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Ottica visuale

Parte 6 – Movimenti oculari e capacità


fusionale

Corso di laurea in Ottica ed Optometria


Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi”
Università del Salento
a.a. 2017-2018
Dispense preparate da Vincenzo Martella (optometrista)
Contatti: 0833/541063 - 392 8388361 otticamodernatri@libero.it

Testo consigliato per approfondimenti:


Fabrizio Zeri, Anto Calossi, Alessandro Fossetti, Antonio Rossetti
OTTICA VISUALE - Società Editrice Universo (2012)
L’esplorazione dello spazio visivo
 Gli occhi, come servomeccanismi attivi del cervello, sono
dotati di una grande motilità grazie ad un accurato e
precisissimo processo neurologico di controllo sulla
muscolatura oculomotrice.
 Ben sei muscoli per occhio sono adibiti a questo scopo.
 Le masse muscolari coinvolte sono, rispetto alle
proporzioni con altri distretti anatomici, incredibilmente
surdimensionate rispetto alla massa che esse devono
muovere.
 Ciò è dovuto alla necessità d’accuratezza a cui sono
sottoposti questi muscoli.
 Le inefficienze o scompensi della muscolatura
oculomotrice possono influenzare negativamente la
performance visiva o produrre alterazioni nell’equilibrio
della binocularità (integrazione visiva di due occhi
finalizzata a percepire un’unica immagine).
I muscoli oculomotori
 Retto mediale
 Retto laterale
 Retto superiore
 Retto inferiore
 Obliquo superiore
 Obliquo inferiore
Azione dei muscoli oculomotori
 Ogni muscolo ha azioni sulla motilità del bulbo legata
alla sua inserzione ed orientamento del suo percorso
nell’orbita.
Conoscere le inserzioni dei muscoli
 Esse giustificano la direzione dei movimenti che ogni
muscolo fa compiere all’occhio e la loro conoscenza facilita
da parte vostra la memorizzazione dei movimenti compiuti
sul bulbo.
 Eccetto l’obliquo inferiore che origina dalla cresta lacrimale,
tutti gli altri originano dall’anello tendineo comune di Zinn.
 I retti laterale e mediale hanno inserzione sulla linea
orizzontale dell’occhio.
 Il retto superiore (che corre posteriormente per un tratto con
l’elevatore palpebrale) ed inferiore corrono nell’orbita con un
angolo di circa 25/27° con l’asse visivo.
 L’obliquo superiore dopo la porzione diretta passa nella
troclea e la sua porzione riflessa si inserisce nel quadrante
postero laterale del bulbo, passando sotto il retto superiore.
 L’obliquo inferiore (che non origina dall’anello di Zinn) si
dirige all’indietro e lateralmente scavalcando il retto
inferiore.
La spirale di Tillaux
 L’inserzione dei retti sul bulbo descrive
una spirale rispetto al limbus. Il più vicino
è il mediale, segue l’inferiore poi il laterale
ed infine più lontano il superiore.
Occhio destro
Inserzione dei muscoli oculomotori
 Notare l’inserzione degli obliqui e del retto
superiore. Il retto inferiore corre quasi
parallelo al superiore.
Il centro ed assi di rotazione di
Fick, piano di Listing
 I movimenti avvengono tutti attorno a un punto
virtuale interno detto centro di rotazione posto a
circa 13.5 mm dal polo anteriore.
 I movimenti destra-sinistra avvengono su un
asse verticale, quelli alto-basso su un asse
orizzontale, quelli di torsione lungo l’asse
perpendicolare a questi, corrispondente all’asse
visivo. Questi tre assi sono detti di Fick.
 I primi due assi giacciono sul piano di Listing
(piano frontale che passa per l’equatore
dell’occhio ed il centro di rotazione), il terzo è
perpendicolare al piano di Listing.
Centro ed assi di rotazione di Fick,
piano di Listing
Definizione dei movimenti oculari
 Si definiscono:
 Duzioni i movimenti oculari in tutte le direzioni che compie
un occhio occludendo l’altro (in visione monoculare).
 Versioni i movimenti congiunti che compiono gli occhi in
tutte le direzioni di sguardo in visione binoculare (es.
entrambi a destra, entrambi in basso ed a destra,
entrambi… ecc.).
 Vergenze i movimenti disgiunti che compiono gli occhi
quando gli assi visivi si incontrano sui soggetti posti a varie
distanze finite.
Le vergenze si dividono in convergenza (dell’esterno verso il
naso) e divergenza (dal naso verso l’esterno).
 I movimenti di rotazione intorno all’asse visivo si definiscono
con i prefissi inciclo ed exciclo seguiti dal nome duzione i
movimenti di torsione monoculari, o seguiti dal nome
vergenza i movimenti di torsione disgiunti; destrociclo,
sinistrociclo seguito dal nome versione i movimenti di
torsione congiunti.
Nomenclatura dei movimenti
oculari in base al movimento
 Duzioni, movimenti monoculari: adduzione,
abduzione, sopraduzione, infraduzione,
incicloduzione, excicloduzione (i movimenti di
torsione si valutano dalla parte sopraccigliare).
 Vergenze, movimenti disgiunti (verso l’interno e
verso l’esterno): convergenza, divergenza,
sopravergenza, infravergenza, inciclovergenza,
exciclovergenza.
 Versioni, movimenti congiunti: destroversione,
sinistroversione, sopraversione, infraversione,
destrocicloversione, sinistrocicloversione.
Movimenti primari e secondari
 Eccetto i retti mediali e laterali, gli altri muscoli
hanno delle azioni prevalenti ed altre secondarie.

 Retto mediale (o interno): adduzione


 Retto laterale (o esterno): abduzione
 Retto superiore: sopraduzione 75%,
incicloduzione 16%, adduzione 9%.
 Retto inferiore: infraduzione 73%,
exocicloduzione 17%, adduzione 10%.
 Obliquo superiore: incicloduzione 65%,
infraduzione 32%, abduzione 3%.
 Obliquo inferiore: exocicloduzione 59%
sopraduzione 40%, abduzione 3%.
Movimenti primari e secondari
 E’ utile anche vedere questi collegamenti in senso
inverso, elencando i muscoli coinvolti nelle singole
azioni, in ordine decrescente di contributo
all’azione:

