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Amilcare Pizzi
Via Amilcare Pizzi, 14
20092 Cinisello Balsamo (MI)
a cura di
Carolina Orsini
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ccupare e pianificare quasi tre milioni di chilometri quadrati, coprendo una
distanza di oltre quattromila chilometri in meno di novant’anni, è un’impresa
priva di precedenti nella storia dell’urbanistica. Se a ciò si aggiungono la com-
plessità di un paesaggio geograficamente indomabile come quello andino
e i numerosi eventi storici compresi tra il regno di Pachacutec e l’arrivo di
Pizarro nel 1532, la sola idea dell’espansione inca appare in tutta la sua grandezza.
Molti studiosi, ammirati e al tempo stesso in difficoltà di fronte alla vastità e alla
varietà di esempi visibili in ogni regione dell’impero, hanno per lungo tempo
indagato sulle origini di questo fenomeno, interrogandosi sui mo-
delli urbanistici, le soluzioni tipologiche, l’idea di città
sacra, l’uso della pietra e tutta la sapienza necessaria
per generare un’estetica architettonica e urbanistica
unica. Le forme costruttive e la raffinatezza composi-
tiva che caratterizzano l’architettura dell’impero inca
sono comprensibili solo in parte alla luce delle prece-
denti esperienze di altre culture: la tecnologia litica di
origine tihuanacoide e il principio di fondazione urbana
di eredità huari (vedi capitolo 1), sono sovente stati letti
come riferimenti del passato. Ma in questo caso molti ele-
menti di varie tradizioni sembrano combinarsi tra loro per
dar vita a un ordine dotato di un’identità nuova. L’impero inca
si afferma così in ogni regione attraverso un’architettura diversa
dalle precedenti, che non si impone disintegrando la cultura passa-
ta, ma che la riutilizza in un modo nuovo e sempre riconoscibile.
Del resto il pensiero andino, circolare e naturale, concepisce un
progressivo adattamento alle forme e alle preesistenti leggi naturali,
contrapponendo al principio di progettazione, tipicamente occidentale,
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6. Wiñaywayna, Perù.
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CUSCO, IL CENTRO DELL’IMPERO
QUADRIPARTITO
Il disegno di Cusco, realizzato su una maglia molto simile a quella odierna,
viene tradizionalmente attribuito a Pachacutec (Betanzos 1968 [1551];
Sarmiento, 1969 [1572]) e al suo lungimirante cammino di espansione
dal 1438 al 1472 circa. A partire da Pedro Sancho de la Hoz, che ac-
compagna Francisco Pizarro durante la conquista e fornisce nel 1534
la prima descrizione della capitale, a Garcilaso de la Vega, detto “el Inca”,
che la ricostruisce al principio del 1600 per un pubblico spagnolo, ogni
cronista appare impressionato dalla struttura quantomeno imponente di
una grande capitale. Garcilaso per esempio osserva: “ … Il Cosco nell’am-
bito del suo Impero fu quale una Roma nel dominio di questa, sicché è lecito
paragonare l’una all’atro, assomigliandosi per magnificenza […]. La città era
divisa nelle due parti Hanan Cozco, cioè il Cozco alto, e Hurin Cozco, che viene
a dire il Cozco basso” (1969 [1609]:7,VIII).
La Capac llacta (somma città), centro e punto d’incontro dei quattro
quarti dell’impero, sorge a 3550 metri in una valle quasi interamente
circondata da montagne, all’incontro tra due fiumi, Huatanay e Tullumayu.
La città viene ordinata in senso centripeto secondo la gerarchia inca: da
un’area centrale, sede dell’ayllu imperiale e delle panaqas con i principali
templi, palazzi e centri amministrativi, si diramano verso l’esterno i quar-
tieri dei vari ayllu. La forma radiale si riferisce al sistema di ceques, linee
immaginarie che si dipartono dal tempio Coricancha e collegano con il
centro diversi luoghi sacri sparsi sul territorio (vedi capitolo 1).
