenti
9. Tempo effettivo di lavorazione (operation time): somma del tempo di
attrezzaggio con il tempo di produzione per un lotto di pezzi lavorati da una
macchina. Es.: macchina per confezionare cereali progettata per produrre al ritmo di
30 scatole al minuto. Tempo di produzione di ciascuna scatola: 2 secondi.
Reimpostare la macchina per operare con scatole da 300 grammi e non più da 350
grammi richiede un tempo di attrezzaggio di 30 minuti. Il tempo effettivo di
lavorazione per un lotto di 10.000 confezioni da 300 grammi è di 21.800 secondi dato
da 30 minuti di attrezzaggio * 60 secondi/minuto + 2 secondi/scatola * 10.000
scatole, ovvero 363,33 minuti.
10. Tempo di ciclo: tempo trascorso tra l’inizio e la fine di una attività
11. Tempo di attraversamento (flow time o throughput time): comprende il tempo
effettivo di lavorazione cui è sottoposta una unità, più il tempo di attesa dovuto a
code. Es.: catena di montaggio composta da 6 stazioni di lavoro che opera con un
tempo ciclo di 30 secondi. Se ogni 30 secondi i pezzi in lavorazione passano da una
stazione a quella successiva, allora il tempo di attraversamento è 3 minuti (30 secondi
*6 stazioni/60 secondi al minuto)
12. Throughput rate: ritmo atteso al quale il processo genera output su un certo arco
di tempo. Il throughput rate della catena di montaggio è 120 unità all’ora (60 minuti *
60 secondi/minuti / 30 secondi/unità). E’ l’inverso matematico del tempo di ciclo
13. Indice di flusso ( o rapporto di attraversamento, process velocity o
throughput ratio): rapporto tra il tempo di attraversamento totale e il tempo a valore
aggiunto. Con tempo a valore aggiunto (value-added time) si intende il tempo utile
dedicato alla reale produzione di un’unità di prodotto
14. Delivery Time. Intervallo di tempo concesso dal cliente tra emissione ordine e
consegna prodotto – Lead Time
SLIDE 6 : Parte b -PROGETTAZIONE E SELEZIONE DEI
PROCESSI

-IL TOTAL QUALITY MANAGMENT


-STRATEGIA DELLA SUPPLY CHAIN
-JUST-IN-TIME E LEAN SYSTEM
TOTAL QUALITY MANAGEMENT
"Il TQM è un approccio filosofico-culturale di gestione che si basa sui concetti di
coinvolgimento del personale, di kaizen e di visione per processi, ma soprattutto di
qualità come piena soddisfazione delle aspettative del cliente".
(S. Nakajiama - Uno dei massimi esperti mondiali di TQM)
COS'E' LA QUALITA' TOTALE:
Secondo Feigenbaum (Total Quality Control, 1967) la qualità totale può essere
definita: “un sistema efficace per integrare gli sforzi per lo sviluppo, il mantenimento
e il miglioramento della qualità dei vari gruppi in un’organizzazione, in modo che
produzione e assistenza garantiscano la piena soddisfazione del cliente al minimo
costo”.
La qualità totale richiede la partecipazione di tutte le funzioni, compresi marketing,
progettazione, produzione, ispezione e spedizione, quindi poiché la qualità è dovere
di tutti, Feigenbaum suggerì che la qualità totale fosse guidata da una funzione ben
organizzata la cui unica area di specializzazione fosse la qualità del prodotto, e la cui
unica attività operativa fosse il controllo della qualità.

L'APPROCCIO DEL TQM : LA FILOSOFIA KAIZEN


La parola giapponese Kaizen significa letteralmente “miglioramento continuo”.
Il Kaizen è prima di tutto una matrice comportamentale e in quanto tale investe non
solo gli aspetti della metodologia produttiva ma anche l’addestramento e la
preparazione dell’intero staff aziendale coinvolto nel processo di cambiamento, dal
top management agli operai.
Il Kaizen, racchiudendo tutti gli approcci di base del Total Quality, crea una netta
distinzione tra le attività di mantenimento degli “standards”e le attività di
miglioramento:per mantenere bisogna standardizzare , mentre per migliorare bisogna
conoscere e creativamente proporre.
PRINCIPI CHIAVE DELLA FILOSOFIA KAIZEN:
1. Sbarazzati dei concetti tradizionali (anche sui metodi di produzione)
2. Pensa a come il nuovo metodo funzionerà e non a come non funzionerà
3. Non accettare le scuse. Dì di no allo status quo.
4. Non ricercare la perfezione. Meglio il 60% subito che il 100% mai!
5. Correggi gli errori nel momento in cui li trovi
6. Non spendere molti soldi per migliorare. Pensa con creatività prima
dell’investimento
7. Chiediti sempre perché almeno 5 volte per trovare la vera causa dei problemi (root
cause)
8. Le idee di 10 persone sono migliori di quelle di una persona.
9. I miglioramenti non hanno limiti. Non smettere mai di fare Kaizen.

DALLA TEORIA ALLA PRATICA: L'APPROCCIO “LEAN THINKING”


In accordo con la Filosofia Kaizen si afferma l'APPROCCIO “LEAN THINKING”
letteralmente vuol dire “pensare snello” . Un sistema può essere considerato snello
quando al suo interno tutti i materiali si muovono secondo un flusso il più possibile
continuo, passando attraverso processi che ne accrescono il valore. L’applicazione di
questa nuova linea di pensiero, prima al sistema produttivo, poi all’intera azienda ha
portato a dei sorprendenti miglioramenti nelle performance aziendali.
In concomitanza quindi si mira ad un APPROCCIO LEAN PRODUCTION che mira
all'essenzialità nel processo produttivo riducendo sprechi, tempi morti e risorse
rinondanti.
Il pensiero snello si basa su cinque pilastri fondamentali (Womack and Jones, 1996).
Attraverso il perseguimento di questi cinque principi, l’impresa che decide di adottare
la logica lean si pone come obbiettivo la progressiva eliminazione di tutti i gli sprechi
(muda) riferiti al processo produttivo e, più ampiamente, a tutti i processi aziendali.

• Primo principio: definire il valore. Definisci il valore, ovvero ciò per cui i clienti
finali sono disposti a pagare un prezzo
Il punto di partenza, prima di sviluppare qualsiasi progetto, è l'identificazione di
aspetti e caratteristiche che creano valore aggiunto per il cliente. Vengono analizzati
da un lato la qualità del prodotto finito e la qualità del servizio offerto e il prezzo di
acquisto e altri costi per il cliente dall’altro. L’obbiettivo è definire con precisione il
valore di ogni prodotto specifico con caratteristiche specifiche, offerti a un dato
prezzo attraverso un dialogo con ognuno dei clienti. Il valore, quindi, viene definito
dal cliente ed assume significato solamente se espresso in termini di un
prodotto/servizio in grado di soddisfare le sue esigenze ad un dato prezzo ed in un
dato momento. Il consumo di risorse è giustificato solo crea valore per il cliente
finale altrimenti è spreco(muda).
RAPPORTO TRA ATTIVITA' A VALORE E NON A VALORE :
VA – Valore Aggiunto Attività per le quali il cliente è disposto a riconoscere qualcosa
NVA – Non Valore Aggiunto Attività necessarie, ma che non creano valore aggiunto
MUDA - Sprechi Attività inutili che non creano valore, per le quali il cliente non è
disposto a riconoscere qualcosa
Uno degli errori più ricorrenti è fare le cose sbagliate nel modo giusto!!!
SPRECHI CHE CARATTERIZZANO IL FLUSSO:
sovrapproduzione, ovvero, non guidata dalla domanda reale – scorte intermedie tra
una fase ed un’altra del flusso del valore – attese per le fasi successive – trasporti non
necessari – spostamenti non necessari di persone – produzione di parti difettose – ri-
lavorazioni – complessità organizzativa.
• Secondo principio: identificare il flusso del valore e tutti gli sprechi che lo
caratterizzano . Il flusso di valore per un dato prodotto consiste nell'intera gamma di
attività necessarie per trasformare le materie prime in prodotto finito. Definito ciò che
crea valore, si rende necessario individuare e mappare con chiarezza quali sono le
attività richieste per lo sviluppo del prodotto, affinché l’iter di produzione sia
focalizzato esclusivamente alla creazione di valore per il cliente. L'analisi del flusso
di valore (Value Stream Mapping) mette in evidenza le quantità di spreco attraverso
la classificazione delle attività in 3 categorie: 1. Attività che creano valore (tutte
quelle il cui costo può essere trasferito al cliente) 2. Attività che non creano valore ma
necessarie (non sono eliminabili con gli attuali sistemi di sviluppo prodotto, gestione
ordini e produzione) 3. Attività che non creano valore e non necessarie (possono
quindi essere eliminate da subito).

• Terzo principio: fare scorrere il flusso. Definito con precisione il valore,


identificato il flusso di valore per un dato prodotto e averlo ricostruito eliminando le
attività inutili attraverso la mappatura dei flussi è necessario fare in modo che le
restanti attività creatrici di valore formino un flusso. L’obbiettivo è sempre
l’eliminazione progressiva di tutti gli sprechi. La tradizionale produzione a lotti è
rimpiazzata da team eterogenei di persone, focalizzati sul prodotto. I team seguono
l’intero percorso di formazione del valore per un dato prodotto a loro assegnato,
gestendo in autonomia eventuali anomalie che dovessero emergere. Il processo risulta
più efficace se il prodotto viene lavorato ininterrottamente dalla materia prima al
prodotto finito. Il flusso continuo in produzione si raggiunge prevalentemente
attraverso interventi radicali che permettono di trasformare le attività produttive
necessarie per fabbricare un prodotto da un sistema a lotti e code ad un flusso
continuo.

• Quarto principio:logica pull. Quando l'azienda ha definito il valore (per il cliente),


ha identificato il flusso di valore, ha eliminato gli ostacoli e quindi gli sprechi per fare
sì che il flusso scorra senza interruzioni, allora è giunto il momento di permettere ai
clienti di “tirare il processo”. Ad oggi la domanda del mercato è, quantitativamente e
qualitativamente sempre più imprevedibile. Il pensare snello prevede di organizzare il
flusso di valore sulla base delle esigenze manifestate di volta in volta dal cliente; in
questo senso si dice quindi che è il cliente che traina (pull) il flusso di valore. In
definitiva l’impresa deve acquisire la capacità di progettare, programmare e realizzare
solo quello che il cliente vuole nel momento in cui lo vuole.

