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DIRETTORE RESPONSABILE
ORIZZONTE VERDE
GIANNI SPORTELLI
Rosmarino, rugiada del mare di Annalisa Bari pag. 12
REDAZIONE
RITA PERRONE GUST-ARTE
ANGELO SIRSI
Fischietti di terracotta, da suonare o da collezionare di Teresa Romano pag. 18
SEGRETERIA DI REDAZIONE
7TERRE Global Service PUGLIA DA GUSTARE
via Nino di Palma, 112 – 73012 Campi Sal.na (LE)
tel./fax 0832/793781
Lampascioni, preziosi bulbi selvatici di Federica Sgrazzutti pag. 26
e-mail info@7terre.it
PUGLIA DA GUSTARE
FOTO/ILLUSTRAZIONI
Mandorla di Toritto, varietà per intenditori di Federica Sgrazzutti pag. 34
ANGELO NITTI
SILVIO BURSOMANNO
MEDMARE
SI RINGRAZIA PER LE FOTO CONCESSE La palamita, un piccolo U-boot dei nostri mari di Sergio D’Oria pag. 44
PROFESSIONAL PHOTO VIDEO di S. Spagnolo
GIOVANNI ALBORE
ANGELO TRANI INCONTRI DI GUSTO
MOVIMENTO TURISMO PER IL VINO Christian Cordella di Alessandro Stajano pag. 52
PROGETTO E DIREZIONE ARTISTICA
MAURIZIO D’ANNA LE VIE DEL PANE
Le “sagne ‘ncannulate”, prodotto di una tradizione! di Sergio D’Oria pag. 58
IMPAGINAZIONE
RITA PERRONE
METE
STAMPA Antica Farmacia Provenzano, suggestivo tempio della salute di Sabrina Sansonetti pag. 64
EDITRICE SALENTINA - Galatina (Le)
METE
PUBBLICITÀ
REGIONE PUGLIA
Castellaneta, tra passato e presente la fierezza di una
Assessorato alle Risorse Agroalimentari civitas a lungo contesa e mai del tutto conquistata di Alessandro Stajano pag. 70
PROVINCIA DI LECCE
UNIONCAMERE BARI
PROVINCIA DI FOGGIA
ORIZZONTI FIORITI
Assessorato alle Risorse del Territorio Bocca di leone di Sabrina Sansonetti pag. 78
SI RINGRAZIA PER LA COLLABORAZIONE
EMILIA D’URSO Rappr. Produttori Mandorla Toritto PUGLIA MADRE
HOBBY FLORA - Lecce L’asino di Martina Franca di Alessandro Stajano pag. 84
LA BOTTEGA DELLA TERRACOTTA
Famiglia Moccia, Rutigliano
PASTA FRESCA SHOP di Durante Loredana BISBIGLI NEL VENTO
FAMIGLIA PROVENZANO Diciott’anni e due ali pronte per spiccare il volo di Vittorio Pio pag. 90
ANTONIO URSITTI - Regione Puglia
PESCHERIA PORTO CESAREO di Alessio Calasso
SEMERARO PANTALEO
RICETTE
Orecchiette con ragù di agnello e funghi cardoncelli pag. 10
I RISTORANTI SONO SEGNALATI DA Frittata di lampascioni e borragine pag. 32
SLOW FOOD PUGLIA
Piramide di croccante con mousse di latte di mandorle di Toritto pag. 42
TRADUZIONI
MARIA RITA MIGNONE Tartara di palamita pag. 50
Millenniums of history celebrates Apulian wine
Omero already told of this region as a place of “eternal spring”, with abundance of varieties of fine wines.
Grape is a very ancient plant present in a few areas of the planet for millenniums. It seems
it comes from an area covering Caucasus, Armenia, Near East. Among the various species
of the genus vitis, the most important was the vitis vinifera and the varieties grown in Apu-
lia today come from that plant.
In Europe there is a great concentration of vineyards with almost 80% of the world wine
production. Apulia occupies a respectable position in the Italian wine situation. Its 100,000
hectares of wineyards represent about 15% of the whole national viticultural heritage.
Wine marks the steps of the civilization in the Mediterranean area, growing constantly inter-
twined to history, myth, religion. The oldest evidences of wine have been uncovered in Egypt
and date to the fourth millennium B.C. In the second millennium B.C. grape cultivation
appeared along Southern Italy coasts where it was introduced by Mycenaean and Phoeni-
cian sailors.
Amphoras full of wine, cuttings for vineyards, pottery to serve wine make a long journey by
sea to come to our coasts. The legend tells that Diomed, Troy war hero, sailing the Adriatic
sea, sailed up Ofanto river, anchored his ship and planted some vine-shoot brought from his
land as a memory, in the virgin soil. The “Uva di Troia” variety (grapes from Troy) was ori-
Millenni di storia celebrano il vino di Puglia
di Gianni Sportelli
Già Omero parlava di questa regione come un luogo di “eterna primavera”, con un'abbondanza di varietà di vini raffinati.
La vite è una pianta antichissima che da millenni è presente in alcune zone del pianeta.
Pare che la pianta provenga da una regione compresa fra il Caucaso, l'Armenia e l'Asia mino-
re.
Tra le numerose specie del genere vitis, la più importante si rivelò la vitis vinifera alla quale
appartengono le varietà da frutto oggi coltivate in Puglia.
L'Europa è il continente di elezione dei vigneti con quasi l'80% della produzione mondiale di
vino. Nel panorama vinicolo italiano, poi, la Puglia occupa una posizione di tutto rispetto; con
i suoi centomila ettari di vigneto rappresenta circa il 15 % dell'intero patrimonio viticolo
nazionale.
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Il tema del vino segna in modo preciso le tappe della civiltà sorta attorno al bacino del Medi-
terraneo, intrecciandosi costantemente alla storia, al mito e alla religione. Le più antiche testi-
monianze sul vino si trovano in Egitto e sono risalenti al quarto millennio a.c.. Nel secondo
SCEGLIERE VINO
millennio a.c. la coltivazione della vite fece la sua comparsa lungo le coste dell'Italia Meridio-
nale, dove fu introdotta dai navigatori micenei e fenici che incrociavano lungo le rotte del
ginated this way and today it
is the base of many famous
Apulian wines. After centuries
the same waterways allowed
pilgrims and crusaders to go to
the Holy Land. Apulian was on
the main route to get the pla-
ces of Christianity. They left
North Italy, went through the
Appian way joining the ports
of Manfredonia, Brindisi and
Taranto to sail. In Apulia those
wayfarers found churches,
monasteries and accommoda-
tions giving them wine, food
and shelter for the night.
During the time of the Roman
Empire Apulia became a very
important centre of communi-
cation and it was a prosperous
period for grape cultivation
practised by the Greeks landed
on our shores. We can state
that wine has contributed to
the expansion of the Roman
Empire; it is not a chance that
every convivial moment has a toast as a natural starting point and in Italian it is called “brin-
disi”, that could even derive from the city of Brindisi, whose inns near the port hosted those
pilgrims travelling to the Holy Land. Evidence of the Apulian wine-growing and producing
tradition can be found in a coin of III century B.C, minted in Canosa, representing a wine
amphora on a face. With the fall of the Western Empire and the depopulation of the terri-
tory, wine production and trade began to decline. The diffusion of Islam banned the grape
cultivation. The wine-making practice was saved by monks and Jewish people who went
on producing wine for the respective liturgical purposes. After the year 1000 vineyards and
wine production were revived by agriculture renewal. After some century later wine became
protagonist of the consumptions and of western economy. Anyway all the populations gone
through Apulia such as Byzantines, Lombards, Normans, Swabians, Angevins, Aragonese,
Spaniards, Bourbons, French have been fascinated by wine. For centuries the vitis vinifera
sativa was grown in innumerable vines. By the half of nineteenth century the Fillossera was
accidentally introduced in Europe. This insect belonging to the aphid family came from
America and attacked the roots of the plants which died. It was a real destruction until it
was found out that the Fillossera did not attack the roots of American grapes which did not
produce the juicy and sugary bunches of grapes; from then on all the grapes replanted in
Europe are made of two parts: roots of American variety and the aerial part of European
grape, grafted on the old stocks when the vineyard is planted. When the Fillossera destro-
yed the French vineyards the demand of Apulian wine increased enormously. At the end of
IX century the whole Apulia was a vast and uniform stretch of vines with red berries and stret-
Mediterraneo. Le anfore piene di vino, le talee per impiantare vigneti, il vasellame per servire
il vino stesso compiono un lungo viaggio via mare per giungere sulle nostre coste. Secondo
la leggenda fu il guerriero greco Diomede, eroe nella guerra di Troia, che navigando nel mare
Adriatico risalì il fiume Ofanto, ancorò la sua nave e piantò nel terreno vergine qualche tral-
cio di vite portato dalla sua terra come ricordo. Ebbe così origine la varietà “Uva di Troia” che
ancora oggi è alla base dei tanti rinomati vini pugliesi. Dopo secoli quelle stesse vie d'acqua
consentirono a pellegrini e crociati di recarsi in Terra Santa. La Puglia era sulla rotta principa-
le per raggiungere i luoghi della cristianità. Partivano dal Settentrione, attraversavano la peni-
sola e, seguendo la via Appia, raggiungevano i porti di Manfredonia, Brindisi e Taranto per
imbarcarsi. Questi viandanti trovavano in Puglia chiese, monasteri e strutture di accoglienza
che assicuravano loro vino, pane ed un rifugio per la notte. Durante l'impero romano la Puglia
divenne un centro di comunicazione molto importante; fu quello un periodo florido per la
coltivazione della vite praticata dai Greci approdati sulle nostre coste. Non si esagera quando
si afferma che il vino ha contribuito non poco all'espansione dell'impero romano; non è un
caso che ogni momento di convivialità abbia come naturale punto di partenza il brindisi, ter-
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mine che potrebbe derivare dalla città di Brindisi, le cui taverne presso il porto avevano spes-
so come ospiti i pellegrini in viaggio per la Terra Santa. Si ha traccia della tradizione vitivini-
cola pugliese in una moneta del terzo secolo a.C., coniata a Canosa, che raffigura su una fac- SCEGLIERE VINO
cia un'anfora vinaria. Con la caduta dell'impero d'Occidente e lo spopolamento del territorio,
cominciò il declino della produzione e del commercio del vino. A questo si aggiunse la diffu-
sione dell'Islamismo con il divieto di coltivare la vite. La pratica della vinificazione si salvò
solo grazie ai monaci e alle comunità ebraiche che continuarono a produrre il vino per i rispet-
tivi usi liturgici. Dopo l'anno mille con la ripresa dell'agricoltura rinacquero vigneti e produ-
zione del vino. Dopo ancora qualche secolo la bevanda di Bacco è diventata protagonista dei
consumi dell'economia occidentale. E comunque tutti i popoli che sono passati dalla Puglia,
Bizantini, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Borboni, Francesi
hanno subito il fascino di questa bevanda.
ches of olive groves. Travelling throughout this region you can admire extraordinary landsca-
pes made of calcareous stone, red soil, monumental trees, swamps and vast plains planted
with vines and olive groves, myrtle and rosemary-scented Mediterranean scrub; borderland
between Europe and East, between past and future. Its first inhabitants, the Apuli, came from
East followed by the Greeks with more influence and wine knowledge. Apulia is a land of
wine with its variegated coasts, with its shores set in landscapes of rare beauty, its old towns,
its cuisine with extraordinary tastes, its typical products and their biodiversity, the hospita-
ble and friendly people. From Lucera in Daunia to Alessano in Salento, going through Castel
del Monte in Murgia and watching the Gulf of Taranto, is a sea...of wine. Today, after pro-
viding grapes and musts to increase and improve North Italy wines, Apulia boasts a good
twenty-six registered designations of origin, six typical geographic indications and one Tra-
ditional Speciality Guaranteed in course of recognition.
The hard work in the vineyard, the low tree-like cultivation, the renewed interest in the auto-
chthonous vine: Primitivo, Nero di Troia, Negroamaro, Bombino white and black, Aleatico,
the Whote of Alessano, the Moscato White and other more, have repaid the producers.
The combined efforts of the institutions and particularly of the Councillorship to the Agri-
food Resources of the Puglia Region, starting from the research of quality aiming at the
promotion and the exploitation of the product, together with the vine-dressers and their
associations, gathered excellent results in these last years even if it is a moment of cyclical
crisis.
Efforts and perseverance have been repaid by good results and confirmation on the market
where Apulian wines are up-and-coming and in a strongly increasing demand.
Therefore today Apulia exports very high quality wines throughout the world, aware that the
hard work made with love and sacrifice will still bring goals and satisfaction for Apulian
oenology through the expert cultivation of the autochthonous vines.
