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Sulla paternità delle teorie della Relatività

Raffaele Santoro

27 settembre 2018

Sommario
In queste note verranno trattati alcuni punti riguardanti la pater-
nità della nascita e lo sviluppo delle teorie della Relatività. Nono-
stante queste siano quasi universalmente attribuite al genio solitario
di Albert Einstein, non mancano, di tanto in tanto, articoli o libri che
sostengono il contrario, che arrivano persino ad accusare A. Einstein
di plagio. Pertanto è necessario fare un po’ di chiarezza e mettere i
puntini sulle i. Quanto qui sostenuto è ripreso quasi totalmente da
due paragrafi di un mio libro1 .

1 Relatività Ristretta
Dopo le esperenze di Michelson e Morley della fine del diciottesimo secolo
(che non verificarono la legge di composizione classica delle velocità, nella
fattispecie della velocità della luce e di quella del moto orbitale della Terra
attorno al Sole), ci furono svariati tentativi, anche abbastanza artificiosi, per
dimostrare il risultato negativo ottenuto da Michelson e Morley.
La situazione era tale che restavano in piedi le seguenti conclusioni:

1. La velocità della luce è costante in tutti i sistemi di riferimento iner-


ziali, indipendentemente dallo stato di moto della sorgente e dell’os-
servatore.

2. Vale un principio di relatività per tutte le leggi della fisica.

3. Le trasformazioni di Galileo e le leggi di Newton del moto non sono


più valide (almeno quando studiamo fenomeni che avvengono con
velocità confrontabili con la velocità della luce nel vuoto).

4. Restano valide le equazioni di Maxwell dell’elettromagnetismo.

Si capisce bene, quindi, come la fisica agli inizi del XX secolo si tro-
vasse in una impasse da cui sembrava difficile venirne fuori. Ci furono dei
tentativi ingegnosi e coraggiosi per cercare di sbrogliare la matassa, spe-
cialmente ad opera di FitzGerald, Lorentz e di Poincaré. Questi ultimi due

1
fisici, infatti, grazie anche ad una notevole abilità matematica, riuscirono a
trovare le equazioni di trasformazione da un riferimento inerziale ad un al-
tro che rendessero covarianti, rispetto a queste trasformazioni, le equazioni
di Maxwell. Queste trasformazioni sono le trasformazioni di Lorentz (così
chiamate perché Lorentz le trovò prima di Poincaré, anche se prima di tutti
e due vennero scritte da W. Voigt nel 1887). In virtù di queste trasforma-
zioni Lorentz riuscì ad interpretare la sua ipotesi di contrazione delle lun-
ghezze e a predire pure la dilatazione dei tempi, introducendo un tempo
locale.
Solo che le idee di questi fisici non ebbero una spinta filosofica sufficien-
te che permettesse loro di chiarire più a fondo la fisica che c’era sotto e
legarono le loro teorie a fatti sperimentali particolari.
Questa spinta filosofica la dette A. Einstein: egli semplicemente chiarì il
concetto di spazio e di tempo, cercando di darne un significato fisico rea-
le, legato ai corpi e ai movimenti di questi (al contrario di Newton). Con
un’analisi minuziosa dei concetti di spazio e di tempo, Einstein riuscì a
formulare la teoria della relatività, senza fare riferimento all’esperienza di
Michelson e Morley (indipendentemente dal fatto che ne fosse a conoscen-
za o meno), riuscendo ad ottenere, con poca fatica matematica e con molta
chiarezza fisica, oltre ai risultati già ottenuti da W. Voigt, H. Lotentz e H.
Poincaré, altri ancora più brillanti che hanno condizionato non solo lo svi-
luppo della fisica, ma anche la stessa vita sociale e politica della società in
cui viviamo.
In sostanza Einstein è riuscito a vedere la foresta mentre gli altri fisici
si sono limitati a scoprire qualche dettaglio degli alberi presenti nella fo-
resta. Inoltre, mentre gli altri fisici si erano limitati a giustificare in qualche
modo i risultati di determinate esperienze, Einstein costruì una teoria euri-
stica che riusciva non solo a giustificare quei risultati ma anche a preveder-
ne tanti altri, che solo molti anni dopo sarebbero stati scoperti e confermati
sperimentalmente.
Per concludere con questi cenni sulla ’paternità’ della teoria della rela-
tività, lo stesso Lorentz (a proposito del tempo locale) ebbe a dire qualche
anno dopo il 1905:
...Io non pensai mai che questo tempo avesse niente a che fare con il
tempo reale. Questo tempo reale per me era ancora rappresentato dalla
più antica nozione classica di tempo assoluto, indipendente da ogni
sistema di riferimento. Esisteva per me un solo tempo vero: conside-
ravo la mia trasformazione del tempo solo come un’ipotesi di lavoro
euristico, di modo che la teoria della relatività è davvero solo opera di
Einstein.
E questo la dice lunga anche sull’influenza di H. Poincaré sulla Teoria della
Relatività, dal momento che quest’ultimo precisò meglio, specie nei suoi
aspetti più matematici, il punto di vista di H. Lorentz2 . Infine Lorentz in