 Adduzione: retto mediale (o interno), retto


superiore, retto inferiore
 Abduzione: retto laterale (o esterno), obliquo
superiore, obliquo inferiore
 Sopraduzione: retto superiore, obliquo inferiore
 Infraduzione: retto inferiore, obliquo superiore
 Incicloduzione: obliquo superiore, retto superiore
 Exocicloduzione: obliquo inferiore, retto inferiore
Le vergenze
 Si distinguono diversi tipi di vergenza:
 Tonica, fisiologica (cessa sotto anestesia o morte,
gli occhi deviano verso le tempie)
 Prossimale, risposta psichica indotta dalla
vicinanza del soggetto.
 Accomodativa, indotta dal rapporto che lega la
vergenza all’accomodazione (triade
accomodazione-convergenza-miosi,
disaccomodazione-divergenza-midriasi.
Sincinesia)
 Fusionale, indotta come vedremo dal processo
fusionale, fenomeno che elimina errori di
puntamento per mantenere la visione binoculare.
Definizione di altri tipi di movimenti
oculari
Esistono altri tipi di movimenti oculari che è
importante conoscere:
 Vestibolo oculare
 Nistagmo optocinetico
 Pursuit
 Saccadi
 … ed altri ancora.
Il movimento vestibolo oculare
 Consente di mantenere l’immagine sulle fovee
durante una rotazione della testa facendo
muovere gli occhi in direzione opposta.
 L’integrazione neurologica esistente tra l’VIII
nervo cranico (vestibolococleare) nella sua
branca vestibolare ed i centri di controllo degli
oculomotori assicura una pronta risposta di
contro rotazione degli occhi rispetto alla testa al
segnale che giunge dai nuclei vestibolari.
Il riflesso optocinetico (nistagmo)
 Fortemente legato al riflesso oculo-vestibolare (di cui
perfeziona i movimenti) è il movimento optocinetico.
 Se un soggetto si muove, la sua immagine si sposta sulla
retina in base alla sua velocità. Questo fenomeno si
definisce scivolamento retinico.
 Lo scivolamento retinico è il rapporto tra la velocità
dell’oggetto e quello dell’occhio in movimento.
 Il riflesso optocinetico è indotto dallo scivolamento retinico
ed integra il movimento oculo-vestibolare.
 Le cellule ganglionari sensibili al movimento inviano
informazioni ai centri sottocorticali, corticali e nel tronco
encefalico. L’elaborazione di questo movimento è quindi
complesso e produce un ritardo di risposta di circa 100 ms.
 Esso è fortemente legato alla percezione periferica e quindi
ambientale dello spazio visivo.
 Questo è uno dei motivi per cui l’introduzione delle lenti può
creare disagi iniziali. Esse alterano i pattern abituali di
scivolamento retinico, ma la plasticità del cervello il più delle
volte ripristina delle risposte corrette.
Ancora sul nistagmo optocinetico
 Se osserviamo un soggetto al limite della
capacità di abdurre l’occhio o fissiamo delle
immagini del paesaggio che scorre mentre
viaggiamo, gli occhi compiono delle oscillazioni
in cui con una fase tengono l’immagine sulla
fovea e quando la lasciano, ritornano
rapidamente con uno scatto nella posizione
iniziale.
 Questo movimento non va confuso con quello
del nistagmo patologico che è una oscillazione
involontaria, continua e più o meno rapida degli
occhi.
I pursuit, movimenti d’inseguimento
lento
 Sono movimenti volontari guidati dalla percezione
centrale, quindi dalla la fovea.
 Essi rispondono alla domanda “chi è?, che cosa è?”
 Probabilmente derivano dalla componente cervicale del
riflesso optocinetico e sono ben sviluppati nei primati.
 Essi hanno lo scopo di mantenere sulla fovea i piccoli
dettagli dei soggetti in movimento.
 Non sono poi tanto lenti, circa 100°/s.
 Pare che non si possano effettuare senza bersaglio (?).
 Esiste una componente predittiva dell’inseguimento in
grado di innescare il movimento in modo adeguato, la
cui origine organizzativa neurologica non è ancora ben
chiara.
Le sàccadi
 Sono spostamenti a scatto rapidi degli occhi.
 Esse controllano la posizione dell’immagine retinica nello
spazio e sono guidate dalla percezione periferica.
 Rispondono alla domanda “dove sono le cose?”.
 Questi movimenti sono spesso inconsapevoli, ma
comunque volontari (posso spostare l’attenzione da un
punto all’altro del campo visivo).
 Lo spostamento è però preprogrammato ed una volta partito
non è possibile modificarlo.
 L’ampiezza del movimento va da 0.1° (micro saccadi), a
circa 90°, mediamente comunque è di circa 20/25°.
 Oltre queste escursioni entra in aiuto il movimento del capo.
 Sono generate nel tronco encefalico e nel collicolo
superiore.
 Durante la saccade c’è una soppressione visiva centrale.
I micro movimenti di fissazione
 Durante la fissazione di un soggetto gli occhi non sono
perfettamente fermi.
 Se così fosse i recettori retinici interessati si
esaurirebbero, e non potremmo continuare a fissare.
 Gli occhi quindi compiono continuamente dei micro
movimenti, impercettibili all’osservazione, tali da
interessare gruppi di cellule retiniche differenti
consentendo così a quelle esaurite di rigenerarsi per
innescare un nuovo stimolo.
 Tali micromovimenti sono:
 Tremori di ampiezza piccola quanto un cono.

 Slow drift movimenti lenti.

 Microsaccadi.
Movimenti oculari e training visivo
 Tutti i movimenti oculari sono migliorabili dal
training visivo.
 Nei programmi di allenamento visivo si
attribuisce grande importanza al miglioramento
della consapevolezza, accuratezza e controllo
dei movimenti oculari.
 Il miglioramento di questi già di per sé produce
più efficienza nello svolgimento di alcune
funzioni come la lettura o gli sport e aiuta a
prevenire alcuni deterioramenti funzionali del
sistema visivo.
Innervazione dei muscoli
oculomotori
Legge di Sherrington
 lll nervo cranico Oculomotore Comune: retto
mediale, retto superiore, retto inferiore, obliquo
inferiore.
 IV nervo cranico Trocleare: obliquo superiore.
 VI nervo cranico abducente: retto esterno.
 Un impulso di contrazione su un muscolo
corrisponde ad uno di rilassamento sul suo
antagonista (legge di Sherrington o di
innervazione reciproca).
Innervazione dei muscoli oculomotori.
Legge di Hering
o della corrispondenza motrice
o dei muscoli agonisti contro laterali

