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(11CINDK)
2008/2009
Prof. S. Mancò
Dipartimento di Energetica
Politecnico di Torino
dell’autore
CAPITOLO 1 TERMODINAMICA 1
CAPITOLO 2 ESPANSIONE
COMPRESSIONE 49
CAPITOLO 3 RICHIAMI DI
TERMOCHIMICA 57
FORME DI ENERGIA
lavoro
L’energia può esistere sotto forme diverse come energia termica, meccanica, cinetica,
potenziale, elettrica, magnetica, chimica e nucleare e la loro somma rappresenta
l’energia totale E di un sistema. L’energia totale di un sistema riferita all’unità di
massa si indica con e ed è definita come
E
e = ---- (kJ/kg)
m
La termodinamica non fornisce informazioni sul valore assoluto dell’energia totale di
un sistema. Essa si occupa solo di variazioni di energia perché è ciò che serve nei
problemi ingegneristici. Così all’energia totale di un sistema si può assegnare un
valore nullo ( E = 0 ) in un conveniente punto di riferimento. La variazione di ener-
gia di un sistema è indipendente dal punto di riferimento scelto. Per esempio, la dimi-
nuzione di energia potenziale nella caduta di un grave dipende solo dalla differenza
di quota e non dalla quota di riferimento scelta.
Nell’analisi termodinamica può essere utile distinguere le varie forme di energia in
macroscopiche e microscopiche. Le forme di energia macroscopiche sono quelle che
un sistema possiede nel suo insieme rispetto a un sistema di riferimento esterno,
come l’energia cinetica e l’energia potenziale. Le forme microscopiche di energia
sono quelle legate alla struttura molecolare di un sistema e al grado di attività mole-
colare e sono indipendenti da sistemi di riferimento esterni. La somma di tutte le
forme microscopiche di energia si chiama energia interna di un sistema e si indica
con U.
Le forme macroscopiche di energia di un sistema sono legate al movimento e
all’influenza di effetti esterni come la gravità, il magnetismo, l’elettricità, la tensione
superficiale. L’energia che un sistema possiede come risultato del moto relativo a un
mc 2
E c = --------- (kJ)
2
oppure, riferita all’unità di massa,
c2
e c = ----- (kJ/kg)
2
dove c rappresenta la velocità del sistema relativa a un sistema di riferimento fisso.
L’energia che un sistema possiede come risultato della sua posizione in un campo
gravitazionale si chiama energia potenziale e si esprime come
E g = mgz (kJ)
oppure, riferita all’unità di massa
e g = gz (kJ/kg)
c2
e = u + ec + e g = u + ----- + gz (kJ/kg) (1)
2
L’energia interna può essere vista come la somma delle energie potenziale e cinetica
delle molecole.
La parte dell’energia interna di un sistema associata all’energia cinetica delle mole-
cole (traslazionale, rotazionale e vibrazionale) viene chiamata energia sensibile. In
un gas la velocità media e il grado di attività delle molecole sono proporzionali alla
temperatura. Quindi, a più alte temperature le molecole possiederanno più alte ener-
gie cinetiche e il sistema avrà energia interna più alta.
L’energia interna è anche associata alle forze intermolecolari fra le molecole di un
sistema. Queste sono le forze che legano le molecole tra di loro e, come ci si potrebbe
aspettare, esse sono più forti nei solidi e più deboli nei gas. Se energia sufficiente
viene fornita alle molecole di un solido o di un liquido le forze intermolecolari ven-
gono superate e il sistema si trasforma in un gas. Questo è un cambiamento di fase.
L’energia interna associata al cambiamento di fase di un sistema si chiama energia
latente (nascosta). Chiamiamo energia interna termica la somma dell’energia sensi-
bile e dell’energia latente U ter .
Le variazioni descritte possono avvenire senza variazioni della composizione chi-
mica di un sistema. Molti problemi di termodinamica cadono in questa categoria e
non bisogna quindi preoccuparsi delle forze che legano gli atomi all’interno delle
molecole. L’energia interna associata con i legami atomici nelle molecole si chiama
energia chimica E ch . Durante una reazione chimica, come in un processo di combu-
stione, alcuni legami chimici vengono distrutti mentre altri vengono formati e l’ener-
gia interna varierà.
Occorre anche menzionare le grandi quantità di energia interna associata con i legami
all’interno del nucleo stesso. Questa energia è chiamata energia nucleare E nu e viene
rilasciata con le reazioni nucleari. Ovviamente non bisogna preoccuparsi dell’energia
nucleare in termodinamica se non ci occupa di reazioni di fusione o fissione nucleari.
Le forme di energia discusse sopra che costituiscono l’energia totale di un sistema
possono essere contenute o immagazzinate in un sistema e così possono essere viste
2
come forme statiche di energia. Le forme di energia che non sono immagazzinate in
un sistema possono essere viste come forme dinamiche di energia o come interazioni
energetiche. Le forme di energia dinamiche si evidenziano al confine del sistema per-
ché l’attraversano e rappresentano l’energia ricevuta o perduta da un sistema durante
una trasformazione. Le uniche due forme di interazione di energia associate a un
sistema chiuso sono lo scambio di calore e il lavoro. Una interazione energetica è
calore scambiato se “la forza motrice” è una differenza di temperatura, altrimenti è
lavoro.
L’energia sensibile e latente di un sistema si chiama energia termica o calore da non
confondere con il calore scambiato, che è una energia in transito, mentre la prima è
posseduta dal sistema.
PROPRIETA’ DI UN SISTEMA
Qualsiasi caratteristica di un sistema si chiama proprietà. Alcuni esempi familiari
sono la pressione p , la temperatura T , il volume V e la massa m . Continuando con
termini meno familiari, la viscosità, la conducibilità termica, il modulo di elasticità, il
coefficiente di espansione termica, la resistività elettrica, e anche la velocità e
l’altezza.
Alcune proprietà dipendono da altre. La densità è la massa per unità di volume
m 3
ρ = ---- (kg/m )
V
mentre il volume specifico, che è l’inverso della densità, è il volume per unità di
massa
V 3
v = ---- (m /kg)
m
Le proprietà di un sistema possono essere intensive o estensive. Le proprietà inten-
sive sono quelle indipendenti dalla dimensione del sistema come la temperatura, la
pressione e la densità. Le proprietà estensive sono quelle i cui valori dipendono dalla
dimensione - o estensione - del sistema. La massa m , il volume V e l’energia totale
E sono alcuni esempi di proprietà estensive.
STATO E EQUILIBRIO
Consideriamo un sistema che non è soggetto a cambiamenti. A questo punto tutte le
proprietà possono essere misurate o calcolate ottenendo un insieme di proprietà che
descrivono completamente le condizioni, o lo stato, del sistema. In un dato stato tutte
le proprietà del sistema quindi hanno dei valori costanti. Se anche una sola proprietà
cambia il sistema evolve verso un altro stato.
La termodinamica si occupa di stati di equilibrio. Equilibrio implica uno stato di
bilanciamento e manca una “forza motrice” all’interno del sistema. Un sistema che è
in equilibrio non subisce variazioni quando è isolato dall’ambiente circostante. Ci
sono molti tipi di equilibrio e un sistema non è in equilibrio termodinamico se non
sono soddisfatti tutti. Si può avere equilibrio termico (uguaglianza delle tempera-
ture), equilibrio meccanico (costanza delle pressioni), equilibrio delle fasi (costanza
della massa di ogni fase), equilibrio chimico (costanza della composizione: no rea-
zioni chimiche).
Il numero minimo di proprietà richiesto per definire lo stato di un sistema è due, per
esempio, p e T , oppure T e v , ecc. Il numero effettivo dipende dagli effetti che si
desidera considerare. Se, per esempio, gli effetti gravitazionali vanno considerati
occorre specificare come ulteriore proprietà la quota del sistema termodinamico
rispetto a un sistema di riferimento. Le due proprietà richieste per definire lo stato
devono essere indipendenti. Indipendenti vuol dire che una proprietà non dipende
dall’altra. Temperatura e volume specifico rispettano sempre questo requisito mentre
pressione e temperatura sono indipendenti solo nei sistemi monofase. Infatti, nei
sistemi in cui c’è un cambiamento di fase, come evaporazione e condensazione, pres-
sione e temperatura sono legati fra di loro.
PROCESSI E CICLI
Qualunque cambiamento che il sistema subisce da uno stato di equilibrio ad un altro
viene chiamato processo o trasformazione e la serie di stati che il sistema attraversa si
chiama percorso della trasformazione. Per descrivere un processo completamente
occorre specificare gli stati iniziale e finale nonché il percorso che segue e le intera-
zioni con l’esterno.
Quando la trasformazione procede in maniera tale che il sistema rimane infinitamente
vicino a uno stato di equilibrio la trasformazione si chiama di quasi-equilibrio. Una
tale trasformazione può essere vista come un trasformazione sufficientemente lenta
da permettere al sistema di adattarsi internamente in maniera che le proprietà si man-
tengano uniformi. Va detto che una trasformazione di quasi equilibrio è una trasfor-
mazione ideale e non è la vera rappresentazione di trasformazioni reali. L’ingegnere è
p 1 comunque interessato a questi processi per due motivi. Innanzi tutto sono più facili
T 1 2
da analizzare rispetto ai processi reali, poi, molti dispositivi presentano il massimo
delle prestazioni quando il processo è di quasi-equilibrio e ciò rappresenta un riferi-
2
mento con cui confrontare i processi reali.
Le trasformazioni possono essere rappresentate graficamente in diagrammi che uti-
V V lizzano come assi coordinati alcune proprietà termodinamiche come temperatura T,
pressione p e volume V (o volume specifico).
p 3 In alcune trasformazioni una particolare proprietà può rimanere costante. Si possono
2
4 così avere trasformazioni isoterme ( T = cost), isobare ( p = cost), isocore ( v = cost),
ecc.
1 Un sistema percorre un ciclo se la trasformazione percorsa ritorna al suo stato ini-
ziale. Un ciclo può essere costituito da trasformazioni di tipo diverso (isobare, iso-
V core, ecc).
PRESSIONE
La pressione è la forza esercitata da un fluido per unità di area. Parliamo di pressione
quando abbiamo a che fare con un gas o un liquido. Nei solidi parliamo di tensione.
Per un fluido in quiete la pressione in un punto è la stessa in tutte le direzioni. La
z pressione in un fluido aumenta con la profondità a causa del peso del fluido sovra-
stante. La pressione varia in direzione verticale per effetto del campo gravitazionale,
p ma non c’è nessuna variazione nella direzione orizzontale. La pressione in un reci-
piente contenente un gas può essere considerata uniforme poiché il peso del gas è
troppo piccolo per generare una differenza significativa.
Poiché la pressione è definita come forza per unità di area, essa si misura in newton
(simbolo N) per metro quadrato, che viene chiamato pascal (Pa)
N
1 Pa = 1 ------2-
m
L’unità di misura pascal è in genere molto piccola per le pressioni che si incontrano
nella pratica; perciò, i suoi multipli kilopascal (1 kPa = 103 Pa) e megapascal (1 MPa
= 106 Pa) vengono comunemente utilizzati. Altre unità ancora utilizzate sono
4
p vuo = p amb – p ass
In termodinamica viene utilizzata quasi sempre la pressione assoluta.
La pressione atmosferica viene misurata dal barometro ed infatti la pressione atmo-
sferica viene spesso chiamata pressione barometrica.
Al livello del mare e a 0 °C la pressione ambiente vale p amb = 101325 Pa .
La pressione atmosferica cambia dal livello del mare al variare dell’altitudine.
TEMPERATURA
Al fine di misurare la temperatura di un corpo si sfrutta la variazione, prevedibile e
ripetibile, di diverse proprietà che presentano molti materiali al variare della tempera-
tura. Per esempio, il termometro a mercurio sfrutta la dilatabilità del mercurio con la
temperatura. Utilizzando alcuni stati facilmente riproducibili, come il punto di conge-
lamento e il punto di ebollizione dell’acqua, è quindi possibile costruire una scala,
convenzionale, delle temperature. Nel Sistema Internazionale (SI) si usa la scala Cel-
sius generata assegnando il valore 0 alla temperatura del ghiaccio fondente e il valore
100 alla temperatura di ebollizione dell’acqua, sempre alla pressione atmosferica, e
suddividendo questo intervallo in 100 parti. L’unità su questa scala viene definita
grado Celsius che ha il simbolo °C. Il problema con questa scala è che per tempera-
ture esterne a questo intervallo non vi sono stati riproducili dell’acqua per cui la
misura verrebbe determinata per estrapolazione1.
Emerge che sarebbe desiderabile una scala delle temperature che fosse indipendente
dalle sostanze usate. Una scala delle temperature che è indipendente dalle proprietà
delle sostanze usate viene chiamata scala termodinamica delle temperature, e verrà
introdotta con il secondo principio della temodinamica. La scala termodinamica delle
temperature nel sistema SI è la scala Kelvin. L’unità su questa scala è il kelvin, indi-
cato con K. La temperatura più bassa nella scala Kelvin è 0 K, che corrisponde a
– 273.15 K .
p gas A
1.Un miglioramento si ottiene con il termometro a gas. Si tratta di un recipiente a volume costante,
riempito di gas, usualmente idrogeno o elio, a bassa pressione. Si sfrutta il principio che a bassa pres-
sione la temperatura di un gas è proporzionale alla pressione se il volume è costante, cioè si ha
T = a + bp in cui le costanti a e b vengono determinate sperimentalmente. Utilizzando diversi gas e
gli stessi punti di riferimento del ghiaccio fondente e di ebollizione dell’acqua si ottengono i risultati
presentati nella figura. Al si sotto di una certa temperatura non si riesce ad andare, a causa della con-
densazione del gas, ma per estrapolazione si individua la temperatura a cui si azzera la pressione e gas B
quindi rappresenta la minima temperatura che il termometro a gas sarebbe in grado di misurare se il gas
fosse ideale. Si individua così una scala assoluta di temperatura e per individuarla basterebbe quindi un
solo punto di riferimento, essendo l’altro fisso. Convenzionalmente si è scelto come riferimento il
punto triplo dell’acqua (lo stato in cui coesistono in equilibrio tutte e tre le fasi) cui è stato assegnato il
valore 0.01 °C.
Da quanto esposto emerge che sarebbe desiderabile una scala delle temperature che fosse indipendente
dalle sostanze usate. Il gas infatti condensa a bassissime temperature e si dissocia ad altissime tempera-
ture. – 273.15 0 T [ °C ]
pio l’aria atmosferica, purché sia omogenea. Una sostanza pura può essere monofase
o multifase, cioè più fasi che coesistono contemporaneamente, come nell’evapora-
zione dell’acqua.
Molte sostanze vengono utilizzate nei sistemi energetici per via delle loro proprietà
fisiche. Per esempio l’acqua è spesso utilizzata nei sistemi di riscaldamento per tra-
sferire energia termica dalla caldaia ai corpi scaldanti, l’aria è impiegata nei sistemi
di ventilazione di locali, il vapor d’acqua è utilizzato nelle turbine per produrre ener-
gia elettrica, ecc.
E’ quindi importante caratterizzare, da un punto di vista energetico, le varie sostanze
utilizzate negli impianti tecnici. Macroscopicamente possiamo suddividere queste
sostanze in liquidi, vapori e gas.
Per quanto riguarda i liquidi, poiché il modello comunemente adottato è quello di
fluido incompressibile, anche se in realtà è debolmente compressibile, basterà indi-
care la densità o, in alternativa, il volume specifico. Quando è richiesto si considererà
la variazione della densità con la temperatura, impiegando tabelle.
Per i vapori le proprietà termodinamiche vengono fornite tradizionalmente attraverso
diagrammi e tabelle. Per l’uso di questi strumenti è necessario aver chiaro i vari stati
in cui può esistere una sostanza pura e le principali trasformazioni energetiche.
Per questo scopo consideriamo la trasformazione termodinamica che un liquido, per
esempio acqua, subisce per effetto del riscaldamento alla pressione atmosferica (è il
classico esempio dell’acqua posta in una pentola sul fuoco), e illustriamo su un dia-
gramma termodinamico, per esempio T - v , gli stati via via percorsi.
Partendo dallo stato 1, in cui è presente acqua allo stato liquido (detto anche liquido
compresso o sotto raffreddato), e somministrando calore si osserva un innalzamento
della temperatura a pressione costante essendo la pentola in comunicazione con
l’ambiente. Come sappiamo dall’esperienza, quando l’acqua, al livello del mare, rag-
giunge 100 °C inizia a bollire cioè parte dell’acqua evapora. Quando un liquido si
trova nello stato 2 in cui inizia l’evaporazione si chiama liquido saturo.
T
vapore
surriscaldato
5
miscela
satura
2 p = 100 kPa
o
3 4
u id
li q
1
v
Una volta iniziata l’ebollizione l’aumento di temperatura si arresta finché non eva-
pora tutto il liquido, cioè quando si raggiunge lo stato 4. Il vapore in questo stato si
chiama vapore saturo e secco. In un punto intermedio, stato 3, si ha una miscela di
liquido e vapore che prende il nome di vapore saturo umido. Il vapore saturo e secco
è nuovamente monofase, come il liquido. Fornendo ancora calore, sempre a pres-
sione costante, la temperatura ritorna a salire, raggiungendo, per esempio, lo stato 5.
Il vapore in queste condizioni si chiama surriscaldato.
Da notare come il volume specifico dell’acqua sale continuamente nelle tre fasi in cui
possiamo suddividere la trasformazione e cioè riscaldamento del liquido (1-2), eva-
porazione del liquido (2-4) e surriscaldamento del vapore (4-5).
Durante il cambiamento di fase è necessario conoscere le proporzioni delle fasi
liquida e vapore nella miscela. Si introduce una nuova proprietà, chiamata titolo,
definita dal rapporto tra la massa di vapore e la massa totale
m vap
x = --------------------------
-
m vap + m liq
Il titolo può variare tra 0 (liquido saturo) e 1 (vapore saturo e secco).
6
m liq
Il complemento a 1 del titolo è l’umidità, definita come --------------------------- .
m vap + m liq
La trasformazione descritta è reversibile nel senso che è possibile sottrarre calore,
sempre a pressione costante, per tornare allo stato iniziale 1.
L’esperienza può essere ripetuta cambiando la pressione, si pensi per esempio ad una
pentola a pressione, ottenendo delle curve di trasformazione analoghe alle precedenti.
Unendo i vari stati 2 e 4 si ottengono due rami di curva che confluiscono nel punto c ,
chiamato punto critico, caratterizzato dal fatto che si passa dallo stato liquido allo
stato di vapore direttamente, senza transitare nella zona di miscela bifase in cui coesi-
stono liquido e vapore. I due rami della curva si chiamano curva limite inferiore
(c.l.i.) quella che separa il liquido sotto raffreddato dal vapore saturo umido e curva
limite superiore (c.l.s.) quella che separa il vapore saturo umido dal vapore surriscal-
dato.
T vapore pc
Tc
c
gas
liquido
liquido+vapore
I valori delle proprietà nel punto critico sono caratteristici di ogni sostanza, per
l’acqua si ha p c = 22.09 MPa e T c = 374.14 °C . Per l’elio p c = 0.23 MPa e
T c = – 267.85 °C . Quando un vapore si trova a una temperatura ben al di sopra della
temperatura critica e/o a pressioni molto basse prende il nome di gas. Ciò significa,
per esempio, che l’elio alle condizioni ambiente è un gas perché la temperatura
ambiente, circa 25 °C, è ben al di sopra della sua temperatura critica. Analogamente
il vapor d’acqua può essere considerato un gas a temperatura ambiente solo se la sua
pressione è molto bassa. Ciò accade, per esempio, nell’aria atmosferica dove è pre-
sente una piccola quantità di vapor d’acqua (umidità dell’aria). Poiché la pressione a
cui si trova questo vapore corrisponde alla sua pressione parziale nella miscela
(ovvero la pressione a cui si porterebbe il vapore in un dato volume se venisse
estratta tutta l’aria) ed essendo questa pressione molto bassa, il vapor d’acqua conte-
nuto nell’aria atmosferica può essere considerato un gas.
Il distinguere se un una sostanza si trova sotto forma di vapore o di gas non è solo per
ragioni accademiche ma ha un importante risvolto pratico. Infatti, mentre per i vapori
è necessario ricorrere a tabelle e diagrammi per ricavare le proprietà termodinamiche,
per i gas è possibile utilizzare, con buona approssimazione, una semplice relazione
fra alcune proprietà, che come vedremo, evita di ricorrere a diagrammi e tabelle.