2
un opuscoletto divulgativo dal titolo The Einstein Theory of Relativity -
A Concise Statement pubblicato negli USA nel 1920, così si esprime (pp.
61-63):
Credo che non sia impossibile che in futuro questa strada [quella del-
l’etere], per ora abbandonata, potrà essere di nuovo seguita con buoni
risultati, anche solo perché potrebbe condurre alla concezione di nuovi
test sperimentali. La teoria di Einstein non deve necessariamente im-
pedirci di farlo; solo che le idee sull’etere devono concordare con questa
teoria. Tuttavia, anche senza il colore e la chiarezza che le teorie del-
l’etere e altri modelli potrebbero darci, e soprattutto per la sobrietà che
deriva dalla loro assenza, il lavoro di Einstein resterà un monumento
della scienza; la sua teoria soddisfa pienamente la prima e fondamen-
tale richiesta che possiamo fare, quella di dedurre con esattezza e nei
minimi dettagli l’evoluzione di fenomeni da certi principi. Il fatto che
Einstein abbia scartato l’idea dell’etere è stata una circostanza fortu-
nata; se non l’avesse fatto probabilmente non sarebbe mai giunto all’i-
dea che è poi diventata il fondamento di tutte le sue ricerche. Grazie
ai suoi sforzi ed alla sua perseveranza – perché ebbe grandi difficoltà a
coronare i suoi tentativi – Einstein raggiunse i risultati che ho cercato
di schematizzare quando era ancora giovane;3
da cui si evincono due fatti fondamentali:
1. attribuiva la teoria della relatività ristretta ad Einstein;

2. lui credeva fermamente nella teoria dell’etere ed era convinto che,


alla fine, l’etere sarebbe rispuntato per rispondere ai risultati di nuove
esperienze.
Infine bisogna dire che nel 1905 Einstein viveva a Berna: qui gli orologi
della città erano tutti sincronizzati fra di loro fin dal 1892 e in tutta l’Europa
si sentiva la necessità di sincronizzare anche gli orologi in movimento (per
esempio sui treni) rispetto a quelli fermi.
All’Ufficio Brevetti di Berna, dove Einstein lavorava come impiegato di
terza classe prima e di seconda classe dopo, arrivavano continue richieste
di brevetti basati su fenomeni elettromagnetici. Le richieste erano analizza-
te innanzitutto da Einstein che, oltre che per dovere d’ufficio, assolveva il
suo compito con vera passione. E quindi anche questo suo lavoro, apparen-
temente secondario rispetto a quello di illustri cattedratici delle Università
più prestigiose, lo costringevano ad acuire l’ingegno e ad analizzare nei
minimi dettagli quanto veniva proposto da diversi ingegneri.
D’altra parte il suo lavoro lo costringeva a spaziare anche su altri capi-
toli importanti della fisica e della tecnica, come l’ottica e la termodinamica.
Questo spiega pure come nel 1905, definito l’annus mirabilis della fisica, non
per i lavori di qualche illustre professore universitario europeo o non, ma