 In ognuno dei due occhi, ad ogni azione di un


muscolo, sia in contrazione che in rilassamento,
corrisponde l’azione su un altro muscolo
dell’altro occhio tale da far compiere ad entrambi
un movimento nella stessa direzione.
 I muscoli legati a questa legge vengono detti
aggiogati o sinergisti collaterali.
La corrispondenza retinica
 In condizioni di normalità, ogni soggetto osservato viene
puntato simultaneamente dai due occhi.
 Ogni punto sulla retina di un occhio ha un corrispondente
punto sull’altro (legge della corrispondenza retinica). I
punti retinici corrispondenti hanno a loro volta i loro
corrispondenti a livello celebrale, così, in condizioni
normali, le immagini che si formano sulle due retine su
punti corrispondenti giungono ai loro corrispondenti
celebrali.
 Questo consente al cervello di poterle fondere e percepirle
singole.
 Se gli occhi non puntano contemporaneamente lo stesso
soggetto, i punti retinici interessati non saranno
corrispondenti. La conseguenza di ciò è la diplopia
(visione doppia), o la soppressione dell’area retinica che
può scatenare la diplopia stessa (vedremo più avanti
questo concetto).
La corrispondenza retinica
anomala
 In alcuni casi di deviazione precoce degli assi visivi
(strabismo infantile), si può organizzare una
corrispondenza tra i punti retinici anomala, con la
strutturazione di una pseudo fovea.
 Ovviamente le immagini a fuoco sulla retina nell’occhio
strabico non cadono sulla foveola centralis, ma su un
altro punto retinico che assume le funzioni della fovea.
 Il sistema manifesta visione binoculare, ma l’acuità visiva
dell’occhio deviato in visione binoculare è scadente.
 In questi casi però, come nella maggior parte degli
strabismi, occludendo l’occhio buono quest’ultimo
devierà sotto lo schermo e l’occhio deviato si raddrizzerà
e punterà con la sua vera fovea, ma il suo visus
solitamente rimane comunque scarso.
Fissazione eccentrica
 A causa di uno strabismo si può strutturare una
condizione detta fissazione eccentrica.
 In questa condizione l’occhio punterà il soggetto
d’attenzione con un’area anatomica diversa dalla vera
fovea, anche in condizione di monocularità rimanendo
storto (strabico) anche occludendo l’occhio buono.
 Negli strabismi, solo se c’è fissazione eccentrica l’occhio
rimane deviato anche se si occlude l’occhio buono (in
tutti gli altri casi occludendo l’occhio “buono”, questo
devia sotto lo schermo e l’altro che era strabico si
raddrizza per fissare con la sua fovea).
 Si potrebbe dire che nella fissazione eccentrica, è come
se l’occhio cancellasse completamente la sua vera
fovea.
 Il visus di quest’occhio è compromesso.
Dominanza visiva
 Nei primi anni di vita si instaura una predilezione per uno
dei due occhi detta dominanza.
 Pare che solo l’uomo possegga questa caratteristica che
interessa anche gli arti e l’udito.
 La dominanza visiva non necessariamente corrisponde
alla mano, gamba o orecchio dominante.
 Se sono dello stesso lato (es. occhio destro mano
destra) si chiama omologa.
 Se è invertita (es. occhio destro mano sinistra) si dice
crociata.
 Alla dominanza crociata occhio mano si sono attribuiti
alcuni problemi d’apprendimento.
 Lo studio e l’esperienza clinica tende ad escludere
queste correlazioni.
 Si notano dominanze crociate in circa il 40% della
popolazione.
Aree celebrali direttamente
coinvolte nei movimenti oculari
I muscoli oculomotori e l’equilibrio
 I muscoli oculomotori e la visione sono degli
importantissimi sistemi di controllo dell’equilibrio.
 Sono neurologicamente legati al vestibolo
(principale organo d’equilibrio posto
nell’orecchio interno).
 Turbe della motilità oculare possono creare
conflitti nell’elaborazione del controllo
dell’equilibrio che è la sintesi di informazioni
provenienti da tutto il corpo (dal sistema
propriocettivo, dalla pianta dei piedi, dal
vestibolo, dalla cervice, dai muscoli oculomotori
e dalla visione).
La visione binoculare
 L’attività agonista ed antagonista svolta dai
muscoli oculomotori, grazie alla complessa
struttura muscolare e d’innervazione che la
controlla, consente al nostro sistema visivo
un’esplorazione spaziale, che si avvale
dell’azione simultanea dei due occhi: la
binocularità.
 Come già detto uno degli effetti ottenuti da
questa integrazione neurologica è la stereopsi
(la visione stereoscopica, cioè tridimensionale,
dello spazio).
Il chiasma ottico e
l’integrazione neurologica dei due occhi
 Alla base dei processi per i quali è possibile la binocularità
c’è la decussazione parziale dei nervi ottici.
 L’inversione delle aree nasali delle emiretine dei due occhi a
livello del chiasma intreccia parzialmente le informazioni
provenienti dagli occhi che viaggiano attraverso i nervi ottici.
 Ne deriva che alle aree cerebrali destre perverranno impulsi
provenienti dai lati destri dei due occhi (emiretina tempiale
destra dell’occhio destro e nasale destra dell’ occhio
sinistro) e nelle aree sinistre impulsi provenienti dai lati
sinistri dei due occhi (emiretine tempiale sinistra dell’occhio
sinistro e nasale sinistra dell’occhio destro).
 Il tutto è schematizzato simmetricamente nelle aree
cerebrali dove esiste una perfetta e precodificata
corrispondenza tra i punti retinici di partenza dell’impulso ed
i punti d’arrivo al cervello.
Chiasma ottico
Gli occhi estroflessioni del cervello Decussazione parziale
Occhio ciclopico
 L’integrazione dei due occhi nella binocularità
produce la sensazione che le immagini
percepite provengano da un unico occhio posto
al centro fra i due.
 Questa sensazione viene definita “occhio
ciclopico” in analogia ai giganti della mitologia
greca dotati di un solo occhio frontale, costruttori
di saette per Zeus, ed i fabbri del dio Vulcano
per i Romani (Polifemo, il pastore carceriere di
Ulisse nell’Odissea).
Figura sfondo
 Osservando un soggetto “una figura” ed
interpretandone i suoi particolari (chi è? o che
cosa è?) esso assume una posizione di
centralità nel set visivo.
 La fovea, dove cadono queste immagini, è l’area
retinica della centralità.
 I punti retinici periferici corrispondenti danno
informazioni sullo “sfondo” (dov’è?, dove sono le
cose?).
 Questo concetto viene definito di figura sfondo.
La direzionalità o direzione visiva
 I luoghi spaziali percepiti dagli occhi vengono definiti
proiezioni.
 Es. la retina nasale si dice che proietta tempialmente, quella
tempiale nasalmente, ecc (le immagini retiniche sono
invertite e capovolte).
 Da ogni punto retinico è come se partisse una semiretta che
passando per i punti nodali si proietta nello spazio ed
attraversa sempre la stessa direzione del campo visivo.
 In altri termini, ad ogni punto della retina posto ad una certa
distanza dalla fovea corrisponde una direzione di proiezione
detta “direzione visiva” che determina il così detto valore
retino motorio in grado di produrre un movimento
saccadico precodificato tale da riportare sulla fovea un
soggetto percepito dalla visione periferica, sul quale si vuole
spostare l’attenzione.
 La fovea ha quindi una direzione visiva principale (un valore
retino motorio zero), gli altri punti retinici periferici un valore
retino motorio secondario che sarà tanto maggiore quanto
più lontani sono dalla fovea.
L’egocentrismo visivo
 Tutti i processi percettivi visivi pongono l’individuo in una
posizione centrale rispetto allo spazio percepito.
 La posizione visiva egocentrica è la nostra posizione o
quella degli occhi rispetto allo spazio circostante (la
direzione delle immagini).
 Oltre alla proiezione retinica, sostengono questa
percezione le informazioni propriocettive dei muscoli
oculari del capo, di tutto il corpo ed il sistema
vestibolare.
 Questo permette di valutare se un cambiamento delle
immagini retiniche sia dovuto ad un movimento
dell’oggetto, del capo o degli occhi che seguono un
oggetto in movimento.
Direzione oculocentrica ed
egocentrica
 Se muovo gli occhi da un oggetto fermo (faccio
una saccade), tenendo la testa ed il corpo fermi,
la direzione oculocentrica si sposta, ma quella
egocentrica no.
 Se muovo la testa per seguire un oggetto che si
muove (mantenendo l’immagine fissa sulla
fovea con gli occhi fissi sull’oggetto) o muovo gli
occhi per seguirlo (faccio dei pursuit) la
direzione oculocentrica rimane invariata ma
quella egocentrica cambia.
 L’esplorazione dello spazio visivo è quasi
sempre l’integrazione delle due direzioni.
L’Oroptero teorico: circolo di
Vieth-Müller
 Teoricamente con una corretta corrispondenza
retinica, quando si guarda un soggetto da vicino
viene visto singolo tutto lo spazio visivo che cade
lungo una circonferenza
che passa per il punto
osservato ed i due punti
nodali dei due occhi,
detta oroptero.
 I punti al di fuori di
questa circonferenza
non cadono su punti
retinici corrispondenti.
L’oroptero reale
 Nella realtà l’oroptero assume una forma molto
soggettiva e varia con la distanza del soggetto:
deviazione dell’oroptero di Hering-Hillebrand.
 Realmente la linea dell’oroptero è concava
verso l’osservatore sino ad una certa distanza.
 Diventa retta ad una distanza un po’ più lontana
(distanza detta di Liebermann).
 Convessa ancora più lontano.
 L’oroptero può variare anche in funzione del
grado di illuminazione, del contrasto sfondo
soggetto, e del contrasto cromatico.
Oroptero reale
Area di Panum
 Inoltre per una certa profondità, prima e
dopo la linea teorica dell’Oroptero, si
estende un’area, anch’essa di profondità
variabile secondo i parametri già citati, in
cui le aree di spazio visivo, pur non
appartenendo all’Oroptero, possono
essere percepite singole.
 Questa profondità di spazio visivo in cui si
percepisce singolo è detta area di Panum.
Area di visione singola di Panum
 Gli oggetti che cadono fuori l’area di Panum sono
visti doppi.
 Questo tipo di
diplopia è naturale,
quindi si definisce
fisiologica per
distinguerla da
quella legata a difetti
di puntamento degli
occhi (strabismo
detto anche tropia).
La diplopia fisiologica
 Di fatto lo spazio al di fuori dell’area di Panum
non viene percepito doppio grazie a fenomeni
soppressivi delle aree periferiche e per la
degradazione dell’immagine della retina
periferica.
 Essa può essere stimolata.
 Osservando un soggetto vicino, si vedrà doppio
quello lontano e, viceversa, guardando quello
lontano si vedrà doppio quello vicino. Le
immagini diplopiche sono poste a destra e a
sinistra del soggetto fissato.
Diplopia omologa e crociata
 Osservando un soggetto binocularmente,
l’immagine di un oggetto posto al di là dell’area
di Panum cadrà sulle emiretine nasali e a causa
dell’inversione dell’immagine retinica, verrà
proiettato dall’occhio destro a destra e dal
sinistro a sinistra (diplopia omologa o omonima)