Per molti secoli la vite coltivata fu la vitis vinifera sativa nei suoi innumerevoli vitigni. Verso
la metà dell'ottocento fu casualmente introdotto sul suolo europeo un insetto della fami-
glia degli Afidi, originario dell'America: la Fillossera. Questo insetto attaccava le radici e face-
va seccare le piante. Vi fu una vera strage sino a quando non si scoprì che la Fillossera non
attaccava le radici delle viti americane, le quali non davano i succosi e zuccherini grappoli
d'uva; da quel momento tutte le viti ripiantate nel vecchio continente sono costituite da due
parti: le radici di varietà americane e la parte aerea di vite europea, innestate sulle prime al
momento dell'impianto del vigneto. Quando la Fillossera distrusse i vigneti francesi aumen-
tò enormemente la richiesta del vino pugliese. Alla fine dell'ottocento tutta la Puglia era una
vasta ed uniforme estensione di viti a bacca rossa, alternate alle distese di uliveti. Percorren-
do la Puglia si ammirano panorami straordinari fatti di calcare, terre rosse, alberi monumen-
tali, lame ed estese pianure coltivate a vite ed olivo, macchia mediterranea profumata di
mirto, mortella, rosmarino; terra di confine tra Europa ed Oriente, con uno sguardo al futu-
ro e un abbraccio al passato. Da Oriente provenivano i primi abitanti, gli Apuli, a cui segui-
rono i Greci con maggiore influenza e sapere vitivinicolo. La Puglia, con le sue coste varie-
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gate, con le sue spiagge incastonate in paesaggi di rara bellezza, i suoi borghi, la sua cuci-
na dai sapori straordinari, i prodotti tipici e la loro biodiversità, la gente ospitale ed acco-
gliente, è terra di vino: da Lucera nella Daunia ad Alessano nel Salento, passando da Castel SCEGLIERE VINO
del Monte nella Murgia e guardando al Golfo di Taranto è un mare... di vino. Oggi dopo aver
fornito per decenni uve e mosti per accrescere e migliorare i vini del Nord Italia, si fregia di
ben ventisei denominazioni di origine controllata, sei indicazioni geografiche tipiche ed una
denominazione di origine controllata e garantita in fase di riconoscimento.
Il gran lavoro fatto in vigna, la coltivazione ad alberello, la riscoperta e la valorizzazione dei
vitigni autoctoni: Primitivo, Nero di Troia, Negroamaro, Bombino bianco e nero, Aleatico, il
Bianco d'Alessano, il Moscato Bianco e altri ancora, ha premiato i produttori.
L'azione congiunta sviluppata dalle istituzioni ed in particolar modo dall'assessorato alle
Risorse Agroalimentari della Regione Puglia, partendo dalla ricerca della qualità e protesa alla
promozione e alla valorizzazione del prodotto, in grande sintonia con i vignaioli e le loro
associazioni, raccoglie in questi ultimi anni eccellenti risultati, pur in un momento di diffi-
coltà congiunturale. Sforzi e tenacia premiati da buoni risultati e da riscontri sul mercato,
che vede i vini della Puglia
come emergenti e quindi con
una domanda in forte cresci-
ta.
Pertanto oggi la Puglia espor-
ta nel mondo vini di alta qua-
lità ed eccellenza attestandosi
con alcune etichette nell'olim-
po enologico mondiale, con-
sapevole che lavorando tena-
cemente con amore e fatica
molti potranno essere ancora i
traguardi e le soddisfazioni per
l'enologia pugliese attraverso
la coltivazione sapiente dei
vitigni autoctoni.
ORECCHIETTE WITH RAGU MADE WITH LAMB ORECCHIETTE CON RAGU' DI AGNELLO
AND CARDONCELLI MUSHROOMS E FUNGHI CARDONCELLI
la ricetta
salt to taste sale q.b.
pepper to taste pepe q.b.
Plant with stronf scent and blue flowers like a clear Pianta dall'intenso profumo e dai fiori azzurri come
blue sky, always appreciated, hides the power of il cielo, da sempre apprezzata, racchiude in sé il
eternal memory. potere della memoria eterna.
The Mediterranean scrub more than a century ago framed uninterruptedly Apulian seasho-
res and still today, even if with some breaks, connects the white coasts to the cultivated hin-
terland and the urban settlements. A sudden heavy shower in summer is enough to reveal
its presence through the rosemary whose smell is stronger than the ones of the other shrubs.
In 1885 Alfonso Castriota from Galatina after a tour all around Salento, wrote a report on
“L'Apicoltore” magazine speaking of the spread of the rosemary on the whole seashores and
of its greatest concentration in the Alimini, San Cataldo, Roca areas for the Adriatic side,
and in Bufalaria and Arneo on the Ionic one. The rich production of rosemary honey, with
its white colour and delicate flavour, corresponded to the abundance of the plant on the
territory. He closed his report specifying that as the spread of the valuable shrub was being
narrowed down as the honey production decreased. In fact Lecce people burnt the plant
into the ovens where they baked the bread.
Rosemary (Rosmarinus Officinalis) is native to the Mediterranean region, Africa and Asia, it
belongs to the family of the lamiaceae and was very appreciated by all the ancient civili-
zations for its innumerable properties and its very wide employment.
In Egypt it was used to cure stomach and liver diseases.
Greeks used as incense for sacrifices to the gods.
Romans used the herb for strengthening the memory so that students wore rosemary wre-
aths when they had to take their exams; they used it even in burial rites because it repre-
sented immortality: they put a sprig of rosemary into the hand of dead to ensure them a
peaceful permanence in afterlife.
Orace states: “If you want to receive the esteem of the dead, bring them rosemary and
myrtle wreaths”.
Ovid in his “Metamorphoses” tells the story of the princess Leucothoe, daughter of the
king of Persia, killed by her father because she was seduced by Apollo. From her grave
penetrated by the sun, the girl turned into the plant that cannot be ignored because
of its strong fragrance.
In the Capitularies by Charlemagne it is listed among the species of the plants that
mustn't miss in the imperial gardens.
In Middle Ages it was planted in any garden especially in monasteries. It was used to
drive out evil spirits and witches during exorcistic practices and as fumigant in the
rooms of sick people.
Eccola lì, la macchia mediterranea che più di un secolo fa incorniciava senza soluzione di
continuità le sponde della Puglia e che ancora oggi, con qualche interruzione, unisce i
biancheggianti litorali all'entroterra coltivato e agli insediamenti urbani. Basta un acquaz-
zone improvviso nella torrida estate per rivelarne la presenza da cui esala intenso il sen-
tore del rosmarino che sovrasta quello degli altri arbusti.
Nel 1885 Alfonso Castriota da Galatina, dopo un viaggio in giro per il Salento, stende una
relazione sulla rivista “L'Apicoltore”, dove parla della diffusione del rosmarino su tutto il
litorale e della sua maggiore concentrazione nelle contrade degli Alimini, di San Cataldo,
di Roca, sul versante adriatico, e di Bufalaria e Arneo su quello ionico. A tale abbondan-
za corrisponde la produzione di miele di rosmarino, di colore bianco e di sapore soave e
delicato. Chiude la relazione specificando che l'estensione del prezioso arbusto va restrin-
gendosi, e con essa la produzione del miele, a cagione dell'uso sconsiderato che ne fanno
i leccesi, bruciandolo nei forni per la cottura del pane.
Pianta originaria di tutto il bacino del Mediterraneo, dell'Africa e dell'Asia, il Rosmarinus
Officinalis, della famiglia delle lamiaceae, era molto apprezzato presso tutte le civiltà anti-
che per le sue innumerevoli proprietà e il suo vastissimo impiego.
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In Egitto veniva utilizzato per curare i disturbi dello stomaco e del fegato.
I Greci lo usavano al posto dell'incenso per fare sacrifici agli Dei.
I Romani gli attribuivano il potere della memoria, tanto da appenderne corone ORIZZONTE VERDE
al collo degli studenti prossimi a sostenere esami; ma anche significato di
immortalità: ne mettevano un rametto tra le mani dei defunti per assicurar loro
una serena permanenza nell'aldilà.
Orazio recita: “Se vuoi guadagnarti la stima dei morti, porta loro corone di rosmarino e di
mirto”.
Ovidio nelle “Metamorfosi” racconta la storia della principessa Leucotoe, figlia del re di Per-
sia, uccisa dal padre per essere stata sedotta da Apollo. Dalla sua tomba, infiltrata dal sole,
la fanciulla sarebbe germogliata nella pianta che non può essere ignorata per la fragran-
za intensa che emana.
The most famous and delicate legend about rosemary is of Christian inspiration. When the
holy family fled into Egypt, Mary spread the cloak of baby Jesus on an evergreen shrub to
dry and to perfume it. From then on the white flowers miraculously changed to the blue.
Certainly the strong smell of camphor and incense of rosemary has attracted the attention
of herbalists, chemists, doctors, priests, botanists, charlatans, cooks, dyers, poets and artists.
Women in labour and babies were furbished with the leaves infusion to prevent infections.
Compresses were used against paralysis, abscesses, rheumatisms. Hair was rinsed with rain-
water boiled with rosemary twigs to make it shining and the scalp was massaged against
baldness. Its pigments were used in oil painting.Its decoction cleaned stoves, sinks and
tubs. Its essence aided menstruations or even provoked abortion. Wine flavoured with rose-
mary, sage and honey was considered good as a diuretic and to relieve nervous depression.
The fine shrubby plant has deep fibrous and strong roots. It has woody light brown trunk
and young grey-green branches covered with coriaceous silvery, needle-like foliage and
delicate hermaphrodite lily-blue flowers. It has always been considered the plant of the
sun and the summer solstice's symbol. It is said it has the power of eternal memory.
Its leaves and its flowers, turned
into infusion, decoction, oil,
essence, tincture, powder are still
widely used for their tonic, balmy,
diuretic, digestive, diaphoretic,
antispasmodic properties. The
essential oils are used in perfume-
ry, in cosmetics, in liquor distille-
ry, in pharmacy.
Rosemary is fundamental in Medi-
terranean cuisine to flavour roast
beef, bread, pies, soups, stews.
Anyway it can be used, this plant
is beautiful in all its varieties:
white, pink, erect, pendulous,
oblique, creeping. Cut in geome-
trical borders or let it as a wild
bush, rosemary is the most spread
plant for its generosity, strength,
usefulness. It is also appreciated in
gardens, in parks, on the roads.
A twig ends up in the linen to per-
fume wardrobes, another on a
dish as a decoration, another in
the lover's pocket to make him
remember.
It is enough to read Shakespeare's
dialogue between Ophelia and
Hamlet: "There's rosemary, that's
for remembrance. Pray, love,
remember”.
Nei Capitolari di Carlo Magno è presente
tra le specie delle piante che non doveva-
no mancare negli orti del regno.
Nel Medio Evo veniva piantato in ogni
giardino e specialmente nei conventi.
Veniva usato per scacciare spiriti maligni e
streghe, durante le pratiche esorcistiche e
come fumigante nelle stanze dei malati.
Tra le numerose leggende fiorite intorno
al rosmarino, la più nota e delicata è quel-
la d'ispirazione cristiana. Maria, durante la
fuga in Egitto, avrebbe adagiato le fasce
del Bambino Gesù sull'arbusto semprever-
de per farle asciugare profumandole. Da
quel momento i fiori, originariamente pal-
lidi, avrebbero assunto il colore del cielo.
E' certamente l'intenso odore di canfora
e d'incenso che emana dal rosmarino ad
aver suscitato sin dall'antichità l'attenzio-
ne di erboristi e farmacisti, di medici e
sacerdoti, di botanici e ciarlatani, di cuo-
chi e tintori, di poeti e artisti.
Con l'infuso di foglie si forbivano partorienti e neonati per tenere lontane le infezioni. Gl'im-
pacchi si impiegavano contro paralisi, ascessi, reumatismi. Con l'acqua piovana bollita insie-
me ai rametti si sciacquavano i capelli per renderli più lucenti e si frizionava il cuoio capel-
luto contro la calvizie. I pigmenti venivano usati nella pittura ad olio. Il decotto per pulire
cucine, lavelli e vasche. L'essenza per favorire le mestruazioni o addirittura per provocare
l'aborto. Il vino aromatizzato con rosmarino, salvia e miele era considerato benefico come
diuretico e per risollevare dallo stato di languore.
La bella pianta arbustiva, dalle radici profonde, fibrose e resistenti, dal fusto legnoso marro-
ne chiaro e giovani rami grigio-verdi ricoperti da foglie coriacee lineari-lanceolate, addensa-
te sui rametti di colore verde cupo lucente, dai piccoli fiori ermafroditi azzurro-violacei, riu-
niti in grappoli, è stata da sempre considerata la pianta del sole e il simbolo del solstizio
d'estate. A lei è stato attribuito il potere della memoria eterna.
Trasformati in infuso, in decotto, in olio, in essenza, in tintura, in polvere, le foglie e i fiori
di rosmarino trovano ancora oggi un vasto impiego per le proprietà toniche, balsamiche,
diuretiche, digestive, diaforetiche, antispasmodiche. Gli oli essenziali sono utilizzati in pro-
fumeria, in cosmesi, in liquoreria, in farmacia. Fondamentale l'uso del rosmarino in cucina
per aromatizzare arrosti, pane, focacce, zuppe, minestre e stufati.
Ma al di là di ogni impiego, resta la bellezza della pianta, nelle varietà bianca, rosa, eretta,
pendula, obliqua, strisciante. Tagliato in bordure geometriche o lasciato a cespuglio selvag-
gio, il rosmarino, o rosamarina, come viene chiamato nel sud Italia, per la generosità, la resi-
stenza, l'utilità, è senza dubbio la pianta più diffusa e apprezzata sia nei giardini privati che
nei parchi, sia negli orti che sulle strade.
