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Le ricerche sulla fusione nucleare iniziarono nel 1900. Le prime reazioni di fusione prodotte in
laboratorio risalgono al 1932, dagli studi di Ernest Rutherford. Nei suoi esperimenti, egli, osservò la
fusione di atomi di Deuterio e produzione di due nuovi nuclei, Elio e Trizio. Tra il 1950 e il 1960
John Lawson formulò il suo criterio del punto triplo (vedi Paragrafo 4.2); grazie a tale criterio si
misero in luce le problematiche legate alla stabilità del plasma e alle condizioni di fusione nucleare.
Durante gli anni della guerra fredda molte nazioni finanziarono ricerche in questo settore tenendo i
risultati segreti e negando una collaborazione scientifica internazionale. Nel 1960 il primo tokamak
venne mostrato alla comunità scientifica dal fisico Lev Artsimovich grazie agli studi sul
confinamento magnetico di Andrej Sacharov e Igor Tamm. Da allora decine di tokamak furono
realizzati e messi in funzione (fra cui FTU-Frascati a Roma e JET in Inghilterra).
Figura 4.1:Dati dei primi tokamak realizzati.
La fusione nucleare è la reazione che crea e tiene viva ogni stella esistente nell’Universo.
Tale reazione consiste nella fusione di due nuclei leggeri di due atomi isotopi (Deuterio e Trizio,
isotopi dell’Idrogeno) in un atomo più pesante (Elio). Il prodotto della reazione, il nuovo atomo
insieme al neutrone liberato hanno globalmente massa inferiore a quella totale dei reagenti: la
reazione è allora fortemente esotermica (viene liberata una grande quantità di energia). La fusione
avviene se l’interazione nucleare forte riesce a vincere la forza di repulsione Coulombiana. I due
atomi reagenti devono quindi trovarsi molto vicini fra loro (distanze nell’ordine del femtometro
10−15 [m]). Sono le condizioni di elevata temperatura e pressione (quindi densità) che portano due
atomi a tale distanza. La fusione nucleare si realizza con isotopi dell’idrogeno perché sono atomi
con il più basso numero atomico che richiedono dunque la minore energia d’innesco. In alcune
stelle è possibile osservare reazioni di fusione con isotopi di elementi più pesanti come l’Ossigeno 1.
Esistono diverse reazioni di fusione che coinvolgono fra i reagenti Deuterio, Trizio ed Elio. La
reazione Deuterio-Deuterio (D-D) ha come prodotti sia Elio, sia Idrogeno, sia neutroni, sia Trizio;
quest’ultimo rappresenta una scoria radioattiva. La reazione Deuterio-Trizio (D-T) è la più sfruttata:
ha come prodotti Elio e neutroni. Fra tutte le altre è la reazione che permette un maggiore guadagno
di energia. La reazione D-T è la seguente:
2
1 D + 31T → 42 He (3.56 MeV )+ 10n (14.03 MeV )(4.1)
Il Deuterio è facilmente reperibile in natura (1 litro d’acqua contiene circa 120 [mg] di Deuterio); il
Trizio invece non è reperibile in natura e viene prodotto da una delle seguenti reazioni usando il
Litio:
6
3 Li + 10n → 42He + 31T +4.8 MeV (4.2)
7
3 Li + 10n → 42He + 31T + 10n −2.5 MeV (4.3)
La (4.3) assicura fra i prodotti un neutrone che può essere utilizzato come reagente innescando una
reazione a catena. L’isotopo del Litio nella (4.3) è presente in natura con una concentrazione del
92.5%, l’isotopo del Litio nella (4.2) invece in natura ha una concentrazione del solo 7.5%. Il
Trizio è un elemento radioattivo con tempo di dimezzamento di 12.5 anni (tempo nel quale metà
atomi di un campione decadano in un altro isotopo). La reazione Deuterio-Elio (D-He) sfrutta un
particolare isotopo dell’Elio che è molto raro in natura; per tale motivo non è una reazione molto
utilizzata.
