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CAPITOLO 1 : INTRODUZIONE
IMPORTANZA DELL'INNOVAZIONE TECNOLOGICA
L'innovazione tecnologica in molti settori è il fattore determinante per il successo
competitivo ed è fondamentale innovare per mantenere e acquisire posizioni di
posizioni di leadership nel mercato e recuperare condizioni di svantaggio. La crescita
di importanza dell'innovazione è dovuta alla globalizzazione che crea pressione
tramite la concorrenza internazionale impedendo la produzione di prodotti molto
differenziati. L'innovazione è una leva decisiva anche in settori dove sembra essere
superflua (es.Ferrero grand soleil). L'introduzione di nuovi prodotti consente di di
proteggere i profitti mentre gli investimenti nell'innovazione di processo servono per
ridurre i costi. I progressi tecnologici accelerano i ritmi innovativi (i software
progettano e sviluppano) anche tramite sistemi di produzione flessibili , che rendono
economicamente sostenibili cicli di produzione sempre più brevi, attenuando
l'importanza delle economie di scala e permettendo di produrre più varianti dello
stesso prodotto per raggiungere tutti i target di clientela differenziandosi rispetto alla
concorrenza .
Le tecnologie flessibili consentono di passare dalla produzione di un prodotto a
quella di un altro senza interruzioni, adottando i programmi degli impianti in base
alle informazioni simultanee del mercato, condividendo i costi (si riducono quelli di
investimento, sviluppo ed approvvigionamento , aumentando il grado di utilizzo delle
capacità degli impianti). Quando alcune imprese adottano nuove tecnologie ed
accelerano il ritmo di innovazione, elevano barriere all'ingresso, creando per l'intero
settore un balzo in avanti sollecitando le imprese ad accorciare i cicli di sviluppo e
introduzione di nuovi prodotti. L'esito finale è una maggiore segmentazione del
mercato ed una più rapida obsolescenza riducendo il ciclo di vita (ossia l'intervallo di
tempo tra l'introduzione sul mercato e il ritiro o la sostituzione con un prodotto di
nuova generazione) del prodotto e stimolando le imprese a concentrarsi
sull'innovazione come imperativo strategico (obsolescenza riduce i profitti).
LA CREATIVITA':
La creatività è anche definita come facoltà di generare idee nuove, la capacità di
produrre un “qualcosa” di utile e nuovo, che in quanto tale , deve essere differente da
quanto realizzato in passato , e sorprendente .
Il grado di innovatività viene stabilito da differenza rispetto ai prodotti che l'hanno
preceduto, e dalle esperienze passate del mercato (es. un prodotto può essere nuovo
nel mercato locale , ma già conosciuto in altre parti del mondo).
-CREATIVITA' INDIVIDUALE-
Le capacità creative di un individuo sono funzione della sua capacità intellettuale,
delle conoscenze che possiede, della sua forma mentis, della sua personalità, delle
motivazioni che lo ispirano e dell'ambiente che lo circonda.
-le capacità intellettuali: comprendono la capacità di osservare i problemi da
prospettive non convenzionali, la capacità di riconoscere e selezionare le idee che
devono essere sviluppate . Ma la conoscenza deve essere pur sempre dosata in
maniera corretta ed efficace in quanto, una conoscenza troppo limitata di un problema
non consente la comprensione del problema tale da poterlo risolvere, mentre una
conoscenza troppo approfondita potrebbe restare intrappolata in schemi logici e
paradigmi dominanti.
-circa la forma mentis: gli individui più creativi sono coloro che prendono decisioni
in maniera del tutto originale e sono abili nel discernere i problemi importanti da
quelli secondari, e ciò dipende dall'autostima, dalla tolleranza dell'ambiguità , dalla
disponibilità a correre rischi ragionevoli e la volontà di superare gli ostacoli.
-motivazione interna : anch'essa importante visto che si è più inclini alla creatività
quando si lavora su qualcosa che piace ed interessa davvero.
-ambiente : per liberare completamente il potenziale creativo di un individuo, è
indispensabile coltivarlo in un ambiente in cui le idee vengono sostenute e
riconosciute.
-CREATIVITA' DI UN'ORGANIZZAZIONE-
La creatività di un’organizzazione dipende dalla creatività degli individui che la
compongono e dai i processi sociali che plasmano il modo in cui questi individui si
comportano e interagiscono.
Come incentivare la creatività di un'organizzazione?
-con sistemi per la raccolta delle idee (la cassetta dei suggerimenti) = ove
convengono le idee dei dipendenti e quelle realizzate ottengono dei riconoscimenti
morali, e non economici ; attraverso questo tipo di riconoscimento, il dipendente che
presenta l'idea diventa responsabile del processo di elaborazione della propria
proposta.
Questo sistema è semplice da adottare e prevede dei costi piuttosto contenuti .
Tuttavia rappresentano solo un primo passo nello stimolo della creatività;
I SINGOLI INDIVIDUI :
La maggior parte degli studi recenti ha rilevato che l’innovazione non è un processo
così semplice e lineare, ma che invece può scaturire da molteplici fonti e seguire
molti percorsi di sviluppo differenti.
Spesso infatti, le imprese formano:
-collaborazioni con clienti, fornitori , produttori o università locali
-collaborazioni con concorrenti e produttori di beni complementari: i beni
complementari di un'altra impresa sono parte del prodotto e ne determinano il
successo e la riuscita (es. cassetta e videoregistratore).
In caso di concorrenti multipli – ovvero di imprese che si confrontano in più aree di
business – il confine tra concorrenti e produttori di beni complementari diventa vago.(Ad
esempio, Kodak e Fuji sono concorrenti nel mercato delle pellicole fotografiche. Fuji
però rappresenta anche un produttore di un bene complementare per Kodak nel mercato
delle macchine fotografiche.)
