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Il Mezzogiorno: quadro macroeconomico, servizi pubblici, finanza pubblica

Nel Mezzogiorno risiede un terzo della popolazione italiana; vi si produce un quar-


to del PIL complessivo e un quinto del PIL del settore privato; vi ha origine meno di
un decimo delle esportazioni italiane (8,6% escludendo i prodotti petroliferi); vi si
concentra circa il 45% dei disoccupati italiani e oltre i due terzi dei cittadini pove-
ri (secondo la definizione di povertà relativa); se si adotta un criterio di povertà as-
soluta e si tiene conto del divario nei prezzi dei beni e servizi, la quota è del 50%.
Questi dati rendono evidente che a 150 anni dall’Unificazione, il divario con il
Centro-Nord (CN) resta molto ampio.
Questa breve introduzione mira a offrire un quadro sintetico della situazione del
Mezzogiorno sotto tre profili: il contesto macroeconomico, l’offerta di servizi pubbli-
ci, i flussi di risorse intermediati dalle amministrazioni pubbliche.

IL QUADRO MACROECONOMICO. Dopo 25 anni di graduale riduzione del di-


vario di reddito tra Mezzogiorno e CN, dalla seconda metà degli anni Settanta non si
registra alcuna significativa convergenza. Il prodotto pro capite delle regioni meri-
dionali da allora oscilla tra il 55 e il 60% di quello medio delle altre aree (figura 1).
Il divario riflette una produttività degli occupati inferiore di quasi il 20% a quella del

Figura 1 • Il recupero rispetto al Centro-Nord si è interrotto 30 anni fa


PRODOTTO PRO CAPITE DEL MEZZOGIORNO RISPETTO AL CENTRO-NORD (VALORI %, PREZZI CORRENTI)

65

60

55

50

45

40
1980

1982

1984

1986

1988

1990

1992

1994

1996

1998

2000

2002

2004

2006

2008
1951

1963

1970
1975
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Figura 2 • Resta un divario molto ampio nel PIL pro capite


PRODOTTO INTERNO LORDO PRO CAPITE (QUARTILI; EURO CORRENTI PER ABITANTE; 2008)

• Il PIL pro capite della Calabria è il 50% di quello della Lombardia;


escludendo la PA è inferiore al 40%

• Anche il Mezzogiorno non è omogeneo al suo interno:


il PIL pro capite delle regioni meridionali
varia tra il 55 e il 71% di quello del Centro-Nord

da 16.866,5 a 18.954,2
da 18.954,2 a 26.652,3
da 26.652,3 a 30.456
da 30.456 a 33.833,8
(colori più scuri corrispondono a valori più elevati)

CN e un tasso di occupazione della popolazione inferiore del 30%. I divari tra le re-
gioni sono marcati anche all’interno del Mezzogiorno. Calabria, Campania, Puglia e
Sicilia occupano le posizioni più arretrate (figura 2).
Il PIL pro capite della Calabria è pari a circa la metà di quello della Lombardia.
12 Escludendo l’apporto della pubblica amministrazione, il divario è ancora più ampio:
il PIL del settore privato è in Calabria il 40% di quello lombardo. L’andamento del PIL
nelle regioni meridionali si differenzia da quello della maggior parte delle altre re-
gioni dell’UE in ritardo di sviluppo (figura 3). Tra il 1995 e il 2006, mentre il
Mezzogiorno ha perso terreno rispetto alla media europea, le altre regioni hanno mi-
gliorato la loro posizione relativa. Vi ha influito la bassa crescita dell’economia ita-
liana: il Mezzogiorno è un’area in difficoltà in un paese in difficoltà.

Figura 3 • Le regioni europee in ritardo di sviluppo recuperano terreno, ma non


il Mezzogiorno
PRODOTTO PRO CAPITE NELLE REGIONI EUROPEE CORRETTO PER LA PARITÀ DI POTERE D’ACQUISTO (INDICI; MEDIA UE 27 =100)
80

