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GENERATORI EOLICI PER LA

CONNESSIONE ALLA RETE


Tecnologia dell'Energia
Politecnico di Torino
22 pag.

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POLITECNICO DI TORINO
Dipartimento Energia

GENERATORI EOLICI PER LA CONNESSIONE ALLA RETE

(Dispense)

F. Spertino
tel. 011-0907120 ; e-mail: filippo.spertino@polito.it

Edizione Maggio 2016

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Sommario
Introduzione ......................................................................................................................................... 3
Fonte energetica e sua caratterizzazione .............................................................................................. 4
L’energetica della turbina eolica .......................................................................................................... 5
L’aerodinamica della pala in una turbina eolica .................................................................................. 8
Principio di funzionamento della turbina ad asse orizzontale............................................................ 11
L’uso della macchina asincrona in una turbina a velocità variabile .................................................. 12
Calcolo dell’energia producibile da una turbina in un dato sito ........................................................ 21

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Introduzione
Lo sviluppo attuale della generazione di energia elettrica da fonte eolica è partito da Paesi,
come la Danimarca e la Germania, caratterizzati da velocità del vento medie superiori a 10 m/s.
Precisamente, la Danimarca annovera una potenza installata di circa 5 GW e la relativa produzione
energetica di oltre 14 TWh, corrispondente al 40% del consumo nazionale di elettricità; invece la
Germania ha una potenza installata di circa 39 GW e la relativa produzione energetica di circa 56
TWh, corrispondente al 10% del consumo nazionale. Nel 2014 gli USA e la Cina sono gli stati che
producono più energia, rispettivamente 182 TWh (4,5 % del fabbisogno) e 153 TWh (3% del
fabbisogno), con la tecnologia eolica.
Dal punto di vista della risorsa eolica, bisogna subito chiarire che i siti candidati a ospitare
impianti eolici devono presentare una velocità del vento media superiore a 5 m/s, tenendo presente
che con velocità del vento di 20 m/s la densità di potenza della risorsa eolica si avvicina a 5 kW/m2.
In Europa c'è una prevalenza nel Mare del Nord e quindi i Paesi più favoriti sono, oltre alla
Danimarca e alla Germania, la Gran Bretagna, la Francia e la Norvegia. In Italia i siti più ventosi si
trovano in Puglia, in Sardegna, in Sicilia e sull'Appennino, come si evince dall’Atlante Eolico
Italiano, disponibile gratuitamente sul “web”.
Per quanto riguarda la tecnologia della conversione elettromeccanica, due tipi di turbine si
dividono il mercato: quelle a velocità fissa (40%), da sempre presenti, e quelle a velocità variabile
(60%), di recente sviluppo, equipaggiate con generatore asincrono a doppia alimentazione (Doubly
Fed Induction Generator, DFIG) per il 45% del mercato e con generatore sincrono per il 15% del
mercato.
Nella tecnologia a velocità fissa, le turbine, normalmente dotate di generatori asincroni a
gabbia di scoiattolo, consentono di ottenere rendimenti elevati soltanto in prossimità della velocità
nominale del vento con scorrimenti dell'1-2% circa; scorrimenti più elevati (10%) si possono
accettare solo transitoriamente per ridurre le sollecitazioni sugli organi meccanici, come nel caso di
improvvise raffiche di vento. Un miglioramento, dal punto di vista del rendimento alle basse
velocità del vento, si ottiene con i sistemi a due velocità. In questo caso, le turbine sono
equipaggiate con generatore asincrono ed avvolgimenti a doppio numero di poli oppure con due
generatori asincroni di diversa potenza e moltiplicatore di giri a doppio rapporto, per sfruttare in
maniera soddisfacente sia la velocità nominale sia le basse velocità del vento.
Nella tecnologia a velocità variabile, utilizzata con potenze più elevate (fino a qualche
megawatt), l’intervallo di velocità è ampio (superiore a  30% del valore nominale arrivando a 15 -
45 rpm). La proprietà più interessante è che esse presentano rendimenti elevati anche per velocità
del vento medio-basse (4 – 8 m/s), tipiche ad esempio delle regioni italiane.
Se si adotta la soluzione del generatore sincrono, la potenza del convertitore elettronico, che
raddrizza la tensione alternata a frequenza variabile (AC-DC) e inverte la tensione continua a
frequenza di rete (DC-AC), deve essere pari all’intera potenza prodotta dallo statore del generatore
“lento”; si ha tuttavia il vantaggio di non dover ricorrere a un moltiplicatore di giri.
Se si impiega invece il generatore DFIG, la potenza del convertitore elettronico bidirezionale
è solo quella di scorrimento che transita dal rotore verso la rete in funzionamento super-sincrono e
dalla rete verso il rotore in funzionamento sotto-sincrono: si ha così una potenza di
dimensionamento molto minore (solo il 30% rispetto all’altro caso), che si traduce in minori perdite
e risparmio sul costo. Diventa però necessario l’uso di un moltiplicatore di giri.
Dal punto di vista della “Power Quality” verso la rete, va segnalato che con entrambi i tipi di
generatore è possibile regolare in modo separato le potenze attiva e reattiva, garantendo un fattore
di potenza unitario per il generatore ed eventualmente compensando anche altri assorbimenti di tipo
induttivo. Questo fatto, insieme alla tecnica di modulazione PWM, che comporta armoniche di
ordine elevato (>20) nella tensione generata dal convertitore elettronico, permette di ridurre le
variazioni di tensione e le armoniche a bassa frequenza. Inoltre, la possibilità di accettare potenza
meccanica variabile in un ampio intervallo di velocità permette di sfruttare l’effetto smorzante

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dell’inerzia meccanica sulle pulsazioni a bassa frequenza della coppia aerodinamica, riducendo in
tal modo il flicker.
Dal punto di vista dei buchi di tensione e dei guasti di corto circuito, il convertitore di
frequenza permette di fornire un contributo di potenza reattiva utile a ripristinare il regime
preesistente alla perturbazione (funzionalità “Ride Through” obbligatoria in certi Paesi). In
particolare, dopo pochi periodi di rete dall’inizio della perturbazione, in cui il generatore DFIG
fornisce una corrente induttiva superiore a quella nominale (fino al 500%), il sistema passa al
controllo in corrente del convertitore collegato al rotore con l’obiettivo di inviare in rete, attraverso
lo statore, una corrente capacitiva, prossima a quella nominale, e di ristabilire la tensione di
normale funzionamento. Dal punto di vista meccanico, la velocità della turbina tende a crescere
durante il transitorio, tuttavia tale aumento viene limitato mediante la regolazione del passo delle
pale. Una volta superato il guasto, il convertitore lato rotore lascia la modalità di controllo della
corrente capacitiva ritornando a quella di controllo della potenza e l’energia cinetica immagazzinata
è immediatamente disponibile per fornire potenza attiva alla rete.