Cusco prende forma a partire dal pensiero andino e si conforma alle rigo-
rose leggi naturali previste dalla propria cosmologia duale, tridimensionale
e quadripartita. Hanan e hurin diventano le due aree complementari di
crescita degli ayllu, come dell’edificato. Il luogo d’incontro tra la città hanan,
di sopra e quella hurin, di sotto, avviene rispettivamente in Huacaypata e
Cusipata, dalla radice pata (in quechua rispettivamente: luogo di pianto
e luogo di allegria), con preciso riferimento all’alternanza di riti stagionali
inca. Si tratta di uno spazio sacro aperto e centrale, che si compone di
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7. Veduta della città di secondo le direzioni 8-9. Nelle pagine stradale che attorno a uno
Cusco, Perù. Circondata intercardinali. seguenti: Calle Loreto spazio aperto produce
da una corona di monti, e il complesso di una fuga prospettica
la città si sviluppa a Saqsahuaman a Cusco, di grande effetto
partire da uno spazio Perù: la proiezione delle drammatico.
aperto centrale e da una strutture in pietra a
rete di canchas allineate incastro sia nella maglia
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di una chiesa o di un palazzo principale. La piazza andina, viceversa, è
un luogo sacro che raccoglie l’intera città nelle più svariate occasioni; ai
suoi lati non si erge una gerarchia di edifici, tra cui spicchi un’architettura
dominante, ma sorgono recinti di palazzi reali, ciascuno riferito a un ca-
postipite, a un inca, e appaiono coltivazioni sacre, che formano con simili
muri bassi di recinzione il contorno dell’unico centro cittadino. L’angolo
retto della piazza occidentale perde senso nell’enorme spazio aperto
andino, che riproduce l’organizzazione di tutto il territorio in scala umana
senza servirsi di leggi prospettiche. Similmente, i quattro angoli diventano
quattro direzioni cardinali, ricavate da norme celesti e divine e non da
forme geometriche ideali e astratte; ciò vale anche per i palazzi, i quartieri
e i singoli edifici, costruiti con quattro direzioni per cingere lo spazio e
non progettati con lati o angoli per organizzarli nel vuoto con un ordine
razionale.
Dal ciclopico gruppo settentrionale di Saqsahuaman è possibile osservare
la regolare rete viaria, ancora oggi percorsa e quasi inalterata dagli inter-
venti spagnoli, che hanno invece coperto molte vie d’acqua e mutilato lo
spazio centrale, dimezzandolo e trasformandolo in una Plaza de Armas. La
dimensione delle strade risulta stretta, perché il percorso non è concepito
come zona pubblica e non è paragonabile al senso occidentale di strada
trafficata, di luogo di intensa attività cittadina e, a volte, di limite di proprie-
tà. Le vie di terra e di acqua a Cusco, come in altre città andine, con fun-
zioni distributive o di collegamento, assumono un senso profondamente
rituale nell’orientamento, nel percorso e nella direzione, come già avviene
nella tradizione costruttiva andina preinca. Dal preciso disegno di strade
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10. Theodore de Bry, Gli una città ideale quasi 11. Veduta aerea della la metà, che confinava
Spagnoli conquistano rinascimentale, Plaza de Armas di con la canalizzazione
il Cusco, da Americae, circondata da mura e Cusco, Perù. Lo spazio del fiume Huatanay, sul
vol. VI, 1596. Berlino, porte come bastioni. aperto centrale, oggi lato opposto dell’odierna
Kunstbibliothek. sovrapposto dalla piazza cattedrale.
L’immaginario europeo coloniale, è ancora
della conquista mostra riconocibile per oltre
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13. La configurazione e le quattro direzioni 14. Lo spazio aperto 15. L’orientamento 16. Le possibili versioni in corrispondenza del
della città: comprese verso le quattro regioni centrale appare delineato intercardinale della città del puma: in alto e Coricancha (Gasparini,
tra i due fiumi Huatanay dell’impero (Gasparini, nella ricostruzione dalla corrisponde anche al corrispondente al 1980).
e Tulumayu in grigio 1980). linea tratteggiata; quella centro dei quattro quarti capo Saqsahuaman, al
la parte alta Hanan, in puntinata indica il fiume dell’impero (Gasparini, cantro e corrispondente
bianco la bassa Hurin; Huatanay, che scorre 1980). all’ombelico lo spazio
a nord Saqsahuaman in direzione Nordovest aperto centrale e la coda
Sudest (Gasparini, 1980).
