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ITALIANO: La letteratura durante il regime: Gabriele D'Annunzio.

Gabriele D'Annunzio (Pescara, 1863 – Gardone Riviera, Brescia 1938) nasce a Pescara (Abruzzo) da una famiglia
adagiata, compie studi liceali e compone fin da giovanissimo poesie; si trasferisce a Roma per compiere gli studi
universitari. Frequenta i salotti più esclusivi della città, e collabora come cronista di giornali e riviste; Nel 1897
viene eletto deputato nelle file dell’estrema destra, ha una vita sentimentale e passionale, famosa sarà la sua
relazione con Eleonora Duse (attrice); vive a Firenze per un periodo abbastanza lungo nella famosa villa detta
“Capponcina”. A un certo punto, assediato dai creditori, è costretto nel 1910 a scappare in Francia e la villa viene
messa all’asta.

Con lo scoppio della 1° guerra mondiale appoggia l’intervento dell’Italia a fianco dell’Intesa, compie atti audaci e
torna in Italia. Durante l’atterraggio ha un incidente nel quale perde un occhio, compie un volo su Vienna
buttando dall’aereo i volantini del tricolore. Alla fine della guerra prende con la forza la città di Fiume che il
trattato di pace (Versailles) non aveva assegnato all’Italia e proclama la repubblica del Carnaro (1919) ma l’anno
successivo il governo italiano lo costringe con l’esercito a sloggiare da Fiume. Dal 1920 inizia l’ultimo periodo
della sua vita, caratterizzato da ambigui rapporti con il fascismo. Si ritira a Gardone Riviera nella villa detta il
Vittoriale degli Italiani, che diventa un vero e proprio museo della sua vita. Muore nel 1938 per un’emorragia
cerebrale.

Gabriele D’Annunzio.

La poetica

Con d’Annunzio nasce in Italia il mito del superuomo: il mondo appartiene a pochi intelletti superiori, ne
consegue un disprezzo totale per le masse (aspetto decadente). L’amore per la violenza, il disprezzo del pericolo,
il dinamismo, l’eroismo sono le caratteristiche della vita del superuomo. Il culto della bellezza e dell’arte la massa
non può comprenderlo perché è un’espressione del singolo. Aristocratica è la concezione del mondo e della
storia, questa non la fanno le masse, ma i grandi uomini con le loro azioni e i pensieri; le masse subiscono e i
grandi uomini possono e debbono sfruttarle. Si dichiara anti-borghese nel senso che rinnega la concezione
politica della vita sociale, borghese equivale a fifone e codardo (concezione razzista). Diventa lo scrittore
preferito dell’alta società romana della quale condivise la moda ed esaltò i miti. D’Annunzio fissò i canoni
dell’estetismo: lo scopo della vita è la bellezza e la vita stessa è una forma di arte.

Raffinato, avventuroso, astratto, originale, aristocratico, anti-democratico attraverso i sensi percepisce la realtà
della vita, ricerca parole musicali che stimolino i sensi del lettore. I suoi rapporti con il fascismo si ruppero con
l’ascesa al potere di questo.
Opere

Romanzi: Le Vergini delle Rocce, Il Piacere, L’Innocente, Il Trionfo della Morte, Il Fuoco, Il Libro Segreto.

Poesie: L’Alcione

Opere Teatrali: Francesca da Rimini, La Figlia di Jorio.

STORIA: La vita al tempo del fascismo.

A partire dal 1922, per poco più di un ventennio gli Italiani vivono la dittatura fascista. Per la maggioranza ciò
significa cambiare modo di comportarsi, di vestirsi, di parlare, di riunirsi, di studiare. I fascisti vogliono che gli
Italiani imparino a diventare nazionalisti più marziali. Perciò non amano gli abiti borghesi ma preferiscono divise
e stivali. Bambini e ragazzi sono inquadrati in organizzazioni giovanili ed educati alla disciplina militare. Per i loro
giochi usano speciali moschetti finti. A quattro anni un bambino diventa "figlio della lupa" e indossa la sua prima
camicia nera, che è il simbolo più appariscente dei fascisti. A otto diventa "balilla" e a quattordici
"avanguardista".