Con il termine plasma si identifica un gas ionizzato tale che globalmente (dal bilancio di
ioni ed elettroni) la carica elettrica sia nulla. Il plasma è considerato uno stato di aggregazione della
materia oltre i tre consueti solido, liquido ed aeriforme. Presentando cariche elettriche (elettroni)
libere di muoversi, il plasma è un buon conduttore elettrico e viene molto sollecitato dai campi
elettromagnetici. Questo stato della materia fu per la prima volta osservato da Sir Williams Crookes
nel 1879 e denominato plasma da Irving Langmuir nel 1928. Il plasma non esiste sulla Terra in
natura se non in fenomeni casuali e isolati: fulmini, aurore boreali, fiamme. Il 99% della materia
conosciuta nell’Universo è invece sottoforma di plasma. La formazione di plasma è legata ai campi
elettrici e alle pressioni, i quali agiscono sulla materia. Una quantità di materia è definita plasma se
1
B. Coppi, J. Rem, “Il Tokamak e la fusione termonucleare controllata”, Le Scienze, vol. 50, 1972.
vi è una concentrazione minima di ioni ed elettroni all’interno di una sfera di raggio fissato
(lunghezza di Debye)2. Tale lunghezza si esprime (con T [eV ] e n [m−3 ]):
T
λ D =7430
√ n
(4.4)
Per gli scopi della fusione nucleare si definisce il criterio di Lawson 3, dal nome del fisico che lo
formulò nel 1957. Tale criterio è una misura dell’efficienza di un reattore a fusione nucleare, il
quale impone un limite minimo al prodotto triplo di densità n, tempo di confinamento τ e, e
temperatura T nella seguente forma:
Tale reazione afferma che la reazione di fusione nucleare avviene in condizioni di alta densità,
lungo tempo di confinamento, alta temperatura per il plasma: molte particelle, che stiano molto
tempo vicine, molto energetiche. Riuscire a creare un ambiente dove tutti i tre parametri abbiano
valori elevati è la sfida della realizzazione tecnica degli impianti a fusione nucleare. Ogni particella
di plasma interagisce con le altre in diverse modalità:
Interazioni binarie tra particelle cariche e/o atomi neutri (urti fra due particelle)
Interazioni collettive coulombiane tra le particelle cariche
Interazioni elettromagnetiche dovute ai moti ordinari delle particelle
Le particelle di plasma possono essere confinate attraverso appositi campi magnetici. Tutta
via il plasma interagisce con lo stesso campo magnetico influenzando la stabilità e la temperatura
del sistema. I sistemi a confinamento magnetico si dividono in due categorie: a specchio magnetico
o a toro magnetico. Il secondo tipo di impianto ha trovato la sua realizzazione negli impianti
Tokamak, i più diffusi per semplicità ed efficienza per le prove da laboratorio. Il Tokamak è
costituito da una camera in cui è applicato il vuoto di forma toroidale. Attorno alla superficie un
solenoide induce un campo magnetico toroidale. Questo campo non permette da solo il
confinamento del plasma, poiché genera un gradiente di intensità tra interno ed esterno della camera
toroidale. Il plasma stesso attraverso un sistema di avvolgimenti poloidali, ortogonali a quelli
toroidali, funge da conduttore per una corrente poloidale che genera un campo magnetico poloidale,
2
K. Miyamoto, “Plasma Physics and Controlled Nuclear Fusion”, Springer-Verlag, Berlin & Heidelberg, 2005.
3
J.D.Lawson, “Some criteria for a power producing thermonuclear reactor”, Proc. Phys. Soc. B, vol.70 (6), 1957.
ortogonale a quello toroidale. Questo ulteriore campo magnetico è ricavabile dalla legge di Amperè.
La sovrapposizione dei due campi magnetici crea il confinamento per le particelle di plasma.
