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Diagnostica del degrado in architettura.

Dal progetto diagnostico all’intervento

Dal progetto diagnostico all’intervento:


indicazioni metodologiche

La linea metodologica che presentiamo è una proposta nelle figure da 20 a 22: L’Archiginnasio di Bologna, loggiato dei
di griglia teorico-operativa per la definizione di un ottimale Legisti: esemplificazione del rilievo di una campata.
percorso critico-progettuale.
A monte del lavoro di rilievo, indagini, raccolta dati di
vario tipo si avverte, infatti, la necessità di
sistematizzazione di tutto il percorso in modo da fornire,
oltre ai molti risultati, una guida metodologica pratica
che, dalle indagini preliminari (rilievo architettonico, rilievo
del colore, riconoscimento dei materiali e delle morfologie
del degrado ed individuazione dello stato conservativo)
conduca alla definizione del progetto d’intervento, di cui
il tecnico dovrà decidere le linee direttive, fino al collaudo
delle opere.
L’obiettivo che ci si è proposti, quindi, non è solo quello
di fornire dati oggettivi sui materiali e sulle cromie, ma
anche di indicare un possibile percorso metodologico
per affrontare il processo conoscitivo, a partire da un
contatto diretto con l’opera, osservando e riscoprendo
il saper guardare, e mutuando, inoltre, quando
necessario, tecniche e metodiche specifiche (come la
scienza del colore, ecc.). A chi opera, infatti, nel settore
del recupero dell’edilizia storica è sempre più richiesta
una vasta competenza, che, insieme agli aspetti teorici,
deve necessariamente comprendere varie conoscenze
specialistiche.
Le caratteristiche di finitura degli edifici costituenti la
scena urbana costituiscono il primo elemento di Fig.20. Vedute generali dei dipinti murali.
identificazione e di riconoscibilità nell’articolata struttura
del tessuto cittadino. Si noti che il problema non è
teorico, ma concretamente avvertibile: al visitatore non
troppo distratto basterà, a questo scopo, una
passeggiata per le vie minori di un centro storico per
constatare come l’utilizzo di colori impropri su alcuni
fronti abbia appiattito e omogeneizzato le facciate,
facendo loro perdere le caratteristiche distintive, tra fronti Fig.21. Mappatura del degrado e dei tipi di intervento.
e fronti o tra elementi e fondi, frutto del rispetto di quei
valori di accostamento che definivano la compagine
architettonica.
Assistiamo quotidianamente alla progressiva
sostituzione delle vecchie tinteggiature con nuovi prodotti
sintetici, ma, frequentemente, questa delicata
operazione produce risultati coloristici e materici
decisamente inferiori agli originali: da qui deriva,
inevitabilmente, un generale senso di insoddisfazione
fra gli operatori, gli amministratori e i proprietari.
Emerge, perciò, in primo luogo la necessità di chiarire
le istanze concettuali e teoriche del problema, nella
convinzione che non esistano ricette preconfezionate,
sia nel caso in cui venga affermato il ripristino filologico
della situazione d’origine, sia nel caso contrario in cui
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si operi una drastica manutenzione dei prospetti, con