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19. Il tempio del del tempio, assai lontana 20. Il tempio dedicato al Dall’incastro tra pietre a 21. Le mura di
Sole a Cusco, XVIII dalla realtà, redatta a sole ospitava all’interno filare è possibile ancora Saqsahuaman, Perù: il
secolo. Londra, Royal partire dalle descrizioni un altare in oro, apprezzare la geometria, rapporto con la scala
Geographical Society. In dei cronisti e in sintonia distrutto dalla conquista che forma un disegno umana rende molto
questa incisione francese con lo spirito razionalista spagnola, raffigurante la sempre variato. evidente l’effetto
settecentesca appare una dell’epoca. cosmovisione inca con di gigantismo del
ricostruzione idealizzata la principali divinità. complesso.
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litici (monoliti alti anche nove metri) in una modalità costruttiva che
è stata definita ciclopica, accanto a quella più comune poligonale o
a filare, che ha fatto pensare a un insediamento più antico, caratte-
rizzato da un uso tecnologico differente (Chávez Ballón, 1970). In
realtà la molteplicità di soluzioni di tagli e incastro della pietra non
consente tanto di definire una successione di epoche costruttive
– né a Cusco, né in altre città di fondazione –, quanto piuttosto di
accertare una compresenza di differenti forme espressive. Oltre a
ciò, i terrazzamenti fronteggiano una spianata delimitata da un’area,
Suchuna, dove acquedotti, cisterne litiche, percorsi scalonati e ampie
soste compongono una complessa area rituale, in cui l’acqua ha
avuto un ruolo fondamentale. Impossibile da assimilare a qualunque
altra forma di spazio pubblico organizzato, questo tipo di intervento
paesaggistico integrale si può osservare miniaturizzato su un mono-
lito scolpito a Kenko (vedi fig. 2), dove acqua, terrazzamenti, animali
e personaggi riproducono un paesaggio mitico, che la pianificazione
urbanistica ha saputo potentemente riprodurre in scala umana. L’evi-
dente posizione di dominio territoriale di Saqsahuaman permette
di ipotizzare diverse destinazioni d’uso, ma risponde unitariamente
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24. La progettazione per integrare le aree 25. La vista aerea delle cerimoniale molto più
in più fasi di questo circostanti in un disegno rovine di Saqsahuaman vasto e articolato.
immenso centro pubblico unitario (Agurto, 1988). mostra le tre terrazze a
di Saqsahuaman si è zig zag in una posizione
sviluppata attorno allo che non difende la città
spazio centrale e alla ma forma parte di un
muraglia a zig zag, complesso pubblico
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DAL RECINTO ALLA CITTÀ: LA CANCHA stradale murato e senza affacci. Nella cancha non esiste la facciata
sulla strada, che infatti viene delimitata da muri ciechi. Il recinto
Cusco e le altre fondazioni urbane obbediscono a una cosmovisione abbraccia uno spazio organizzato in vani pieni e vuoti dall’interno,
che impone la corrispondenza tra pieno e vuoto, alto e basso, così e il muro continuo forma un modulo esterno rettilineo facilmente
come una quadripartizione dello spazio. La soluzione più semplice ripetibile e di grande effetto prospettico. Questa soluzione semplice
appare quindi nella bipartizione di due settori urbani e quattro aree, ma sapiente, che esprime una grande potenza simbolica nel primo
che circondano uno spazio aperto centrale. Quest’ultimo principio, tempio dell’impero, non appartiene in realtà a un modello geome-
che regola la città, genera anche l’insieme di unità abitative, cerimo- trico astratto, perché sorge sempre in rapporto con le forme natu-
niali, amministrative e militari; il tessuto urbano si compone sulle rali e tende ad adattarsi a declivi, rocce e diverse forme territoriali,
variazioni, moltiplicazioni e intrecci di una stessa fibra: la cancha. Non assumendo così un aspetto di volta in volta modellato, frastagliato,
solo come ripetizione e applicazione del modulo del Coricancha, ma segmentato, regolare, seriale, ma sempre uniforme e coerente. Non
anche come eredità dei sistemi recintati di origine costiera e andina si può definire la cancha esattamente come una tipologia, perché
in generale. Il nucleo costruttivo della cancha si sviluppa attorno a assolve a ogni funzione sociale e urbana, dal tempio, al palazzo, alla
uno spazio aperto centrale, come una micro piazza, con quattro edi- piccola residenza, e appare a qualsiasi scala dimensionale: si tratta
fici rivolti all’interno e cintati da un muro a formare quattro piccole del modulo costruttivo che, moltiplicato all’infinito, costituisce la
corti nelle aree di giunzione. Un solo ingresso, in genere, permette struttura urbana. La composizione di un tessuto di cancha, destina-
l’entrata al recinto. L’allineamento di più cancha compone un tessuto bile anche a usi molto differenti, conferisce alla città quell’aspetto
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30. Gli edifici nella 31. Cancha a tre edifici 32. Soluzioni di cancha 33. Soluzioni di cancha
cancha si aprono a Palkay e a quattro semplice, a raddoppio semplice (da Gasparini,
verso l’interno del nel settore principale e a più livelli (da 1980).