Le ragazze, dopo essere state "figlie della lupa", sono organizzate prima nelle "piccole italiane" e poi nelle
"giovani italiane". A loro si richiedono soprattutto esibizioni ginniche. L'aspetto fisico del perfetto fascista
prevede il volto sbarbato e il corpo asciutto, mantenuto tale da una vita attiva e sportiva. il modo di camminare
deve dare l'impressione di sicurezza: i movimenti devono essere scattanti e veloci. Il fascista ha anche un proprio
modo di salutare: con braccio e mano tesa in avanti. E' il saluto romano, obbligatorio nelle circostanze ufficiali e
nelle parate. Il fascismo tenta di abolire l'uso della stretta di mano, ma senza successo. L'educazione fisica e lo
sport diventano un fenomeno di massa: tutti sono sollecitati a praticare l'attività fisica. Ogni sabato, il "sabato
fascista", ci si ritrova per fare sport, per mantenersi in forma, per dare sfoggio della propria abilità. I ragazzi
fanno volteggi, maneggiano il moschetto, si lanciano attraverso cerchi di fuoco. Le ragazze, in camicetta bianca e
gonna nera, fanno roteare cerchi, clave, bandiere e si esibiscono nella corsa e nel salto. La donna fascista ideale
deve avere un fisico prestante, essere moglie e madre di tanti figli e deve restare a casa per dedicarsi a loro.
Quella fascista è l'epoca delle grandi battaglie. La "battaglia del grano" per aumentare la produzione e ridurre le
importazioni. La "battaglia delle bonifiche" con la quale vari territori sono strappati all'acqua e alla malaria e
trasformati in campi coltivabili. La "battaglia demografica" per aumentare la popolazione secondo il concetto che
più figli vogliono dire più lavoratori e soprattutto più soldati. Per questo il matrimonio con molti figli è favorito in
tutti i modi. I padri di famiglia ricevono salari maggiori, le madri sono premiate con nastri, diplomi, medaglie
d'argento e d'oro. Essere celibi è un ostacolo alla carriera ed è un impedimento assoluto alla promozione per gli
impiegati dello Stato. Tutti gli uomini non sposati devono pagare una tassa sul celibato. Anche sui nomi e sulle
parole il fascismo ha da dire la sua. Gli Italiani sono invitati a far uso di termini nuovi, purché "genuinamente
italiani", in sostituzione di quelli di origine straniera o che sembrano tali. Tutto ciò che è straniero è infatti visto
come ostile, nemico, non patriottico. Anche a molti cognomi che terminano con una consonante viene aggiunta
una vocale finale. I bar si trasformano in "mescite" e i sandwich in "tramezzini". Il club di tennis diventa la
"consociazione della pallacorda", il tessuto di cachemire "casimiro", il film "filmo" e il taxi "tassametro". Il
fascismo non accetta la libertà di opinione e persegue tutti coloro che la praticano, esprimendo pensieri diversi
dal pensiero ufficiale. Non esiste nemmeno il voto segreto: alle elezioni ci si deve esprimere con un sì o con un
no alle proposte del governo scegliendo una scheda del "sì" che all'esterno è tricolore oppure una scheda del
"no" che è tutta bianca. L'aspetto più vistoso della violenza fascista contro gli oppositori si manifesta con le
famose manganellate e la costrizione a bere un'abbondante dose di olio di ricino. La polizia politica è attivissima
contro gli antifascisti che vengono giudicati e condannati da un tribunale speciale. Sono proibite le riunioni di più
di tre persone sia nei luoghi di lavoro che nei ritrovi pubblici. Numerosi sono i detenuti politici confinati in piccole
isole o in paesi lontani. Molti sono costretti a prendere la via dell'esilio e molti altri pagano con la vita la difesa
delle proprie idee.
Balilla durante una parata.

ED. FISICA: Le Olimpiadi di Anversa del 1920.