• Quinto principio: ricercare la perfezione. Adottare il pensiero snello significa,


infine, lavorare nell’ottica del miglioramento continuo (kaizen) per tendere
idealmente alla perfezione. Se si sono applicati correttamente i primi quattro principi
si creano sinergie impensabili che mettono in moto un processo continuo di
riduzione: dei tempi, degli spazi, dei costi. La perfezione assoluta, di fatto
irraggiungibile, corrisponde all’eliminazione di tutti i muda. L’efficienza di un
processo produttivo, quale che esso sia, viene raggiunta mediante l’ottenimento di un
flusso continuo di tutte le parti e/o componenti in esso lavorate. L’inefficienza di un
sistema di produzione, nelle sue varie forme, è strettamente collegata con le
interruzioni che questo presenta nel proprio flusso di produzione.
Dopo l’implementazione della tecniche della lean production, in un ideale sistema di
produzione, ogni prodotto, componente o materia prima dovrebbe sempre trovarsi in
due sole possibili condizioni: o in lavorazione o in movimentazione.

MUDA : I 7 SPRECHI DA COMBATTERE


Muda è un termine giapponese che identifica attività inutili o che non aggiungono
valore o improduttive. I "sette sprechi" (Seven Wastes) identificano e classificano
risorse che usualmente sono degli sprechi:

1.SOVRAPRODUZIONE (OVERPRODUCTION)
“Produrre in eccesso è produrre tutte le volte che non esiste un ordine cliente”
Sono gli sprechi che si verificano quando si fabbricano prodotti in quantità maggiori
di quelle necessarie, o si fabbricano prima del momento in cui sono richiesti.
Si consumano in anticipo materiali e componenti, si sperpera energia, si creano
scorte, aumentano le esigenze di spazio necessario per l’immagazzinamento, si
aggrava il peso degli interessi passivi e cosi via.
Le cause di sovrapproduzione sono spesso riferibili a:
- Produzione di lotti economici troppo grandi
- Produzione anticipata rispetto alla domanda
- Creazione di stock per sopperire a difettosità e problemi di pianificazione,
programmazione e scheduling della produzione
- Eccessi di personale sul processo
- Macchinari troppo veloci o in eccesso
Per produrre lo stretto necessario , occorre allora:
• Pianificazione della produzione: è fondamentale che venga calcolato in modo
quanto più preciso la quantità di prodotti da realizzare in funzione degli ordini
ricevuti tenendo in debito conto le rese e le variabili dei processi componenti le linee
di produzione.
• Flessibilità dei processi: tutti i processi devono essere progettati e realizzati per
consentire la massima flessibilità operativa in termini di impianti, operatori, codici e
riducendo al minimo i tempi di cambio codice (ad esempio con l'utilizzo di tecniche
SMED)
• Controllo e stabilità dei processi: i risultati di tutte le fasi dei processi devono essere
conosciuti, ripetitivi e stabili nel tempo.

• Efficienza dell'organizzazione: massima efficienza organizzativa in termini di


gestione delle risorse umane, gestione dei processi/materiali a supporto della
produzione.
Probabilmente è lo spreco più difficile da eliminare o comunque da "ottimizzare", ma
è di fondamentale importanza farlo in quanto il cliente finale non è disponibile ad
accollarsi un carico economico supplementare per far fronte ai costi aggiuntivi dovuti
alla sovrapproduzione.

2.ECCESSO DI SCORTE (INVENTORY) :


“Scorta è qualsiasi bene realizzato e conservato per un determinato tempo senza
conoscere se e quando un cliente lo richiederà e quanto sarà disposto a pagare”
Le scorte possono essere di materie prime, semilavorati, prodotti finiti, prodotti fermi
in attesa di lavorazione (WIP – Work In Progress).
Le scorte nascondono problemi, non li risolvono!
Le cause di eccesso di scorte sono spesso riferibili a:
- Produzione di lotti economici troppo grandi
- Produzione anticipata rispetto alla domanda
- Esistenza di colli di bottiglia nel flusso di produzione
- Creazione di stock per sopperire a difettosità e problemi di pianificazione,
programmazione e scheduling della produzione
- Eccessi di personale sul processo, attività a monte più veloci di quelle a valle
- Macchinari troppo veloci o in eccesso
- Accettazione culturale, scorte “fisiologiche” per il servizio.
L’obbiettivo è quindi quello di ridurre al minimo possibile la scorta di materie prime,
semilavorati e prodotti finiti in modo tale da minimizzare il capitale fermo. È
un’operazione difficoltosa in quanto spesso implica una riorganizzazione aziendale
che talvolta coinvolge anche protagonisti esterni (ad esempio è possibile che si debba
ri-discutere con un fornitore la quantità minima di un dato materiale da consegnarci).

3.MOVIMENTAZIONI E TRASPORTI NON NECESSARI :


“Eccessi di produzione e di scorte porta inevitabilmente a maggiori attività di
movimentazione e trasporti”.
Le cause di sono spesso riferibili a:
- Scarsa progettazione del layout - Sovrapproduzione
- Creazione di stock per sopperire a difettosità e problemi di pianificazione,
programmazione e scheduling della produzione
- Personale con basse competenze
- “Normalità” delle movimentazioni/ trasporti
Strumenti operativi di analisi sono ad esempio la checklist per valutare
movimentazioni e trasporti.
4.DIFETTOSITA' E DISSERVIZI:
Generano i cosiddetti “costi della non qualità”, classificabili in: - Costi di
accertamento e controllo (elenco voci di costo) - Costi per difettosità interna ed
esterna (elenco voci di costo)
Le cause sono riconducibili tradizionalmente a:
- Materiali e semilavorati scarsi o difettosi
- Metodi di lavoro scarsi, scarsità di procedure e istruzioni, ecc.
- Manodopera non formata, non qualificata, non motivata
- Macchine e strumenti non adeguati
Deve essere analizzato il pezzo da produrre in tutte le sue caratteristiche,
coinvolgendo, se necessario, anche enti esterni alla produzione con lo scopo di
minimizzare le opportunità di difetto intrinseche al pezzo. Il cliente finale inoltre
potrebbe essere direttamente coinvolto da questa difettosità, ricevendo pezzi non
conformi e quindi provocando ritorni dal mercato.
Il costo della mancata qualità è stimato in una cifra compresa tra il 15% ed il 20% del
fatturato!

5.PERDITE NEL PROCESSO:


Sono riferite tipicamente ad attività del processo che potrebbero non essere
necessarie.
Le cause sono riconducibili tradizionalmente a:
- Inadeguata progettazione del processo e delle attività
- Inadeguata standardizzazione delle attività
- Macchine e strumenti non adeguati
- Lavorazioni non adeguate
In conclusione è di fondamentale importanza il costante monitoraggio, analisi e
miglioramento del processo per garantirne la stabilità e la ripetitività nel tempo.

6.MOVIMENTAZIONI UMANE:
Sono riferite tipicamente ad attività - svolte dagli operatori - che non creano
valore aggiunto: ricerca di strumenti non presenti nelle postazioni, spostamenti
tra reparti, ecc.
Le cause sono riconducibili tradizionalmente a:
- Inadeguato layout
- Operatori poco formati o poco motivati, scarsamente coinvolti
- Assenza di ordine, pulizia e sistematicità

7.TEMPI MORTI, ATTESE :


Rappresentano lo spreco culturalmente più accettato, quasi fisiologici. Sprechi
per attese materiali, settaggi impianti, guasti, difetti,ecc.
Le cause sono riconducibili tradizionalmente a:
- Assenza di bilanciamento delle attività
- Scarsa manutenzione preventiva
- Assenza di ordine, pulizia e sistematicità
- Produzioni in grandi lotti
- Personale poco motivato, superficialità
- Mancanza di sistemi di controllo
2. FLOW
METODO DI GESTIONE SCORTE : JUST IN TIME :è una politica di gestione delle
scorte a ripristino che utilizza metodologie tese a migliorare il processo produttivo,cercando di
ottimizzare non tanto la produzione quanto le fasi a monte, di alleggerire al massimo le scorte di
materie prime e di semilavorati necessari alla produzione.
Ricostruisci un flusso del valore ripulito dagli sprechi e fallo scorrere attraverso
le varie fasi
• focus sull’oggetto reale che determina il valore, senza perderlo mai di vista lungo
tutta la catena logistica
• focus sugli interi processi, fisici e gestionali (e non sulle specializzazioni locali),
compreso il processo di gestione dell’ordine di vendita fino alla sua spedizione
• processo affidabile

AREA SUPERMARKET:
Il kanban (“cartellino” utilizzato per la gestione dei materiali e componenti fra le fasi
produttive, le fasi e il magazzino e con l’esterno con i fornitori )è uno strumento utile
per applicare Just in Time (JIT). Questo strumento fa sì che l’informazione viaggi in
senso contrario rispetto al flusso dei materiali.

Il supermarket è composto di una serie di scaffalature e contenitori (BOX) in cui sono


alloggiati i materiali strettamente necessari alle varie fasi delle linee di montaggio. Il
nome deriva proprio dalla morfologia dei supermercati poiché la logica di
funzionamento è molto simile. Il supermarket è uno strumento essenziale per
l’applicazione della gestione dei materiali secondo l’ottica “pull”. Come già spiegato,
la produzione di ogni fase, impostata secondo la domanda del cliente, “tira” a sé la
richiesta di materiale presente nel supermarket. S’innesca così tutta quella serie di
ordini da valle fino a monte del sistema produttivo come si può notare in fig. 1.11: la
fase richiederà i codici da rifornire al supermarket mediante dei kanban interni, poi a
sua volta il supermarket verrà rifornito dal magazzino, che a sua volta contatterà i
fornitori esterni mediante dei kanban esterni per il ripristino dei vuoti creati.
La condizione ideale è quella di giungere ad una situazione “estrema” in cui i
fornitori riforniscono direttamente il supermarket come mostrato in fig. 1.12; si cerca
cioè di arrivare a che non sia più necessario ordinare prima di tutto i materiali al
fornitore secondo il proprio lotto di fornitura, ma fare in modo che il fornitore
automaticamente gestisca i rifornimenti, eventualmente definendo una determinata
frequenza di visite. In questa maniera di dovrebbe risultare che i fornitori realizzino
un proprio supermarket per poter coprire più prontamente i vuoti nel supermarket
aziendale senza ritardi.
Per la creazione del supermarket sono necessarie delle informazioni importanti
derivanti dallo studio della fase di montaggio (o pre-montaggio): - codici da mettere
nel supermarket; - quantità da tenere a supermarket; - dimensioni e peso dei codici;
E inoltre conoscere lo spazio a disposizione ove realizzare il supermarket.
Il supermercato funziona secondo il principio in cui tutto ciò che viene prelevato, va
ripristinato. La sostituzione della merce avviene secondo il principio “First in – First
out”, in pratica si preleva dal lato frontale e si ripristina dal lato posteriore. La
quantità di pezzi per scatola e il numero di scatole dipendono dal consumo e dal
tempo di reperimento del codice.
IL MILK RUNNER O “LATTAIO:
L’alimentazione del supermarket e la gestione dei kanban è di solito demandato ad un
operatore dedicato, che consegna i prodotti alle celle/linee e ritira i contenitori vuoti,
oltre a gestire buona parte del flusso kanban con i fornitori esterni, seguendo le
cadenze dettate dai takt-time.
Ciò evita spostamenti degli operatori di linea e specializzazione delle attività del
‘lattaio’ che riduce possibilità di errori e aumenta la velocità delle operazioni

IL TAKT TIME (sincronizzare il ritmo di assemblaggio al ritmo delle vendite):


La produzione giornaliera deve essere confrontata con il takt-time, cioè il ritmo
della produzione, il “battito cardiaco” del nostro sistema produttivo.
Si tratta del tempo necessario a produrre un singolo componente o l’intero prodotto,
noto anche come Ritmo delle Vendite.