 Osservando un soggetto binocularmente


l’immagine di un oggetto posto prima dell’area di
Panum cadrà sulle emiretine tempiali e, a causa
dell’inversione dell’immagine retinica, verrà
proiettato a sinistra dall’occhio destro ed a
destra dall’occhio sinistro (diplopia crociata)
Diplopia omologa oltre e crociata prima
dell’area di Panum

Fixation point
Diplopia fisiologica e training visivo
 La diplopia fisiologica è molto usata per procedure di
allenamento visivo.
 Essa fa parte delle procedure dette antisoppressive in
cui la persona è in grado controllare l’attività simultanea
dei due occhi.
 Infatti se una delle due immagini diplopiche sparisce vuol
dire che un occhio non sta partecipando al processo
visivo.
 Se guardando una mira vicina sparisce una delle due
lontane, l’occhio coinvolto è quello dello stesso lato
dell’immagine mancante; se guardando la mira lontana
sparisce una delle due vicine l’occhio coinvolto è quello
del lato opposto a quello dell’immagine mancante.
Ampiezza della visione binoculare
 L’ampiezza della visione binoculare non copre tutto il
campo visivo binoculare, ma una buona parte di questo.
 Entro questo ventaglio
grazie alla visione
binoculare è possibile
che si realizzi lo scopo
per cui la natura ha
perfezionato il
meccanismo della visione
binoculare:
la stereopsi.
La capacità fusionale
 Il cervello dispone di un sistema di
compensazione che entro certi limiti rifinisce le
imperfezioni di puntamento degli occhi.
 È come se un catenaccio o una sorta di colla
tenesse insieme i due occhi.
 Questo catenaccio è la capacità fusionale.
 Essa può essere molto tenace e compensare
difetti di puntamento anche gravi o essere molto
tenue e cedere a disallineamenti anche lievi.
 Questa capacità è migliorabile tramite apposite
procedure di allenamento visivo.
Fusione motoria e sensoriale
 Per fusione sensoriale si intende tutto ciò
che il sistema percettivo compie per
fondere le immagini retiniche dei due
occhi.
 Per fusione motoria si intende tutto ciò che
il sistema oculomotorio compie per
allineare simultaneamente le immagini
retiniche dei due occhi.
I tre gradi di fusione
 Affinché si ottenga una buona fusione
delle immagini dei due occhi, occorre che
ci siano tre condizioni percettive detti gradi
di fusione.
 Fusione di primo grado: gli occhi devono
percepire entrambi (visione simultanea).
 Fusione di secondo grado o piatta, le due
immagini si devono fondere in una sola.
 Terzo grado di fusione è la stereopsi.
Visione simultanea
 Se uno solo dei due occhi percepisce, si può non essere
consapevoli che l’altro non vede se quest’ultimo compie
una soppressione visiva.
 Per evidenziare se entrambi gli occhi percepiscono
simultaneamente occorre utilizzare dei metodi detti
bioculari.
 Si fa sì che gli occhi vedano singolarmente ma in un campo
binoculare.
 Di solito si usano prismi verticali (uno con la base alta su un
occhio ed uno con la base bassa sull’altro), test polarizzati
(si associano occhiali e target polarizzati) o occhiali rosso
verdi (detti anaglifici) con target rosso verdi.
 I prismi inducono una diplopia, con i polarizzati e gli
anaglifici un occhio percepirà un’immagine del target e
l’altro l’altra.
 Se si percepiscono due immagini simultaneamente c’è
visione simultanea, se una sola c’è visione singola e
soppressione dell’occhio a cui sparisce l’immagine.
Fusione di secondo grado
piatta
 Per evidenziare se c’è fusione di secondo grado
si usano lenti anaglifiche (filtri che fanno passare
solo determinate lunghezze d’onda) rosse o
rosse e verdi. Il rosso viene detto verde privo ed
il verde rosso privo.
 Se i due occhi fondono, anteponendo un filtro
rosso davanti ad un occhio, una mira bianca si
colorerà d’arancione (bianco + rosso), altrimenti
se l’occhio col filtro sopprime la mira rimarrà
bianca. La mira si percepirà rossa se a
sopprimere è l’occhio senza filtro.
Le luci di Worth
 È un test valido sia per il test di visione simultanea che per
la fusione di secondo grado e per evidenziare
disallineamenti elevati senza soppressione.
 Si proiettano quattro luci, due verdi, una rossa ed una
bianca, disposte a croce.
 Si fa indossare un occhiale rosso verde.
 L’occhio col filtro verde (rosso privo) vedrà solo le luci verdi
e quella bianca anch’essa verde.
 L’occhio col filtro rosso (verde privo) vedrà la luce rossa e
quella bianca anch’essa rossa.
 Se il soggetto vedrà quattro luci di cui due verdi, una rossa
e quella bianca si colora di arancione c’è fusione di
secondo grado.
 Se vedrà solo tre verdi o solo due rosse c’è soppressione
dell’ occhio col filtro dello stesso colore delle luci non viste.
 Può succedere che si vedano cinque luci, due rosse e tre
verdi dissassate rispetto alla loro posizione reale, vuol dire
che non c’è fusione di secondo grado, non c’è
soppressione ma diplopia.
Luci di Worth

Statico Dinamico
La stereopsi, terzo grado di fusione
 Come già detto, una delle abilità maggiori indotte dalla
binocularità è la possibilità di vedere in 3D (visione
tridimensionale).
 Essa avviene a causa della differenza prospettica con
cui sono percepite le immagini dei due occhi per la
distanza presente tra essi.
 3D significa non solo largo (asse x) e alto (asse y) ma
anche profondo (asse z).
 Una perfetta stereopsi è possibile solo quando c’è una
perfetta binocularità.
 Quando questa è labile o assente la stereopsi è
deficitaria o assente.
Test per la visione steroscopica
 Vari test per la valutazione della visione
stereoscopica.
Titmus Lang stero test
Polarizzato randomizzato
La percezione della profondità
monoculare
 Chi non può percepire lo spazio
stereoscopicamente può comunque
sfruttare degli indizi che possono indicare
la profondità.
Gli indizi monoculari di profondità:

 Movimento parallattico: un soggetto che si muove alla


stessa velocità appare viaggiare più veloce se vicino e
più lento se lontano.
 Prospettiva lineare: le dimensioni dei soggetti cambiano
in funzione della loro distanza.
 Le dimensioni percepite rispetto all’esperienza: la
distanza tra due soggetti di dimensioni conosciute viene
valutata in rapporto con le loro dimensioni apparenti.
 Sovrapposizione dei contorni: un soggetto che si
sovrappone ad un altro è visto più vicino.
 Distribuzione di luci ed ombre: il chiaro scuro dà senso di
rilievo o profondità in relazione allo sfondo.
 Gli effetti cromatici atmosferici: l’atmosfera produce
effetti di colorazione dei soggetti diversi in base alla loro
distanza.
L’importanza della binocularità per
l’optometria
 La binocularità è una serie di processi e di
equilibri molto sofisticati.
 Uno degli scopi dell’optometria, ove possibile, è
quello di ripristinare non solo l’efficienza ed
equalizzazione dei singoli occhi, ma anche una
perfetta integrazione tra essi.
 Le disfunzioni dell’integrazione binoculare sono
oggi una delle cause più frequenti di inefficienza
visiva anche più delle ametropie stesse e
possono interessare anche persone emmetropi.
L’astenopia
Col termine Astenopia si intendono tutta una serie di
sintomi di discomfort visivo:
 Ma di testa, soprattutto frontale e nucale.
 Arrossamento oculare.
 Peso sovra palpebrale.
 Secchezza oculare seguita da repentine lacrimazioni.
 Senso di stanchezza oculare.
 Sonnolenza non da vero sonno ecc.
Questi sintomi possono affiggere anche persone
emmetropi.
 Dove si annida il problema?
I disordini del sistema visivo
 Il sistema visivo è molto più di un complesso
meccanismo dove ogni singolo ingranaggio produce
effetti sugli altri.
 Una disfunzione di uno solo di questi fattori di equilibrio
può anche interferire su attività mentali come la
concentrazione, l’apprendimento, la memorizzazione,
ecc. e produrre interferenze anche posturali.
 Tutte le parti dell’organismo si influenzano
reciprocamente.
 Per questo il sistema visivo va sempre più interpretato in
modo olistico, con la consapevolezza che ogni sua
variazione funzionale influenza anche l’intera omeostasi
dell’organismo.
Gli scompensi della binocularità
 Essi potremmo definirli come una non
equilibrata risposta dei muscoli oculomotori.
 Essi infatti, in qualsiasi posizione di sguardo,
anche con micro movimenti, ricevono dal
cervello il giusto impulso al rilassamento od alla
contrazione, coerentemente alle leggi di
innervazione prima citate. Ciò consente di
centrare simultaneamente ed in perfetto
equilibrio il soggetto d’interesse.
 A volte questo equilibrio può essere alterato.
Cause dell’alterazione dell’equilibrio
dei muscoli oculomotori.
Esse possono essere di natura funzionale:
 uno scompenso con l’accomodazione alla quale essi
sono fortemente legati (rapporto AC/A). Questi disordini
sono molto frequenti e possono essere causa di
astenopie, stress visivo, alcune forme di strabismo
(occhi deviati) e predisporre a modificazioni refrattive
come astigmatismi contro regola o miopia da visione
prossimale (detta anche da studio).
o di natura organica:
 Problemi traumatici.
 Patologie: ischemie, paralisi, ecc.
 Effetti diretti o indiretti da uso di farmaci.
 Male inserzione dei muscoli sul bulbo oculare.
 Ereditarietà, che influenza più che altro i fattori
predisponenti.
Le direzioni della binocularità
alterata
 I disequilibri dei muscoli oculomotori
possono avere componenti orizzontali,
verticali e combinazioni tra di esse.
 Quelle orizzontali, le più comuni,
coinvolgono prevalentemente i retti interni
ed esterni.
 Le altre sono la risultante dell’attività
combinata degli altri muscoli.
Le disfunzioni della binocularità
 Esse hanno un’estensione molto vasta.
 Se la discrepanza di puntamento rispetto al punto
osservato viene compensata dalla capacità fusionale,
vengono definite forie. Il sistema è binoculare ma può
essere inefficiente.
 Se la discrepanza di puntamento è maggiore della
capacità fusionale, gli occhi non punteranno più
simultaneamente. Uno o entrambi devieranno rispetto al
punto osservato ed avremo uno strabismo detta tropia.
Le persone strabiche possono manifestare visione
doppia (diplopia patologica), fenomeno insostenibile per
la vita (bisogna occludere un occhio), o strutturare una
soppressione visiva nell’occhio deviato (Scotoma).
 La disparità di fissazione è una particolare forma di
strabismo in cui la deviazione rientra nell’area di Panum
e non induce diplopia.
Le Forie
 Sono tendenze alla deviazione compensate
dalla capacità fusionale.
 Una certa quantità di foria è ritenuta fisiologica.
 Per evidenziarle occorre interrompere la
binocularità per non far agire la capacità
fusionale. In questo modo gli occhi
manifesteranno il loro trend di deviazione.
 Esistono vari sistemi per dissociare la
binocularità:
cover test, luci di Worth, prismi verticali, la croce
di Maddox, l’ala di Maddox, sistemi polarizzati
ecc.
 Molti di questi saranno argomento di studio dei
corsi successivi.
Ortoforia, eteroforia e
eterotropia
 Un sistema visivo, che non presenta tendenze
alla deviazione degli assi visivi interrompendo la
binocularità, si dice ortoforico.
 Un sistema visivo, che presenta tendenze alla
deviazione degli assi visivi interrompendo la
binocularità, si dice eteroforico.
 Se la deviazione non è compensata dalla
binocularità (se quindi c’è strabismo) si dice
eterotropico.
Eso exo iper ipo foria
 In presenza di eteroforie, con l’interruzione degli
stimoli compensativi fusionali, gli occhi deviano e
si comportano come strabici, ma, interrompendo
la dissociazione indotta dal test, la capacità
fusionale entra in gioco nuovamente ed il sistema
tornerà binoculare.
 In base a come gli occhi deviano gli assi visivi, in
assenza di stimolo fusionale, si classificano i vari
tipi di foria.
Esoforia
 Nell’esoforia, interrompendo la binocularità
gli assi visuali manifesteranno una
tendenza a convergere.
 Interrompendo il test e ripristinando la
binocularità si noterà un movimento detto
di recupero (recupero della binocularità
appunto) dall’interno verso l’esterno.
Exoforia
 Nell’exoforia, interrompendo la binocularità
gli assi visuali manifesteranno una
tendenza a divergere.
 Interrompendo il test e ripristinando la
binocularità si noterà un movimento di
recupero dall’esterno verso l’interno.
Iper ed ipo foria
 Nella iperforia ed ipoforia, interrompendo la binocularità
gli assi visuali manifesteranno la tendenza a deviare
verticalmente.
 Iper sta per sopra ed ipo per sotto.
 Siccome i due fenomeni iper ed ipo sono associati si può
descrivere il fenomeno come l’iperforia di un occhio o
l’ipoforia dell’altro.
 Es. si può dire iperforia destra o ipoforia sinistra e
viceversa.
 Interrompendo il test e ripristinando la binocularità si
produrrà un movimento di recupero dell’occhio iperforico
dall’alto verso il basso e di quello ipoforico dal basso
verso l’alto.
Le forie scompensate
 Esse sono una condizione in cui una foria, al limite della
capacità compensativa fusionale, in particolari situazioni
di affaticamento può sconfinare in uno strabismo.
 Il sistema visivo entra ed esce da una condizione
binoculare ad una tropica e viceversa.
 Il fenomeno può essere occasionale o molto ricorrente in
base allo stato fisico generale, alla capacità
compensativa della binocularità nei confronti della foria,
e dall’entità della foria stessa.
 Le persone che scompensano la foria quando
strabizzano possono notare diplopia o più
frequentemente sopprimere l’area diplopica per evitare
la diplopia stessa.
