Con la morte di Cesare si chiuse l’età repubblicana e con la salita al potere di
Augusto si aprì l’era imperiale. Durante l’età imperiale avvennero molte rivoluzioni nel campo sociale, politico ed economico. Dal punto di vista sociale cambiò la stratificazione nelle varie province; le tante città erano amministrate dalle aristocrazie locali, questo ceto dominante era costituito dagli Honestiores, i senatori e i cavalieri “onesti”, le cui fonti di ricchezza erano rappresentate delle proprietà fondiarie, dalle esercizio delle cariche pubbliche, dagli affitti, dalle imprese commerciali e manifatturiere. I ricci notabili gareggiavano fra loro in lusso, organizzavano a proprie spese feste e spettacoli per ottenere dalle autorità romane incarichi e onorificenze o per essere eletti nelle curie (consigli comunali). Gli uomini che erano liberi ma vivevano in una modesta condizione erano chiamati “humiliores”. Gli humiliores o vivevano nelle campagne ed erano in genere piccoli agricoltori o lavoravano come salariati nei latifondi dei grandi proprietari terrieri. Quelli che vivevano nelle città erano invece occupati per lo più nelle officine, nei trasporti, nell’ edilizia, nei mercati. Il loro livello di vita restò sempre basso ma non misero. Migliorò invece sensibilmente la condizione degli schiavi non solo perché la fine delle conquiste coincideva con la diminuzione del numero degli schiavi, ma anche per una maggiore considerazione della loro dignità umana e civile. Apposite leggi furono emanate per limitare l’assoluto arbitrio dei padroni, per esempio, ci fu chi abolì il diritto di vita e di morte sullo schiavo, chi proibì di picchiare gli schiavi senza motivo e chi considerò l’uccisione del servo; oltre a questo venne anche riconosciuta la parentela e il padrone doveva evitare di separare gli schiavi da moglie e figli. Un ruolo sempre più importante ebbero i liberti, in continuo aumento grazie a frequenti affrancamenti; essi acquisirono infatti influenza e rispettabilità nelle città in cui vivevano: amministrando patrimoni, esercitando il commercio, ricoprendo incarichi pubblici. In età imperiale, nelle varie province soltanto il governatore aveva la facoltà di emettere sentenze capitali a carico dei colpevoli di sacrilegio. Per reprimere la ricorrenza egli ricorreva al così detto “giro giudiziario” e si serviva della collaborazione delle autorità locali. Il governatore teneva udienza annualmente in determinate città dette centri giudiziari. Il ruolo dei magistrati locali era quello di tenere in custodia sottoponendoli ad un interrogatorio preliminare i briganti e i ladri. I processi penali si svolgevano secondo un iter distinto in tre fasi: • I preliminari permettevano al governatore di poter decidere se imprigionare l’imputato, concedergli la libertà su cauzione, lasciarlo libero sulla parola; • durante il processo la valutazione delle deposizioni era strettamente legata ala ricchezza, alla reputazione, alla personalità dei testimoni. Gli schiavi se erano chiamati a testimoniare erano sottoposti a torture per accertare se dichiaravano il vero o il falso; • per quanto riguarda la sentenza gli imputati di basso rango venivano spesso crocifissi oppure condannati alle belve, gli imputati di ceto elevato non venivano mai condannati a morte ma erano esiliati dalla provincia, infine i decurioni erano particolarmente privilegiati perché per qualsiasi decisione del governatore si doveva chiedere la ratifica della sentenza all’imperatore. I vari giuristi misero insieme un corpo di leggi che sopravvissero per molti aspetti ancora nei giorni nostri. La legge romana rappresenta infatti un elemento fondamentale della civiltà europea. Per esempio l’argomentazione divenne da allora, e rimase per sempre, un metodo generalmente adottato nei processi. Il diritto fu fondato sul presupposto dell’esistenza di leggi comuni a tutti i popoli dell’impero in quanto appartenenti ad un’unica società. I giuristi attenuarono il rigore delle norme ispirandosi a principi di pietà e di equità. I cultori del diritto e i magistrati preposti all’amministrazione della giustizia interpretarono le norme giuridiche esistenti, procedettero al confronto di casi analoghi e alle discussioni delle diverse ragioni prima di giungere alla sentenza. Tuttavia con il passare degli anni si creò una distinzione giuridica tra le persone a seconda della loro condizione sociale, soprattutto nel campo del diritto penale. Il