Fonte energetica e sua caratterizzazione


I parametri caratteristici del vento sono la direzione e la velocità. Per misurarli si impiegano
anemometri, collocati a un’altezza dal suolo di circa 10-15m. Nel sito di installazione delle turbine
eoliche si effettuano rilevazioni in tutte le direzioni e per lunghi periodi (1-5 anni). Per utilizzare i
dati sperimentali del vento, è necessario riportarli all'altezza del mozzo della turbina, poiché la
velocità del vento dipende dalla quota e dalla conformazione del terreno mediante l’altezza di
rugosità z0 con la formula U h   U href  ln h z0  ln href z0  . La velocità del vento aumenta con
l'altezza fino a 100 m (Fig. 1); i valori di rugosità minori si hanno per i terreni piatti (spiagge,
mare), quelli massimi per le città e le foreste. I siti candidati ad ospitare impianti eolici devono
presentare una velocità del vento media superiore a 5 m/s (ad es. in Puglia, Sardegna e Sicilia).
Passando all'analisi statistica dei dati, bisogna calcolare, per una data direzione del vento, il
numero di ore in cui la velocità del vento è compresa in un intervallo prefissato (ad es. 1 m/s per
velocità comprese tra 9,5 e 10,5 m/s), raggruppando i dati in classi di velocità. Dopo aver
raggruppato i dati in classi, si calcolano il valor medio e la varianza. Si può così determinare la rosa
dei venti: sulla rosa si individuano le direzioni principali verso le quali è opportuno orientare le
turbine eoliche. I dati sperimentali sono ben descritti dalla distribuzione di Weibull (vale zero per
velocità nulla ed è asimmetrica rispetto al valor medio) che è individuata da due parametri ( e ,
Fig. 2).
100

90

80

70

60
Quota (m)

50

40

30

20
Zo
10

0
2 3 4 5 6 7 8 9 10
velocità del vento (m/s)

Figura 1 – Influenza della rugosità sul profilo del vento al variare della quota.

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 1 U 
 
 U 
fW U , ,      e  
(1)
   
L’integrale della densità di probabilità esprime la probabilità cumulativa

U 
 
FW U , ,    1  e .  

Tale analisi statistica è richiesta per i generatori eolici perché essi presentano un rendimento
di conversione fortemente variabile e dipendente dal valore della velocità del vento, a differenza
dei generatori FV che presentano un rendimento quasi costante al variare dell’irradianza solare.
0.14

0.07 0.12

0.06
0.10

frequenza relativa [pu]


probability density

0.05
0.08

0.04

0.06
0.03

0.04
0.02

0.01 0.02

0 0.00
0 5 10 15 20 25 30 35 0 5 10 15 20 25
wind speed (m/s) velocità [m/s]

Figura 2 – Istogramma delle frequenze e distribuzione di Weibull per 2 siti eolici.

L’energetica della turbina eolica


Per introdurre l’argomento centrale del paragrafo, è utile un riferimento alla meccanica dei
fluidi: il trinomio di Bernoulli, somma di energia potenziale gravitazionale (mgh), energia cinetica
(0,5mu2) ed energia di pressione (pV), si applica a una massa fluida (incompressibile) in moto, in
assenza di lavoro meccanico, fatto da oppure ricevuto da tale massa. La conservazione del trinomio
implica che una delle tre forme di energia si possa trasformare in un’altra forma di energia. Ad
esempio, è noto che in una centrale idroelettrica a bacino l’energia potenziale, posseduta da un
serbatoio di acqua, viene convertita prima in energia di pressione all’interno della condotta forzata
(a velocità costante e quindi anche a energia cinetica costante) lungo il dislivello, poi in energia
cinetica all’uscita dell’ugello del distributore. Infine, l’ultima trasformazione in energia meccanica
attraverso le pale della turbina non si può spiegare, evidentemente, col trinomio di Bernoulli.
Invece, in una turbina eolica ideale (teoria del disco attuatore), avente spessore infinitesimo
lungo la direzione del vento, il processo di conversione avviene a energia potenziale costante (non
cambia la quota della massa d’aria) con un tubo di flusso, la cui sezione si espande sia prima sia
dopo aver investito l’area spazzata dalla turbina. Assumendo la densità dell’aria costante, questo
significa che, a parità di portata di fluido, la velocità finale (sezione maggiore) è minore della
velocità iniziale (sezione minore). Prima del contatto con la turbina, così come anche dopo il
contatto, si applica il trinomio di Bernoulli per dedurre che alla diminuzione di velocità del fluido
corrisponde l’aumento di pressione. Durante il contatto con la turbina, non si può applicare il
trinomio di Bernoulli: in questa sezione si ha una discontinuità della pressione con una brusca
diminuzione della stessa, a cui corrisponde la generazione di energia meccanica attraverso le pale
della turbina. Dopo aver oltrepassato la turbina, la pressione riprende a salire e si riporta al valore di
partenza. La Fig. 3 riassume graficamente questi concetti, ma non evidenzia che, esaurito l’effetto
scia prodotto dalla turbina, la velocità e la pressione dell’aria, a una certa distanza dalla turbina, si
riportano ai valori che avevano prima dell’azione frenante delle pale.
Il movimento del fluido è supposto stazionario, tutte le variabili dipendono solo dal punto in
cui vengono calcolate.

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Passando alle prestazioni della turbina nel suo insieme, è arrivato il momento di definire
l’efficienza aerodinamica mediante il coefficiente di potenza Cp di una turbina eolica. Esso è
calcolato come il rapporto tra la potenza meccanica generata dalle pale Pmec e la potenza del vento
(espressione dedotta dalla derivata dell’energia cinetica di una massa d’aria che si sposta), incidente
con velocità costante U:
Pmec
CP  (2)
1
AU 3
2
dove  rappresenta la densità dell’aria ( 1,225 kg/m3 a livello del mare e temperatura ambiente di
15 °C) ed A l’area spazzata dalle pale.

u1

u2 < u 1

p1 p2 = p 1

Figura 3 – Andamenti di velocità e pressione lungo il tubo di flusso.