Qualunque equazione che lega pressione, temperatura e volume specifico di una
sostanza si chiama equazione di stato. In realtà, esistono equazioni di stato di
sostanze valide per qualsiasi stato di aggregazione, sia liquido che vapore o gas, ma
queste relazioni sono molto complesse e richiedono l’uso di un computer. Di gran
lunga più semplice è l’equazione di stato del cosiddetto gas ideale, che a dispetto del
nome trova applicazione nella grande maggioranza di problemi ingegneristici.
pV = n R T (2)
pv = R T (3)
n
pv = ---- R T (4)
m
ma m = nM , cosicchè
R
pv = ------ T = RT (5)
M
R
in cui il rapporto ------ = R è chiamato costante del gas.
M
kg J
Per l’aria, ad esempio, si può considerare M = 28.97 ------------ da cui R = 287 ----------- .
kmol kg K
Moltiplicando l’equazione (5) per la massa m possiamo anche scrivere
pv pV = mRT (6)
------
T
R
T
2.Supponiamo di condurre una serie di esperimenti con diversi gas. Se misuriamo la pressione, il
volume e la temperatura di 1 kmole di ciascun gas sottoposto a varie pressioni e temperature, ripor-
tando i risultati su un diagramma si trova che, indipendentemente dal gas, le linee a temperatura
costante convergono tutte in un punto quando la pressione tende a zero. Questo valore viene definito
pv J
costante universale dei gas: R = lim ------ = 8314.14 ------------------
p p→0 T kmol K
8
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI
m 1
oppure ancora, dall’equazione (5), essendo ρ = ---- = ---
V v
p
--- = RT (7)
ρ
I gas ideali, oltre a rispettare l’equazione di stato pv = RT , non sono viscosi (cioè al
loro interno non si manifesta lavoro d’attrito l w , ed hanno capacità termiche massi-
che (vedere oltre) costanti al variare delle condizioni termodinamiche. La tabella che
segue riassume le caratteristiche di altri tipi di gas: perfetti, quasi perfetti e reali. Un
gas reale, oltre che essere viscoso, soddisfa una equazione di stato del tipo
pv
------- = Z ( p, T )
RT
in cui Z è il fattore di comprimibilità. Z = 1 per un gas ideale, perfetto o quasi-per-
fetto.
c v = cost
c v = cost
cv = cv ( T )
CALORE
L’esperienza ci dice che una lattina ghiacciata di coca lasciata su un tavolo si riscalda
e che una tazza di caffè caldo lasciata sullo stesso tavolo si raffredda. Cioè, quando
un corpo viene lasciato in un mezzo a temperatura diversa si ha un trasferimento di
energia tra il corpo e l’ambiente fino a quando non si raggiunge un equilibrio ter-
mico, ovvero il corpo e l’ambiente raggiungono la stessa temperatura. La direzione
della trasmissione di energia è sempre dal corpo a più alta temperatura a quello a tem-
peratura più bassa. Nei processi descritti energia viene trasferita sotto forma di
calore.
Si definisce calore la forma di energia che viene trasmessa tra due sistemi (o tra il
sistema e l’esterno) in virtù di una differenza di temperatura. In assenza di una diffe-
renza di temperatura non può esserci un trasferimento di calore tra due sistemi. Nel
Q
q = ---- ⎛ -----
kJ⎞
-
m ⎝ kg⎠
LAVORO
Il lavoro, come il calore, è una interazione tra un sistema e l’esterno. Come detto
prima, l’energia attraversa i confini di un sistema sotto forma di calore e lavoro. Per-
ciò, se l’energia che attraversa i confini di un sistema chiuso non è calore, allora deve
essere lavoro. Più specificatamente il lavoro è l’energia trasmessa con una forza che
agisce per una distanza (spostamento). Lo stelo di uno stantuffo, un albero rotante e i
fili elettrici che attraversano i confini del sistema sono tutti associati con scambi di
lavoro.
Il lavoro L è anche una forma di energia come il calore e si misura in J . Il lavoro per
unità di massa è
L
l = ---- ⎛ -----
J⎞
-
m ⎝ kg⎠
kJ
Il lavoro scambiato nell’unità di tempo si chiama potenza P e l’unità di misura è -----
s
o kW .
Anche per il lavoro è necessaria una convenzione del segno. Utilizziamo inizialmente
la stessa convenzione utilizzata per il calore: il lavoro è positivo se ricevuto dal
sistema, negativo se fatto dal sistema sull’esterno.
Calore e lavoro sono interazioni tra un sistema e l’esterno e ci sono alcune similarità
tra i due:
1. entrambi si evidenziano al confine del sistema e l’attraversano;
2. isistemi possiedono energia ma non calore o lavoro. Cioè, calore e lavoro sono
fenomeni in transito;
3. entrambi sono associati a una trasformazione e non a uno stato del sistema. Diver-
samente dalle proprietà di un sistema, calore e lavoro non hanno significato in
uno stato;
4. entrambi sono funzioni di linea (cioè essi dipendono dal percorso della trasforma-
zione, compresi gli stati iniziale e finale).
10
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI
Le funzioni di linea hanno differenziali inesatti che vengono indicati con il simbolo
δ . Così, una quantità differenziale di calore e lavoro viene indicata con δQ o δL ,
rispettivamente, invece di dQ o dL . Le proprietà, comunque, sono funzioni di punto
o di stato (cioè, essi dipendono soltanto dallo stato, e non da come il sistema rag-
giunge quello stato) ed hanno differenziali esatti indicati con il simbolo d . Una pic-
cola variazione di volume, per esempio, viene rappresentata da dV e la variazione
totale di volume lungo una trasformazione tra gli stati 1 e 2 è
2
∫ dV = V 2 – V 1 = ΔV
1
∫ δL = L 12
LAVORO MECCANICO
Ci sono diversi modi di fare lavoro, ciascuno in qualche modo è legato a una forza
che agisce per un certa distanza. Nella meccanica elementare il lavoro fatto da una
forza costante F su un corpo che viene spostato per una distanza s nella direzione
della forza è dato da
L = F⋅s ( kJ )
Se la forza non è costante, il lavoro si ottiene sommando (cioè integrando) le quantità
differenziali di lavoro (forza moltiplicata per lo spostamento differenziale ds ):
2
∫ F ds ( kJ )
1
Ovviamente occorre conoscere come la forza varia con lo spostamento per poter
effettuare l’integrazione. p 1
Affinché un sistema termodinamico abbia una interazione energetica sotto forma di δL = pdV
lavoro è quindi necessario che una forza sia applicata sul confine del sistema e che
quella parte del confine si sposti di una certa distanza s . 2
Una forma di lavoro meccanico che si incontra frequentemente in pratica è associata
con l’espansione e la compressione di un gas in un dispositivo stantuffo-cilindro. dV
Durante questo processo parte del confine (la faccia interna dello stantuffo) si muove
avanti e indietro.
V1 V2 V
Considerando il gas racchiuso nel dispositivo, sia p 1 la pressione iniziale del gas, V 1
il volume totale e A la sezione dello stantuffo. Se lo stantuffo si muove molto lenta-
p
mente, senza attriti e in maniera che il sistema sia sempre in equilibrio, per una
distanza ds il lavoro fatto durante questa trasformazione sarà
lavoro verrà determinato dal segno di dV . Se il volume aumenta, come nel caso della
figura, dV è positivo e il lavoro anche. Per rispettare la convenzione stipulata prece-
dentemente è necessario anteporre un segno meno al prodotto pdV in maniera da
ottenere un lavoro negativo perché è il sistema che fa lavoro sull’esterno:
δL = – pdV (8)
∫
L = – p dV
1
Il sistema che subisce la trasformazione è chiuso nel senso che esso non scambia
massa con l’esterno.
Chiariamo la natura della funzione energia totale E. Chiaramente essa comprende
E iniziale l’energia gravitazionale Eg e cinetica E c , ma comprende anche l’energia interna ter-
mica U ter , cioè quella che risulta dall’energia cinetica delle molecole della sostanza
I che compone il sistema e viene usualmente evidenziata da una maggiore o minore
temperatura del sistema. Ma potremmo anche considerare l’energia chimica intrin-
seca di una sostanza E ch o l’energia nucleare E nu , ecc.
L
In conclusione quindi
Q
E = U + E g + E c = U ter + E ch + E nu + E g + E c + … (10)
dove è sottinteso che le energie elettrica, magnetica, ecc., possono anche essere
E finale incluse quando è il caso.
II Le lettere maiuscole indicano le proprietà totali di un intero sistema mentre quelle
minuscole (e ed u) verranno usate per indicare le proprietà per unità di massa del
sistema.
Supponiamo adesso che il sistema percorra un ciclo, cioè una continua serie di tra-
sformazioni, cosicchè il sistema ritorni periodicamente al suo stato iniziale. Se consi-
12
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI
deriamo una trasformazione elementare del sistema, allora il primo principio può
essere scritto in forma differenziale
dQ + dL = dE (11)
°∫ dQ + °∫ dL = 0 (12)
°∫ dE = 0
Quindi dE può essere descritto, in linguaggio matematico, come un differenziale
esatto, mentre dQ e dL sarebbero chiamati differenziali inesatti. Utilizzeremo i sim-
boli modificati δQ e δL per indicare il fatto che i differenziali calore e lavoro sono,
in generale, funzioni di linea
δQ + δL = dE
E’ importante notare che il calore è solamente quello scambiato dal sistema attra-
verso i suoi confini, per effetto di una differenza di temperatura, e il lavoro è quello
dovuto all’azione di forze esterne sul sistema. Per queste ragioni introdurremo il
pedice e, per esterno, a Q e L
δQ e + δL e = dE (13)
LAVORO ESTERNO L e
Il lavoro effettuato sul sistema dalle forze superficiali esterne è dato, nel caso più
generale, da
∫
L e = – p dV + ΔE c + L w + ΔE g + … (14)
∫
Q e – p dV + ΔE c + L w + ΔE g + … = ΔU + ΔE c + ΔE g + …
ovvero
∫
Q e + L w = ΔU + p dV (15)
come se ci fosse una sorgente interna di calore. Il calore netto che un sistema riceve è
per questa ragione dato dalla somma algebrica tra il calore scambiato con l’esterno
q e , e che attraversa i confini del sistema, e il calore conseguente all’energia persa per
attrito, chiamato lavoro di attrito l w , cioè il lavoro fatto dalle forze di attrito. Indi-
cando con q il calore netto che il sistema riceve si ha:
δq = δq e + δl w (17)
e la (16) diventa
δq = du + pdv (18)
A questo punto introduciamo una nuova proprietà che useremo più avanti e che è
molto utilizzata nella pratica. Si tratta dell’entalpia che è definita come:
H = U + pV (J )
oppure in unità massiche
h = u + pv ( J ⁄ kg ) (19)
δq ⎛ ---------
kJ ⎞
c = ------ - (21)
dT ⎝ kgK⎠
δq δq
c p = ⎛ ------⎞ , c v = ⎛ ------⎞ (22)
⎝ dT⎠ p ⎝ dT⎠ v
14
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI
δq = du + pdv = dh – vdp
si ottengono delle relazioni per i calori specifici a volume costante e a pressione
costante molto utili nelle applicazioni
δq ∂u
c v = ⎛⎝ ------⎞⎠ = ⎛⎝ ------⎞⎠ o meglio c v = ⎛⎝ ⎞⎠
du
(23)
dT v dT v ∂T v
δq ∂h
c p = ⎛ ------⎞ = ⎛ ------⎞ o meglio c p = ⎛ ⎞
dh
(24)
⎝ dT⎠ p ⎝ dT⎠ p ⎝ ∂ T⎠ p
Risulta in tal modo che i calori specifici rappresentano proprietà del sistema.
I calori specifici, al pari di altre proprietà termodinamiche, possono variare forte-
mente con la temperatura e la pressione di una sostanza, e devono essere impiegati
dati sperimentali per ottenere risultati affidabili. Per variazioni di temperature mode-
ste i valori possono essere assunti costanti in calcoli di prima approssimazione.
Nei liquidi e nei solidi c p e c v sono circa uguali, mentre c’è un’apprezzabile diffe-
renza per i gas
c p ⎛ ----------⎞
kJ cv
⎝ kgK⎠
Al 0.896
Cu 0.383
Fe 0.452
H2 O 4.18
CO 2 0.846 0.653
u2 – u 1 = cv ( T2 – T 1 ) h2 – h1 = cp ( T2 – T1 )
Per gas a basse pressioni i calori specifici sono circa costanti e non variano, per
ristretti campi di temperatura. Spesso, nelle applicazioni, ci si riferisce ad un gas ide-
ale, che obbedisce all’equazione di stato pv = RT , con calori specifici costanti.
Una utile relazione3 tra c p e c v per un gas ideale è:
R = cp – cv (25)
A questo punto introduciamo un’altra proprietà dei gas ideali chiamato rapporto dei
calori specifici γ , definito come
c
γ = ----p (26)
cv
Anche il rapporto dei calori specifici varia con la temperatura anche se in maniera
contenuta. Per i gas monoatomici vale γ = 1.667 . Molti gas biatomici, inclusa
l’aria, hanno un rapporto dei calori specifici pari a γ = 1.4 a temperatura ambiente.
LE TRASFORMAZIONI TERMODINAMICHE
Un fluido, inizialmente in un certo stato termodinamico (I), si porta ad uno stato ter-
modinamico diverso (II), mediante una trasformazione termodinamica.
pv n = cost (27)
RT RT
p = ------- ------- v n = cost T v n – 1 = cost
v v
RT n
v = ------- p ⎛ -------⎞ = cost -----------
RT T
= cost
p ⎝ p⎠ n – 1-
-----------
p n
3.Si può derivare nel modo seguente: poiché dh = c p dT e du = c v dT , sottraendo queste espres-
sioni si ha dh – du = ( c p – c v )dT , ma dh = du + d ( pv ) = du + RdT cosicchè
RdT = ( c p – c v )dT e R = c p – c v .
Una analoga relazione si ottiene se si utilizzano grandezze molari, infatti moltiplicando tutti i termini
per la massa molecolare M si ha R = c – c .
p v
4.Dal 1º principio
δq = dh – vdp si ha cdT = c p dT – vdp
vdp cp – c
Dividendo membro a membro si ottiene il rapporto n = – --------- = -------------
- mediante il quale si può scri-
pdv cv – c
vere
dv dp
n pdv + vdp = 0 n ------ + ------ = 0
v p
e, se n è costante o tale può ritenersi quale valore medio in una ristretta gamma di temperature, inte-
grando
16
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI
2 n–1
⎛ p----2-⎞
------------
∫
1 n
p dv = – ------------ RT 1 –1 (29)
n –1 ⎝ p 1⎠
1
∫ p dv = – -----------
1
-R[T 2 – T1 ] (30)
1
n–1
2 n–1
p ------------
avanti . v dp = ------------ p 1 v 1 ⎛ ----2-⎞ n – 1
∫
6 n
n–1 ⎝ p 1⎠
1
Se il fluido è un gas perfetto, si può scrivere
2 n-----------
– 1-
⎛ p----2-⎞
∫
n n
v dp = ------------ RT 1 –1 (31)
n –1 ⎝ p 1⎠
1
∫ v dp = -----------
n
- R[T 2 – T1 ] (32)
1
n–1
p
pv γ = ----- = cost (33)
ργ
1 1 ⎛ v 2⎞ – n + 1
= – ------------ p v n [ v – n + 1 – v – n + 1 ] = – ------------ p 1 v 1n v 1– n + 1 ⎜ -----⎟ –1
n–1 1 1 2 1 n–1 ⎝ v 1⎠
1 ⎛ v 1⎞ n – 1 1 ⎛ v 1⎞ n – 1
= – ------------ p 1 v 1 ⎜ -----⎟ – 1 = – ------------ RT 1 ⎜ -----⎟ –1
n–1 ⎝ 2⎠
v n – 1 ⎝ v 2⎠
2 γ–1
γ ⎛p
-----------
----2-⎞
∫
γ
v dp = ----------- RT 1 –1 (34)
γ – 1 ⎝ p 1⎠
1
Σ i m· i = ⎛ ⎞ + Σ e m· e
dm
(35)
⎝dτ ⎠ σ
m· = ρAc (36)
dm d ( ρV ) d ( ρAx ) dx
δQ e δL e m· = ------- = --------------- = ------------------ = ρA ------ = ρAc
--------- -------- dτ dτ dτ dτ
dτ dτ
Il principio di conservazione dell’energia7 per un sistema chiuso è
18
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI
incremento di energia in σ +
energia uscente da σ con le masse uscenti
dm i δQ δL dm
e i + ---------e + --------e = ⎛ -------⎞ + ---------e e e
dE
(37)
dτ dτ dτ ⎝ dτ ⎠ σ dτ
L e = L i + L sp, netto
L sp, netto = p i V i – p e V e
dove il termine p i V i è il lavoro fatto sul fluido per forzarlo dentro il volume di con-
trollo e il termine p e V e il lavoro per forzare il fluido fuori dal volume di controllo.
L’equazione dell’energia può essere scritta nella forma
δ Q δL
m· i ( e i + p i v i ) + ---------e + -------i = ⎛⎝ -------⎞⎠ + m· e ( e e + p e v e )
dE
dτ dτ dτ σ
8.Come passo intermedio per sviluppare tale espressione, consideriamo di nuovo il volume di con-
trollo. É da notare che, affinché la massa attraversi il volume di controllo, ci deve essere una forza che
la spinga. Questa forza è fornita dalla pressione del sistema. Immaginiamo una massa contenuta in un
volume di area A e lunghezza Δs . Per spostare questa massa, dentro e fuori il volume di controllo,
dobbiamo esercitare una forza pA per la distanza Δs . Indipendentemente dalla quantità di massa, Δs
V
sarà dato da Δs = --- cosicchè il lavoro di spostamento è
A
∫ F ds = F Δs = pA --A- = pV
V
L =
Il lavoro netto fatto sul sistema che si sposta dalla sezione di ingresso i a quella di uscita e , a meno del
lavoro esterno, è
L sp, netto = p i V i – p e V e
dove il termine p i V i è il lavoro fatto sul fluido per forzarlo dentro il volume di controllo e il termine
p e V e il lavoro per forzare il fluido fuori dal volume di controllo.
Il termine pV viene chiamato lavoro di spostamento, ed è prassi considerarlo separatamente dal lavoro
scambiato con oggetti esterni al volume di controllo.
Il lavoro di spostamento nel tempo dτ esercitato sul confine del volume di controllo dalle forze di pA
pressione vale: V A
δL
------ = F ------ = pA ------ = p ------- = p ------ ⎛⎝ ----⎞⎠ = pv -------
ds ds dV d m dm
dτ dτ dτ dτ dτ ρ dτ
Δs
perchè le proprietà, in questo caso v , si ritiene costante nellintervallo di tempo dτ .
Ricordiamo ancora una volta che l’energia totale e si compone dell’energia interna
termica u , dell’energia potenziale gravitazionale, dell’energia cinetica, ecc. Per con-
venienza introduciamo l’entalpia, definita come h = u + pv per cui l’equazione
generale dell’energia per un sistema aperto si può scrivere
δQ δL
m· i ( h + e g + e c + e ch + .... ) i + ---------e + -------i = ⎛ -------⎞ + m· e ( h + e g + e c + e ch + .... )e
dE
dτ dτ ⎝ dτ ⎠ σ
δ Q δL
Σ i m· i ( h + eg + e c + e ch + .... ) i + ---------e + -------i = ⎛ -------⎞ + Σ e m· e ( h + eg + e c + e ch + .... ) e
dE
dτ dτ ⎝ dτ ⎠ σ
q e + l i = Δh + Δe g + Δe c + ... (40)
li = ∫ v dp + l w + Δe g + Δe c + ... (41)
Questa formulazione del 1º principio, valida per i sistemi aperti in moto stazionario,
ha il pregio di presentare un bilancio di grandezze tutte meccaniche; è chiamata
primo principio in forma meccanica.