Es.1: Un cliente richiede 480 prodotti ogni giorno, il tempo a disposizione in 1 giorno
è 8 ore=480 minuti, allora il takt time è un prodotto al minuto. E’ il tempo che
dovrebbe regolare tutti i processi produttivi, fino ai fornitori esterni.

Esigenze cliente= 9.200 pezzi/mese / 20 giorni/mese = 460 pezzi giorno

Tempo disponibile= 1 turno (comprese 2 pause da 10min e 30 min pranzo) / 460


min/giorno * 60 sec per min = 27.600 sec/giorno

Takt time = 27.600 sec/giorno / 460 pezzi/giorno = 60 secondi a pezzo

Dal takt time si può desumere il n. operatori necessari per uno specifico processo
o cella

Tempo ciclo= tempo necessario a completare il processo


In possesso dei parametri sopra si può procedere in questo modo:
1. Stabilire il takt time per la cella.
2. Determinare la dotazione ottimale di personale per la cella utilizzando il calcolo
del tempo di ciclo manuale totale se l’effettiva dotazione di personale nella cella è
superiore alla dotazione ottimale calcolata, allora la produzione è instabile a causa
delle fermate sulla linea. Occorre pertanto effettuare un’analisi dei vincoli per capire
e rimuovere le cause dei fermi. Se, invece, l’effettiva dotazione di personale nella
cella è pari alla dotazione ottimale calcolata, la produzione è stabile e occorre ridurre
il tempo di ciclo manuale totale della cella.
3. Verificare i risultati per garantire stabilità di processo.
4. Mantenere i traguardi raggiunti mediante la standardizzazione (es. procedure,
istruzioni, cicli, etc.)

3.LA VALUE STREAM MAPPING


E’ la mappatura grafica di tutto quell’insieme di processi ed attività che concorrono
alla realizzazione di un prodotto, partendo dal fornitore, passando per la produzione
interna fino alla consegna del prodotto finito. Utilizza simboli e schemi ormai
convenzionali, sebbene non esista una standardizzazione.
Tipicamente si divide in:
- VSM dello stato attuale (Current State, As is)
- VSM di come dovrebbe essere a seguito dei miglioramenti (Future State, As should

VSM:CURRENT STATE
VSM FUTURE STATE :
4.PULL

Si deve produrre solamente tirati dal cliente.

Fai sì che lo scorrimento del flusso del valore sia attivato dalla reale necessità
della fase a valle, a partire dalla domanda del cliente finale, e non il contrario, in
una logica tradizionale di tipo “push”.
In definitiva l’impresa deve acquisire la capacità di progettare, programmare e
realizzare solo quello che il cliente vuole nel momento in cui lo vuole, eliminando i
lotti a tutti i livelli e sincronizzandosi con il mercato.

• Attiva le operazioni su richiesta del cliente


• Integra il flusso delle informazioni
• Sincronizza le varie fasi del flusso con il ritmo della domanda finale
5.PERFECTION

Enuncia le politiche, definisci obiettivi quantitativi e punta alla perfezione


attraverso azioni di miglioramento continuo
• Assumi come riferimento assoluto la perfezione
• Innesca un meccanismo virtuoso di miglioramento continuo a tutti i livelli
• Definisci un sistema di misura delle performance e precise responsabilità a tutti i
livelli per il loro miglioramento

CONCETTO DI QUALITA' TOTALE (TQM)

La qualità totale di un prodotto può essere scomposta in:


1. QUALITA' DEL PRODOTTO/PROGETTO
Questa categoria indica il VALORE INTRINSECO DEL PRODOTTO sul mercato in
base a :
- PRESTAZIONI → soddisfazione delle caratteristiche di base;
- OPZIONI → caratteristiche secondarie;
- AFFIDABILITA → rendimento nel tempo (capacità di non perdere la
performance);
- DURATA → vita utile, vita tecnica e vita economica;
- RIPARABILITA' → facilità nella riparazione e relativi costi;
- SERVIZIO/RISPOSTA → caratteristiche dell'interfaccia umana;
- ESTETICA → caratteristiche sensoriali;
- CREDIBILITA' → prestazioni passate (brand) e qualità percepite.

2. QUALITA' DI CONFORMITA'
Indica il livello di ADERENZA ALLE SPECIFICHE di progetto del
prodotto/servizio e il RISPETTO DI STANDARD prestabiliti che possono essere di
natura normativa o industriale.

3. QUALITA' DEI PROCESSI


Dimensioni gestionali del TOTAL QUALITY MANAGEMNT che sono JUST IN
TIME e SUPPLY CHAIN MANAGEMENT.


a.JUST IN TIME
E' un sistema produttivo a CONTINUA e PERFETTA SIMMETRIA tra l'offerta di
beni e la domanda di mercato, in modo tale da produrre esclusivamente QUANTO e
QUANDO necessario, al fine di DIMENSIONARE I LOTTI (gruppi di articoli
identici che vengono acquistati, lavorati e trasportati come se fossero un'unica entità)
e di migliorare il SUPPLY CHAIN MANAGEMENT (Rapide e frequenti consegne di
materiali e prodotti finiti determinano un nuovo ruolo dei fornitori e della gestione
della catena di fornitura).

Il funzionamento del sistema JIT presuppone la definizione del numero “ottimale” di


articoli in produzione o pronti per la produzione. Tale questione si esplica nel
“dimensionamento dei lotti”; Un lotto è un gruppo di articoli identici che vengono
acquistati, lavorati, trasportati come se fossero un’unica entità Il dimensionamento
del lotto può fortemente influenzare i flussi dei materiali, la qualità di prodotto, il
servizio al cliente, i costi di produzione, i costi indiretti.
La quantità del lotto economico è il numero di unità di un singolo articolo che
dovrebbe essere specificato ogni volta che si riceve/fornisce un ordine al fine di
minimizzare i costi totali di gestione delle scorte per quel singolo articolo durante un
determinato periodo di tempo, generalmente 1 anno.
Si possono raggruppare insieme molti ordini per risparmiare sui costi di cambio
produzione e di gestione ordini, ma ciò aumenta i costi di mantenimento delle scorte,
di trasporto e può provocare carichi di lavoro concentrati e sbilanciati.

In una logica JIT, l’obiettivo è la continua riduzione delle dimensioni dei lotti,
perchè:
-I lotti più piccoli sono consumati più rapidamente e quindi i difetti e fonti di errore
possono essere individuati prima, permettendo di ridurre scarti e rilavorazioni;
- I lotti più piccoli riducono il tempo di attraversamento e quindi i ritardi di processo;
- Lo spazio necessario per sistemare le scorte diminuisce e le stazioni di lavoro
possono essere posizionate più vicine tra loro, così come gli addetti possono vedersi e
comunicare
- Le attività di controllo vengono semplificate e si riducono i costi del personale
indiretto
- Si è più flessibili e si risponde meglio ai cambiamenti del mercato.

Ciò si collega al livellamento dei carichi di stabilimento (Heijinka) ovvero il


livellamento dei flussi di produzione per ridurre le variazioni nella
programmazione.
b. SUPPLY CHAIN MANAGEMENT e nuovo ruolo dei fornitori
E' una concatenazione di imprese legate tra loro lungo una filiera e il compito delle
SC è quello di gestire i flussi di informazioni, materiali e servizi per la consegna del
prodotto in quantità, tempi e qualità prestabiliti con il cliente.
La gestione coinvolge fornitori, distributori e clienti e dalla competizione tra imprese
si passa alla competizione tra catene.
Supply Chain Management è un insieme di approcci utilizzati per integrare in modo
efficiente fornitori, produttori, magazzini, in modo che la merce sia prodotta nelle
giuste quantità, nei giusti luoghi e tempi in modo da minimizzare i costi globali
soddisfacendo al tempo stesso i requisiti in termini di livello di servizio.
L’obiettivo della Supply Chain è la massimizzazione del valore aggiunto generato
pari alla differenza tra il valore consegnato al cliente e lo sforzo speso per consegnare
tale valore.
STADI PRINCIPALI DI UNA SUPPLY CHAIN:

SUPPLY CHAIN MANAGMENT E LOGISTICA:

La gestione della supply chain è un’evoluzione della gestione delle attività logistiche.
LOGISTICA*: Logistica è il . . . “processo di pianificazione, implementazione e controllo
efficiente ed efficace, del flusso e dell’immagazzinamento di merci, servizi, e le relative
informazioni dal punto di origine al punto di consumo allo scopo di eseguire in modo conforme i
requisiti del cliente.“
La logistica tradizionalmente si occupa di tutte le attività di approvvigionamento
delle materie prime verso la produzione e della movimentazione (trasporti) e
distribuzione dei semilavorati e dei prodotti finiti Il focus è la gestione dei flussi di
materiali e di informazioni all’interno dell’impresa. Ogni impresa cerca di ottimizzare
la propria logistica ! → PROSPETTIVA ORIENTATA ALLE FUNZIONI
Con il supply chain management (SCM) si sviluppa invece un approccio integrato
alla pianificazione ed al controllo del flusso di materiali ed informazioni lungo
l’intera catena fornitura-produzione-distribuzione, al fine di assicurare che il prodotto
finito sia consegnato nelle esatte quantità, nei giusti tempi e nel pre-definito livello di
qualità al cliente finale che lo ha richiesto. → PROSPETTIVA ORIENTATA AI
PROCESSI

Il SCM diventa una fonte di vantaggio competitivo se:


- Permette di aumentare i livelli di servizio
- Permette di ridurre contemporaneamente i costi logistici
- Consente di risolvere il problema degli obiettivi contrastanti degli attori della catena
fornitura-produzione-distribuzione.

IL SERVIZIO POI VIENE VALUTATO SU DIFFERENTI LIVELLI:


1. Tempi - Rapidità dei tempi di consegna - Puntualità dei tempi di consegna
2. Flessibilità - Volume – Gamma
3. Qualità - Affidabilità - Ecc.

COSTI LOGISTICI:
1. Costi di mantenimento a scorta: costi opportunità, deterioramento, obsolescenza,
assicurazione
2. Costi di stock out: mancata vendita, penali, perdita clienti, slittamento incassi,
perdita di immagine
3. Costi di trasporto
4. Costi di impianti ed attrezzature
5. Costi di gestione operativa: raccolta ed elaborazione ordini, movimentazioni,
imballaggio, controllo e gestione delle scorte

TUTTAVIA , IL COORDINAMENTO DEI DIVERSI AGENTI PORTA AD


OBIETTIVI CONTRASTANTI:
1. Fornitori materie prime: forniture stabili in volume e con poche variazioni nel
mix dei materiali richiesti, grandi volumi, tempi di consegna flessibili
2. Produttori: grandi lotti, pochi set-up, stabilità della domanda
3. Dettaglianti e distributori: lead time di ordine molto brevi, tempi di consegna
rapidi, frequenti ed affidabili, alta varietà dei prodotti.