Il valore massimo teorico, desunto dalla teoria del Betz, è di 16/27 pari a circa il 59%; esso si
ottiene quando la velocità nella sezione di attraversamento della turbina vale il 67% della velocità
iniziale U e la velocità finale del vento, dopo l’attraversamento della turbina, è pari al 33% di U;
perciò, dal punto di vista della teoria, annullare la velocità finale e la corrispondente energia
cinetica non porta a massimizzare l’efficienza (che vale il 50%).
A questo proposito, bisogna osservare che ogni turbina è caratterizzata dalla curva
caratteristica del coefficiente di potenza (ovvero il rendimento aerodinamico) in funzione del
rapporto di velocità tra la velocità periferica alla punta delle pale e la velocità del vento (“tip speed
ratio”):
V R
  (3)
U U
dove  è la velocità angolare e R il raggio (ovvero la lunghezza) di una pala. In Fig. 4 è presentato
un esempio di curva per una generica turbina eolica: si evidenzia che per valori di  <5,
corrispondenti a velocità del vento elevate, si hanno perdite essenzialmente per il fenomeno dello

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stallo (cfr. paragrafo sull’aerodinamica della pala), dovuto ad elevati angoli di attacco lungo il
profilo delle pale, mentre per alti valori di , relativi a velocità del vento ridotte, si hanno perdite
per bassa portanza con bassi angoli di attacco (cfr. ibidem). Questa curva presenta un massimo per
un valore tipico di  (tra 5 e 10) e quindi nelle turbine a velocità costante solo per un valore
specifico di velocità del vento (quello corrispondente alla potenza nominale).
Se nelle turbine a velocità costante senza regolazione del passo (cfr. ibidem), al variare del vento, si
percorrono i punti della curva di prestazione, nelle turbine a velocità variabile sulla curva Cp() si
riesce a mantenere un valore di  prossimo a quello ottimale, variando la velocità angolare al
variare della velocità del vento (entro un certo intervallo di ).

0,6

0,5
Coefficiente di potenza Cp

0,4

0,3

0,2

0,1

0
0 2 4 6 8 10 12 14
Rapporto di velocità 

Figura 4 – Curva del coefficiente di potenza in funzione del rapporto di velocità.

Nelle turbine a velocità variabile si adotta, dunque, la regolazione a Cp costante: si


rappresenta, secondo le equazioni (2) e (3), la curva di potenza meccanica in funzione della velocità
angolare delle pale, avendo fissato la velocità del vento. Nella Fig. 5, relativa a una turbina con
potenza di circa 900 kW, si presenta una famiglia di curve Pmec() al variare della velocità del
vento: in essa si individua il luogo dei punti di massima potenza meccanica Pmax. La regolazione
ottima è quella che segue tale luogo e cioè per ogni velocità del vento c’è una sola velocità delle
pale in grado di estrarre la massima potenza eolica. Dal punto di vista analitico, questo luogo ha un
andamento di tipo cubico in funzione della velocità delle pale:
1 1
Pmax  C P max R 5 3  3 (4)
2 max
dove il punto (CPmax,max) è quello ottimo sulla curva, mentre R è la lunghezza della pala alla quinta
potenza, perché il quadrato è dato dall’area spazzata e il cubo dalla velocità periferica alla punta
della pala. Si noti che, per passare dalla velocità angolare delle pale alla velocità del generatore
elettrico, bisogna moltiplicare per il fattore proprio del moltiplicatore di giri. Spesso, si assume di
aver a disposizione un apparecchio con efficienza 100%: ciò significa che la coppia meccanica
all’uscita del moltiplicatore di giri si ottiene da quella in ingresso moltiplicando per il reciproco del
fattore già citato. Questo fattore ha valori che vanno, di solito, da 30 a 50 con tre stadi di
conversione di velocità: per esempio, i fattori parziali sono uguali a 2,3 o 5.
Sempre nella stessa Figura 5, si evidenzia oltre 9 m/s un funzionamento a velocità del rotore
costante che abbandona il luogo dei punti a potenza massima fino a raggiungere la potenza
nominale che si mantiene con la stessa velocità . Questa velocità è associata al limite di forza
centrifuga, la quale è proporzionale al quadrato di  e alla lunghezza della pala R.

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1000

U = 13 m/s

800
U = 11 m/s
Mec hanic al power (kW)

 = cons t.
600

U = 9 m/s
400
P = P max

U = 7 m/s
200

U = 5 m/s

0
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

B lade s peed (rpm)

Figura 5 – La famiglia di curve di potenza meccanica in funzione della velocità delle pale.

L’aerodinamica della pala in una turbina eolica


Si illustra il principio di funzionamento di una turbina eolica ad asse orizzontale (la
configurazione quasi universalmente utilizzata per la produzione di energia elettrica), relativamente
alla generazione della coppia motrice. Si consideri una vista frontale di una turbina a tre pale,
ruotante in senso orario con velocità angolare , in presenza di una velocità del vento U con
direzione normale al piano del foglio e verso entrante (si veda la Fig. 6a). Si individui poi una
sezione trasversale (S-S’) di una pala a una distanza Rx dal mozzo prossima alla punta-pala.

S S’ FC
FD
U
Fris
Rx
FS
FL
 

Vx =  R x

 
U
Wx

a) b)
Figura 6 – Generazione della coppia motrice sulla pala di una turbina eolica.

Come si può osservare nella fig. 6b, la sezione trasversale è simile al profilo di un’ala di aereo
e la cinematica della pala è descritta da un triangolo di velocità (rettangolo), in cui i lati sono U,
  
Vx, Wx e la relazione vettoriale è Wx  U  Vx . Poiché la pala è svergolata con profili molto meno
slanciati vicino al mozzo, la situazione cambia avvicinandosi al mozzo.

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Innanzitutto, la velocità periferica della sezione della pala Vx = Rx forma un angolo  con
la velocità relativa del vento Wx nel sistema di riferimento della pala alla distanza Rx. Inoltre, si
definiscono nel centro di pressione della pala:
 l’angolo di attacco (o di incidenza)  quello formato dalla direzione della corda alare e dalla
direzione del vettore Wx;
 l’angolo di passo  formato dalla direzione della corda alare e dalla direzione del vettore Vx.
Tra questi tre angoli valgono le relazioni      e ctg    x   che hanno particolare
V
U
importanza, come si vedrà in seguito, dal punto di vista dell’efficienza aerodinamica.
Passando alla dinamica della pala, la velocità Wx crea, interagendo con il profilo, due
componenti di forza sulla pala, ortogonali tra di loro: la componente più rilevante è la portanza FL
(“lift”), normale al vettore Wx, l’altra è la resistenza FD (“drag”), parallela al medesimo vettore.
Si possono introdurre due relazioni di proporzionalità, utili per valutare il peso mutuo delle
due componenti: FL  CL   Wx2 e FD  C D   Wx2 , in queste CL e CD dipendono dall’angolo di
attacco, ma il coefficiente di portanza, di valore molto maggiore, presenta un andamento crescente
all’aumentare di  solo fino a circa 15° (con un valore massimo intorno a 1,2), oltre il quale
diminuisce bruscamente per il fenomeno dello stallo. Invece, il coefficiente di resistenza è sempre
crescente all’aumentare di , con valori di un ordine di grandezza in meno.
La forza risultante (Fris) dalla composizione vettoriale della portanza e della resistenza si può
nuovamente scomporre secondo due assi ortogonali, dei quali uno è parallelo alla direzione della
velocità periferica Vx e l’altro è parallelo alla velocità del vento U. La componente secondo la
direzione della velocità periferica FC è la forza che, insieme con il braccio Rx, è responsabile della
coppia motrice per la pala; la componente secondo la direzione del vento FS è la spinta che si
scarica sulla torre della turbina, tendendo a fletterla. Si noti che la direzione della portanza F L e la
direzione della spinta FS individuano ancora l’angolo .
In formule si può scrivere: per la prima componente FC  FL sen  FD cos , notando che la
portanza è responsabile della forza motrice, mentre la resistenza la riduce; per la seconda
componente FS  FL cos  FD sen , osservando che portanza e resistenza contribuiscono entrambe
ad aumentare la spinta, anche se è prevalente la portanza.