N.B. La somma dei termini q e calore massico scambiato con l’esterno, e l w lavoro
dissipato in attrito e quindi in calore, rappresenta il calore netto che un sistema riceve
qe + lw = qe + qw = q . (42)
Nel caso in cui il sistema si trovi allo stato liquido l’espressione (41) si può semplifi-
care. Infatti i liquidi, in prima approssimazione, si possono considerare incompressi-
9.Si ricorre di nuovo al principio di conservazione dell’energia in un sistema chiuso. Si è già visto che
δq e + δl w = du + pdv , ma, per la definizione di entalpia, è dh = d ( u + pv ) = du + pdv + vdp per
cui δq e + δl w = dh – vdp . Eliminando il termine dh si ottiene δl i = δl w + vdp + de g + de c + ...
e, integrando, l i =
∫ v dp + lw + Δeg + Δec + ... .
20
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI
bili cioè v = cost oppure ρ = cost . In tal caso il volume specifico può essere
portato fuori dal segno di integrale e l’equazione (41) diventa
c 22 – c 12
l i = v ( p 2 – p 1 ) + l w + g ( z 2 – z 1 ) + ---------------
- + ... (44)
2
CICLO TERMODINAMICO
É una sequenza di trasformazioni (con scambio di calore e lavoro con l’esterno) che
riportano una data massa di fluido al suo stato iniziale.
Applicando il 1º principio per i sistemi chiusi all’unità di massa che percorre il ciclo
ritornando al suo stato iniziale
Σq e + Σl e = Δe = 0
Se invece si applica il 1º principio per i sistemi aperti, a un volume di controllo che
contenga l’impianto che realizza il ciclo, dall’inizio alla fine del ciclo si ottiene
Σq e + Σl i = Δh + Δe c + Δe g = 0
Σq e – Σl i = 0 (46)
Le sommatorie vanno estese a tutte le fasi del ciclo in cui si ha scambio di calore e di
lavoro. In generale in un ciclo vi è una somministrazione di calore da una sorgente
esterna q 1 e una cessione di calore ad un’altra sorgente esterna a temperatura più
bassa q 2 . Per cui il lavoro netto ottenuto in un ciclo termodinamico per unità di
massa che l’attraversa è
li = q 1 – q2 (47)
Se si moltiplica per la portata in massa che percorre il ciclo si ottiene la relazione fra
la potenza ottenuta dal ciclo e le potenze termiche m· q 1 fornita e m· q 2 sottratta
P i = m· ( q 1 – q 2 ) ovvero P i = Q· 1 – Q· 2 (48)
m· i = m· e = m·
σ Q· e + P i = m· ( Δh + Δe c + Δe g )
Q& e
Pi = 0
Δe g ≈ 0
Se Δe c = 0 allora
Q· e = m· Δh oppure q e = Δh
Scambiatore di calore a due fluidi. Lo scambio di potenza termica avviene tra due
fluidi: l’uno si riscalda a spese dell’altro che si raffredda. Si tratta di uno scambiatore
a superficie: il contatto tra i due fluidi è solo di tipo termico (non c’è miscelazione
delle masse).
m· fi = m· fe = m· f
σ m· ci = m· ce = m· c
Q· e = m· f ( Δh ) f + m· c ( Δh ) c
essendo P i = 0 , Δe g ≈ 0 e se
Δe c = 0
Se il sistema è adiabatico verso l’esterno
·
allora Q e = 0
m· i1 + m· i2 = m· e
σ Q· e = Σm· e ( Δh 0 ) e – Σm· i ( Δh 0 ) i = 0
Se il sistema è adiabatico verso l’esterno allora
Q· e = 0 e si ottiene
m· i1 ( h i1 – h 0 ) + m· i2 ( h i2 – h 0 ) = m· e ( h e – h 0 )
= ( m· i1 + m· i2 ) ( h e – h 0 )
m· i1 ( h e – h i1 ) + m· i2 ( h e – h i2 ) = 0
22
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI
σ
p
1
p2 < p 1 v
Q· e + P i = m· ( Δh + Δe c + Δe g )
Q· e – P i = m· ( Δh + Δe c + Δe g )
In questo risulterà, infatti
P i = m· ( h 1 – h 2 ) > 0 .
Essendo il sistema, oltre che in condizioni stazionarie, con un solo ingresso e una
sola uscita si poteva scrivere il primo principio riferendosi all’unità di massa.
p
σ 2
v
p2 > p1
motore elettrico, motore termico) per l’introduzione del lavoro necessario. La trasfor-
mazione può essere supposta adiabatica.
Nei compressori la sezione diminuisce con il procedere della trasformazione affinché
la velocità si mantenga costante al diminuire del volume specifico v .
Analogamente al caso della turbina avremo
Q· e + P i = m· ( Δh + Δe c + Δe g )
che semplificata fornisce
P i = m· ( h 2 – h 1 )
Ugello. Per ugello si intende un condotto di sezione variabile che aumenta la velocità
di un fluido. Se comunque la velocità del fluido rimane al di sotto della velocità del
suono (vedi capitoli successivi) la forma del condotto è convergente, cioè, è a sezione
decrescente. Non deve meravigliare il fatto che un condotto che riduce la sua sezione
p
σ 1
p1 p2<p1
c1 c2>c1
2
v
di passaggio, acceleri il flusso, perché, infatti, bisogna pensare all’ipotesi di staziona-
rietà del moto che impone che la portata si mantenga costante lungo il condotto.
In un ugello il fluido che lo attraversa si espande senza scambiare lavoro con
l’esterno, e infatti nessun albero attraversa i suoi confini. La diminuzione di pressione
si traduce in un incremento dell’energia cinetica del fluido, che esce ad una velocità
superiore a quella di ingresso. Il calore scambiato con l’esterno si può supporre tra-
scurabile dato che il tempo di permanenza all’interno del condotto è modesto. Utiliz-
zando il primo principio e riferendosi all’unità di massa che entra e esce dal volume
di controllo
24
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI
q e + l i = Δh + Δe g + Δe c + ...
in base alle ipotesi fatte risulta
Δh + Δe c = 0
c 22 – c 12
h 2 – h 1 + ---------------
- = 0
2
da cui
c2 = c 12 + 2 ( h 1 – h 2 )
p
σ 2
p1 p2>p1
c1 c2<c1
1
v
L’aumento di pressione si verifica a spese dell’energia cinetica del fluido, che pre-
senta quindi in uscita una velocità minore di quella di ingresso. Si può assumere che
la trasformazione avvenga senza scambio di calore con l’esterno.
L’applicazione del primo principio in forma termica conduce ad una espressione ana-
loga al caso precedente.
Possiamo utilizzare anche l’altra espressione del I principio, quella in forma mecca-
nica (ovviamente ciò vale anche per gli ugelli)
li =
∫ v dp + l w + Δe g + Δe c + ...
∫ v dp + l w + Δe c = 0
Vale la pena ricordare che l’integrale si può risolvere solo se conosce il percorso della
trasformazione, cioè l’esponente n della politropica10.
Pompa. Una pompa è un dispositivo che serve per comprimere un liquido. E’ quindi
simile al compressore. Il liquido si differenzia dal gas perché è praticamente incom-
q e + l i = Δh + Δe g + Δe c + ...
e
i
qe = 0
li = 0
Δz = 0
Δe c ≈ 0
Nel caso che fluido strozzato sia un gas ideale, per il quale l’entalpia è solo funzione
della temperatura, la trasformazione oltre che isentalpica è anche isoterma.
Te = T i = T
DIAGRAMMI TERMODINAMICI I
26
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
le = li + p 1 v1 – p2 v 2 (49)
2 2 p
– ∫ pdv = ∫ v dp + p v
1 1
1 1 – p 2 v 2 C21D = A21B + OB1D – OA2C
Nel caso in cui la trasformazione ritorna alle condizioni iniziali, percorrendo un ciclo,
il lavoro di spostamento si annulla e l e coincide con l i
°∫
– pdv =
°∫ vdp (50)
v
INTRODUZIONE
Finora abbiamo applicato il I principio della termodinamica, o principio di conserva-
zione dell’energia, a trasformazioni di sistemi chiusi e aperti. Come sappiamo, l’ener-
gia é una proprietà che si conserva (può trasformarsi da una forma all’altra) e nessun
processo può aver luogo in violazione del primo principio. Perciò, si dice, ragione-
volmente, che affinché una trasformazione avvenga deve soddisfare il primo princi-
pio. Comunque, come vedremo subito, soddisfare solamente il primo principio non
assicura che una trasformazione abbia effettivamente luogo.
L’esperienza comune é che una tazza di caffè caldo posta in una stanza più fredda alla
fine si raffredda. Questa trasformazione soddisfa il primo principio perché la quantità
di energia persa dal caffè é uguale alla quantità guadagnata dall’aria circostante.
Adesso consideriamo il processo inverso - il caffè caldo diventa sempre più caldo in
una stanza più fredda per effetto della trasmissione di calore dall’aria della stanza alla
tazza. Sappiamo che questo processo non avrà mai luogo. Tuttavia, facendo così non
si violerebbe il primo principio fintantoché la quantità di energia perduta dall’aria é
uguale alla quantità guadagnata dal caffè.
Come altro esempio, consideriamo il riscaldamento di una stanza mediante il passag-
gio di corrente attraverso una resistenza elettrica. Di nuovo, il primo principio detta
che la quantità di energia elettrica fornita alla resistenza sarà uguale alla quantità di
energia trasmessa alla stanza come calore. Adesso tentiamo di invertire il processo.
Non sarà una sorpresa scoprire che trasferendo del calore alla resistenza non genererà
un’equivalente quantità di energia elettrica, anche se non viene violato il primo prin-
cipio.
É chiaro dagli esempi riportati che le trasformazioni avvengono in una certa dire-
zione e non in direzione opposta. Il primo principio non pone restrizioni sulla dire-
zione di una trasformazione, ma soddisfare il primo principio non assicura che quella
trasformazione si realizzerà. Questa inadeguatezza del primo principio a identificare
se un processo può aver luogo viene rimediata introducendo un altro principio gene-
rale, il secondo principio della termodinamica.
Comunque l’utilità del secondo principio non è sono nell’identificare la direzione
delle trasformazioni ma, come vedremo, anche nello stabilire che l’energia possiede
qualità e non solo quantità. Il I principio si occupa di quantità di energia e delle tra-
sformazioni di energia da una forma a un’altra senza riguardo alla loro qualità.
Il II principio è anche utilizzato per determinare i limiti teorici delle prestazioni dei
sistemi ingegneristici come le macchine termiche e le macchine frigorifere.
i laghi, i fiumi, come pure l’aria atmosferica possono essere considerate delle riserve
di energia termica.
Una riserva che fornisce energia sotto forma di calore viene chiamata sorgente ter-
mica mentre una riserva che riceve energia sotto forma di calore si chiama pozzo ter-
mico.
La traduzione di reservoir con riserva non è molto felice, sarebbe più corretto tra-
durre con serbatoio che però non è utilizzato nel nostro linguaggio con questo signifi-
cato. Si preferisce riferirsi a queste grandi capacità termiche con il termine di
sorgente, intendendo sia la sorgente vera e propria che il pozzo, e distinguendo tra le
due come sorgente termica ad alta temperatura e sorgente termica a bassa tempera-
tura.
MACCHINE TERMICHE
Il lavoro può essere convertito facilmente in altre forme di energia ma convertire altre
forme di energia in lavoro non è così facile. Per esempio, se introduciamo un frulla-
tore in un liquido, il lavoro fatto sul liquido andrà ad aumentare la sua energia
interna. Viceversa se aumentiamo l’energia interna del liquido attraverso un trasferi-
mento di calore dall’esterno non per questo il frullatore si metterà a girare. La conclu-
sione è che il lavoro si può convertire direttamente e completamente in energia
S o rg e n te d i a lta termica mentre per convertire quest’ultima in lavoro occorrono dispositivi speciali.
te m p e ra tu ra T1
Questi dispositivi sono le macchine termiche.
Le macchine termiche sono molto diverse tra di loro ma tutte possono essere caratte-
Q1 rizzate nella maniera seguente:
1. ricevono calore da una sorgente ad alta temperatura (energia solare, combustione
M a c c h in a L di un combustibile, reattore nucleare);
te rm ic a 2. convertono parte di questo calore in lavoro (usualmente nella forma di un albero
rotante);
Q2 3. scaricano il calore rimanente a una sorgente a bassa temperatura (l’atmosfera, un
fiume, ecc.);
S o rg e n te d i b a s s a 4. operano in un ciclo.
te m p e ra tu ra T2
Le macchine termiche usualmente fanno uso di un fluido, che opera nel ciclo, che
viene chiamato fluido di lavoro.
Come esempio consideriamo un impianto motore a vapore. Il fluido di lavoro è acqua
che passa dallo stato liquido a quello di vapore e viceversa. Una pompa fornendo
lavoro dall’esterno L 1 comprime il liquido inviandolo al generatore di vapore dove
appunto avviene il cambiamento di fase introducendo il calore Q 1 per mezzo di una
sorgente esterna. Il vapore ad elevata temperatura e in pressione si espande in una
turbina che fornisce all’esterno il lavoro L 2 . Il vapore scaricato dalla turbina deve
essere inviato al condensatore, che sostanzialmente è uno scambiatore di calore, dove
il vapore viene appunto condensato sottraendo il calore Q 2 utilizzando come pozzo
termico l’aria atmosferica o l’acqua, per esempio, di un fiume.
Da notare che la direzione delle interazioni calore e lavoro sono state indicate con 1
per quelle in ingresso e 2 per quelle in uscita e quindi sono grandezze positive.
Il lavoro netto che il sistema esegue sull’esterno è dato dalla differenza
L = L2 – L 1
Applichiamo il primo principio. E’ indifferente applicare il I principio per i sistemi
aperti o per i sistemi chiusi. Entrambi, trattandosi di un ciclo, portano alla stessa con-
clusione:
L = Q1 – Q2 (51)
28
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
e
e
generatore Q1 L2
di vapore d T alternatore
c
turbina
f
b
L1 condensatore
pompa
Q2
a
Rendimento termico
Q 2 rappresenta il calore trasferito all’esterno, e quindi dissipato, per completare il
ciclo ed è sempre diverso da zero. Quindi il lavoro ottenuto è sempre minore
dell’energia termica ricevuta, cioè solo una parte del calore trasmesso dalla sorgente
termica può essere convertito in lavoro. La frazione del calore ricevuto che viene
convertita in lavoro è una misura della prestazione della macchina termica e viene
chiamato rendimento termico η ter .
Il rendimento, in generale, è il rapporto tra l’uscita desiderata e l’ingresso richiesto.
Nelle macchine termiche l’uscita desiderata è il lavoro netto e l’ingresso necessario è
il calore introdotto. Quindi
L-
η ter = ----- (52)
Q1
che si può anche scrivere
Q
η ter = 1 – -----2- (53)
Q1
Il rendimento termico nei moderni impianti motori al massimo arriva al 60% e ciò
significa che nei casi migliori si dissipa il 40% dell’energia introdotta.
Si può risparmiare Q 2 ? Purtroppo no11.
L’impossibilità nelle macchine di utilizzare tutto il calore ricevuto forma la base del
postulato di Kelvin-Planck del II principio della termodinamica:
Postulato di Kelvin-Planck
É impossibile che una macchina, che operi in un ciclo, scambi calore con una singola
sorgente termica e produca una quantità netta di lavoro.
Un altro modo per esprimere questo postulato è che nessuna macchina termica può
avere un rendimento del 100% S o r g e n te d i a l ta
T1
Da notare che tale limitazione non è dovuta ad attriti o altri effetti dissipativi e si te m p e r a tu r a
applica quindi anche alle macchine termiche ideali.
Q1
MACCHINE FRIGORIFERE
M a c c h in a L
L’esperienza ci dice che il calore si trasmette spontaneamente da un mezzo ad alta
f r ig o r if e r a
temperatura ad un altro a bassa temperatura. Il processo inverso, che non può svol-
gersi da solo, richiede dispositivi speciali chiamati frigoriferi.
I frigoriferi, come le macchine termiche, sono delle macchine cicliche. Il fluido di Q2
lavoro utilizzato nel ciclo frigorifero si chiama refrigerante. Il ciclo frigorifero più
usato è il ciclo frigorifero a compressione di vapore, costituito da 4 elementi: un com- S o r g e n t e d i b a s s a
pressore, un condensatore, una valvola di espansione e un evaporatore. T2
te m p e r a tu r a
aria ambiente
Q1
800 kPa 800 kPa
condensatore
30°C 3 2 60°C
compressore
valvola
espansione
L
120 kPa
4 1 120 kPa
– 26° C evaporatore – 20° C
Q2
ambiente refrigerato
Il refrigerante entra nel compressore sotto forma di vapore dove viene compresso
fino alla pressione di condensazione. Il vapore lascia il compressore ad una tempera-
tura relativamente alta ed attraversa il condensatore dove scambiando calore con
l’ambiente esterno viene raffreddato e condensato. La condensa viene quindi espansa
in un tubo capillare (valvola di espansione) subendo una drastica riduzione di tempe-
ratura. Il refrigerante a bassa temperatura entra quindi nell’evaporatore dove evapora
ricevendo calore dall’ambiente refrigerato. Lasciando l’evaporatore e rientrando nel
compressore il refrigerante completa il suo ciclo.
La figura che segue rappresenta sul piano termodinammico p – h il ciclo che si
svolge nella macchina rappresentata nella figura precedente, assumendo come fluido
refrigerante l’R12. Nel caso considerato l’uscita dall’evaporatore (punto 1) è vapore
leggermente surriscaldato, mentre l’uscita dal condensatore (punto 3) è liquido leg-
germente sottoraffreddato, come accade nelle macchine reali. Spesso, per calcoli di
prima approssimazione, si considerano rispettivamente vapore saturo secco (punto 1)
e liquido saturo (punto 3).
11.Per rendersene conto lo dimostriamo utilizzando una macchina termica semplice. Consideriamo il
sistema chiuso contenuto nel cilindro illustrato in figura. Il gas si trova inizialmente a 30 °C. Successi-
vamente viene posto in contatto con una sorgente termica a 100 °C ricevendo 100 kJ di calore. Il
sistema si espande, perché é aumentata la sua energia interna, sollevando lo stantuffo con il peso e
compiendo, quindi, lavoro sull’esterno, nella quantità di 15 kJ. Tolto il peso se si riesce a far tornare
nelle condizioni iniziali il sistema si può ripetere il ciclo e sollevare un altro peso. Per raggiungere lo
scopo si potrebbero trasferire 85 kJ alla sorgente esterna a 100 °C facendo così ritornare il sistema a 30
°C. Ciò, sappiamo dall’esperienza, è impossibile per cui per tornare alle condizioni di partenza occorre
allora introdurre un’altra sorgente, a temperatura più bassa, per esempio a 20 °C, a cui cedere gli 85 kJ.
15 kJ
GAS
GAS SI GAS
85 kJ
30°C 90°C 30°C
20°C
100 kJ
NO
100°C
GAS
85 kJ
30°C
100°C
30
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
10 5
R12
10 4
p (kPa)
60°C
10 3 3 800 kPa
2
30°C
-20°C
10 2 -26°C
120 kPa 1
0.2
4 0.4 0.6 0.8
10 1
0 25 50 75 100 125 150 175 200 225 250
h (kJ/kg)
Nel frigorifero domestico, il comparto del ghiaccio dove il calore viene estratto dal
refrigerante, funge da evaporatore, e la serpentina dietro il frigorifero, dove il calore
viene trasmesso alla stanza, funge da condensatore.
Q 2 è la quantità di calore rimossa dallo spazio refrigerato alla temperatura T 2 men-
tre Q 1 è la quantità di calore scaricata nell’ambiente caldo alla temperatura T 1 . L è
il lavoro fornito al ciclo.
Coefficiente di prestazione
Il rendimento di un frigorifero viene espresso mediante il coefficiente di prestazione
( COP R ). Il compito del frigorifero è di rimuovere il calore Q 2 dallo spazio raffred-
dato ricevendo dall’esterno il lavoro L . Il COP del frigorifero si può esprimere come:
uscita desiderata Q
COP R = -------------------------------------------------- = -----2- (54)
ingresso richiesto L
Il principio di conservazione dell’energia richiede che in un ciclo ( Q 2 – Q 1 + L = 0 )
L = Q1 – Q 2
per cui il COP si può anche scrivere
Q2 1
COPR = ------------------
- = --------------- (55)
Q1 – Q 2 Q1
------ – 1
Q2
Da notare che COP può essere maggiore di uno, cioè la quantità di calore rimosso
dallo spazio refrigerato può essere più grande del lavoro assorbito. Questa è la
ragione per cui si utilizza la dizione COP invece di rendimento, per non avere il caso
singolare di un rendimento maggiore di uno.