nuovo regime monarchico si dimostrò all’altezza dei compiti derivanti dal dominio di un territorio estremamente vasto come l’impero. Le varie conquiste militari permisero la fondazione di numerose città che garantivano la sicurezza e rafforzavano l’unità culturale dell’impero. Gli interventi del governo romano nell’esercizio del potere statale si limitavano sostanzialmente al riscossione delle tasse e al mantenimento dell’ordine pubblico. Per raggiungere questi obiettivi l’impero vene diviso in molte province; a capo di ognuna vi era un governatore. I governatori di rango senatorio erano distinti in due categorie legati imperiali e i pro consoli. I primi erano nominati dall’imperatore e la durata della loro carica era normalmente di tre anni, i secondi venivano sorteggiati fra i senatori e il loro mandato durava un anno. I governatori di rango equestre erano tutti di nomina imperiale e avevano il titolo di procuratori, la durata del loro incarico era triennale, i vari governatori si servivano di un ristretto numero di collaboratori che li assistevano durante il mandato. A causa della mancanza di un apparato burocratico il governo, per esercitare la propria sui provinciali, utilizzava le città, a ciascuna delle quali era annesso il territorio circostante sul modello delle poleis. Ogni città aveva lo stesso tipo di organizzazioni istituzionali: una giunta esecutiva e un consiglio deliberativo, costituito da decurioni eletti annualmente dai cittadini. La tassazione permise al governo romano di provvedere alle legioni, di curare la manutenzione stradale, di pagare gli amministratori, di contribuire al mantenimento della popolazione e di sostenere le spese della corte imperiale. La tassa più importante era il tributo costituito da: • l’imposta sui beni fondiari, detta jugum, che veniva calcolata in base alla quantità del suolo arabile da una coppia di buoi in un giorno. • L’imposta sulle persone, detta caput, era calcolata in base alla quantità di mano d’opera di cui si disponeva. L’esazione del tributo era calcolata in base al censimento della popolazione che forniva informazioni sulla popolazione. L’accertamento del reddito e della riscossione era affidato ai magistrati del posto. Nel caso che le città fossero state colpite da calamità naturali o emergenze i governatori esentavano le stesse dalla tassazione. Oltre alle imposte dirette, vi erano anche tre principali imposte indirette: • Imposta di manumissione, che era pagata dallo schiavo sulla somma versata al padrone per l’acquisto della libertà; • Imposta di successione, che veniva prelevata sui beni lasciati agli eredi dai cittadini romani; • La tassa sulle merci che transitavano nelle varie circoscrizioni territoriali dell’Impero. Sui provinciali gravava inoltre una serie di richieste straordinarie. Questo sistema fiscale permise a Roma di trasferire risorse da un capo all’altro dell’Impero per sostenere le spese del province più povere e dei contingenti militari. Ma il sistema fu vantaggioso anche per i decurioni municipali perché effettuavano gli accertamenti e le riscossioni. Per lo più grandi proprietari terrieri avevano la possibilità di manipolare la ripartizione del carico fiscale a proprio vantaggio, penalizzando i contadini dipendenti. Oltre alle tasse un fattore che determinò anche una forte ripresa dell’economia fu l’aumento della produzione agricola ed industriale, che permise una forte ripresa del commercio. La rete stradale, assai estesa e ben tenuta, permetteva la circolazione di merci fin nelle aree più interne dell’Impero. Agili navi da carico facevano la spola trai porti del Mediterraneo, lunghi i fiumi navigabili ed i canali fatti costruire dagli imperatori. Un’altro importante elemento che giovò allo sviluppo del commercio fu una unica moneta in tutto l’Impero. Gli affari tra gli operatori economici furono facilitati dalla diffusione della lingua e del diritto romano. Lo Stato comunque cercò di favorire il commercio imponendo dazi sui beni di prima necessità. L’Impero romano ebbe rapporti commerciali con tutto il mondo. I romani acquistavano dall’India spezie, tessuti e pietre preziose. Alla fine del primo secolo dopo cristo, Roma stabilì contatti anche con la Cina, ma i tentativi di creare un regolare commercio non diedero i risultati sperati. Mercanti romani e gallici erano presenti nella regione dell’Europa centro settentrionale dove acquistavano pellicce, pesce, ambra, pelli e schiavi.