Regolazione aerodinamica della pala


Il funzionamento di una turbina eolica per produzione di elettricità avviene in un intervallo di
velocità del vento compreso tipicamente tra 4 e 25 m/s, con potenza crescente fino alla saturazione
in corrispondenza del valore nominale intorno a 12 - 16 m/s. Dal punto di vista aerodinamico, al di
sotto della velocità nominale si ha l’esigenza di massimizzare l’efficienza e quindi la potenza
generata, mentre al di sopra della velocità nominale l’esigenza è di mantenere costante la potenza.
Per fare questo, si può mantenere costanti i fattori o ridurre la velocità di rotazione delle pale, al
crescere della forza che produce la coppia motrice (controllo verso lo stallo), oppure ridurre la
coppia motrice, al crescere della velocità di rotazione delle pale (controllo del passo delle pale
verso la bandiera). In particolare, la regolazione della potenza mediante variazione della forza
responsabile della coppia si può effettuare in modo passivo, essenzialmente verso lo stallo, e in
modo attivo, variando il passo delle pale o verso lo stallo oppure verso la messa in bandiera.
Nel primo caso, rappresentato in Fig. 7 per una turbina a velocità fissa (V = cost.), il
superamento del valore nominale da parte della velocità U produce, a parità di passo delle pale, un
corrispondente aumento sia dell’angolo  sia dell’angolo  che porta verso lo stallo la pala, con
conseguente diminuzione di portanza e di coefficiente di potenza Cp. Questo tipo di regolazione è
economico dal punto di vista degli equipaggiamenti di cui la turbina deve essere dotata, ma provoca
notevoli sollecitazioni alla struttura per effetto dell’elevata spinta sulle pale e sulla torre.

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FC

FD
Fris
FS
FL

V=R

 

U
W

Figura 7 – Regolazione aerodinamica di potenza mediante stallo passivo.


Sfruttando lo stesso principio, ma riducendo la spinta sulle pale, lavora la regolazione di
potenza attuata con lo stallo attivo (in Fig. 8a): è necessario dotare le pale di un sistema di rotazione
attorno al proprio asse. Tale sistema consente di avere angoli ottimali, sotto la velocità nominale, e
di portare la pala prontamente e pesantemente in stallo riducendo l’angolo , sopra la velocità
nominale.
Fermo restando il sistema di rotazione della pala, ma agendo nel verso di aumentare l’angolo
, si comporta il controllo verso la messa in bandiera: questo ultimo metodo comporta una
variazione dell’angolo maggiore rispetto al precedente e perciò risulta più lento, ma permette di
ridurre al minimo sia la spinta sulle pale, facendo crollare la portanza ( diminuisce), sia le
sollecitazioni sulla torre, come si evince dalla Fig. 8b. Nella Figura 9 si presentano, oltre alla curva
CP() di partenza, altre curve ottenute aumentando l’angolo di passo cioè verso la bandiera: si nota
l’abbassamento dei valori e lo spostamento del massimo della curva verso valori di  minori.
Oggigiorno, le turbine a velocità variabile presentano, di norma, una regolazione della coppia
aerodinamica mediante il controllo del passo delle pale, realizzato con adatti attuatori elettrici.

FC

FD
Fris
FS
 FC
FL

V=R FL V=R



  
U U
W
W

a) b)
Figura 8 – Regolazione mediante il passo delle pale: verso lo stallo (a) e verso la messa in bandiera (b).

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0,5

0,45

0,4

Coefficient of Power C p 0,35


 = 6  = 4
 = 0
0,3
 = 2
0,25

0,2

0,15

0,1

0,05

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
Tip speed ratio 

Figura 9 – Regolazione con il passo delle pale verso la messa in bandiera nella curva CP().

Principio di funzionamento della turbina ad asse orizzontale


Gli aeromotori sono macchine che trasformano l'energia del vento in energia meccanica di
rotazione: le turbine più usate sono quelle ad asse orizzontale che sono collocate a un’altezza
anche superiore a 50 m dal suolo mediante una torre di sostegno. Elemento essenziale per la
conversione in energia meccanica sono le pale (perlopiù 2 o 3 con lunghezza da 10 a 50 m)
progettate in modo che il profilo aerodinamico dia la massima portanza. La potenza meccanica
convertita dipende dall'area spazzata dalle pale: raddoppiare la loro lunghezza significa
quadruplicare la potenza prodotta. Le pale, per lo più di fibra di vetro e resina epossidica, sono
fissate al mozzo da cui parte l'albero lento della macchina (ad es. 30 rpm): questo è collegato
all'albero veloce (1500 rpm) mediante un moltiplicatore del numero di giri. L'albero veloce
trasmette la coppia motrice al generatore elettrico. Gli alberi di trasmissione, il moltiplicatore di
giri e il generatore elettrico sono contenuti in un involucro metallico chiamato navicella o gondola
(Fig. 10). Le regolazioni meccaniche di cui è dotata la macchina eolica sono essenzialmente tre: il
controllo del passo delle pale, il controllo di imbardata e il controllo dell'inclinazione dell'albero
del rotore rispetto al piano orizzontale. Il controllo del passo delle pale serve per regolare, per una
certa velocità del vento, la portanza (sul profilo superiore della pala la pressione è minore che su
quello inferiore) e quindi la coppia motrice sulle pale allo scopo di ottenere una ben precisa velocità
di rotazione delle pale. Il controllo di imbardata, facendo ruotare la navicella rispetto alla torre di
sostegno, consente di orientare la turbina eolica nella direzione del vento, mentre il controllo di
inclinazione permette di sfruttare appieno anche i venti la cui direzione non giace sul piano
orizzontale. Si può distinguere tra sistemi a velocità delle pale costante e sistemi a velocità
variabile.
Nei sistemi a velocità costante rientrano le turbine eoliche dotate di generatori asincroni.
Con il generatore asincrono si ha il vantaggio di una certa variabilità della velocità delle pale
rispetto al campo magnetico rotante prodotto (scorrimento dall'1% al 10%). Al variare della velocità
del vento, si può agire sul passo delle pale (anche per ridurre la coppia motrice eolica) affinché sia
costante la velocità delle pale, ma ciò significa che il rapporto della velocità periferica delle pale
(R con R lunghezza o raggio della pala) rispetto alla velocità del vento non può mantenersi
costante e perciò il rendimento peggiora rispetto al valore massimo di progetto. Nelle turbine veloci
a 2 o 3 pale, il rapporto ottimale tra la velocità delle pale e la velocità del vento assume valori
compresi tra 5 e 10.