Un rametto finisce tra la biancheria per profumare gli armadi, un altro adagiato per decorare
un piatto di portata, un altro ancora insinuato nella tasca dell'amato perché non dimentichi.
Così Shakespeare nel dialogo tra Ofelia e Amleto: “C'è il rosmarino per la rimembranza. Ti
prego, amore, ricorda”.
FISCHIETTI DI TERRACOTTA,
da suonare o collezionare di Teresa Romano
GUST-ARTE 21
can find whistles of different sizes and shapes and matters: religious, profane, anthro-
pomorphous and zoomorphic, with brilliant colours and bizarre shapes to be collec-
ted as ornamental items, or to be blown.
Still today in Rutigliano, Gravina, Grottaglie, Ostuni and Lecce, skilful craftsmen model
whistles of different forms and sizes in clay. A meticulous work made of tricks, skill and
few tools: hands, some plaster mould where pressing the clay and small wooden sticks
to control the working of the whistle. And an oven for cooking, some colours and a
paintbrush. It is a work of skilful hands and fantasy. There are whistles shaped like sun,
moon, representing everyday life, political figures, dogs, cats, even saints because it is
in the nature of the whistle to mix the sacred and the profane for the above-stated rea-
sons. In Rutigliano, near Bari, on 17th January, St. Anthony's Day, there is the whistle
fair that gathers the fruits of the
fantasy and the skill of lots of ear-
thenware craftsmen, masters of the
whistles who hand down from father
to son the secrets of this old art,
such as the Moccia family, just to
mention one among the most
important ones.
Just in this tradition the whistle is a
link between the sacred and the pro-
fane once again, joining the reli-
gious Christmas celebrations and the
pagan rites of Carnival that starts
just on St. Anthony's Day. The whi-
stle is also a symbol of love and of
GUST-ARTE 23
25
proprio in questa tradizione che si rinnova con immutata energia è il fischietto che svol-
ge un ruolo di “trait d'union”, sottolineando il passaggio tra le festività religiose natali-
zie e quelle “pagane” del Carnevale, che proprio con la festa di Sant'Antonio in questi
GUST-ARTE
comuni prende il via. E connotando di mille altri significati l'ingresso del nuovo anno, da
quello dell'amore che sboccia a quello della vita che si risveglia. E' infatti il fischietto il
dono che durante la festa ogni fidanzato regalava alla sua amata (mai però il contrario!)
insieme ad un cesto ricolmo di frutta, simbolo del lavoro e della terra. Un fischietto a
forma di gallo, per la precisione, propiziatore di fertilità e buona fortuna.
Almeno qui da noi. Perché ci sono luoghi - si badi bene - dove al contrario il fischio e
ciò che lo produce sono considerati apportatori di sfortuna. In Russia, per esempio, do-
ve l'uso dei fischietti era legato alle credenze dei sabba delle streghe. O in alcuni Paesi del-
l'Africa, dove il fischio è un vero e proprio richiamo per “il maligno”, soprattutto nei luo-
ghi chiusi. Ma senza andare troppo lontano, in certi ambienti di spettacolo anche qui da
noi c'è chi si guarderebbe bene dal fischiare nel foyer o nei corridoi di un teatro, perché
ciò decreterebbe il fallimento dello
spettacolo in cartellone.
Superstizioni, leggende nate e molti-
plicatesi nel corso dei secoli. Che però
nulla tolgono al fascino di quel miste-
rioso oggetto di terracotta che con le
sue forme e con i suoi colori dona
allegria a chi lo guarda e prosperità a
chi lo possiede. Quanto al soffiarci
dentro… ognuno si regoli un po'
come crede. Ricordando, magari, che
un celebre motto recita “Canta che ti
passa…” e che in un altrettanto cele-
bre film Walt Disney faceva cantare al
suo protagonista “…il fischio è un eli-
sir… ti fa ringiovanir!”.
Lampascioni, valuable wild bulbs
Crunchy, overbearingly bitter, lampascioni conquer for their unique piquant taste.
What is more difficult to find is always more valuable than what is within reach. If
the discovery is accompanied by labour and dedication, the value of the treasure
rises. Maybe it is for this reason that the humble and rich at the same time lampa-
scioni onions are so appreciated in Apulia.If you want to enjoy their unique taste you
must walk in the fields among untilled glades, meadows and along the sides of the
ditches, find the right plant and dig under it. Lampascioni must be picked one by
one in cold season. There is no other way to do it and those who look for them,
know that they can't hurry. They must be patient to find out the delicate plant with
short thin leaves and a spike with purple-blue flowers, to dig deeply (30/40 cm) in
the ground to extract carefully the bulb; it cannot be taken pulling the plant out.
Lampascioni, preziosi bulbi selvatici
di Federica Sgrazzutti
Ciò che è difficile da trovare è sempre più prezioso di quel che è a portata di mano. E
se la scoperta è accompagnata da fatica e dedizione, ecco che il valore del “tesoro” cre-
sce. Sarà per questo che gli umili e nel contempo pregiati lampascioni in Puglia sono
tanto apprezzati: per poter godere del loro sapore inconfondibile bisogna andar per
campi, tra radure incolte, prati e lungo i bordi dei fossi, con l'occhio pronto a ricono-
scere la piantina giusta sotto la quale scavare.
I lampascioni devono essere raccolti, nella stagione fredda, uno ad uno; non è ammes-
so nessun altro metodo e, chi li va cercando, lo sa bene che la fretta è cattiva consi-
27
PUGLIA
DA GUSTARE
Lampascioni belong to the botanical species Muscari, of the Liliaceae family and
their actual scientific name is Leopoldia comosa: it is an homage to Leopold II,
grand duke of Tuscani, and as in Latin comosum means long-haired, it recalls their
cluster of flowers. Commonly talking, people refer to it as “onion with the ribbon”.
Even if it is related to garlic, its characteristics are different. It has no cloves but uni-
ted and folded tunics like an onion. These wild bulbs are typical of untilled grounds
but they are not an Apulian exclusive as they can be found in other Italian regions
and in the Mediterranean areas too. However in Apulia they belong to the traditio-
nal cookery heritage that exalts their original characteristics in different recipes.
Before preparing them, lampascioni must be cleared of roots and the soil that covers
them 'cause of the slightly tacky film that protects them. Then strip the outer tunics
off, cut the bottom and leave them to soak in cold water to remove the bitter taste.
gliera. Individuare la delicata pianta, dalle foglie brevi e sottili e la spiga di fiori azzur-
ro-violacei richiede pazienza, la stessa necessaria per scavare profondamente (circa
30/40 centimetri) nella terra per estrarre cautamente il bulbo; prova di incompetenza
è tentare di prelevarlo, estirpando la pianta.
Il lampascione appartiene alla specie botanica dei Muscari, della famiglia delle Lilia-
cee, e la sua attuale denominazione scientifica è Leopoldia comosa: il nome racchiu-
de un omaggio al granduca Leopoldo II, del granducato di Toscana, e un richiamo
all'infiorescenza a grappolo, poiché in latino comosus significa chiomato. Nel parlare
comune, il lampascione è anche conosciuto come cipollaccio col fiocco. Pur essendo
imparentato con l'aglio, le sue caratteristiche sono ben diverse, a partire dall'assenza
di spicchi; sono, infatti, le tuniche compatte e sovrapposte, simili a quelle della cipol-
la, ad attribuire al bulbo quella caratteristica forma a trottola.
Questi bulbi selvatici, presenti nei terreni incolti, non sono un'esclusiva pugliese, poi-
ché in alcune regioni della penisola italiana e in altri Paesi dell'area mediterranea è
possibile trovarli; la peculiarità sta nel loro impiego in ambito gastronomico. In Puglia,
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infatti, fanno parte a pieno titolo del patrimonio culinario tradizionale, che ne esalta
le originali caratteristiche di gusto e di consistenza attraverso diverse preparazioni e
ricette. Prima di essere lavorati, i lampascioni devono venire ripuliti dalle radici e dalla PUGLIA
DA GUSTARE
Now they can be eaten raw
or boiled with water and
vinegar or cooked under
charcoal cinders. Crunchy,
overbearingly bitter, lampa-
scioni conquer for their uni-
que piquant taste. Extra-
virgin olive oil cannot be
missing in any preparation
because it softens their
strong personality. Boiled,
baked, fried, grilled or sim-
ply in oil: the regional reci-
pes for this interesting veg
are so many and even far
from Apulia it has found
lots of enthusiasts. The key
of its success lies in the
disarming simplicity of a
dish still smelling of coun-
try, of old and poor tables,
of almost unobtainable tastes, in the recognizable bond to the soil. Lampascioni
are not only good and low fat but they have also diuretic, laxative and emollient
properties; in ancient times and even now in the popular opinion they are conside-
red an effective aphrodisiac.
terra, che inevitabilmente li ricopre a causa della patina leggermente appiccicosa di
cui sono rivestiti. Una volta che i rosacei bulbi sono sfogliati delle loro tuniche più
esterne e incisi alla base, devono essere lasciati a bagno affinché si smorzi il gusto
amaro; dopo queste precauzioni, possono essere utilizzati crudi, lessati in acqua e
aceto oppure, all'uso di un tempo, messi a cuocere sotto la cenere. Croccante e ama-
rognolo, il lampascione conquista per quel sapore unico, intrigante: l'olio extravergi-
ne d'oliva, ingrediente immancabile in ogni preparazione, ne ammorbidisce la forte
personalità. Lessato, al forno, fritto, cucinato in graticola o, semplicemente, sott'olio:
sono davvero tante le ricette regionali dedicate a questo interessante vegetale, molto
amato dai pugliesi, che ne sono così convinti ambasciatori, anche fuori dalla Puglia,
da trovare sempre nuovi adepti. Il successo è motivato, probabilmente, dalla disarman-
te schiettezza di una pietanza che profuma ancora di campagna, di mense antiche e
povere, di sapori, ormai quasi introvabili, dal riconoscibile legame con la terra. Il lam-
pascione non è solo buono e poco calorico, ma possiede anche proprietà diuretiche,
lassative ed emollienti. Noto sin dall'antichità, tra le principali qualità riconosciute
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c'era quella di essere un efficace afrodisiaco: questa fama si è poi largamente diffusa
anche nell'opinione popolare.
PUGLIA
DA GUSTARE
LAMPASCIONI AND BORAGE FRITTATA FRITTATA DI LAMPASCIONI E BORRAGINE
Ingredients for4 people: Ingredienti per 4 persone:
2 kg borage 2 kg di borragine
300 gr. lampascioni 300 gr. di lampascioni
4 eggs 4 uova
1 tablespoon canestrato cheese (cylindrical uncooked una manciata di formaggio canestrato
hard cheese made from full sheep's milk) olio extravergine d'oliva
extra virgin olive oil 1/2 cucchiaino di sale
1/2 teaspoon salt un pizzico di pepe
a pinch pepper
Procedimento:
Sbollentare la borragine ed i lampascioni, immerger-
Boil the borage and the lampascioni, plunge the li in acqua fredda per 30 minuti circa, e successiva-
vegetables into cold water for about 30 minutes and mente, sgocciolare il tutto in uno scolapasta.
la ricetta
drain them in a colander. Mash lampascioni and In un recipiente, schiacciare i lampascioni con la bor-
borage in a bowl then add 2 tablespoons of extra vir- ragine.
gin olive oil, 4 eggs and cheese, stir well and pour Mescolare ed amalgamare lampascioni e borragine
the mixture in a previously oiled frying pan with lid. con 2 cucchiai di olio extra vergine d'oliva, le 4 uova,
Cook it on a high flame for 6 minutes, turn the frit- il sale, il pepe, ed il formaggio.
tata and and go on cooking for 2 minutes then In una padella con coperchio, unta con olio extraver-
remove from the oven and serve. gine d'oliva, versare il composto precedentemente
ottenuto, cuocere con fiamma viva per 6 minuti circa,
girare la frittata, proseguire la cottura per altri 2
minuti e togliere dal fuoco per servire.
39
tempi e i pesticidi sono banditi. Il lavoro manuale ha ancora il suo valore e, per non
togliere nulla alla preziosità del seme, i metodi sono quelli ereditati dalla tradizione. La
PUGLIA DA
potatura, con il caratteristico “livellamento della chioma”, si effettua a mano da set-
tembre a gennaio. Dopo la fase della fioritura, che inizia a marzo e veste gli alberi di
GUSTARE
bianco-rosa, l'estate porta a
maturazione i frutti, prepa-
rando la raccolta di settem-
bre. Con pertiche di casta-
gno, i rami vengono scossi
affinché le mandorle cadano
sui panni stesi sotto la pian-
ta. Segue l'immediata smal-
latura (la separazione del
rivestimento esterno dalla
mandorla) e l'asciugatura al
sole. A Toritto, un tempo,
questo passaggio avveniva in
un'importante strada del
centro storico, Via Ettore
D'Urso, i cui marciapiedi
erano insolitamente larghi
proprio per ospitare i teli
spiegati, con sopra le man-
dorle ad essiccare. La sgu-
sciatura, ora operata con i
macchinari, richiedeva in
passato il lavoro di centinaia
di donne locali, che accom-
pagnavano l'operosità delle
mani con stornelli dialettali.