recinto, sovente anche di Patallacta (da Angles Gasparini, 1980).
ospitando nicchie al Vargas, 1988).
posto di finestre, come a
Ingapirca.
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omogeneo che la rende ovunque riconoscibile come espressione di terrazzamenti e dislivelli naturali.
inca, e al tempo stesso consente l’adattamento a paesaggi naturali La fibra elementare e costante del tessuto urbano, la cancha, si arti-
estremamente diversificati. La struttura unitaria appare sempre cola assieme a pochi altri elementi costruttivi tipici dell’architettura
come un edificio quadrangolare, in pietra (o pirca) o adobe (mattoni inca: l’ushnu e la kallanka. Concepito quasi come un trono, l’ushnu è
di fango seccati al sole), con un solo ingresso. La costruzione è sor- una piccola piattaforma sopraelevata presente in molti spazi aperti,
montata su due o quattro falde da un’impalcatura lignea che regge il destinata all’inca e utilizzata per presenziare riti, osservare i moti so-
tetto a volte legato attorno a sporgenze cilindriche e composto da lari e assistere alle varie feste e celebrazioni. Si tratta di un simbolo
strati di ichu, erba dell’altipiano, o foglie di mais o banano. L’edificio del potere statale, non realmente emergente sul piano architetto-
può essere costruito anche su tre soli lati o raddoppiare in forma nico, ma di grande effetto rappresentativo e scenografico, partico-
speculare longitudinale e salire a doppia altezza, grazie alla presenza larmente adatto agli usi cerimoniali delle piazze. Presente a Cusco,
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verso il basso delle acque, che vengono raccolte da altri canali o fiumi
a fondovalle.
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37. La prima mappa della 38. La pianificazione 39. La rete regionale della
rete di cammini redatta territoriale prevede prima espansione inca
dall’esploratore Hiram l’alternanza di città, (da Angles Vargas, 1980).
Bingham nel 1908 (da tambo e tambillo e
Bingham, 1922). picocle poste a distanze
percorribili a piedi (da
Agurto, 1980).
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L’EREDITÀ HUARI:VIRACOCHAPAMPA E PIQUILLACTA fondazioni inca, divide in due parti la città, segna l’orientamento
dello spazio centrale aperto e dà origine a insiemi edificati intorno
Due casi architettonici preinca permettono di osservare l’esordio a recinti quadrangolari. Gli unici ingressi si trovano sul percorso
della fondazione e alcune caratteristiche logiche, formali e archi- principale e risultano così opposti ai due settori, uno occidentale,
tettoniche delle città dell’impero, qui modificate sfruttando l’archi- di circa nove ettari, con poche costruzioni, e uno orientale, di oltre
tettura preesistente e integrando numerose soluzioni. Si tratta di tredici ettari, dove si trovano l’area centrale, i gruppi residenziali e
Viracochapampa e Piquillacta. i depositi. Le zone periferiche risultano eminentemente destinate
A nord di Huamachuco sorgono le rovine di Viracochapampa (in alle coltivazioni agricole. La particolarità di Viracochapampa, oltre
quechua: piana di Viracocha) (Topic, 2004), fondazione d’epoca all’estrema regolarità d’impianto, risiede nell’aspetto dei percorsi
huari. La città si compone in forma regolare di un recinto qua- interni, quasi corridoi angusti tra muri ciechi che coincidono con le
drangolare di metri 580x565, orientato sulle direzioni cardinali. pareti dei singoli recinti (Lumbreras, 1979).