Nello strabismo la deviazione è
permanente
 Al contrario delle forie, le tropie (strabismi) sono
una condizione di deviazione di uno (più
frequentemente il non dominante) o di entrambi
gli occhi.
 Tra i due assi visivi c’è un angolo di deviazione
rispetto alla posizione normale di fissazione.
 In questa situazione, come già accennato, le
conseguenze sulla binocularità possono essere
diverse.
I livelli di problematiche indotti dalle tropie
La non corrispondenza dei punti retinici tra i due occhi
indotta dallo strabismo può produrre diversi livelli di
problematiche. Alcuni di essi sono:
1. Forie mal compensate.
2. Disparità di fissazione: gli occhi sono leggermente strabici
ma entro l’area di Panum (c’è ancora visione binoculare).
Essa è associata a forie elevate.
3. Diplopia, specie in strabismi insorti tardi nella vita (traumi,
paresi ecc.)
4. Soppressione nell’occhio deviato dell’area retinica che
causerebbe la diplopia, scotoma (fenomeno ricorrente
negli strabismi insorti precocemente, presente a volte
anche nelle forie scompensate).
5. Ambliopia da non uso (vedi più avanti il significato).
6. Un adattamento ad una corrispondenza retinica anomala:
c’è binocularità, ma il visus in binoculare dell’occhio
deviato è scadente.
7. Una fissazione eccentrica.
Definizione delle tropie
 Esotropia: deviazione verso l’interno.
 Exotropia: deviazione verso l’esterno.
 Ipertropia: deviazione verso l’alto.
 Ipotropia: deviazione verso il basso
Strabismo concomitante e non
concomitante
 Per strabismo concomitante si intende uno
strabismo il cui angolo non cambia in
qualunque direzione di sguardo.
 Quello non concomitante è quello il cui
angolo cambia a seconda della posizione
di sguardo ( la maggior parte degli
strabismi è di questo tipo).
Soppressione (scotoma)
 Uno strabismo o un grosso scompenso
binoculare insorto precocemente può
indurre una soppressione come difesa
dalla diplopia.
 Il cervello è costretto a rinunciare alla
binocularià escludendo la percezione di un
area retinica dell’occhio deviato.
 Questo buco nero percettivo si dice
scotoma.
Esempi di scotomi
Scotoma fisiologico
 Lo scotoma patologico non va confuso con
quello fisiologico della papilla del nervo
ottico.
Valutazione dello strabismo
 Alcuni strabismi sono manifesti e chiunque
può accorgersi della loro presenza.
 Piccoli angoli di deviazione possono
passare inosservati anche a professionisti
esperti.
 È importante una valutazione diagnostica.
Occhio fissante e non fissante
 Nello strabismo monolaterale si distingue un l’occhio
fissante, che è quello che mantiene l’allineamento col
soggetto osservato, e l’occhio non fissante, che è quello
deviato.
 Se non si è strutturata una fissazione eccentrica,
occludendo l’occhio fissante, quello deviato si allineerà
sul soggetto osservato diventando, sino a che dura
l’occlusione dell’altro, esso stesso fissante. L’occhio
occluso apparirà strabico dietro lo schermo.
 All’interruzione dell’occlusione dell’occhio non strabico
però, quello strabico tornerà nella condizione di
deviazione. E quello non strabico ritornerà fissante.
 Grazie a questo test (cover test) è possibile
diagnosticare il tipo di strabismo.
 Il cover test è utilissimo ed usatissimo anche per la
diagnosi delle forie come espediente per interrompere la
binocularità.
Strabismo alternante
 Nello strabismo alternante c’è un’alternanza di
fissazione tra uno e l’altro occhio.
 Spesso il soggetto riesce volontariamente ad
alternare.
 È una condizione favorevole in quanto
mantiene, sia pur in modo alternato, più o meno
attivi entrambi gli occhi. In questi casi vi è lo
scotoma in entrambi gli occhi.
 Dal punto di vista diagnostico può essere
confuso con una foria.
Tropia e cover test
 Come già accennato il cover test consiste nell’occludere
con sequenze diverse uno e l’altro occhio.
 Se per primo occludo l’occhio strabico tutto rimane fermo
perché la persona guarda già con l’occhio fissante.
 Se occludo l’occhio fissante gli occhi si muoveranno e
quello strabico si allineerà diventando, in quella
condizione, fissante e quello sotto lo schermo devierà
simulando su di se lo strabismo.
 Togliendo lo schermo gli occhi si muoveranno in
direzione opposta alla precedente e l’occhio fissante
ritornerà a fissare e quello strabico tornerà nella sua
condizione di deviazione.
Esotropia
 Nell’esotropia l’occhio strabico è deviato verso
l’interno.
 Occludendo l’occhio fissante, quello strabico
compirà un movimento dall’interno verso
l’esterno e quello fissante lo seguirà sotto lo
schermo con un movimento nella stessa
direzione dall’esterno verso l’interno .
 Togliendo lo schermo, l’occhio strabico tornerà a
storcersi verso il naso ritornando nella sua
condizione strabica seguito dal movimento nella
stessa direzione di quello fissante che tornerà a
fissare.
Exotropia
 Nell’ exotropia l’occhio strabico è deviato verso
l’esterno.
 Occludendo l’occhio fissante, quello strabico
compirà in movimento dall’esterno verso
l’interno e quello fissante lo seguirà, sotto lo
schermo, con un movimento nella stessa
direzione dall’interno verso l’esterno.
 Togliendo lo schermo, l’occhio strabico tornerà a
storcersi verso l’esterno ritornando nella sua
condizione strabica, seguito dal movimento nella
stessa direzione di quello fissante che tornerà a
fissare.
Ipertropia
 Nell’ipertropia, l’occhio strabico è deviato verso
l’alto.
 Occludendo l’occhio fissante, quello strabico
compirà un movimento dall’alto verso il basso
per rendersi fissante, seguito, sotto lo schermo,
da quello fissante con un movimento nella
stessa direzione (dall’alto verso il basso).
 Togliendo lo schermo, l’occhio strabico tornerà a
storcersi verso l’alto ritornando nella sua
condizione strabica, seguito dal movimento nella
stessa direzione di quello fissante che tornerà a
fissare.
Ipotropia
 Nell’ipotropia, l’occhio strabico è deviato verso il
basso.
 Occludendo l’occhio fissante, quello strabico
compirà un movimento dal basso verso l’alto per
rendersi fissante seguito, sotto lo schermo, da
quello fissante con un movimento nella stessa
direzione (dal basso verso l’alto).
 Togliendo lo schermo, l’occhio strabico tornerà a
storcersi verso il basso ritornando nella sua
condizione strabica, seguito dal movimento nella
sessa direzione di quello fissante che tornerà a
fissare.
Cover test e misura delle forie e
tropie
 Sfruttando il comportamento degli occhi,
anteponendo dei prismi, vedremo come
sia possibile misurare, grazie al cover test,
l’entità delle forie e delle tropie.
L’ambliopia funzionale
 Col termine ambliopia si intende una situazione percettiva che
insorge precocemente nella vita, in cui uno (più ricorrentemente
il non dominante) o entrambi gli occhi presentano una riduzione
funzionale più o meno marcata del visus non patologica o
traumatica, relativamente o affatto migliorabile con lenti.
 Può essere indotta da vari fattori legati alla disequalizzazione
funzionale tra i due occhi o fattori psicosomatici.
 Le cause possono essere anisometropia, strabismo, turbe nello
sviluppo evolutivo del bambino.
 Essa pare sia determinata da una condizione attiva di inibizione
funzionale prodotta dall’occhio più efficiente su quello meno
efficiente.
 Se, nell’età che va dalla nascita ai 3 anni circa, non si innescano
i processi percettivi legati allo sviluppo della binocularità e
funzionalità retinica si può presentare un’ambliopia. Nelle
ipermetropie anisometropiche, può essere sufficiente 1 dt di
differenza non corretta per innescare una ambliopia nell’occhio
più ipermetrope. Il fenomeno è meno frequente nelle miopie.
L’ambliopia da non uso ed isterica