Problemi del coordinamento inter-organizzativo e importanza della


progettazione ed allineamento di incentivi alla collaborazione (contratti, ecc.)
COME COSTRUIRE OPERATIVAMENTE UNA SUPPLY CHAIN:
Bisogna definire :
1. Strategia della supply chain – identificazione delle variabili su cui competere
(costi, qualità, tempi, flessibilità, spazialità)
2. Struttura della supply chain – identificazione degli attori della SC e loro
importanza
3. Organizzazione e funzionamento della supply chain - definizione dei process
links.

STRATEGIA E STRUTTURA DELLA SUPPLY CHAIN: LE TIPOLOGIE

1. Supply chains efficienti: impiegano strategie mirate a generare la massima


efficienza in termini di costo. Si eliminano le attività non a valore aggiunto, si
perseguono economie di scala, si ottimizzano capacità produttive e distributive,
ecc.
2. Supply chains orientate alla copertura del rischio: impiegano strategie
mirate a porre in compartecipazione le risorse all’interno della filiera, cosi da
condividere il rischio di interruzione della fornitura, crendo più fonti di
approvvigionamento o fonti alternative. Importanza della gestione delle scorte
e della gestione operativa dei magazzini
3. Supply chains reattive: utilizzano strategie basate su reattività e flessibilità
per far fronte alla varietà e variabilità dei bisogni della clientela.
4. Supply chains agili: integrano SC “orientate alla copertura” e SC “reattive”
Importanza della gestione per piattaforme e per moduli
ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DELLA SUPPLY CHAIN :

Supply chain coordinata da una impresa leader, tutti gli attori hanno relazioni tra loro
ma sono facilitate dall’impresa leader:

Supply chain orizzontale, prevale la logica del network, tutti gli attori hanno relazioni
tra loro, non emerge un’impresa leader:

Possiamo avere tre tipi di SC a seconda di come sono gestite le relazioni tra i vari componenti della
filiera:
1. SC CREATA E GESTITA DA UN IMPRESA LEADER: prevale la logica del “dividi e
comanda” e si dividono le singole imprese avendo sempre più poter contrattuale. Le singole
imprese non comunicano tra loro ma solo con l'impresa leader;
2. SC COORDINATA DA UN'IMPRESA LEADER: tutti gli attori hanno relazioni tra loro, ma
tali relazioni sono facilitate dall'impresa leader che coordina le imprese associate;
3. SC ORIZZONTALE: prevale la logica del network e tutti gli attori hanno relazioni tra loro e
non emerge un'impresa leader.
LE ATTIVITA' PRINCIPALI DEL SUPPLY CHAIN MANAGMENT:

1. Logistica di approvvigionamento: relazioni con i fornitori, politiche di


approvvigionamento, outsourcing ed integrazione;
2. Logistica di produzione: operations planning, programmazione della produzione
(Parte III);
3. Inventory management: gestione scorte, gestione del magazzino, sistemi di
material handling;
4. Distribution e Transport management.

La logistica di approvvigionamento:
Gli approvvigionamenti hanno un ruolo strategico infatti :
1. Gli acquisti rappresentano un costo rilevante dell’impresa
2. I fornitori influenzano le prestazioni della SC in termini di costi, tempi e qualità
3. Il fornitore contribuisce alla creazione di competenze e valore per il cliente (es.:
Brembo)

Effetti e implicazioni gestionali:


1. Spostamento da un focus operativo ad un focus strategico
2. Importanza dei sistemi di valutazione del fornitore (vendor rating)
3. Ruolo delle ICT (La tecnologia dell'informazione e della comunicazione)

IL NUOVO RUOLO DEI FORNITORI:


Dalla logica del prezzo alla logica della qualità alla logica del co-makership;

DIMENSIONI DELLE RELAZIONI CON I FORNITORI-PARTNERS:


1. Durata del rapporto
2. Tipo di accordo
3. Numero di fonti di acquisto
4. Prezzi/costi
5. Controllo qualità
6. Progettazione
7. Consegna
8. Trasmissione degli ordini
9. Documentazione e fatturazione
10. Trasporto
11. Punto di consegna
12. Approccio all’apertura, alla verifica, al miglioramento

In una logica di lean manufactoring, i fornitori sono classificabili in:


- 1° LIVELLO → sono i più importanti e forniscono i moduli per realizzare il
prodotto/servizio;
- 2° e 3° LIVELLO sono meno importanti e forniscono i componenti a quelli di 1°
livello.
ASPETTI OPERATIVI DELLA GESTIONE DEGLI ACQUISTI: IL
FORNITORE
• Modalità di scelta del fornitore: Request for quotation vs Negoziazione
• Tipi di ordini: Spot vs Blanket
• Contenuto del contratto
• Ricezione del materiale
• Misura delle prestazioni del fornitore

• Modalità di scelta del fornitore: Request for quotation vs Negoziazione

Request for quotation: si invitano tutti i fornitori della “lista” a sottomettere


un’offerta per un certo acquisto; contiene le varie specifiche di fornitura (qualità,
tempi di consegna, luogo di consegna, ecc.) e la data entro la quale accettare le
offerte; l’impresa confronta le offerte ricevute e sceglie. Ideale per grandi ordini,
specifiche chiare, mercato fortemente concorrenziale sul lato offerta .
Negoziazione: necessaria quando le specifiche di fornitura sono complesse e
richiedono maggiore interazione; si seleziona un numero ristretto di fornitori, anche
solo 1.

• Tipi di ordini: Spot vs Blanket

Spot : quando si realizza occasionalmente un ordine con un fornitore


Blanket : ordine aperto che specifica quantità che verranno consegnate con diverse
consegne nel tempo, di regola un anno

• Contenuto del contratto

Fornisce valore legale all’accordo tra le parti. Contiene informazioni su:


• Specifiche tecniche • Quantità • Qualità • Prezzo • Data di consegna • Metodo di
consegna • Indirizzo di consegna • Modalità di pagamento • Altre clausole

• Ricezione del materiale

I materiali consegnati sono ricevuti, ispezionati e movimentati in magazzino materie


prime.
Documenti coinvolti: • Ricevuta di carico: lista dei contenuti della spedizione • Bolla
di carico: usata dal trasportatore, specifica cosa contiene il carico, la proprietà, i
percorsi, le date di consegna • Ricevuta di consegna e ricevuta di ricezione • Report
delle eventuali discrepanze

• Misura delle prestazioni del fornitore

• I materiali ed i servizi sono stati ricevuti correttamente?


• Quali sono i fornitori più importanti? Per volumi e per valore
• Le spese realmente sostenute si discostano dal budget degli acquisti? Perchè?
Cruscotto di indicatori di prestazioni dei fornitori (vendor rating)
• Valutazione preventiva (sistema produttivo, management, sistema qualità e
certificazioni, precedenti esperienze/referenze, situazione economico-finanziaria, ecc)
• Valutazione ex post (economico-finanziari, industriali, tecnologici, organizzativi e
strategici)
ASPETTI OPERATIVI DELLA GESTIONE DEGLI ACQUISTI: I
MATERIALI

Utilizziamo la MATRICE DI KRALIJC che è uno strumento per gestire al meglio le


relazioni con i fornitori che vengono classificati in base alla CRITICITA'
DELL'APPROVVIGIONAMENTO e l'impatto sul profitto.

NB: è importante anche stringere RELAZIONI A VALLE CON I


DISTRIBUTORI, in particolare con quelli della GRANDE DISTRIBUZIONE
ORGANIZZATA che hanno un forte potere di mercato e un grande marchio, variabili
che generano UN FORTE POTERE CONTRATTUALE che potrebbe essere usato
come meccanismo di HOLD-UP verso l'impresa produttrice.

MAKE OR BUY, OUTSURCING E ALTRE SCELTE STRATEGICHE :

L'OUSOURCING è un processo di individuazione ed esternalizzazione di alcune


attività, che vengono svolte all'esterno in maniera più economica e con più qualità
rispetto all'ipotesi in cui le stesse venissero ad essere svolte all'interno dell'impresa.

Motivazioni e benefici attesi dell’outsourcing


- Focalizzazione sulle core-competences
- Aumento della flessibilità rispetto a condizioni e domanda di mercato e tecnologie
- Miglioramento delle prestazioni operative (qualità, produttività, riduzione tempi di
ciclo, controllo interno)
– Riduzione degli investimenti in assets e libera capitali e liquidità - Riduzione
dei costi e conversione dei costi fissi in variabili

L'INTEGRAZIONE A MONTE viene attuata nei casi in cui risulta più conveniente
produrre internamente, ad esempio se le prestazioni dei fornitori risultano inadeguate.
Può essere attuata l'integrazione a monte acquistando l'impresa fornitrice o svolgendo
le attività autonomamente.
CRITERI DI SCELTA TRA MAKE or BUY ?

- Coordinamento richiesto: attiene alla maggiore o minore difficoltà di integrare una


data attività all’interno del processo complessivo. Attività caratterizzate da incertezza,
che richiedono uno scambio continuo di informazioni, non dovrebbero essere
esternalizzate
- Controllo strategico: attiene alla gravità della perdita che l’impresa potrebbe
subire se la relazione con il partner fosse interrotta
- Proprietà intellettuale: attiene alla potenziale rinuncia alla proprietà intellettuale
attraverso la relazione con il fornitore.

Esistono altre scelte che sintetizzano i vantaggi derivanti dalle scelte di


OUTSOURCING o INTEGRAZIONE che sono rappresentate da:
Standardizzazione: essere in grado di produrre una grande varietà di prodotti a
partire da un numero ristretto di parti e materiali standardizzati. Meno articoli
significa acquisti, consegne, ispezioni, pratiche, immagazzinamenti, fatturazioni, tipi
di impianti e macchinari da utilizzare, ecc. – “Differenziare il visibile e
indifferenziare l’invisibile”
Acquisti e produzioni per moduli: è fondamentale per imprese i cui prodotti sono
costituiti da molte centinaia o migliaia di parti (es.: automotive, aeroplani, grandi
impianti) – Importanza della “differenziazione ritardata” (postponement process)

L'IMPERATIVO DELLA GESTIONE :


Ogni volta che persone o materiali sono in ritardo, le programmazioni “saltano” e si
creano effetti negativi che si ripercutono sulla catena di fornitura e generano costi.

Es.: maggiori attese dei clienti e relativa insoddisfazione, ritardi non pianificati,
sprechi nei trasporti di materiali, azioni di ri-programmazione, scorte eccessive o
deteriorate, ecc.