È un mondo ancora devastato dalla fine della Grande Guerra quello che saluta l’inizio delle Olimpiadi di Anversa
1920. L’influenza della Prima Guerra Mondiale è ancora molta, tanto da spingere all’esclusione dei Paesi sconfitti
(Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria e Turchia), mentre la Russia decide di non partecipare per motivi politici.
La scelta stessa di Anversa come sede dei Giochi non è casuale, poiché il Belgio è stato uno dei Paesi più colpiti
dalla guerra. Molte però sono le novità positive portate da questa edizione, a partire dal Giuramento Olimpico,
recitato per la prima volta dallo schermidore Victor Boin. Anche la bandiera olimpica ha i suoi natali ad Anversa
1920, insieme alla tradizione di liberare le colombe all’apertura dei Giochi come simbolo di pace. È questo
l’anno, oltre che della sorpresa Ugo Frigerio, dell’incredibile impresa di Nedo Nadi, portabandiera italiano e
unico schermidore nella storia delle Olimpiadi a vincere la medaglia d’oro in tutte e tre le armi (fioretto, spada e
sciabola). Ancora oggi è il detentore del record per il maggior numero di medaglie d’oro ottenute da uno
schermidore nella stessa Olimpiade. L’ottimo medagliere dell’Italia alle Olimpiadi di Anversa 1920 la proiettano
al settimo posto, con un totale di 23 medaglie divise in 13 ori, 5 argenti e 5 bronzi. Un netto miglioramento
rispetto all’11° posto ottenuto alle Olimpiadi di Stoccolma 1912. Il primo posto del medagliere andò agli Stati
Uniti, che con ben 41 ori su un totale di 95 medaglie staccò nettamente la seconda classificata Svezia (19 ori) e i
britannici terzi (15 ori).

foto di Nedo Nadi per le Olimpiadi di Anversa del 1920.


TECNOLOGIA: Il dirigibile, nuovo mezzo di trasporto.

Il primo dirigibile fu costruito nel 1852 dal francese Henri Giffard, era costituito da un involucro floscio a forma di
sigaro lungo 44 m ed era mosso da un'elica azionata da un motore a vapore. Nel primo decennio del ventesimo
secolo furono molti i paesi in cui vennero costruite aeronavi funzionanti il primo dirigibile italiano, di tipo
semirigido, fu progettato da Gaetano Arturo Crocco e collaudato nel 1908. Ricordiamo anche le eroiche imprese
dell'esploratore italiano Umberto Nobile che con i dirigibili semi-rigidi italiani Norge e Italia sorvolò
rispettivamente nel 1926 e nel 1929, il Polo Nord. A lungo rivale dell'aeroplano per la supremazia come veicolo
aereo negli anni '30 il dirigibile decadde rapidamente, soprattutto a causa di una serie di gravissimi incidenti,
l'ultimo (e determinante) dei quali distrusse proprio il più grande dirigibile mai costruito, il tedesco Hindenburg
(lungo 245 m): incendiatosi a Lakehurst (New York) il 7 maggio 1937 nell'urto contro il pilone d'atterraggio, causò
la morte di 36 persone delle 96 che aveva a bordo.

Durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1918) circa 300 dirigibili inglesi non rigidi protessero i convogli alleati
dagli attacchi dei sottomarini (U-boat). Non un solo vascello di superficie andò perduto in seguito agli attacchi
nemici quando era sotto la protezione dei dirigibili.

Durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) gli USA dispiegarono circa 140 dirigibili non rigidi per
proteggere i convogli costieri. Di nuovo nessun vascello di superficie così protetto venne affondato, e solo un
dirigibile andò perduto - i suoi motori erano andati in avaria e fu tirato giù (lentamente) da un U-boat che stava
attaccando. Dopo la guerra i dirigibili militari non rigidi continuarono ad essere sviluppati dalla Marina degli Stati
Uniti. Sono stati messi alla prova in una varietà di condizioni di combattimento simulato in tutte le stagioni, e si
sono comportati molto bene.

Attualmente, negli usi civili i dirigibili sono usati nella pubblicità, nelle riprese cinematografiche, nelle
osservazioni scientifiche e come supporto all'attività della polizia federale.

Il dirigibile Norge mentre sorvola il Polo.


GEOGRAFIA: Armenia attuale e genocidio del suo popolo.