Dopo l'eventuale pelatura, le
conquer experts, beco-
ming one of the raw
materials of the most
famous confectioners in
Italy, gaining apprecia-
tions also abroad. It has
been strategic to promo-
te and support this extra-
ordinary resource, pur-
sued by the “Committee
for the Exploitation of
Toritto's Almond”.
Among the numerous
activities, we can mentin
the creation of a Slow Food protection officially sponsored by Apulia Region whose
referent is Ms. Emilia D'Urso, the constitution of the Group of Territorial Initiative
“Amygdalea” of MIUR (Ministry of Education) to study the exceptional nutritional and
organoleptic properties of the Toritto's Almond, the participation to the Train of Typi-
cal, the inclusion of the valuable almond in the national list of the typical products of
MIPAAF (Ministry of Agricultural, Food and Forestry Policies). The good actions of the
Committee have allowed the diffusion of the culture of an excellent almond, making
it the queen of lots of recipes of the Apulian confectionery tradition, such as the
almond paste, the almond brittle and the almond milk that, in Toritto, is garnished
with some rice grain.
PUGLIA
DA GUSTARE 41
la ricetta
from pulp through a very tight strainer and a cheese- 150 gr. di mandorle, 300 gr. di latte
cloth, applying pressure to squeeze out all liquid. Procedimento:
Portare a fuoco lento le mandorle con il latte ad una
Ingredients for the mousse: temperatura di 81° C.
1 dl milk, 2 dl almond milk, 4 yolks, 100 gr sugar, 250 Togliere, quindi, dal calore il latte e lasciarlo riposare in
gr whipped cream, 2 isinglass sheets, Chopped frigo per 24 ore. Il giorno dopo filtrare con un colino
almonds to taste. finissimo la miscela, aiutandosi con un canovaccio in
Boil the milk with the almond milk. In a bowl beat lino, per recuperare il maggior succo dalle mandorle.
yolks with sugar to a cream. Pour it into the milk until
it gets 85°C. Add the isinglass and the chopped Ingredienti per la mousse:
almonds. Cool it then fold the whipped cream and put
1 dl. di latte, 2 dl. di latte di mandorle, 4 tuorli d'uo-
in the fridge.
vo, 100 gr. di zucchero, 250 gr di panna montata, 2
fogli di colla di pesce
Ingredients for the stewed rice:
Procedimento:
100 gr rice, 3 dl milk, 1 vanilla pod, 30 gr sugar
Unire il latte con quello di mandorle precedentemen-
Cook gently rice with milk, vanilla and sugar for about te preparato e portare a ebollizione. A parte, mescola-
15 minutes. Carefully remove the vanilla pod from the re i tuorli d'uovo con lo zucchero e unirli al latte sul
milk and cool it. fuoco e far raggiungere al composto la temperatura di
85° C. Aggiungere la colla di pesce e successivamente
le mandorle tritate. Far raffreddare, incorporare la
panna montata e riporre in frigo.
R i c e t t a d e l l o c h e f Vi t o M a s e l l i d e l R i s t o r a n t e
“Osteria dei Poeti” di Giovinazzo (BA)
Pelamyd: a small U-Boot of our seas
Its silver-coloured abdomen and its dark blue back characterise this skill
predator with tasteful and vigorous meat.
If you look for the word “pelamyd” on the famous Etymological Vocabulary of Ita-
lian Language by Ottorino Pianigiani, you will find that it derives from the Greek
term “pelamys”, mud, slime and, it goes on...so called because it enjoys staying in
the mire. I do not know if this meaning is correct but I am sure that pelamyd does
not enjoy staying in the mire. Being a pelagic species, its habitat is far from the
bottom of the sea.
With its livery, it looks like wearing a morning dress: its abdomen is silver-coloured
and its back is dark blue with green-blue glints adorned by 8/9 oblique stripes. I
should say elegant but fit for hunting too. In fact it is an exceptional predator. It
has strong tapering body like a great swimmer, a row of very sharp-edged teeth, its
La palamita, un piccolo U-boot dei nostri mari
di Sergio D’Oria
L'argento del ventre e il blu scuro del dorso distinguono quest'abile predatore
dalle carni saporite e vigorose.
Se andate a trovare il termine “palamita” sul famoso Vocabolario Etimologico della lingua
italiana di Ottorino Pianigiani, troverete che deriva dal termine greco “pelamìs”, fango, melma
e continua… così detto perché gode di starsi nel limo.
Non so dirvi se la derivazione dal termine greco sia esatta, ma che la palamita goda starse-
ne nel limo, proprio no. Dubito anche che l'esperto grecista abbia mai visto una palamita nel
suo ambiente naturale. D'altra parte, essendo una specie pelagica, passa gran parte della sua
vita lontana dal fondo del mare.
Con la sua livrea, sembra un pesce in tight: con il ventre color argento ed il dorso color blu
MEDMARE 45
colours camouflage itself perfectly in the water so that, looking at it from below, it
can be mingled with the surface glow, looking down on it, you confuse it with the
bottom of the sea.
Its moves are related to the currents because this way it is easier to find shoals of
sardines and anchovies. By the end of summer it is possible to watch an exceptio-
nal show along our coasts. In fact pelamyd can terrorize sardines and anchovies
living in shoals. In groups, as they were submarines, pelamyds swim under the sho-
als of those small fish, driving them towards the surface. Sardines, terrorized, close
up forming big black balls on the water's surface trying to fake the shape of a big
fish in order to frighten pelamyds. Then hunters go up like arrows towards the shoal,
they go into it and stuff themselves. Slowly they go down and the raid repeats again.
They attack in waves and it is a real slaughter.
At the same time, out of the water seagulls swoop down as fighter squadrons: there
is abundant food even for them. Sardines close up more and more but only the fate
will decide who will survive, who will end in the seagulls's beak and who under the
sharp-edged teeth of our pelamyd. It is a bloody show but even nature has its dif-
ficult moments.
scuro dai riflessi verde azzurri, abbellito da otto, nove strisce oblique. Elegante direi, ma ido-
neo anche alla caccia. Il nostro amico, infatti, è un predatore eccezionale. Ha corpo robusto
e affusolato, da grande nuotatore, una fila di denti affilatissimi, il morso tagliente, i colori
che lo mimetizzano egregiamente a mezz'acqua così che, guardandolo dal di sotto, lo con-
fondi con il chiarore della superficie, guardandolo dall'alto lo confondi con il fondo del mare.
I suoi spostamenti sono in relazione alle correnti, perché così è più facile che si imbatta in
banchi di sardine e acciughe. Verso la fine dell'estate è possibile assistere, lungo le nostre
coste, ad uno spettacolo eccezionale. Dovete sapere che la palamita ha la capacità di terro-
rizzare le sardine e le alici, che vivono in branco. In gruppo, come fossero sommergibili, le
palamite nuotano sotto i branchi di pescetti, spingendoli verso la superficie. Le sardine, spa-
ventate, serrano le file e raggruppandosi formano delle grosse palle nere a pelo d'acqua nel
tentativo, vano, di simulare la sagoma di un grosso pesce ed intimorire le palamite. E' allo-
ra che le cacciatrici salgono come frecce, in verticale, verso il branco, entrano dentro e si
abbuffano. Lentamente ritornano sotto e l'incursione si ripete. Attaccano ad ondate ed è una
vera e propria strage.
47
Fuori dall'acqua, intanto, i gabbiani, come squadriglie di caccia, si tuffano in picchiata: c'è
cibo in abbondanza anche per loro. Le sardine si stringono ancora di più, ma solo la sorte
deciderà chi si salverà, chi finirà nel becco dei gabbiani, chi tra i denti affilati delle nostre MEDMARE
It is blood relation of tunas and is very common in our sea. I am very fond of this
fish for the feeling it gives when it is fished. I happen to meet it often near the
coast.
Its scientific name is “Sarda Sarda”. It is quite similar to the mackerel but it is flat-
ter, it looks like a small tuna which can reach even 10 kilos. But in our seas gene-
rally it is smaller. It is a very good fighter and its remarkable for the violent reac-
tion it has when it is at the hook. It shoots off immediately and, going off as a roc-
ket, unreels the thread of the reel in a flash. You have the feeling it is a bigger pray
than what it really is. Sometimes it shoots out the water, then it changes direction
suddenly, jerking the fishing-line. Then, unexpectedly, it slackens, you think it has
got off the hook, instead it has suddenly given up because it tires soon. So you
have to recover it carefully in order to avoid it cuts the nylon with its sharp teeth
causing you to go hungry.
If you have been able to fish a fine piece, all right, otherwise you can find very
good, very fresh and very cheap pelamyds on the counters of our fishmongers'. Try
to fillet it and dice it, season it raw with lemon and Apulian extra virgin olive oil. If
you do not like raw fish, pelamyd appreciates stewed cooking, preferably in the
oven. Do not grill it: its meat becomes tough. White sea bream? Sea basses? Enjoy
pelamyd! Its taste is vigorous only as the taste of such a fish can be!
palamite. E' uno spettacolo cruento, ma anche la natura ha i suoi momenti difficili.
Consanguineo dei tonni, la palamita è molto comune nel nostro mare ed è un pesce che
personalmente mi appassiona per la sensazione che ti trasmette quando lo peschi. Ti capi-
ta di incontrarlo spesso a poca distanza dalla costa, sia che tu vada con maschera e pinne,
che in barca a traina.
Sarda Sarda è il suo nome scientifico. Abbastanza simile allo sgombro ma più schiacciato,
è un tonno in piccolo, che può raggiungere anche i 10 chili. Nei nostri mari, però, si tro-
vano generalmente esemplari di minor taglia. E' un ottimo combattente e lo noti subito
per la violenta reazione che ha, se capita all'amo. Schizza via subito e, allontanandosi come
un missile, srotola il filo del mulinello in un baleno. Hai la sensazione di aver preso una
preda molto più grossa di quella che realmente è. Alcune volte lo vedi schizzare fuori dal-
l'acqua, poi cambia repentinamente direzione strattonando la lenza. Poi improvvisamente
senti mollare, pensi si sia slamato, invece il nostro amico ha ceduto di botto, perché si stan-
ca subito. Allora devi recuperare con cautela per non rischiare che con i suoi denti recida
il nylon, facendoti rimanere a bocca asciutta.
Se sei riuscito a portarti a casa un bel pezzo, bene, altrimenti sui banchi delle nostre
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pescherie ne trovi di ottimi, freschissimi e a prezzi abbordabilissimi. Prova a sfilettarlo e,
facendone dei dadini, condiscili, a crudo, con limone appena colto e olio extra vergine
pugliese. Chi non ama il crudo, sappia che la palamita gradisce le cotture in umido, maga- MEDMARE
ri al forno. Evitategli invece la griglia: la fate star male e le sue carni diventano stoppose.
Gustatela, altro che saraghi e spigole! Il suo sapore è vigoroso, come si addice ad un pesce
della sua specie.
PELAMYD TARTARE TARTARA DI PALAMITA
Procedimento:
Tritare finemente il filetto di pesce.
Finely chop the fillet of fish add oil and the chopped
In una scodella unire alla dadolata di palamita l'olio ed
mint. Season with the white pepper and salt.
un battuto di menta (circa mezzo cucchiaio); insaporire
la ricetta
Line 4 small moulds with clingfilm and fill them with
con pepe bianco macinato all'istante e sale.
the mixture.
Foderare con la pellicola trasparente 4 stampini da budi-
Turn the moulds upside down in a serving dish and
no, e riempirli fino all'orlo con il composto precedente-
complete with a light grinding of pepper and some mint
mente ottenuto.
leaves.
Capovolgere gli stampini con il pesce in un piatto da
portata; ultimare con una leggera macinata di pepe e
decorare, a piacere, con foglioline di menta.
How has your life changed since you dress the movie stars?
In the States life is different. The rhythm I'm immersed in makes me longing for home. There
are periods when cinema rests, mainly in summer and I can seek my identity. In Lecce I esca-
pe from Los Angeles frenzy. When I fly to Italy I often imagine what I'll find when I arrive.
Every time I find a town new and old at the same time. I try to stop everyday images: I try
to memorize the walks along crowded narrow streets, the buildings in the old town with the
craft shops, people's faces. During summer I realize Salento is always the land where it is
worth coming back, it is like a journey back through time. At the end I must face that I'm
living in two parallel worlds: one has contributed to grow me up, to give me the creative
impulse; the other one bolsters my fantasy and allows me to concretize it. Anyway, I reali-
ze the change only when I'm in Lecce because it seems everything goes so slowly. But I think
this is good.
Among your works there is the comic book about Saint Joseph of Copertino. What has
that experience meant to you?
Saint Joseph's life has been directly commissioned by the municipal administration of Osimo
where his relics are kept. I was really surprised when the local monastic community asked
me to make a graphic work describing the salient episodes of the Saint's life; he was so close
to young people and he could even fly. Well, maybe it has been a small experience, but I
felt so pride both as Salentino and as professional for the satisfaction and gratitude the two
towns, Osimo and Copertino, have shown to me. It has been very important to me making
a religious graphic novel that has allowed the devotees' community to read a hagiography
in a new way.
How do you feel about being one of the main makers of the success of a movie?
