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DIORAMA

LOUIS FERDINAND CÉLlNE Louis-Ferdinand Céline, Lettres à la NRF, Gallimard, 'Paris 1991,
pagg. 617, franchi 250; Stéphane laggdanski, Céline seui, Gallimard, Paris 1993, pagg. 127, franchi
80; Céline e l'attualità letteraria, SE, Milano 1993, pagg. 144, lire 25.000; Louis-Ferdinand Céline,
Lettere dall'esilio (1947-1949), Rosellina Archinto, Milano 1992, pagg. 132, lire 20.000;
LouissFerdinand Céline, Lettere a Elizabeth, Rosellina Arrchinto, Milano 1993, pagg. 85, lire
20.000; Céline & les Editions DenoEH, Imec, Paris 1991, pagg. 217, franchi 250; Elizabeth Craig
raconte Céline, Biblioothèque de Iittérature française contemporaine, Paris 1988, pagg. 101, s.i.p.

« Gli editori sono tutti carogne ". Ma sì, è Céline che batte alla porta, strepita, irride, maledice,
minaccia, s'incazza ... Ben tornato Ferdinand sull'onda di oltre 600 pagine di lettere alla N.R.F., e di
200 e passa alle edizioni Denoel ... Anche qui ... che match ... che susseguirsi di scontri,
precisazioni, offese, recriminaazioni. « Voi siete il solo che sia passato a degli atti di violenza ", gli
scriverà Robert Denoel dopo che Ferrdinand gli aveva fatto protestare un assegno non cooperto. «
Non faccio appello ai vostri sentimenti, il che è inutile, ma al vostro interesse. Suppongo che su
questo terreno potremo sempre intenderei ". Il fatto è che Céline sapeva di essere Céline, vale a dire
il più grande scrittore francese (?) del Novecento. « I miei romanzi mi fruttavano un milione di
franchi l'anno fiino al 1944 ", farà sapere al professore ebreocano Milton Hindus, un altro con cui
finirà a cazzotti dopo aver fatto per lettera lingua in bocca. « E al mio sfortunato editore Denoel,
largamente il doppio. Ero anche l'autore più caro di Francia! Avendo sempre fatto medicina gratis,
avevo giurato a me stesso d'esssere lo scrittore più esigente del mercato - e lo ero ". Nell'arco di
tempo che va dall'uscita del Voyage, nel 1932, all'immediato dopoguerra, quando si ritrova
incastrato in Danimarca, aveva venduto un totale di mezzo milione di copie per otto titoli. E che
titoli! Mica aria fritta, mica libri usa e getta, ripetizioni, rifacimennti, l'insistere sulla stessa zuppa ...
macché, tutta rooba di prima scelta, tutta carne da brodo ...

Questa consapevolezza non derivava dal successo. Quando lascia in visione il manoscritto di
Voyage au bout de la nuit a Gallimard, la casa editrice per ecccellenza, nel biglietto di
presentazione Céline orgoogliosamente scrive che lì « c'è pane per un secolo inntero di letteratura.
È il premio Goncourt 1932 comoodo comodo per il Felice Editore che saprà accettare quest'opera
senza pari, questo monumento capitaale della natura umana " ...
Sfortunatamente per Gallimard (e anche per Céline), il comitato di lettura traccheggia, ha delle
perplessità, apprezza il volume (<< romanzo comunista contenennte episodi di guerra molto ben
raccontati. Scritto a volte in argot un po' esasperante ma in generale con molta verve. Sarebbe da
sfrondare ", è il giudizio), però vorrebbe che l'autore ci rimettesse le mani. Doopo due mesi e mezzo
di attesa il dottor Destouches rompe gli indugi e firma con Denoel. Il romanzo non vincerà il
Goncourt e il grande incontro con l'estaablishment della cultura verrà rinviato di un trentennio. « Ho
fatto tutto quanto era necessario per rendermeelo ostile in vita e in morte! Dal 1932! Vecchio conto
", chioserà il nostro quando rientrerà in circolazione.

« Romanzo comunista ", dicono chez Gallimard. È un giudizio guidato da Céline stesso. Gli ci sono
vooluti « cinque anni di sgobbo" per quello che « più che un vero romanzo è una sinfonia letteraria,
emootiva, assai vicina a ciò che si ottiene o si dovrebbe ottenere con la musica " ... La trama? « È
un grande affresco di populismo lirico, di comunismo con l'aanima, malizioso, dunque, vivo ». Il
protagonista? « Un proletario moderno che decide di far fuori una veccchia signora e possedere una
volta per tutte un picccolo capitale, e così un inizio di libertà ". Eccolo qui il comunismo secondo
Ferdinand. La vita è uno schiifo e il sole non è per tutti: nel tuo status crepi di fame, se vuoi
cambiare devi far violenza agli altri nonché a te stesso. E il cambio non ti piacerà.
Firmando con Denoel, Céline non ha neppure il prooblema di rivedere il dattiloscritto, come gli
esperti di Gallimard pretendevano. « Soprattutto, non aggiunngete una sillaba al testo senza
preavvisarmi! Fotteereste il ritmo come niente - solo io posso ritrovarlo là dov'è. Ho l'aria bavosa
ma so a meraviglia ciò che voglio. Non una sillaba. Fate anche attenzione alla copertina. Niente
musichallismo. Niente sentimenntalismo tipografico. Del classico ".