3
per degli articoli pubblicati in quell’anno in diversi campi della fisica da uno
sconosciuto impiegato dell’Ufficio Brevetti di Berna. Articoli che segnarono
un punto di svolta in ciascuno dei campi affrontati e che avrebbero potuto
procurare al loro autore diversi premi Nobel4 .
Allora è inutile, come qualcuno fa, cercare di screditare Einstein5 , con
accuse infamanti o ridicole6 di diverso tipo per valorizzare il contributo di
Poincaré sulla Relatività Ristretta o di D. Hilbert sulla Relatività Genera-
le. Con tutta la buona volontà del mondo accademico ufficiale di allora
che all’inizio (1905) aveva completamente snobbato i lavori di Einstein per
prestare, invece, tutta l’attenzione ai lavori dei grandi professori Lorentz e
Poincaré come testimonia Max Born:
La celebre memoria di Einstein contenente i fondamenti della sua teo-
ria della relatività fu pubblicata nel 1905, nella stessa annata degli
«Annalen der Physik» in cui apparvero altri due suoi lavori d’im-
portanza storica: quello sull’ipotesi dei quanti di luce e quello sulla
teoria statistica del moto browniano. Ero allora studente a Gottinga,
dove seguii un seminario diretto dai matematici David Hilbert e Her-
mann Minkowski, dedicato all’elettrodinamica e all’ottica dei corpi in
movimento: lo stesso tema dal quale Einstein aveva preso l’avvio per
la sua teoria della relatività. Studiammo lavori di H.A. Lorentz, Henri
Poincaré, . . . , ma Einstein non fu mai menzionato. . . . Nel 1907-908,
tornato nella mia Breslavia, . . . mi unii ad un attivo gruppo di giovani
fisici, tra cui . . . , Fritz Reiche e Stanislaus Loria. . . . Quando par-
lai dei contributi di Minkowski al già ricordato seminario di Gottinga
. . . Reiche e Loria accennarono al saggio di Einstein e m’indussero a
studiarlo7 .
Quanto sostenuto da Born viene confermato in un articolo pubblicato nel
1908 da Minkowsky dal titolo "Le equazioni fondamentali per i processi elet-
tromagnetici nei corpi in movimento", ma presentato Gottinga il 21 dicembre
19078 . Nelle 47 (nella versione italiana) fittissime pagine piene di matema-
tica, Minkowsky parla in continuazione delle teorie di Lorentz. Solo in due
punti cita il lavoro fondamentale di Einstein del 1905 sull’elettrodinamica
dei corpi in movimento (relatività ristretta). Il primo nell’Introduzione a
pag. 155:
A. Einstein ha finora espresso nel modo più netto il fatto che questo
postulato [il principio di relatività] non è un’ipotesi artificiosa, ma
piuttosto un’interpretazione di tipo nuovo del concetto di tempo che si
impone attraverso i fenomeni.
Il secondo a pag. 166:
Al bisogno di accostarsi all’essenza di queste trasformazioni [le tra-
sformazioni di Lorentz] dal punto di vista fisico viene incontro l’ar-
ticolo di A. Einstein citato nell’Introduzione.

