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L'INUMANITA' DELL'UMANESIMO E I GRANDI SANTI DELLA CARITA'

(QUINDICESIMO-SEDICESIMO CAPITOLO)

La grande crisi

Primo fenomeno: la Chiesa gradualmente lascia alle autorità laiche


municipali la gestione e la conduzione delle vecchie strutture caritative, in
particolare degli ospedali. Non essendo più sovvenzionati dalla carità della
Chiesa, molti ospedali vengono così chiusi.
L'assetto comunale non resse alla prova per lotte di classe e per questo si
passò così lentamente a riconoscere “un capo o signore”;nacquero così le
Signorie, i ducati, i principati e i marchesati. È l'epoca dei grandi Ospedali,
eretti in un clima di dominio e potenza, gli ospedali sono opere d'arte e di
fasto. Tra il XV e il XVI secolo ricordiamo il Pammatone di Genova,
l'Ospedale Maggiore di Milano, l'ospedale romano di S. Spirito.
La forma privilegiata era quella a crociera costituita da due lunghe corsie
incrociate in modo da formare quattro braccia. Al centro si trovava l'altare.
Le corsie erano sempre vaste tanto da contenere 200 o 300 letti collocati
lungo le pareti e in duplice fila al centro.
L'assistenza non è più vista come carità, ma come impegno e dovere dello
Stato; il malato più che fratello in Cristo è un cittadino soggetto di diritti.
L'interessante materiale, il lucro comincia a prevalere sulla carità.

Secondo fenomeno: gli influssi di un falso umanesimo che vuole esaltare


l'uomo, staccandolo da Dio, si fanno sentire anche all'interno degli ordini
ospedalieri, perdendo il primitivo fervore,A soffrirne fu in primo luogo
l'uomo malato; a tal proposito le testimonianze dell'epoca sono
agghiaccianti: malati gravi dimessi anzitempo dagli ospedali poiché il
servizio pessimo e abominevole di un misero carnaio di corpi invasi da
pidocchi.

Terzo fenomeno: assistiamo alla desacralizzazione del povero: se nel


Medioevo era sinonimo di cosa sacra, presenza misteriosa di Cristo,
all'inizio del '400 dire povero equivale a fannullone; al rispetto e
all'accoglienza del povero e del malato subentra un atteggiamento di
sospetto e repulsione.

Il problema dei poveri

Gutton vedeva nei poveri un pericolo per la società. Si riteneva che essi
sfuggissero all'attività lavorativa: erano quindi inutili, di peso per la
società e criminali potenziali. Si faceva strada l'idea che i poveri dovessero
essere segregati dal resto della società, perché importunavano ed erano
sobillatori di rivolte.
De subventione pauperum che fu il manifesto della nuova mentalità che si
andava diffondendo per l'Europa. L'autore, Juan Luis Vivés attaccava
violentemente poveri e ricchi, accusando i primi di simulare malattie,
disturbare le funzioni religiose e i secondi di farsi costruire tome sontuose
invece di dare l'elemosina, suggeriva altresì una riforma: centralizzare
l'assistenza dei poveri in un unico grande ospedale; censire i veri poveri e
allontanare i poveri di altre città; assicurare un lavoro a tutti i poveri
mendicanti, mentre quelli “incorreggibili” potevano essere imprigionati;
assistere i poveri invalidi nelle loro case. Si può considerare questo uno
dei primi interventi statali nel campo dell'assistenza.
L'elemosina dunque non era più la mano tesa del povero che ferma S.
Martino; il grande teologo Gerson sosteneva che non sempre una mano
tesa nasconde il volto di Cristo.
Il povero non era più il Cristo, ma un malvagio degno di essere
abbandonato ai rigori della legge. Con l'umanesimo anzi si affermava un
concetto più sottile: l'uomo vero non è il povero, ma il ricco, colui che
produce, colui che possiede, colui che può godere dei benefici della
natura.