-UNIVERSITA' E RICERCA CON FINANZIAMENTI PUBBLICI :
Lo Stato finanzia differenti forme di innovazione tra cui:
UNIVERSITA': Molte università stimolano il corpo docente ad intraprendere attività
di ricerca che possano condurre a innovazioni utili. Di solito , la proprietà
intellettuale di un'università comprende innovazioni sia brevettabili sia non
brevettabili : l'università conserva l'esclusiva sui diritti di commercializzazione
dell'innovazione, e se un'invenzione riscuote successo commerciale, condivide i
proventi con i singoli inventori. Per favorire tutto ciò , molte università hanno istituito
delle strutture chiamate a favorire il trasferimento tecnologico. Le università
forniscono inoltre un , un contributo significativo all'innovazione mediante la
pubblicazione dei risultati delle ricerche, frutto degli sforzi dei ricercatori.
ES. I prodotti della Ferrero sono realizzati attraverso processi produttivi a elevata complessità
tecnologica ; l'innovazione si estende dalla selezione delle materie prime alla sperimentazione di
nuove tecniche , dai processi produttivi al confezionamento.
Ferrero dedica pertanto una porzione cospicua dei suoi investimenti allo sviluppo di innovazioni
tecnologiche e organizzative da introdurre lungo le linee di produzione. Molti dei suoi brevetti
registrati tutelano proprio i processi di produzione industriale.
Un'innovazione può implicare una modifica dei singoli componenti , della struttura
generale (l'architettura) entro la quale operano i signoli componenti, o di entrambi.
Infine, dovrebbe essere chiaro che le curve a S che descrivono la diffusione di una
tecnologia, sono in parte una funzione delle curve a S tracciate dal processo di
miglioramento della tecnologia : al crescere del suo grado di perfezionamento , i suoi
benefici diventano più evidenti e la sua utilità si manifesta con maggiore chiarezza
agli utilizzatori potenziali, incoraggiando così il processo di adozione. Gradualmente,
i rischi associati all’utilizzazione di una nuova tecnologia si attenuano (mentre i costi
di utilizzo diminuiscono), rendendone possibile l’adozione da parte di segmenti di
mercato sempre più ampi.
CURVE A S COME STRUMENTO DI PIANIFICAZIONE :
I manager possono avvalersi ai modelli con curva a S per:
1.Prevedere quando una tecnologia raggiungerà i suoi limiti;
2.Decidere se e quando passare a una tecnologia innovativa o radicale.
2.Primi Adottanti(13,5 %): sono ben integrati nel sistema sociale, esercitano una
forte influenza sul comportamento di amici e colleghi, sono i “guru” a cui le persone
si rivolgono per avere informazioni e consigli affidabili, fungono da “evangelist” del
nuovo prodotto.
5.Ritardatari(16 %): non sono mai “opinion leader”, basano le proprie decisioni più
sulle esperienze passate che sulle influenze delle reti sociali, sono estremamente
scettici verso l’innovazione (e verso gli innovatori), adottano un nuovo prodotto solo
quando hanno la certezza della sua utilità.
I CICLI TECNOLOGICI:
L'INTENTO STRATEGICO:
L’intento strategico dell’impresa si identifica nella scelta di un obiettivo o di una serie
di obiettivi a lungo termine (10 o 20 anni) molto ambiziosi. L’intento strategico
dovrebbe essere ispirato alle core competency possedute dall’impresa, da potenziare e
sfruttare quanto più possibile, da estendere fino al limite, fino al raggiungimento delle
aspirazioni che hanno motivato l’intera organizzazione. Una volta definito l’intento
strategico, il management dovrebbe individuare le risorse e le capacità da sviluppare
o da acquisire per poterlo realizzare.
SLIDE 2 : L'INNOVAZIONE DI PRODOTTO E LA
GESTIONE DEL PROCESSO DI SVILUPPO DEL NUOVO
PRODOTTO
1. INNOVAZIONE DI PRODOTTO
Indica in COSA cambia l'OUTPUT e può essere:
- DI TIPO INCREMENTALE: cambia la struttura del prodotto introducendo attributi
o funzionalità nuovi;
- DI TIPO RADICALE: si sviluppa un prodotto nuovo e l'innovazione risulta
rivoluzionaria.
DEFINIZIONE DI PRODOTTO:
Il prodotto (servizio) è il risultato di un determinato processo ottenibile mediante il
pagamento di un certo corrispettivo.
Il prodotto è tradizionalmente classificato in accordo ad alcuni criteri:
Il prodotto è classificabile mediante alcuni parametri:
- DESTINAZIONE;
- DURATA;
- NATURA;
- DESTINATARI.
DESTINAZIONE
- Prodotti finali: (con competizione tra marchi) sono beni destinati a soddisfare
bisogni umani ed è caratterizzato da distruzione immediata e usura progressiva.
(business to consume); pertanto il bene non servirà più alla produzione ;
- Prodotti intermedi: (senza competizione tra marchi) il consumo di tali beni è un
momento del ciclo della produzione (business to business).
DURATA
- Prodotti durevoli: il consumo non corrisponde ad una distruzione immediata del
prodotto (es elettrodomestico);
- Prodotti non durevoli: si ha la distruzione immediata del prodotto con l'utilizzo (es.
alimenti).
DESTINATARI
- Prodotti/servizi individuali: l'uso del prodotto da parte di un individuo esclude un
altro individuo dal suo utilizzo (es. beni privati);
- Prodotti/servizi collettivi: sono beni che producono efficienze (esternalità positive
ed inefficienze (produzione non conveniente per privati e free riding) e più persone
utilizzano il prodotto nello stesso tempo; può essere il risultato di iniziative private
ma spesso di organismi pubblici.