Pompe di calore
Un altro dispositivo che trasferisce calore da un mezzo a bassa temperatura a un altro
ad alta temperatura è la pompa di calore. I frigoriferi e le pompe di calore utilizzano
lo stesso ciclo ma hanno obiettivi diversi. La pompa di calore ha l’obiettivo di mante-
nere uno spazio riscaldato ad alta temperatura assorbendo calore da una sorgente a
bassa temperatura, come acqua di pozzo o aria fredda esterna, e fornendo questo
calore a un ambiente ad alta temperatura come un’abitazione.
Un frigorifero posto sulla finestra di una casa con la sua porta aperta all’aria fredda
esterna funzionerà come una pompa di calore perché cercherà di raffreddare l’esterno
sottraendogli calore e trasferendolo all’abitazione.
Anche le prestazioni di una pompa di calore vengono espresse attraverso il coeffi-
ciente di prestazione COP HP definito come:
uscita desiderata Q
COPHP = -------------------------------------------------- = -----1- (56)
ingresso richiesto L
che si può anche esprimere come
Q1 1
COPHP = ------------------
- = --------------- (57)
Q 1 – Q2 Q
1 – -----2-
Q1
Dal confronto con la (55) risulta
COPHP = COPR + 1 (58)
per valori costanti di Q 1 e Q 2 . Ciò implica che il COP di una pompa di calore è sem-
pre maggiore del COP di un frigorifero in quanto COP R è una quantità positiva.
Postulato di Clausius.
É impossibile costruire un dispositivo, che operi in un ciclo, che abbia come unico
effetto di trasferire calore da un corpo a più bassa temperatura a un corpo a più alta
temperatura.
Si può dimostrare l’equivalenza tra il postulato di Kelvin e quello di Clausius e
quindi entrambi possono essere considerati come espressione del secondo principio
della termodinamica che, in quanto principio, non viene dimostrato. Ma, al pari del
primo principio, nessuna osservazione sperimentale l’ha mai negato12.
12.Riprendendo l’esempio della macchina termica semplice il ciclo, oltre a presentare un rendimento
del 100%, produrrebbe lavoro scambiando calore con una sola sorgente termica e inoltre trasferirebbe
calore dal sistema a temperatura più bassa alla sorgente a temperatura più alta senza aver speso nulla.
Vengono quindi contraddetti sia il postulato di Kelvin che quello di Clausius.
Sono stati brevettati nel passato, anche se non mancano esempi recenti, motori con rendimenti del
100%, come ad esempio l’impianto motore a gas in basso a sinistra. La pretesa é che, una volta avviato
il sistema, fornendo energia elettrica alla resistenza R per introdurre il calore Q 1 al ciclo, l’impianto é
in grado di funzionare autonomamente (perpetuum mobile). In realtà l’impianto non può creare energia
e quindi non può funzionare. Applicando il primo principio si ottiene – Q 2 – L = ΔE che é impossi-
bile in quanto ΔE = 0 in un ciclo. Si tratta, quindi, di un perpetuum mobile di I specie perché viola il
I principio della termodinamica.
L Q1
Q1
Q2
Un altro esempio di perpetuum mobile é rappresentato in figura a destra. Il calore scambiato con
l’esterno é questa volta positivo per cui risulta verificato il I principio Q 1 – L = 0 che fornisce
L = Q 1 , ma viene violato il II principio perché il ciclo scambia calore con una sola sorgente termica.
Si parla allora di perpetuum mobile di II specie.
32
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
attrito
( calore ) attrito
GAS
( calore )
20°C
20°C 20°C
Perciò é fisicamente impossibile un processo di trasferimento del calore reversibile.
Può però essere pensato come un processo ideale in cui la differenza di temperatura
tende al limite ad annullarsi per dT → 0 .
p 3 IL CICLO DI CARNOT
Q1
A questo punto proviamo a riprendere in considerazione il problema di individuare
T1 4 qual è il rendimento massimo del ciclo percorso da una macchina termica.
In base a quanto detto il ciclo che presenta il massimo rendimento sarà un ciclo rever-
2 T2 sibile cioè composto da trasformazioni tutte reversibili e quindi senza perdite.
Q2 Probabilmente il ciclo reversibile più noto è il ciclo di Carnot eseguito in una mac-
1
china teorica chiamata macchina termica di Carnot. Il ciclo di Carnot è costituito da
v quattro trasformazioni reversibili: due isoterme e due adiabatiche.
In particolare abbiamo due trasformazioni di compressione: la 1-2 isoterma e la 2-3
adiabatica; e due di espansione: la 3-4 isoterma e 4-1 adiabatica. Il lavoro netto fatto
dal ciclo è pari alla differenza tra i lavori di espansione e quelli di compressione e
corrisponde all’area, nel piano p-v, interna al ciclo.
Il ciclo essendo reversibile può essere percorso anche in senso inverso (antiorario
anziché orario) che quindi diventa il ciclo frigorifero di Carnot.
I PRINCIPI DI CARNOT
T Partendo dai postulati di Kelvin e Clausius si possono trarre due conclusioni circa il
rendimento di cicli reversibili e cicli irreversibili. Queste conclusioni sono conosciute
3 4 come principi di Carnot e sono espressi nella maniera seguente:
1. il rendimento di un ciclo irreversibile è sempre minore del rendimento di un ciclo
reversibile che operi tra le stesse sorgenti termiche;
2 1 2. irendimenti di tutti i cicli reversibili che operino tra due stesse sorgenti termiche
sono gli stessi.
s Questi due enunciati possono essere provati dimostrando che la violazione dell’uno o
dell’altro porta a violare il secondo principio della termodinamica.
13.Deriviamo la scala termodinamica delle temperature utilizzando delle macchine termiche reversi-
bili.
In base al secondo principio di Carnot, due macchine termiche purché reversibili, hanno lo stesso ren-
dimento se lavorano tra due uguali sorgenti termiche. Cioè, il rendimento è indipendente dal fluido di
lavoro e dal modo in cui il ciclo viene eseguito. Poiché le sorgenti termiche sono caratterizzate dalla
loro temperatura, il rendimento termico delle macchine termiche reversibili è funzione soltanto delle
Q1
temperature delle sorgenti. In formule: η ter = g ( T 1, T 2 ) ovvero ------- = f ( T 1, T 2 ) con il solito
Q2
significato dei simboli.
Si dimostra, utilizzando delle macchine termiche reversibili, che la funzione f ( T 1, T 2 ) si può ulterior-
φ ( T1 )
mente specificare separando le variabili: f ( T 1, T 2 ) = --------------- .
φ ( T2 )
Diverse funzioni delle temperature delle sorgenti soddisfano questa relazione e la scelta è completa-
mente arbitraria. Kelvin propose semplicemente φ ( T ) = T per definire una scala termodinamica delle
⎛ Q 1⎞ T
temperature tale che ⎜ -------⎟ = -----1- .
⎝ 2⎠ rev
Q T2
34
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
⎛Q-----1-⎞
T
= ----1- (59)
⎝ Q 2⎠ rev T2
Questa scala viene chiamata scala Kelvin e la temperatura su questa scala viene chia-
mata temperatura assoluta. Su questa scala il rapporto delle temperature dipende solo
dal calore scambiato e non dalle proprietà delle sostanze. Su questa scala la tempera-
tura varia tra 0 e infinito.
Poiché è determinato solo il rapporto delle temperature occorre definire il valore di
un kelvin. Nel sistema di misura SI si è assegnato il valore 273.16 K al punto triplo
dell’acqua (0.01 °C), definendo il kelvin come 1/273.16 dell’intervallo di tempera-
tura tra zero e il punto triplo dell’acqua. Da notare che l’unità di temperatura sulle
scale Kelvin e Celsius sono identiche e che le due scale differiscono di una costante
pari a 273.15
Q
η ter = 1 – -----2- (60)
Q1
Per motori termici reversibili (motore di Carnot) in base alla (59)
T
η C = 1 – ----2- (61)
T1
che rappresenta il più alto rendimento di un motore termico operante tra due sorgenti
di energia termica a temperature T 1 e T 2 .
δQ
dS = ⎛ ---------e⎞ · ⎛ kJ
-----⎞ (62)
⎝ T ⎠ int rev ⎝ K⎠
δQ e δQ
°∫
e
14.Sempre Clausius stabilì la seguente disuguaglianza: ---------- ≤ 0 . L’integrale ciclico di ---------- é sem-
T T
pre minore o uguale a zero. Il segno di uguaglianza si ha per cicli totalmente reversibili e la disugua-
glianza per cicli irreversibili. Si dimostra che negando questa disuguaglianza, cioè che l’integrale
ciclico sia maggiore di zero, viene violato il postulato di Kelvin e quindi il secondo principio.
⎛ δQ
2 2
Q
---------e⎞
∫ ∫ ( δQ )
1
ΔS = S 2 – S 1 = = ----- = ------e
⎝ T 0 ⎠ int rev T 0
e int rev
T0
1 1
Questa equazione15 può essere vista come la formulazione matematica del II princi-
pio. In forma differenziale
δQ
dS ≥ ---------e
T
dove l’uguaglianza vale per processi internamente reversibili e la disuguaglianza per
processi irreversibili.
La variazione di entropia di un sistema chiuso in una trasformazione irreversibile é
δQ
maggiore dell’integrale di ---------e . Nel caso limite di trasformazione reversibile le 2
T
quantità si uguagliano.
Da sottolineare che T é la temperatura assoluta al confine dove il differenziale calore
δQ e viene trasmesso tra il sistema e l’esterno (surroundings).
La quantità ΔS = S 2 – S 1 rappresenta la variazione di entropia del sistema. Per un
2
δQ e
processo reversibile é uguale a ∫ ⎛⎝ --------
1
T ⎠
-⎞
int, rev
che rappresenta l’entropia trasferita
con il calore.
T
2
15.Consideriamo un ciclo fatto di 2 processi: 1-2 qualsiasi e 2-1 internamente reversibile. Dalla disu-
2 δQ 1 δQ
∫ ∫ ⎛ ---------e-⎞
e
guaglianza di Clausius si ha: ---------- + ≤ 0 , ma il secondo integrale é la variazione
T ⎝ T ⎠ int rev
1 2
2 δQ
∫
1 int rev
di entropia S 1 – S 2 , dunque si ottiene ---------e- + ( S – S ) ≤ 0 da cui segue
T 1 2
1
2 δQ
∫
e
ΔS = ( S 2 – S 1 ) ≥ ---------- .
S T
1
36
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
δQ e ΔE = Qe – Le
ΔS = ∫ ⎛⎝ --------
T ⎠
-⎞
int rev
EQUAZIONI DI GIBBS
Per determinare la variazione di entropia di un sistema occorre risolvere l’integrale
⎛ δQ
2
---------e⎞
ΔS = S 2 – S 1 = ∫ 1
⎝ T ⎠ int rev
2 δQ
Il principio di incremento dell’entropia afferma che S 2 – S 1 =
1
∫
---------e- + S
T gen, sist in cui
2 δQ
∫
e
S gen, sist é una quantità positiva, dunque S gen, sist = ΔS – ---------- ≥ 0 .
T
1
δQ e
In un sistema isolato (sistema chiuso adiabatico) essendo
∫ ---------T - = 0 si avrà
S gen, sist = ΔS isol ≥ 0 .
L’entropia di un sistema isolato durante una trasformazione aumenta sempre o, al limite, rimane
costante (processo reversibile).
Le relazioni viste possono essere scritte facendo riferimento a sistemi chiusi e aperti.
Per esempio, per un sistema aperto il bilancio entropico è espresso dalla
·
δQ e
( S· gen ) = ⎛ ------⎞ + Σm· s – Σm· s –
∫
dS
---------- ≥ 0
σ ⎝ dτ⎠ σ e e i i T
σ
Rimandando a corsi successivi tale studio, che prelude all’analisi di secondo principio o exergetica dei
sistemi, concludiamo questa parte sul secondo principio con delle relazioni, note come equazioni di
Gibbs, molto utili per introdurre i diagrammi entropici, quali il diagramma di Gibbs e quello di Mollier,
di frequente uso nello studio dei sistemi termodinamici.
17.Per questo fine consideriamo l’equazione in forma differenziale della conservazione dell’energia
applicata ad una trasformazione di quasi equilibrio internamente reversibile:
δQ e, int rev + δL e, int rev = dU , ma δQ e, int rev = TdS e δL e, int rev = – pdV e quindi
TdS = dU + pdV oppure, per una unità di massa, Tds = du + pdv .
Tds = δq e + δl w (66)
che mostra come la variazione di entropia di un sistema dipenda dal calore scambiato
con l’esterno e dal calore conseguente a fenomeni irreversibili interni al sistema
nel caso in cui si possano ritenere costanti c v e c p e pari a opportuni valori medi il
calcolo degli integrali è immediato.
DIAGRAMMI TERMODINAMICI II
38
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
18.Una caratteristica del diagramma entropico è che la sottotangente in un punto alla curva della tra-
T T Tds δq
sformazione rappresenta la capacità termica massica, infatti c = --------- = ------- = --------- = ------ .
tgα dT
------ dT dT
ds
La trasformazione isoterma è rappresentata da una retta parallela all’asse delle entropie e una adiaba- T
tica isentropica da una retta parallela all’asse delle temperature. L’isocora e l’isobara del gas perfetto
sono invece rappresentate da curve logaritmiche la cui pendenza pertanto aumenta al crescere della
temperatura
δq du pdv T 2 ∂T P
v = cost ds = ----- = ------ + --------- = c v ------ Δs = c v ln ------ ⎛⎝ ⎞⎠ = -----
dT T
T T T T T1 ∂ s v cv
T ∂T
p = cost ds = δ-----q = dh --------- = c p ------ Δs = c p ln -----2- ⎛ ⎞ = -----
dT
------ – vdp T
T T T T T1 ⎝ ∂ s ⎠ p cp
A parità di temperatura le isocore mostrano pendenza maggiore delle isobare, dovendo essere la sotto- α
tangente delle prime c v inferiore a quella delle seconde c p . s
c
Giacché per i gas, anche se reali, ma lungi dall’isoterma critica, i calori specifici c p e c v sono presso-
ché indipendenti dalla pressione, l’intera famiglia delle isobare - così come quella delle isocore - incon-
tra una stessa isoterma con una pendenza uguale per tutti gli elementi della famiglia. Ne consegue che
tutte le curve isobare sono tra loro congruenti (vale a dire sovrapponibili per semplice traslazione) e
così pure tutte le curve isocore.
In alcuni casi, sul diagramma T, s , si può rappresentare anche il lavoro scambiato lungo una trasfor-
mazione. Consideriamo una compressione adiabatica reversibile, e trascuriamo, per semplicità, la
variazione di energia cinetica. Il 1º principio ci informa che il lavoro è allora pari alla variazione di T
entalpia: q e + l i = Δh che essendo una funzione di stato dipende solo dagli estremi della trasforma- p2
zione e non dal percorso. Infatti, abbiamo visto che è comodo esprimere Δh come
2
h 2 – h 1 = c p ( T 2 – T 1 ) cioè, come la quantità di calore che occorre fornire all’unità di massa, in una
trasformazione a pressione costante, per aumentare la sua temperatura da T 1′ = T 1 a T 2 . Nulla vieta
2 p1
di supporre inoltre che la trasformazione sia anche reversibile, per la quale q =
∫ 1′
T ds che rappre-
1′
senta l’area cercata. Infatti, riassumendo, l’area sottesa dal tratto di isobara compreso tra le temperature 1
T 1 e T 2 , rappresenta la quantità di calore che occorre fornire a p = cost per aumentare la tempera- 2
tura dell’unità di massa da T 1 a T 2 . Questa stessa quantità di calore è equivalente all’incremento di li =
∫ 1′
T ds
entalpia tra T 1 e T 2 , e, per il 1º principio della termodinamica al lavoro di compressione. Si procede
s
in maniera del tutto analoga nel caso di compressione adiabatica non reversibile.
Tranne che in prossimità del punto critico, dunque, la famiglia delle isobare, nella
regione del vapor saturo, inviluppa con ottima approssimazione la c.l.i.
Altra caratteristica del piano di Mollier è che il punto critico non si trova nel punto di
ordinata massima della curva limite, come avviene evidentemente nei piani p, v e
T, s , ma notevolmente più in basso. Ciò appare logico se si pensa che l’isobara e
T = cost l’isoterma critiche devono ammettere tangente comune (il punto critico appartiene
p (log)
C anche alla regione del vapor saturo) e che tale tangente, che ha la massima pendenza
e pari alla temperatura critica, deve essere tale per entrambe le curve limiti.
sa tu ro
st
co
s=
LIQ. zione delle trasformazioni termodinamiche dei fluidi refrigeranti si è soliti utilizzare
VAP.
il diagramma di stato pressione-entalpia specifica (p-h). Nella figura che segue ne è
sa tu ro
v = cost
La zona delle miscele bifasiche è delimitata dalle curva limite: il vertice di tale
x=c
liq u id o
regione è il punto critico C. La lunghezza del tratto di isobara nella regione bifasica
rappresenta il calore di evaporazione corrispondente a quella pressione di satura-
h zione. La lunghezza di questi segmenti decresce all’aumentare della pressione. Le
isoterme hanno andamento praticamente verticale nella zona del liquido, in quanto la
dipendenza dell’entalpia di un liquido dalla pressione è trascurabile. Nella regione
p (lo g)
T = co st
bifasica le isoterme sono ovviamente orizzontali (dovendo essere anche isobare),
mentre nella zona del vapore surriscaldato assumono pendenza negativa e tendono a
diventare verticali nel campo delle basse pressioni in quanto l’entalpia di un aeri-
A (? ) forme è funzione solo della temperatura. Le isentropiche, le isocore e le isotitolo sono
pA
anch’esse rappresentate.
B N.B. Può succedere che i diagrammi p-h che si utilizzano nella pratica non riportino
l’andamento delle isoterme nella zona del liquido (che, come si è detto, è pressoché
verticale): in questo caso come determinare l’entalpia di un generico punto A in con-
dizioni di liquido sotto raffreddato (non saturo) di cui si conoscano pressione e tem-
peratura? La posizione del punto A non è determinabile con esattezza, ma la sua
entalpia può essere approssimata con quella del punto B che si trova sulla curva
limite inferiore alla stessa temperatura; del resto questa è l’approssimazione che si
hA hB h adotta comunemente per tutti i liquidi (acqua, ecc.).
Appendice
MANOMETRI A U
Pressioni relativamente modeste possono essere misurate utilizzando un dispositivo
noto con il nome di manometro, che è costituito da un tubo trasparente, di vetro o di
plastica, a forma di U, contenente un liquido, chiamato manometrico, come mercurio,
gas acqua, alcool o olio. Per mantenere le dimensioni del manometro a valori ragionevoli
i liquidi più pesanti (mercurio) vengono utilizzati per le pressioni più elevate.
h Consideriamo il manometro ad U illustrato in figura. Poiché gli effetti gravitazionali
del gas sono trascurabili, la pressione in ogni punto del recipiente e nella posizione 1
1 2 hanno lo stesso valore. Inoltre, poiché la pressione non varia in direzione orizzontale
all’interno del liquido, la pressione nella posizione 2 è la stessa che nella posizione 1,
cioè p 2 = p 1 .
La colonna differenziale di liquido manometrico, di altezza h e sezione A , è in equi-
librio statico, e ciò significa che le forze che su di essa agiscono si devono fare equi-
librio.
Ap 1 = Ap amb + P
Essendo
40
Appendice
P = mg = ρVg = ρAhg
p amb
si ha
p 1 = p amb + ρgh A
TUBO DI BOURDON
Su un principio di funzionamento diverso rispetto a quello dei manometri a liquido
(manometri a U) si basa il tubo di Bourdon, che appartiene alla categoria dei mano- A
metri a deformazione.
Il rivelatore di pressione è costituito da un tubo di metallo a forma di spirale e a A
sezione ellittica chiuso a un’estremità, il cui interno è posto in comunicazione con il
fluido di cui si vuol misurare la pressione. p
Al variare della differenza di pressione tra interno e esterno, si produce una deforma-
zione che per la forma schiacciata del tubo si traduce in un arrotolamento o in uno
svolgimento della spirale e quindi in una variazione della posizione dell’estremo
libero. Quest’ultimo è collegato per mezzo di un sistema di leve ad un indice mobile
che segnala su un'apposita scala le deformazioni della spirale al variare della pres-
sione.