Un nuovo soffio dello Spirito

Dopo un periodo di sbandamento, all'inumanità dell'umanesimo la Chiesa


contrappone un vasto movimento di recupero dei valori evangelici,
attraverso la celebrazione del Concilio di Trento con lo scopo precipuo di
riformare il mondo cattolico con la specifica vocazione di interessarsi dei
poveri e dei malati.
I canoni tridentini riconfermano ai vescovi il loro dovere “inalienabile” di
essere “padri dei poveri e di chiunque fosse affetto da tribolazione”. Ad
essi il compito di visitare assiduamente gli ospedali, di favorire la
creazione di monti di pietà per proteggere singole persone e famiglie
contro la speculazione degli usurai.
La presenza cristiana nel mondo della salute, aveva ad appoggio la
teologia della misericordia, conseguente ad una attenta lettura delle
istanze evangeliche. È una spiritualità centrata sul servizio e sull'amorosa
riflessione del mistero di Cristo incarnato nelle vicende umane. Questi
aspetti sono costantemente in primo piano nella spiritualità dei vari
Fondatori di Ordini e Congregazioni Ospedaliere.
Una categoria di individui che, pur avendo bisogno di assistenza ne era
priva, con discapito sempre della salute e sovente della vita stessa, era
quella dei convalescenti.
Dimessi dagli ospedali nel momento forse più critico della loro vicenda
morbosa, e non avendo spesso né cibo per nutrirsi, né tetto dove riparare,
si trovavano esposti a tutte le intemperie.
Anche questo è uno dei tanti aspetti dell'inumanità dell'Umanesimo che
non solo rifiutava gli Incurabili, ma espelleva anche quei malati che dopo
qualche tempo di cura non mostravano segni di miglioramento. Ospedali
quindi belli a vedersi, ma che la mancanza della vera considerazione
dell'essere umano, rendeva così deficienti nella loro funzione.
I tre grandi riformatori della sanità

Trattandosi della storia della carità, dobbiamo fermare la nostra attenzione


su tre Santi, riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa, come i riformatori
dell'assistenza ai malati: S. Giovanni di Dio (1491), S. Camillo de' Lellis
(1550), S. Vincenzo de' Paoli (1576).

S. Giovanni di Dio. Un giorno, nel torrido agosto del 1538, trovandosi a


condividere nell'Ospedale Reale di Granada le sofferenze e l'abbandono di
quegli sfortunati degenti, scoprì che solo la Passione di Cristo riesce a farci
accettare il mistero del dolore umano; scoprì che povertà e malattia,
anziché momento negativo della nostra vita, possono divenire occasione
di incontro con Dio. Questa scoperta si trasformò la sua vita e gli fece
intuire la specifica missione a cui Dio lo chiamava: fondare ospedali.
Giovanni non solo riuscì ad aprire a Granada un ospedale, ma si guadagnò
un manipolo di discepoli che si sparsero poi in tutto il mondo, conosciuti
col nomignolo di Fatebenefratelli.

S. Camillo de' Lellis. La sua prima esperienza la fece come malato a San
Giacomo a Roma, da dove fu cacciato via per indisciplina. Convertitosi a
venticinque anni, dopo una esperienza di frate cappuccino, dovette essere
dimesso per una piaga alla gamba che lo costrinse a ritornare in ospedale.
Sperimentò le drammatiche condizioni dei malati e tentò di porvi rimedio
scegliendo tra gli infermieri più generosi e disponibili senza riuscirvi. Pensò
allora di lanciare l'invito a 'uomini pii e dabbene disposti a servire i malati,
per amore di Dio. Il gruppo crebbe, si sparse dando origine all'Ordine dei
Camilliani. Scrisse di suo pugno “Le regole per ben servire lì poveri e
infermi”. Fu il precursore della Croce Rossa internazionale.

S. Vincenzo de' Paoli. Si distinse in particolare per l'inserimento della


donna nel campo dell'assistenza. Scelse come campo preferito l'assistenza
dei malati a domicilio. Sorsero così le figlie della carità.

Le donne di carità

Nel campo della carità, una forte novità fu rappresentata dall'azione delle
donne nella Francia del Seicento; infatti allora era impensabile che le
donne si occupassero di lavoro, di apostolato organizzato in modo
indipendente dagli uomini. Invece furono numerose le donne di tutti gli
strati sociali che contribuirono a dare un volto nuovo alla Chiesa e alla
società francese del '600. Tra queste ricordiamo Giovanna Lestonnac
(1556-1640) fondatrice delle figlie di Notre Dame, che avevano come
scopo l'educazione delle giovani.
In Italia le donne impegnate nel campo della carità furono, a Genova,
Virginia Centurione Bracelli (1587-1651) che fondò le Suore del Rifugio con
lo scopo di accogliere e proteggere ragazze abbandonate, donne in
pericolo e prostitute.

Un laicato attivo

Un nuovo impulso venne anche dalle varie confraternite, gruppi caritativi


che svolsero opera di presenza e di assistenza verso le più svariate
categorie di emarginati, malati, poveri, trovatelli, vedove, carcerati, e
donne in pericolo di darsi alla prostituzione.
Questi gruppi costituirono una forza di volontariato numericamente senza
precedenti, formata da uomini e donne che in maniera capillare crearono
una rete di solidarietà.

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