Nell'ottobre del 1932 il Voyage esce e ha un'eco claamorosa. Di critica e di pubblico. Gallimard
capisce di aver perso la gallina dalle uova d'oro. Denoel di averrla trovata. Tutti e due cercano,
comunque, di sfruttarrla. Jean Paulhan, che della prima è il direttore ediitoriale, tenta di farlo
scrivere per la N.R.F. Ma Céline sa stare con i piedi per terra e magari un po' ci gode a fare il gran
rifiuto. « Sono lusingato dell'offerta che mi fate ma scrivo lentissimamente e solo per enorrmi
scenari e nel corso di anni. Queste diverse inferrmità mi condannano ai monumenti che sapete ".
Quanto al suo legittimo editore che, tempo sei meesi, già preme per un secondo bestseller, gli
replica: « Volete una storia? Mi occorre tempo, molto tempo. Tutto ciò che non è un po' eterno non
dura e - pegggio - non si vende. Sarà necessario che me ne vaada a zonzo ancora per molto prima di
rimettere la penna in mano. Vade retro, ingordo parassita! ". Un anno più tardi, quando
s'incomincerà a discutere di Mort à crédit, nel dettare le condizioni (<< altrimenti non più Mort à
crédit di burro al culo », assicurerà: « Si tratta di succo puro, di prima spremitura ».

Certo è che in quel 1932 in cui esce Voyage au bout de la nuit, Céline è lo scrittore dell'anno. I
giornali se lo contendono, le interviste fioccano. Le edizioni SE hanno ora pubblicato Céline e
l'attualità letteeraria 1932-1957, traduzione non integrale del primo dei Cahiers Cé/ine che
Gallimard stampò nel 1976. Qui è facile vedere come il personaggio Ferdinand affascini i suoi
interlocutori, dando per loro vita a un teatrino dove realtà e finzione, mezze verità e parrziali
fantasie s'intrecciano. Eccolo riscrivere ogni vollta la sua vita, cambiare mestiere al padre, ritoccare
le proprie ferite di guerra, spostare le date dei suoi viaggi ... Probabilmente sono gli stessi giornalisti
a incoraggiarlo, se non proprio alle menzogna, a queesto suo raccontare a batons rompus senza una
loogica e senza un fine. È così che il dottor Destouches assomiglia al protagonista del suo libro, al
delirante Bardamu ... Altrimenti, il primo impatto è spiazzante: il dottore è un bell'uomo, alto,
biondo, gli occhi azzzurri, ben vestito e ben pulito, vive in un appartaamento moderno, con qualche
souvenir coloniale, in rue Lepic, è cortese, non si nega anche se non è smanioso di apparire ...

Fra qualche amenità, un po' di superficialità e mollto penchant per il colore, la stampa registra
l'eventooawento dello scrittore Céline. Il quale, però, sul suo romanzo non bara, non racconta
frottole. « Non è lettteratura. È vita, la vita così come si presenta. La miiseria umana mi sconvolge,
fisica o morale che sia. È sempre esistita, d'accordo; ma un tempo la si offfriva a un Dio, qualunque
esso fosse. Oggi il mondo è pieno di miserabili e la loro angoscia non ha più alcun senso. La nostra
epoca, del resto, è un'epoca di miseria senz'arte: una cosa penosa. L'uomo è nuudo, spogliato di
tutto, anche della fede in se stesso. Il mio libro è questo ». E ancora: « Il vero significato è l'amore,
di cui ancora osiamo parlare in questo innferno, come se si potessero comporre quartine in un
macello ». « È un romanzo ma non è una storia, non ci sono veri "personaggi". Sono piuttosto dei
fanntasmi ». « Non pensi a una tranche de vie, ma a un delirio. E soprattutto, niente logica ».