Proprio la corrente poloidale che scorre sul plasma produce un forte calore per effetto Joule, calore
che aumenta la temperatura del plasma. Questa corrente indotta deve essere pulsante al fine di
assicurare un campo magnetico poloidale unidirezionale4. Tale condizione di unidirezionalità si
verifica a patto che la corrente indotta sia sempre crescente nel tempo. I limiti tecnologici
impongono allora una corrente pulsante e non continua. In questo modo viene generato un campo
magnetico poloidale sempre nella stessa direzione. Il confinamento realizzato nel tokamak è assial-
simmetrico, permettendo una maggiore semplicità di realizzazione rispetto agli altri impianti di
confinamento. Affinché le condizioni critiche vengano raggiunte e mantenute è fondamentale
l’isolamento termico del plasma. Questo viene misurato attraverso il tempo di confinamento τ e che
quantifica il tempo per cui si mantengono le condizioni di fusione. Questo tempo è ricavato come
rapporto tra il contenuto energetico del plasma e la potenza fornita al plasma 5. Le strutture di questi
impianti sono sottoposte a notevoli stress, termici e meccanici. Gli stessi magneti/avvolgimenti che
producono i campi magnetici devono sopportare correnti molto elevate; per tali ragioni si studia per
realizzarli con materiali in stato di superconduttività (dove l’effetto Joule cala drasticamente di
intensità rispetto ai normali conduttori). Negli impianti esistenti le bobine di eccitazione per la
produzione dei campi magnetici non possono infatti essere spinte oltre una corrente limite per
questa causa. L’utilizzo di magneti superconduttori permetterà il superamento di questo limite. La
potenza termica sviluppata non rimane interamente confinata dai campi magnetici. Diventa quindi
importante controllare lo smaltimento di questa potenza che, essendo nell’ordine dei MW ( 106 Watt
), può causare danni alla parete interna della camera a vuoto. Da queste considerazioni nasce
l’esigenza di progettare la superficie della camera a vuoto perfettamente identica alla forma della
curvatura delle linee di campo magnetico generato.
4
S.I. Braginskii, “Transport processes in a plasma”, Reviews of Plasma Physics, 1, 205, 1965.
5
J. Freidberg, “Plasma Physics and Fusion Energy”, Cambridge University Press, Cambridge, 2007.
Figura 4.2: Schema di funzionamento del Tokamak.
L’equilibrio dinamico del plasma è realizzato dalle forze di pressione esercitate dal plasma e quelle
esercitate dai campi magnetici. Proprio il campo toroidale impone lo spostamento sull’asse verticale
delle particelle che percorrono il toro. Tale spostamento avverrà in un verso per una carica e nel
verso opposto per una carica di segno opposto. Ciò produce la separazione delle cariche presenti nel
plasma con relativa produzione di un campo elettrico. Per la legge di Lorentz e quindi per l’effetto
dei campi magnetici ed elettrici, il moto delle particelle di plasma risulterà elicoidale. 6 I raggi delle
orbite elicoidali degli ioni saranno diversi da quelli degli elettroni a causa delle diverse masse.
Questi raggi sono definiti raggi di Larmor:
m v⊥
r L= (4.6)
qB
La frequenza di rotazione delle cariche nel loro orbitare viene definita frequenza di Ciclotrone:
6
I. E. Tamm, “Plasma physics and the problem of controlled thermonuclear reactions”, Pergamon Press, New York,
1959, vol. I.