NATURA
-Prodotti materiali: prodotto palpabili stoccabili e consumati dopo essere stati
prodotti
-Prodotti immateriali: non stoccabili, consumati prevalentemente nello stesso tempo
in cui sono prodotti (es. consulenza medica, know-how).
Concetto di prodotto-sistema
Aggregato di elementi ordinati per realizzare un obiettivo precedentemente definito;
combinazione di parti costituenti un tutto “complesso o unitario” .
Tale PRODOTTO-SISTEMA è scomponibile in sottosistemi aventi ciascuno una
propria funzione. Il SOTTOSISTEMA a sua volta può essere scomposto in
COMPONENTI e ancora in OGGETTI TECNICI-ELEMENTARI.
Schema di scomposizione : (prodotto-sistema → sottosistemi → componenti →
oggetti tecnici-elementari).
FUNZIONI DEL PRODOTTO
1. COMPLEMENTARI: tale funzione è necessaria per la soddisfazione del bisogno
principale (es. fotocamera del cellulare);
2. PRINCIPALI: funzioni per le quali il prodotto è stato concepito;
3. DI CONSTRIZIONE: la funzione è imposta dalla necessità di realizzare il prodotto
utilizzando le tecnologie disponibili;
4. LUDICHE: sono funzioni legate ad un bisogno particolare del cliente (es. comfort,
estetica);
5. DI VINCOLO: funzioni imposte da norme legislative e dai regolamenti in vigore.
FASE 0 → PIANIFICAZIONE
Questa fase precede l'approvazione del progetto e si ha il lancio del vero e proprio
processo di sviluppo del prodotto.
Si effettua un'ANALISI della DOMANDA DI MERCATO, elaborando i dati
provenienti dall'ambiente ed è legata alla strategia aziendale.
L'output di questa fase è la DICHIARAZIONE DEGLI OBIETTIVI DI PROGETTO,
FASE 1 → LO SVILUPPO DEL CONCEPT
Si identificano i bisogni del target di mercato, si generano e si valutano concept di
prodotto alternativi e si selezionano alcuni concept che verranno ulteriormente
sviluppati e testati. Spesso si sviluppano analisi dei prodotti concorrenti e un primo
budget di progetto.
Il concept è la descrizione della forma, delle funzioni e delle carattteristiche di un
prodotto.
FASE 2 → PROGETTAZIONE DEL SISTEMA-PRODOTTO
In questa fase si definisce l'architettura del prodotto, si scompone in sottosistemi,
componenti e oggetti tecnici-elementari e si progetta lo schema finale di montaggio.
L'output di questa fase è la definizione delle geometrie di massima del prodotto, le
principali specifiche di ciascun sottosistema e il diagramma di flusso preliminare di
montaggio.
Questa è la fase più delicata perchè si possono trasferire gli errori nelle altre fasi con
il pericolo di vedere lievitare i costi di produzione o progettare processi troppo lenti.
I PROBLEMI DELLA PROGETTAZIONE “CONVENZIONALE”:
1-la progettazione è lenta: Il prodotto/servizio arriva tardi sul mercato, quando i
concorrenti sono già saldamente posizionati. Il marketing deve sempre inseguire la
concorrenza; la produzione si trova a dover rincorrere miglioramenti già introdotti; i
ritorni finanziari lenti ritardano e impediscono il recupero degli investimenti.
2-la progettazione è miope : La progettazione è intesa come mera progettazione dei
prodotti e non si cura contemporaneamente la progettazione dei relativi processi e dei
servizi complementari che comprendono spesso le reali attività a valore necessarie
allo sviluppo e commercializzazione dei nuovi prodotti.
3-la progettazione è avulsa dal contesto aziendale: I “progettisti” sono un gruppo a
parte. Lavorano senza contatti con i loro clienti, finali ed interni e sulla base di
scarsissime informazioni provenienti dal mercato.
4-la progettazione non è focalizzata: Mancanza di linee guida chiare che indirizzino
i programmi di progettazione verso il rispetto degli obiettivi e delle funzionalità di
prodotto/servizio.
PER UNA PROGETTAZIONE EFFICACE:
-Lavorare in team inter-funzionali
-Sviluppo del concetto: per passare dall’idea al concetto sono necessari tre elementi:
forma, tecnologia, beneficio
-Progettazione simultanea (concurrent design)
-Approcci strutturati: il Quality Function Deployment (QFD), o “casa della qualità”
FASE 4 → PROTOTIPAZIONE
Si ha la costruzione reale, si valutano i veri prototipi del prodotto e lo si collauda, e
tale prototipo dev'essere idoneo a soddisfare i consumatori.
GENERALI :
1.Progettare in funzione degli obiettivi di mercato e di costo
2.Minimizzare il numero delle parti e delle operazioni
PER LA QUALITA’ :
3.Assicurarsi che le esigenze del cliente siano note e progettare in modo tale da
soddisfarle
4.Assicurarsi che le capacità di processo – sia proprie che dei fornitori – siano note e
considerarle in fase di progettazione
5.Usare procedure, materiali e processi standard di qualità già conosciuta e dimostrata
DI LAVORABILITA’ :
6. Progettare componenti, elementi e moduli di servizio multifunzionali/multiuso
7. Progettare in modo da semplificare le operazioni di assemblaggio, separazione e
riassemblaggio
8. Progettare per avere un unico metodo di assemblaggio ed una movimentazione in
un solo senso
9. Evitare chiusure e connettori particolari
10. Evitare progetti “al limite” di prestazioni standard o non sicure.
SLIDE 3 -Parte a: MAPPATURA, ANALISI ,
PROGETTAZIONE E SELEZIONE DEI PROCESSI
-ANALISI DEI PROCESSI
-PROGETTAZIONE E SELEZIONE DEI PROCESSI
NELLE PRODUZIONI INDUSTRIALI
2. INNOVAZIONE DI PROCESSO
E' un aggregato di attività finalizzate al raggiungimento dello stesso obiettivo.