Esigenze di puntualità, tempi di risposta rapidi, certezza, cioè diminuzione della


variabilità dei tempi di risposta.
STRUMENTI E TECNICHE DI TIMING:

a. il KANBAN : Kanban in giapponese significa scheda, cartellino, documento visibile.


E’ un sistema di controllo delle scorte o della produzione che utilizza dispositivi
visivi per regolare i flussi: comunica al fornitore che cosa e quanto inviare
all’utilizzatore e quando farlo, utilizzando segnali visivi e regole semplici.

Funzionamento e requisiti del kanban e sue varianti


Logica del McDonald’s – panino e scivolo kanban
Il Kanban è un riduttore della coda di attesa, cioè uno strumento che limita la
lunghezza della coda e quindi i tempi di attesa di articoli (in fase di produzione) o di
persone (clienti) che aspettano il servizio.

Il sistema kanban secondo Toyota :

Ciò determina miglioramento/riduzione dei tempi di attraversamento (in fase di


produzione) e soddisfazione del cliente. A cascata, si determinano ulteriori benefici
quali:
- Migliorano le prestazioni di puntualità della produzione;
- Lavori improvvisati vengono eliminati e si elimina la negoziazione dei tempi di
consegna dal momento che i tempi di produzione sono noti e ragionevolmente certi;
- Risulta facile fissare date attendibili in sede di conferma ordine;
b. il RIATTREZZAGGIO : Quanto impiegano i meccanici di una scuderia di F1 per
cambiare 4 pneumatici, riempire il serbatoio, pulire il parabrezza e dissetare il pilota?
Attenzione al concetto di “ri-attrezzaggio” = insieme delle operazioni per modificare,
preparare, riconfigurare, riorganizzare una macchina, un impianto, un servizio.

LINEE GUIDA DI GESTIONE E MIGLIORAMENTO


1. Evitare il riattrezzaggio
2. Attività esterne (fuori dalla linea di produzione) effettuate mentre il processo/ciclo
precedente è ancora attivo
3. Attrezzi a portata di mano, puliti, in condizioni ottimali e pronti all’uso
4. Personale ben addestrato e precisione per i macchinari costosi
5. Eliminare congegni e dispositivi di regolazione non necessari
6. Semplificare e standardizzare software, apparechiature, collegamenti, attrezzature,
accessori.

LA LOGICA PULL

… semplificando il sistema di rifornimento dei materiali ed i timing... possiamo


ottenere un flusso lineare, snello e “tirato” dalla produzione
In una logica lean risulta anche importante :
-PRODUZIONE A CELLE e ONE-PIECE-FLOW (flusso a pezzo unico): La
produzione a celle (cellular manufacturing) rappresenta uno degli aspetti operativi più
importanti dell’ottica lean. La cella è una unità di lavoro ben definita e delimitata,
tipicamente da 3 a 12 addetti, con 5-15 stazioni di lavoro, che permette di produrre il
più alto numero di prodotti simili, contenendo al suo interno tutto ciò che serve allo
scopo (attrezzature, impianti, macchine, strumenti, persone), riducendo
movimentazioni e trasporti vari.

Gli step della progettazione del layout a celle ad U


1. Identificare i prodotti – codici e quantità (analisi P-Q)
2. Identificare e mappare in dettaglio il processo e le microattività (Process Route
Analysis): raccogliere i tempi ciclo per ciascuna attività / operazione del processo;
calcolare il takt time e la capacità di processo; ecc.
3. Progettare la nuova cella
4. Creare fisicamente la nuova cella
5. Controllare l’efficacia e l’efficienza della nuova cella

- TECNOLOGIA SEMPLICE: Impianti e dotazioni il più possibile utilizzabili dal


personale; cautela verso assets troppo complessi, con costi elevati e dipendenza dalla
consulenza esterna di chi li ha forniti;

- POLIFUNZIONALITA' DEGLI OPERATORI: Il personale lavora spesso in


gruppo, si scambia frequentemente di ruolo e partecipa attivamente alle dinamiche di
miglioramento continuo.
Registrare e conservare sul posto di lavoro i dati relativi a qualità, processi, criticità;
tagliare transazioni e rapporti inutili e ridondanti.
Fare in modo che i gruppi di lavoro in prima linea abbiano per primi la possibilità di
risolvere i problemi, prima dell’intervento dei vertici aziendali/ gruppo di esperti.
- GESTIONE DELLA MANUTENZIONE(Total Productive Maintenance):
• Macchinari ed aree di lavoro devono essere pulite • Le aree di lavoro devono essere
organizzate efficientemente • Gli operatori devono occuparsi, “aver cura” delle
macchine alle quali sono adibiti • Il processo deve essere ben compreso e piuttosto
codificato • Operatori e staff tecnico devono parlarsi e scambiarsi capacità pratiche e
conoscenze teoriche.;
- KAI ZEN (miglioramento continuo): Filosofia gestionale volta ad ottenere un
sempre maggiore coinvolgimento partecipativo degli operatori nelle vicende
d’impresa.
Valorizzazione delle esperienze e delle capacità; intensa e costruttiva cooperazione
tra singoli e team di lavoro; contributi innovativi; confronto su problemi operativi
quotidiani, ricerca di nuove soluzioni; proposte e sperimentazioni di cambiamenti;
qualita’ dell’ambiente di lavoro.

QUALITA' DEI CONTROLLI

1. Progettazione 2. Individuazione 3. Miglioramento

1.PROGETTAZIONE e 2.INDIVIDUAZIONE : Servono ad integrare la qualità


all’interno del processo, o bloccare sul nascere un processo mal concepito.

a. Approccio alla prevenzione (sistema Shingo): progettare un processo fail-safe


(privo di errori) efficiente, con apparecchi e procedure fail-safing (pokayoke in
giapponese). L’obiettivo di ogni apparecchio e procedura atta a rendere un processo
fail-safe consiste nell’introdurre determinate caratteristiche che possano bloccare o
addirittura prevenire inconvenienti.
a. Sistemi per cui le macchine non comincino a lavorare in presenza di inconvenienti
(omessa lavorazione, errata lavorazione, ecc.)
b. Sistemi che non permettano di montare un pezzo in presenza di un errore operativo
(difetto di posizionamento)
c. Sistemi che non permettano di iniziare il processo successivo nel caso sia stata
dimenticata un’operazione (dimenticanza di montaggio)
Soluzioni: progettazione di prodotto; segnali luminosi o sonori, fotocellule, sensori
magnetici, bracci meccanici, ecc.

b. Approccio all’ispezione e correzione ex-ante: necessità di redistribuire alcune


responsabilità. Ogni addetto, o parte di essi, sono autorizzati ad intervenire su alcuni
problemi, per esempio bloccare la produzione per evitare la fabbricazione di prodotti
inadeguati.

c. Approccio all’ispezione e correzione ex-post: individuare il difetto in fasi


successive può essere molto costoso e negativo per la reputazione dell’impresa.
3.MIGLIORAMENTO e ISPEZIONE :
L’ispezione è la maniera meno efficace per migliorare la qualità dei processi. Tuttavia
in molti casi è necessario fare ricorso all’ispezione. Esistono 4 principali modalità di
ispezione:
-Ispezione completa: un addetto ha il compito di controllare ogni unità prodotta. Se
non automatizzato, è una modalità ad alto rischio di errori di ispezione dovuti alla
stanchezza;
-Ispezione del primo pezzo: si controlla l’impostazione del processo, controllando il
primo pezzo: se è senza difetti, significa che il processo è stato impostato
correttamente e che tutti i pezzi prodotti saranno di qualità;
-Prove distruttive:, es. urto dell’auto per verificare la tenuta dei paraurti;
- Controllo a campione: basandosi su tabelle di campionamento statistico gli addetti
controllano campioni presi casualmente o ad intervalli regolari da un lotto di
produzione. Se il livello di qualità del campione è superiore al livello minimo
accettabile (acceptable quality level, AQL), allora l’intero lotto supera l’ispezione. Un
lotto insoddisfacente viene ispezionato completamente e le unità difettose sostituite.

Il Miglioramento : L'APPROCCIO SIX-SIGMA


Identifica la filosofia ed metodi di controllo e miglioramento della qualità. Si rifà ad
un termine statistico per esprimere l’obiettivo di qualità di un numero di difetti non
superiore a quattro per milione di unità.
Gli strumenti analitici del Six Sigma
1. Diagramma di flusso 2. Run chart 3. Grafici di Pareto 4. Fogli di raccolta dati 5.
Diagrammi causa-effetto 6. Diagrammi di flusso delle opportunità 7. Grafici di
controllo.
SLIDES 4 E 5 : INNOVAZIONE ORGANIZZATIVA
I miglioramenti di performance non sono legati esclusivamente al prodotto, al
processo o all'attività commerciale ma anche ad una serie di attività svolte
all'INTERNO dell'impresa, che non sono rivolte in maniera diretta al cliente.
DEFINIZIONE DI ORGANIZZAZIONE: “Ogni attività umana organizzata, da
quella della produzione dei vasi a quella di inviare un uomo sulla luna, fa nascere due
esigenze fondamentali e opposte: la divisione del lavoro in vari compiti da eseguire e
il coordinamento di questi compiti per portare a termine l’attività. L’organizzazione
può essere definita semplicemente come il complesso delle modalità con le quali
viene effettuata la divisione del lavoro in compiti distinti e quindi viene realizzato il
coordinamento fra tali compiti” [Mintzberg, 1993]

Il problema dell'innovazione organizzativa è che l'organizzazione è una dimensione


difficile da quantificare e modificare.

Le variabili su cui agire per innovare l'organizzazione aziendale sono 2:


- Le strutture formali e le modalità di funzionamento dell'organizzazione (variabili
organizzative hard): è l'insieme di norme, procedure, ruoli e processi che
costituiscono la struttura organizzativa. Qui vengono definite le norme e le
procedure, vincoli che delimitano l'autorità aziendale e vengono progettati gli
organigrammi, che sono rappresentazioni grafiche della struttura organizzativa.
E' necessario definire quindi autorità e responsabilità;

- Le persone, i comportamenti, lo sviluppo aziendale e l'orientamento degli


stakeholders (variabili organizzative soft): • Human Resource
Management/Intellectual Capital Management • Nuovi approcci e strumenti per lo
sviluppo organizzativo • Corporate social responsibility (CSR)
Qui si tratta di gestire le risorse umane e il capitale intellettuale e costituiscono i
nuovi approcci e strumenti per raggiungere lo sviluppo organizzativo.