60

40

20

00
MEZZOGIORNO REGIONI EUROPEE IN RITARDO
1995 2006
Nota: le regioni europee considerate sono quelle che presentavano un prodotto pro capite inferiore alla media europea nel 1995 (UE 27).
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MERCATO DEL LAVORO E DEMOGRAFIA. Nel mercato del lavoro i divari


del Mezzogiorno rispetto al CN sono molto ampi: nel 2008 il tasso di occupazione in
tre regioni meridionali (Calabria, Campania e Sicilia) era compreso tra il 42 e il 44%,
contro il 65-70% della maggior parte delle regioni settentrionali (figura 4). Il tasso di
disoccupazione era superiore all’11% nella maggior parte delle regioni meridionali,
contro il 3-4% di varie regioni settentrionali.
Il divario tra il Meridione e il CN si è accentuato nell’ultimo decennio: tra il 1996
e il 2008 l’occupazione è cresciuta del 7,7% nel primo e del 19,0% nel secondo. Il
tasso di occupazione nelle regioni meridionali è nettamente inferiore a quello del CN
per quasi tutte le classi di età e per entrambi i sessi: la differenza è enorme per le
donne, dove raggiunge anche i 30 punti percentuali.

Figura 4 • I divari sono molto ampi nel mercato del lavoro


(1996-2008: OCCUPAZIONE +19% NEL CN, +7,7% NEL MEZZOGIORNO; MEDIA 2008, QUARTILI)

13

TASSO DI OCCUPAZIONE TASSO DI DISOCCUPAZIONE

da 42,5 a 49,6
da 49,6 a 63,8
da 63,8 a 65,4
da 65,4 a 70,2

da 2,8 a 3,7
da 3,7 a 5
TASSO DI ATTIVITÀ
da 5 a 11,1
da 48,7 a 55,8 da 11,1 a 13,8
da 55,8 a 67,5
da 67,5 a 68,9
(colori più scuri equivalgono a più occupazione,
da 68,9 a 72,6 maggiore attività e minore disoccupazione)
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Questi divari si riflettono sui flussi migratori: ogni anno circa 120.000 persone si spo-
stano dal Mezzogiorno al CN, circa 65.000 effettuano il percorso inverso (figura 5).
Emigrano prevalentemente giovani tra i 25 e i 34 anni, molti di essi hanno il diplo-
ma o la laurea. Alle differenze nei flussi migratori interni si aggiungono quelle nei
flussi dall’estero: gli immigrati tendono a concentrarsi nel CN. Nell’ultimo decennio,
al significativo aumento della popolazione del CN corrisponde la sostanziale stagna-
zione di quella delle regioni meridionali.

Figura 5 • L’emigrazione interna resta elevata, molti sono giovani istruiti


(MIGLIAIA DI UNITÀ)

150

120

90

60

30
14
0
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

FLUSSI DAL SUD AL CENTRO-NORD FLUSSI DAL CENTRO-NORD AL SUD

Nota: emigrano prevalentemente giovani tra i 25 e i 34 anni. L’incidenza dei laureati è più che triplicata dal 1990 al 2005.

LA STRUTTURA PRODUTTIVA. L’economia meridionale si caratterizza per la


debolezza del settore manifatturiero (figura 6). In Calabria e Sicilia gli occupati in ta-
le settore sono il 3% della popolazione, contro il 13-14% in Emilia-Romagna,
Lombardia, Marche e Veneto. Fa eccezione l’Abruzzo dove essi sono il 9,6% della po-
polazione, un valore superiore a quello di alcune regioni del CN. Nelle regioni meri-
dionali le unità di lavoro irregolare rappresentano circa il 20% dell’occupazione,
contro il 9,3 del CN (figura 7).
Il ruolo delle regioni meridionali negli scambi internazionali è modesto: tutte insie-
me esportano molto meno di quanto esportino da sole alcune regioni del CN (figura 8).
Anche il turismo, nonostante le risorse naturali e culturali, ha un peso relativamen-
te limitato: la spesa dei turisti stranieri nel complesso delle regioni meridionali è sta-
ta inferiore a quella registrata in Lazio, in Lombardia e in Veneto.
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Figura 6 • Un settore manifatturiero gracile

INCIDENZA REGIONALE DEGLI OCCUPATI NEL MANIFATTURIERO


SUL TOTALE DELLA POPOLAZIONE
(quartili; valori %; 2007)

• Gli occupati nel settore manifatturiero nel Meridione


sono complessivamente il 4,4% della popolazione,
contro il 14,3% nelle Marche e il 14,1% in Veneto

• Ma in Abruzzo sono il 9,6% (più che in varie regioni del Centro-Nord)

da 2,8 a 4,2 da 7,2 a 10,7


da 4,2 a 7,2 da 10,7 a 14,3
(colori più scuri indicano una maggiore incidenza del settore manifatturiero)