Le singole attività (TASKS) sono poste in essere all'interno dell'impresa per ottenere
un prodotto/servizio.
E' quindi una catena di attività attraverso le quali, partendo da determinati INPUT si
ottengono gli desiderati OUTPUT.
(INPUT → PROCESSO → OUTPUT)
Un'attività è una parte di un processo che non include decisioni e che quindi non è
utile scomporre ulteriormente (sebbene la scomposizione sia di per sé possibile). Le
attività, quindi, possono sostanziarsi in operazioni su oggetti fisici o informativi
oppure in una decisione assunta da un attore coinvolto nel processo.
SVILUPPO PRODOTTO
La qualità dei nuovi prodotti non è legata unicamente alle valutazioni dei progettisti e
alle loro capacità tecniche, ma risulta sempre più influenzata dalla qualità dei legami
informativi che si instaurano tra marketing, progettazione, produzione e logistica.
Parametro chiave: Time to market
COMUNICAZIONE AL MERCATO
Si unificano in un’ottica customer-oriented una serie di attività che partendo dalla
valutazione del posizionamento competitivo dell’azienda arrivano fino al contatto
commerciale con il cliente, permettendo non solo un miglior coordinamento delle
modalità di proporsi ai mercati, ma anche maggiori scambi informativi interni e con
gli intermediari commerciali.
Parametro chiave: Qualità del servizio al cliente
GESTIONE DELL’ORDINE
Processo che comprende tutte le attività di interfaccia con il cliente, a partire dal
momento in cui il venditore ha raccolto un ordine fino al momento dell’incasso,
oppure della risoluzione di eventuale contenzioso, passando attraverso controlli
commerciali, finanziari, amministrativi e logistici.
In un’ottica di reengineering, si integrano tutta una serie di responsabilità che in una
organizzazione funzionale rientrano sotto varie competenze e si cerca di superare
conflitti tra funzioni che possono creare disservizi al cliente ed extracosti per
l’azienda. La responsabilità è affidata ad un case team/manager unico interfaccia per
tutte le esigenze del cliente.
Parametro chiave: Time to delivery
TIPI DI PROCESSO:
Possiamo avere varie tipologie di processo
La prima tipologia è rappresentata da:
1. Processo multifase sequenziale;
2. Processo multifase con buffer;
3. Processi alternativi;
4. Attività simultanee;
5. Prodotti differenti.
La seconda tipologia di processo è rappresentata da:
6. Processo produttivo ”per il magazzino” (make to stock): è finalizzato a generare
prodotti standard, collocati in scorte di prodotti finiti. Il prodotto è consegnato
rapidamente al cliente perchè prelevato dal magazzino prodotti finiti;
7. Processo produttivo “su ordine” o “su commessa” (make to order):la produzione
avviene solo in risposta ad un ordine effettivo;
8. Processo produttivo “ibrido”:un bene generico/semilavorato viene prodotto e
conservato ad un certo stadio del processo, per poi essere completato ed
eventualmente “personalizzato” in una fase conclusiva innescata dall’ordine reale del
cliente.
LA MATRICE PRODOTTO-PROCESSO
• Primo principio: definire il valore. Definisci il valore, ovvero ciò per cui i clienti
finali sono disposti a pagare un prezzo
Il punto di partenza, prima di sviluppare qualsiasi progetto, è l'identificazione di
aspetti e caratteristiche che creano valore aggiunto per il cliente. Vengono analizzati
da un lato la qualità del prodotto finito e la qualità del servizio offerto e il prezzo di
acquisto e altri costi per il cliente dall’altro. L’obbiettivo è definire con precisione il
valore di ogni prodotto specifico con caratteristiche specifiche, offerti a un dato
prezzo attraverso un dialogo con ognuno dei clienti. Il valore, quindi, viene definito
dal cliente ed assume significato solamente se espresso in termini di un
prodotto/servizio in grado di soddisfare le sue esigenze ad un dato prezzo ed in un
dato momento. Il consumo di risorse è giustificato solo crea valore per il cliente
finale altrimenti è spreco(muda).
RAPPORTO TRA ATTIVITA' A VALORE E NON A VALORE :
VA – Valore Aggiunto Attività per le quali il cliente è disposto a riconoscere qualcosa
NVA – Non Valore Aggiunto Attività necessarie, ma che non creano valore aggiunto
MUDA - Sprechi Attività inutili che non creano valore, per le quali il cliente non è
disposto a riconoscere qualcosa
Uno degli errori più ricorrenti è fare le cose sbagliate nel modo giusto!!!
SPRECHI CHE CARATTERIZZANO IL FLUSSO:
sovrapproduzione, ovvero, non guidata dalla domanda reale – scorte intermedie tra
una fase ed un’altra del flusso del valore – attese per le fasi successive – trasporti non
necessari – spostamenti non necessari di persone – produzione di parti difettose – ri-
lavorazioni – complessità organizzativa.
• Secondo principio: identificare il flusso del valore e tutti gli sprechi che lo
caratterizzano . Il flusso di valore per un dato prodotto consiste nell'intera gamma di
attività necessarie per trasformare le materie prime in prodotto finito. Definito ciò che
crea valore, si rende necessario individuare e mappare con chiarezza quali sono le
attività richieste per lo sviluppo del prodotto, affinché l’iter di produzione sia
focalizzato esclusivamente alla creazione di valore per il cliente. L'analisi del flusso
di valore (Value Stream Mapping) mette in evidenza le quantità di spreco attraverso
la classificazione delle attività in 3 categorie: 1. Attività che creano valore (tutte
quelle il cui costo può essere trasferito al cliente) 2. Attività che non creano valore ma
necessarie (non sono eliminabili con gli attuali sistemi di sviluppo prodotto, gestione
ordini e produzione) 3. Attività che non creano valore e non necessarie (possono
quindi essere eliminate da subito).