Per avere successo nel lungo periodo l'impresa dev'essere in grado di creare un
beneficio per tutti gli stakeholders e portare ad un miglioramento della reputazione
nel mercato e nel contesto in cui opera.
Sono le persone che operano all'interno dell'impresa che attraverso formazione e
motivazione possono portare al miglioramento delle prestazioni aziendali.
L'EQUILIBRIO ORGANIZZATIVO può essere raggiunto attraverso l'utilizzo di 4
elementi:
1. LEADERSHIP: capacità del vertice aziendale di definire gli obiettivi e influenzare
i comportamenti delle persone e si delinea attraverso 2 dimensioni:
- potere di posizione (leadership transazionale): I followers vengono motivati
grazie alla possibilità di ottenere ricompense personali, di qualsiasi tipo, che solo il
leader può concedere. ;
- potere personale(leadership trasformazionale): Il leader trasformazionale basa il
proprio potere sui principi, sull’autostima, sulla fiducia e sull’impatto motivazionale
ad avere una performance sopra la media.
2. AUTONOMIA (degli addetti): è necessario avere addetti bravi, motivati e
coinvolti, con elevate capacità individuali. Per stimolarli è necessario lasciare ad
essi un certo grado di autonomia;
3. COOPERAZIONE: bisogna sviluppare un lavoro di squadra per ottenere migliori
performance. Per arrivare ad ottenere una giusta cooperazione si deve agire sulla
cultura aziendale, facendo sentire i terzi parte integrante dell'organizzazione. La
cultura aziendale viene ad essere incorporata in artefatti simbolici (simboli fisici,
linguaggi, tradizione e storie) che hanno il compito di costruirla, conservarla e
trasmetterla;
4. CONTROLLO GERARCHICO: lo stimolo, il coinvolgimento e la motivazione
non sono sufficienti affinchè tutti operino al massimo delle proprie capacità
all'interno dell'azienda (FREE RIDING). Quindi è si necessario lasciare agli addetti
un grado di autonomia, ma bisogna anche che vi sia un controllo.

Cultura organizzativa
Struttura di codici che indirizza il comportamento degli attori organizzativi, sia in
occasione di eventi unici e straordinari, che in occasione di attvità ed interazioni
quotidiane. Tali codici sono sottoposti ad un percorso di creazione ed evoluzione
dinamica all’ambiente esterno nonchè interno. Grazie alla cultura organizzativa si
generano quindi modelli cognitivi per l’interpretazione degli eventi, coinvolgimento e
senso di appartenenza all’organizzazione

E’ incorporata in artefatti simbolici che hanno il compito di costruirla,


conservarla e trasmetterla. Bodega (1997) considera:
• I simboli fisici (edifici, abbigliamento, layout degli uffici e dei luoghi di lavoro,
isegne e loghi, ecc.)
• I linguaggi, che comprendono il gergo aziendale, gli scritti, le metafore, i detti, le
frasi celebri, gli slogan, i soprannomi
• Le tradizioni, che comprendono assunti, valori, riti, cerimonie (pranzi, convention,
premiazioni per risultati, fine carriera), routines
• Le storie, che comprendono leggende, miti, saghe, aneddoti, giochi, ideologie, che
servono a creare il vissuto di un’organizzazione ed il ruolo di certi personaggi
aziendali rilevanti o esaltare la formula imprenditoriale

LA SFIDA E' : Promuovere l’empowerment: come far incontrare esigenze della


direzione ed esigenze dei collaboratori?

a. Innovatività - Promuovere il pensiero innovativo;


b. Rispetto - Mostrare rispetto reciproco collaboratori-direzione;
c. Delega - Delegare da un lato e essere pronti ad essere delegati dall’altro;
d. Fiducia - se si è insoddisfatti del risultato, identificatene insieme le cause e
lavorateci sopra;
e. Flessibilità ed elasticità negli approcci;
f. Rischio – Promuovere l’assunzione di rischi e accettare gli eventuali insuccessi;
g. Distribuzione del potere decisionale;
h. Paura – eliminare la paura dall’ambiente lavorativo
i. Comunicazione – parlare, ascoltare, condividere;
l. Simboli – eliminare i simboli non necessari di gerarchia e separazione di status
(mensa, parcheggio, ambienti, ecc.)
m. Partecipazione – incoraggiare lo stile inclusivo e partecipativo
n. Condivisione – scambiarsi i ruoli?;
o. Collaborazione – abituarsi al lavoro collaborativo interfunzionale, lavorando su
processi, progetti, aree di miglioramento prioritarie;
SLIDES 7, 8 e 9 : L'INNOVAZIONE COMMERCIALE
Avviene attraverso le seguenti leve d'azione:
1. LE FORME INNOVATIVE DI MARKETING;
2. IL BRANDING;
3. LA PROMOZIONE E LA COMUNICAZIONE;
4. IL PACKAGING;
5. LA DISTRIBUZIONE E LA RETE COMMERCIALE;
6. LA GESTIONE DEL PUNTO VENDITA.

1. LE FORME INNOVATIVE DI MARKETING


Sono tutte le modalità per costruire e mantenere le relazioni con il cliente.
Il MARKETING: DEFINIZIONE DI BASE =
“Il marketing è il processo sociale mediante il quale una persona o gruppo ottiene ciò
che costituisce oggetto dei propri bisogni o desideri, creando e scambiando prodotti e
valore con altri.” (Kotler)

“..... È l’intera impresa riguardata dal punto di vista del suo risultato finale, cioè della
clientela.” (Drucker)

IL MARKETING: PRINCIPI ED APPLICAZIONI


Il marketing ha l’obiettivo di definire ed analizzare le aspettative dei clienti e le
possibili azioni dei concorrenti in uno spazio definito, evidenziando i nessi causali tra
strategie, soddisfazione dei clienti e successo economico e competitivo dell’impresa.
Il marketing ha modificato sia l’orientamento di fondo che le modalità operative
dell’organizzazione.
Da un lato ha introdotto la consapevolezza che il valore dell’impresa è generato dalla
sua capacità di creare relazioni continuative e differenziate con i clienti, fornendo
loro le dimensioni di valore che si aspettano e che sono disponibili a premiare.

Dall’altro ha ingegnerizzato sia il processo che la strumentazione per la


conoscenza del cliente e di tutti i fenomeni che influenzano i risultati dell’impresa.

è un orientamento di gestione per soddisfare i bisogni del cliente e garantire nuove


opportunità di business (IL CLIENTE AL CENTRO DELL'ATTENZIONE);
L'obiettivo è quello di definire e analizzare:
- le aspettative dei clienti;
- le possibili azioni dei concorrenti in uno spazio definito (non solo concorrenti diretti
ma anche produttori di beni sostituti).
Il marketing ha modificato l'orientamento di gestione basandolo sul CUSTOMER
SATISFACTION, creando relazioni con i clienti CONTINUATIVE e
DIFFERENZIATE.
Combina la logica di 3 PROCESSI CHIAVE della catena produttiva del valore :
1. PRODUCT DEVELOPMENT MANAGEMENT (PDM): l’innovazione dei
prodotti e dei servizi è generata dalla conoscenza di ciò che il cliente si aspetterà nel
futuro e dal valore che il cliente stesso gli attribuirà e sarà disponibile a pagare;
2. SUPPLY CHAIN MANAGEMENT (SCM): la produzione/consegna, oltre a
ridurre i costi, persegue anche la fornitura del livello qualitativo complessivo della
soluzione che il cliente si aspetta, attraverso la creazione di partnership con tutti gi
attori della catena del valore;
3. CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMNT (CRM): la vendita e il post-
vendita diventano l’occasione preziosa per valorizzare i contatti con i clienti così da
ottenere non solo ritorni economici, ma anche le informazioni necessarie a
classificarne con maggiore precisione le aspettative ed i comportamenti, per capire
come soddisfarli meglio della concorrenza, per stabilire come costruire relazioni
continuative e reciprocamente redditizie e per fidelizzarli.

In sintesi, il marketing sostituisce alla cultura focalizzata sulla produzione e sulla


vendita quella focalizzata sulla conoscenza dei clienti e delle dimensioni di valore
che gli stessi sono disposti a “premiare”, introducendo la “customer satisfaction” nel
linguaggio e nelle pratiche aziendali. Ciò significa operativamente stabilire le
strategie per creare innovazione e per differenziare l’offerta (customer value
proposition), definire i piani per valorizzare ogni contatto con i clienti ed i sistemi di
controllo con lo scopo di ottenere un incremento continuo della soddisfazione e della
fedeltà.

Il primo passo di queste sfide è la ridefinizione delle aree prioritarie di attività


dell’impresa, la cosiddetta mission. La mission è il manifesto chiave che concentra
l’attenzione dei dipendenti sullo scopo finale: soddisfare bisogni reali e potenziali
dei clienti meglio dei concorrenti.
Definita la mission, il marketing ......
• esplora ed analizza le tendenze del macroambiente, le aspettative dei clienti, i
comportamenti dei concorrenti e la natura dell’impresa stessa;
• decide gli obiettivi, le strategie ed i piani competitivi sia per il medio lungo termine
(marketing strategico) che per il breve (marketing operativo e piani di marketing
mix);
• individua le migliori soluzioni – in termini di risorse e processi – con le altre
funzioni dell’organizzazione per realizzare efficacemente le strategie ed i piani
definiti;
• monitora con continuità e precisione i risultati dell’azione sul campo in modo da
implementare efficaci processi di correzione e ridefinizione delle strategie e delle
azioni.
Una sfida particolarmente stimolante per alcuni imprenditori e manager è
rappresentata dalla capacità di esplorare il macroambiente e scovare per primi aree
di business innovative ad alto valore aggiunto nelle quali eventualmente ri-orientare
attività e prodotti che non possiedono più margini di redditività soddisfacenti.

L’analisi PEST – acronimo di political, economic, social, technology factors -


individua le quattro grandi aree da tenere sotto osservazione.
Tali fattori macro-ambientali, combinati con l’analisi dei fattori del micro-ambiente –
settore industriale, clienti, concorrenza, fornitori ed intermediari, prodotti sostitutivi –
permettono di evidenziare le opportunità e le minacce per l’impresa nella cosiddetta
analisi SWOT – acronimo di strenghts, weaknesses, opportunities and threats.
Elaborata l’analisi SWOT, in termini di marketing, l’impresa approfondisce l’esame
del mercato dei clienti, per stabilire quali mercati geografici servire e come essere
competitivi nel farlo, attraverso le attività STP – segmentazione, targeting e
posizionamento.

• La segmentazione ha lo scopo di identificare e misurare gruppi di clienti che hanno


bisogni ed aspettative omogenei, al fine di definire strategie specifiche di allocazione
delle risorse.
Le basi generali ed i fattori di segmentazione – geografica, demografica,
comportamentale, psicografica, situazionale – sono ormai noti in letteratura e nella
pratica manageriale, ma ogni impresa uscirà vincente in tale attività strategica se
saprà modificare i pesi delle variabili e individuare nuovi segmenti non ancora serviti.

• Quando l’impresa ha definito il profilo, la dimensione e l’opportunità di sviluppo


che rappresentano i vari segmenti, deve decidere su quali priorità, su quali segmenti-
obiettivo focalizzare gli investimenti: tali attività si riconducono tradizionalmente al
targeting.
Particolare rilevanza assume in tale attività la strategia di copertura del mercato e la
scelta di definire ed implementare strategie di copertura totale, di specializzazione di
mercato, di specializzazione di prodotto, di specializzazione selettiva, di mono -
segmento.