tecniche pseudostoriche o con prodotti pellicolanti su
base sintetica, capaci purtroppo di alterare i fondi in
modo irreversibile.
Sulla realtà complessa, articolata e mutevole del tessuto
storico non può essere inserita una griglia normativa
rigida che porti univocamente alla redazione di piani del
colore, che rappresentano una riduzione esasperata di
un complesso processo conoscitivo, semplificando
troppo i problemi e lasciando credere che il rispetto del
colore in un centro storico possa ridursi soltanto alla
redazione di una scheda ed alla riproposizione di una
cromia riportata in un catalogo. Infatti, gli interventi sulle
finiture esterne non possono essere considerati legati
al solo involucro esterno dell’edificio, ma devono essere
riferiti all’intero corpo di fabbrica ed al contesto urbano
in cui è inserito il fabbricato.
Il tema degli interventi sugli intonaci e così pure sulle
coloriture va, dunque, ricondotto a quello più generale
del restauro e della manutenzione, chiarendo le linee
direttive accettabili in ambito conservativo. Ad esempio,
in presenza di vecchie coloriture e intonaci è certamente
necessario limitare le operazioni, ma dove ci siano
coloriture e/o intonaci compromessi la scelta non può
che essere indirizzata verso il loro rinnovo da attuarsi,
tuttavia, in modo non estemporaneo, ma come risultato Fig.22.catalogo delle forme di degrado e dei tipi di intervento sui
di un’analisi e di un giudizio critico. materiali lapidei e sulle pitture murali.
Se le motivazioni storiche ed estetiche non fossero
sufficienti, potremmo invocare a favore della
conservazione della finitura originaria anche le istanze
dell’edilizia bioecologica (sempre più apprezzata in
questi ultimi anni), che individuano nella qualità dei
materiali storici una delle prerogative necessarie per
recuperare l’esistente e realizzare nuove edificazioni,
attribuendo nello stesso tempo un valore economico
maggiore al fabbricato.
Per esempio, in generale, si può dire che la linea di
intervento conservativo non può essere interamente
definita a priori in un senso o nell’altro ma deve
discendere da un’analisi e da un giudizio storico-critico,
maturati a diretto contatto dell’opera, così da acquisire
peculiari strumenti di conoscenza delle qualità figurative
e materiali del manufatto.
In questo modo sarà possibile arrivare alla redazione di
un valido progetto d’intervento, nel quale il manufatto
sia considerato in modo approfondito, anche mediante
il riconoscimento e la caratterizzazione dei materiali
costitutivi, del loro attuale stato conservativo e delle
forme macroscopiche di degrado.
In definitiva, alla luce di quanto sopra detto, risulta chiaro
che ogni intervento sull’edilizia storica non può che
scaturire da un progetto redatto da un tecnico e che
tale progetto non può essere surrogato dalla semplice
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compilazione di una scheda. Fra l’altro, a fronte di


interventi dal costo di decine di milioni di lire, appare
illogico che il committente non ne investa almeno una
piccola parte per la definizione di un adeguato progetto
d’intervento. A questo proposito, i corsi organizzati, per
esempio, in ambito bolognese hanno dimostrato come
sia possibile fornire agli operatori del settore non solo
un valido aggiornamento, ma anche una concreta
preparazione, finalizzata ad estendere negli interventi
di manutenzione e restauro sulle facciate dell’edilizia
storica le potenzialità finora limitate ai casi oggetto di
restauro scientifico. In questa ottica va sottolineata,
infine, la necessità di promuovere la (ri)qualificazione di
maestranze e di imprese che operino nel campo del
restauro delle facciate.

Nel campo del restauro e della manutenzione delle


finiture dell’edilizia storica non esistono metodologie in questa pagina
Fig.23.Vista del piazzale interno e del porticato del Pavaglione di
standard per il rilievo architettonico ed il problema della Lugo (RA)
acquisizione della conoscenza dell’oggetto raramente
viene affrontato in modo funzionale all’intervento o
addirittura non viene svolto. Se consideriamo tutte quelle
facciate dell’edilizia storica non vincolate dalla
Soprintendenza, sappiamo come al tecnico può essere
richiesto da parte del Comune anche solo di redigere
una domanda di manutenzione della facciata allegando
uno o più campioni di riferimento per la cromia che si
intende realizzare. In presenza di piani del colore nella
maggior parte dei casi viene richiesto di compilare una
modulistica più o meno complessa a cui allegare i
campioni di colore. Nei questionari allegati viene richiesto
di descrivere natura e caratteristiche conservative e
morfologie delle finiture dei fronti oggetto d’intervento.
Ma il tecnico difficilmente riesce ad affrontare in modo
efficace la fase della conoscenza. I motivi di tale
situazione sono da ricercare nella difficoltà concreta di
convincere la committenza a finanziare un rilievo
architettonico, oppure nei tempi insufficienti per
elaborare gli studi. Da parte dei tecnici molto spesso
esiste la convinzione che sia superfluo affrontare la fase
di rilevamento per una facciata interessata da opere
manutentive e di restauro demandando le scelte
operative direttamente all’impresa all’atto
dell’esecuzione delle opere. In questi casi ci si limita a
realizzare una documentazione fotografica e il rilievo
geometrico se richiesti dal Comune.
Con le strumentazioni e le metodologie oggi disponibili
è invece possibile affrontare la fase di conoscenza in
modo da calibrare il progetto di rilievo per gli interventi
che effettivamente verranno realizzati, ottenendo dati
oggettivi sui materiali e sulle coloriture.
Per poter gestire in concreto un intervento sulle finiture
di un fronte abbiamo bisogno di conoscere:
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- la geometria (per valutare la superficie ai fini del