qB
ωc= ( 4.7)
mc
Proprio al variare del campo poloidale vengono controllate la forma e la posizione del plasma
all’interno della camera toroidale. Le conoscenze tecnologiche permettono oggi di generare campi
magnetici toroidali di intensità quasi pari a 12 [T] (circa 1 milione di volte più potente del campo
magnetico Terrestre). La resistenza elettrica del plasma, che causa l’effetto Joule con la corrente
indotta, è il risultato macroscopico delle collisioni fra le particelle del plasma. L’efficienza di questo
tipo di riscaldamento decresce con l’aumento della temperatura. A causa di questo è necessario
fornire energia esterna al sistema per portare il plasma alle condizioni di fusione 7. Ciò si realizza
con sistemi di riscaldamento ausiliari: iniezione di atomi neutri, irraggiamento con onde
elettromagnetiche. Gli urti degli atomi neutri con il plasma contribuiscono ad aumentare
l’agitazione termica. Le onde elettromagnetiche invece trasportano energia da trasferire alle
particelle di plasma. Questo trasferimento si ha se la frequenza dell’onda è molto vicina ad una
delle frequenze caratteristiche di oscillazione del plasma, una delle frequenze di risonanza (ad
Pout
esempio la frequenza di ciclotrone). Dal bilancio delle potenze si definisce Q= , fattore di
Pin
guadagno¸ una misura dell’efficienza del sistema. Per reattori commerciali si dovrà raggiungere
Q=50. Ad oggi il migliore impianto, il JET, raggiunge circa Q=0.67. Il progetto ITER dovrà
essere in grado di raggiungere Q=20. Esistono molto impianti con sistemi di confinamento
magnetico ognuno dei quali riesce a raggiungere determinate condizioni critiche. Il progresso
tecnologico ha permesso la costruzione di macchinari sempre più longevi e resistenti alle
temperature, pressioni e campi magnetici richiesti dalla reazione di fusione nucleare. La Figura 4.2
riporta i valori del punto triplo per la definizione del criterio di Lawson di ognuno di questi
impianti. L’accensione della corrente di plasma avviene in diverse fasi:
7
H. P. Furth, “Progressi del reattore a fusione tokamak”, Le Scienze, vol. 134, 1979.
Figura 4.3: performance impianti a fusione nucleare.
Il tokamak JET (Joint European Torus) è stato realizzato tra il 1980 e il 1983 presso il
centro nucleare dell’UKAEA (United Kingdom Atomic Energy Authority) di Culham (Oxford). Il
progetto è stato sviluppato e realizzato da tutti i paesi membri dell’Unione Europea. Fra gli impianti
tokamak esistenti, il JET è il più grande; esso permette di raggiungere le migliori prestazioni fra
tutti i tipi di tokamak. Il progetto europeo è terminato nel 2000; oggi il JET è utilizzato come
piccola copia dell’impianto ITER che sarà realizzato entro il 2025. Nel JET vengono infatti provati
scenari di operazioni e misure per migliorare il progetto ITER.
La camera toroidale a vuoto è costituita da una lega di Ni e Cr divisa in 32 settori rigidi a doppia
parete. Le porte di accesso al plasma sono in totale 54: 18 equatoriali e 36 verticali. All’interno
della camera viene creato alto vuoto da pompe turbomolecolari. I limiti tecnici del JET sono diversi:
il campo magnetico toroidale massimo non può superare i 4 [T ] , la corrente indotta, a causa
dell’effetto Joule non può superare il valore di circa 5[ MA ] e il volume di plasma che si può
introdurre che arriva a circa 60[m¿¿ 3]¿.
Figura 4.6: Parametri del JET.
Il primo plasma nel JET venne introdotto il 25 giugno 1983, il 9 aprile 1984 venne ufficialmente
inaugurato l’impianto alla presenza della Regina Elisabetta II e tutti i rappresentati istituzionali
europei. Nel 1997, iniettando 25[ MW ] di potenza addizionale al plasma, il JET ha prodotto un
guadagno di potenza di circa Q=0.67. Questo guadagno è il più alto che un reattore abbia mai
prodotto. A causa della radioattività del Trizio sono stati sviluppati sistemi remotizzati o robotizzati
(remote handling) per la manutenzione all’interno della camera a vuoto. Nel 2011 la parete interna è
stata sostituita da materiali costituiti dagli stessi elementi che formeranno la parete della camera del
progetto ITER (tungsteno e berillio)8 per simularne l’ambiente che avrà il nuovo reattore.
8
P. Platania, W. Bin, A. Cremona, L. Figini, S. Garavaglia, M. Lontano, A. Moro, “Energia e fusione nucleare, la via
del confinamento magnetico”, Giornale di Fisica, vol. 57, Società Italiana di Fisica, Bologna, 2016.