• Infine, il posizionamento rappresenta nella mente delle persone il brand o il


prodotto/servizio che soddisfa idealmente una specifica aspettativa, per cui lo fa
percepire più attraente e superiore rispetto alla concorrenza.

Il marketing ha 3 nature:
1.ANALITICA: si ricercano informazioni e dopo averle ottenute si effettua un'analisi
riguardante consumatore, ambiente competitivo e macroambiente (pest analysis).
Queste variabili determinano per l'impresa minacce, opportunità, punti di forza e di
debolezza (SWOT analysis);
2. OPERATIVA: combinazione delle 4P (analizzate di seguito);
3. STRATEGICA: si definisce la strategia ovvero: obiettivi, target dei consumatori e
posizionamento collocando il prodotto/servizio nella mente del consumatore per far
si che i nostri prodotti assumano una percezione diversa da quelli dei
consumatori (modello tridimensionale di Abbel).
MARKETING MIX (4P)
E' composto da:
1.PRODOTTO: Prodotto da offrire, in termini di insieme di attributi tangibili ed
intangibili il cui combinarsi deve fornire un insieme di benefici all’utilizzatore: le
strategie di differenziazione e di introduzione di varianti, la gamma dei prodotti e la
loro gestione attiva, l’analisi del ciclo di vita dei prodotti, la gestione della marca e la
relativa protezione legale, ecc..;
2.PREZZO: La seconda leva del marketing è tradizionalmente il prezzo, forse la più
facile da manovrare ma al contempo la più difficile da pianificare e gestire
efficacemente, soprattutto nel mediolungo periodo. In relazione alla leva di prezzo,
generalmente vi sono due ordini di decisioni da prendere: le decisioni strategiche e
le decisioni tattiche.
Le prime definiscono i livelli di prezzi ufficiali e di conseguenza l’immagine
dell’azienda in termini di valore agli occhi del mercato. Le seconde sono realizzate
per correggere fluttuazioni della domanda o per approfittare di imperfezioni del
mercato su basi temporali molto brevi.
Il processo di determinazione dei prezzi dovrebbe tener conto di fattori interni, fattori
concorrenziali e fattori dati dalle caratteristiche e dalle aspettative dei clienti. I costi
sono ritenuti ancora oggi la base fondamentale per fissare il prezzo.
I costi aziendali dovrebbero quindi essere conosciuti puntualmente – attraverso
attività rigorose di costing - ma rappresentano solo la condizione necessaria e non
sufficiente per arrivare a presentarsi al mercato con dei listini coerenti – attraverso
l’attività di pricing.
(Analisi dei costi L’approccio “every day low pricing” – riduce i prezzi di listino ed
elimina gli sconti temporanei – pro e contro);
3.DISTRIBUZIONE: La terza leva operativa che compone il marketing mix
internazionale è la distribuzione (place), quale gestione dei canali distributivi con
proiezioni pluriennali, in termini di identificazione e gestione degli intermediari e di
connessa rete vendita.
• Canali diretti – esigenza di info sul prodotto, elevata personalizzazione del prodotto,
rilevanza delle quantità, importanza della logistica - Negozi di proprietà (Tod’s,
Armani, Lego, Sony) - Punti vendita in grandi magazzinia/aeroporti (Vodafone)
• Canali indiretti – essenziale un vasto assortimento, la disponibilità del prodotto è un
fattore critico, importanza del servizio postvendita L’immagine del venditore può
essere “trasferita” ai prodotti distribuiti;
4.PROMOZIONE: La quarta ed ultima leva del marketing mix è costituita dalla
promozione, quale insieme di mezzi e strumenti – pubblicità, comunicazione
istituzionale, propaganda – volti a creare interesse ed a veicolare i prodotti e
l’immagine dell’azienda nel suo complesso.
5.PACKAGING: Si investe nel miglioramento delle modalità di confezionamento
del prodotto.
CRITICHE ALLE 4P
1. Invece di parlare di prodotto in senso stretto (superiorità tecnologica) bisogna parlare di
soluzioni che guardano ai bisogni dei consumatori;
2. Il prezzo bisogna legarlo al beneficio conferito ai consumatori, e non ai costi;
3. Bisogna focalizzare la distribuzione sull'accesso facile per i clienti attraverso multicanali;
4. Bisogna promuovere il proprio prodotto comunicando i reali benefici che i clienti
ottengono dal suo utilizzo.
LE FORME INNOVATIVE DI MARKETING
Oggi, le imprese per innovare cercano di rivoluzionare il marketing tradizionale,
introducendo:
- il marketing basato sull'esperienza: si sviluppano o si richiamano le sensazioni
(sensoriali, sentimentali o percettive) offerte dal prodotto/servizio:
Experience-based economy: poichè qualità e caratteristiche funzionali di prodotti/
servizi sono sempre più standardizzate, ciò che fa differenza è l’esperienza del
prodotto/ servizio.
Experential marketing: promuove il prodotto non solo comunicandone le
caratteristiche ed i benefici, ma anche associandolo ad esperienze uniche ed
interessanti: si vuole “dimostrare come un brand possa arricchire la vita del cliente”
Le forme dell'esperienza possono essere : • Sensoriale/percettiva; •
Sentimentale/affettiva; • Intellettuale; • Attiva; • Relazionale;
Le linee guida per l'experential marketing sono :
• Obiettivo di “scuotere” il pubblico, usando la creatività, la sorpresa, a volte anche la
provocazione
• Pensare in primis all’esperienza del cliente, e poi alle caratteristiche funzionali del
prodotto e ai benefici del brand;
• Curare con estrema attenzione i dettagli dell’esperienza – stimolare l’esperienza
sensoriale, viscerale, esaltante, corporea e mentale, fare in modo che il cliente
“esulti”
• Identificare un piccolo elemento che innesca, incornicia, riassume e caratterizza
l’esperienza: il cucù, la mucca, ecc.
• Pensare alla situazione di consumo, non al prodotto: la riflessione in bagno, non il
rasoio, un pasto informale, non il panino!
• Usare le tecniche e gli strumenti in modo eclettico;
• Aggiungere dinamismo e ‘dionisismo’ nell’organizzazione e nel brand: tendere alla
passione, alla creatività, all’estasi.

- il marketing one-to-one: si concentra sul singolo consumatore, personalizzando il


prodotto/servizio “creando qualcosa di unico per quel cliente” (Es. il caso Nike da
scarpe di massa a scarpe progettate dall'acquirente). Il consumatore comunica
all'impresa come vuole il prodotto, ma bisogna comunque bilanciare la
personalizzazione con i costi che l'impresa sostiene per produrre;
- l'e-tailing (o e-commerce): Le nuove forme di ‘intermediazione digitale’
all’acquisto ed al consumo fanno recentemente emergere nuove problematiche
gestionali sconosciute a coloro che hanno svolto tradizionalmente attività off-line, o
‘a sede fissa’.
Non si tratta semplicemente di gestire l’attivazione di un nuovo o ulteriore canale di
vendita, bensì sperimentare modalità distributive caratterizzate da specificità
gestionali da armonizzare con quelle tradizionali. Le caratteristiche del commercio
elettronico sono :
- Maggiore intensità informativa che rende possibile svincolare l’attività informativa
da quella logistica
- A-spazialità e a-temporalità, che svincolano le opportunità di vendita di un
produttore/negozio dalla sua ubicazione sul territorio e dal rispetto di orari;
- Nuovo ruolo della logistica;
- Il potenziale di estensione e di relazione disponibile per le imprese attraverso la
gestione di relazioni dirette e disintermediate rispetto ai media tradizionali;
- Importanza degli strumenti di mediazione telematica / interattività del sito e servizi
di supporto alla transazione.

L'INNOVAZIONE COMMERCIALE: GESTIONE DEL PUNTO VENDITA

Negli studi di marketing, tradizionalmente poca attenzione è stata prestata al fatto che
le scelte del consumatore comprendono decisioni realtive non solo al prodotto o alla
marca da acquistare, ma anche alla selezione del punto vendita.
Tale gap è ancora più critico se si considera che non raramente la scelta del punto
vendita precede quella del prodotto, condizionando significativamente il processo
decisionale e di acquisto.
La situazione del passato ......
- Si enfatizzava la funzione di raccordo spazio-temporale tra produzione e consumo; -
La scelta del punto vendita e il comportamento di shopping erano considerate attività
prevalentemente razionali volte a soddisfare un bisogno di tipo funzionale;
Oggi ......
- Si enfatizza la dimensione ludica e ricreativa dello shopping - Attenzione alla
ricerca di stimoli sensoriali che permettano di vivere un’esperienza di acquisto
coinvolgente ed appagante - Importanza della differenziazione dei punti vendita in
relazione al target di riferimento (Caso Tesco)

Oggi sono il punto di contatto fondamentale con il mercato poiché riescono a recepire
dei feedback per indirizzare la propria offerta verso la soddisfazione del cliente,
generalmente si sceglie prima il punto vendita e poi il prodotto presupponendo che i
prodotti di quel punto vendita siano di qualità.
Oggi si ritiene che lo shopping debba avere una dimensione ludica e ricreativa,
poiché il cliente non sceglie sempre razionalmente, ma viene influenzato dalla sfera
emotiva.
Si differenzia il punto vendita a seconda del target di mercato che si intende
soddisfare.
Gli elementi base per gestire il punto vendita sono 3:
1. STRUTTURA-MERCHANDISING: elementi che ne definiscono lo spazio e
l’ambientazione per la vendita: architettura, materiali, lay-out attrezzature,
decorazioni, vetrinistica, colori, illuminazioni, odori, musica, ecc. ;
2. ASSORTIMENTO: riguarda le modalità di presentazione dei prodotti e “chiavi di
lettura” utilizzate per organizzare l'offerta come VISUAL MERCHANDISING e
CATEGORY MERCHANDISING (criteri per aggregare e presentare il prodotto);
3. INTERAZIONE: profilo umano del venditore e interazione con il prodotto;
4.SERVIZI : informativi e ricreativi: scanning, chioschi multimediali, ecc.

MERCHANDISING
E' l'attività che cura la progettazione e la realizzazione degli spazi del punto vendita
compresi quelli dell'amministrazione e dello stoccaggio.
Deve coniugare aspetti strutturali e aspetti di natura intangibile, cercando di costruire
poli emozionali per creare maggior coinvolgimento dei sensi nel processo di acquisto
all'interno del punto vendita.