 L’ambliopia più ricorrente è quella detta da


non uso in cui lo stimolo foveolare, a
causa di uno strabismo o di un’immagine
deteriorata da un’ametropia non corretta,
non viene stimolato adeguatamente per
cui si produce un decadimento funzionale.
 Un altro tipo di ambliopia è quella isterica.
Colpisce soprattutto bambine ed ha
origine psicosomatica.
L’ambliopia ed il training visivo
 Sino ad alcuni anni fa vigeva l’affermazione perentoria che se
un’ambliopia non veniva trattata precocemente essa non si
sarebbe mai più potuta risolvere.
 Questo è vero solo in parte.
 È vero che se il trattamento della causa e gli esercizi di
stimolazione avvengono precocemente, prima dei 3/3,5 anni,
le possibilità di successo sono alte.
 Ma se i processi evolutivi si sono innescati e
successivamente inibiti è possibile a volte risvegliarli anche
negli adulti.
 È emblematico il caso di una signora presentato al congresso
dell’Albo nel 2010, che in età avanzata ha riacquisito, dopo un
lungo periodo di training visivo, non solo il visus sull’occhio
ambliope, ma anche la visione stereoscopica.
 Il trattamento di questa disfunzione non può prescindere
dall’eliminazione delle cause, e da una stimolazione attiva
dell’occhio ambliope (esso comporta, nella prima fase, il
bendaggio dell’occhio buono ed esercizi su quello ambliope).
La binocularità, un argomento
vastissimo
 Ciò che è stato illustrato è solo una piccola parte di tutta
la trattazione sui disturbi della visione binoculare.
 Un quadro completo di questi argomenti richiede uno
studio profondo e conoscenze che non possono
esaurirsi in questo corso.
 Le combinazioni che possono assumere queste
disfunzioni sono complesse ed a volta di difficile
diagnosi.
 L’analisi specifica del caso è però importantissima per
valutare la possibilità di una riabilitazione totale o
parziale della binocularità attraverso programmi intensi e
lunghi training visivi od ortottica.
 In alcuni casi l’unica possibilità di correzione dello
strabismo è di tipo chirurgico.
I prismi
 I prismi sono molto usati in optometria.
 Essi hanno utilità diagnostiche, riabilitative
e compensative.
 Alcuni effetti prismatici, indotti dalle lenti,
possono avere conseguenze indesiderate
sul sistema visivo.
 È importantissimo conoscere gli effetti dei
prismi anteposti davanti agli occhi.
The Dark side of the Moon
Pink Floyd 1973
 Il prisma devia il percorso della luce verso
la base e scompone la radiazione
policromatica nelle sue componenti
monocromatiche.
La diottria prismatica
 Con questa unità di misura si quantifica il
potere del prisma.
 Una diottria prismatica è la deviazione di
1cm alla distanza di 1m, prodotta dal
prisma sul raggio incidente proveniente
dall’infinito.
 La diottria prismatica si indica con ∆
(delta) o con la sigla d.t.p.
 1∆ = 1cm di deviazione ad 1 m
Comportamento dell’occhio
all’introduzione di un prisma
 Con il posizionamento di un prisma davanti ad
un occhio, la deviazione della luce prodotta da
questo sposta l’immagine su un’area diversa
dalla fovea.
 Lo stimolo fusionale indurrà l’occhio a
riposizionare l’immagine sulla fovea facendogli
compiere una rotazione.
 Siccome il prisma devia l’immagine verso la
base, l’occhio per riportarla sulla fovea ruoterà
verso l’apice (l’occhio devia in direzione opposta
alla base).
 L’immagine percepita, quindi, verrà proiettata
verso l’apice del prisma.
Base esterna, interna, alta, bassa

 Se pongo un prisma con la base interna (nasale)


l’occhio ruoterà verso l’apice quindi verso l’esterno.
 Se pongo un prisma con la base esterna (tempiale)
l’occhio ruoterà verso l’apice quindi verso l’interno.
 Base alta rotazione in basso.
 Base bassa rotazione in alto.