Databile intorno al 750-800 d.C., questo insediamento presenta Simile all’esempio di Viracochapampa, ancora di matrice huari, è
una composizione di recinti nuova nel mondo andino: la pianifica- la città di Piquillacta (Harth Terré, 1959; McEwan, 2005), ubicata a
zione prevede un rapporto equilibrato tra spazi chiusi e aperti e trenta chilometri a sud-est di Cusco. Grande centro di deposito dei
definisce un percorso cardinale principale, che, come nel caso delle prodotti agricoli della zona, la città, recintata a pianta quadrangolare,
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44. La regolarità
dell’impianto di
Piquillacta mostra
l’origine huari della
pianificazione a griglia.
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HUÁNUCO VIEJO appartiene, secondo Morris (1970), a una strategia di urbanizzazio-
ne obbligata dai sistemi di scambio e redistribuzione messi in opera
Tra i grandi centri provinciali inca figurano Cajamarca, fondazione dall’economia inca.
di cui oggi restano alcuni frammenti e uno studio di ricostruzione L’immensa rete di scambi sul territorio necessitava infatti di fonda-
di Ravines (1985), e Huánuco Viejo, esempio paradigmatico della zioni in cui l’agilità di spostamento di beni e persone, e non l’effettiva
composizione quadripartita dello spazio. Il cammino principale che stabilità dell’insediamento, permettessero lo sviluppo e l’equilibrio di
raggiunge la città incrocia in diagonale un enorme centro di metri altri centri urbani.
540x370, che compone la fondazione con quattro quartieri. Huá- Indipendentemente dalle sue funzioni, l’architettura di Huánuco
nuco Viejo (Hart Terré, 1964; Thompson, 1969) viene costruita in Viejo risulta comunque impressionante per l’uso dello spazio aperto.
soli settant’anni sulle rive del fiume Huallaga, su un altipiano a 3700 L’area centrale di quasi duecento ettari, attorno alla quale si svilup-
metri d’altezza. Sul lato est dello spazio centrale sorge una incahuasi, pa il sito, è circondata da edifici di un solo piano, rendendo così il
residenza temporanea dell’inca, che si sviluppa per oltre duecento rapporto urbano tra vuoto e pieno del tutto irrilevante. La vera re-
metri di lunghezza. L’effetto è quello di una lunga infilata prospettica lazione ottica, evocativa e simbolica, avviene con gli spazi circostanti:
di aperture. Il suo prolungamento verso il centro corrisponde all’al- la forma delle montagne e i colori di una piana sterminata, ubicata
lineamento dell’ushnu e divide la città nelle due parti hanan e hurin. a 3700 metri d’altezza. In realtà, più che di spazi esterni alla città, si
Nel quartiere a nord è riconoscibile un settore di acllahuasi (casa tratta di un ecosistema che la circonda, la permea, le dà forma e
delle vergini), destinato secondo Morris (1970) alla produzione di costruzione.
tessili. Sul lato sud sorge una serie di depositi, disposti a file regolari A Huánuco Viejo il disegno della città si annulla nell’altipiano al limite
e utilizzati per lo stoccaggio di materie prime. con le montagne, creando sorprendenti allineamenti. Per questo
Il rapido abbandono della città a seguito della conquista, la scarsità di motivo la spianata centrale ha dimensioni che evocano il gigantismo,
tombe, di centri definibili come residenze stabili e di forme di pro- mentre i gruppi dell’edificato rispondono invece a una scala umana.
duzione capaci di garantire l’autosufficienza, rendono credibile l’ipo- Il criterio di annullamento si risolve sempre in rapporto alle forme
tesi che Huánuco Viejo sia stato un centro commerciale e tributario naturali generatrici di senso: sulla puna vengono costruite grandi
dell’impero. A Huánuco Viejo, infatti, la maggior parte dell’edificato aree aperte, mentre nel caso andino di Cusco o Machu Picchu gli
si presta a criteri di alloggiamento temporaneo di truppe o gruppi spazi aperti centrali risultano notevolmente ridotti da orizzonti più
di funzionari, oltre che come deposito di merci. Questa fondazione alti e ristretti.