La taratura avviene mettendo in comunicazione il manometro con fluidi a pressione S e z io n e A A
nota; si segna di solito lo zero sulla scala quando la pressione del fluido è uguale a
quella atmosferica, per cui in genere questi manometri indicano il valore della p re s sio n e
sovrappressione del fluido rispetto a quella atmosferica (pressione relativa). in c o g n ita
BAROMETRO
La pressione atmosferica viene misurata dal barometro ed infatti la pressione atmo-
sferica viene spesso chiamata pressione barometrica.
Come Torricelli (1608-1647) scoprì, qualche secolo fa, la pressione atmosferica può
essere misurata invertendo un tubo riempito di mercurio in una bacinella di mercurio
aperta all’ambiente. La pressione nel punto B è uguale alla pressione atmosferica C
mentre la pressione in C può essere considerata nulla perché sopra il punto C ci sono
h
solo vapori di mercurio che esercitano una pressione molto bassa. Scrivendo una A
equazione di equilibrio nella direzione verticale si ha
P
p amb = ρgh h
dove ρ è la densità del mercurio.
Al livello del mare e a 0°C la colonnina di mercurio raggiunge un’altezza di
760 mmHg , a cui corrisponde una pressione ambiente vale p amb = 101325 Pa
B
p amb = 13595 ⋅ 9.80665 ⋅ 0.76 = 101325 Pa
che rappresenta la pressione atmosferica in condizioni standard.
42
Appendice
9. Aria a 100 kPa e 280K viene compressa in condizioni stazionarie a 600 kPa e
400K . La portata in massa dell’aria è m· = 0.02 kg ⁄ s e il calore ceduto
all’esterno ammonta a q e = 16 kJ ⁄ kg . Assumendo trascurabili le variazioni
di energia potenziale e cinetica, calcolare la potenza assorbita dal compressore.
[ P i = 2.732 kW ]
10. Una portata di 40 kg/min di acqua a 40 °C (densità 992 kg/m3) viene compressa
adiabaticamente e reversibilmente da 7 bar a 70 bar in un processo stazionario.
Calcolare la potenza assorbita dalla pompa assumendo che l’acqua sia all’incirca
incompressibile, trascurando le variazioni di energia cinetica e potenziale. [P =
4.234 kW]
11. Un compressore aspira aria a 1 atm e 20 °C e la invia, a 3.5 atm e 7 m/s, in un
condotto di 1 cm di diametro. Assumendo la compressione reversibile e adiaba-
tica, calcolare la potenza assorbita dal compressore. Altri dati: velocità in
ingresso al compressore trascurabile, massa molecolare dell’aria = 28.97 kg/
kmol. [P = 205.3 W]
12. Elio viene espanso adiabaticamente e reversibilmente in una turbina da 400 kPa e
260 °C a 100 kPa. La velocità in ingresso alla turbina è trascurabile e la velocità
di uscita è 200 m/s. Calcolare il lavoro massico fornito. Altri dati:
c p = 5.234 kJ ⁄ kgK , γ = 1.667 . [ l i = – 1.163 MJ ⁄ kg ]
15. Una turbina espande aria ( R = 287 J ⁄ kgK , γ = 1.4 ) dalle condizioni 10 bar,
150 °C e 30 m/s alle condizioni 3 bar e 2 °C. Il diametro del condotto in cui sono
state effettuate le misure è di 0.15 m, tanto per l’ingresso che per l’uscita. Ammet-
tendo il flusso stazionario attraverso la macchina calcolare (I) la quantità di calore
scambiata con l’esterno, sapendo che la potenza sviluppata è di 500 kW. Valutare
inoltre (II) l’entità delle resistenze passive. [ q e = – 32.58 kJ ⁄ kg ,
l w = 2.6 kJ ⁄ kg ]
16. Aria ( R = 287 J ⁄ kgK , γ = 1.4 ) viene compressa da 100 kPa e 22°C a
1 MPa in un compressore refrigerato (calore sottratto pari a 16 kJ ⁄ kg ). La
portata in volume all’ingresso del compressore è 150 m 3 ⁄ min e la potenza
interna è 500 kW . Determinare (a) la portata in massa dell’aria e (b) la tempera-
tura all’uscita del compressore. [(a) 2.95 kg ⁄ s (b) 174°C ]
19. 10 kg/s di vapor d’acqua entrano in una turbina a 40 bar e 400 °C con una velocità
di 250 m/s. Il vapore lascia la turbina a 2 bar e 150 °C con una velocità di 30 m/s.
La trasformazione si può assumere adiabatica. Calcolare la potenza della turbina
nell’ipotesi che il flusso sia stazionario. [P = 4.78 MW]
20. In un impianto motore a vapore il fluido di lavoro riceve una potenza di
280 GJ ⁄ h nel generatore di vapore. Le perdite di calore dal vapore all’ambiente
esterno ammontano a 8 GJ ⁄ h . Se la potenza termica trasmessa nel condensatore
all’acqua di raffreddamento ammonta a 145 GJ ⁄ h determinare (a) la potenza
netta fornita dall’impianto e (b) il rendimento termico dell’impianto. [(a)
35.5 MW , (b) 45.4 %]
21. Un impianto motore a vapore fornisce una potenza di 150 MW consumando
60 t ⁄ h di carbone che ha un potere calorifico di H i = 30 MJ ⁄ kg (il potere
calorifico indica la quantità di energia termica liberata dalla combustione
dell’unità di massa del combustibile). Determinare il rendimento termico di que-
sto impianto. [ 30 %]
22. Il motore di un’automobile consuma 20 l ⁄ h di combustibile e sviluppa una
potenza di 60 kW . Se il combustibile ha un potere calorifico di
H i = 44 MJ ⁄ kg e una densità di 800 kg ⁄ m 3 , determinare il rendimento del
motore. [ 30.7 %]
23. Un condizionatore d’aria rimuove da una abitazione calore che nell’unità di
tempo ammonta a 750 kJ ⁄ min mentre assorbe una potenza di 6 kW . Determi-
nare (a) il COP del condizionatore e (b) il calore scaricato nell’unità di tempo
all’ambiente esterno. [(a) 2.08 , (b) 1110 kJ ⁄ min ]
24. Un frigorifero domestico, che assorbe una potenza di 450 W e ha un COP di 2.5 ,
deve raffreddare 5 angurie, di 10 kg ciascuno, fino a 8°C . Se le angurie sono
inizialmente a 20°C determinare quanto tempo impiegherà il frigorifero a raf-
freddarli. Le angurie, per il loro elevato contenuto d’acqua, possono essere assi-
milate all’acqua il cui calore specifico è c p = 4.2 kJ ⁄ kgK . [ 2240 s ; la risposta
è realistica o ottimistica?]
25. Una abitazione viene scaldata per mezzo di radiatori elettrici consumando
1200 kWh di energia elettrica in un mese invernale. Se l’abitazione venisse
riscaldata da una pompa di calore con un COP medio di 2.4 calcolare il risparmio
conseguibile sulla bolletta. Assumere un costo di 10 c€/kWh. [ 70 €/mese ]
26. Una macchina termica di Carnot ha un rendimento del 55%. Il calore nell’unità di
tempo ceduta a lago a 15°C è di 800 kJ ⁄ min . Determinare (a) la potenza fornita
dalla macchina e (b) la temperatura della sorgente ad alta temperatura. [(a)
16.3 kW , (b) 640 K ]
27. Un inventore pretende di aver scoperto una macchina termica che riceve 800 kJ
di calore da una sorgente a 400 K producendo 250 kJ di lavoro netto e cedendo
calore ad una sorgente a 300 K . E’ una pretesa ragionevole? [No]
28. Durante un’esperimento condotto in una stanza a 25°C , un assistente di laborato-
rio misura che un frigorifero, che assorbe 2 kW di potenza, ha rimosso 30000 kJ
di calore dallo scomparto refrigerato, che viene mantenuto a – 30 °C . Il tempo
di funzionamento del frigorifero durante l’esperimento è stato di 20 min. Stabilire
se queste misure sono ragionevoli. [No]
29. Le prestazioni di una pompa di calore si degradano (cioè il suo COP diminuisce)
al diminuire della temperatura della sorgente di calore esterna. Ciò rende l’uso
della pompa di calore nei climi molto rigidi non favorevole. Si consideri una casa
44
Appendice
34. Una portata di 15 kg ⁄ s di vapore a 7 MPa e 500°C entra in una turbina bista-
dio (due turbine in serie) adiabatica. Dieci percento del vapore viene estratto
all’uscita del primo stadio a una pressione di 1 MPa per altri usi. La parte rima-
nente viene ulteriormente espansa nel secondo stadio e lascia la turbina a
50 kPa . Determinare la potenza interna della turbina assumendo trasformazioni
reversibili. [ 14.9 MW ]
35. Un compressore d’aria adiabatico è collegato meccanicamente, attraverso un
albero, ad una turbina a vapore adiabatica che fornisce potenza anche ad un gene-
ratore elettrico. Una portata di 25 kg ⁄ s di vapore a 12.5 MPa e 500°C entra in
turbina ed esce alle condizioni 10 kPa e x = 0.92 . Una portata di 10 kg ⁄ s di
aria a 98 kPa e 22°C entra nel compressore e esce a 1 MPa e 377°C . Deter-
minare la potenza interna netta fornita dalla turbina al generatore e la variazione
di entropia all’interno della turbina e del compressore durante queste trasforma-
netta t kJ c kJ
zioni stazionarie. [ P i = 20309 kW, Δs = 1.05 ------------, Δs = 0.127 ------------ ]
kg K kg K
36. Fluido refrigerante R12 viene espanso adiabaticamente attraverso una valvola
dallo stato di liquido saturo a 800 kPa fino alla pressione di 140 kPa . Trascu-
rando la variazione di energia gravitazionale e cinetica determinare la diminu-
zione di temperatura subita dal fluido. [ ΔT = – 55 K ]
37. Fluido refrigerante R12 deve essere raffreddato mediante acqua in un condensa-
tore. Il refrigerante entra nel condensatore con una portata di 6 kg ⁄ min a 1 MPa
o o o
e 70 C ed esce a 35 C . L’acqua di raffreddamento entra a 300 kPa e 15 C ed
o
esce a 25 C . Trascurando le cadute di pressione, determinare (a) la portata in
massa dell’acqua di raffreddamento e (b) la potenza termica trasmessa dall’R12
all’acqua di raffreddamento. [ m· H2O = 0.377 kg ⁄ s , Q· = 15.8 kW ]
o o
38. Refrigerante R12 a 1 MPa e 80 C viene raffreddato con aria a 1 MPa e 30 C in
o
un condensatore. L’aria entra a 100 kPa e 27 C con una portata in volume di
3 o
800 m ⁄ min ed esce a 95 kPa e 60 C . Determinare la portata in massa del refri-
gerante. [ m· R12 = 3.06 kg ⁄ s ]
o
39. Refrigerante R12 a 140 kPa e – 20 C viene compresso fino alle condizioni di
o
700 kPa e 60 C in un compressore adiabatico che assorbe una potenza di
0.5 kW . Trascurando la variazione di energia gravitazionale e cinetica determi-
nare (a) il rendimento isentropico del compressore (b) la portata in volume del
refrigerante all’ingresso del compressore. [ η is = 0.65 , V· 1 = 0.072 m ⁄ min ]
3
Sito consigliato:
http://thermal.sdsu.edu/testcenter/testhome/index.html
Esercizi facoltativi
1. Sia un manometro a molla (tubo di Bourdon) che un manometro a U sono colle-
gati ad un recipiente per misurare la pressione del gas all’interno. Se la lettura del
manometro a molla è 80 kPa , determinare la distanza tra i due livelli del
liquido del manometro ad U se il fluido è (a) mercurio ( ρ = 13600 kg ⁄ m 3 ) o è
(b) acqua ρ = 1000 kg ⁄ m 3 . [ ( a ) 0.6 m, ( b ) 8.155 m ]
2. Un manometro ad U contenente olio ( ρ = 850 kg ⁄ m 3 ) è attaccato a un reci-
piente contenente aria. Se la differenza di livello dell’olio tra le due colonne è
45 cm e la pressione atmosferica è 98 kPa determinare la pressione assoluta
dell’aria nel recipiente. [101.75 kPa]
3. La metà inferiore di un contenitore cilindrico alto 10 m contiene acqua
( ρ = 1000 kg ⁄ m 3 ) mentre la metà superiore olio ( ρ = 850 kg ⁄ m 3 ). Determi-
nare la differenza di pressione tra il fondo e la sommità del cilindro. [90.7 kPa]
4. Una pentola a pressione cuoce più velocemente di una pentola normale perché
mantiene all’interno una pressione e una temperatura più elevate. Il coperchio
della pentola è ben sigillato e il vapore può fuoriuscire solo attraverso un’apertura
praticata sul coperchio. Un pezzo separato, di una certa massa, la valvola, siede su
questa apertura e impedisce al vapore di sfuggire fino a quando la forza della
pressione supera il peso della valvola. La fuoriuscita di vapore previene in tal
modo aumenti di pressione potenzialmente pericolosi e mantiene la pressione
all’interno della pentola a un valore costante. Determinare la massa della valvola
di una pentola a pressione la cui pressione di funzionamento relativa è 100 kPa ed
ha una sezione di apertura sul coperchio di 4 mm 2 . Assumere una pressione
atmosferica di 101 kPa . [ 40.77 g ]
46
Esercizi facoltativi
600 kJ
100°C
T surr = 25°C
kJ kJ
[ a ) ΔS acqua = – 1.608 -----, b ) ΔS aria = +2.012 -----, c ) Irreversibile ]
K K
7. Un compressore da 8 kW comprime aria da p 1 a p 2 . Durante la trasformazione
la temperatura dell’aria si mantiene costante a 40°C per effetto dello scambio
termico con l’ambiente circostante a 10°C . Determinare la variazione di entropia
nell’unità di tempo (a) dell’aria e (b) dell’ambiente circostante. Rispetta questa
trasformazione il secondo principio?
W W
[ a ) ΔS· aria = – 25.547 -----, b ) ΔS· surr = +28.254 -----, c ) Sì ]
K K
8. Un compressore d’aria adiabatico è collegato meccanicamente, attraverso un
albero, ad una turbina a vapore adiabatica che fornisce potenza anche ad un gene-
ratore elettrico. Una portata di 25 kg ⁄ s di vapore a 12.5 MPa e 500°C entra in
turbina ed esce alle condizioni 10 kPa e x = 0.92 . Una portata di 10 kg ⁄ s di
aria a 98 kPa e 22°C entra nel compressore e esce a 1 MPa e 377°C . Deter-
minare la potenza interna netta fornita dalla turbina al generatore e la generazione
di entropia nell’unità di tempo all’interno della turbina e del compressore durante
queste trasformazioni stazionarie.
T W C kW
= 20309 kW, S· gen = 26250 -----, S· gen = 1.27 -------- ]
netta
[ Pi
K K
48
CAPITOLO 2 ESPANSIONE
COMPRESSIONE
ESPANSIONE
In questo caso lo scopo della trasformazione è la produzione di lavoro, e quindi di
potenza, e si realizza in una turbina. Esaminiamo, con l’ausilio dei diagrammi termo-
dinamici, una espansione reale applicando il primo principio della termodinamica
p T h
1 1 1
A n<γ
l is li
D
C
2
2 is 2
B p1 p2 2 is
2 is 2 p1 p2
v A B E F s s
2
li =
∫ v dp + l
1
w li = h2 – h1
2
li = –
∫ v dp – l
1
w li = h1 – h2 = cp ( T1 – T2 )
2
area A12B = –
∫ v dp = l + l
1
i w area BD1E = li
2 2 2 2
∫ 1
δq =
∫ 1
T ds =
∫ 1
δq e +
∫ δl
1
w = l w = area E12F
li
η = --------------
- (71)
( l i ) max
Poiché nella realtà l’espansione è adiabatica, possiamo adottare come trasformazione
ideale di riferimento l’adiabatica reversibile che si svolge tra gli stessi limiti di pres-
sione 1 – 2 is
2 is
l is = –
∫ 1
v dp = area A12 is B l is = h 1 – h 2is = area AC1E
l i = l is – l w + area 12 is 2 l i = l is – l w + area 12 is 2
da cui si deduce che per passare dal caso ideale a quello reale non basta detrarre il
lavoro delle resistenze passive l w dal lavoro ideale l is ma occorre aggiungere il
lavoro corrispondente all’area del triangolo mistilineo 12 is 2 , che pertanto rappre-
senta un parziale ricupero delle perdite. Fisicamente il fenomeno è il seguente: le per-
dite, che si convertono in calore lungo l’espansione, operano come una sorgente
50
A. ESPANSIONE E COMPRESSIONE CON SCAMBIO DI LAVORO
p
Espressione, come si voleva, indipendente da ----2- , e che vale, ricordiamolo, nell’ipo-
p1
tesi che q e = 0 e Δe c = 0 .
Tale rendimento prende il nome di rendimento idraulico perché è tipica delle mac-
chine idrauliche l’assenza, o meglio, la trascurabilità del ricupero termico, essendo
poco influenti gli effetti termici. Ma prende anche il nome di rendimento politropico
perché si assume come trasformazione di riferimento una politropica reversibile di
pari esponente medio n della politropica reale.
É interessante notare come il rendimento idraulico non sia che quello isentropico por-
tato al limite per p 2 ⁄ p 1 tendente all’unità, tanto che diversi autori così lo defini-
scono, parlando di rendimento di una espansione infinitesima
n–1 n–1
p ------------
1 – ⎛ ----2-⎞ n
p ------------ d
1 – ⎛ ----2-⎞ n ----------------------
d ( p2 ⁄ p1 ) ⎝ p 1⎠
n–1
------------
⎝ p 1⎠ n
lim η is = lim ---------------------------- = lim --------------------------------------------------------- = ------------ = η y
p2 ⁄ p1 → 1 p2 ⁄ p1 → 1 p γ----------
– 1- p2 ⁄ p1 → 1 γ----------
– 1- γ–1
1 – ⎛ ----2-⎞ γ p -----------
---------------------- 1 – ⎛ ----2-⎞ γ
d γ
⎝ p 1⎠ d ( p2 ⁄ p1 ) ⎝ p 1⎠
COMPRESSIONE
Lo scopo della trasformazione è, ora, la compressione di un fluido e si realizza in un
compressore fornendo lavoro dall’esterno. Esaminiamo, con l’ausilio dei diagrammi
termodinamici, una compressione reale applicando il primo principio della termodi-
namica
p T h p1
2 is 2 2 2
B 2 is n>γ 2 is
li
l is
B p1
p2 1
A 1 p2 1
v A s s
C D
2
li = ∫ v dp + l
1
w li = h2 – h1
2
area A12B =
∫ v dp = l – l
1
i w area AB2D = l i = c p ( T 2 – T 1 )
2 2 2 2
∫ 1
δq = ∫ 1
T ds = ∫ 1
δq e + ∫ δl
1
w = l w = area C12D
( l i ) min
η = --------------
-
li
Adottiamo, come trasformazione ideale di riferimento, l’adiabatica reversibile che si
svolge tra gli stessi limiti di pressione 1 – 2 is
2 is
l is = ∫ 1
v dp = area A12 is B l is = h 2 is – h 1 = area AB2 is C
l i = l is + l w + area 12 is 2
Rispetto alla compressione isentropica, per la quale il lavoro è minimo per la mac-
china adiabatica, nel caso reale occorre fornire in più il lavoro dovuto alle resistenze
passive, come è logico, ma anche un lavoro extra corrispondente all’area del trian-
golo mistilineo 12 is 2 . Questo lavoro in più nasce da una causa, che è la stessa
dell’espansione, ma che qui ha conseguenze opposte. Infatti il calore generato dagli
52
A. ESPANSIONE E COMPRESSIONE CON SCAMBIO DI LAVORO
l is h 2 is – h 1 T 2 is – T 1 ⎝ p 1⎠
η is = ----
- = ------------------
- = ------------------
- = ----------------------------
n–1
(75)
li h2 – h 1 T2 – T 1 p 2⎞ -----------
-
⎛ ---- - n –1
⎝ p 1⎠
Risulta pertanto che η is è funzione del rapporto delle pressioni: a parità di n , poiché
p
n > γ , η is diminuisce con ----2- ; ciò per il fenomeno del controricupero.
p1
Anche nel caso della compressione si definisce un rendimento idraulico per avere un
rendimento della trasformazione indipendente dal rapporto delle pressioni.Poichè la
dipendenza dal rapporto delle pressioni è dovuta al manifestarsi del fenomeno del
controricupero, si assume come trasformazione di riferimento quella trasformazione
in cui tale fenomeno non si manifesta. Prima, nella definizione di η is , il lavoro di
riferimento o “limite” era l is = l i – l w – CRT , ora, senza considerare il controricu-
pero, avremo
n–1
⎛ p----2-⎞ n – 1
2 ------------
li – lw ∫
v dp
n
n -
-----------
– 1
RT 1 ⎝ p 1⎠
n
------------
n –1
η y = ------------- = ---------------
1
- = ---------------------- ---------------------------------- = ------------ (76)
li h 2 – h1 γ n-----------
– 1- γ
----------- RT 1 ⎛ p 2⎞ n -----------
γ–1 ----- –1 γ–1
⎝ p 1⎠
p
Espressione, come si voleva, indipendente da ----2- , e che vale, ricordiamolo, nell’ipo-
p1 COMPRESSIONE
tesi che q e = 0 e Δe c = 0 . 1.0
Tale rendimento prende anche il nome di rendimento politropico perché si assume
come trasformazione di riferimento una politropica reversibile di pari esponente
medio n della compressione reale. 0.9
Analogamente al caso dell’espansione, e anche se solo per trasformazioni adiabatiche η is
con variazione di energia cinetica nulla, il rendimento idraulico consente di legare 0.8
l’esponente della politropica reale n a quello dell’adiabatica reversibile γ
Il legame tra il rendimento isentropico e quello idraulico è, in queste circostanze,
0.7
γ–1 η y = 0.7
p -----------
⎛ ----2-⎞ γ – 1
⎝ p 1⎠
η is = ---------------------------------
1 γ–1
- (77) 0.6
p ----- -----------
⎛ ----2-⎞ ηy γ – 1
⎝ p 1⎠
rappresentato nella figura a lato, in cui per ogni valore di η = cos t si osserva la 0.5 y 0 5 p
----2- 10
diminuzione di η is all’aumentare del rapporto delle pressioni. La riduzione è tanto p1
più forte quanto più basso è il rendimento idraulico perché, evidentemente, aumen-
tando le perdite con il diminuire di η y , aumenta pure il calore generato.