There are thousands people behind the making of a movie, even for a single sequence; but
everything often comes from an informal meeting, from a chat among friends. That is how
many great successes begin, simply, from two or three “cheerful” minds who meet and talk
CORDELLA di Alessandro Stajano
Da Lecce a Los Angeles, la moda di Cordella veste Hollywood. Il giovane stilista salentino
alla conquista del mondo di celluloide.
Otto e mezzo del mattino di un sabato qualunque. In un appartamento del quartiere più
“in” di Los Angeles, a due passi dall'osservatorio astronomico, squilla un cellulare. All'altro
capo del telefono una voce ancora impastata di sonno chiede, sbadigliando, chi sia a
infrangere così presto la quiete domestica del weekend americano. Hops… il fuso orario
mi balena alla mente ricordandomi che, sottraendo 9 ore al nostro orologio, a Hollywood
è l'alba. Gaffe! Le scuse intercontinentali, a suon di scatti telefonici, provano a fare
ammenda nella speranza che il mio interlocutore non sia troppo di malumore per rispon-
dere alle domande di quest'intervista.
Lui, Christian Cordella, figlio d'arte nel campo della moda, dall'Atelier del padre Pino, dopo
aver studiato a Milano e Londra, ora è uno dei maggiori “costume designer” del mondo di
celluloide e, a Hollywood, sempre più registi, attori e produttori si rivolgono al suo innato
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talento per girare i nuovi kolossal tutti effetti speciali e sequenze al cardiopalmo.
Quant'è cambiata la tua vita da quando vesti gli attori del grande schermo? INCONTRI
Negli States la vita è un'altra cosa, e il ritmo in cui sono immerso mi fa desiderare sempre di
respirare l'aria di casa. Ci sono periodi in cui il cinema è a riposo, in estate soprattutto, e io
DI GUSTO
about a project that isn't even on paper. Hollywood is the industry that makes everything
possible and, someway, being aware to be a part of such thing makes me happy. Here, if
you have an extravagant idea in your mind, nobody tells you where to get off, there is always
someone who will support it and, why not, to make lots of money with it. Designing costu-
mes for actors or actresses is like creating a world that is all yours, making it credible to the
audience...it's a signature that makes that costume something unique. The latest news are
of a Costume designer Award nomination for “The Mummy 3” in the creative sector and
next 17th February I'll be there together with the director and the creators of the best fan-
tasy movies of 2008, such as “Narnia” and “Batman Begins”. That's satisfaction, what else?
How do your creations for Hollywood begin and which is your relationship with the
movie stars?
Generally I start with the “screen play” to understand how many subjects are involved in the
work; then directors, actors and producers illustrate their trend. Then all the material publi-
shed about that matter is gathered and the experts in any sector (historical, architectonic,
social) are contacted. The most has done. If this is a good start, all the rest will come on its
own. My job is making the drafts of the costumes of everyone who appears on the screen
and I often create the settings. Drawing gives me endless possibilities; there's no limit to
what I want to create. That's why the story boards are more and more used as a staring
point. They are the first visive instrument of a narration and allow to foresee the world we
are going to create. The evocative power of just one picture is enough to convey the idea
of the whole project. Michelangelo knew well that when he frescoed the Cappella Sistina
posso ricercare la mia identità. A Lecce
evado dalla frenesia di Los Angeles per
riscoprire le mie radici. Quando salgo
sull'aereo che mi porterà in Italia, fac-
cio spesso un piccolo gioco con l'im-
maginazione: ogni volta provo a pen-
sare a cosa mi aspetterà all'arrivo, e
ogni volta trovo ad attendermi una
città nuova e antica al tempo stesso.
Cerco di soffermarmi sulle immagini
della quotidianità: provo a memorizza-
re le passeggiate per le stradine affolla-
te, osservo i caseggiati del borgo anti-
co con le botteghe artigianali, i volti
della gente. Proprio durante la bella
stagione mi rendo conto che il Salento
è sempre la terra in cui vale la pena tornare, facendo una sorta di viaggio indietro nel tempo.
55
Alla fine devo ammettere di vivere in due mondi paralleli dove uno è quello che ha contri-
buito a formarmi, a darmi l'impulso creativo, l'altro è quello che alimenta la mia fantasia e INCONTRI
mi dà l'opportunità di concretizzarla. Ad ogni modo, il cambiamento lo avverto solo quan-
DI GUSTO
do sono a Lecce, perché mi sembra che tutto si muova al rallentatore. Ma credo che questo
sia un bene.
Tra i tuoi lavori anche la vita a fumetti di San Giuseppe da Copertino, che valore ha per
te questa esperienza?
La vita di San Giuseppe mi è stata commissionata direttamente dall'Amministrazione comu-
nale di Osimo, dove sono conservate le sue reliquie. Sono stato contattato - con mia gran-
de sorpresa - dalla comunità monastica locale per realizzare graficamente un'opera in cui
fossero descritti gli episodi salienti della vita del Santo; la sua capacità di essere vicino ai gio-
vani e quella sua dote speciale di spiccare il volo. Beh, che dire, forse è stata una piccola espe-
rienza, ma mi ha riempito d'orgoglio, sia come salentino, che come professionista. In que-
st'ultimo caso, per la soddisfazione e la gratitudine dimostrata nei miei confronti dalla cit-
tadinanza dei due paesi, Osimo e Copertino. Aver realizzato una graphic novel di carattere reli-
gioso, in grado di far leggere in modo innovativo un'agiografia alla comunità dei fedeli, ha
avuto un grande peso per me.
Che effetto fa essere uno degli artefici principali della buona riuscita di un film?
Ci sono migliaia di persone dietro ogni momento della realizzazione di un film, a volte di una
singola sequenza, ma spesso tutto nasce da un appuntamento informale, da una chiacchie-
rata tra amici. E' così che hanno origine molti dei grandi successi del botteghino, semplice-
mente, da due o tre teste “allegre” che si riuniscono per discutere un progetto che non è nem-
meno sulla carta. Hollywood è l'industria che rende possibile l'impossibile e, in una certa misu-
ra, essere consapevole di aver partecipato a una cosa del genere ti rende felice. Qui nessuno ti
manda a quel paese se hai un'idea stravagante per la testa, ma c'è sempre qualcuno che ti
aiuterà a portarla avanti e, perché no, a farci una valanga di milioni. Creare i costumi per gli
with the aim of telling the whole creation. It is a real complex work that takes me up com-
pletely. As far as my relationship with these people, I must say at the beginning I was very
surprised; now it's normal to me to be seated at a coffee bar with very famous actors or
directors drinking an aperitifs together, deciding what form this or that million dollar movie
will take. Now I'm one of them and as it is used among friends, sometimes we clap on the
back sometimes we tell each other to go to hell.
If you were asked to design the costumes for a film representing your land...
I'm not very fond of documentary films. I'd like to do something about popular tales,those
legends of folklore belonging to our culture. It would be wonderful to represent our nau-
ghty pixies, those old ladies half witches and half healers, improvised architects able to build
palaces and bell towers just in one night by selling their soul to the devil. Maybe, some day...
interpreti è un po' come creare un mondo tutto tuo, contribuire a renderlo verosimile, credi-
bile, agli occhi degli spettatori… è una firma che fa di quel film qualcosa di unico. E' di que-
ste ore la notizia della nomination per “La Mummia 3” al Costume designer Award, la mas-
sima onorificenza per il settore creativo, e il prossimo 17 febbraio, sarò in sala insieme al regi-
sta e ai creatori dei migliori film fantasy del 2008, tra i quali “Narnia” e “Batman Begins”. Se
questa non è gratificazione!
Come nascono le tue creazioni per Hollywood e qual è il tuo rapporto con le stelle del
cinema?
In genere si inizia con lo “screen play”, per comprendere quanti soggetti sono coinvolti nel
lavoro, quindi s'incontrano registi e produttori che illustrano il loro orientamento. A questo
punto si cerca tutto il materiale edito su quel soggetto e si contattano gli esperti di ogni set-
tore: storico, architettonico e sociale. Il più è fatto. Se questa base regge, tutto il lavoro verrà
da sé. Io subentro dal principio, facendo le bozze dei costumi di tutti coloro che dovranno
apparire sullo schermo e spesso realizzo anche le ambientazioni. Il disegno mi offre possibi-
lità infinite; non c'è limite a quello che si può creare. Ecco perché si parte sempre più spes-
so dalle story boards. Sono il primo strumento visivo di una narrazione e consentono di intra-
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vedere il mondo che si sta pensando di creare. Il potere evocativo di una sola immagine basta
a rendere l'idea di un intero progetto. Lo sapeva bene Michelangelo quando ha affrescato la
Cappella Sistina per raccontare tutta la creazione. E' un lavoro davvero complesso che mi
INCONTRI
assorbe completamente. Per quanto riguarda il mio rapporto con questi personaggi, devo DI GUSTO
ammettere, che mentre al principio lo vivevo con enorme stupore, adesso non mi rendo
conto di sedere al bar con attori o registi di fama mondiale per bere un aperitivo e decidere
che forma prenderà questo o quel film da milioni di dollari. Sono diventato uno di loro e, di
tanto in tanto, tra amici ci si dà pacche sulla spalla o ci si manda al diavolo.
The “sagne 'ncannulate” are the pre-eminently Nella cucina salentina le “sagne 'ncannulate” sono
home made pasta of Salento cuisine, a great la pasta fatta in casa per eccellenza, un grande
dish of country civilization. piatto della civiltà contadina.
The “sagne 'ncannulate” are the pre-eminently home made pasta of Salento cui-
sine, a great dish of country civilization.
Once this dish was prepared on Sundays and on the celebration days, with meat-
balls in tomato sauce and ricotta forte that is a local very sour cheese.
The “sagne 'ncannulate” are terrific and the ones made by our grandmothers were
different from the ones in the shops. Well, the latter are good, but once there was
a sort of ceremony around this dish that today it is impossible to repeat. Places,
times, tools, movements were a part of an almost religious rite, always equal, dee-
ply assimilated by the grandmother, by the great-grandmother and still before by
the great-great-grandmother who had handed down it in turn to their own dau-
ghters.
For instance, you cannot think of making and of dishing up the “sagne 'ncannu-
late” unless you have half a day on your hands. Well, they can be made in thir-
ty minutes but they need three or four hours to dry, otherwise they will turn out
to be sticky.
The dough must be harder than the one of orecchiette and, beside semolina and
water it is necessary lots and lots of elbow-grease. The tool used to roll out the
dough was a kind of rolling-pin made of a broomstick. It was perfectly cleaned
and was used only for cuisine preparations, “lu minaturu” was even brandished,
Un tempo questo piatto si preparava la domenica e i giorni di festa, con le polpette
al sugo e ricotta forte, “scante”, per dirla alla pugliese.
Le “sagne 'ncannulate” sono una cosa seria e quelle che facevano le nostre nonne
non erano certo uguali a quelle che oggi si trovano in commercio. Non che quest'ul-
time non siano buone, ma attorno alla preparazione di questo piatto, c'era una sorta
di cerimonia che è impossibile oggi ripetere. I luoghi, gli orari, gli strumenti e i movi-
menti facevano parte di un rito quasi religioso, sempre eguale, profondamente assi-
milato perché era quello che la nonna, la bisnonna, e ancor prima la trisavola, ave-
vano tramandato, a loro volta, ciascuna alle proprie figlie.
Come potete pensare, per esempio, di fare e scodellare le “sagne 'ncannulate” se non
avete a disposizione mezza giornata? Non provateci neanche. Non perché non si pos-
sano fare in trenta minuti, ma se non le lasciate asciugare per almeno tre, quattro
ore risulteranno collose.
L'impasto deve essere più duro di quello delle orecchiette e, oltre alla semola e all'ac-
qua, è necessario tanto, tanto olio di gomito. L'attrezzo per stendere la pasta era sì
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un mattarello, ma un mattarello artigianale, fatto in casa, ottenuto dal manico di una
scopa. Perfettamente pulito ed usato esclusivamente per le preparazioni in cucina, “lu
minaturu” era anche brandito o se ne invocava l'uso contro i discoli della famiglia, LE VIE DEL PANE
figli o nipoti che fossero. Era forse proprio l'uso di questo strumento, il momento di
massima religiosità. Man mano l'impasto si stendeva e diventava sempre più grande,
cedeva sotto il rullo di legno e, per farlo scivolare meglio, ogni tanto si spolverava di
farina. Come fosse un massaggio alla schiena con il borotalco, così “lu minaturu”
agiva sull'impasto rendendolo lucido, vitreo, elastico. Alla fina veniva tastato, tocca-
to, controllato, come farebbe un medico quando tocca il ventre di un paziente, per
controllarne lo spessore, l'elasticità, la durezza. E quando le nostre vecchie non erano
soddisfatte, ancora colpi di “minaturu” ad ottenere quel risultato che solo loro sape-
vano. Allora il grande disco di pasta, grande quanto il tavolo di legno che staziona-
or was invoked against the
little rascals of the family:
children or grandchildren.
And just when this tool
was used, that was the
moment of highest religio-
sity. As the dough was
being rolled out, it began
larger and larger and gave
up. So, in order to cause it
to roll better, sometime it
was powdered with flour.