4
senza entrare nel merito (e nella trattazione) di questo lavoro, in quanto
Minkowsky continua imperturbato per altre 35 pagine di matematica a par-
lare dei lavori di Lorentz. Eppure Minkowski era stato professore di Ein-
stein a Zurigo. Evidentemente al lavoro di Einstein non ha dato molta im-
portanza soprattutto dal punto di vista matematico, anche se lo stesso Min-
kowski fornisce un’interpretazione geometrica in termini di spaziotempo
quadridimensionale delle trasformazioni di Lorentz che, ripetiamo, da Ein-
stein sono state dedotte in modo molto semplice dai suoi due principi (po-
stulati) di base della relatività ristretta, senza etere, senza ipotesi artificiosa
sulla contrazione della lunghezza per giustificare i risultati dell’esperienza
di Michelson-Morley.
Infine, nel 1906, il fisico Walter Kaufmann fece un’esperienza che sem-
brava mettere in discussione il principio di relatività di Lorentz-Poincaré-
Einstein.
Einstein snobbò completamente l’esperimento avendo una fiducia infi-
nita nella sua teoria.
Poincaré, che pure scrisse nello stesso anno la famosa memoria del 1906,
pubblicata sui Rendiconti del Circolo matematico di Palermo, fidandosi
dei risultati dell’esperienza di Kaufmann, commenta, invece: Il Principio
di Relatività non avrebbe dunque lo stesso valore rigoroso che saremmo tentati
di attribuirgli9 . Evidentemente Poincaré non aveva molta fiducia nella sua
Relatività.
Successivamente, con esperienze eseguite nel 1914 (Neumann) e nel
1916 (Guy e Lavanchy) i risultati di Kaufmann verranno rifiutati in quan-
to, nella strumentazione da lui usata, non era stato effettuato un vuoto
abbastanza spinto per lo studio del moto degli elettroni10 .
Per concludere sui contributi di Poincaré alla teoria della relatività ri-
stretta è utile prendere in considerazione una conferenza che Poincaré ten-
ne a Gottinga il 28 aprile 1909, su invito della Fondazione Wolfskehl. Nella
conferenza dal titolo La nuova meccanica ha parlato della sua nuova mecca-
nica basata su tre premesse (principio di relatività su cui, come già detto,
aveva una fiducia salterina, costanza della velocità della luce e contrazio-
ne delle lunghezze nella direzione del moto), e illustrato con dovizia di
particolari l’aumento della massa delle particelle con l’aumento della lo-
ro velocità (anche se sappiamo benissimo che la massa è un invariante
relativistico), naturalmente facendo riferimento all’etere! Infatti afferma:

Questa concezione della materia consente di spiegare facilmente perchè


la massa di un corpo aumenti con la velocità. . . ; dato che un qualun-
que corpo non è altro che un insieme di elettroni, sarà sufficiente dimo-
strarlo per questi ultimi. A questo scopo, osserviamo che un elettrone
isolato che si muova attraverso l’etere genera una corrente elettrica,
vale a dire un campo elettromagnetico. Questo campo corrisponde a
una certa quantità di energia, che è localizzata non nell’elettrone stes-

5
so, bensì nell’etere. Ogni variazione in modulo o in direzione della
velocità dell’elettrone modifica il campo e si traduce in una variazione
dell’energia elettromagnetica dell’etere.. . . L’inerzia dell’etere aumenta
con la velocità e il suo limite diventa infinito quando la velocità ten-
de alla velocità della luce. . . gli esperimenti di Kaufmann dimostrano
che la massa reale costante dell’elettrone è trascurabile rispetto alla
massa apparente e che si può quindi considerare nulla.. . . L’etere sol-
tanto oppone una resistenza al moto, tanto che si potrebbe dire: non
c’è materia, non ci sono che buchi dell’etere.11

Bisogna comunque dire che H. Poincaré fu un grandissimo matematico e,


quando applicava le sue abilità matematiche a teorie fisiche consolidate, fu
anche un fisico matematico brillante che diede contributi notevolissimi per
esempio al problema dei tre corpi ed alla meccanica celeste newtoniana. Ma
sui nuovi sviluppi della fisica rimase un uomo del diciannovesimo secolo,
imprigionato nella fumosa ed artificiosa ragnatela dell’etere.

2 Relatività Generale
Dopo i due articoli del 1905 sulla Relatività Ristretta, passarono ben 10 lun-
ghi anni di lavoro12 prima che Einstein avesse pronta la versione completa
della teoria della Relatività Generale, alla fine del 1915. In effetti ci furono
alcune tappe e verifiche intermedie prima della pubblicazione della versio-
ne definitiva e completa (in questo fu anche aiutato dal fatto che, a Berlino,
non aveva l’obbligo di insegnare e poteva dedicarsi quasi esclusivamente
alla ricerca). Vediamo quali sono le tappe principali:

• Nel 1907 scopre il principio di equivalenza.

• Nel 1911 scopre che l’incurvamento della luce in presenza di grosse


concentrazioni di massa può essere osservato dalla Terra durante le
eclissi totali di Sole e calcola, a questo scopo, un valore di 0.83”. Nel
contempo lancia un appello agli astronomi13 a fare una verifica spe-
rimentale delle sue previsioni, verifiche possibili solo quando e dove
si possono osservare tali eclissi.