2
li = ∫ v dp + l
1
w + Δe c
diventa
2rev
p
2 pol 2
is
l rev = ∫ 1
v dp
p2 2
iso
Dall’esame di questa equazione si deduce che per ridurre il lavoro di compressione è
necessario che il volume specifico del gas sia il più piccolo possibile durante la com-
pressione. Ciò si può ottenere mantenendo il più basso possibile la temperatura del
gas durante la compressione perchè il volume specifico è proporzionale alla tempera-
p1 1 tura. Perciò, per ridurre il lavoro di compressione è necessario che il gas venga raf-
freddato man mano che viene compresso.
v Per comprendere meglio l’effetto del raffreddamento durante la compressione, con-
frontiamo il lavoro di tre diverse trasformazioni, tutte reversibili:
• isentropica (senza refrigerazione) pv γ = cos t
T
2 is 2is γ–1
γ p -----------
v dp = ----------- RT 1 ⎛ ----2-⎞ γ – 1
2 pol n = γ ∫ 1
γ–1 ⎝ p 1⎠
2 iso n<γ p1
• politropica (con raffreddamento) pv n = cos t
p2 n = 1 1
2pol n–1
⎛p
------------
----2-⎞
∫
n n
v dp = ------------ RT 1 –1
n–1 ⎝ p 1⎠
s 1
54
B. ESPANSIONE E COMPRESSIONE SENZA SCAMBIO DI LAVORO.
l’esterno. Il calore scambiato con l’esterno si può supporre trascurabile dato che il
tempo di permanenza del gas all’interno del condotto è modesto.
c 22is – 0 c 22is
0 = ( h 2is – h 1 ) + ---------------
- da cui ------- = ( h 1 – h 2 is ) s
2 2
con c 2is evidentemente maggiore di c 2
Il rendimento isentropico dell’ugello viene definito come il rapporto tra l’incremento
di energia cinetica del fluido prodotto dall’ugello alla variazione di energia cinetica
subita in un ugello isentropico con le stesse condizioni di ingresso e pressione di
uscita, cioè:
c 22 – c 12 c 22
η is = ------------------ ≈ ------- (78)
c 22is – c 12 c 22is
che può essere espresso in funzione dei rispettivi salti entalpici
h1 – h2
η is = ------------------
- (79)
h 1 – h 2 is
I rendimenti isentropici degli ugelli sono tipicamente al di sopra del 90%, e spesso
oltre il 95%.
c 12 – c 22 h 2is – h 1 s
η is = ------------------is = ------------------
- (80)
2
c1 – c2 2 h2 – h1
ESERCITAZIONE N. 2 DI SISTEMIENERGETICI
1. Un'espansore presenta un rendimento idraulico dell'86%, un rapporto delle pres-
sioni di 4.5 a 1 e un valore medio di γ di 1.333. Calcolare il rendimento isentro-
pico dell'espansione. [ η is = 0.88 ].
2. In una turbina si espande aria (assumendo il comportamento di gas perfetto, con
γ = 1.4 , e R=287 J/kgK) dalla temperatura di 1100 K e con rapporto delle
pressioni di 6 a 1. Calcolare le temperature di scarico e il lavoro massico scam-
biato nei seguenti casi:
a) espansione adiabatica reversibile;
b) espansione adiabatica irreversibile ( η y = 0.85 ).
Valutare inoltre l'entità delle resistenze passive e del ricupero termico nel caso b).
{ T2is = 659.3 K , T 2 = 711.9 K , l is = 442.7 kJ ⁄ kg , l i = 389.8 ,
l w = 68.8 , RT = 15.9 kJ ⁄ kg }
3. In una turbina si invia del vapor d'acqua a 5 MPa e 500 °C. Sapendo che la pres-
sione di scarico è 500 kPa e che il rendimento isentropico è pari al 75%, valutare
il lavoro di espansione. { l i = 460 kJ ⁄ kg }
6. Aria viene compressa reversibilmente da 100 kPa e 300 K a 900 kPa . Calco-
lare il lavoro di compressione nel caso di a) compressione adiabatica b) politro-
pica con n = 1.3 c) isoterma e d) compressione uniforme bistadio
interrefrigerata politropica con n = 1.3 .
[ l is = 263.2 kJ ⁄ kg , l pol = 246.4 kJ ⁄ kg , l iso = 189.2 kJ ⁄ kg , linter = 215.3 kJ ⁄ kg ]
7. Una turbina a gas adiabatica fornisce una potenza interna di 5 MW quando le
condizioni di ingresso e di uscita sono, rispettivamente:
Ingresso Uscita
p 1 = 2 MPa p 2 = 100 kPa
T 1 = 1200 K T 2 = 600 K
c 1 = 50 m ⁄ s c 2 = 180 m ⁄ s
z 1 = 10 m z2 = 6 m
J
Calcolare la portata in massa del gas (gas ideale con c p = 1147 -------------- , γ = 1.333
kg ⋅ K
costanti) che attraversa la turbina e il rendimento isentropico della turbina.
56
CAPITOLO 3 RICHIAMI DI
TERMOCHIMICA
ma ( nM ) O2 + ( nM ) N2 2 • 32 + 2 • 3.76 • 28
------ = -----------------------------------------
- = ---------------------------------------------------- = 17.16
mb ( nM ) CH 4 1 • 16
m a : massa di aria
m b : massa di combustibile
n : numero di moli
M : massa molecolare
Per ogni unità di massa di metano sono necessarie almeno 17 unità di massa di aria
affinché si realizzi una combustione completa.
La quantità d’aria in relazione al combustibile che prende parte alla reazione é chia-
mata rapporto aria-combustibile o dosatura:
m
α = -----a-
mb
La dosatura é stechiometrica se la quantità d’aria utilizzata è esattamente pari a quella
minima richiesta per avere la combustione completa α st ; se l’aria é in eccesso si
parla di dosature povere (di combustibile) mentre se essa é in difetto le dosature risul-
tano ricche.
E’ importante osservare come ogni combustibile abbia un suo valore di α st ; per
esempio l’isottano C 8 H 18 e molte benzine commerciali hanno α st ≈ 15 .
Si definisce eccesso d’aria la massa d’aria utilizzata in più rispetto a quella stechio-
metrica, in termini relativi:
m a – ( m a ) st ma α- – 1
e = ---------------------------
- = --------------
- – 1 = ------
( m a )st ( m a ) st α st
δQ e δL i
--------- + ------- = Σ e m· e ( h + e g + e c + e ch ) e – Σ i m· i ( h + e g + e c + e ch ) i (81)
dτ dτ
in cui le condizioni e rappresentano quelle dei prodotti della reazione e le condizioni
i quelle dei reagenti. Normalmente l’energia cinetica e l’energia gravitazionale ven-
gono trascurate
δQ e δL i
--------- + ------- = Σ p m· p ( h + e ch )p – Σ r m· r ( h + ech ) r (82)
dτ dτ
Durante la reazione la composizione del sistema varia in quanto alcune sostanze, i
reagenti, si combinano fra di loro per dar luogo ai prodotti della reazione. L’energia
associata ad ogni sostanza è la somma dell’energia chimica ( e ch ) e dell’energia
legata al livello termico h (energia sensibile). E’ necessario, al fine di calcolare cor-
rettamente le sommatorie espresse nella (82), che l’energia di ogni sostanza venga
riferita ad uno stato di riferimento comune. Convenzionalmente si è scelto lo stato di
riferimento standard di 25°C e 1 atm . L’energia chimica di una sostanza nelle con-
0
dizioni di riferimento standard viene chiamata entalpia di formazione h f perché cor-
risponde all’energia liberata (o assorbita) nella reazione di formazione della sostanza
a partire dagli elementi fondamentali stabili (come O 2 , N 2 , H 2 e C ) a cui è stato
attribuito convenzionalmente un livello energetico nullo. L’energia sensibile rispetto
alle condizioni di riferimento standard viene espressa da
(h – h0 )
Il primo principio per i sistemi aperti reagenti si scrive pertanto
Q· e + P i = Σ p m· p ( h f + ( h – h 0 ) ) p – Σ r m· r ( h f + ( h – h 0 ) ) r
0 0
(83)
m· = n· M
h
h = -----
M
Q· e + P i = Σ n· p ( h 0f + ( h – h 0 ) ) p – Σ n· r ( h 0f + ( h – h 0 ) ) r
58
ENERGIA MASSIMA DI UNA REAZIONE CHIMICA
Per determinare la quantità massima di calore rilasciata dalla reazione a partire dai
reagenti alle condizioni standard di riferimento di p 0 = 1 atm e T 0 = 25°C
occorre estrarre dal sistema una quantità di calore tale da riportare i prodotti della rea-
zione alle condizioni iniziali dei reagenti (in tal modo i termini ( h – h 0 ) risultano
nulli)
reagenti
0
m· ( h f + ( h – h 0 ) ) prodotti
1 m· ri p0 T0
2 m· pj
p0 T0
·
Qe
1T Q· e
T0 Tg T
Tenendo conto che il lavoro scambiato con l’esterno é nullo
Q· e = Σ m· p ( h 0f ) p – Σ m· r ( h0f )r (84)
Q· e = Σ n· p ( h 0f ) p – Σ n· r ( h 0f ) r (85)
Dividendo questa quantità per la portata massica o la portata molare della sostanza
che reagisce (combustibile) si ottiene il cosiddetto potere calorifico
Q· e kJ
H = – -----
- ------ (86)
m· b kg
Σ n· p ( hf )p – Σ n· r ( h f )-r
0 0
H = – ---------------------------------------------------
n· b
= Σ N r ( h 0f ) r – Σ Np ( h 0f ) p kmol
kJ
------------ (87)
in cui N p e N r rappresentano il numero di moli dei prodotti e dei reagenti per ogni
mole di combustibile. Il potere calorifico massico può essere ricavato da quello
molare dividendolo per la massa molecolare del combustibile:
H kJ
H = ------- ------ (88)
Mb kg
Quando il combustibile è un idrocarburo tra i prodotti di reazione è sempre presente
l’acqua. Il massimo rilascio di energia si otterrà quando tutta l’acqua contenuta nei
prodotti della combustione é allo stato liquido. In tal caso si avrà il potere calorifico agitatore accenditore
superiore H s . Viceversa si avrà il potere calorifico inferiore H i se l’acqua si trova
allo stato di vapore. Il caso più frequente é l’ultimo.
Conoscendo quindi la composizione del combustibile, utilizzando l’equazione (87),
si può determinare il potere calorifico, sia inferiore che superiore. In alternativa,
occorre misurare il potere calorifico del combustibile impiegando un calorimetro.
Il calorimetro a volume costante, o bomba calorimetrica, è costituito da un recipiente
sferico, per via delle alte pressioni che si possono raggiungere, all’interno del quale O2
viene posto il combustibile e il comburente. La bomba viene immersa in acqua a
25°C contenuta in un recipiente adiabatico. Innescata la combustione, mediante
mezzi esterni, al raggiungimento dell’equilibrio si misura il modesto incremento di
temperatura subito dall’acqua che è proporzionale alla quantità di calore rilasciata
dalla quantità nota di combustibile. H2O
Il calorimetro a pressione costante, a differenza del precedente, è un sistema aperto in
cui il combustibile insieme al comburente viene introdotto con continuità. I prodotti
della reazione vengono raffreddati alla stessa temperatura dei reagenti da un flusso
d’acqua refrigerante che subisce un lieve incremento di temperatura.
accenditore
H2O 25°C
reagenti prodotti
p0 = 1 atm p0 = 1 atm
T0 = 25 °C T0 = 25 °C
H2O 25.1°C
0 0
Σ p m· p ( h f + ( h – h 0 ) ) p – Σ r m· r ( h f + ( h – h 0 ) ) r = 0
che può anche scriversi
0 0
Σ p m· p ( h f ) p + Σ p m· p ( h – h 0 )p – Σ r m· r ( h f ) r – Σ r m· r ( h – h 0 ) r = 0
ovvero
0 0
– [ Σ p m· p ( h f )p – Σ r m· r ( h f ) r ] = Σ p m· p ( h – h 0 )p – Σ r m· r ( h – h 0 ) r
In base alle (84) e (86) si ottiene
m· b H = Σ p m· p ( h – h 0 )p – Σ r m· r ( h – h 0 )r
Ipotizzando un comportamento da gas ideale tanto per i reagenti che per i prodotti
della combustione, con capacità termiche massiche costanti, e supponendo che
l’acqua contenuta nei prodotti sia allo stato di vapore si ha
m· b H i = ( m· a + m· b )c pg ( T g – T 0 ) – m· a c p a ( T a – T 0 ) – m· b c pb ( T b – T 0 )
60
se il combustibile viene introdotto alla temperatura T 0 .
L’espressione (89) é valida se il combustibile reagisce completamente, la reazione é
perfettamente adiabatica e non si ha dissociazione dei prodotti della reazione. Per
tener conto di tutto ciò si introduce un rendimento della combustione η b , minore e
prossimo a uno
η b H i = ( 1 + α ) c pg ( T g – T 0 ) – α c p a ( T a – T 0 ) (90)
η b Hi + α cpa ( Ta – T0 )
T g = T 0 + ----------------------------------------------------
- (91)
( 1 + α ) c pg
In modo del tutto analogo si procede nel caso in cui la reazione di combustione
avviene a volume costante
η b H i = ( 1 + α ) c vp ( T 2 – T 0 ) – α c va ( T 1 – T 0 ) (92)
Q· e + P i =
∑ m· ( h ) + ∑ m· ( h – h ) – ∑ m· ( h ) – ∑ m· ( h – h )
0 0 0 0
p f p p p r f r r r
p p r r
Tenendo conto delle equazioni (77) e (79) si arriva a:
Q· e + P i + m· b H =
∑ m· ( h – h ) – ∑ m· ( h – h )
0 0
p p r r
p r
Supponendo che l’acqua contenuta nei prodotti sia in fase gassosa - il che accade
quasi sempre - si ha:
Q· e + P i + m· b H i = ∑ m· ( h – h ) – ∑ m· ( h – h )
0 0
p p r r
p r
Se la combustione non è ideale vale:
Q· e + P i + η b m· b H i =
∑ m· ( h – h ) – ∑ m· ( h – h )
0 0
p p r r
p r
Più in generale, se non tutti i flussi di massa che attraversano i confini del sistema
sono reagenti o prodotti:
Q· e + P i + η b m· b H i =
∑ m· ( h – h ) – ∑ m· ( h – h )
0 0
e e i i
e i
N2 87.1%
62
5. La macchina termica a
vapore dello schema pro- 100 t ⁄ h
10 MW
duce 10 MW di potenza
utilizzando come sor- MJ
gente di calore ad alta H i = 45 --------
kg
temperatura un combusti-
bile che ha un potere calo- 140 ºC
rifico di 45 MJ ⁄ kg . Le f 0.2MPa
100 t ⁄ h di vapore sca-
ricate dalla turbina a
a
140°C e 0.2MPa liquido saturo
attraversano il condensa-
tore uscendo come liquido saturo. Determinare la portata di combustibile,
kg
nell’ipotesi di poter trascurare la potenza assorbita dalla pompa. [ m· b = 1.61 ------ ]
s
kg
[ m· b = 13 ------ ]
h
Ar g 0 0 154.843 20.786
C c,graphite 0 0 5.740 8.527
C c,diamond 1895 2900 2.377 6.113
C g 716682 671257 158.096 20.838
CO g -110525 -137168 197.674 29.420
CO2 g -393509 -394359 213.740 37.110
CH4 g,methane -74810 -50720 186.264 35.309
C2H2 g,ethyne 226730 209200 200.940 43.930
C2H4 g,ethene 52250 68120 219.450 43.560
C2H6 g,ethane -84680 -32820 229.600 52.630
C3H6 g,propene 20200 62720 266.900 64.000
C3H8 g,propane -104500 -23400 269.900 7.000
C4H10 g,n-butane -126500 -17150 310.100 97.400
C5H12 g,n-pentane -146500 -8370 348.900 120.200
C8H18 g,octane -208500 16400 466.700 189.000
CH3OH g,methanol -200660 -162000 239.700 43.890
CH3OH l,methanol -238660 -166360 126.800 81.600
C2H5OH g,ethanol -235100 -168490 282.700 65.440
C2H5OH l,ethanol -277690 -174780 160.700 111.460
CH3COOH l,acetic acid -484510 -389900 159.800 124.300
C6H6 g,benzene 82900 129700 269.200 81.600
C6H6 l,benzene 49000 124700 172.000 132.000
C6H12 l,cyclohexane -156300 26700 204.400 157.700
H2 g 0 0 130.684 28.824
H2O g -241818 -228572 188.825 33.577
H2O l -285830 -237129 69.910 75.291
O2 g 0 0 205.138 29.355
Copyright 1995 James A. Plambeck (Jim.Plambeck@ualberta.ca). Updated July 14, 1997
64
CAPITOLO 4 IMPIANTI MOTORI A GAS
Tra i sistemi di conversione dell’energia gli impianti motori a gas sono quelli che
hanno avuto uno sviluppo maggiore negli ultimi decenni. Il settore trainante è sempre
stato quello aeronautico ma, oggigiorno, anche nelle applicazioni terrestri questi
impianti occupano una posizione rilevante. I moderni impianti per la produzione di
energia elettrica utilizzano sempre di più impianti motori a gas, che in passato veni-
vano utilizzati esclusivamente per coprire il carico di punta (grazie alla loro flessibi-
lità di esercizio), per via dei bassi rendimenti che allora presentavano.
L’impianto nella soluzione più semplice, ma anche più comune, è costituito da un
compressore, da un combustore e da una turbina (CCT). Come si è già avuto modo di
osservare, per produrre un’espansione in una turbina occorre generare una differenza
di pressione tra ingresso e uscita e quindi il primo passo necessario in un ciclo motore
a gas è quello di comprimere il fluido di lavoro, a cui provvede, per l’appunto, il
compressore. Se dopo la compressione il gas fosse fatto espandere direttamente nella
turbina, in assenza di perdite, la potenza prodotta sarebbe uguale a quella assorbita
dal compressore. É quindi necessario elevare la temperatura del gas compresso, e ciò
avviene nel combustore, al fine di avere la potenza della turbina maggiore di quella
richiesta dal compressore e realizzare un impianto motore.