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Figura 10 – Componenti fondamentali di un generatore eolico ad asse orizzontale.
Nei sistemi a velocità variabile, per far sì che il rendimento si mantenga sul valore massimo
al variare della velocità del vento, bisogna disaccoppiare il generatore elettrico dalla rete a
frequenza costante. A valle del generatore elettrico, si inseriscono un convertitore AC/DC, per
raddrizzare e stabilizzare la tensione generata a frequenza variabile, e un inverter per produrre
potenza AC a frequenza costante.

L’uso della macchina asincrona in una turbina a velocità variabile


È conveniente vedere più da vicino la struttura del sistema di conversione a velocità variabile con la
macchina asincrona in una turbina eolica. In Figura 11 sono presentati i quattro componenti
fondamentali:
1. un trasformatore trifase MT-bt (T 3 ~), dotato di un primario in media tensione (ad es. 15-20-
22 kV) per la connessione alla rete e di due secondari in bassa tensione per il collegamento
con lo statore del DFIG (normalmente 690 V) e con il CEB, connesso sull'altro fronte con le
fasi del rotore;
2. una macchina asincrona trifase a rotore avvolto (MA 3 ~);
3. il convertitore elettronico bi-direzionale, costituito da due inverter trifasi a transistor IGBT e
da un “bus in continua” con una batteria di condensatori;
4. una terna di reattori induttivi di disaccoppiamento e filtro (XL) come per la connessione alla
rete di inverter per generatori fotovoltaici.
Il convertitore elettronico è l’elemento chiave a cui sono richieste diverse funzionalità:
 generare (con la modulazione PWM e il controllo vettoriale) una tensione alternata, alla
frequenza di scorrimento, di ampiezza e fase opportune in modo da assorbire la corrente
circolante nelle fasi di rotore, raddrizzarla e trasformarla in una corrente alternata alla
frequenza di rete per iniettarla nella stessa, recuperando sulla rete la potenza di scorrimento;
 generare (con la modulazione PWM e il controllo vettoriale) una tensione AC, alla frequenza
di rete, di ampiezza e fase opportune in modo da assorbire corrente dalla rete, raddrizzarla e
trasformarla in una corrente AC alla frequenza di scorrimento per iniettarla nelle fasi di rotore,
introducendovi la potenza necessaria al funzionamento sotto il sincronismo.
È opportuno ricordare che con i transistor utilizzati nel convertitore è possibile comandare,
generalmente ad una frequenza fissa stabilita da un segnale portante, non solo la conduzione ma
anche l’interdizione ed imporre angoli di sfasamento, della corrente rispetto alla tensione d'uscita
dell'inverter, non solo in ritardo ma anche in anticipo (possibilità di lavorare sui quattro quadranti
di potenza attiva e reattiva).

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T3

MA 3  XL

CEB

fV f0

Figura 11 – Struttura dell'azionamento del generatore asincrono a doppia alimentazione (DFIG).

Per analizzare quantitativamente il comportamento sopradescritto dal punto di vista dei flussi di
potenza di statore, traferro e rotore, si introdurrà nel sotto-paragrafo successivo il circuito
equivalente della macchina asincrona, con la modifica necessaria per tener conto del CEB.

Un circuito equivalente per il generatore DFIG

Come è noto, lo studio del comportamento a regime della macchina asincrona può essere affrontato
in modo semplice mediante il circuito equivalente di una fase, il quale ingloba i circuiti di statore e
di rotore. Per costruire questo circuito equivalente, occorre tener conto del fatto che, tra la velocità
angolare del campo magnetico rotante e la velocità meccanica, esiste uno scorrimento espresso
dalla relazione:
 S p   mec
s (5)
S p
in cui S  2fS è la pulsazione angolare dell’alimentazione di statore e p è il numero delle coppie
di poli. Ciò si traduce nel fatto che, mentre le fasi di statore lavorano alla frequenza fS , quelle di
rotore lavorano alla frequenza di scorrimento f R  s  f S .
Pertanto, per riportare allo statore il circuito di rotore, l’equazione di rotore va innanzitutto
ricondotta alla frequenza fS dividendone i termini per lo scorrimento s. Inoltre, le grandezze
elettriche vanno modificate tenendo conto del rapporto tra il numero delle spire degli avvolgimenti
distribuiti di statore e di rotore. Si ottiene così il circuito disegnato in Figura 12.

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A
Rs Is Xds X’dr I’r R’r/s
+ +

Vs R0 XM V’r/s R’app/s

A’

Figura 12 – Circuito monofase equivalente della macchina asincrona con alimentazione di rotore.
I parametri relativi alla macchina asincrona hanno il ben noto significato, di seguito richiamato:
 Rs resistenza del “rame” di statore (necessaria per il computo delle perdite Joule di statore);
 Xds reattanza di dispersione di statore (legata al flusso magnetico di statore, che non si
concatena con il rotore);
 R0 resistenza che tiene conto delle perdite nel “ferro” (principalmente di statore) per isteresi e
correnti parassite;
 XM reattanza di magnetizzazione (legata al flusso di macchina concatenato tra statore e rotore)
che tiene conto delle proprietà magnetiche del ferro;
 X’dr reattanza di dispersione di rotore, riportata allo statore (legata al flusso magnetico di
rotore, che non si concatena con lo statore);
 R’r resistenza del “rame” di rotore, riportata allo statore.
Inoltre, l'alimentazione di rotore è rappresentata nel circuito equivalente di Fig. 12 dalla tensione
V'r/s, che costituisce l’armonica fondamentale della tensione applicata dal CEB. Il controllo
vettoriale su V'r/s ne regola sia l’ampiezza che la fase e, in linea di principio, può operare in modo
che, in tutto il campo di variabilità della velocità di rotore e della coppia ad esso imposte dalla
turbina, la corrente iniettata dallo statore nella rete trifase di alimentazione sia in fase con la
tensione.
Tuttavia, per agevolare la comprensione a livello intuitivo del comportamento del sistema, nel
seguito assumeremo che il rifasamento sia demandato ad un’opportuna batteria di condensatori e
che il controllo agisca sullo sfasamento in modo che si abbiano solo le due alternative: V’r in fase o
in opposizione di fase con la corrente di rotore I’r. In tal modo, il generatore di tensione diventa
equivalente ad una resistenza apparente R’app, data dall’espressione:

V 'r
R'app    (6)
I 'r

Essa può, quindi, assumere un valore variabile con segno positivo o negativo, che si somma o si
sottrae a quello della resistenza del “rame” di rotore, disposta in serie.
Partendo dal circuito equivalente di Fig. 12, mediante la trasformazione del circuito a sinistra della
sezione A-A’ secondo Thevenin, si arriva agevolmente alle espressioni di: corrente I’r, potenza al
traferro (scambiata tra statore e rotore) Pgap, coppia elettromeccanica Cel, potenza meccanica Pmec,
potenza gestita dal convertitore PCEB e rendimento di conversione .