1.SOVRAPRODUZIONE (OVERPRODUCTION)
“Produrre in eccesso è produrre tutte le volte che non esiste un ordine cliente”
Sono gli sprechi che si verificano quando si fabbricano prodotti in quantità maggiori
di quelle necessarie, o si fabbricano prima del momento in cui sono richiesti.
Si consumano in anticipo materiali e componenti, si sperpera energia, si creano
scorte, aumentano le esigenze di spazio necessario per l’immagazzinamento, si
aggrava il peso degli interessi passivi e cosi via.
Le cause di sovrapproduzione sono spesso riferibili a:
- Produzione di lotti economici troppo grandi
- Produzione anticipata rispetto alla domanda
- Creazione di stock per sopperire a difettosità e problemi di pianificazione,
programmazione e scheduling della produzione
- Eccessi di personale sul processo
- Macchinari troppo veloci o in eccesso
Per produrre lo stretto necessario , occorre allora:
• Pianificazione della produzione: è fondamentale che venga calcolato in modo
quanto più preciso la quantità di prodotti da realizzare in funzione degli ordini
ricevuti tenendo in debito conto le rese e le variabili dei processi componenti le linee
di produzione.
• Flessibilità dei processi: tutti i processi devono essere progettati e realizzati per
consentire la massima flessibilità operativa in termini di impianti, operatori, codici e
riducendo al minimo i tempi di cambio codice (ad esempio con l'utilizzo di tecniche
SMED)
• Controllo e stabilità dei processi: i risultati di tutte le fasi dei processi devono essere
conosciuti, ripetitivi e stabili nel tempo.
6.MOVIMENTAZIONI UMANE:
Sono riferite tipicamente ad attività - svolte dagli operatori - che non creano
valore aggiunto: ricerca di strumenti non presenti nelle postazioni, spostamenti
tra reparti, ecc.
Le cause sono riconducibili tradizionalmente a:
- Inadeguato layout
- Operatori poco formati o poco motivati, scarsamente coinvolti
- Assenza di ordine, pulizia e sistematicità
AREA SUPERMARKET:
Il kanban (“cartellino” utilizzato per la gestione dei materiali e componenti fra le fasi
produttive, le fasi e il magazzino e con l’esterno con i fornitori )è uno strumento utile
per applicare Just in Time (JIT). Questo strumento fa sì che l’informazione viaggi in
senso contrario rispetto al flusso dei materiali.
Es.1: Un cliente richiede 480 prodotti ogni giorno, il tempo a disposizione in 1 giorno
è 8 ore=480 minuti, allora il takt time è un prodotto al minuto. E’ il tempo che
dovrebbe regolare tutti i processi produttivi, fino ai fornitori esterni.
Dal takt time si può desumere il n. operatori necessari per uno specifico processo
o cella
VSM:CURRENT STATE
VSM FUTURE STATE :
4.PULL
Fai sì che lo scorrimento del flusso del valore sia attivato dalla reale necessità
della fase a valle, a partire dalla domanda del cliente finale, e non il contrario, in
una logica tradizionale di tipo “push”.
In definitiva l’impresa deve acquisire la capacità di progettare, programmare e
realizzare solo quello che il cliente vuole nel momento in cui lo vuole, eliminando i
lotti a tutti i livelli e sincronizzandosi con il mercato.
2. QUALITA' DI CONFORMITA'
Indica il livello di ADERENZA ALLE SPECIFICHE di progetto del
prodotto/servizio e il RISPETTO DI STANDARD prestabiliti che possono essere di
natura normativa o industriale.
↓
a.JUST IN TIME
E' un sistema produttivo a CONTINUA e PERFETTA SIMMETRIA tra l'offerta di
beni e la domanda di mercato, in modo tale da produrre esclusivamente QUANTO e
QUANDO necessario, al fine di DIMENSIONARE I LOTTI (gruppi di articoli
identici che vengono acquistati, lavorati e trasportati come se fossero un'unica entità)
e di migliorare il SUPPLY CHAIN MANAGEMENT (Rapide e frequenti consegne di
materiali e prodotti finiti determinano un nuovo ruolo dei fornitori e della gestione
della catena di fornitura).
In una logica JIT, l’obiettivo è la continua riduzione delle dimensioni dei lotti,
perchè:
-I lotti più piccoli sono consumati più rapidamente e quindi i difetti e fonti di errore
possono essere individuati prima, permettendo di ridurre scarti e rilavorazioni;
- I lotti più piccoli riducono il tempo di attraversamento e quindi i ritardi di processo;
- Lo spazio necessario per sistemare le scorte diminuisce e le stazioni di lavoro
possono essere posizionate più vicine tra loro, così come gli addetti possono vedersi e
comunicare
- Le attività di controllo vengono semplificate e si riducono i costi del personale
indiretto
- Si è più flessibili e si risponde meglio ai cambiamenti del mercato.
La gestione della supply chain è un’evoluzione della gestione delle attività logistiche.