 In visione binoculare, se le d.t.p. sono eccessive e tali


da non poter essere compensate dallo stimolo
fusionale, la rotazione dell’occhio non sarà sufficiente a
riportare l’immagine sulla fovea, si avrà quindi una
diplopia.
Anteponendo un prisma su uno o entrambi gli
occhi questi deviano verso l’apice del prisma
con base esterna con base interna
deviazione interna deviazione esterna
Utilizzo di prismi a scopo
diagnostico
 Integrando il cover test con i prismi è possibile misurare
in d.t.p. l’entità delle forie e delle tropie.
 Le stecche di Berens sono una serie di prismi con d.t.p.
crescenti.
 Si usano due stecche, una con prismi a basi orizzontali
ed una con prismi a basi verticali.
Stecche di Berens e cover test
 Il concetto è quello di annullare il movimento che
compiono gli occhi in caso di forie o tropie durante il
cover test.
 Se la deviazione è eso, userò la stecca dei prismi
orizzontali a base tempiale.
 Se la deviazione è exo, userò la stecca dei prismi
orizzontali a base nasale.
 Se la deviazione è iper, userò la stecca dei prismi
verticali a base bassa.
 Se la deviazione è ipo, userò la stecca dei prismi
verticali a base alta.
 Si fanno poi scorrere i prismi,che hanno potere
crescente, davanti all’occhio effettuando il cover test.
 Quando il prisma porterà sulla fovea dell’occhio deviato
l’immagine della mira, il movimento sarà annullato.
 Il valore del prisma in grado di annullare il movimento
rappresenta l’entità della foria o tropia in d.t.p.
Prismi orizzontali e vergenze
 Facendo scorrere la stecca dei prismi orizzontali prima a base
esterna e poi interna sino alla diplopia si può misurare l’ampiezza
della capacità fusionale.
 Degli strumenti molto usati in optometria come accessorio del
forottero sono i prismi rotanti di Risley.
 La rotazione contrapposta cambia il potere prismatico che viene
indicato sulla scala graduata.
 Ruotando i prismi a base esterna sino alla diplopia si misura
l’ampiezza della capacità fusionale in convergenza. Ruotandoli a
base interna sino alla diplopia si misura l’ampiezza della capacità
fusionale in divergenza.
I prismi verticali e la diplopia
 Ponendo dei prismi a base alta o bassa già con poche
d.t.p. si genera una diplopia.
 Il processo fusionale non è in grado di compensare
anche piccoli dissassamenti degli assi visuali in verticale.
Diverso è con i prismi orizzontali dove intervengono le
vergenze che riescono a compensare valori prismatici
più grandi.
 Con questo espediente si può:
 Interrompere la fusione mantenendo una visione
simultanea dei due occhi. Ciò consente di valutare il
primo grado di fusione (visione simultanea).
 Valutare la direzione delle forie e come vedrete,
usando i prismi di Risley, anche misurare le forie.
 Effettuare la diagnosi di fenomeni soppressivi (se
sparisce una delle due immagini).
Prismi, strabismo e riabilitazione
 I prismi sono usati in determinati casi di strabismo in cui
l’angolo di strabismo è uguale in tutte le direzioni di
sguardo (strabismo concomitante) previe attente e
competenti valutazioni del caso.
 Possono essere usati limitatamente in alcune procedure
di training visivo o ortottica.
 Possono essere usati per il miglioramento posturale
nella posizione detta gemellata a base bassa o alta
(entrambe le basi basse o entrambe alte). Lo
spostamento dell’immagine verso l’apice del prisma
induce un sollevamento della testa col prisma a base
bassa ed un abbassamento col prisma a base alta.
Il centro ottico delle lenti
 L’asse ottico è l’asse che attraversa la lente passante
per i centri di curvatura dei diottri sferici che racchiudono
la lente.
 Il centro ottico (punto o punti nodali) è il punto
individuato dall’asse ottico che attraversa la lente.
 Il raggio coincidente con l’asse ottico passa attraverso la
lente senza subire rifrazione (passa cioè indisturbato).
 I raggi parassiali subiscono rifrazione minima.
 Man mano che ci si allontana dal centro ottico l’effetto
rifrangente della lente diventa maggiore.
 Una lente correttiva svolge la sua azione se il suo centro
ottico coincide col centro della pupilla del portatore.
La centratura delle lenti
 La correzione ottica dei disturbi visivi richiede degli
accorgimenti importantissimi nella realizzazione e
posizionamento sul viso degli occhiali.
 La centratura è una delle più importanti.
 Bisogna far si che dopo la lavorazione dell’occhiale, una
volta calzato, i centri ottici delle lenti coincidano con gli
assi visivi del portatore (siccome vi sono delle tolleranze
si usa il centro della pupilla).
 Occorre cioè, che dopo la lavorazione dell’occhiale i
centri ottici delle lenti coincidano con i centri pupillari del
portatore (distanza interpupillare) e che la loro altezza
sia adeguata, tale che, nella postura di sguardo abituale,
gli assi visivi attraversino i centri ottici stessi.
 Se ciò non viene rispettato (entro l’errore tollerato dalla
persona) e l’occhiale è decentrato, le lenti generano
disquilibri che possono indurre anche gravi sintomi o
alterazioni funzionali.
Effetti prismatici delle lenti
 Le lenti si comportano come i prismi solo che
una o entrambe le superfici sono sferiche. E’
facile immaginare questo pensando alla loro
sezione come due prismi uniti o per la base o
per il vertice.
 Nelle sezioni delle lenti positive (convergenti),
sono le basi ad essere unite fra loro.
 Nelle sezioni delle lenti negative (divergenti),
sono i vertici ad essere uniti fra loro.
 L’effetto prismatico indotto dalle lenti è tanto
maggiore quanto maggiore è il potere delle
lente.
Decentramento delle lenti ed effetti
prismatici
 Una lente decentrata davanti ad un occhio
sottopone quest’ultimo ad un effetto
prismatico direttamente proporzionale
all’entità del decentramento ed al potere
della lente.
 Inducendo l’occhio a guardare attraverso
un’area al di fuori del centro ottico della
lente l’occhio subirà l’effetto prismatico
delle sezione di lente che sta utilizzando.
Decentramento delle lenti positive
 Una lente positiva decentrata induce l’occhio a
divergere dal lato opposto al centro ottico (dove
coincidano le basi) verso il vertice del prisma (la
periferia della lente).
 Un decentramento nasale genera un effetto prismatico
a base interna che, se compensato dalla capacità
fusionale, comporterà una rotazione dell’occhio verso
la tempia.
 Un decentramento verso la tempia induce una
rotazione verso il naso.
 Un decentramento in alto fa deviare l’occhio in basso.
 Un decentramento in basso fa deviare l’occhio in alto.
Decentramento delle lenti negative
 Una lente negativa decentrata induce l’occhio a
deviare verso il suo centro ottico (dove coincidono i
vertici) verso il vertice del prisma (il centro della lente).
 Un decentramento nasale genera un effetto prismatico
a base esterna che, se compensato dalla capacità
fusionale, comporterà una rotazione dell’occhio verso
il naso.
 Un decentramento verso la tempia induce una
rotazione verso la tempia.
 Un decentramento in alto fa deviare l’occhio in alto.
 Un decentramento in basso fa deviare l’occhio in
basso.
Lenti astigmatiche ed effetti
prismatici
 Se la lente correttiva è una lente cilindrica pura (senza
l’associazione di una sfera) e l’asse è orizzontale (0°/180°),
lungo l’asse il potere è zero e non ci sono effetti prismatici.
 Man mano che l’asse dell’astigmatismo si sposta da 0° a
90° l’effetto prismatico aumenta in funzione del potere della
sezione interessata dal decentramento e gli effetti
prismatici sono uguali a quelli delle lenti positive e negative
in base al tipo di cilindro usato.
 Se la lente cilindrica è associata ad una sfera, lungo l’asse
l’effetto prismatico è solo quello indotto dalla sfera, man
mano che l’asse dell’astigmatismo si sposta da 0° a 90°,
l’effetto prismatico risultante sarà la somma algebrica di
quello della sfera più quello della sezione del cilindro
interessata al decentramento.
Calcolo dell’effetto prismatico di
una lente decentrata
 Formula del Prèntice: effetto prismatico di una
lente posta a 12 mm dall’apice corneale.
 ∆’ = φ · h/(1 – 0,025 · φ)
 Dove ∆’ = effetto prismatico indotto dal
decentramento.
 φ = potere in dt della lente.
 h = decentramento in cm (N.B. in centimetri).
 Vale anche, con una buona tolleranza, la
formula semplificata φ · h dove h è sempre
espresso in cm.
Decentramenti e capacità
compensative
 La capacità di accettare un decentramento degli occhiali
dipende dall’entità del decentramento, dal potere della
lente, ma anche dalla capacità fusionale della persona.
 Decentramenti orizzontali (maggiori o minori della
distanza interpupillare) sono più facilmente compensabili
perché le capacità fusionali in convergenza e divergenza
sono piuttosto ampie.
 Decentramenti in verticale (un centro in alto ed uno in
basso) sono molto meno tollerati.
 È assolutamente deontologicamente necessario e di
primaria importanza, in caso di errato montaggio delle
lenti, rimediare con la sostituzione delle stesse a proprie
spese onde non costringere l’utente a spiacevoli
contestazioni a causa dei disturbi indotti e per non
causare alterazioni funzionali sul suo sistema visivo.
 Anche in caso di adattamento, l’organismo dovrà ritarare
tutti i processi visivi su equilibri anomali che possono
alterare la sua omeostasi.
Decentramento “fisiologico”
 Anche un occhiale ben centrato produce effetti
prismatici.
 Solo se gli occhi sono nella postura per cui è stato
centrato l’occhiale, non si hanno effetti prismatici (ed
altre distorsioni) ma ogni qual volta gli occhi si spostano
sulle lenti in punti al di fuori dei centri ottici, essi sono
sottoposti ad effetti prismatici.
 Questi però essendo simmetrici sono più facilmente
accettati e inducono conflitti minori nel sistema visivo.
 Gli argomenti legati agli effetti delle lenti sugli occhi
saranno argomento di approfondimento dei vari corsi
caratterizzanti che verranno.

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