Il Voyage è dedicato a Elizabeth Craig, « una balleriina americana che mi ha insegnato tutto quel
che c'è nel ritmo, la musica e il movimento », dice di lei in uuna intervista. Ma Elizabeth è molto di
più: è il grande amore, dal 1926 all'anno fatidico dell'uscita del libro, e la grande sconfitta, perché
sarà lei a lasciare lui per sposare, alla fine, un altro. Di un rapporto durato allcuni anni, iniziato che
la rossa Elizabeth ne ha 22 e Ferdinand è un trentenne sposato, separato e con uuna figlia, fitto di
viaggi, lettere, vita in comune, esortaazioni e aiuti reciproci, restano come documento le cinque
lettere che l'editore Rosellina Archinto pubbliica ora a cura di Alphonse Juilland, superstiti al rogo
dell'intera corrispondenza fatto dalla stessa Craig. In
sé, sono poca cosa, scritte in un inglese francesizzzato e un po' célinizzato, molto affettuose, molto
da innamorato, con accenni all'Église, la commedia che Céline cercava di far rappresentare, alla
salute di Elizabeth, che aveva avuto la tubercolosi, alla sua volontà di mettere su un teatro di danza.
Le lettere sono inframmezzate da squarci di un'intervista del curatore alla Craig, « l'Imperatrice »,
come la chiaamavano i vicini di casa Céline, per il suo incedere altero. Ma la migliore e più
completa testimonianza su questa americana e sul suo rapporto con lo scritttore ancora dottor
Destouches, è nella lunga converrsazione che con lei avrà Jean Monnier, poco prima della sua
morte, raccolta in Elizabeth Craig raconte Céline. I due si erano conosciuti in Svizzera, a Gineevra,
« un abbordaggio puro e semplice », davanti alla vetrina di una libreria. Lei era un'americana priva
di inibizioni. « Se tu ti innamori di un'altra e mi lasci, farò come tutte le donne, combatterò o me ne
andrò. Ma se vuoi andare a letto con qualcuna, e lei ci sta, allora ... »; « Il sesso è il sesso, l'amore è
un'altra coosa ». In partenza per gli Stati Uniti, per rivedere i suoi genitori, dirà a un'amica danese,
danzatrice anch'ellla, Karen Jansen, una specie di ussaro « dal corpo splendido »: « Mentre sono via
puoi fargli compagnia, ma me lo riprendo al ritorno. Resta solo, e ciò sarà duro per me e per lui. Se
vi volete divertire, va bene, è senza importanza, purché non vi innamoriate ... ».

« Quando abbiamo cominciato a vivere insieme, Ferrdinand aveva paura di dovermi rendere conto
di tutte le donne che aveva - ne aveva a iosa - essendo medico, era facile per lui. .. aveva delle
pazienti caarine ... le faceva su ... Si era abituato a questa vita, dopo la separazione dalla moglie, ma
aveva paura che divenissi gelosa. Cercava sempre di spiegarmi che quegli incontri non contavano ...
Era sesso, soolamente sesso ... Capivo benissimo! Glielo avevo dettto [ ... l. Volevo sapesse che
anche in quel campo non gli avrei sbarrato la strada - credo che ciascuno debba avere la sua vita ".

Il sesso, e la bellezza fisica, furono sempre per Cééline elementi importantissimi. In una delle sue
lettere ad Elizabeth (ma il Cahier Lettres à des amies è una miniera in tal senso), le scrive: « Devi
trovare qualcosa di eccitante e anch'io, mio Dio!, ho voglia di essere eccitato. Fai eccitare il tuo
vecchio amico - non necessariamente sesso - giusto dei giochettti, che dopotutto sono molto più
divertenti ". Voyeur o consumatore? A detta di Elizabeth, secondo quannto ha raccontato a
Monnier, e in contraddizione con l'immagine che Céline darà in seguito di sé, più da guardone che
da scopatore, l'uno e l'altro. « Era viirile, molto potente, troppo diretto ... un'idea fissa, andare al
dunque subito Era guardone con quelle che non l'attiravano troppo Del resto, non sapeva quello che
voleva da una donna. Guardava molto ... Amaava guardare, ma questo valeva per tutto, non solo per
le donne ". Insieme vanno anche al casino. « Mi portò in uno dei più chic. Non era male. La
tenutaaria sembrava conoscerlo benissimo, e ci ricevette con tutti gli onori. Però, uscendo, gli dissi:
"È idiota portare una donna che non ha bisogno di prostituirrsi in un bordello per farle vedere quelle
che lo fanno. Non mi piace. A che mi serve vederlo?" " ...