CICLO IDEALE
Il ciclo ideale di riferimento è il ciclo Joule (o ciclo Brayton) che opera con un fluido
di lavoro che è un gas ideale. Esso è composto da due adiabatiche reversibili, la com-
pressione e l’espansione, e da due isobare lungo le quali si realizza lo scambio di
calore con le sorgenti di alta e bassa temperatura.
T
q1 3
q1
C T
2 4
q2
1
s
q2
Le condizioni ideali in cui opera il ciclo implicano che:
a) le trasformazioni di compressione e espansione sono reversibili ed adiabatiche e
quindi isentropiche
b) la variazione di energia cinetica del fluido di lavoro fra ingresso e uscita di ogni
componente è trascurabile
c) non ci sono cadute di pressione nel condotto di aspirazione, nelle camere di com-
bustione, negli scambiatori di calore, nel condotto di scarico e nei condotti di collega-
mento dei componenti
d) il fluido di lavoro ha la stessa composizione in ogni punto del ciclo ed è un gas
perfetto con calori specifici costanti
e) la portata in massa è costante in ogni punto del ciclo
f) il calore viene scambiato reversibilmente cioè con differenze di temperature infini-
tesime tra fluido caldo e fluido freddo
Applicando il primo principio della termodinamica all’unità di massa di gas che com-
pie il ciclo risulta
l id = l t – l c = q 1 – q 2
l t – lc q 1 – q2 q cp( T4 – T1 )
η id = ------------ - = 1 – ----2- = 1 – --------------------------
= ------------- -
q1 q1 q1 cp( T3 – T2 )
Semplificando c p
T4
----- – 1
T1 T1
η id = 1 – ----- ⋅ --------------
T2 T3
----- – 1
T2
ed osservando che
γ----------
– 1- γ–1
T2 p2 γ -----------
----- = ⎛ -----⎞
γ
= β
T1 ⎝ p 1⎠
per la compressione, ma anche che
γ----------
– 1- γ – 1-
T3 p γ ----------
----- = ⎛ ----3-⎞
γ
= β
T4 ⎝ p 4⎠
T T
per l’espansione, perché p 2 = p 3 e p 1 = p 4 , per cui ----2- = ----3- , si può scrivere
T1 T4
T4 T
----- = ----3-
T1 T2
Da ciò risulta che
T 1
η id = 1 – ----1- = 1 – ----------- . (93)
T2 γ – 1-
----------
β γ
γ
0.75
η id
0.5
0.25
0
0 25 50 75 β 100
66
Il rendimento ideale del ciclo Joule dipende soltanto dal rapporto di compressione β
e dalla natura del gas γ .
Il lavoro l id è funzione oltre che del rapporto delle pressioni della temperatura mas-
sima del ciclo
⎛ ⎞ γ–1
l id = η id q 1 = η id c p ( T 3 – T 2 ) = ⎜ 1 – -----------⎟ c p ⎛ T 3 – T 1 β γ ⎞
1 -----------
⎜ γ – 1⎟ ⎝ ⎠
⎝ β γ ⎠
-----------
⎛ ⎞ γ–1 ⎛ ⎞ γ–1
l id 1 ⎛T -----------⎞
- = ⎜ 1 – -----------⎟ ⎜ ----3- – β γ ⎟ = t ⎜ 1 – -----------⎟ – ⎛ β γ – 1⎞
1 -----------
---------- (94)
cp T1 ⎜ γ ⎟
----------- ⎝ T 1
– 1
⎠ ⎜ γ – 1 ⎟ ⎝ ⎠
⎝ β γ ⎠ ⎝ β γ ⎠
-----------
γ
-----------
Il lavoro si annulla per β = 1 perché manca l’espansione e per β lim = t γ – 1, per il
quale T 2 = T 3 , e q 1 = 0 .
T
q1 = 0 3 β≈1
l id = 0
2 4
1
s
Il massimo del lavoro si ottiene per un β ott ottenuto derivando la (94) rispetto a
γ–1
-----------
β γ e ponendo tale derivata a zero. Si ottiene
l id
d---------- - γ----------
–1
cp T1 t -
-------------- = -------------- – 1 = 0 da cui β ottγ = t.
γ----------
– 1- γ–1
2 -----------
dβ γ β γ
γ–1
-----------
γ
T T
Poiché β = ----2- = ----3- ciò equivale a scrivere
T1 T4
T2 T 3 T T
----- ----- = t = ----3- da cui ----2- = 1
T1 T 4 T1 T4
1.6
l id
----------
-
cp T1 5
1.2
0.8
4
0.4
t = 3
0
0 25 50 75 β 100
In conclusione si può osservare come il lavoro ideale sia funzione del rapporto
T
t = ----3- ; la temperatura T 1 varia relativamente poco, poiché coincide con le condi-
T1
zioni ambiente, quindi in ultima analisi il lavoro ideale dipende dalla temperatura T 3
di ingresso in turbina. Questo significa che è possibile ottenere un maggiore lavoro
specifico aumentando T 3 .
Sebbene non esistano limiti al ciclo ideale, occorre tener conto che nella pratica la
temperatura di ingresso in turbina è limitata dalla resistenza dei materiali con cui la
turbina è costruita. Il parametro t assume attualmente valori compresi tra 4 per
impianti industriali e 5.5 per impianti di tipo aeronautico anche se la distinzione
diviene sempre più meno netta.
CICLO REALE
Il ciclo ideale è quello compiuto da un gas ideale con componenti, compressore,
espansore, scambiatori di calore, tutti ideali. Il ciclo reale è quello compiuto da un
gas reale utilizzando componenti reali. Una prima distinzione viene fatta a seconda
che la fase di somministrazione di calore venga fatta utilizzando uno scambiatore di
calore a superficie in cui un fluido ad elevata temperatura cede calore al fluido di
lavoro, oppure facendo avvenire una combustione in seno al fluido di lavoro stesso.
Nel primo caso il ciclo può essere chiuso e il gas può essere qualsiasi. Nel secondo
caso dovendo avvenire una reazione chimica di ossidazione del combustibile è neces-
sario che il gas sia aria e che il ciclo sia aperto. Si indicano i primi anche cicli, o
meglio, impianti, a combustione esterna e i secondi a combustione interna (al fluido).
3
T
4
2
C T
1
s
Per semplicità, ma anche perché, con buona approssimazione, è così nella realtà, si
suppone che la combustione avvenga senza scambi di calore con l’esterno così come
le trasformazioni che avvengono nella turbina e nel compressore.
68
PRESTAZIONI DEL CICLO REALE. Il ciclo reale differisce da quello ideale per
le seguenti ragioni:
a) la variazione di energia cinetica tra ingresso e uscita di ogni componente non sem-
pre è trascurabile;
b) i processi di compressione e di espansione non sono isentropici. q e = 0 ma
Δs > 0 ;
c) le perdite di carico nei condotti, nel combustore, negli scambiatori di calore, ecc.;
d) gli scambiatori di calore non hanno superficie infinita per cui la differenza di tem-
peratura tra fluido freddo uscente e caldo entrante non è nulla;
e) c p e γ cambiano in funzione della temperatura e della composizione del fluido di
lavoro;
f) la combustione non è completa;
g) la massa che opera nel ciclo non è costante
• per l’aggiunta del combustibile
• per eventuali spillamenti di aria dal compressore per refrigerare le palette della
turbina.
h) le perdite per attrito nei cuscinetti e per effetto ventilante dei dischi;
m· b
Δp b
m· a – m· as
3
2
m· as
G
˜
1 4
Δp a Δp s
m· a + m· b
pa
pa
a) Si può tener conto implicitamente dell’energia cinetica ricorrendo alle grandezze
di ristagno o totali.
b) I lavori di compressione e di espansione, mantenendo l’ipotesi di adiabaticità, pos-
sono essere calcolati facendo riferimento alle rispettive trasformazioni isentropiche
utilizzando il rendimento isentropico oppure, in alternativa, il rendimento idraulico.
Con riferimento alle grandezze totali risulta per il lavoro di compressione
cp c p T°1 ⎛ γ----------
– 1-
γ – 1⎞
l c = c p ( T°2 – T°1 ) = --------
- ( T° – T° ) = ------------
- β
ηisc 2 is 1
ηisc ⎝ c ⎠
oppure
γ–1 1
⎛ ⎛⎝ -----------⎞⎠ -------c ⎞
l c = c p T°1 ⎜ β c γ η y – 1⎟
⎝ ⎠
p°2
in cui βc = -------
-
p°1
mentre per il lavoro di espansione si ha, rispettivamente
⎛ ⎞
l t = c p ( T°3 – T°4 ) = η tis c p ( T°3 – T°4is ) = η tis c p T°3 ⎜ 1 – -----------
1 -⎟
⎜ – 1-⎟
γ----------
⎝ β γ ⎠ t
⎛ ⎞
⎜ 1 ⎟
l t = c p T°3 ⎜ 1 – ---------------------⎟
⎜ ⎛ -----------⎞ η t ⎟
⎝
γ – 1
⎠ y
⎝ βt γ ⎠
p°3
in cui β t = -------
-.
p°4
È opportuno ricordare che i rendimenti dipendono dalle condizioni di funzionamento
delle turbomacchine.
c) Il passaggio del fluido di lavoro genera nei componenti dell’impianto - combu-
store, tubazioni, scambiatori di calore, ecc. - delle cadute di pressione che fanno si
che il rapporto di espansione sia diverso, e minore, del rapporto di compressione.
All’aspirazione del compressore è solitamente posto un filtro per intrattenere le pol-
veri presenti nell’aria e che ridurrebbero, depositandosi sulle palette, il rendimento
del compressore. Se la caduta di pressione introdotta dal filtro è Δp a la pressione di
ingresso al compressore sarà
p 1 = p a – Δp a
perché per gli impianti terrestri, diversamente da quelli aeronautici, le condizioni di
aspirazione sono p a e T a essendo nulla la velocità dell’aria ambiente. Il rapporto di
compressione sarà pertanto dato da
p°2
β c = -------
-
p1
Delle perdite di carico all’interno del compressore e della turbina se ne tiene già
conto nel rendimento di questi componenti (perdite fluidodinamiche).
Nel combustore e nei relativi condotti di collegamento alle turbomacchine si ha una
perdita di pressione che chiameremo Δp b cosicchè la pressione di ingresso in turbina
risulterà pari a
p°3 = p°2 – Δp b
Allo scarico della turbina è presente un silenziatore per ridurre la rumorosità. Alla
perdita di carico nel silenziatore occorre però aggiungere la contropressione
dell’apparato di scarico (tubazione più camino). Indicando queste perdite con Δp s la
pressione di scarico della turbina risulterà maggiore della pressione ambiente di que-
sto termine
p 4 = p a + Δp s
N.B. Si è scritto p 4 e non p°4 perché si è fatta l’ipotesi che l’energia cinetica di sca-
rico della turbina venga praticamente tutta convertita in energia di pressione in un
diffusore posto immediatamente a valle della girante.
In impianti più complessi possono essere presenti degli scambiatori di calore le cui
perdite di pressione occorrerà tener in conto.
e) Il fluido di lavoro è un gas reale di composizione variabile per la presenza della
combustione ed è necessario tener conto della variazione delle proprietà c p e γ per-
ché giocano un ruolo importante nel calcolo delle prestazioni del ciclo. In generale,
per i gas reali nel campo usuale di impiego, c p è funzione della sola temperatura. Lo
stesso è vero per γ perché è legato a c p da
γ–1 R
----------- = ----------
γ Mc p
70
una miscela di idrocarburi, liquidi o gassosi, approssimabili con la formula C x H y ed
è quindi possibile calcolare la composizione dei prodotti della combustione per dato
valore della dosatura. Conoscendo i calori specifici e le masse molecolari dei costi-
tuenti si possono calcolare i valori medi di c p e γ della miscela. La figura mostra che
c p aumenta e γ diminuisce all’aumentare della quantità di combustibile cioè al dimi-
nuire di α .
1.4
γ ∞ 35 α
70
1.3
kJ
----------
kgK
1.2
70
1.1 35
cp ∞
1.0
200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800
TEMPERATURA { K }
Per calcoli preliminari inerenti i cicli di turbine a gas si è trovato che è sufficiente
assumere i seguenti valori per l’aria e i gas combusti
c p kJ/kgK γ γ
-----------
γ–1
aria 1.005 1.4 3.5
gas combusti 1.147 1.333 4.0
f) Studiando la combustione a pressione costante di un combustibile con aria si era
ottenuta la seguente relazione nell’ipotesi di poter trascurare l’entalpia del combusti-
bile
η b H i = ( 1 + α ) c′p ( T 3 – T 0 ) – α c p ( T 2 – T 0 ) (95)
PRESTAZIONI DELL’IMPIANTO
Considerate tutte le perdite che caratterizzano un impianto, se ne possono valutare le
prestazioni.
Se non viene considerata la portata d’aria spillata m· as , la portata d’aria che giunge al
combustore sarà m· a . Poiché la portata di combustibile introdotto è m· b , la dosatura
α della reazione di combustione è
m· a
α = -----
-
m· b
La potenza interna fornita dall’impianto è dato dalla differenza tra la potenza della
turbina e quella del compressore
P i = ( m· a + m· b ) l t – m· a l c
Pi
- = ⎛ 1 + ---⎞ l t – l c
1
l i = ----- (96)
m· a ⎝ α⎠
e moltiplicando per il rendimento meccanico il lavoro utile
lu = η m li (97)
Pu
η g = -----------
- (99)
m· b H i
72
m·
q b = -----b- (100)
Pu
ed indica quante unità di massa di combustibile sono necessarie per ottenere l’unità di
potenza. Poiché P u = η g m· b H i il consumo specifico di combustibile risulta inversa-
mente proporzionale al rendimento globale dell’impianto.
1
q b = ------------ (101)
ηg Hi
m· b 1
- = -------- .
q b = ----------
l u m· a αl u
0.2 200
lu
0.15 150
0.1 100
kJ
----------
kgK
0.05 50
t = 4.3
0 0
0 5 10 15 20 β 25 30
3
T
4
2 +
1
-
- s
rapporto di compressione β∗ che rende nullo il lavoro utile con una portata di combu-
stibile e, quindi, di calore introdotto, maggiore di zero. Graficamente sul piano T, s
questa condizione si raggiunge quando l’area marcata con il segno + uguaglia quella
con segno - il che corrisponde all’annullarsi del lavoro del ciclo. Infatti l’area sottesa
dall’isobara 2 -3 è pari al calore introdotto mentre quella sottesa dall’isobara 4 - 1 è
pari al calore sottratto e la loro differenza al lavoro al ciclo
Annullandosi il rendimento per un rapporto di pressioni β prossimo a uno, per il
quale la turbina è appena in grado di far girare il compressore e vincere le perdite
senza produrre lavoro utile, e per β∗ , esso dovrà presentare un massimo.
Si individua così un campo di rapporti di compressione, compresi tra il punto di mas-
simo rendimento e quello del massimo lavoro, all’interno del quale si sceglieranno le
condizioni di progetto dell’impianto. Se la preferenza verrà data all’economia di
esercizio, cioè bassi consumi di combustibile, si sceglieranno le condizioni di mas-
simo rendimento. Se, viceversa, interessa produrre più potenza, a discapito dei con-
sumi, si opterà per il rapporto di pressioni che dà il massimo lavoro.
L’importanza della temperatura di ingresso in turbina (TIT) sulle prestazioni del ciclo
reale è rilevante
0.3 300
0.25 250
ηg
0.2 200
lu
0.15 150
0.1 100
0.05 50
β = 12.5
0 0
800 900 1000 1100 1200 1300 1400 1500
T3
Il lavoro utile (circa linearmente) e il rendimento globale aumentano entrambi con la
TIT perché a β costante cresce il lavoro di espansione mentre quello di compres-
sione rimane costante. Da notare come esista una TIT minima per la quale sia l u che
η g sono nulli. Questa temperatura si chiama di autosostentamento perché in questa
condizione la turbina sviluppa la potenza necessaria a comprimere il gas e a vincere
le perdite senza produrre alcun effetto utile. Si comprende, quindi, come sia necessa-
rio raggiungere la condizione di autosostentamento prima che l’impianto sia in grado
di funzionare autonomamente. Tale condizione si raggiunge, nella fase di avvia-
mento, per mezzo di un motore di lancio esterno che fornisce la potenza per accele-
rare il turbogas ad una velocità in cui il compressore, il combustore e la turbina siano
in grado di autosostenersi.
Come si può rilevare dal diagramma alle temperature più elevate l’aumento di rendi-
mento risulta più modesto perché il ciclo, diminuendo l’importanza delle perdite,
tende al ciclo ideale e quindi ad essere funzione solo del rapporto delle pressioni.
C’è da rilevare, infine, che oltre una certa TIT, in realtà, c’è da attendersi un minore
aumento sia del rendimento che del lavoro. Infatti, se il metodo di raffreddamento
delle palette della turbina rimane quello attuale che fa uso di crescenti portate d’aria
spillate dal compressore all’aumentare della TIT, oltre un certo limite l’aumento del
lavoro di espansione viene vanificato dalla riduzione di portata di gas che compie
lavoro.
Nella soluzione a ciclo semplice (CCT) un impianto motore a gas raggiunge, di
norma, rendimenti dell’ordine del 25-30%. Passi notevoli sono stati compiuti negli
ultimi anni sia nel miglioramento dell’efficienza delle turbomacchine che nella tec-
nica di refrigerazione delle palette delle turbine consentendo di raggiungere nei tur-
bogas dell’ultima generazione, spesso aeroderivativi, rendimenti, sempre in ciclo
semplice, dell’ordine del 40%.
74
CICLI COMPLESSI
Anche se a scapito della semplicità costruttiva sono state proposte, soprattutto in pas-
sato, soluzioni impiantistiche più complesse con un numero maggiore di componenti
rispetto al ciclo semplice CCT allo scopo di migliorare il rendimento o di aumentare
il lavoro ad unità di massa o entrambi.
T 3
1
C T
5 4
2 3
4
5 2
6 6
1 s
4 T 3 3′
3′
2
3
4
4′
T AP T BP
C
4′′
2
4′ 1 s
1
( T 3 – T 4 ) + ( T 3′ – T 4′ ) > ( T 3 – T 4′′ )
T 3 3′
6 5 4
5 4 3′
4′
3
2
2 C T AP T BP
6
1 s
4′
1
T
3
2′
1′ 2 3
4
C BP C AP T
2 2′
s
1′ 1
1 4
76
T 3
2′ 6 5 4
3 5
1′ 2 4
C BP C AP T
2 2′
6 s
1′ 1
1
COMBUSTIONE E COMBUSTORI
La combustione di un combustibile liquido implica che le goccioline, nebulizzate da
un iniettore, evaporino, per effetto dell’alta temperatura, e si mescolino con l’aria
affinché le molecole di idrocarburi incontrino quelle di ossigeno per iniziare le rea-
zioni chimiche. È necessario che questi processi siano sufficientemente rapidi affin-
ché la combustione possa completarsi in una corrente d’aria in movimento e in uno
spazio limitato. Ciò è possibile se vi è una adeguata turbolenza nella camera di com-
bustione, per consentire il contatto tra combustibile e aria, e se la dosatura è prossima
al valore stechiometrico, perché le velocità di reazione risultano le più elevate. La
combustione di un combustibile gassoso presenta minori problemi ma quanto
descritto nel seguito è tuttavia applicabile.
Le cadute di pressione nel combustore sono dovute a due cause diverse: (i) attrito e
turbolenze (ii) aumento di temperatura dovuto alla combustione. La caduta di pres-
sione totale dovuta a quest’ultima causa è dovuta all’aumento di temperatura che
determina una diminuzione di densità e quindi un aumento di velocità con corrispon-
dente diminuzione di pressione.
b m· a c p, a ( T 1 – T 0 ) + m· b c p, b ( T b – T 0 ) + η b m· b H i = P i + m· g c p, g ( T 4 – T 0 ) (102)
σ dove m· g = m· a + m· b .
2 C 3 Poichè tutte le energie (potenze) termiche devono essere riferite allo stesso livello
termico, T 0 deve essere la stessa temperatura a cui è riferito H i . Normalmente H i è
riferito a 25 °C, e quindi T 0 = 25 °C. Se H i fosse riferito, ad esempio, a 15 °C, biso-
C T gnerebbe porre T 0 = 15 °C.