As it were a massage on
the back with talc, “lu
minaturu” made the dough
bright, glassy, elastic. At
the end it was tried, touched, checked as a doctor does to the stomach of one of
his patients to examine its thickness, its elasticity, its tension. And, when our old
women were not satisfied, went on rolling out until they got the result only they
knew. Then, the large disk of dough, as large as the kitchen table, was ready and
had to stand for some minutes until its surface began lightly dry. Then those
hands caressed it again, powdered it with some flour and, with their finger and a
knife and the skill of a surgeon, they cut perfect, long, precise stripes of dough.
With an unexpected quickness, the great disk was cut into tagliatelle, one by one,
twisted back on themselves, “ncannulate”. Guess where they were let stand! I can
remember the house of a peasant family of my town. It was quite small an there
was no other table where to put the “sagne 'ncannulate”, so the large tidy dou-
ble bed, covered with very white towels, was perfect and they were laid on it. Well,
there could not be a better place where they could stand after all that they had
been compelled to suffer.
va in cucina, era pronto e veniva lasciato riposare alcuni minuti, per consentire alla
superficie di essiccarsi leggermente. Poi di nuovo quelle mani lo accarezzavano, spol-
veravano sopra un po' di farina e, dito e coltello, con la maestria di un chirurgo,
tagliavano perfette, lunghe, precise strisce di pasta. Con una velocità sorprendente,
il grande disco di pasta era ridotto in tagliatelle e una per una, avvitate su se stes-
se, “ncannulate”.
Sapete dove venivano poi lasciate riposare? Mi viene in mente la scena che vedevo in
casa di una famiglia contadina del mio paese. Non avendo molto spazio e non essen-
doci altri tavoli dove poggiare le “sagne 'ncannulate”, allora il grande lettone matri-
moniale, perfetto, ordinato, ricoperto di canovacci bianchissimi le accoglieva. Dove,
d'altra parte, potevano riposare le “sagne 'ncannulate” dopo tutto quello che erano
state costrette a subire?
63
Old Provenzano chemist's, charming temple of health
Gallipoli, “the Ionian Pearl” is one of the most famous tourist resorts in Salento. Its name
comes from the Greek “kalè pòlis” (beautiful city), and reveals that this town has been
appreciated since ancient times for its natural and architectonic beauties.
The old town is characteristic and charming and is situated on a limestone island connec-
ted to the mainland by a bridge. Its narrow streets and alleys open on incomparable views;
there are many charming buildings that excite great admiration. And just in the heart of
the old town, in front of the beautiful Cathedral there is Pirelli Palace, now known as
Provenzano, surely one of the most famous and important palaces in Gallipoli. This
ancient house dates back to XVI century, it has classical windows but the most impressi-
ve thing of this palace is the beautiful portal with the upper loggia of Baroque period. The
double lancet window balcony with two lateral columns supporting the double arches
with the central flower decoration is really remarkable.
On one side of the building, in De Pace street, there is the ancient sixteenth-centu-
Antica Farmacia Provenzano,
suggestivo tempio della salute di Sabrina Sansonetti
Gallipoli, “La Perla dello Ionio”, è una delle località turistiche più rinomate del Salento.
Il suo stesso nome, dal greco kalè pòlis città bella, rivela come sin dall'antichità questa
amena cittadina viene apprezzata per le sue bellezze naturali ed architettoniche.
Caratteristica e suggestiva è la “città vecchia”, che sorge su un'isola calcarea ed è collega-
ta alla terraferma da un ponte in muratura. Le sue stradine e i vicoli stretti e tortuosi rega-
lano all'improvviso impareggiabili scorci; numerosi sono gli edifici che attirano lo sguar-
do, suscitando grande ammirazione. Ed è nel cuore del centro storico, di fronte alla bel-
lissima Cattedrale, che sorge Palazzo Pirelli, oggi Provenzano, sicuramente uno dei più noti
ed importanti di Gallipoli.
65
Questa antica dimora che risale al XVI secolo, esibisce finestrature classiche, ma ciò che
colpisce maggiormente l'attenzione è il bel portale con loggia superiore di epoca barocca.
Pregevole è, infatti, il balcone a bifora con due colonne laterali che sorreggono i doppi METE
archi, al centro dei quali vi è una stupenda e fantasiosa decorazione floreale.
Costeggiando lo stabile si arriva su via A. De Pace dove si apre l'antico portale cinquecen-
ry portal that is what it
should be the first entrance
of the palace and, here, in
the original entrance hall
there is the historic
Provenzano chemist's. It is
one of a kind: even if it is a
regular shop, it has kept
unchanged furniture and
atmospheres like a sort of
magical link between past
and present.
It was founded in 1814 as an apothecary's shop by the doctor Garzia, in 1882 it became
a chemist's with Giovanni Provenzano, who succeeded as a chemist.
Inside everything seems to be survived at the time attacks, mainly thanks to the interest
and the cares of the present owners Arlotta-Provenzano. The furniture is the original one
with wooden showcases for the exhibition of vintage pottery and glasses that stand out
for their brilliant colours and their excellent workmanship. Even the Latin inscription wel-
coming visitors is meaningful: “Pharmaca dant vitam, tollitur arte malum”, that is: medi-
cines give life but diseases can be cured only by ability. Other important element of this
singular chemist's is the total absence of any commercial reference: products are not exhi-
bited and there is no advertisement; wise and courageous choice in order to respect the
right balance between past and present.
tesco ad indicare quello che doveva essere il primo ingresso del palazzo ed è qui, nell'ori-
ginale androne, che è situata la storica Farmacia Provenzano, unica nel suo genere. Pur
trattandosi di un esercizio commerciale in piena attività, essa ha mantenuto inalterati nel
tempo arredi e atmosfere, in una sorta di magico collegamento tra ieri e oggi.
Fondata nel 1814 come spezieria, dal Dott. Garzia, diviene farmacia nel 1882 ad opera di
Giovanni Provenzano, che subentra nella gestione dell'attività con diploma di farmacista.
All'interno tutto sembra sopravvivere agli attacchi del tempo, grazie soprattutto all'inte-
resse ed alle cure degli attuali proprietari Arlotta-Provenzano. L'arredamento è quello ori-
ginale in legno con vetrine utilizzate per l'esposizione di ceramiche e vetri d'epoca, che
risaltano per i loro vivaci colori e per l'ottima fattura. Significativa è anche la scritta in lati-
no che accoglie il cliente-visitatore: “Pharmaca dant vitam, tollitur arte malum”, come a
dire che i farmaci danno la vita, ma il male si cura attraverso la competenza. Altro parti-
colare, non irrilevante e che contribuisce alla singolarità di questa farmacia, è la totale
assenza di qualsiasi richiamo commerciale: i prodotti non sono esposti e non vi è alcuna
forma di pubblicità; scelta, questa, saggia e nello stesso tempo coraggiosa, giusto equili-
67
brio tra passato e presente.
Chi vi entra per la prima volta non può fare a meno di notare lo splendido soffitto cin-
quecentesco con festonature e formelle lapidee con mascheroni e scene mitologiche.
METE
Il palazzo appartenne alla nobile famiglia Pirelli, estintasi nel XVIII secolo, che scelse di
Those who go into it for the first time cannot help noticing the splendid sixteenth-cen-
tury ceiling with festoons and stone panels with masks and mythological scenes.
The palace belonged to the noble family Pirelli, ended in XVIII century, who decorated
the entrance hall's vault of its house, the today chemist's, with carparo stone high relie-
ves rich in friezes and frames joining in an interesting keystone. The latter, instead of
the coat of arms of the family frescoed in front of the hall, reveals a central panel repre-
senting the meeting between Minerva and Fortune.
Minerva, the Goddess of Wisdom, is armed with the cock and the howl at her feet, animals
sacred to her, while the Goddess of Fortune holds the cornucopia, symbol of abundance,
and a rudder to lead mankind's destiny. These symbols recall the XVI century motto:
“Wisdom and Fortune preside over the City's government”. Another reference to the City
of Gallipoli is the corner column of
the prospect carrying a ball of a bom-
bard on its capital to remind the war
offences got over by its inhabitants
valorously and bravely.
Of course it is no common to go into
a so peculiar and rich in history che-
mist's where echoes of voices and
noises of the past seem to mingle
with today's rhythms. A real architec-
tonic jewel, a singular temple of
health and we hope it could pass
through the next years intact and
with the same charm.
decorare la volta dell'ingresso della propria abitazione, oggi farmacia, con altorilievi in car-
paro, corredati da fregi e cornici che si incontrano in una interessante chiave di volta.
Questa, al posto dello scudo araldico della famiglia,che appare affrescato in fondo alla sala,
rivela una formella centrale raffigurante l'incontro fra due divinità mitologiche: Minerva e
Fortuna.
La dea della sapienza, Minerva, è armata con ai piedi il gallo sacro e la civetta, animali a
lei cari, mentre la dea Fortuna regge la cornucopia, simbolo dell'abbondanza, ed un timo-
ne per indirizzare il destino degli uomini. Questi elementi simbolici rimandano al motto
del '500: “Sapienza e Fortuna sovrintendano al governo della Città”. Altro richiamo alla
città di Gallipoli è la colonna
angolare del prospetto che reca
sul capitello una palla di bom-
barda per ricordare le offese
belliche superate dai suoi abi-
tanti con valore e coraggio.
Certo non capita tutti i giorni
di entrare in una farmacia così
particolare e ricca di storia,
dove l'eco di voci e rumori d'al-
tri tempi sembra confondersi
con i ritmi di oggi. Un vero e
proprio gioiello architettonico,
un singolare tempio alla salute,
che si spera attraversi indenne e
con lo stesso fascino gli anni a
venire.
Castellaneta, tra passato e presente la fierezza
di una civitas a lungo contesa e mai del tutto conquistata
di SAlessandro Stajano
It sits properly like a stone sphinx on a spur, loo- Siede composta come una sfinge di pietra su
king at the near East that is a friend and a menace, uno sperone roccioso, mirando il vicino
a mercenary and a brother at the same time. Levante amico e minaccioso, mercenario e fra-
Castellaneta, entrenched on the great Gravina ravi- terno. Castellaneta, arroccata sulla Gravina
ne dug by water , reminds those glorious times grande scavata dalle acque, ricorda tempi glo-
when, “fidelissima civitas”, fought with Ferdinand riosi nei quali, “fidelissima civitas”, si batteva
the Catholic to oppose the French advance in al fianco di Ferdinando il Cattolico per osteg-
Apulia. giare l'avanzata dei Francesi in Puglia.
The fertile area situated in the so
called Ionian Arch, known as
“the Minerva”, was already set-
tled by Sicels, Messapii and
Iapyges colons in the Bronze
Age. More times it was besieged
and destroyed by Alarico's
Vandals. The ancient population
took to the innermost settle-
ments and rebuilt the original
built-up area around 550 with
the name of Castanea. By the
half of IX century Saracens
attacked this valuable citadel
but, thanks to the help of the
near built-up areas it enlarged
gathering lots of peoples in a
wide and well defensible fortifi-
cation (the “Castellum Unitum”)
that is Castellanetum. It was just
the beginning of a series of
foreign dominations: Normans,
Aragonese, Byzantines,
Spaniards and French again.
After the presence of the the Flemings it finished in a period of decadence tormented by
inner struggles among small feudatories. In 1858 Garibaldi was interested in the small
town which, after two years from his visit, supported the vote for the United Italy to a
man. The two World wars hurt Castellaneta seriously both for the high number of victims
and for the Nazi bombing which destroyed great part of the old town. In fact just during
the celebrations for the allies' arrival bombs whistled on
the roofs leaving deep scars on this gentle and proud
Apulian town. Today Castellaneta is famous throughout
the world not for its glorious past and for its splendid
landscape but for being the birthplace of Rodolfo
Valentino, whose eyes conquered whole audience of
women.
Visiting Castellaneta is like a dive into history. Going up
the deep natural crack of the most spectacular ravine in
Apulia you can read the eras and the evolutionary pro-
cess in the stratification that has characterized it in the
centuries. Let's start from the rupestrian sites on the
friable calcareous rock disseminated along the vertical
faces that, in some points reach an altitude of 150
metres. It was in these tortuous ravines that local peo-
ple avoided the invasions of Nordic peoples (Goths and
Lombards) and Saracens and Leone III's iconoclastic
struggle against the Orthodox monks. The latter were
Già abitata nell'Età del Bronzo da coloni Siculi, Messapi e Japigi, l'area fertile che è situa-
ta nel cosiddetto arco Jonico, conosciuta come “la Minerva”, venne più volte assediata e
poi distrutta dai Vandali di Alarico. L'antica popolazione, rifugiatasi presso gli insediamen-
ti più interni, ricostruì l'abitato originario intorno al 550 dandole il nome di Castanea.