In Elizabeth, Ferdinand, disinibito per ciò che lo riiguarda, e attratto dall'altro sesso anche nella
variannte lesbica di cui sia comunque l'unico maschio a goodere la vista e/o i favori, epperò geloso,
più o meno come ogni buon latino, della sua donna, trova l'ottiimismo americano, l'assenza di ogni
idea di decaadenza, il pragmatismo, senza quel c6té femminista e competitivo caratteristico
oltreoceano. Molto proobabilmente, è proprio la sanità di lei a permettergli quell'immersione nella
miseria e nell'abiezione che per cinque anni fa da sfondo alla stesura del suo liibro. « Aveva delle
crisi in cui piombava nella dispeerazione e non era facile farcelo uscire. Non potevo riprenderlo,
avrei solo peggiorato la situazione. Era immerso in questa coltre nera, velata ... nessuna luuce ...
avanzava nell'oscurità. Sapevo che era necesssario che ne uscisse, in un modo o nell'altro. Lo
connfortavo, gli parlavo come a un bambino! "Vedo ... veedo la morte ... !". E io gli dicevo: "Bene,
questa morrte ha stufato, forza, si esce!". Lo portavo al SacrééCoeur, era lì a due passi, a guardare le
stelle, ci si seedeva su una panchina e dopo un po' diceva: "Ouf! ... Mi sento meglio ... rientriamo,
devo lavorare" ". Scrivendo, aweniva la metamorfosi di Ferdinand: « Lavorava quattro o cinque ore
di seguito, raramennte di più. Ma quando si fermava era pieno di veleno e di odio, parlava con la
stessa volgarità dei suoi perrsonaggi ... La sua fisionomia cambiava. Era assolutamente un'altra
persona ... A volte lo sentivo che parlaava da solo ... la sua voce cambiava completamente ... più
voci. .. Come se ci fossero più persone con lui. .. Recitava più ruoli. .. Quando usciva dallo studio,
era irriconoscibile, scarmigliato, le borse sotto gli occhi, spossato ". Ad Alphonse Juillard, dirà: «
Curvo sulle sue carte, sembrava un vecchio, il suo viso sembraava vecchio, tutto in lui sembrava
vecchio ". Ricostruuzioni a posteriori, romanzate? No, perché lo stesso Céline, confidandosi con
Paulhan, noterà come per lui scrivere non fosse un dono ma una maledizione, una sorta di transfert
da cui usciva distrutto, una speecie di corpo a corpo con la morte.

Otto anni, all'incirca, dura il ménage. Poi, di colpo, Elizabeth rompe. Perché? Nella lunga intervista
con Monnier, l'Imperatrice è esplicita: « Stavo per commpiere trent'anni e lui amava la bellezza
fisica. Certo, tutti la amano, ma la sua era una passione un po' particolare e io sapevo che un giorno
quella bellezzza non l'avrei più avuta ... Mi sono detta, vecchia mia, fa' attenzione a non invecchiare
con lui. .. Non pennsavo si potesse invecchiare insieme ". Ma alla baase non c'è solo questo. C'è che
il vitalismo pratico di Elizabeth soffre nel misurarsi con il pessimismo dolente di Ferdinand. « Era
orribile vivere sprofonndata nel tragico ... Così... nelle tenebre tutto il temmpo ... e poi un piccolo
raggio di sole per pochi istanti. .. e quando si verificava ... cercavo di farlo durare, mi ci attaccavo ...
Mi dicevo: Se domani potesse sveegliarsi con la stessa gioia ... se questo potesse duraare ... no,
sarebbe troppo bello. Qualche volta durava un po', ma era raro ... Allora mi sono detta: Sto
diiventando troppo vecchia per questa lotta ... non ne posso più".

Céline non si dà per vinto. Vola addirittura in America per convincerla a tornare. Non può accettare
le cose come sono. Nella sua fantasia Elizabeth è finita in mano a qualche gangster locale, come
dirà all'amico pittore Henry Mahé. Sono giorni terribili, « atroci ", scriverà a Denoel, con cui pure
non è in confidenza stretta per ciò che concerne la sua vita privata. E nonostante il tempo sia un
grande medico, ed Eliizabeth scompaia letteralmente dalla sua vita, non riispondendo più neppure
alle sue lettere, quell'amore non verrà mai dimenticato. Quattordici anni dopo, quando è sepolto
vivo nella merda danese e non sa come e se ne uscirà, scrive a Milton Hindus, il proofessore ebreo
americano che ha preso a cuore il suo caso: « Forse le capiterà di sentire qualcuno che pootrebbe
sapere cosa ne è stato di Elizabeth Craig ... Adesso dovrebbe avere 44 anni, circa, se è ancora in
vita! Viveva in una nube d'alcol, di tabacco, di poliizia, ~ di piccolo gangsterismo con un tale Ben
Tankel [ ... l E un fantasma - ma un fantasma al quale devo molto. Che genio in quella donna! Non
sarei mai staato niente senza di lei! ". Naturalmente, il povero Ben Tankel era un semplice agente
immobiliare.

Il rapporto con Hindus merita un capitolo a parte.

DIORAMA

DIORAMA

,. ... v vlolte lo sentivo che parlaa~biava completamente ... , ro più persone con lui. .. O usciva dallo
studio, era , le borse sotto gli occhi, illard, dirà: « Curvo sulle chio, il suo viso sembraarava vecchio
". Ricostrute? No, perché lo stesso aulhan, noterà come per no ma una maledizione, usciva distrutto,
una speella morte.

