Sei sulla pagina 1di 1

Ippolito, ed Aricia, tragedia da rappresentarsi nel Reale Teatro di Parma nella primavera dell’anno

MDCCLIX Nuovamente composta ed adattata alle scene italiane dal sig, Abate Frugoni Revisore, e
compositore degli spettacoli teatrali di S.A.R. e secretario perpetuo della sua reale accadenia delle belle
arti, Parma, Nella regio ducal stamperia Monti in Borgo Riolo, [1759]
Ai gentili leggitori l’autore
Si è tentata una Novità; ma si è con ragione si è rispettato il gusto, ed il diritto d’una musica dominante, che fa le
delizie dell’Italia, e dell’Europa. Sembra, che, quando si tenta con nuovi piani aggiungere ai Piaceri d’ una Nazione,
senza toglier punto di ciò, che gli costituisce per lungo costume, si meriti lode, non che perdono.
Quei Genj felici, che formano il mondo rischiarato, sdegnano assuggettarsi ai pregiudizi dell'uso, e sono fatti per
animar quegli che osano tentare. Sarebbe desiderabile, che i piaceri cangiassero sempre d'aspetto e di forma e
potessero, come gli Zefiri agitar I'ali sopra tutti i nostri sensi, per ricevere ad ogn'istante nuovi colori dai raggi del
Sole. QueI compasso, che misura l'Universo dopo mille anni, non è quello, che deve misurare il gusto. Si sono
introdotti dei cori; ma questi non sono stranieri ai Teatri d' Italia, che gli adottarono ugualmente in altri tempi felici,
quando gli ingegni, le Science, e le Arti venivano a stabilirvi la loro cuna, ed il loro trono. Avevano di ciò prima dato
l’esempio all’ Italia i Greci, Popolo il più culto, ed illuminato dell'Universo. Le danze non sono che un ornamento
accessorio, che si può collocare ad arbitrio, quando acconciamente si legano, e si conformano ad un suggetto favoloso.
La Favola può essere un campo tanto fertile per il Teatro Lirico, quanta I' istoria; anzi molto essa conviene ad un
genere, dove tutto si veste d’una una dolce illusione, e dove gli Eroi non parlando, che il linguaggio dell’armonia si
mostrano a noi per incantare I nostri sensi, ed il nostro spirito con la magia del diletto, e della musica. Le sventure di
Fedra, e di Dafne ci possono così intenerire insino al pianto, come quelle di Merope e di Dircea. Le lagrime e la gioia
degli Uomini, nelle quali di sovente si fa vedere la debolezza dell’umanità nostra, importa egli forse, che nascano in
noi più tosto dai tratti dell'Istoria, che della Favola in un Teatro dedicato ai nostri diporti? Bisognerebbe riprendere
Euripide, ed i più illustri Scrittori, che si sono appigliati a suggetti favolosi anche nelle tragedie istituite a render la
natura nel suo vero senza il fascino dell'armonia. Euripide si è ben avvisato: L' illustre Abate Metastasio non meno.
Noi vorremmo non esserci ingannati.
Mi è stato forza seguitare l’Autore dell’Opera franzese, Euripide, e l’immortale M.r Racine O' pianto, quando mi è
bisognato dipartirmi da quest'Uomo divino; ma la Musica, e la Pittura, amabili tiranne dei nostri Teatri, m’anno posto
nelle loro catene. Io tutta volta amo la Libertà; Ed il mio Genio, che non a giammai volute ricever leggi, le a di buon
grado ricevute in questa occasione, nella quale o dovuto in sei settimane adempiere quegli Ordini rispettabili, che anno
in così poco tempo prodotto il Poema, la Musica, e tutto lo spettacolo che si rappresenta fu queste Scene.

Potrebbero piacerti anche