L'Armenia si trova nel cuore della catena montuosa del Piccolo Caucaso, con cime che arrivano fino ai 4.000
metri e si alternano a vallate ed altopiani; la cima più alta del Paese è il Monte Aragats (4.090 m.), situato poche
decine di chilometri a nord-ovest della capitale Erevan.
Nel territorio armeno si trova anche un lago di notevoli dimensioni, situato a quasi 2.000 metri d'altezza,
il Sevan, che ha una superficie media di 1.276 Km², che varia sia per motivi legati all'uomo, che per la sua
posizione geografica, subisce infatti una forte evaporazione estiva; i bacini d'acqua dolce sono comunque
piuttosto frequenti, anche se i restanti laghi hanno un'area decisamente inferiore al Sevan.
Vista l'altezza media e l'orografia del Paese, con le catene montuose che bloccano gli influssi marini, il clima è
decisamente continentale, con inverni lunghi e rigidi ed estati più brevi, ma calde; le precipitazioni sono
piuttosto scarse, il paesaggio è quindi in gran parte quello tipico della steppa. L'Armenia è divisa in 10 province,
più il distretto speciale della capitale; il 64% della popolazione vive in aree urbane. Oltre 1/3 degli abitanti risiede
nella capitale Erevan (1.080.000 ab., 1.380.000 aggl. urbano), solo altre due città superano la soglia delle
cinquantamila unità, si tratta di Gyumri (114.000 ab.) e Vanadzor (78.500 ab.). Gli Armeni, un'etnia di origine
indoeuropea, sono il 98% della popolazione, le altre due comunità più numerose sono quella dei Curdi Yazidi
(1,3%) e quella dei Russi (0,5%); la religione di gran lunga più professata è quella apostolica armena (93%).
L'Armenia non è un Paese molto visitato, se escludiamo infatti gli armeni che vivono all'estero ed i turisti da
Georgia, Russia ed Iran i numeri sono piuttosto bassi, ma in crescita; le attrazioni principali sono legate
all'ambiente ed alle attività ad esso legate (escursionismo, alpinismo, sport invernali, ecc.), oltre alla presenza di
qualche sito di interesse religioso e storico.

Genocidio degli armeni

Tra il 23 e il 24 aprile 1915 i soldati dei "Giovani Turchi", il movimento nazionalista che aveva preso il potere nel
decadente Impero Ottomano, effettuarono a Costantinopoli (odierna Istanbul) i primi arresti di massa tra
intellettuali, giornalisti, politici e personaggi di spicco della comunità armena. Nei mesi successivi, i rastrellamenti
si allargarono a tutto l'Impero e i prigionieri vennero sospinti all'interno dell'Anatolia. In queste lunghissime
"marce della morte", uomini, donne e bambini vennero costretti a camminare per giorni senza cibo o acqua
sufficienti e in centinaia di migliaia perirono lungo il tragitto per sfinimento, malattie o fucilazioni sommarie. Nel
1915 il governo turco era impegnato nella Prima Guerra Mondiale al fianco degli Imperi Centrali (Germania e
Austria-Ungheria) ma lo sforzo bellico stava fiaccando una nazione che già da tempo versava in grandi difficoltà.
L'Impero Ottomano non era più la potenza splendente di un tempo e il nuovo corso nazionalista istituto dai
Giovani Turchi aveva bisogno di un capro espiatorio per risollevare l'orgoglio nazionale. Ai
tempi gran parte della popolazione armena viveva al confine con i possedimenti dell'Impero russo, in guerra con
gli ottomani, e alcuni gruppi di volontari armeni erano addirittura passati a combattere per lo Zar.
Tanto bastò alle autorità ottomane per ordinare l'arresto immediato di tutti i soldati armeni presenti
nell'esercito e dell'élite intellettuale. In pochi giorni si passò poi ai civili con il pretesto di allontanare i potenziali
traditori dai territori confinanti con il nemico. Secondo gli armeni, circa 2,5 milioni di persone morirono in quei
mesi, ma le autorità turche - che dopo la dissoluzione dell'Impero Ottomano hanno sempre trattato lo scomodo
argomento in modo controverso – fermano il conteggio a circa 200.000 deceduti. Al momento la cifra più diffusa
e accreditata si aggira intorno al 1,2 milioni di vittime. La Turchia però non ha mai accettato la definizione di
genocidio, affermando che arresti e deportazioni furono compiuti nel corso di operazioni militari volte a
proteggere la sicurezza nazionale. Ventinove nazioni - tra cui l'Italia - hanno invece riconosciuto "l'olocausto" del
popolo armeno.
Armenia, collocazione geografica.

corpi scheletrici di Armeni durante il “Genocidio degli Armeni”.

SCIENZE: Il concetto di "razza umana".