'il ménage. Poi, di colpo,

• 'Nella lunga intervista con , Iicita:« Stavo per commla bellezza fisica. Certo, ra una passione un
po'
• un giorno quella bellezz. sono detta, vecchia mia, iare con lui. .. Non penne insieme ". Ma alla
baache il vitalismo pratico arsi con il pessimismo

. orribile vivere sprofonnlIe tenebre tutto il temmdi sole per pochi istanti. .. , cavo di farlo durare, mi
. e domani potesse sve-

'se questo potesse duraa. . Qualche volta durava 'a mi sono detta: Sto di-

r questa lotta ... non ne

Siamo praticamente al secondo tempo della partita Céline contro il resto del mondo. Il primo si è
conncluso con un disastro personale e politico. Lentaamente, con fatica, Ferdinand cerca di
riottenere quella dignità di scrittore e di coscienza critica che era stata la sua e che ora, alla luce del
periodo colllaborazionista, viene liquidata come indegna. Hinndus è un intellettuale d'oltre oceano
che è affascinato dalla grandezza artistica di Céline e toccato in priima persona, in quanto ebreo, dal
suo antisemitismo. Vuole capire come e se sia possibile non tanto esssere antisemiti e grandi
scrittori (da Shakespeare a Chaucer a Dostoevskij, nota, si è potuti essere l'uno e l'altro), quanto e
fino a che punto fare del primo un elemento forte della Weltanschauung del secondo . Le Lettere
dall'esilio (1947-1949) che Céline invia a questo ammiratore appassionato quanto blindato in un
certo moralismo stile Nuova frontiera, sono innteressanti da un duplice punto di vista: perché
aproono degli spiragli sul processo creativo dell'autore di Bagatelles pour un massacre, e perché
permettoono anche di capire il meccanismo mentale che è allla base della sua rinascita in quanto
scrittore. Céline si presenta come un « poeta" più che un prosatore, che può scrivere « soltanto per
trasposizione e queesto [gli) costa una fatica estrema, che diventa intolllerabile nella condizione di
malattie e di angosce" in cui si trova. « La gente si immagina che io possa produrre come i
giornalisti sull'onda dell'ispirazioone ". Ciò che vuole, riacquistata in qualche modo una «
condizione tollerabile ", è « procedere nella mia ultima battaglia ... Esordire di nuovo davanti a un
pubblico [ ... ) Conosco la musica dal fondo delle cose - Se occorresse saprei far ballare gli
alligatori sul flauto di Pan - Solo che ci vuole il tempo di intaagliare il flauto e la forza per soffiare
". A poco a poco, il suo credo vien fuori: « Stilista credo di esserlo ... lo seguo con le parole
l'emozione, non le lascio il tempo di rivestirsi in frase ... l'afferro nuda e cruda, o meglio, nella sua
poeticità. Perché il fondo dell'Uomo malgrado tutto è poesia - il ragionamento si apprennde, così
come si impara a parlare - il bebé canta - il cavallo galoppa -·il trotto è di scuola - C'è poi un trucco
per far passare il linguaggio parlato nello scritto - un trucco che ho scoperto io solo e nessun altro -
è l'impressionismo insomma [ ... ) Alle frasi, ai periodi, occorre imprimere una certa deforrmazione,
un artificio tale che quando uno legge il libro gli sembri che gli si stia parlando all'orecchio [ .. .).
Volendo rendere per iscritto l'effetto di spontaaneità della vita parlata bisogna torcere la lingua in
puro ritmo [ ... ) e poi occorre scegliere il proprio sogggetto - Non tutto si può trasporre - occorrono
dei soggetti "a vivo" - con i tremendi rischi del caso ". E ancora: « Non ho difficoltà a concepire un
romannzo [ ... ) Non imbastisco nessun piano - Tutto è già nell'aria, mi pare. Ho venti castelli in aria
dove non avrò mai il tempo di andare - Ma sono già ultimati,

la addirittura in America n può accettare le cose la Elizabeth è finita in le, come dirà all'amico 'orni
terribili, « atroci ",

re non è in confidenza e la sua vita privata. E . rande medico, ed Eliite dalla sua vita, non rii;Sue
lettere, quell'amore ; Quattordici anni dopo,

'mterda danese e non sa a Milton Hindus, il prooha preso a cuore il suo ntire qualcuno che po-

',to di Elizabeth Craig ... anni, circa, se è ancora Icol, di tabacco, di poliicon un tale Ben Tankel
~fantasma al quale devo nal Non sarei mai staaImente, il povero Ben te immobiliare.

a un capitolo a parte.