Furono i pirati saraceni, stavolta intorno alla metà del IX secolo, a pretendere questa pre-
ziosa cittadella. Ma, con l'aiuto di altri insediamenti vicini, il piccolo agglomerato di case
s'ingrandì fino ad accogliere all'interno di una estesa e ben difendibile fortificazione una
gran quantità di genti riunite nel “Castellum Unitum”, ovvero Castellanetum. Fu solo l'ini-
zio di una lunga serie di passaggi di mano e dominazioni straniere. Normanni, Aragonesi e
Angioini, Bizantini e ancora Spagnoli e Francesi, per finire in un periodo di decadenza
seguito alla presenza dei fiamminghi e travagliato da lotte interne tra piccoli feudatari. Nel
1858 fu proprio Garibaldi ad interessarsi della cittadina che, a due anni dalla sua visita, si
schierò compatta nel voto per l'Italia unita. Le due guerre mondiali ferirono gravemente
Castellaneta, sia per l'amaro numero di vittime preteso dal conflitto, che per la devastazio-
ne del bombardamento nazista che distrusse buona parte del centro storico. Infatti, proprio
73
durante i festeggiamenti per l'arrivo degli alleati, le bombe fischiarono sui tetti delle case
lasciando un segno profondo, forse l'ultimo, sul volto di questa mite e fierissima città
pugliese. METE
Oggi Castellaneta è nota in tutto il mondo, ma non per il suo audace passato di cittadina
combattente e per lo splendore paesaggistico e architettonico che ne fanno una delle loca-
lità più amene della regione, quanto più per aver dato i natali all'uomo i cui occhi conqui-
starono intere platee di donne: Rodolfo Valentino.
Visitare Castellaneta è come tuffarsi a capofitto nella storia, risalendo il profondo solco
naturale della più spettacolare gravina di Puglia per leggere, uno strato dopo l'altro, le epo-
the hard core of Castellaneta society during the “dark period” in the early Middle Ages.
From V to X century, they built churches and hypogeous rupestrian pharmacies gathering
hearts and hopes of the rescued people from raids and persecutions. Then we go back to
the old town through streets that are so narrow that two people cannot walk side by side.
Here we can notice the differences between the old town, overlooking the banister of the
Gravina Grande, and the most outward part that has grown beyond the fortified city walls.
Religious and civil buildings alternate with an interplay of simplicity and architectural
sobriety. The aesthetic baroque solutions surprise with routes of faith following the traces
of the saint martyrs. But the
houses, those humble whitewa-
shed boxes, become rifugium
peccatorum without any fantasy
and the only individual expres-
sions are some sporadic vase of
geraniums on the balconies or
the colours, blue, green, red, of
the shutters. The friezes and the
ornaments of the two storey
palaces are few as if they wanted
to keep an egalitarian status bet-
ween nobility and lower classes
which often lived opposite.
Severe and weather-worn fami-
ly coats of arms indicate the ori-
gin of names and districts.
Satellite dishes appear on the
che e le fasi evolutive che l'hanno contraddistinta nei secoli. A partire dai siti rupestri gua-
dagnati alla friabile roccia calcarea e disseminati lungo le pareti verticali che, in alcuni punti,
giungono fino a 150 metri d'altezza. In questi anfratti, non sempre artificiali, la vita delle
genti locali proseguì sfuggendo alle invasioni dei popoli nordici (Goti, Longobardi) e dei
Saraceni e alla lotta iconoclasta di Leone III nei confronti dei monaci ortodossi. Questi ulti-
mi costituirono lo zoccolo duro della società castellanetana durante il “periodo buio” alto-
medievale, dal V al X secolo, costruendo chiese e farmacie ipogee o rupestri all'interno delle
quali coagularono gli animi e le speranze dei molti scampati a razzie e persecuzioni.
Riemersi alla luce del borgo antico, attraversando il budello di stradine tanto ravvicinate da
non consentire il passaggio di due persone all'unisono, si scorgono le differenze che sepa-
rano la città vecchia, affacciata sulla balaustra della Gravina Grande, e la parte più esposta,
via via ingranditasi al di fuori della cinta muraria fortificata.
Edifici religiosi e civili s'alternano e si sfidano vicendevolmente in un gioco di semplicità e
sobrietà architettonica. Le soluzioni estetiche del Barocco stupiscono con ludiche conversa-
zioni di pietra atte a raccontare percorsi di fede e ispirare vite profane a seguitare le orme
75
dei santi martiri. Mentre le case, quelle misere scatole bianche di calce, povere di magnifi-
cenza, diventano rifugium peccatorum lasciando poco spazio alla fantasia e al vezzo indi-
viduale espresso attraverso sporadici vasi di gerani sui balconi o nel colore delle persiane METE
lignee ora blu, ora verdi, altre volte rosse. Pochi i fregi e gli ornamenti dei palazzotti a due
piani, quasi si volesse mantenere uno status egualitario tra nobiltà e popolo che, assai spes-
so, abitavano dirimpetto. Severi blasoni familiari, consunti dalle intemperie, resistono
all'avanzare della contemporaneità indicando, ora qui ora là, l'origine di casati e rioni.
Parabole che nulla hanno a che fare con la passione di Cristo spuntano dai terrazzi guar-
dando l'etere, tra i comignoli perennemente sfumacchianti e le bocche di lupo. Tutto rivi-
ve dalla primavera, e Castellaneta si desta per celebrare la bella stagione foriera di buoni
raccolti, mentre il lavoro nei campi trova ristoro nella messa domenicale e nei riti sospesi in
un paganesimo mai del tutto convertito alla fede della vera croce. Pietanze povere e ricer-
cate diventano piacere per gli occhi e per il palato nello svolgersi lento e costante delle sagre
e delle feste patronali. E se il corteo storico in costume medievale richiama alla memoria il
terraces watching the ether among
perennially smoking chimneys and
the air vents. Everything goes back to
life in spring and Castellaneta awakes
to celebrate the season heralding
good harvests while the work in the
fields finds relief in the Sunday mass
and in those rites uncertain between
paganism and the faith of the real
cross. Poor and refined dishes become
a pleasure for your eyes and for your
taste during the slow going off of the
patronal festivals. And if the historical
parade in medieval costumes recalls
the Sack of Castellaneta, St. Anne's
Day, the “da far'nèdd” festival (the
traditional flour made grinding barley
and chickpeas) on the 9th August,
attract onlookers along stalls and
kiosks in the old town, recalling typi-
cally Mediterranean moods and
tastes. Here there are the friselle seasoned with extra virgin olive oil, farmhouse pies, home
made pastas, dairy products and grilled meat with good local wine. On 12th August
Castellaneta's streets are decked out when the Sea Star (the Virgin called Stella Maris) leads
a procession of smacks and trawlers blessing all the people crowding the sea front of the
maritime hamlet. Also in autumn there are occasions to thank and pray making the beau-
tiful Apulian town a joyful and lively place vibrating of tradition and folklore. When the
grape harvest ends, you can enjoy the novello with chestnuts cooked on the charcoal on
the streets' corners (Zip' zipe and mijr, in November) preparing the rigours of winter and
Christmas celebrations. But
above all there is the ill-con-
cealed pride of being
Castellanetani, cousins, family
friends, simply acquaintances
of the most famous silent
movie star: “ The Son of the
Sheikh”. Nobody could resist
him, neither could the time.
So, the great actor emigrated
to America, revives in any sto-
nes of the fine Castellaneta
and even if someone cannot
tell you a direction, everybody
will be able to show the house
where Rodolfo Valentino was
born.
Sacco di Castellaneta, conte-
stualmente alla fiera di
Sant'Anna (si celebrano in
luglio), la sagra “da far'nèdd”
(la tradizionale farina ottenuta
macinando orzo e ceci, ndr)
che si svolge il 9 agosto, attira
migliaia di curiosi lungo i 2
chilometri di bancarelle e
chioschi allestiti per le strade
del centro storico, rievocando
climi e sapori tipicamente
mediterranei. Ecco allora friselle condite all'extravergine d'oliva, focacce rustiche, paste fatte
in casa, prodotti caseari e carni cotte ai fornelli annaffiate di buon vino locale, addobbare
Castellaneta in festa per anticipare la processione del 12 agosto; quando la stella del mare
77
(la Madonna, altrimenti detta Stella Maris) procede in testa ad una flotta di pescherecci e
paranze benedicendo la popolazione affollata sul lungomare della frazione marittima.
Anche in autunno ci sono le occasioni per ringraziare e pregare facendo della bella cittadi- METE
na pugliese un luogo animato e gioioso, vibrante di tradizione e folklore. Con la fine della
vendemmia si degusta il novello accompagnato dalle castagne cotte sui carboni agli ango-
li delle strade (Zip' zipe e mijr, in Novembre), che prepara al rigore invernale e alle festività
natalizie. Su tutto resta il malcelato orgoglio d'essere castellanetani, cugini, amici di fami-
glia, semplici conoscenti dell'attore più famoso che il cinema muto ricordi: quel “Figlio dello
sceicco” al quale nessuno poteva resistere, neanche il tempo. Così, la bella Castellaneta,
ricorda il grande attore emigrato in America in ogni pietra del paese e, statene certi, quan-
d'anche alcuno non sapesse darvi un'indicazione, tutti sapranno mostrarvi la casa dove nac-
que Rodolfo Valentino.
BOCCA DI LEONE
Its flowers stand like spikes towards the sky
di Sabrina Sansonetti
Ognuno di noi racchiude nella memoria il ricordo di un luogo caro, legato alla propria
infanzia.
Il mio è un “giardino incantato”, teatro di giochi lieti e spensierati, dove fantasia e
immaginazione prendevano il sopravvento e tutto sembrava possibile e per sempre.
Con l'avvicendarsi delle stagioni colori e profumi mutavano in un continuo fluire di
tinte e fragranze. Ed era verso Maggio che una pianta con i suoi fiori gialli, violetti,
rosa, bianchi e rossi porporini colorava le aiuole e il suo nome evocava in me, bambi-
na, storie fantastiche di mostri ed animali feroci.
Si tratta di una pianta antica e bellissima, l'Antirrhinum majus, comunemente chia-
mata Bocca di Leone o, dalle nostre parti, Mangia Pane. Questo nome, strano e inso-
lito, deriva dalla particolare struttura dei fiori, parzialmente tubolari, con due label-
li, simili a labbra, che, se compressi lateralmente, sembrano aprirsi scoprendo la bocca
della corolla.
Snapdragon needs a particular sunny exposure and for this reason Italy and especial-
ly South Italy and Apulia are its natural habitat.
It is frequently grown in gardens for its good-looking coming from the elegance and
polymorphous flower; there are bi colour and variegated varieties used to compose
charming borders.
Propagation occurs from seed but this plant can often propagate by its own out
from man cultivations. Its best bloom time is from May to September when it grows
spontaneously in dry and stony places, on old sunny walls and on the sides of coun-
try lanes.
In past times people thought this plant had cosmetic properties 'cause of its strong
scent; Dioscoride said that the seed of Antirrhinum mixed with lily oil made the face
skin more beautiful. Even now its dried flowers and leaves are used to prepare infu-
sions with effective antiphlogistic, anti-inflammatory, lenitive and resolvent powers.
In the Middle Ages young
women were used to adorn
their hair with its flowers in
order to discourage undesired
wooers. Today these velvety
flowers, blooming in the shape
of a spike, beside embellishing
balconies and gardens, are
widely marketed as cutflowers
for compositions and are used
to produce natural colourings.
So they are ancient and rich
flowers with many properties
and uses but they are simply a
sweet and perfumed childhood
memory to me.
Questa graziosa erbacea appartiene alla famiglia delle Scrophulariaceae ed è originaria
dell'Europa meridionale e del Nord Africa. Il genere Antirrhinum comprende circa 40
specie di piante perenni e annuali, molto diffuse nelle regioni mediterranee.
La Bocca di Leone necessita di un'esposizione particolarmente soleggiata ed è per que-
sto che ha trovato in Italia, e soprattutto al Sud ed in Puglia, l'habitat naturale.
Per il suo bell'aspetto, derivante dall'elegante forma e polimorfismo del fiore, è fre-
quentemente coltivata nei giardini; esistono delle varietà bicolori o a colori screziati
che sono utilizzate per formare suggestive bordure.
La moltiplicazione avviene per seme, ma spesso questa pianta riesce a propagarsi “in
proprio”, al di fuori delle coltivazioni umane. Da Maggio a Settembre, periodo di mas-
sima fioritura, capita molte volte, facendo una passeggiata, di vedere Bocche di Leone
che crescono spontaneamente in luoghi sassosi e aridi, su vecchi muri soleggiati e ai
margini dei sentieri di campagna.
Anticamente a questa pianta dal profumo intenso venivano attribuite proprietà cosme-
tiche; Dioscoride affermava che il seme dell'Antirrino mescolato con olio di Giglio ren-
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deva più bella la pelle del viso. Tuttora le foglie ed i fiori essiccati si usano per prepa-
rare infusi dagli efficaci poteri antiflogistici, antinfiammatori, lenitivi e risolventi.
Una curiosità sulla Bocca di Leone è che nel medioevo le ragazze erano solite ornarse-
ORIZZONTI
ne i capelli per rifiutare i corteggiatori non desiderati. FIORITI
Ma oggi, al di là della valenza ad essi attribuita, questi bei fiori, quasi vellutati, che
sbocciano a forma di spiga, oltre ad abbellire balconi e giardini, vengono largamente
commercializzati come fiori recisi per le varie composizioni floreali e nell'industria sono
usati per ricavare coloranti naturali.
Fiore, dunque, antico e prezioso, dalle molte proprietà e dai vari impieghi; per me sem-
plicemente dolce e profumato ricordo dell'infanzia.
Martina Franca Donkey
Superb autochton breed, today rediscovered and appreciated for its great versatility of uses and the
excellence of its milk.