 VTh
I 'r   (7)
Z Th  R ' r  R ' app  s  jX ' dr

3  R'r  R'app 
Pgap   I 'r2 (8)
s

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3  R'r  R'app  p
Cel   I '2r (9)
s  s

1 s 2
Pmec  3  R'r  R'app   I 'r (10)
s

PCEB  3  R'app I '2r (11)

Pel  Cel   mec  P0  3  Rs  I s2  3  Rr  I r 2


  (12)
Pmec  Cel   mec

Il segno negativo nella (9) per la coppia Cel è dovuto al fatto che si sono mantenuti i versi di
riferimento della macchina funzionante come motore e quindi la coppia elettromeccanica è negativa
(frenante) nel funzionamento del DFIG come generatore.

Funzionamento del DFIG sopra la velocità di sincronismo


Come si è detto, la macchina DFIG deve funzionare da generatore di elettricità sia sopra il
sincronismo (s < 0) sia sotto il sincronismo (s > 0). Per riuscire a produrre valori di scorrimento
negativi (super-sincronismo), maggiori – in valore assoluto – rispetto al valore nominale, è
necessario introdurre un valore positivo di R’app (che si somma alla resistenza di rotore), via via
crescente.
Questa situazione è esemplificata nella Fig. 13, in cui si presenta un confronto, a parità di rapporto
R'r  R'app  s (e quindi di coppia, potenza al traferro e perdite nel rame di rotore), tra le situazioni
con lo scorrimento nominale e con uno scorrimento più negativo, ottenute rispettivamente senza e
con il convertitore CEB. I valori di coppia e velocità del rotore si riferiscono a una macchina a 4
poli con una coppia nominale Cn 21 kN·m e uno scorrimento nominale sn  -1 %.

Figura 13 – Funzionamento super-sincrono del generatore DFIG con e senza CEB.


In questa figura sono evidenziati con colori diversi tre rettangoli, la cui area è associata a tre
potenze: la potenza al traferro Pgap, che viene trasferita allo statore, le perdite Joule sul rame di
rotore Pjr (corrispondenti a uno scorrimento s = -1 % sulla curva con R’app = 0) e la potenza PCEB
recuperata dal CEB (corrispondente a uno scorrimento s = -5 % sulla curva con R’app > 0).
Quest'ultima potenza è legata alle precedenti e alla potenza meccanica dalla relazione:

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PCEB  Pmec  Pgap  Pjr (13)

In questo caso la potenza PCEB  3  R'app I r 2 ha segno positivo, indicando che la potenza di
scorrimento è inviata in rete attraverso il CEB, al netto delle sue perdite di conversione (dovute alla
conduzione e alla commutazione dei componenti elettronici).

Funzionamento del DFIG sotto la velocità di sincronismo


Data la bidirezionalità del CEB, la quale gli consente di comportarsi anche come una resistenza
apparente negativa, è possibile far funzionare il generatore anche a velocità inferiori a quella di
sincronismo con s > 0 (sub-sincronismo). Infatti, dalla espressione della potenza al traferro, si vede
che si può avere flusso di potenza dal rotore allo statore (cioè comportamento della macchina da
generatore) anche con scorrimento positivo, se si riesce a far diventare negativa la resistenza totale
di rotore.
Con riferimento alla medesima macchina, la Fig. 14 illustra un confronto, a parità di rapporto
Rr  R'app  s (e quindi di coppia, potenza al traferro e perdite nel rame di rotore), tra lo scorrimento
nominale (negativo) in assenza di convertitore CEB e uno scorrimento positivo, ottenibile con il
convertitore CEB.

Figura 14 – Funzionamento sotto-sincrono del generatore DFIG con e senza CEB.


È necessaria una precisazione: la potenza PCEB, che l’inverter lato rotore deve fornire, è pari alla
somma dei due rettangoli verde e arancione, cioè serve a compensare sia la quota mancante della
potenza al traferro (la parte in aggiunta alla potenza meccanica) sia le perdite nel rame di rotore. La
formula da usare è sempre la stessa, soltanto che si ottiene un valore negativo di PCEB,
coerentemente col fatto che essa deve essere prelevata dalla rete.
Anche in questo caso, la quota di potenza 3  R 'app I r 2 è proprio la PCEB. Ma la potenza,
effettivamente prelevata dalla rete, è maggiore a causa delle perdite nel convertitore elettronico
(conduzione, commutazione).
Quando ci si avvicina al sincronismo, cioè con valori piccoli di scorrimento, positivo o negativo,
bisogna comunque attribuire alla resistenza apparente valori negativi, tali da ridurre la resistenza
totale. In questo caso, l’andamento della curva di coppia nell’intorno della velocità di sincronismo
diventa praticamente verticale con derivata positiva sotto il sincronismo e derivata negativa sopra il

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sincronismo. In queste condizioni, la potenza del convertitore PCEB deve compensare
essenzialmente le perdite nel rame di rotore.
In conclusione, l’uso del convertitore elettronico permette di estendere notevolmente il campo di
velocità del rotore del DFIG, mantenendo tuttavia valori elevati del rendimento di conversione,
perché le perdite nel rame di rotore e di statore, a parità di coppia, non crescono, a differenza della
macchina asincrona tradizionale.

Applicazione del circuito equivalente per ottenere la curva di regolazione del DFIG
Considerando la curva luogo dei punti di massima potenza meccanica, riportata in Fig. 5, è chiaro
che, per ottimizzare il rendimento del sistema, il DFIG deve essere regolato, agendo sul CEB, in
modo che il punto di lavoro stia su questa curva. Ciò vale fino ad incontrare il limite imposto dalla
potenza nominale, oltre il quale la velocità può aumentare solo se contemporaneamente la coppia si
riduce in ragione inversa (con regolazione del passo delle pale verso la messa in bandiera).
Come esempio concreto [9], si è supposto di applicare questa strategia di controllo ad una
macchina a 4 poli con una coppia nominale Cn= 6,8 kN·m e uno scorrimento nominale sn = -1 %:
essa viene interfacciata con un rotore tripala da 33 m di raggio mediante un moltiplicatore di giri
con fattore 79. I parametri del circuito equivalente sono riassunti nella Tabella 1: tali valori sono
molto vicini a quelli di macchine commerciali.