LOGISTICA*: Logistica è il . . . “processo di pianificazione, implementazione e controllo
efficiente ed efficace, del flusso e dell’immagazzinamento di merci, servizi, e le relative
informazioni dal punto di origine al punto di consumo allo scopo di eseguire in modo conforme i
requisiti del cliente.“
La logistica tradizionalmente si occupa di tutte le attività di approvvigionamento
delle materie prime verso la produzione e della movimentazione (trasporti) e
distribuzione dei semilavorati e dei prodotti finiti Il focus è la gestione dei flussi di
materiali e di informazioni all’interno dell’impresa. Ogni impresa cerca di ottimizzare
la propria logistica ! → PROSPETTIVA ORIENTATA ALLE FUNZIONI
Con il supply chain management (SCM) si sviluppa invece un approccio integrato
alla pianificazione ed al controllo del flusso di materiali ed informazioni lungo
l’intera catena fornitura-produzione-distribuzione, al fine di assicurare che il prodotto
finito sia consegnato nelle esatte quantità, nei giusti tempi e nel pre-definito livello di
qualità al cliente finale che lo ha richiesto. → PROSPETTIVA ORIENTATA AI
PROCESSI
COSTI LOGISTICI:
1. Costi di mantenimento a scorta: costi opportunità, deterioramento, obsolescenza,
assicurazione
2. Costi di stock out: mancata vendita, penali, perdita clienti, slittamento incassi,
perdita di immagine
3. Costi di trasporto
4. Costi di impianti ed attrezzature
5. Costi di gestione operativa: raccolta ed elaborazione ordini, movimentazioni,
imballaggio, controllo e gestione delle scorte
Supply chain coordinata da una impresa leader, tutti gli attori hanno relazioni tra loro
ma sono facilitate dall’impresa leader:
Supply chain orizzontale, prevale la logica del network, tutti gli attori hanno relazioni
tra loro, non emerge un’impresa leader:
Possiamo avere tre tipi di SC a seconda di come sono gestite le relazioni tra i vari componenti della
filiera:
1. SC CREATA E GESTITA DA UN IMPRESA LEADER: prevale la logica del “dividi e
comanda” e si dividono le singole imprese avendo sempre più poter contrattuale. Le singole
imprese non comunicano tra loro ma solo con l'impresa leader;
2. SC COORDINATA DA UN'IMPRESA LEADER: tutti gli attori hanno relazioni tra loro, ma
tali relazioni sono facilitate dall'impresa leader che coordina le imprese associate;
3. SC ORIZZONTALE: prevale la logica del network e tutti gli attori hanno relazioni tra loro e
non emerge un'impresa leader.
LE ATTIVITA' PRINCIPALI DEL SUPPLY CHAIN MANAGMENT:
La logistica di approvvigionamento:
Gli approvvigionamenti hanno un ruolo strategico infatti :
1. Gli acquisti rappresentano un costo rilevante dell’impresa
2. I fornitori influenzano le prestazioni della SC in termini di costi, tempi e qualità
3. Il fornitore contribuisce alla creazione di competenze e valore per il cliente (es.:
Brembo)
Es.: maggiori attese dei clienti e relativa insoddisfazione, ritardi non pianificati,
sprechi nei trasporti di materiali, azioni di ri-programmazione, scorte eccessive o
deteriorate, ecc.
LA LOGICA PULL
Per avere successo nel lungo periodo l'impresa dev'essere in grado di creare un
beneficio per tutti gli stakeholders e portare ad un miglioramento della reputazione
nel mercato e nel contesto in cui opera.
Sono le persone che operano all'interno dell'impresa che attraverso formazione e
motivazione possono portare al miglioramento delle prestazioni aziendali.
L'EQUILIBRIO ORGANIZZATIVO può essere raggiunto attraverso l'utilizzo di 4
elementi:
1. LEADERSHIP: capacità del vertice aziendale di definire gli obiettivi e influenzare
i comportamenti delle persone e si delinea attraverso 2 dimensioni:
- potere di posizione (leadership transazionale): I followers vengono motivati
grazie alla possibilità di ottenere ricompense personali, di qualsiasi tipo, che solo il
leader può concedere. ;
- potere personale(leadership trasformazionale): Il leader trasformazionale basa il
proprio potere sui principi, sull’autostima, sulla fiducia e sull’impatto motivazionale
ad avere una performance sopra la media.
2. AUTONOMIA (degli addetti): è necessario avere addetti bravi, motivati e
coinvolti, con elevate capacità individuali. Per stimolarli è necessario lasciare ad
essi un certo grado di autonomia;
3. COOPERAZIONE: bisogna sviluppare un lavoro di squadra per ottenere migliori
performance. Per arrivare ad ottenere una giusta cooperazione si deve agire sulla
cultura aziendale, facendo sentire i terzi parte integrante dell'organizzazione. La
cultura aziendale viene ad essere incorporata in artefatti simbolici (simboli fisici,
linguaggi, tradizione e storie) che hanno il compito di costruirla, conservarla e
trasmetterla;
4. CONTROLLO GERARCHICO: lo stimolo, il coinvolgimento e la motivazione
non sono sufficienti affinchè tutti operino al massimo delle proprie capacità
all'interno dell'azienda (FREE RIDING). Quindi è si necessario lasciare agli addetti
un grado di autonomia, ma bisogna anche che vi sia un controllo.
Cultura organizzativa
Struttura di codici che indirizza il comportamento degli attori organizzativi, sia in
occasione di eventi unici e straordinari, che in occasione di attvità ed interazioni
quotidiane. Tali codici sono sottoposti ad un percorso di creazione ed evoluzione
dinamica all’ambiente esterno nonchè interno. Grazie alla cultura organizzativa si
generano quindi modelli cognitivi per l’interpretazione degli eventi, coinvolgimento e
senso di appartenenza all’organizzazione
“..... È l’intera impresa riguardata dal punto di vista del suo risultato finale, cioè della
clientela.” (Drucker)
Il marketing ha 3 nature:
1.ANALITICA: si ricercano informazioni e dopo averle ottenute si effettua un'analisi
riguardante consumatore, ambiente competitivo e macroambiente (pest analysis).
Queste variabili determinano per l'impresa minacce, opportunità, punti di forza e di
debolezza (SWOT analysis);
2. OPERATIVA: combinazione delle 4P (analizzate di seguito);
3. STRATEGICA: si definisce la strategia ovvero: obiettivi, target dei consumatori e
posizionamento collocando il prodotto/servizio nella mente del consumatore per far
si che i nostri prodotti assumano una percezione diversa da quelli dei
consumatori (modello tridimensionale di Abbel).