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Patallacta (in quechua: città in un luogo) sorge con un’estensione di Costruita sulla porzione occidentale di tre frange rocciose solcate da
circa tre chilometri quadrati sul monte Pulpituyuy, nell’ansa del fiume due cammini principali, Patallacta nasce come residenza della nobiltà
Cusichaca. La città appartiene all’area archeologica di Machu Picchu, locale, o come centro amministrativo circondato da piccoli insedia-
ma si distingue come insediamento urbano autonomo. menti satelliti (Kendall, 1974), su un’area di circa 330x80 metri. Nella
La configurazione del territorio, contiguo alla valle dell’Urubamba, zona si osservano oltre centododici edifici regolati da un orientamen-
risulta propizia all’agricoltura e al controllo dell’area, con fondazioni to principale e distribuiti attorno a un cammino centrale. A nord dello
modellate in altura dalle forme della montagna, come nel caso di Pisac. spazio aperto centrale (ampio circa 820 metri quadri) si dispone una
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doppia soluzione di recinti molto regolari con al centro due edifici a Sulla frangia orientale del monte Pulpituyuy, quasi sulla riva dell’ansa
doppia altezza e due soli ingressi. I due recinti vengono divisi da un del fiume, si trova il santuario o tempio di Pulpituchayoc: un edificio
cammino in asse nord-est/sud-ovest, parallelo a un lato dello spazio circolare che raggruppa due recinti in asse con un cammino che, dalla
centrale e perpendicolare a un cammino che corrisponde al lato città, attraversa una serie radiale di terrazzamenti. Un altro cammino
orientale dei recinti. perpendicolare a quello principale conduce a un gruppo di bagni e
Gli edifici a doppia altezza sono sorretti da una parete centrale fontane modellate in pietra levigata.
senza aperture, che divide in due parti simmetriche sia l’abitazio- Il nucleo di Patallacta risulta così residenziale, ma l’intero insieme com-
ne con tre ingressi su ciascuna facciata, che il recinto di quattro prende andenes, due aree sacre o rituali, e cammini di collegamento
edifici a un piano e quattro piccoli recinti articolati attorno a uno che raggiungono il fiume. Si trovano qui applicati tutti i principi della
spazio aperto. L’affaccio a est dei due recinti comprende sedici fondazione andina: la separazione tra hanan e hurin, il cammino princi-
ampie finestre, mentre gli altri tre (quelli verso lo spazio centrale), pale, lo spazio centrale, l’orientamento, la quadripartizione, la cancha.
il resto dell’edificato e l’esterno sono ciechi, come se il recinto av- Ogni forma ha una sua riconoscibilità e al contempo si inserisce nella
volgesse l’architettura interna. Questa soluzione di cancha si trova natura: l’architettura si modula qui sulla doppia legge del pendio curvo
in moltissimi esempi di fondazioni inca. La sua regolarità quindi della montagna e dell’ansa circolare del fiume.
dipende da un principio costruttore e non da modelli teorici e La città di Ollantaytambo sorge su un’area di circa tre chilometri
tipologie, e diventa la base, l’unità cellulare che compone le città. quadrati, a una distanza di circa settanta chilometri in direzione nord-
Tutti i recinti, o canchas, del bordo orientale di Patallacta presentano ovest da Cusco, nella fertile valle dell’Urubamba.
finestre in affaccio sulla vallata, mentre risultano quasi ciechi sul ver- Il sito fu visitato dal celebre scopritore di Machu Picchu, l’esplorato-
sante opposto, sottolineando così l’orientamento della città soprae- re statunitense Hiram Bingham e studiato, in seguito, da vari autori
levata (settore hanan, o alto, come a Cusco) a ovest del cammino (Gasparini, 1980; Kendall, 1984; Hyslop, 1990, Protzen, 1993; Gavazzi,
principale. Sia le due canchas simmetriche, verosimilmente destinate 1996). Rispetto al Cammino reale, Ollantaytambo si trova tra Machu
a residenza dell’élite, che le altre, sono costruite in pirca, pietre mo- Picchu e Pisac. Nel cammino tra Machu Picchu e Vitcos, Ollantaytam-
deratamente scolpite, legate da malta e ben lavorate sui giunti per bo diventa una sosta obbligata.
assicurare stabilità alla struttura. La sua posizione di dominio della valle e il clima favorevole della
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57. Veduta di
Ollantaytambo
all’incrocio tra la vallata
di Patacancha e di
Urubamba, Perù.