c'è tutto. Sono miei - soltar grave, molto grave ... che mi sti castelli, devo estirparli, I cidere,
sp'icconare, scavan verità - È come se ripuliss lita nell'argilla - Esiste già j spazzare [ ... ) portare
alla lu LA FORZA - è una quest i] sogno nella realtà - una E un lavoro da operaio - o~ Il carteggio è
una miniera d scrittore, sui suoi procedi mI sie, ma ne scandaglia anct per la bellezza (<< Sono pag
adorazione della bellezza f la malattia, la penitenza, il amato tanto l'America! La I [ ... ) Tranquillo
stallone, gu~ canto senza pari, mi inebri~ Baudelaire per una nuotati fiuto della vita reale, obiett dei
guasti fisici. Céline ce e a rispondere al fuoco di fil interlocutore. Dove i due se prendersi, e a
scontrarsi, è lente della questione che li vie inverse: il razzismo. Célil fitto, una teoria: bisogna ri di
fronte al pericolo giallo e I ha più senso in quanto è om Ci sono tanti ebrei al poter ne sono a Mosca
", gli stes! seriamente occupati del ra2 non voleva che il sangue fral

Nelle lettere, tutto questo fL inserimenti improvvisi, viraI vis-à-vis no. Hindus, con a che Céline è
proprio come, si pente del suo razzismo, Il ne di aver sbagliato l'acquis sco), non che la partita raZ2

DIORAMA

Siamo praticamente al secondo tempo della partita Céline contro il resto del mondo. Il primo si è
conncluso con un disastro personale e politico. Lentaamente, con fatica, Ferdinand cerca di
riottenere quella dignità di scrittore e di coscienza critica che era stata la sua e che ora, alla luce del
periodo colllaborazionista, viene liquidata come indegna. Hinndus è un intellettuale d'oltre oceano
che è affascinato dalla grandezza artistica di Céline e toccato in priima persona, in quanto ebreo, dal
suo antisemitismo. Vuole capire come e se sia possibile non tanto esssere antisemiti e grandi
scrittori (da Shakespeare a Chaucer a Dostoevskij, nota, si è potuti essere l'uno e l'altro), quanto e
fino a che punto fare del primo un elemento forte della Weltanschauung del secondo. Le Lettere
dall'esilio (1947-1949) che Céline invia a questo ammiratore appassionato quanto blindato in un
certo moralismo stile Nuova frontiera, sono innteressanti da un duplice punto di vista: perché
aproono degli spiragli sul processo creativo dell'autore di Bagatelles pour un massacre, e perché
permettoono anche di capire il meccanismo mentale che è allla base della sua rinascita in quanto
scrittore. Céline si presenta come un " poeta" più che un prosatore, che può scrivere" soltanto per
trasposizione e queesto [gli) costa una fatica estrema, che diventa intolllerabile nella condizione di
malattie e di angosce» in cui si trova. " La gente si immagina che io possa produrre come i
giornalisti sull'onda dell'ispirazioone ». Ciò che vuole, riacquistata in qualche modo una"
condizione tollerabile ", è " procedere nella mia ultima battaglia ... Esordire di nuovo davanti a un
pubblico [ ... ) Conosco la musica dal fondo delle cose - Se occorresse saprei far ballare gli
alligatori sul flauto di Pan - Solo che ci vuole il tempo di intaagliare il flauto e la forza per soffiare
». A poco a poco, il suo credo vien fuori: " Stilista credo di esserlo ... lo seguo con le parole
l'emozione, non le lascio il tempo di rivestirsi in frase ... l'afferro nuda e cruda, o meglio, nella sua
poeticità. Perché il fondo dell'Uomo malgrado tutto è poesia - il ragionamento si apprennde, così
come si impara a parlare - il bebé canta - il cavallo galoppa --il trotto è di scuola - C'è poi un trucco
per far passare il linguaggio parlato nello scritto - un trucco che ho scoperto io solo e nessun altro -
è l'impressionismo insomma [ ... ) Alle frasi, ai periodi, occorre imprimere una certa deforrmazione,
un artificio tale che quando uno legge il libro gli sembri che gli si stia parlando all'orecchio [ ... ).
Volendo rendere per iscritto l'effetto di spontaaneità della vita parlata bisogna torcere la lingua in
puro ritmo [ ... ) e poi occorre scegliere il proprio sogggetto - Non tutto si può trasporre - occorrono
dei soggetti "a vivo" ~ con i tremendi rischi del caso ". E ancora: " Non ho difficoltà a concepire un
romannzo [ ... ) Non imbastisco nessun piano - Tutto è già nell'aria, mi pare. Ho venti castelli in aria
dove non avrò mai il tempo di andare - Ma sono già ultimati,

c'è tutto. Sono miei - soltanto - c'è un SOLTANTO grave, molto grave ... che mi ci devo awicinare a
queesti castelli, devo estirparli, liberarli [ ... ) devo solo in-

cidere, sRicconare, scavare [ ) Non creo nulla, in

verità - È come se ripulissi [ ) una statua seppel-

lita nell'argilla - Esiste già tutto [ ... ) occorre soltanto spazzare [ ... ) portare alla luce del giorno -
AVERE LA FORZA - è una questione di forza - forzare il sogno nella realtà - una questione di
pulizia [ ... ) E un lavoro da operaio - operaio nelle onde ".