Tabella 1
Rs (m) Xds (m) R0 () XM () R’r (m) X’dr (m)
3,5 66 110 2,8 3,9 71

Con questi parametri, si potrebbe inviare in rete una potenza attiva Pel = 1,05 MW con un
rendimento  = 98%. Se si implementa su un programma di calcolo il modello matematico descritto
con le equazioni da (5) a (13), si possono ottenere i risultati riassunti di seguito. Agendo sul modulo
e sulla fase della tensione applicata alle fasi di rotore dal CEB, si può far variare la caratteristica
meccanica del DFIG in modo che il punto di lavoro sia caratterizzato dai valori di coppia e velocità
sviluppati dalla turbina nelle condizioni di massima potenza eolica.

Figura 15 – Punti di funzionamento a regime sulle caratteristiche di coppia del DFIG.


Questa situazione è rappresentata in Fig. 15 che evidenzia una serie di possibili punti di lavoro
individuati dall’intersezione della caratteristica elettromeccanica della macchina con la curva di
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coppia sviluppata dalla turbina, nel primo tratto ad andamento ottimale parabolico e, poi, ad
andamento iperbolico con la velocità (tratto a potenza costante).
In Fig. 16 si presentano le curve di regolazione di coppia e potenza al variare della velocità del
rotore; si possono fare alcune osservazioni in merito:
 con lo scorrimento massimo positivo smax+ = 30 % si ha la coppia minima per l’avvio della
macchina (Cmin = 2,5 kN·m);
 con lo scorrimento nominale, per effetto del convertitore CEB, si ottiene una coppia pari a
circa l’80% del valore nominale;
 il valore nominale di coppia Cn = 6,8 kN·m si realizza, grazie al CEB, per una velocità del
rotore molto maggiore (s = -15 %) rispetto alla condizione senza il CEB con sn = -1 %, mentre
la potenza meccanica e la potenza inviata in rete (comprendente i contributi di statore e di
rotore) sono cresciute del 14 % circa;
 la potenza nominale raggiunge il valore Pel = 1,2 MW;
 lo scorrimento massimo negativo smax- = -30 %, a potenza nominale, corrisponde a una coppia
C = 6 kN·m diminuita di circa il 10% rispetto al valore nominale.
0 0
Coppia elettro-meccanica (kNm)

-2 -0,25

Potenza meccanica (MW)


-4 -0,5
Cel

-6 -0,75

-8 -1
Pmec

-10 -1,25
1000 1200 1400 1600 1800 2000
Velocità del rotore (rpm)

Figura 16 – Curve di regolazione di coppia e potenza al variare della velocità del rotore nel DFIG.
In Fig. 17 si presentano le curve del rendimento di conversione e della potenza del convertitore
CEB al variare della velocità del rotore; in questo caso, constatando la costanza del rendimento, si
possono fare due osservazioni sul convertitore:
 la massima potenza (275 kW), che esso deve trasferire dal rotore alla rete, si ha con lo
scorrimento massimo negativo (smin- = -30 %) e ammonta al 23 % della potenza nominale;
 la massima potenza (120 kW), che deve trasferire dalla rete al rotore, si ha con lo scorrimento
massimo positivo (smax+ = 30 %) e ammonta al 10 % della potenza nominale.
Infine, nel campo di variazione dello scorrimento (s = 30 %) adottato in questo esempio, si
ha la variazione della resistenza apparente entro il campo R’app = -0,344  +0,129 , passando
attraverso il valore nullo in corrispondenza di una coppia sensibilmente inferiore a quella nominale.

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1 0,3


0,9 0,2

Rendimento di conversione

Potenza convertitore (MW)


PCEB

0,8 0,1

0,7 0

0,6 -0,1

0,5 -0,2
1000 1200 1400 1600 1800 2000
Velocità del rotore (rpm)

Figura 17 – Curve del rendimento di conversione e della potenza del convertitore CEB nel DFIG.
Tutto l’esempio applicativo, descritto in precedenza, ha l’obiettivo di mostrare una tecnica di
regolazione del DFIG che lo utilizzi con la massima efficienza, ma tutto ciò si attua senza
considerare le sollecitazioni meccaniche, connesse con le variazioni di velocità del vento nel
funzionamento reale. Le sollecitazioni sulle pale sono, chiaramente, il momento flettente, la spinta e
la forza centrifuga.
Pertanto, dal punto di vista del funzionamento reale, si presenta ora una tecnica di
regolazione, meno efficiente, ma più rispettosa delle intrinseche sollecitazioni meccaniche (Fig.
18). La variabile indipendente del problema diventa la velocità del vento, da cui dipende anche la
velocità di rotazione del rotore, e si manifestano tre fondamentali differenze, rispetto al
funzionamento “ideale”, di cui si è già parlato.
La prima differenza è che all’avviamento della turbina, a bassa velocità del vento, si richiede,
non la massima efficienza, ma la massima coppia con un controllo a velocità quasi costante (si può
regolare il passo verso lo stallo per aumentare la coppia).
La seconda differenza è che, con velocità del vento di 9 m/s al 50% circa della potenza
nominale (qui di circa 850 kW), si abbandona l’inseguimento della massima potenza a velocità del
rotore variabile e si agisce regolando il passo delle pale verso la messa in bandiera (angolo 
crescente). In questa parte del controllo la velocità del rotore si blocca al valore massimo imposto
dalla forza centrifuga.
La terza differenza è che, una volta raggiunta la potenza nominale, per mantenerla costante
all’aumentare della velocità del vento, non si ricorre all’aumento di velocità con la corrispondente
riduzione di coppia, ma sono bloccate sia la coppia sia la velocità. Dal punto di vista aerodinamico
si ricorre anche ad un opportuno freno meccanico e dal punto di vista elettrico si agisce sul
controllo del DFIG nel verso di aumentare la resistenza apparente.
Un’ulteriore osservazione per una turbina riguarda la curva di potenza corrispondente ai dati
di targa: tale curva si riferisce al funzionamento a maggior rendimento e quindi anche con maggior
rumore acustico. Perciò, spesso, il costruttore fornisce anche altre curve meno efficienti, ma con
minore rumore acustico associato: questa proprietà si ottiene con una più spinta regolazione
aerodinamica del passo (“pitch”) verso la messa in bandiera (Fig. 19).

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1800 18
Mechanical power (kW) , rotor speed (rpm)

1500 15

rot
1200 12

Pitch angle (°)


900 9
Pblade

600 6

β
Pmec
300 3

0 0
4 6 8 10 12 14 16
Wind speed (m/s)

Figura 18 – Curve di velocità del rotore, potenza delle pale e meccanica, angolo di passo.