• Nel 1913 e nel 1914 scrive a Zurigo due articoli, in collaborazione con
l’amico matematico M. Grossmann, con una rielaborazione matema-
tica di diversi articoli precedenti sulla relatività generale e sulla teoria
della gravitazione. La collaborazione con Grossmann ed il suo aiuto
sono serviti seriamente a colmare le lacune matematiche di Einstein,
dove il suo grande intuito fisico era insufficiente per dare risposte
concrete. E qui la differenza con I. Newton emerge con nitidezza, in
quanto quest’ultimo ha inventato la matematica (il calcolo differen-

6
ziale e integrale, senza andare troppo per il sottile) che gli serviva per
sviluppare le leggi della meccanica e la sua teoria della gravitazione.

• Nel 1915 calcola il valore corretto della precessione del perielio del-
l’orbita di Mercurio, valore che viene confermato anche dalle osserva-
zioni precise dell’astronomo tedesco E.F. Freudlich oltre che da pre-
cedenti osservazioni in proposito. Inoltre ritrova come caso partico-
lare (per campi gravitazionali deboli) la teoria della gravitazione di
Newton. Queste conferme sperimentali lo esaltano moltissimo e ha
la netta sensazione di essere sulla buona strada.

• Qualche mese prima, a giugno del 1915, tiene (su invito di D. Hilbert)
una serie di lezioni all’Università di Gottinga sulla relatività generale,
dopo le quali sostiene di aver convinto pienamente anche i matema-
tici David Hilbert e Felix Klein. Ma non tutto quello che ha sostenuto
in quell’occasione era corretto...

• Subito dopo scopre che nel calcolo effettuato nel 1911 sulla deflessio-
ne dei raggi di luce passanti in prossimità dei bordi del Sole durante
un’eclissi totale c’era un errore: il suo valore vero andava raddoppia-
to.

• Scambio epistolare con Hilbert sui progressi nella messa a punto de-
finitiva della teoria.

• Hilbert comunica ad Einstein di essere sulla buona strada ed invita


Einstein a Gottinga per il 20 novembre 1915 alla presentazione del-
le sue conclusioni. Einstein fa sapere che non ci sarà per motivi di
salute (in effetti era molto debilitato per il troppo lavoro degli ulti-
mi tempi, anche per non perdere la corsa con Hilbert che era molto
avvantaggiato per le sue competenze matematiche).

• Il 20 novembre 1915 Hilbert legge una memoria quasi completa sulla


relatività generale all’Accademia delle Scienze di Gottinga e fa perve-
nire una sintesi ad Einstein. In realtà, questa memoria sarà pubblicata
(dopo alcuni ritocchi e aggiunte) a marzo del 1916. Tra le aggiun-
te ci sono le equazioni del campo gravitazionale e l’ammissione che
la paternità completa della teoria spetta ad A. Einstein: «Le equazioni
differenziali della gravitazione ottenute mi sembrano in accordo con la ma-
gnifica teoria della relatività generale enunciata da Einstein nel suo ultimo
articolo»14 . La memoria di Hilbert era di natura prettamente matema-
tica, senza alcuna relazione con i risultati sperimentali. Inoltre Hilbert
pretendeva anche di aver unificato gravità, elettromagnetismo e l’in-
terazione di questa con la materia . . . risultato non raggiunto neanche
ai giorni nostri!

7
• Il 25 novembre del 1915 Einstein invia la sua memoria completa e de-
finitiva sulla Relatività Generale agli Annalen der Physik, dove verrà
pubblicata all’inizio del 1916. Sempre il 25 novembre (5 giorni do-
po la presentazione di Hilbert a Gottinga) presenta i suoi risultati
all’accademia di Berlino.

• Anche se inizialmente con qualche risultato incerto, la deviazione dei


raggi di luce, in prossimità di grandi masse, fu confermata più volte
a partire dal 1919 e con risultati sempre più precisi. Questo risultato
è la conferma più brillante della teoria della Relatività Generale, non
previsto dalla precedente teoria della gravitazione di Newton15 .