computo metrico),
- il sistema di finitura che lo caratterizza (intonaco e
coloriture),
- la valutazione dello stato conservativo, il
riconoscimento delle morfologie del degrado
- gli eventuali caratteri storici mediante una ricerca
d’archivio.
Nella maggior parte dei casi tutti questi aspetti vengono
affrontati solo parzialmente e comunque nel corso degli
interventi e non in fase della redazione del progetto. E’
fondamentale, a questo punto, comprendere come sia
opportuno realizzare tutti gli approfondimenti necessari
prima degli interventi, non solo perché sarebbe il
procedimento più ovvio per operare in modo corretto,
ma anche perché una campagna di rilievo adeguata
all’intervento, consentirebbe di fare una previsione
veritiera dei costi: conoscendo la geometria saremo in
grado di calcolare la superficie, avendo identificato il
tipo di coloritura e di supporto e definendone lo stato
conservativo saremo in grado di stabilire la tipologia
dell’intervento. Infatti sappiamo come, ad esempio,
possa incidere economicamente la decisione di Fig.24.
Rilievo fotografico di una campata realizzato prima del restauro e
mantenere un intonaco intervenendo solo sulla rilievo del degrado di una campata effettuato a partire dal
coloritura, ma per poter fare tale scelta dobbiamo essere documento UNI Normal 1/88.
certi dell’effettivo stato conservativo del supporto e
riconoscere la natura dell’intonaco e delle coloriture. Fig.25.Tabella informatizzata dei dati del rilievo di una campata.
Se poi consideriamo che tale impostazione consente
da una parte di controllare e finalizzare l’intervento e
dall’altro di collaudarlo avendo a disposizione dei dati
oggettivi fondamentali per verificare la buona esecuzione
e la qualità dei materiali utilizzati dall’impresa, non
possiamo che concludere che questa sia l’impostazione
più logica.
A scopo esemplificativo diamo una ipotetica griglia di
articolazione delle fasi di un rilievo criticamente condotto.

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Analisi a vista delle superfici

L’indagine del paramento di una facciata finalizzata alla


definizione del suo stato conservativo non può che partire
da un’attenta osservazione visiva per poter individuare i
materiali (intonaci e coloriture) e le morfologie del
degrado, che devono essere chiaramente riportati su
opportune tavole tematiche.
A partire da questi primi studi sarà poi possibile
individuare le aree omogenee in cui effettuare particolari
osservazioni macroscopiche (visive e fotografiche),
realizzare tasselli stratigrafici, fino ad arrivare
all’individuazione di zone rappresentative in cui procedere
con il rilievo del colore ed eventuali prelievi di materiale
da sottoporre ad indagini di laboratorio.
Il percorso d’indagine, sopra sinteticamente delineato,
sarebbe quello ottimale per arrivare ad ottenere dati
analitici sia puntuali sia rappresentativi dell’intero fronte
oggetto di studio. Tuttavia la prassi quotidiana ci insegna
che esso purtroppo non è sempre praticabile nel campo
dell’edilizia storica, dove diventa difficile proporre alla
committenza anche il semplice rilievo geometrico o
fotografico, a parte i casi in cui vi sia un’esplicita
richiesta da parte degli enti. Almeno in queste situazioni
è quindi importante arrivare al riconoscimento qualitativo
dei materiali e delle morfologie del degrado,
all’individuazione di zone campione per l’intonaco e la
coloritura, in special modo qualora lo strato di finitura
debba essere riprodotto o integrato. In questo modo,
attraverso le indagini sul campo ed il prelievo di campioni
per le analisi di laboratorio, sarà in seguito possibile
controllare in modo efficace la ricoloritura facendo un
accurato confronto fra la cromia preesistente e quella
proposta.
Poiché l’osservazione visiva dei fronti rappresenta la base
su cui sviluppare tutti i successivi approfondimenti, è
importante soffermarci brevemente su alcuni aspetti,
spesso disattesi nella prassi di cantiere.
In primo luogo, l’osservazione dei fronti deve essere
inizialmente condotta da un punto di vista utile per
inquadrare tutto il fronte; questo punto strategico è il
più delle volte a terra, ma non si deve trascurare la
possibilità di una visione in quota, ad esempio sfruttando
un edificio antistante. L’osservazione complessiva, a volte
scarsamente valorizzata, è di notevole utilità per la
corretta valutazione dei singoli aspetti tematici rispetto
alla totalità del fronte. Durante questa fase, un semplice
binocolo con ingrandimento adeguato per analizzare
cornicioni, decorazioni e impianti, permette di
risparmiare tempo nella valutazione dello stato di
conservazione e nel riconoscimento delle patologie. I