Dopo il cavallo fatto senatore dall'imperatore romano Caligola e “Francis il mulo parlan-
te”, celebre protagonista di una serie di film negli anni Cinquanta, è l'asino di Martina
Franca, portato sul palco del Premio Barocco 2008 da Renzo Arbore, a calcare le scene, di
fronte ai milioni di spettatori della prima serata di Rai Uno, vivendo un personale momen-
to di gloria. Ma agli asini, in questi ultimi anni, la vita pare sorridere, concedendo a que-
sti simpatici animali un dovuto riscatto da luoghi comuni e maldicenze; pinocchio di
Collodi compreso.
Fronte ampia, orecchie ben dritte, carattere docile e, nel complesso, armonico. E' l'identi-
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kit dell'asino di Martina Franca che da quest'area pugliese della Murgia Tarantina (com-
prendente i Comuni di Alberobello, Ceglie Messapica, Mottola, Massafra, Noci e
Locorotondo), prende il nome. Esportato in tutto il mondo, a quest'eccezionale asino, tra PUGLIA MADRE
i cui pregi s'annoverano anche la grande versatilità d'impiego e l'impareggiabile simpatia,
va il merito d'essere un grande “amatore”. Le sue prestazioni, infatti, sono assai richieste
per migliorare razze poco pregiate e di fragile costituzione. Lo stallone asinino di Martina
è spesso incrociato con la fattrice cavallina di razza Murgese dalla quale si ottiene il noto
“mulo Martinese”. Ma, in questi ultimi anni, da parte degli allevatori, c'è un rinnovato inte-
chthonous breed has prevailed in time, so the evolution of Martina donkey has been
accepted even thanks to its local morphological peculiarities. In fact Martna Franca district
is situated in a tableland a bit lower than the mountain with a thick vegetation and stony
clearings, swamps and dolinas. The difficulty of the ground has favoured the agilest ani-
mals with a strong musculature, able to get food even in the most inaccessible places.
Today it is numbered among the protected and dying species. There are about 200 spe-
cimens. We know more about the Martina donkey since 1926, when the Ministry of
Agriculture with the “Regio Deposito Stalloni” of Foggia (today the Region Councillor's
office for Horse Increment) and the Departmental Agrarian Inspectorate of Bari (today the
Region Councillor's office for Agriculture), institutionalized the process of selection of the
Martina breed. However the real impulse to the rationalization of breeding, in Apulia first
and on the whole nation then, started with the good offices of the then mayor of Martina
Franca, the MP Mr. Alfonso Motolese. The words “donkey” or “jackass” are the most used
disparaging words 'cause of the presumable mulishness of our donkey. Recentl studies, on
the contrary, have clarified its excellent aptitude for work and the remarkable intelligen-
ce of a so malleable animal that can be considered a pet. On top of that we can add the
excellence of the products obtained from its meat and from the she-ass milk. The latter is
resse verso nuovi sbocchi produttivi quali il latte d'asina, per il consumo nella prima infan-
zia, e l'utilizzo nell'industria cosmetica (come ben sapevano Poppea e Cleopatra che nel
latte d'asina, e miele, solevano prendere il bagno, ndr).
Secondo alcune credenze popolari l'asino Martinese deriverebbe da quello Catalano, giun-
to sulle nostre coste a seguito della nobiltà spagnola. Ciononostante, da ricerche pubbli-
cate su riviste specializzate, pare che l'importazione di asini dalla penisola iberica sarebbe
avvenuta una sola volta, e con un numero di esemplari insufficiente a trapiantare una
razza nel nuovo habitat. Queste considerazioni hanno lasciato campo libero alla convin-
zione degli esperti che esistesse anzitempo un robusto asino indigeno, incrociatosi con
l'esemplare spagnolo che l'avrebbe, a questo punto, soltanto migliorato. La “scuola” di
pensiero della razza autoctona, comunque, ha prevalso nel tempo facendo protendere per
un'evoluzione del Martinese proprio in virtù delle specificità morfologiche locali. Il territo-
rio di Martina Franca, giustappunto, è situato su un pianoro di poco inferiore alla cosid-
detta montagna (oltre i 530 metri sul livello del mare), con aree di fitta vegetazione alter-
nate a rade pietrose, lame e doline. L'asperità del terreno avrebbe favorito gli animali più
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agili e dalla muscolatura sviluppata, in grado di procurarsi il cibo anche nei luoghi più
impervi. Oggi annoverato tra le razze protette e in via d'estinzione, se ne contano circa
200 esemplari, dell'asinino di Martina si sa di più a partire dal 1926, quando il ministero
PUGLIA MADRE
dell'Agricoltura, con l'aiuto del “Regio Deposito Stalloni” di Foggia (l'attuale Istituto
Regionale Incremento Ippico), e l'Ispettorato Agrario Dipartimentale di Bari (oggi assesso-
an excellent alternative to mother's milk and the cow's milk so that it is recommended in
the babyhood to cure or to prevent alimentary intolerances in babies. But it is not easy to
get it and, as it is sold raw, it is necessary to warm (no over 70 °C) without boiling it in
order to not deteriorate it. Moreover more and more entrepreneurs of the rural and farm
tourism sector are interested in the psychomotor rehabilitation of disabled people. The
results are encouraging and the pet-terapy with the Martina Franca donkey could beco-
me a concrete reality in specific structures.
rato regionale all'Agricoltura),
istituzionalizzò il processo di
selezione della razza Martinese.
Comunque il vero impulso alla
razionalizzazione degli alleva-
menti sul suolo pugliese prima
e su quello nazionale poi, si
ebbe con l'interessamento del-
l'allora sindaco di Martina
Franca, l'onorevole Alfonso
Motolese. “Asino o somaro”
che dir si voglia, sono gli spregiativi più noti tra quelli che hanno visto, in epoche non
tanto passate, il nostro ciuchino al centro d'una vera e propria discriminazione dovuta alla
sua presunta cocciutaggine. Da recenti studi, al contrario, appare lampante ciò che, in real-
tà, è assai noto fin dall'antichità: ovvero l'ottima attitudine al lavoro e la spiccata intelli-
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genza di un animale tanto duttile da potersi considerare domestico. A ciò si aggiunga la
bontà dei prodotti ricavati dalla sua carne e dal latte della femmina. Quest'ultimo costi-
tuisce un'eccellente alternativa al latte umano e a quello vaccino, tanto da essere consi-
PUGLIA MADRE
gliato nella prima infanzia per
curare o prevenire intolleranze
alimentari nel neonato. Va
detto, altresì, che non è sempre
facile procurarselo e, visto che il
prodotto viene venduto crudo,
occorre scaldarlo (non oltre
70°C) senza bollirlo per non
deteriorarlo. Non è tutto.
Sempre più imprenditori della
filiera agrituristica e rurale si
sono sensibilizzati alle proble-
matiche riguardanti la riabilita-
zione psico-motoria di sogget-
ti portatori di handicap e/o
diversamente abili. I risultati
sono incoraggianti e la pet-
terapy con l'asino di Martina
Franca potrebbe presto diven-
tare una realtà consolidata
nelle strutture dedicate all'ac-
coglienza. Beh, stavolta, il
nostro somarello merita un
gratificante 10 e lode e il pros-
simo che esclamerà “asino”
nella sua accezione negativa
finirà dietro la lavagna!
Eighteen and two wings to take flight!
Gusto di Puglia meets Erica Mou
Someone has already predicted her a bright future, anyway she has made a debut
CD revealing her talent and her remarkable ability and has opened the concerts of
very successful artists such as Carmen Consoli and Patrizia Laquidara. She is the
eighteen years old Erica Mou. She has two wings ready to take flight from the nati-
ve Bisceglie where she was born and grown up to the most prestigious stages. Erica
has toured all-over Italy to present her “Bacio ancora le ferite” and is among the
sixteen finalists of Musicultura, the authoritative musical contest for young singer-
songwriters, that, from the stage of Macerata has launched very important artists
such as Simone Cristicchi, Povia, Gian Maria Testa, Amalia Grè, Avion Travel, Max
Manfredi and Giua, just to mention some of them. A state of grace we would like
to talk about.
Let's go back to the CD and the lucky meeting with your producer who has tru-
sted you, despite his inclination for jazz...
Diciott'anni e due ali pronte per spiccare il volo!
di Vittorio Pio
Gusto di Puglia incontra Erica Mou
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Mou è proprio il tuo cognome o una licenza artistica?
In realtà mi chiamo Musci, a scuola però tutti abbreviavano in Mu. Quando con il mio
produttore Marco Valente abbiamo ragionato sulle cose da fare c'era anche la questione BISBIGLI
del nome. Allora si è arrivati a Mou, per riprendere foneticamente il mio nome ma anche NEL VENTO
quelle caramelle che fanno un po' retrò. Molte cose belle nella musica sono accadute
negli anni'70, quando i miei genitori ancora si dovevano conoscere.
A very singular title, a personal song, isn't it?... Now it is finished, do you think
you have put all you wanted in it?
It's a sentence condensing all the work done, it gives the awareness that all we're
doing hasn't the same consideration of once. In the last year I've listened at least
thousand people speaking of “crisis” or sometime of “end” of the record industry
and of music generally speaking, towards which there's less and less respect. "Bacio
ancora le ferite" (“I Still Kiss the Wounds”) is our aware reply: we know that if we
fell and hurt ourselves, we can't be cured by a kiss...and yet we go on doing that
because we think it's right! And we go on making music and CDs...in fact the next
one will be a triple one!!
Torniamo alla preparazione del disco e al fortunato incontro con il tuo produttore che
ha creduto tanto in te, nonostante la sua predisposizione per il jazz…
Ho incontrato Marco Valente sul finire del 2007 grazie ad un amico comune. La prima
volta che ci siamo incontrati ho addirittura perso il suo bigliettino da visita! Il feeling è
stato immediato e abbiamo iniziato subito a pensare insieme ad un progetto musicale con
relativa traduzione in un disco. Ed è stata senza dubbio la prima occasione in cui ho
incontrato delle persone, degli artisti, che hanno creduto in questa avventura tanto quan-
to me, che hanno capito e che mi hanno riempita con la loro fiducia incondizionata. Così,
dopo un bel po' di riunioni abbiamo scelto i 12 pezzi per l'album (tutti scritti da me tran-
ne una cover di "Pensiero stupendo" di Ivano Fossati), fiondandoci nel lavoro: alla fine
abbiamo deciso per "Bacio ancora le ferite".
Andrè, Guccini, Battiato, Tenco, Battisti, Fossati to the rock of Led Zeppelin and
contemporary rock, from electronic music to pop. I didn't fancy the idea of getting
stuck on a precise and well definite genre when I'm only eighteen. It's visible in this
CD what I enjoy best and what I want to experiment now. Well, the intimist/acou-
stic dimension is the world from where all my songs come from and it's giving lots
of satisfaction to me.
Can you tell me about a place in Apulia you particularly like or where you often go?
The place I prefer best in Apulia and in the world is a stretch of beach of my town.
On the coast there's a tower in front of the sea. I know that the Coliseum, the Tate
Modern or Notre Dame have nothing better than this place... according to me it's
the best place where I can watch the silence that is what I miss sometimes.
Complimenti anche per queste intenzioni bellicose, quindi alla fine diciamo che non
poteva andare meglio …
In realtà ho ascoltato il disco moltissimo durante la sua lavorazione, ma non mi sono
ancora presa il mio tempo per ascoltarlo a freddo, con calma, come se non fossi coinvol-
ta. Spero di riuscirci, anche perchè per me non è facile ascoltarmi! Mi fa sempre un effet-
to strano! Ma sono contentissima.
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Le atmosfere nel disco cambiano parecchio, sei davvero così eclettica oppure ti
senti più vicino a una dimensione intimistica\acustica visto che nei tuoi recen-
ti show case te ne sei andata in giro da sola… BISBIGLI NEL VENTO
L'eterogeneità del disco è stata una delle prime decisioni prese. Volevamo far sì che
trasparissero in questo primo lavoro tutte le mie influenze musicali, tutto quello
che finora ho ascoltato, che va dal cantautorato italiano nei versi immortali di De Andrè,
Guccini, Battiato, Tenco, Battisti e Fossati fino al rock dei Led Zeppelin o al rock contem-
poraneo, dalla musica elettronica al pop. Non mi andava di arenarmi a diciott'anni in un
genere preciso e ben definito. E quest'apertura, che dal disco traspare, mi ha fatto anche
capire quali strade mi divertono di più e cosa voglio sperimentare adesso. Certo, la dimen-
sione intimistica-acustica è il mondo da cui tutti i miei pezzi nascono e che su un palco
mi sta regalando moltissime soddisfazioni. Ma non ti nascondo che, quando ci vuole, un
bel po' di casino intelligente non guasta mai!
Mi parli anche di un posto della Puglia che ti piace particolarmente o dove vai spes-
so..sai com'è...
Il posto che più preferisco in Puglia e al mondo è un tratto di spiaggia della mia città. Sulla
costa, a un certo punto, c'è una torre che guarda il mare. E lo so che il Colosseo, la Tate
Modern o Notre Dame non hanno nulla da invidiargli, ma per me non c'è posto migliore
in cui restare a guardare il silenzio. Che è la cosa che a volte manca.