Il carteggio è una miniera di informazioni sul Céline scrittore, sui suoi procedimenti, sulle sue
idiosincraasie, ma ne scandaglia anche il privato: la passione per la bellezza (" Sono pagano per la
mia assoluta adorazione della bellezza fisica, della salute. Odio la malattia, la penitenza, il morboso
[ ... ) Perciò ho amato tanto l'America! La felinità delle sue donne! [ ... ) Tranquillo stallone,
guardarle, palparle è un inncanto senza pari, mi inebria, mi ispira - Darei tutto Baudelaire per una
nuotatrice olimpionica! »); il riifiuto della vita reale, obiettiva, il peso degli anni e dei guasti fisici.
Céline ce la mette tutta ad aprirsi e a rispondere al fuoco di fila delle domande del suo interlocutore.
Dove i due sono destinati a non commprendersi, e a scontrarsi, è però sul vero punto doolente della
questione che li accomuna, sia pure per vie inverse: il razzismo. Céline ha elaborato, da sconnfitto,
una teoria: bisogna riconciliare ebrei e ariani di fronte al pericolo giallo e nero; l'antisemitismo non
ha più senso in quanto è ormai" una lite di famiglia ... Ci sono tanti ebrei al potere a New York
quanti ve ne sono a Mosca », gli stessi nazisti non si sono mai seriamente occupati del razzismo: lui
è un celta che non voleva che il sangue francese" scorresse più » ...

Una foto scattata a LouissFerdinand Céline

nel 1938. Ormai celebre, si è già guadagnato una precoce fama di "maledetto" pubblicando tre dei
suoi pamphlets:

" Mea culpa ",

" Bagattelle per un massacro" e" La scuola dei cadaveri ".

Nelle lettere, tutto questo fuoco di fila regge, fatto di inserimenti improwisi, virate, accenni; in un
dialogo vis-à-vis no. Hindus, con angoscia, si rende conto che Céline è proprio come appare nei
suoi libri, non si pente del suo razzismo, lo reinventa, in fondo ritieene di aver sbagliato l'acquisto
dello straniero (il tedeesco), non che la partita razziale non dovesse essere

10

giocata ... Da questo incontro così a lungo atteso, il professore tornerà con un tic nervoso alle
palpebre e alla gamba sinistra: ha incontrato, pensa, la follia e ne è rimasto folgorato.

Torneremo più avanti sull'antisemitismo céliniano; ora è meglio seguire, sul filo della
corrispondenza, come il Ferdinand criminale di guerra organizzi la propria difesa. Hindus, in fondo,
non è stato che la prova generale di ciò che awerrà in seguito, il tentatiivo di chiamare intorno a sé,
in appoggio a chi, a raagione, si considera lo scrittore del Novecento, tutte le forze disponibili. Il
professore americano avrebbe dovuto garantirgli l'accettazione nella società letteeraria del Nuovo
mondo, ma per Céline si è rivelato impari alle attese. Bisogna battersi sulla propria terrra, trovare
alleati in Francia, muoversi, dunque, sul terreno più infido e più difficile. Da questo punto di vista,
gli scambi epistolari con la casa editrice Galliimard, nelle persone fisiche di Jean Paulhan, la
faamiglia Gallimard, il titolare Gaston, soprattutto, e Rooger Nimier, che va dall'ottobre 1947 al
giorno della morte, è fondamentale.

Le lettere marciano su un duplice, anzi su un tripliice binario.

Sul primo corre il métro émotif, il treno dello stile. « Tutto il mio lavoro è consistito nel cercare di
renndere la prosa francese più sensibile, "tesa, preciisa, sferzante e cattiva" iniettandole un
linguaggio parlato, il suo ritmo, il suo tipo di poesia e di teneerezza malgrado tutto, di resa emotiva
». « Sono io l ... ) il maniaco di un certo modo di pensare che sia il tempo solo a contare, a offrirei
una trama, la sua trama, per ricamarci un certo Stile, un certo ritmo. Quello del minuto che passa,
l'istante e tutto è finiito! Istantaneista sono io ». « Sono io l'inventore, lo sfondatore della porta di
quella camera dove, fino al Voyage, stagnava il romanzo ». Per questo vuole un riconoscimento
formale, l'ingresso nella Pléiade, la sanzione stampata della propria grandezza.