Se la temperatura a cui entra il combustibile T b non è molto diversa da T 0 , il contri-
1 4 buto sensibile del combustibile può essere trascurato. Si ottiene allora:
m· a c p, a ( T 1 – T 0 ) + η b m· b H i = P i + m· g c p, g ( T 4 – T 0 ) (103)
αc p, a ( T 2 – T 0 ) + η b H i = ( α + 1 )c p, g ( T 3 – T 0 ) (105)
78
POLITECNICO DI TORINO - DIPARTIMENTO DI ENERGETICA
ESERCITAZIONE N. 4 DI SISTEMI ENERGETICI
1. In un ciclo ideale Brayton ad aria le condizioni di inizio compressione sono
p 1 = 0.1 MPa e T 1 = 300 K . Il rapporto delle pressioni vale 6 mentre la tem-
peratura massima è 1200 K. Determinare
a) pressione e temperatura nei vari punti del ciclo; b) lavori di compressione e di
espansione; c) rendimento del ciclo.
{ l c = 201.6 kJ ⁄ kg l t = 482.9 kJ ⁄ kg η = 0.40 }
2. Ripetere l'esercizio precedente introducendo, come perdite, unicamente quelle
della compressione e dell'espansione nei seguenti casi: i) η c = 0.65 e
4. Una turbina a gas bialbero, con turbina di potenza alla bassa pressione, sviluppa
una potenza utile di 20 MW. Si conosce inoltre
80
Turbina a gas Fiat Avio TG50D5 da 120 MW
82
SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 83
IMPIANTI MOTORI A GAS
84
CAPITOLO 5 IMPIANTI MOTORI A
VAPORE
Gli impianti a vapore, antecedenti a quelli a gas, sono nati nella seconda metà del
XIX secolo ed hanno subito continui miglioramenti sia dal punto di vista termodina-
mico che tecnologico.
Oggigiorno trovano la loro applicazione più diffusa nell'azionamento di generatori
elettrici, con grande varietà di tipi, da 100 kW fino a 1200 MW; questi ultimi costitu-
iscono i cosiddetti impianti termoelettrici di grande potenza, di importanza fonda-
mentale per la produzione di energia di base nelle reti dei Paesi fortemente
industrializzati; i primi invece, denominati impianti per produzione industriale, pre-
sentano caratteristiche funzionali differenti sia per i valori delle potenze, almeno di
un ordine di grandezza inferiori, sia per il fatto che molto spesso hanno lo scopo di
produrre, oltre all'energia elettrica, anche un'importante quantità di vapore a bassa
pressione per usi tecnologici (cogenerazione).
Entrambe le tipologie di impianti verranno di seguito analizzate.
Ci sembra comunque doveroso iniziare la trattazione evidenziando alcune fondamen-
tali differenze rispetto agli impianti a gas.
Con gli impianti a vapore si ottengono discreti rendimenti ( ≈ 40%), senza ricorrere
ad elevate temperature di ingresso in turbina (generalmente inferiori ai 600 °C).
Negli impianti a gas è richiesto un compressore che presenta un lavoro dello stesso
ordine di grandezza di quello di espansione in quanto il fluido utilizzato è un gas,
sicuramente più difficile da comprimere rispetto ad un liquido; quindi, affinché il
lavoro della turbina l t sia maggiore di quello del compressore l c , è necessaria una
TIT elevata.
Ricorrendo alla formulazione del I principio in forma meccanica (trascurando
l w, Δe c e Δe g ) per un sistema aperto
li = ∫ v dp
è più facile evidenziare il grande vantaggio degli impianti a vapore, in cui:
- si comprime un liquido (avente un v ridotto) e si spende, quindi, un l c molto pic-
colo;
- si espande un vapore (avente un v elevato) e si raccoglie, di conseguenza, un l t
grande.
e
e
surriscaldatore
d
caldaia evaporatore T alternatore
c
economizzatore
turbina
f
b
condensatore
pompa
(a-b) compressione adiabatica, ma non reversibile del fluido di lavoro sino alla pres-
sione regnante nel generatore di vapore; si realizza attraverso una turbopompa quasi
sempre centrifuga;
(b-c) riscaldamento a pressione costante, sino al raggiungimento della temperatura di
vaporizzazione; viene effettuato nell'economizzatore;
(c-d) vaporizzazione dell'acqua (fluido di lavoro) a pressione e temperatura costante
sino all'ottenimento della condizione di vapore saturo; viene effettuata nell'evapora-
tore;
(d-e) surriscaldamento del vapore sino alla TIT, realizzato nel surriscaldatore;
e
h
c
f
b
a
(e-f) espansione adiabatica, ma non reversibile del vapore all'interno di una turbina,
attraverso la quale avviene la conversione dell'energia termica in energia meccanica
disponibile su un albero rotante. Le turbine utilizzate sono simili a quelle a gas, ma
hanno molti più stadi: possono arrivare anche a 100. Da notare che il punto (f) si
trova al disotto della curva limite, quindi all'uscita della turbina si ha un vapore leg-
germente umido; è così possibile sfruttare un maggiore salto entalpico, compatibil-
mente però con un titolo - vedi relazione (39) - che non sia troppo piccolo, cosa poco
tollerabile dalla turbina, in quanto la presenza di una frazione di liquido nel vapore
modifica i triangoli di velocità e contribuisce all'erosione delle pale della stessa tur-
bina, per l'elevata velocità contro le quali le goccioline sbattono;
86
e
T
d
c
a
f s
bina con un'apertura molto grande per evitare che ci siano delle perdite di carico, le
quali diminuirebbero il rendimento.
L'impianto rappresentato in figura è a ciclo chiuso, sicuramente più vantaggioso di
quello a ciclo aperto, per un motivo ben preciso:
- l'acqua contiene impurezze, che ad elevate temperature tendono a formare delle
incrostazioni nello scambiatore, riducendo i coefficienti di scambio e, conseguente-
mente, la trasmissibilità, oltre che a generare degli attacchi chimici. Tali incrostazioni
si depositano anche sulle pale della turbina diminuendone il rendimento in conse-
guenza di una variazione dei triangoli di velocità.
Dato che una apparecchiatura destinata alla purificazione dell'acqua ha un costo ele-
vato, si ricorre ad un ciclo chiuso, di modo che il fluido di lavoro, depurato una sola
volta, rimanga sempre lo stesso.
PRESTAZIONI DELL'IMPIANTO
∫ v dp + l
b
li = w
a
anche qui, come effettuato per gli impianti a gas, potremmo non trascurare il Δe c e
tenerne conto implicitamente, utilizzando le grandezze totali.
Ricordando che i liquidi sono all'incirca incompressibili e che quindi hanno un v con
buona approssimazione costante, e facendo riferimento alla prima uguaglianza
dell'espressione (46), possiamo scrivere:
1 pb – pa
l p = l i = ----- ⎛ ----------------⎞ (106)
ηy ⎝ ρa ⎠
I principio in forma termica
q e + l i = Δh + Δe c
lp = l i = hb – ha (107)
hb = lp + h a
SOMMINISTRAZIONE DI CALORE.
q e + l i = Δh + Δe c
possiamo elidere il termine l i poiché durante tale fase non avviene nessuno scambio
di lavoro tra il sistema in questione (generatore di vapore) e l'esterno.
q1 = h e – h b (108)
li = lt – l p
e conseguentemente
l
η CICLO = ----i- (112)
q1
P i = m· l i
lu = η m li
P u = m· l u
l m· l u
η u = ----u- = ---------
-
q1 m· q 1
Anche se non evidenziato nello schema dell'impianto, nel generatore di vapore viene
introdotta una portata di combustibile m· b che dà origine a dei gas combusti, i quali,
venendo a contatto con i fasci di tubi dell'economizzatore, del surriscaldatore e
dell'evaporatore, cedono parte del loro calore ed infine vengono espulsi al camino.
Essendo la m· b proprio quello che noi paghiamo, definiamo come rendimento glo-
bale dell'impianto:
Pu
η g = -----------
· -
mb Hi
e come rendimento del generatore di vapore:
m· q 1
η b = -----------
-
m· b H i
88
il quale tiene conto delle perdite dovute all'incompletezza della combustione, alla
disomogeneità del fluido, all'irraggiamento termico, ma soprattutto delle perdite al
camino.
Possiamo inoltre scrivere
Pu m· l i ⎞ ⎛ m· q 1 ⎞
- = η m ⎛ ---------
η g = ----------- - ------------ = η m η CICLO η b (113)
·
mb H i ⎝ m· q 1⎠ ⎝ m· b H i⎠
Il consumo specifico di combustibile, che è la quantità di combustibile necessaria per
produrre un'unità di potenza utile, risulta essere:
m· m· b 1
q b = -----b- = ------------------
- = ------------
Pu η g m· b H i ηg Hi
Effettuiamo ora alcune importanti considerazioni applicando il I principio in forma
termica al condensatore
m· ( h f – h a ) = m· h c ph ΔT h (114)
∂v
dh = cp dT – T ⎛ ------⎞ – v dp
⎝ ∂T⎠ p
Tv
II
I III
Tc
η I q 1 I + η II q 1 II + η III q 1 III
η = -----------------------------------------------------------
-
q 1 I + q 1 II + q 1 III
Il ciclo II è un ciclo di Carnot che opera tra la temperatura di condensazione e quella
di vaporizzazione e pertanto il suo rendimento risulta essere
T
η II = 1 – -----C-
TV
Il ciclo I è la somma di infiniti cicli elementari di Carnot che hanno come tempera-
tura inferiore la T C e come superiore valori tutti al di sotto della T V ; ogni ciclo infini-
tesimo ha quindi un rendimento minore di η II e pertanto anche quello medio risulta
inferiore: η I < η II .
Procedendo nella stessa maniera risulta che η II < η III .
Da queste considerazioni emergono i metodi atti a migliorare il rendimento del ciclo
e conseguentemente quello globale.
Tc
T' c
h
e’ e
p' v
pv
f
f’
90
Altro tipo di inconveniente connesso a tale metodo è la diminuzione del titolo del
punto di fine espansione, problema di cui si è già trattato nelle pagine precedenti.
e’ Te
e
f’
f
e’
T e'
h e Te
f’
f
Tv
b c
l Tc e d
a
s
i h g f
e e
m·
d
T
c
f m· – m· s
b m· s
s a
j
b'
scambiatore a miscela
Utilizzando uno scambiatore a miscela è necessario che le pressioni dei flussi che vi
confluiscono siano le medesime; occorre a tale scopo aggiungere una pompa tra (a) e
(b').
Possono comunque essere utilizzati anche degli scambiatori a superficie, nei quali
condensa e vapore spillato, percorrendo dei fasci di tubi, non vengono a contatto
direttamente, ma attraverso delle apposite superfici di scambio termico.
h m·
d
s
c m· s
b m· – m· s
j
b'
f
a
s
92
CALCOLO DELLE PRESTAZIONI. Applichiamo il I principio in forma termica
allo scambiatore rigenerativo
( m· – m· s )h' b + m· s h s = m· h j
P u = η m m· ( l t – l p )
dove
lt = he – hs + ( 1 – y ) ( hs – hf )
l p = ( h b – h j ) + ( 1 – y ) ( h' b – h a )
m· s
- è la frazione di portata spillata.
y = -----
m·
e
40bar
m· A
425°C
d af
c′ T1 T2 T4
T3
c 2bar
f′
f
3bar
m· F
ac
Tw
x = 0.2
a
b′ a′ b
94
SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 95
IMPIANTI MOTORI A VAPORE
e
comb (2) GV
d T
aria (1) σ
c
gas combusti (3) f
b a
m· a c p, a ( T 1 – T 0 ) + m· b c p, b ( T 2 – T 0 ) + η b m· b H i = P i + Q· 2 + m· g c p, g ( T 3 – T(115)
0)
m· ( h e – h b ) = P i + Q· 2 (116)
Q· 1 = P i – P i + Q· 2
t p
(117)
Si ritrova, cioè, l’espressione del primo principio per un impianto motore a vapore
già ricavata nel Capitolo 1 - Termodinamica.
Si ricordi che la potenza asssorbita dalla pompa è solitamente trascurata o inclusa nel
t
rendimento meccanico, cosicchè P i = P i .
96
POLITECNICO DI TORINO - DIPARTIMENTO DI ENERGETICA
ESERCITAZIONE N. 5 DI SISTEMI ENERGETICI
1. In un impianto a vapore le condizioni del vapore al generatore sono 50 bar e 400
°C. La turbina, che ha un rendimento isentropico pari a 0.8, scarica alla pressione
di 1 bar. La pompa dell'acqua di alimentazione ha η y = 0.8 . Assumendo
η m = 0.98 , η b = 0.9 H i = 43.1 MJ ⁄ kg calcolare il titolo del vapore all'uscita
dalla turbina, il rendimento del ciclo, il rendimento utile, il rendimento globale
dell'impianto e il consumo specifico di combustibile. Calcolare inoltre il rapporto
tra la portata di acqua refrigerante nel condensatore e la portata di vapore nell'ipo-
tesi che l'acqua di raffreddamento subisca un aumento di temperatura di 10 °C nel
condensatore.
{ x f = 0.95 , η = 0.225 , η u = 0.221 , η g = 0.20 , q b = 420 g ⁄ kWh ,
m· h ⁄ m· v = 51.4 }
2. Ripetere l'esercizio precedente con gli stessi dati tranne che per la pressione di
condensazione che viene abbassata a 0.05 bar. Per semplicità la pompa viene
inserita tra gli accessori dell’impianto per cui il η m scende a 0.97.
{ x f = 0.88 , η = 0.305 , η u = 0.2965 , η g = 0.267 , q b = 313 g ⁄ kWh ,
m· h ⁄ m· v = 50.8 }
3. Ripetere l'esercizio precedente con gli stessi dati tranne che per le condizioni al
generatore di vapore: 100 bar e 500°C .
{ x f = 0.89 , η = 0.337 , η u = 0.327 , η g = 0.294 , q b = 283 g ⁄ kWh ,
m· h ⁄ m· v = 51.25 }
4. Ripetere l'esercizio precedente con gli stessi dati con in più un risurriscaldamento,
dopo una 1a espansione, a 20 bar e 500°C .
{ x f = 0.98 , η = 0.3575 , η u = 0.347 , η g = 0.312 ,
98
CAPITOLO 6 IMPIANTI COGENERATIVI
INTRODUZIONE
Per cogenerazione si intende la produzione combinata di energia meccanica/elettrica
e calore. La combinazione significa contemporaneità nella produzione di potenza
meccanica/elettrica da parte dell’impianto di cogenerazione.
La cogenerazione, sebbene abbia riscontrato un notevole interesse in anni recenti,
soprattutto nel nostro paese, è una pratica antica. La storia remota è ancora tutta da
scrivere, ma agli inizi del nostro secolo molte aziende che utilizzavano impianti ter-
moelettrici a vapore per la produzione di energia elettrica dirottavano già parte del
vapore scaricato dalle motrici a vapore per utilizzarlo in usi tecnologici.
La spinta all’utilizzo della cogenerazione, oggi, trova motivazioni, in parte, diverse
rispetto al passato. Infatti, oltre agli aspetti di economicità, cari ai nostri padri, le
motivazione di interesse sono il risparmio energetico, volto alla riduzione del con-
sumo delle materie prime energetiche, e la salvaguardia dell’ambiente, inteso come
riduzione delle emissioni inquinanti conseguenti ad attività antropologiche, settori,
tutti, in cui la cogenerazione può dare un valido contributo.
Normalmente le esigenze di energia elettrica e calore vengono soddisfatte in maniera
separata. L’energia elettrica viene acquistata dalla rete di distribuzione, pubblica o
privata, che esiste in tutti i paesi sviluppati. Il calore, che, diversamente dall’energia
elettrica, non può essere trasportato per lunghe distanze viene, invece, prodotto local-
mente. Nella soluzione cogenerativa, un impianto, che necessariamente deve essere
ubicato nelle vicinanze dell’utilizzatore termico, provvede in tutto o in parte alle
richieste delle utenze, termica ed elettrica. I vantaggi che si ottengono con questa
soluzione possono essere illustrati, in via esemplificativa, dal seguente esempio.
60
100
40 η = 0.40
W W· = 40
η = 0.40
IC 100
144.4
44.4 Q 60
Q· = 40
η = 0.90 40
20
4.4
IC = 40 + 40 = 0.80
η tot ------------------
100
Risparmio di energia primaria
144.4 – 100
---------------------------- = 30.7 %
144.4
F·
W·
G
˜
T4
Q· U
Ts Q· NU
P u + Q· u
IU = ------------------
-
m· b H i
100
IMPIANTI COGENERATIVI A VAPORE
e e
caldaia T alternatore
turbina
f
b
a a
L'utenza riceve vapore e restituisce una condensa che alimenta il generatore tramite
una pompa.
La diversità sostanziale di tali impianti, rispetto a quelli precedentemente analizzati,
risiede negli ordini di grandezza. L'impianto a condensazione presenta una pressione
di condensazione bassa, visto che così migliora il rendimento; si arriva a
p c ≈ 0, 05 bar nel caso l'acqua refrigerante sia a temperatura sufficientemente
ridotta. Alle utenze serve però vapore ad una pressione che varia tra i ( 5 ÷ 20 ) bar ,
pertanto la p allo scarico della turbina deve raggiungere tali valori (da cui il termine
contropressione), con conseguente penalizzazione del rendimento del ciclo.
e
h
d
f
c
a≈b
s
Tuttavia i rendimenti di conversione dell'energia, a partire dal combustibile intro-
dotto, sono elevati; questo perché in un impianto di cogenerazione solo la potenza
persa nel generatore di vapore non va nel ciclo; essa comunque ammonta ≈ 10% della
potenza rilasciata dal combustibile ( m· H ) :
b i
( 1 – η b )m· b H i
In effetti si ha un "ricupero totale" della potenza termica inviata all'utilizzazione, che
in un normale impianto a condensazione verrebbe dispersa al fiume.
Q· u = m· ( h f – h a )
questa è la potenza termica destinata all'utenza.
Pu
η g = ---------
· -
m Hi
l
η m = ---u
li
l
η CICLO = ----i-
q1
Introduciamo inoltre un nuovo parametro denominato indice di utilizzazione del
combustibile e definito come
P u + Q· u
IU = ------------------
-
m· b H i
il quale ci mostra come viene utilizzato il combustibile, anche se compara due forme
di energia diverse, non confrontabili dal punto di vista del II principio (la P u è pre-
giata), ma solo dal punto di vista del I principio della termodinamica.
L'inconveniente maggiore di questa tipologia d'impianti è che presenta una notevole
rigidità; se si richiede, ad esempio, un aumento della P el ed una diminuzione della
Q· , non è possibile farlo in quanto tutta la portata di vapore attraversa sia la turbina
u
e m· e
AP BP
V
s s m· – m· u
b f
m· u
j r
a
b'
L'utenza termica riceve il vapore alla pressione di scarico della AP e lo restituisce a
tale pressione, la cosiddetta p s di estrazione.
Con tali impianti è possibile rendere in buona misura indipendenti le produzioni di
energia elettrica e termica in risposta alle specifiche esigenze.
102
IMPIANTI COGENERATIVI A VAPORE
h m·
d
s
c m· u
b m· – m· u
j
b' r
f
a
s
P u = η m { m· ( h e – h s ) + ( m· – m· u ) ( h s – h f ) – m· ( h b – h j ) – ( m· – m· u ) ( h' b – h a ) }
Q· u = m· u ( h s – h r )
L'IU dell'impianto a ricupero parziale assume valori intermedi tra quello
dell'impianto a ricupero totale e quello dell'impianto a condensazione, quest'ultimo
ovviamente pari ad η g .
I gas scaricati dalla turbina a gas vengono inviati in uno scambiatore di calore (gene-
ratore di vapore a recupero) al fine di produrre vapor d’acqua saturo e secco a 0.8
MPa da inviare all’utenza termica. Sapendo che i gas combusti vengono scaricati al
camino a 140°C e che l’utenza termica restituisce la condensa a 80°C calcolare
la potenza meccanica generata, il consumo specifico di combustibile e la portata di
vapore prodotta.
[ c p = 1005 J ⁄ kgK , γ = 1.4 , c′ p = 1148 J ⁄ kgK , γ′ = 1.333 ]
H i = 9500 kcal ⁄ kg ]
104
IMPIANTI COGENERATIVI A VAPORE
7MPa
385°C 30 bar
MJ
H i = 41.5 --------
kg
η is = 0.7
η is = 0.65
η b = 0.88
6 bar
3MPa
100t ⁄ h 200 t ⁄ h
D U1 U2
106