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Le domande che amici e conoscenti mi fanno più di frequente su questo corso riguardano le
materie e gli esami che si devono superare. Cioè, cosa si studia nei corsi di Scienze della
Comunicazione? Quali sono le materie più importanti?
La risposta a questa domanda non è immediata, almeno per due motivi. In primo luogo,
bisogna considerare la grande diversità di approcci che esistono in questo campo di studi.
L'interdisciplinarietà è una caratteristica fondante degli studi sulla comunicazione. In
secondo luogo, i corsi di studio presentano differenze rilevanti nell'impostazione didattica,
sia all'interno del contesto italiano che all'estero. Per esempio, negli Stati Uniti lo studio della
comunicazione viene spesso inserito all'interno dei corsi di giornalismo e di arti
performative, mentre in Italia le scienze della comunicazione si sono costituite sotto la guida
delle più mature scienze sociali.
Concentrandomi sul contesto italiano e sui corsi di laurea triennali, con l'aiuto del prof.
Mauro Ferrante, docente di Statistica sociale presso l'Università di Palermo, ho fatto una
ricerca su questo tema. Questa ricerca, di cui presenterò i risultati qui, è certamente
incompleta e scarsamente significativa dal punto di vista statistico, ma potrebbe essere in
futuro un punto di partenza per un eventuale approfondimento.
Credo che fare chiarezza sui saperi di base dei corsi di comunicazione sia un tema urgente
per chiunque si interessi a questo ambito. Se le Scienze della Comunicazione vogliono
continuare in modo proficuo il loro percorso di legittimazione all'interno del mondo
accademico e del mercato lavorativo, è necessario stabilire con precisione quali sono le
conoscenze fondanti di questo campo. Solo in questo modo sarà possibile avviare un
dibattito serio su cosa sia necessario includere, escludere, ridurre e potenziare dai curriculum
didattici e risolvere alcuni dubbi nelle scelte di orientamento, professionale e accademico,
degli studenti. Sino a questo momento abbiamo giocato in un terreno dai confini incerti, ora
è arrivato il momento di marcare le linee del nostro campo.
Chiaramente, il punto di partenza della ricerca è consistito nel decidere che tipo di dati
raccogliere. Visto che parliamo di piani didattici, le unità di base sono le materie. Ad ogni
materia sono associate una serie di informazioni:
● Denominazione dell'insegnamento
● Numero di CFU (Crediti Formativi Universitari)
● TAF (Tipologia Attività Formativa)
● ssd (settore scientifico-disciplinare)
Due parametri più utili da questo punto di vista sono stati la tipologia di attività formativa e
il settore scientifico-disciplinare.
Nel sistema universitario italiano si distinguono sei tipi di attività formative: le attività di
base, le attività caratterizzanti, le attività affini, le attività a scelta dello studente, la prova
finale e le altre attività formative. Nell'ultima categoria ricadono ad esempio i laboratori e gli
stage. Le attività formative di base non sono presenti nei corsi di laurea magistrali, dato che
devono essere completate durante i corsi triennali. Nei piani didattici ad ogni tipo di attività
è associata una lettera, come mostrato nella tabella sotto.
L'ultimo decreto ministeriale a cui facciamo riferimento su questo tema è quello del 16
Marzo 2007. Questo decreto è particolarmente importante perché è quello in cui vengono
stabilite le classi di laurea attualmente esistenti. Le classi di laurea dei corsi di Comunicazione
sono tre: una triennale e due magistrali.
Nell'allegato 1 del decreto citato sopra, quello inerente alle classi di laurea triennali, vengono
stabiliti gli "obiettivi formativi qualificanti" e le "attività formative indispensabili" per la
classe di laurea L-20. Per queste attività formative indispensabili il Ministero dell'Istruzione
indica una serie di settori scientifico disciplinari che devono essere presenti con almeno 36
CFU per le attività di base e con almeno 54 CFU per le attività caratterizzanti, per un totale
di 90 CFU. Considerando che i piani didattici dei corsi di laurea triennali hanno un peso di
180 CFU, il Ministero dà la libertà di scegliere ai singoli atenei quali settori
scientifico-disciplinari considerare per la metà restante dei crediti formativi universitari. E'
importante notare che nel decreto vengono date indicazioni solo sulle attività di base e
caratterizzanti, lasciando piena autonomia agli atenei sugli altri tipi di attività.
