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[TÍTULO DEL

10-4-2020
DOCUMENTO]

Dopo aver visto l’intervista a Primo Levi, intitolata

“RITORNO AD AUSCHWITZ”

https://www.youtube.com/watch?v=ypjbsI5Py-k

rispondi alle seguenti domande:

1) Come definisce e che sensazioni provocano, nell’autore


 il treno merci: racconta che dà più impressione, nel momento che vedi un vagone merci,
o entri in uno di essi. Ti provoca una sensazione violenta, una sensazione di rifiuto. Aver
viaggiato 5 giorni in un vagone chiuso dice anche che è una esperienza che non si
dimentica mai.
 la lingua polacca: era una lingua incomprensibile, che li aveva accolti alla fine del
viaggio. Anche dice che non era lo stesso polacco dei civili che si ascoltavano nei
viaggi. Era un polacco, pieno di insulti che non si capiva. “Era la lingua infernale”
 Il carbone: ero un chimico capace di individuare la sostanza degli odori. (spiego
approfonditamente nella domanda seguente)

2) Quale odore caratterizza la Polonia secondo l’autore?


 L'ingresso nelle città polacche è caratterizzato da due odori specifici che sono assenti
in Italia: l'odore del malto tostato e l'odore acido del carbone che brucia. questo è
accaduto poiché era un paese minerario, dove il carbone è ovunque, in cui le case lo
usano come riscaldamento. mentre in inverno emana un odore nell'aria che non è
spiacevole, ma è l'odore dell'acido che brucia carbone, e per lui questo odore era il
campo

3) Quale pubblicità è fonte di riflessione per i detenuti del lager?


 gli autobus che portano i lavoratori polacchi al lavoro avevano una pubblicità che
diceva “beste zuppe, Knorr zuppe”, “la zuppa migliore era la zuppa Knorr”, e
produce qualcosa di molto strano vedere la pubblicità di una zuppa, come se
potessimo scegliere tra una zuppa meglio di un'altra.

4) Come facevano per calmare la sete durante il viaggio?

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 per ottenere un po’ 'd'acqua quello che hanno fatto è stato soffiare sui bulloni
dell'auto per sciogliere il primo gelo, e quindi ottenere una goccia d'acqua.

5) Per quale tipo di fabbrica ha lavorato l’autore nel campo di Monowitz?


 Lavoro in un campo con circa 10.000 persone. faceva parte di un'industria che
apparteneva all'I.G. Farbenindustriale, un'enorme fiducia chimica tedesca,
attualmente in rovina. Hanno dovuto costruire una nuova fabbrica di prodotti
chimici, su una superficie di 6 km. Questo campo doveva fornire manodopera non
qualificata. Era un chimico ed è per questo che lo hanno chiamato per andare a
lavorare in fabbrica chimica.

6) Cosa intende Primo Levi con l’espressione “morire di scarpe”


 le persone non possono adattarsi a tutto e muoiono. Levi fa un esempio con le
calzature, due scarpe sono state gettate nel bagagliaio, che erano diverse, per
esempio una aveva un tacco e l'altra no, una era più grande dell'altra ed era difficile
camminarci sopra. Inoltre, queste scarpe feriscono i tuoi piedi, causano infezioni e se
non guariscono ti mandavano nella camera a gas.

7) Qual è il ruolo della comunicazione nel lager?


 Racconta che la maggior parte dei deportati italiani morivano i primi giorni per non
aver capito la lingua, per non aver capito gli ordini che gli venivano dati. Non c'era
tolleranza in quei casi. Ti lo ripetevano due volte, se non lo capivi ti colpivano. Non
si capiva quando dovevano cambiare le scarpe, quando dovevano radersi la barba,
ecc.

8) Quale esempio linguistico fà l’autore per spiegare l’annullamento dei tratti umani dei
prigionieri?
 Nella lingua si rifletteva una condizione di animalità. in tedesco ci sono due verbi
per la parola "mangiare", uno è "essen" che significa "nutrire", come fa l'uomo ogni
giorno, l'altro è "fressen", cioè "divorare", come le bestie. Dice che sul campo hanno
usato il verbo "fressen", non "essen"
9) Dei 3 capitoli di “se questo è un uomo” letti finora, scegli la frase che ti ha colpito di più e
spiega perché scrivendo una tua riflessione.

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 “Soffriamo per la sete e il freddo: a tutte le fermate chiedevamo acqua a gran voce, o
almeno un pugno di neve, ma raramente fummo uditi; i soldati della scorta
allontanavano chi tentava di avvicinarsi al convoglio”
 Credo e so che è orribile avere sete. Io non posso immaginarlo. Loro per ottenere un
po’ 'd'acqua quello che hanno fatto è stato soffiare sui bulloni dell'auto per sciogliere
il primo gelo, e quindi ottenere una goccia d'acqua. Questa acqua era sporca,
ossidata, pero era l’unico che avevano. Anche il freddo è un fattore orribile. È
orribile che delle persone “ti aiutino” pero non lo permettano. Queste persone nos
hanno vita, non anno carisma, non posso immaginare come fanno quelle cose.

10) Cerca un’opera d’arte (pittura dell’‘800 e ‘900) che secondo te rappresenti le descrizioni dei
prigionieri, (del viaggio, dell’alienazione, la paura, la morte, il dolore, lo smarrimento) e
associa una citazione tratta dal testo di Primo Levi.

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Autore: David Olère, deportato dal 1943 al 1945, che inizia a disegnare nell’ultimo periodo di
prigionia raffigurando scenari di vita quotidiana ad Auschwitz-Birkenau, ma solo una volta tornato
dalla moglie quei disegni prima abbozzati diventano atti di testimonianza.

 “Avevamo deciso di trovarci, noi italiani, ogni domenica sera in un angolo del Lager; ma
abbiamo subito smesso, perché era troppo triste contarci, e trovarci ogni volta più pochi, e
più deformi, e più squallidi. Ed era così faticoso fare quei pochi passi: e poi, a ritrovarsi,
accadeva di ricordare e di pensare, ed era meglio non farlo.”
 “E infine, si sa che sono qui di passaggio, e fra qualche settimana non ne rimarrà che un
pugno di cenere in qualche campo non lontano, e su un registro un numero di matricola
spuntato. Benché inglobati e trascinati senza requie dalla folla innumerevole dei loro
consimili, essi soffrono e si trascinano in una opaca intima solitudine, e in solitudine
muoiono o scompaiono, senza lasciar traccia nella memoria di nessuno.”
 “Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per
esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi
profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare:
condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto
gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero,
non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo
trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi
quali eravamo, rimanga.”

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