Figura 7 • Un’economia irregolare ampia

INCIDENZA REGIONALE DELLE UNITÀ DI LAVORO


IRREGOLARI SUL TOTALE
(quartili; valori %; 2005)

• Nel Meridione le unità di lavoro irregolare


rappresentano circa il 20% dell’occupazione
15
(fonte: Istat, 2005)

da 7,8 a 9 da 11,9 a 18,6


da 9 a 11,9 da 18,6 a 29,9
(colori più scuri equivalgono a minore irregolarità)

Figura 8 • Un contributo alle esportazioni modesto

ESPORTAZIONE PRO CAPITE (INCLUSI PRODOTTI PETROLIFERI)


(quartili; euro per abitante; media 2006-2008)

• Le esportazioni delle regioni meridionali (senza prodotti petroliferi)


sono complessivamente pari a 30,2 miliardi,
contro i 98,5 della Lombardia, i 48,0 del Veneto
e i 45,0 dell’Emilia-Romagna

da 189,2 a 1.972,5 da 3.896,7 a 7.480,6


da 1.972,5 a 3.896,7 da 7.480,6 a 10.598,4
(colori più scuri indicano un maggiore livello delle esportazioni)
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Figura 9 • Istruzione: ancora divari rispetto al Centro-Nord

LIVELLI DI APPRENDIMENTO DELLA MATEMATICA


NELLE SCUOLE MEDIE (INVALSI)
(quartili; a.s. 2005-2006)

• Vi sono divari nella quantità di istruzione


• Vi sono divari nella qualità dell’istruzione, che si ampliano con l’età
• Le strutture scolastiche sono peggiori
• La spesa pro capite per l’istruzione è superiore nel Mezzogiorno
(effetto della demografia)

Fonte: Cipollone, Montanaro e Sestito, 2009.

I SERVIZI PUBBLICI. I servizi pubblici prodotti nel Mezzogiorno hanno una


qualità in media significativamente inferiore a quella dei servizi disponibili nel CN.
Nel settore dell’istruzione si registra una qualità dell’apprendimento nettamente in-
feriore a quella rilevata nel CN (figura 9); gli edifici scolastici sono inoltre in media
16 di qualità inferiore. Un’indicazione dei problemi della sanità si desume dalla mobi-
lità interregionale dei pazienti, che riflette la loro valutazione sulla qualità delle cu-
re: le regioni meridionali subiscono un significativo deflusso di pazienti (figura 10).

Figura 10 • Sanità: i pazienti preferiscono curarsi nel Centro-Nord, ma la


spesa è più elevata a Sud

INDICE DI MIGRAZIONE SPESA OSPEDALIERA


OSPEDALIERA (media nazionale
(fuga/attrazione) 2004-2006=100)

EMIGRAZIONE REGIONI NEUTRE ATTRAZIONE da 85,9 a 91,3 da 100 a 108,7


da 91,3 a 100 da 108,7 a 127,5
(colori più scuri corrispondono a una migrazione e a una spesa più elevata)
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Figura 11 • Giustizia e gestione dei rifiuti: servizi meno buoni al Sud


(MA LE SITUAZIONI SONO DIFFERENZIATE)

GIUSTIZIA CIVILE: RIFIUTI URBANI


DURATA DEI PROCEDIMENTI DI COGNIZIONE ORDINARIA OGGETTO DI RACCOLTA DIFFERENZIATA
(quartili; giorni, 2006) (quartili; valori %; 2007)

da 554,7 a 722,8 da 989,4 a 1.112,8 da 4,8 a 9,1 da 21 a 37


da 722,8 a 989,4 da 1.112,8 a 1.512,2 da 9,1 a 21 da 37 a 53,4

(colori più scuri corrispondono a una minore durata dei procedimenti di cognizione ordinaria di primo grado e a maggiori livelli 17
di raccolta differenziata)