1000 30

Pel1

800 24
Pel2
β2
Electrical power (kW)

Pitch angle (°)


600 18

β1
400 12

200 6

0 0
4 6 8 10 12 14 16
Wind speed (m/s)

Figura 19 – Curve di potenza elettrica e di angolo di passo (limitazione del rumore acustico).

Infine, con riferimento alla curva di potenza assunta come dato di targa, si presentano gli andamenti
della potenza elettrica inviata in rete, della potenza trasferita dal convertitore bi-direzionale e della
resistenza apparente (Fig. 20). Si nota che la maggior escursione della resistenza apparente avviene
nella zona sotto il sincronismo, dove si ha la maggior parte del funzionamento ad inseguimento
della massima potenza.

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900 0,3

800 0

700 -0,3

600 -0,6
Rapp
Electrical power (kW)

500 -0,9

Resistance (Ω)
Pel
400 -1,2

300 -1,5

200 -1,8

100 -2,1
Pbec
0 -2,4

-100 -2,7
4 6 8 10 12 14 16
Wind speed (m/s)

Figura 20 – Curve di potenza elettrica, potenza del convertitore CEB e di resistenza apparente.

La soluzione a velocità variabile col generatore DFIG è usata in macchine con potenza da 800
a 5000 kW, in cui è presente un convertitore elettronico bidirezionale di interfaccia tra la rete e gli
avvolgimenti nel rotore del generatore DFIG. La regolazione della coppia aerodinamica avviene
mediante la variazione del passo delle pale (verso lo stallo o verso la messa in bandiera).
Per quanto riguarda la coppia elettromeccanica, la sua regolazione, su tutto il campo di
variazione della velocità del rotore, può essere interpretata inserendo nel circuito equivalente della
macchina asincrona un ulteriore parametro, definito come una resistenza apparente (con valore
positivo o negativo), che tiene conto dell’effetto del convertitore. Essa modifica l'andamento delle
curve di coppia della macchina asincrona, in modo da consentirle di funzionare da generatore sia
sotto sia sopra il sincronismo. Utilizzando il circuito equivalente, si può costruire la curva di
regolazione della coppia: in essa si individua una regione, in cui la coppia cresce con legge
parabolica rispetto alla velocità di rotazione (inseguimento della massima potenza).
L’analisi effettuata permette di comprendere la tecnica del controllo a regime della macchina;
un ulteriore passo è quello di studiare le strategie di controllo durante i possibili transitori di
velocità del vento [9]. In generale, le turbine eoliche presentano una soglia di 3-4 m/s per
l'avviamento e si ha la loro messa in fuori servizio per motivi di sicurezza oltre 25 m/s.

Calcolo dell’energia producibile da una turbina in un dato sito


Come scritto nel paragrafo sulla fonte eolica e la sua caratterizzazione, il rendimento di una turbina
eolica è fortemente variabile al variare della velocità del vento considerata.
Pertanto, il calcolo dell’energia producibile richiede la conoscenza contemporanea di: 1) la
distribuzione delle frequenze della velocità del vento, spesso data con la distribuzione di Weibull
fW(U); 2) la curva di potenza (elettrica) in funzione della velocità del vento Pel(U). La producibilità
è la sommatoria dei prodotti, per una velocità del vento all’altezza del mozzo, della curva “potenza
elettrica/velocità del vento” e della distribuzione delle frequenze del vento. L’intervallo utile di
velocità del vento è 4—25 m/s, il calcolo dell’energia prodotta e immessa in rete è effettuato per la
durata di un anno, cioè 8760 h, come riassunto nell’equazione (14).

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Eanno kWh  8760   P U  f U 
U  25 m / s
el W
(14)
U 4 m / s

Per confronto con le centrali di tipo termoelettrico, si definisce, anche per le centrali eoliche
(wind farm o wind park), un parametro che dia il numero di ore all’anno di funzionamento alla
potenza nominale in percento delle ore dell’anno. Il parametro, detto “capacity factor”, si calcola
come rapporto dell’energia annua rispetto all’energia massima producibile cioè il prodotto della
potenza nominale per 8760 h. Nelle centrali termoelettriche questo parametro può raggiungere 70—
90%, mentre per un impianto eolico è compreso nell’intervallo 20-40%.
Per esempio, se si confronta un sito di installazione danese con un sito italiano, usando il
software gratuito disponibile sul sito dell’associazione dell’industria eolica danese
(http://windpower.org/en/knowledge/windpower_wiki.html), si può calcolare la producibilità con
l’approccio sopradescritto. Il sito danese è Karup e il sito italiano è Brindisi, per la medesima
turbina da 850 kW; tutti i principali risultati, cioè i parametri  e  della distribuzione di Weibull,
l’energia producibile annua e i capacity factor sono riportati in Tabella 2. Da questi dati si può
apprezzare la sostanziale superiorità del sito danese (oltre il 40% in più).

Tabella 2
Sito fattore  fattore  (m/s) Pel,nom (kW) Eanno (kWh) Cap. Factor
Karup 2,155 8,6 850 2681000 36%
Brindisi 1,515 6,9 850 1899000 26%

Bibliografia

1. Barra L., Pirazzi L., Energia Eolica: aspetti tecnici, ambientali e socio-economici, ENEA (2000).
2. Manwell J.F., McGowan J.G. and Rogers A.L., Wind energy explained, J. Wiley & Sons (2002).
3. Gasch R. and Twele J., Wind Power Plants, James & James, 2002.
4. Burton T., Sharpe D., Jenkins N. and Bossanyi E., Wind energy handbook, J. Wiley & Sons (2001).
5. Ackermann T., Söder L., “Wind energy technology and current status: a review”, Renewable and Sustainable
Energy Reviews 4, (2000) pp. 315-374, Elsevier Science.
6. Mutschler P. and Hoffmann R., "Comparison of wind turbines regarding their energy generation", Power
Electronics Specialists Conference, 2002 IEEE 33 rd, Proc. vol. 1, pp. 6-11.
7. Müller S., Deicke M. and De Doncker R.W., “Doubly fed induction generator systems for wind turbines”, IEEE
Industry Applications Magazine 8, n° 3 (May-June 2002) pp. 26-33.
8. Müller S., Deicke M. and De Doncker R.W., “Adjustable speed generators for wind turbines based on doubly-fed
induction machines and 4-quadrant IGBT converters linked to the rotor”, Proc. IEEE Industry Applications
Conference 4 (Oct. 2000), pp. 2249-2254.
9. Sistemi “Optispeed” e “Advanced Grid Option” dalla documentazione di Vestas Wind Systems A/S Denmark.

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