Nell'immagine riportata in basso osserviamo che, per alle attività formative di base della
triennale in Scienze della Comunicazione, sono associati due ambiti disciplinari: quello delle
discipline semiotiche, linguistiche e informatiche e quello delle d iscipline sociali e
mediologiche. In base alla loro autonomia didattica le università non sono tenute a includere
tutti gli ssd elencati sulla destra dell'immagine, ma la cosa necessaria è che almeno 36 CFU
delle attività formative di base facciano riferimento a una selezione di questi settori
disciplinari. Quando gli atenei scelgono ssd diversi a partire da questo "paniere" emergono le
differenze fra le attività di base dei corsi.
Incompletezza della ricerca
Secondo i dati di Universitaly, portale di orientamento del MIUR, i corsi di laurea in Scienze
della Comunicazione, sia triennali che magistrali, sono attualmente 96. Di questi 96 corsi ne
ho selezionati 10, tutti triennali, di cui ho raccolto informazioni sulle offerte formative. Il
criterio di scelta si è basato essenzialmente su due fattori: la distribuzione geografica e la
completezza dei dati messi a disposizione dalle università.
In molti casi infatti i dati sulla tipologia di attività formativa non erano reperibili, in altri
l'utilizzo delle tecniche di web scraping era difficile perché i dati erano poco accessibili o mal
strutturati (per esempio in mancanza del tag <table> per l'estrazione di tabelle).
A causa dei tempi ristretti e della mancanza di conoscenze approfondite su argomenti come
il campionamento e l'estrazione di dati, la ricerca è rimasta incompleta e non rappresentativa
della totalità dei corsi di laurea italiani di Comunicazione. Rimane utile comunque
presentare questi risultati, seppur parziali, per mostrare i settori scientifico-disciplinari che
hanno più peso e le differenze nella composizione didattica di questi corsi.
Arriviamo quindi ai risultati sulle attività di base. Dopo la fase della raccolta dei dati, il
procedimento che è stato alla base dell'analisi dei dati è stato il seguente:
Un puro esempio di statistica descrittiva quindi, per cui si raccolgono dei dati, si analizzano e
si rappresentano graficamente in modo tale da ricavarne informazioni utili (in inglese queste
informazioni verrebbero definite come i nsights) .
Passando dal dato generale ai casi particolari, possiamo vedere come le singole università si
comportino diversamente nella selezione delle attività di base. Non solo gli ssd scelti sono
diversi, ma variano anche nella quantità. Se per esempio, come riportato in basso,
l'università Bicocca di Milano concentra su quattro ssd le attività di base, l'università
Sapienza di Roma le diversifica selezionandone sei.
La distribuzione degli CFU
Le università, come abbiamo visto prima, hanno a disposizione una certa libertà di scelta
nella scelta delle materie da inserire nei corsi di studio e nel peso da attribuirgli attraverso i
crediti formativi. Osservando la distribuzione degli CFU per i vari gruppi di attività
formative emergono altri dati interessanti.
Anche qui sono evidenti le differenze fra i vari piani didattici. L'università di Cagliari dedica
la maggior parte degli cfu alle attività di base, mentre Bergamo alle attività caratterizzanti. Le
"altre attività formative", che solitamente corrispondono a laboratori, hanno molto peso nel
corso della Bicocca di Milano, a discapito delle TAF-A e B. Con questa informazione si
potrebbe ipotizzare che questo corso miri ad avere un approccio più pratico rispetto agli
altri.
La quantità delle materie opzionali
Un discorso a parte va fatto per le materie opzionali, dato che sono le materie che
permettono, assieme a quelle a scelta. allo studente di "personalizzare" il proprio piano di
studi sulla base dei propri interessi formativi. Le materie opzionali non vanno confuse con le
materie a scelta (TAF-D), ma in questo caso abbiamo deciso di raggrupparle per capire quali
atenei dessero più libertà di selezione agli studenti.
Dal grafico in basso salta subito all'occhio il dato sul corso di Bologna, dove vengono messi a
disposizione più di 300 crediti formativi per questo tipo di materie. Al contrario l'università
Sapienza di Roma ne dedica solamente 12.
Conclusioni
Con questa breve analisi abbiamo osservato, in modo panoramico, la discrezionalità dei
singoli atenei nella scelta dei settori scientifico-disciplinari, nel peso che viene assegnato a
questi e alle tipologie di attività formative e nella presenza delle materie opzionali. Abbiamo
inoltre individuato gli ssd più ricorrenti tra le attività di base per cercare di capire quali
fossero gli ambiti disciplinari considerati come "fondanti" nei singoli piani di studio. I dati,
seppur parziali, hanno confermato la tesi che l'interdisciplinarietà sia una caratteristica
fondante dei corsi in Scienze della Comunicazione e hanno mostrato gli effetti
dell'autonomia didattica degli atenei dichiarata nei decreti legislativi.