Esse mostrano indicatori di “inappropriatezza” delle cure ospedaliere peggiori che


nella restante parte del paese e una complessità delle prestazioni ospedaliere infe-
riore che nel CN; vi sono molti ricoveri per patologie che altrove sono gestite in mo-
do più funzionale ed efficiente. La spesa ospedaliera pro capite delle regioni meri-
dionali non è tuttavia inferiore a quella del CN (figura 10).
Nel settore della giustizia la durata dei procedimenti giudiziari tende a crescere spo-
standosi verso Sud (figura 11). Significativi ritardi delle regioni meridionali emergo-
no anche nella diffusione della raccolta differenziata dei rifiuti (figura 11) e in altri
servizi locali (come i trasporti e le scuole materne). Anche la gestione di un’impresa
risulta più difficile nel Mezzogiorno. Una rilevazione sui costi e i tempi di cinque
operazioni condotta secondo le linee dell’indagine Doing business della Banca mon-
diale indica che le regioni meridionali tendono in genere a registrare i risultati me-
no favorevoli (figura 12). Da ultimo, ma non in ordine di importanza, in alcune re-
gioni meridionali la presenza della criminalità influisce negativamente sulla vita so-
ciale e sull’esercizio delle attività economiche.
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Figura 12 • Doing business: più difficile nel Meridione

COSTI E TEMPI DELLA REGOLAZIONE


(fine 2008)

• Media di 5 indicatori sintetici relativi a:


Apertura impresa
Licenze edilizie
Trasferimento proprietà
Rispetto contratti
Chiusura impresa

(colori più scuri corrispondono a una minore difficoltà di “fare impresa”)

Fonte: Bianco e Bripi, 2009.

Figura 13 • Le entrate pubbliche nei territori regionali: i divari dipendono


soprattutto dal PIL
ENTRATE TOTALI (CENTRALI RIPARTITE + DECENTRATE); PRO CAPITE, 2004-06
18

1,60
PIL pro capite (numeri indice: Italia = 1)

Bolzano
1,40 Valle d’Aosta
Emilia Romagna Lombardia
Veneto Trento Lazio
1,20
Toscana
Piemonte
Marche Friuli V.G.
Liguria
1,00
Umbria
Molise Abruzzo
0,80
Basilicata Sardegna y = 0,9232x + 0,1002

Sicilia R2 = 0,9712
Calabria Campania
0,60 Puglia

0,40
0,40 0,60 0,80 1,00 1,20 1,40 1,60

Entrate pro capite (numeri indice: Italia = 1)

RSO Nord: € 13.300 RSO Centro: € 12.400 RSO Sud: € 7.000

Nota: i divari dalla linea di proporzionalità dipendono dalla progressività dell’imposizione personale, dall’incidenza dell’evasione,
dalla struttura produttiva. RSO sta per Regione a Statuto ordinario.
Fonte: Staderini e Vadalà, 2009.
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Figura 14 • La spesa primaria corrente escluse le prestazioni sociali in denaro


è relativamente uniforme
VALORI PRO CAPITE (NUMERI INDICE: ITALIA = 1)
RSO RSS
2,00

1,80

1,60

1,40

1,20

1,00
RSO NORD
0,80

0,60 RSO CENTRO

0,40
RSO SUD
0,20

0
PIE
LOM
VEN
LIG
EMR
TOS
UMB
MAR
LAZ
ABR
MOL
CAM
PUG
BAS
CAL
VDA
PA TN
PA BO
FVG
SIC
SAR
RSO Nord: € 4.900 RSO Centro: € 5.400 RSO Sud: € 5.100 (Molise: € 6.100; Puglia: € 4.800)
19
Nota: RSO sta per Regione a Statuto ordinario; RSS per Regione a Statuto speciale.

Figura 15 • I divari nelle basi imponibili determinano ingenti flussi di risorse

SALDO PRIMARIO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE


(valori pro capite; media 2004-2006)

• La spesa pubblica è sostanzialmente proporzionale alla popolazione,


le entrate riflettono i redditi e le basi imponibili che nel Mezzogiorno sono
molto inferiori
• L’afflusso netto verso il Sud di risorse intermediate dall’operatore pubblico
è pari a circa il 16% del prodotto del Mezzogiorno, il 4% di quello nazionale
• Lombardia: +4.600 euro l’anno; Calabria: -4.100 euro l’anno

da -4.079 a 0 da 0 a 2.300 da 2.300 a 4.601

(in chiaro le regioni che ricevono risorse)