MARKETING MIX (4P)
E' composto da:
1.PRODOTTO: Prodotto da offrire, in termini di insieme di attributi tangibili ed
intangibili il cui combinarsi deve fornire un insieme di benefici all’utilizzatore: le
strategie di differenziazione e di introduzione di varianti, la gamma dei prodotti e la
loro gestione attiva, l’analisi del ciclo di vita dei prodotti, la gestione della marca e la
relativa protezione legale, ecc..;
2.PREZZO: La seconda leva del marketing è tradizionalmente il prezzo, forse la più
facile da manovrare ma al contempo la più difficile da pianificare e gestire
efficacemente, soprattutto nel mediolungo periodo. In relazione alla leva di prezzo,
generalmente vi sono due ordini di decisioni da prendere: le decisioni strategiche e
le decisioni tattiche.
Le prime definiscono i livelli di prezzi ufficiali e di conseguenza l’immagine
dell’azienda in termini di valore agli occhi del mercato. Le seconde sono realizzate
per correggere fluttuazioni della domanda o per approfittare di imperfezioni del
mercato su basi temporali molto brevi.
Il processo di determinazione dei prezzi dovrebbe tener conto di fattori interni, fattori
concorrenziali e fattori dati dalle caratteristiche e dalle aspettative dei clienti. I costi
sono ritenuti ancora oggi la base fondamentale per fissare il prezzo.
I costi aziendali dovrebbero quindi essere conosciuti puntualmente – attraverso
attività rigorose di costing - ma rappresentano solo la condizione necessaria e non
sufficiente per arrivare a presentarsi al mercato con dei listini coerenti – attraverso
l’attività di pricing.
(Analisi dei costi L’approccio “every day low pricing” – riduce i prezzi di listino ed
elimina gli sconti temporanei – pro e contro);
3.DISTRIBUZIONE: La terza leva operativa che compone il marketing mix
internazionale è la distribuzione (place), quale gestione dei canali distributivi con
proiezioni pluriennali, in termini di identificazione e gestione degli intermediari e di
connessa rete vendita.
• Canali diretti – esigenza di info sul prodotto, elevata personalizzazione del prodotto,
rilevanza delle quantità, importanza della logistica - Negozi di proprietà (Tod’s,
Armani, Lego, Sony) - Punti vendita in grandi magazzinia/aeroporti (Vodafone)
• Canali indiretti – essenziale un vasto assortimento, la disponibilità del prodotto è un
fattore critico, importanza del servizio postvendita L’immagine del venditore può
essere “trasferita” ai prodotti distribuiti;
4.PROMOZIONE: La quarta ed ultima leva del marketing mix è costituita dalla
promozione, quale insieme di mezzi e strumenti – pubblicità, comunicazione
istituzionale, propaganda – volti a creare interesse ed a veicolare i prodotti e
l’immagine dell’azienda nel suo complesso.
5.PACKAGING: Si investe nel miglioramento delle modalità di confezionamento
del prodotto.
CRITICHE ALLE 4P
1. Invece di parlare di prodotto in senso stretto (superiorità tecnologica) bisogna parlare di
soluzioni che guardano ai bisogni dei consumatori;
2. Il prezzo bisogna legarlo al beneficio conferito ai consumatori, e non ai costi;
3. Bisogna focalizzare la distribuzione sull'accesso facile per i clienti attraverso multicanali;
4. Bisogna promuovere il proprio prodotto comunicando i reali benefici che i clienti
ottengono dal suo utilizzo.
LE FORME INNOVATIVE DI MARKETING
Oggi, le imprese per innovare cercano di rivoluzionare il marketing tradizionale,
introducendo:
- il marketing basato sull'esperienza: si sviluppano o si richiamano le sensazioni
(sensoriali, sentimentali o percettive) offerte dal prodotto/servizio:
Experience-based economy: poichè qualità e caratteristiche funzionali di prodotti/
servizi sono sempre più standardizzate, ciò che fa differenza è l’esperienza del
prodotto/ servizio.
Experential marketing: promuove il prodotto non solo comunicandone le
caratteristiche ed i benefici, ma anche associandolo ad esperienze uniche ed
interessanti: si vuole “dimostrare come un brand possa arricchire la vita del cliente”
Le forme dell'esperienza possono essere : • Sensoriale/percettiva; •
Sentimentale/affettiva; • Intellettuale; • Attiva; • Relazionale;
Le linee guida per l'experential marketing sono :
• Obiettivo di “scuotere” il pubblico, usando la creatività, la sorpresa, a volte anche la
provocazione
• Pensare in primis all’esperienza del cliente, e poi alle caratteristiche funzionali del
prodotto e ai benefici del brand;
• Curare con estrema attenzione i dettagli dell’esperienza – stimolare l’esperienza
sensoriale, viscerale, esaltante, corporea e mentale, fare in modo che il cliente
“esulti”
• Identificare un piccolo elemento che innesca, incornicia, riassume e caratterizza
l’esperienza: il cucù, la mucca, ecc.
• Pensare alla situazione di consumo, non al prodotto: la riflessione in bagno, non il
rasoio, un pasto informale, non il panino!
• Usare le tecniche e gli strumenti in modo eclettico;
• Aggiungere dinamismo e ‘dionisismo’ nell’organizzazione e nel brand: tendere alla
passione, alla creatività, all’estasi.
Negli studi di marketing, tradizionalmente poca attenzione è stata prestata al fatto che
le scelte del consumatore comprendono decisioni realtive non solo al prodotto o alla
marca da acquistare, ma anche alla selezione del punto vendita.
Tale gap è ancora più critico se si considera che non raramente la scelta del punto
vendita precede quella del prodotto, condizionando significativamente il processo
decisionale e di acquisto.