Note
1 Santoro R., La Relatività e la Fisica contemporanea - Dalle favole sui neutrini superlumi-
nali alla realtà delle onde gravitazionali, 2017, distribuito da Amazon. Paragrafi 1.7 e 3.4.
www.amazon.it/dp/1521011400
2 Una sintesi abbastanza corretta dei diversi contributi dati da Lorentz, Poincaré e Ein-

stein alla teoria della relatività è l’articolo di Olivier Darrigol, The Genesis of the Theory
of Relativity, Séminaire Poincaré, Vol. 1 (2005), pp. 1-22, facilmente accessibile in rete.
L’articolo così conclude:
Thus, Einstein was neither the first nor the last contributor to relativity theory. He
learned much by reading the best authors of his time, and he partly duplicated results
already obtained by Lorentz and Poincaré. Yet there is no doubt that his papers of
1905 marked a dramatic turn in our understanding of space, time, mass, and ener-
gy. His questioning of received ideas was most radical. His construction of alter-
native theories was most elegant, powerful, and durable. By rejecting the ether and
propounding a new chronogeometry, he prepared the ground for further intellectual
achievements, including general relativity and quantum theory.
Traduzione libera: Così Einstein non fu nè il primo nè l’ultimo a dare contributi sulla teoria
della relatività. Egli imparò molto dagli scritti dei migliori autori del suo tempo, ed in parte
ottenne risultati già trovati da Lorentz e Poincaré. Ma non c’è dubbio che i suoi articoli del
1905 segnarono una svolta drammatica nella nostra comprensione dello spazio, del tempo,
della massa e dell’energia. Il suo mettere in discussione idee preconcette fu più radicale.
La sua costruzione di teorie alternative è stata più elegante, potente e duratura. Rigettan-
do l’etere e proponendo una nuova cronogeometria preparò le basi per ulteriori conquiste
intellettuali, comprese la relatività generale e la meccanica quantistica.
3 Testo originale inglese: In my opinion it is not impossible that in the future this road, indeed

abandoned at present, will once more be followed with good results, if only because it can lead to the
thinking out of new experimental tests. Einstein’s theory-need not keep us from so doing; only the
ideas about the ether must accord with it. Nevertheless, even without the color and clearness that
the ether theories and the other models may be able to give, and even, we can feel it this way, just
because of the soberness induced by their absence, Einstein’s work, we may now positively expect,
will remain a monument of science; his theory entirely fulfills the first and principal demand that
we may make, that of deducing the course of phenomena from certain principles exactly and to the
smallest details. It was certainly fortunate that he himself put the ether in the background; if he had
not done so, he probably would never have come upon the idea that has been the foundation of all his
examinations. Thanks to his indefatigable exertions and perseverance, for he had great difficulties to
overcome in his attempts, Einstein has attained the results, which I have tried to sketch, while still
young;

8
4 Qualcuno ha avuto il premio Nobel per la Fisica per contributi marginali o che, in ogni
caso, non sono stati ricordati come elementi di svolta in qualunque settore della Fisica.
5 Per un certo periodo fiorirono anche trasmissioni televisive, libri e film che sostenevano

il contributo sostanziale della prima moglie di Einstein, Mileva Marić, all’elaborazione dela
teoria della Relatività Ristretta. Tutte le ’prove’ a sostegno di una simile tesi sono state
confutate puntigliosamente da diversi studiosi, in particolare da Allen Esterson. Sul sito
(in inglese) http://www.esterson.org/, si trovano i link di tutti i suoi articoli riguardanti
Mileva Marić. In particolare, la stessa moglie Mileva mai accennò ad una tale eventualità,
neanche nella corrispondenza con suo marito nei momenti più polemici, prima e dopo il
divorzio.
6 Tra i diversi contributi che ho letto a questo proposito mi piace citare il libro di Jean-