L’INTERVENTO PUBBLICO. Le entrate pro capite delle amministrazioni pub-


bliche nelle regioni italiane riflettono le differenze nei redditi e nelle basi imponibili:
nel triennio 2004-2006 si va dai 7.000 euro di entrate del Mezzogiorno ai 13.300 del
Nord (figura 13). Anche la spesa pubblica primaria pro capite è più elevata nel CN, ma
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il divario è inferiore: si vai dai 9.600 euro del Mezzogiorno ai 10.900 del Centro.
Escludendo le prestazioni sociali in denaro (in larga parte pensioni, collegate alle
storie contributive dei lavoratori), la spesa è invece sostanzialmente uniforme (figura
14). Combinando entrate e spese primarie si ottiene una valutazione del saldo pri-
mario delle amministrazioni pubbliche italiane in ciascuna regione (figura 15). Tutte
le regioni meridionali registrano un disavanzo primario, che raggiunge in Calabria
quasi 4.100 euro pro capite l’anno.
All’estremo opposto vi è la Lombardia dove ogni cittadino registra un avanzo prima-
rio di 4.600 euro all’anno. I saldi riflettono soprattutto i divario di sviluppo economi-
co; vi influiscono inoltre la diversa diffusione dell’evasione fiscale (più accentuata
nel Mezzogiorno) e le differenze nei livelli di spesa.
Nel complesso, l’afflusso netto verso il Sud di risorse intermediate dall’operatore
pubblico è pari a circa il 4% del prodotto nazionale, il 16% di quello del
Mezzogiorno. Nelle regioni meridionali l’incidenza dell’impiego pubblico sulla popo-
lazione è in media più elevata che in quelle del Centro-Nord. L’incidenza del pub-
blico impiego sull’occupazione complessiva risulta invece molto più elevata nel
20 Mezzogiorno; in varie regioni un lavoratore su cinque è nel pubblico impiego.

CONCLUSIONI. Il Mezzogiorno ha una struttura produttiva ancora relativamente


debole, un’ampia economia sommersa, una produttività del lavoro bassa. La qualità
dei servizi pubblici, cruciale per il benessere dei cittadini e per il buon funziona-
mento dell’apparato produttivo, è sistematicamente peggiore che nel CN. Ciò riguar-
da i servizi gestiti da tutti i livelli di governo. La modesta qualità dei servizi pubbli-
ci nel Mezzogiorno non si associa a una carenza di spesa pubblica: la spesa pro ca-
pite non è in genere inferiore che nel CN. Nell’ultimo decennio le politiche territoria-
li non hanno inciso significativamente su questo quadro. Ciò riflette il fatto che le
stesse assorbono una quota relativamente limitata della spesa pubblica complessiva
nel Mezzogiorno (la spesa in conto capitale aggiuntiva affluita nel Mezzogiorno – fra
lo 0,5 e l’1% del PIL nazionale l’anno – è stata tuttavia simile a quella dell’interven-
to straordinario nel periodo che va dai primi anni Cinquanta ai primi anni Novanta),
non sufficiente a compensare la minore efficacia dell’azione pubblica nel Sud nei
principali servizi pubblici.
Inoltre, l’efficacia degli incentivi alle imprese è stata in genere modesta e lo stock di
infrastrutture non sembra riflettere pienamente l’entità della spesa per investimenti
via via effettuata.
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In prospettiva, in un contesto in cui i margini della finanza pubblica saranno molto


modesti, bisognerà concentrare gli sforzi sul miglioramento dell’efficienza e dell’effi-
cacia dei servizi pubblici nel Mezzogiorno. Occorrerà, anzitutto, spendere meglio. Tra
i vari possibili interventi, è importante realizzare un sistema di valutazione indipen-
dente e trasparente che fornisca ai cittadini e all’amministrazione informazioni chia-
re e confrontabili sul funzionamento di scuole, ospedali, tribunali, organi ammini-
strativi, meccanismi di incentivazione e opere pubbliche.
Qualunque sia il modello di decentramento prescelto, il sistema di valutazione e mo-
nitoraggio dei risultati dovrebbe restare accentrato.

Questa edizione del “Watch” è stata curata da Luigi Cannari e Daniele Franco. Luigi
Cannari è dirigente nel Servizio Studi di struttura economica e finanziaria della Banca
d’Italia. Nel 2010, ha scritto, con Marco Magnani e Guido Pellegrini, Critica della ra-
gione meridionale. Il Sud e le politiche pubbliche. Daniele Franco è il capo del
Servizio Studi di struttura economica e finanziaria della Banca d’Italia.

1
Questa nota si basa su lavori effettuati in Banca d’Italia e pubblicati nei volumi Mezzogiorno e politi- 21
che regionali, 2009, e Il Mezzogiorno e la politica economica dell’Italia, 2010.

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