La situazione del passato ......
- Si enfatizzava la funzione di raccordo spazio-temporale tra produzione e consumo; -
La scelta del punto vendita e il comportamento di shopping erano considerate attività
prevalentemente razionali volte a soddisfare un bisogno di tipo funzionale;
Oggi ......
- Si enfatizza la dimensione ludica e ricreativa dello shopping - Attenzione alla
ricerca di stimoli sensoriali che permettano di vivere un’esperienza di acquisto
coinvolgente ed appagante - Importanza della differenziazione dei punti vendita in
relazione al target di riferimento (Caso Tesco)
Oggi sono il punto di contatto fondamentale con il mercato poiché riescono a recepire
dei feedback per indirizzare la propria offerta verso la soddisfazione del cliente,
generalmente si sceglie prima il punto vendita e poi il prodotto presupponendo che i
prodotti di quel punto vendita siano di qualità.
Oggi si ritiene che lo shopping debba avere una dimensione ludica e ricreativa,
poiché il cliente non sceglie sempre razionalmente, ma viene influenzato dalla sfera
emotiva.
Si differenzia il punto vendita a seconda del target di mercato che si intende
soddisfare.
Gli elementi base per gestire il punto vendita sono 3:
1. STRUTTURA-MERCHANDISING: elementi che ne definiscono lo spazio e
l’ambientazione per la vendita: architettura, materiali, lay-out attrezzature,
decorazioni, vetrinistica, colori, illuminazioni, odori, musica, ecc. ;
2. ASSORTIMENTO: riguarda le modalità di presentazione dei prodotti e “chiavi di
lettura” utilizzate per organizzare l'offerta come VISUAL MERCHANDISING e
CATEGORY MERCHANDISING (criteri per aggregare e presentare il prodotto);
3. INTERAZIONE: profilo umano del venditore e interazione con il prodotto;
4.SERVIZI : informativi e ricreativi: scanning, chioschi multimediali, ecc.
MERCHANDISING
E' l'attività che cura la progettazione e la realizzazione degli spazi del punto vendita
compresi quelli dell'amministrazione e dello stoccaggio.
Deve coniugare aspetti strutturali e aspetti di natura intangibile, cercando di costruire
poli emozionali per creare maggior coinvolgimento dei sensi nel processo di acquisto
all'interno del punto vendita.
VISUAL MERCHANDISING
E’ l’insieme delle attività che hanno lo scopo di ottimizzare la presenza del prodotto
all’interno del punto vendita.
Fa uso di tutte le tecniche di comunicazione, sensoriali e visive con lo scopo di
rendere il punto vendita più attraente per l’acquisto.
Richiede competenze di vario genere, tra cui semiotica (studio di segni e simboli),
psicologia sociale, design ‘interni, architettura.
- Parte dalle leve che sono tradizionalmente definite di merchandising – layout
attrezzature, layout mercelogico, display e allocazione dello spazio espositivo – per
ampliare notevolmente il campo d’azione includendo insegna, vetrine, ingresso,
design degli ambienti, segnaletica, cartellonistica.
- Utilizza tutti gli strumenti e le tecniche di comunicazione visiva all’interno ed
all’esterno del punto vendita.
- Deve permettere in primis al cliente di accedere – visivamente e/o fisicamente - ai
prodotti anche senza l’intervento del personale di vendita, e quindi stimolare acquisti
complementari e aggiuntivi attraverso aggregazioni e sequenze merceologiche
logiche e funzionali.
DIMENSIONI ORGANIZZATIVO-GESTIONALE
1. COMUNICAZIONE ALL'ESTERNO DEL PUNTO VENDITA;
2. COMUNICAZIONE ALL'INTERNO DEL PUNTO VENDITA;
3. ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO VENDITA;
4. ESPOSIZIONE DEI PRODOTTI;
5. ATMOSFERA DEL PUNTO VENDITA.
L’ingresso
Importanza delle decisioni relative all’ingresso nel PV: passaggio in piano o gradini
verso l’alto o verso il basso; dimensione, materiali, percorso di traffico, elementi di
ingombro in prossimità dell’entrata, tecnica di apertura.
E’ la barriera fisica che può diventare anche psicologica, rendendo particolarmente
difficile l’accesso.
La vetrina
E’ il principale strumento di comunicazione, con cui proporre i valori e le
caratteristiche che identificano il punto vendita e lo rendono peculiare rispetto agli
altri.
L’allestimento comporta una lunga serie di scelte: numerosità degli articoli da
esporre, le loro aggragazioni, i punti focali, i volumi di occupazione, le forme e le
geometrie espositive, la cartellonistica, gli elementi decorativi, la frequenza di
rinnovo.
Dovrebbe utilizzare gli stessi criteri di aggregazione e presentazione dell’interno del
PV
• Il concept store: con unica impresa, pochi prodotti a svariate merceologie abbinate
a servizi ed eventi
• I guerrilla stores: parte di tecniche di comunicazione non convenzionale – basate
su effetto sorpresa, scandalo, ironia pesante - volte a ottenere il massimo della
visibilità con il minore degli investimenti
• I temporary shop: aprono e chiudono velocemente, aperti in luoghi
particolarmente rappresentativi (zone esclusive, alla moda, in gallerie d’arte e
ristoranti) per creare un evento, supportare il lancio di un nuovo prodotto, rafforzare
la marca
• Il negozio virtuale
MODELLI ALTERNATIVI
CANVAS
E' uno strumento che permette di far convergere tutte le dimensioni dell'innovazione
in un modello più ampio.
Oggi le dimensioni dell'innovazione non possono essere identificate o gestite
separatamente, ma bisogna costruire il cosiddetto “puzzle dell'innovazione” per
gestire l'insieme attraverso il CANVAS.