Paul Auffray, Einstein et Poincaré - Sur les traces de la rélativité, Le Pommier-Fayard, 1999.
L’autore amplifica al massimo alcuni passaggi a favore del suo autore preferito e sminuisce,
invece, i contributi di Einstein. Questo per la Relatività Ristretta. Per la Relatività Generale,
invece, pur di ingigantire il contributo di D. Hilbert (il più grande matematico allora vi-
vente, dopo la morte di Poincaré, avvenuta nel 1912), salta un passaggio fondamentale: nel
1914 fu proprio D. Hilbert ad invitare A. Einstein all’Università di Gottingen in Germania
(ospitandolo a casa sua) a tenere una serie di conferenze sulla relatività ristretta e su quella
generale, dopo essersi aggiornato sugli ultimi sviluppi della fisica con l’aiuto di un tutore
esterno. Ma fu lo stesso Hilbert a riconoscere ad Einstein la piena paternità della Relatività
Generale. Ma nonostante questo . . .
7 M. Born, Einstein-Born, Scienza e vita, Einaudi, Torino, 1973, pagg. 3-4.
8 L’articolo qui citato, in italiano con la traduzione dal tedesco di Salvatore Antoci, è con-

tenuto nel volume (curato dallo stesso Antoci): Quando la Fisica parlava tedesco (Alcune
memorie di un’epoca), pp. 154-200. Questo testo è molto utile in quanto fornisce la tradu-
zione in italiano di moltissimi lavori fondamentali (pubblicati in tedesco) sulla teoria della
relatività (ristretta e generale) e sulla nascita della meccanica quantistica.
9 H. Poincaré, Science et méthode, Flammarion, 1908, p. 258. Citato da G. Holton, L’imma-

gination scientifique, Gallimard, 1973, p. 155


10 ... il che ricorda il cavo coassiale non ben avvitato nell’esperimento Opera del 2011 al

CERN di Ginevra che avrebbe dimostrato la velocità superluminale dei neutrini e tutte le
panzane mediatiche sedicenti fisiche e/o filosofiche che ne seguirono!
11 Henri Poincaré, Geometria e caso. Scritti di Matematica e Fisica. A cura di Claudio Bartocci,

Boringhieri, 2013, p. 179.


12 A questo proposito, Einstein stesso scrisse:«Ma queste ricerche, piene di presentimenti, per-

seguite nell’ombra per lunghi anni, quell’ardente desiderio di raggiungere lo scopo, quelle alternanze
di fiducia e di stanchezza, quell’improvviso irrompere della verità luminosa, tutto questo insomma
non può essere veramente conosciuto che da colui che l’ha vissuto.» (A. Einstein, Come io vedo il
mondo, Newton Compton Editori, 1975, p. 115).
13 Il primo settembre 1911 invia, in tal senso, una lettera all’astronomo Erwin Finlay-

Freudlich in cui fa anche presente che la cosa non sarà facile.


14 Va precisato, tuttavia, che probabilmente Einstein abbia dato solo un’occhiata molto

distratta alla memoria di Hilbert per almeno due motivi: era molto concentrato sulla sua
teoria ed era fisicamente molto indebolito per il lavoro stressante degli ultimi anni.
15 All’inizio di un articolo inviato (su richiesta) alla rivista inglese The Times, Einstein nel

1919 scrive: ". . . È nel pieno rispetto delle grandi e gloriose tradizioni del lavoro scientifico del vostro
paese che eminenti scienziati hanno dedicato molto tempo e fatica, e le vostre istituzioni scientifiche
non hanno risparmiato spese, per verificare le implicazioni di una teoria che era stata perfezionata e
pubblicata durante la guerra nel paese dei vostri nemici. Anche se l’indagine dell’influenza del
campo gravitazionale del sole sui raggi di luce è una questione puramente oggettiva, non
posso trattenermi dall’esprimere i miei personali ringraziamenti ai miei colleghi inglesi per il loro
lavoro: perché senza di esso difficilmente avrei potuto vivere sino a vedere verificata la più impor-
tante implicazione della mia teoria". Tratto da A. Einstein, Pensieri, idee, opinioni, Newton
Compton Editori, 2015, p. 51. Neretto mio: Einstein ha piena fiducia nella sua teoria!

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