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vari aspetti tematici della facciata dovrebbero essere


osservati uno per volta, procedendo subito a codificare
i dati raccolti.
L’osservazione visiva, che si deve già iniziare con metodo
durante il sopralluogo, è fondamentale non solo per la
conoscenza del bene in esame, ma anche per la
sicurezza e l’incolumità di chi transita vicino al fronte e
di chi poi lavorerà sulla facciata. Infatti, il tecnico
dovrebbe valutare con rapidità ma senza superficialità
le emergenze più gravi, distinguendole da quelle serie
ma non così urgenti: scelta spesso non facile, per la
quale occorrono preparazione, esperienza e una allenata
capacità di osservazione.
Procedendo in questo modo, si è in grado di:
- isolare le zone pericolanti, dove si trovino elementi a
rischio di caduta immediata (cornicioni, pluviali, lacerti
di intonaco sollevati o distaccati, ecc.);
- porre in atto verifiche attente su eventuali lesioni
strutturali.
Si pensi, ad esempio, alle fessurazioni, che possono
riguardare non solo il paramento ma anche la struttura
muraria, e di cui non bisogna mai sottovalutare la
presenza. ddQuanto detto sottolinea il ruolo strategico
svolto da un sopralluogo ben eseguito, che deve risultare
il più possibile funzionale alle fasi successive,
realizzando durante il suo svolgimento il rilievo fotografico
generale su cui riportare i dati acquisiti. Per esempio,
la foto complessiva fotocopiata a toni di grigio potrà
essere utilizzata come base per la mappatura degli
aspetti tematici dedotti dall’osservazione visiva, dei punti alla pagina precedente
di prelievo dei campioni o dei punti in cui effettuare Fig.26, 27. L’analisi dello stato di conservazione e del degrado: il
indagini spettrofotometriche, ecc. rilievo fotografico dei fronti
Per quel che riguarda in particolare la valutazione della
coloritura e dell’intonaco, l’attenzione va concentrata
sulle zone che presentano uniformità dal punto di vista
cromatico, individuando così le aree omogenee e le
discontinuità. Inoltre, in questa fase il cromatismo delle
superfici rappresenta anche un utile indicatore per il in questa pagina
Fig.28, 29, 30. L’analisi dello stato di conservazione e del degrado:
riconoscimento dei materiali e delle patologie. il rilievo fotografico dei dettagli
Analisi spettrofotometrica all’infrarosso con trasformata
di Fourier, per l’individuazione dei leganti organici quali
proteine, olii, resine naturali, ecc.

I sistemi di coloritura moderni:


caratteristiche, requisiti e compatibilità con
i diversi supporti

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Il rilievo tematico

L’osservazione attenta del fronte, operata a distanza, in questa pagina


mette in grado di studiare lo stato di conservazione,
individuando gli aspetti tematici: dagli impianti di facciata Fig. 31. Schede di riconoscimento della morfologia del degrado
fino al riconoscimento delle morfologie di degrado e dei estratte dal documento UNI Normal 1/88 Normativa Manufatti Lapidei
- ICR e CNR: “Lessico per la descrizione delle alterazioni e
materiali. Partendo dal prospetto o dal fotopiano, a toni degradazioni macroscopiche dei materiali lapidei”
di grigio, le osservazioni visive consentono in tempi brevi
di restituire graficamente i singoli aspetti tematici sulla
base delle Raccomandazioni UNI-Normal 1/80 e 1/88
(Normativa Manufatti Lapidei - ICR e CNR: “Lessico per
la descrizione delle alterazioni e degradazioni
macroscopiche dei materiali lapidei”).
Sulla base delle valutazioni visive generali e delle tavole
riguardanti le morfologie di degrado si individuano poi le
zone rappresentative su cui effettuare le indagini di
approfondimento riguardanti lo studio macroscopico dei
materiali e delle morfologie del degrado. A questo punto
si può decidere se realizzare un campionamento
fotografico con immagini macro fino ad individuare i punti
in cui effettuare il prelievo dei campioni.
La stessa base grafica utilizzata per gli studi tematici
potrà essere utilizzata per realizzare la tavola degli
interventi conservativi.