 I primi tentativi di classificare gli esseri umani tra diverse razze – all’epoca considerate una categoria scientifica
– risalgono al Settecento; tra le persone che si interessarono all’argomento ci furono Linneo, il naturalista
svedese che inventò la moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, e il filosofo Immanuel Kant. Già
all’epoca la principale caratteristica che veniva chiamata in causa per distinguere le diverse razze era il colore
della pelle. All’inizio dell’Ottocento alcuni studiosi arrivarono a ipotizzare che tra le razze non ci fosse una
completa interfertilità e che quindi esistessero più specie di esseri umani: già Charles Darwin contestò questa
idea, completamente infondata, come anche il concetto di razza. Ai suoi tempi c’era chi diceva che le razze erano
due, altri ne distinguevano fino a 63: queste divergenze nelle possibili classificazioni erano sintomo del fatto che
non ci sono caratteristiche precise che possono distinguere scientificamente diversi gruppi umani in modo
inequivocabile. In L’origine dell’uomo e la scelta in rapporto al sesso (1871) Darwin scrisse che le differenze tra le
razze, anche se vistose, sono irrilevanti, mentre è evidente che nelle caratteristiche importanti, comprese quelle
mentali, tutte le popolazioni del mondo sono simili. Per la genetica nella nostra specie esiste una sola razza:
quella umana. L’ uso della parola “razza” per classificare la specie umana è scientificamente scorretto e
completamente in disuso, si parla invece di etnia o popolazione. Le differenze tra le popolazioni di diverse aree
della terra sono dovute esclusivamente all’ evoluzione e quindi all’ adattamento al territorio in cui vivono. Il
colore della pelle, per esempio, dipende dalla minore o maggiore esposizione solare: chi ha pelle scura resiste
evidentemente di più ai raggi del sole di chi l’ ha chiara. Gli occhi lunghi e stretti degli eschimesi si giustificano
con la necessità di proteggerli dal riverbero del sole sulla neve e il loro naso è piccolo per evitare il congelamento
e così via. Le diversità fisiche tra le razze non dipendono da superiorità o inferiorità innate ma piuttosto del caldo
o dal freddo, dalla luce o dall’ ombra, dall’ umidità o dalla aridità dell’ ambiente.
Una popolazione è caratterizzata da tutti i caratteri di tutti gli individui che la compongono, a cui corrisponde un
insieme di geni detto POOL GENETICO. L’ identità di una popolazione è quindi dovuta al suo pool genetico:
tuttavia questo non rimane fisso e stabile per sempre, perché i singoli individui posso mescolarsi con individui di
altre popolazioni o subire mutazioni. E’ per ciò difficile stabilire dei limiti dei confini netti tra una popolazione e
quella vicina.

Spesso accade che persone che condividono una certa caratteristica, sia questa una particolare religione o
addirittura il tifo per una squadra di calcio, tendano a stare insieme e solidarizzare tra loro, escludendo gli altri.
Se questa caratteristica coinvolge molte persone queste possono arrivare a considerarsi oggettivamente migliori
delle altre, anche se questa convinzione non ha nessun fondamento reale. Portate esasperazione, queste idee e
il senso di apparteneza che ne deriva, sono alla base del razzismo, proprio come avvenne nell’ epoca fascista.

“manifesto della razza” del periodo fascista.

ARTE: Scuola elementare "E. De Amicis".

All’interno della campagna edilizia di tipo pubblico intrapresa dal governo fascista, le sedi scolastiche
rivestivano un ruolo decisivo soprattutto in ragione del fatto che la scuola veniva identificata come il
principale veicolo di formazione del cittadino fascista. Il fascismo cercò di dare agli italiani non soltanto
scuole funzionali ma anche decorose nell’aspetto che richiamassero la pulitezza delle forme
dell’architettura dell’impero romano. In linea con i dettami stilistici del movimento razionalista abbracciato
dal fascismo, alla scuola veniva richiesta una veste essenziale, scevra di ornamentazioni esteriori, senza
particolari architettonici, austera come un tempio, dove celebrare la gloria del regime e compierne la
missione pedagogica. In ogni caso risultava prioritario assicurare agli italiani sedi scolastiche salubri, in
grado di garantire il ricambio dell’aria, la luce e la pulizia delle aule. Il regolamento del 1939 per la
progettazione degli ambienti scolastici concepiva, dunque, l’edificio scolastico come un organismo
articolato e polifunzionale, composto da una serie di locali oltre alle aule, diversificati per destinazione
d’uso, adatti allo svolgimento delle attività didattica e di propaganda del regime.