VISUAL MERCHANDISING
E’ l’insieme delle attività che hanno lo scopo di ottimizzare la presenza del prodotto
all’interno del punto vendita.
Fa uso di tutte le tecniche di comunicazione, sensoriali e visive con lo scopo di
rendere il punto vendita più attraente per l’acquisto.
Richiede competenze di vario genere, tra cui semiotica (studio di segni e simboli),
psicologia sociale, design ‘interni, architettura.
- Parte dalle leve che sono tradizionalmente definite di merchandising – layout
attrezzature, layout mercelogico, display e allocazione dello spazio espositivo – per
ampliare notevolmente il campo d’azione includendo insegna, vetrine, ingresso,
design degli ambienti, segnaletica, cartellonistica.
- Utilizza tutti gli strumenti e le tecniche di comunicazione visiva all’interno ed
all’esterno del punto vendita.
- Deve permettere in primis al cliente di accedere – visivamente e/o fisicamente - ai
prodotti anche senza l’intervento del personale di vendita, e quindi stimolare acquisti
complementari e aggiuntivi attraverso aggregazioni e sequenze merceologiche
logiche e funzionali.
DIMENSIONI ORGANIZZATIVO-GESTIONALE
1. COMUNICAZIONE ALL'ESTERNO DEL PUNTO VENDITA;
2. COMUNICAZIONE ALL'INTERNO DEL PUNTO VENDITA;
3. ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO VENDITA;
4. ESPOSIZIONE DEI PRODOTTI;
5. ATMOSFERA DEL PUNTO VENDITA.

1. COMUNICAZIONE ALL'ESTERNO DEL PUNTO VENDITA


Il passante deve innanzitutto coglierne la presenza. L’aspetto esteriore è fondamentale
perchè esercita il primo impatto a livello di immagine
Importanza della coerenza di tutti gli elementi di design esterno: facciata, insegna,
ingresso, vetrina.
Comunicazione semiotica (scienza dei segni), dove le scelte devono essere orientate
a rappresentare simbolicamente il format distributivo, le merceologie e il
posizionamento dell’offerta.

L’ingresso
Importanza delle decisioni relative all’ingresso nel PV: passaggio in piano o gradini
verso l’alto o verso il basso; dimensione, materiali, percorso di traffico, elementi di
ingombro in prossimità dell’entrata, tecnica di apertura.
E’ la barriera fisica che può diventare anche psicologica, rendendo particolarmente
difficile l’accesso.
La vetrina
E’ il principale strumento di comunicazione, con cui proporre i valori e le
caratteristiche che identificano il punto vendita e lo rendono peculiare rispetto agli
altri.
L’allestimento comporta una lunga serie di scelte: numerosità degli articoli da
esporre, le loro aggragazioni, i punti focali, i volumi di occupazione, le forme e le
geometrie espositive, la cartellonistica, gli elementi decorativi, la frequenza di
rinnovo.
Dovrebbe utilizzare gli stessi criteri di aggregazione e presentazione dell’interno del
PV

2. COMUNICAZIONE ALL'INTERNO DEL PUNTO VENDITA


Viene espressa da: • Arredamento • Pavimentazione • Sistemi di illuminazione • Muri
perimetrali e soffittatura • Camerini di prova • Ascensori e scale • Chioschi
multimediali • Strutture di animazione.
3. ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO DI VENDITA
Bisogna definire:
• Definire la circolazione e il disegno dei percorsi e quindi degli spazi di agibilità per
la clientela
• Disposizione delle attrezzature nello spazio di vendita (layout delle attezzature)
Consiste nella pianificazione dello spazio orizzontale e della mobilità in verticale, e
nella determinazione dei percorsi dei clienti al fine di influenzarne il comportamento
d’acquisto.
Obiettivi contrastanti clienti e gestore: libertà, assenza di vincoli vs redditività per
mq, maggiore presenza di prodotti, percoso guidato
• Inserire le aggregazioni merceologiche nello spazio vendita (layout merceologico)
Il layout merceologico si sostanzia nelle seguenti attività:
- Scelta dei criteri di classificazione delle merceologie e definizione dei reparti:
affinità merceologica, destinazione d’uso, clientela, stagionalità, stile di vita, marche,
prezzo
- Allocazione dei reparti nello spazio espositivo: zone calde e fredde, gestione aree di
prossimità all’ingresso, gestione dei piani, gestione della stagionalità (giocattoli a
Natale, scuola a settmbre, campeggio a primavera, ecc.), gestione dei poli
d’attrazione, gestione dei reparti stop&think (ICT)
- Dimensionamento dei singoli reparti
Tutto ciò deve favorire:
1. acquisti non programmati;
2. acquisti di prodotti affini-complementari;
3. clima favorevole per il cliente.
4.l'afermazione di un'immagine del punto vendita.

I modelli di layout più frequenti sono:


1. LAYOUT A GRIGLIA: lunghe file di scaffali con corridoi rettilinei che
definiscono percorsi OBBLIGATI o SEMI-OBBLIGATI. I vantaggi sono la
semplicità dei percorsi e l'elevata visibilità del prodotto mentre gli svantaggi sono
il limitato orientamento del cliente al TIME-SAVER ,l'esposizione uniforme e
monotona;
2. LAYOUT A ISOLA: non esiste un ordine delle attrezzature espositive. Esempi:
punti vendita specializzati non alimentari o all’interno di grandi magazzini;
Pro e contro: piacevolezza e dinamicità che tendono ad aumentare tempi medi di
permanenza e acquisiti d’impulso vs riduzione spazio espositivo e minore capacità
contenitiva di prodotti;
3. LAYOUT A BOUTIQUE:l’intera area del PV è divisa in molti piccoli punti
vendita specializzatti secondo la logica dello “shops in the shop” ; Esempi:
Rinascente, Macys;
4. LAYOUT MISTO: contaminazione tra i diversi modelli. Esempio: reparto vini in
Ipercoop
4. L'ESPOSIZIONE DEI PRODOTTI
I criteri di esposizione possono essere VERTICALE-ORIZZONTALE:
• Verticale per linee di prodotto e orizzontale per marca;
• Orizzontale per linea e verticale per marca
Gestione del livello suolo, livello mani, livello occhi, livello cappello
Obiettivo comune: ottimizzazione dello spazio espositivo

5. ATOMOSFERA DEL PUNTO VENDITA


Si riferisce a tutti gli elementi non facilmente definibili e molte volte sono variabili
che rendono un punto vendita più appetibile di un altro.
Gli elementi principali che definiscono l'atmosfera del punto vendita sono:
1. Presentazione e qualità del personale (abbigliamento, accoglienza, gentilezza,
empatia, professionalità, );
2. Clima del punto vendita (relazioni tra dipendenti – dipendenti e dipendenti-gestori
del PV);
3. Allegria e positività (es. luci ,musica, profumi).

FORME INNOVATIVE DEL PUNTO VENDITA :

• Il concept store: con unica impresa, pochi prodotti a svariate merceologie abbinate
a servizi ed eventi
• I guerrilla stores: parte di tecniche di comunicazione non convenzionale – basate
su effetto sorpresa, scandalo, ironia pesante - volte a ottenere il massimo della
visibilità con il minore degli investimenti
• I temporary shop: aprono e chiudono velocemente, aperti in luoghi
particolarmente rappresentativi (zone esclusive, alla moda, in gallerie d’arte e
ristoranti) per creare un evento, supportare il lancio di un nuovo prodotto, rafforzare
la marca
• Il negozio virtuale
MODELLI ALTERNATIVI
CANVAS
E' uno strumento che permette di far convergere tutte le dimensioni dell'innovazione
in un modello più ampio.
Oggi le dimensioni dell'innovazione non possono essere identificate o gestite
separatamente, ma bisogna costruire il cosiddetto “puzzle dell'innovazione” per
gestire l'insieme attraverso il CANVAS.

Le fasi del CANVAS sono:


- VALUE PROPOSITION: bisogna identificare il valore da poter offrire, gli aspetti
dell'offerta che determinano il valore per il cliente, il target e i canali distributivi e
relazionali;
- KEY ACTIVIES: l'impresa deve gestire al meglio i propri processi interni attraverso
la KEY RESOURCES che individua l'insieme di risorse che l'impresa può
impiegare per migliorare efficacia, efficienza e value proposition, agendo su
macchinari, attrezzature, competenze e know- how;
- KEY PARTNERS: gestisce le relazioni con tutti gli attori che consentono di
svolgere al meglio le sue attività attraverso relazioni positive con essi,

In tutte le fasi del CANVAS l'impresa deve comunque ottenere un profitto e


l'equilibrio tra costi e ricavi (equilibrio economico-finanziario).

Nell'ambito del VALUE PROPOSITION bisogna capire anche come


DIFFERENZIARE la propria OFFERTA e per fare ciò occorre agire sulle seguenti
variabili di differenziazione:
1. LEADERSHIP TECNOLOGICA O DI PRODOTTO: bisogna ottenere un prodotto
più performante rispetto agli altri dello stesso mercato di riferimento;
2. ECCELLENZA DELLE OPERAZIONI: il prodotto non è il più performante ma
consegue comunque un'efficienza grazie ai processi che vengono svolti bene e al
prezzo competitivo;
3. CURA DEL CLIENTE: cura le relazioni con i clienti;
4. CREAZIONE DI ESPERIENZE: si valorizza l'esperienza di acquisto e consumo
del prodotto;
5. PARTICOLARITA' DEL PRODOTTO/SERVIZIO: lancio di un prodotto
completamente nuovo, soddisfacendo esigenze latenti;
6. LIFESTYLE: vende non solo il prodotto in se, ma uno stile di vita;
7. LEADERSHIP DI PREZZO: offre un prodotto di qualità al miglior prezzo
possibile;
8. LEADERSHIP DEL SISTEMA DISTRIBUTIVO: prodotto non eccellente ma
distribuito ovunque.
9. NICCHIA: pochi prodotti ma qualità eccezionale;
10. BRAND DRIVEN: si investe molto in pubblicità in modo da rafforzare il
marchio;
11. COMMUNITY DRIVEN: sviluppa nei clienti il senso di appartenenza ad un
gruppo di riferimento;
12. DESIGN DRIVEN: il prodotto non è molto performante dal punto di vista
tecnologico-funzionale ma ha un design molto apprezzato sul mercato.7
SLIDE 10 : INNOVAZIONE DEL BUSINESS MODEL
BUSINESS MODEL
Con il concetto di “modello di business” si intende la sintesi e l’integrazione di tutte
le componenti strategiche, organizzativo-gestionali ed economico- finanziarie che
ciascuna impresa elabora, implementa, gestisce e valuta per garantirsi competitività e
sostenibilità.

IL BUSINESS MODEL: UNO SCHEMA DI ANALISI


IL CANVAS è la schematizzazione di uno strumento concettuale e operativo che
permette di elaborare e descrivere il modello di business che gestisce e valuta
l'efficacia dei processi dell'innovazione.
Nella prospettiva della gestione dell’innovazione, il “Canvas” permette di
elaborare, implementare e valutare l’efficacia dei processi di innovazione e di
integrare strategicamente una serie di iniziative, azioni, progetti gestionali di
miglioramento e di cambiamento che, se sviluppate a se stanti, possono
comportare ridotte performance ed impatti sull’organizzazione.

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