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Il rilievo del Colore

Nel campo del restauro e della manutenzione


dell’architettura storica non esistono metodologie
standardizzate per il rilievo del colore. Per la
classificazione dei colori viene solitamente adottata la
descrizione nominale, con tutti i limiti e i problemi causati
dal fenomeno percettivo per cui ogni persona vede i colori
in modo soggettivo. Sono stati adottati da tempo, nel
campo scientifico, metodi di confronto visivo che
utilizzano l’occhio umano come strumento, definendo
un paragone di confronto con campioni standard, o atlanti
del colore. L’uso degli atlanti come il Munsell book
(contenente circa 1500 colori) è stato alla base delle
sperimentazioni eseguite in campo urbano. Fino a questo
momento il metodo visivo risultava l’unico utilizzabile in
campo urbano, dove le ampie dimensioni del contesto,
e quindi l’alto numero delle facciate, non consentiva
campagne di rilievo strumentale a tappeto. L’utilizzo di
fotocamere digitali, di colorimetri e di spettrofotometri di
tipo portatile consente oggi di realizzare campagne di
rilievo oggettivo (immagine fotografica e composizione
spettrale delle tinte) della situazione cromatica, estese
a tutta la scena urbana.
Le metodologie utilizzate, per esempio, all’interno del
lavoro di ricerca sul colore dell’Edilizia storica Bolognese,
se escludiamo la telefotometria, rappresentano un
perfezionamento e un adattamento di tecniche già note
delle quali si propone la sistematizzazione in un quadro
logico generale, che partendo dal rilievo fotografico
informatizzato arrivi allo studio delle tecniche e dei
materiali. Un’indagine sul colore di una facciata non può
che partire da un’attenta osservazione visiva per poter
individuare i materiali di finitura, il tipo d’invecchiamento Fig.32. La trascrizione a campione
e deterioramento che possono essere descritti
utilizzando i documenti Normal come riferimento; Fig.33. Diagramma cromatico CIE
successivamente, sulla base della collocazione ed in basso
esposizione del fronte, verranno effettuate le riprese Fig.34. L’uso della banda Kodak per il controllo del colore nel
fotografiche attraverso la verifica rilievo fotografico

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della resa cromatica utilizzando nella ripresa un


campione di riferimento cromatico come la banda Kodak
color control patches per tenere conto delle eventuali
variazioni della temperatura del colore).
Il rilievo del colore, legato sia agli aspetti soggettivi della
percezione visiva sia alle caratteristiche oggettive della
sorgente di illuminazione e della modalità di
osservazione,rappresenta sempre un’operazione tutt’altro
che facile. Con la tecnologia oggi a disposizione é
possibile utilizzare varie metodologie non distruttive di
rilievo del colore, sia di tipo qualitativo sia quantitativo, a
seconda degli obiettivi che di volta in volta si è inteso
raggiungere:
1) il rilievo fotografico tradizionale e digitale con il controllo
della temperatura colore e l’utilizzo di campioni di Fig.35. Il Munsell Book of colours.
riflettanza e di riferimento cromatico come
Fig.36. Metodologia di indagine telefotometrica.

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Diagnostica del degrado in architettura. Dal progetto diagnostico all’intervento

la banda Kodak, per una più fedele riproduzione delle


zone in esame;
2) la tecnica chiamata della trascrizione a campione:
essa comporta la realizzazione di un supporto adeguato
sul quale riprodurre la tinta in esame, e quindi i risultati
dipendono molto dalla perizia pittorica del rilevatore;
3) il metodo di confronto visivo, che si avvale della
comparazione tra la cromia in esame e una serie di
campioni standard, cioè con atlanti del colore, come ad
esempio il Munsell Book of Color, contenente in due
volumi 1488 campioni di colore mobili;
4) il rilievo strumentale, basato sull’elaborazione della
misura di riflettanza diffusa dalla superficie del campione,
che può essere effettuato con colorimetri tristimolo (in
questo caso si ottengono solo le coordinate cromatiche
della tinta), con spettrofotometri (che forniscono in
aggiunta anche la curva di riflettanza diffusa in funzione Fig.37. Spettrofotometro portatile Minolta CM 503i.
della
lunghezza d’onda) e con telefotometri (che rispetto agli
spettrofotometri hanno il vantaggio di poter operare anche
a distanze rilevanti dal campione).

Fig.38. L’uso del telefotometro nel rilievo del colore.

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