L’edificio scolastico Edmondo De Amicis è sito in via XXIV Maggio n.° 93 accoglie la sola Scuola Primaria, in
una struttura austera e prestigiosa, imponente e monumentale, molto luminoso, con palestra, grande
cortile interno e aula magna di 160 mq dove ora si svolgono attività motorie, ludico-espressive e teatrali. L’
edificio fu progettato dall’ ingegnere Buttiglione e la cerimonia della posa della prima pietra si ebbe a fine
Agosto del 1930 il primo lotto fu terminato il 28 ottobre 1931. Collocata su due livelli, la Scuola Primaria
presenta volte alte e aspetti strutturali che rispettano tutti i dettami dell’ epoca secondo le normative del
regolamento del 1939. Le costruzioni infatti erano progettate per ospitare un numero di aule compreso tra
11 e 30 risultavano corredati di tutti gli spazi pensati ad uso didattico, differenziati per una specifica
destinazione d’uso. A parte le aule, il regolamento, infatti prevedeva che l’edificio disponesse della sala per
gli insegnanti, della biblioteca e del museo didattico, del gabinetto sanitario e dell’alloggio per il custode
con ingresso indipendente, della palestra per ginnastica coperta e comunicante con il corpo principale, con
annesso spogliatoio, servizi igienici, un locale per il deposito degli attrezzi ed un locale adeguato ai bisogni
della Gioventù Italiana del Littorio (G. I. L.), un salone per le riunioni, uno per le proiezioni
cinematografiche, un altro per le celebrazioni e così via. L’edificio, infatti, oltre agli impianti di
illuminazione, ventilazione, di riscaldamento, di scolo della acque, doveva prevederne anche uno sonoro,
collocato sia all’esterno che all’interno delle aule per segnalare l’inizio delle lezioni agli studenti e per
diramare le comunicazioni alla popolazione scolastica. Gli uffici di segreteria e dell’amministrazione
scolastica, occupa i locali centrali del piano terra unitamente ad alcune aule destinate allo svolgimento delle
attività scolastiche e ai laboratori didattici. Al primo piano e nei due corridoi laterali del piano terra trovano
spazio ambienti adattati per ulteriori aree laboratoriali, interventi educativi individualizzati o di piccolo
gruppo ed aule destinate ad accogliere i diversi gruppi-classe. I locali riservati per i bagni sono posizionati
alle due estremità dei corridoi del piano terra e del secondo livello. La palestra, distaccata dalla struttura
succitata, è posizionata nella parte opposta all’ingresso dell’edificio e, con esso, racchiude un ampio cortile
interno, destinato allo svago dei piccoli utenti o ad attività da svolgere all’aperto. Ogni aula, la cui superficie
doveva essere compresa tra i mq. 45 e i 60mq al fine di garantire uno spazio di 1 mq ad alunno, doveva
essere dotata, oltre che di lavagne alte circa 70cm, della radio con altoparlante, di finestre schermate e di
apposite prese di energia elettrica per beneficiare delle proiezioni fisse o cinematografiche. L’edificio
scolastico è a corpo doppio, “cioè costituito di due file di ambienti, in modo che si abbiano illuminazione ed
areazione direttamente dall’esterno”, evitando la formazione di cortili chiusi. Le aule, infatti, dovevano
essere esposte secondo un orientamento preciso al fine di garantire agli alunni seduti nei banchi
l’illuminazione proveniente da uno dei lati maggiori. Le norme del regolamento in generale miravano a
garantire la pulizia, la luce e l’aria salubre in tutti gli ambienti dell’edificio scolastico. Per quanto riguarda
l’aspetto esterno l’edifico è di solida costruzione, libero da ogni lato (ossia non collegato con altri
fabbricati), di bello aspetto, ma semplice, era infatti bandita ogni superflua decorazione, così nell’esterno
come nell’interno del fabbricato”.

Scuola elementare "E. De Amicis". Scuola elementare "E. De Amicis" in fase di costruzione

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