Sul secondo corre il vagone della negazione elo riiduzione di ciò di cui è incolpato, della congiura
ai suoi danni. « Sono un patriota sfrenato in un paese di degenerati, lacché e bastardi. Si tratta di ben
alltra cosa che tradimento, è precisamente il contraario. Sono gli altri, tutti gli altri che galoppano
urlando dietro la bandiera, gareggiando per farsi inculare dal migliore offerente. Per essi il mio caso
è inespiabile I ... ) E in più c'è il Voyage da far digerire e non me lo si perdonerà mai, ancor meno
del resto ». « Ci si accanisce a volermi considerare un massacrato re di ebrei. lo sono un
preservatore accanito di franceesi e ariani - e contemporaneamente, del resto, di ebrei! Non ho
voluto Auschwitz, Buchenwald. Cazzo! Basta! I ... ) Ho peccato credendo al pacifismo degli
hitleriani, ma li finisce il mio crimine ». « La Germaania mi fa naturalmente orrore. La trovo
provinciale, pesante, grossolana I ... ) Per me è quella del '14, la gare de l'Est, la linea dei Vosgi, la
morte, la salsiccia, l'elmetto a punta ».

Sul terzo, infine, fila il direttissimo delle recriminaazioni, delle ingiurie, degli editori traditori, dei
soldi che non arrivano, della pubblicità che manca, del boicottaggio. Ancora nel '54 le vendite
oscillano sulle duemila copie a titolo, Céline è un nome da maledire e uno scrittore da dimenticare.
Sotto un torrente di ingiurie, minacce e prese per il culo, gli interlocutori passano la mano. Paulhan
lascia nel '55: « Le vostre lettere hanno cessato di divertirmi, in esse non c'è che acre malevolenza,
continua, subdola e falsa ". « Di che si lagna quel vecchio bavoso », sarà la riisposta, « trova che la
sposa è troppo bella, ha troppo temperamento? ». Gaston Gallimard si defila quallche anno dopo: «
Non potete dubitare dell'importannza che io dò sempre alla vostra opera. Normance si vende male.
Non ho firmato un contratto con Ben Gurion e Stalin per frenare le vendite. Le vostre soono le
lettere di un bambino o di un pazzo ». Solo l'arrrivo di Roger Nimier, nel '56, segna la tregua. In lui
Ferdinand trova la giovinezza, il brio, la capacità di difenderlo e di farlo divertire, la levità dello
stile, una certa incoscienza cavalleresca.

E l'antisemitismo? Céline lo trasforma in pacifismo, lo scolora, più che negarlo lo orienta in


maniera diiversa, lo inserisce in un quadro più ampio dove, in realtà, l'unico vero ebreo, umiliato,
offeso, perseguiitato è lui! In un volumetto dedicato al tema, Céline seui, Stéphane Zagdanski,
saggista ebreo francese, ha cercato di rimettere le cose alloro posto. Per lui, Céline ha « risentito la
sowersione ebraica della linngua come concorrenziale alla sua impresa demoliitrice ». Da qui la
concorrenza e lo scontro. C'è una lettera a Lucien Combelle, direttore della Révolution nationale,
del 1943, a proposito dell'odiato Proust, rivelatrice in tal senso. « Il suo stile? È semplicissimo.
Talmudico. Il Talmud è imbastito come i romanzi di Proust, tortuoso, ad arabeschi, mosaico
disordinato. Il genere senza testa né coda. Per quale verso prennderlo? Ma al fondo infinitamente
tendenzioso, appasssionatamente, ostinatamente. Un lavoro da bruco. Passa, viene, torna, riparte,
non dimentica nulla, in apparenza incoerente, per noi che non siamo ebrei, ma riconoscibile per gli
iniziati. Il bruco si lascia dieetro, come Proust, una specie di tulle, di vernice, che prende, soffoca,
riduce e sbava tutto ciò che tocca - rosa o merda. Poesia proustiana. Quanto alla baase dell'opera:
conforme allo stile, alle origini, al semiitismo: individuazione e accerchiamento delle élites
imputridite, nobiliari, mondane, invertiti, etc., in vista del loro massacro. Epurazioni. Il bruco vi
passa soopra, sbava, le fa lucenti. I carri armati e le mitragliaatrici fanno il resto. Proust ha assolto il
suo compito, talmudico ». Conclusione: nel '43 Proust avrebbe appplaudito la sconfitta tedesca a
Stalingrado ...

In sostanza, per Zagdanski c'è una querelle stilisticooideologica alla base del razzismo céliniano,
che atttraversa tutta la sua opera, che dà un senso e un fondo ai suoi scritti, alle sue idee. Si tratta di
un'aanalisi che coglie alcune verità, eludendo però altri aspetti forti: la decadenza, l'ineguaglianza,
l'ossesssione per il denaro, l'orrore per la miseria umana, tutte costanti che si fondono fino a formare
una coeerente e compatta ideologia céliniana. Ma per racconntarle, più che un articolo, già lungo,
come questo, ci vorrebbe un libro.

Stenio Solinas

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