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62. Un edificio a 10
nicchie si affaccia nel
percorso sommitale di
terrazze a Ollantaytambo,
Perù.
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fiume Vilcamayu. La zona hanan, o Arak’ama,
integra la geografia del monte Bandolista
con una serie di edifici, terrazze, cammini
a gradoni, canali e fonti. Sulla parte più alta
della zona hanan appare una superficie
pianeggiante (verosimilmente quadripartito
in origine) solcata da un canale. Più a nord
sorge un quartiere che ospita vani, fontane
liturgiche e canali. Nei quartieri di hanan
Ollantaytambo si ha l’impressione del non
finito: pietre in porfido non rifinite appaiono
abbandonate a fianco di porzioni di muraglie,
edifici e percorsi. La caratteristica urbanistica
più interessante della città è la combinazione
di una zona residenziale con una cerimoniale,
attraverso una serie di terrazzamenti a gra-
doni che uniscono in un progetto unitario un
paesaggio a diverse altezze.
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63. Nella pagina a 64. La zona hanan e hurin 65. L’area di canchas nel
fronte: La pianificazione di Ollantaytambo sono rilievo di Protzen (1993).
stradale e idraulica a separate dal fiume
Ollantaytambo forma con Patacancha (da
il fronte di canchas una Gasparini, 1980).
maglia compatta.
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68. La muraglia di
porfido di Ollantaytambo
(Perù) che riproduce lo
skyline ascendente della
montagna.
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IL PAESAGGIO PLASMATO: INTIPATA, MORAY E TIPÓN
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69. Il paesaggio di
andenes circolari a
Moray.
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I SEGNALI REGIONALI: RAQCHI E INGAPIRCA
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GLI INSEDIAMENTI MILITARI: INCALLACTA E
INCAHUASI
Incahuasi (la casa dell’Inca) sorge nella valle del fiume Cañete sulla costa
meridionale del Perù (Gonzalez e Cavotto, 1977). Qui, le guerre contro
le etnie locali (vedi capitolo 1), spinsero Topa Inca Yupanqui a costruire
un insediamento temporaneo per le sue truppe, che si trasformò in se-
guito in una struttura stabile, un osservatorio militare sulla zona. Incahuasi
nasce così progressivamente, e non in seguito a un’occupazione unitaria
e definitiva della regione. Si compone quindi di zone costruite in diverse
tappe e aggregate progressivamente al complesso principale.
Si possono definire quattro o cinque settori: la residenza dell’inca a sud-
ovest; un colcahuasi, area di deposito e stivaggio dei prodotti a sud-est; i
quartieri degli abitanti a nord-est; un osservatorio militare sul promonto-
rio a nord-ovest dell’insediamento; e un probabile gruppo cerimoniale al
centro della città, che accoglieva una casa delle vergini (acllahuasi). Sia la
residenza dell’inca, che la zona dei depositi, pur nella diversità delle loro
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destinazioni d’uso, si strutturano in maniera simile: un percorso rettilineo
forma due sezioni costruite in forma speculare. Nella residenza dell’inca,
costruita su un’estesa piattaforma, l’itinerario unisce due aree aperte e
due possibili gerarchie o destinazioni abitative, mentre nella colcahuasi
di circa 3500 metri quadrati recintati in pietra e adobe, il cammino si
snoda accanto a quaranta camere di pianta regolare, circondate da oltre
duecento silos.
Un esempio architettonico simile è Incallacta (città dell’inca), edificata da
Topa Inca nel dipartimento di Cochabamba, a sud-est di La Paz (Hyslop,
1985). Questa città raggruppa una serie composita di edifici destinati a
guarnigioni, unità di controllo amministrativo, alloggi e una considerevole
quantità di depositi; simili strutture, costruite per stivare i beni prodotti
nella ricca provincia del Qollasuyu, quarto meridionale dell’impero, sono
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presenti in tutta la regione in oltre cento diversi insediamenti. Tra i un ushnu, che segna l’orientamento dei gruppi edificati nel settore nord-
principali edifici dell’insediamento spicca un’enorme kallanka in pietra est. La parete retrostante, più alta, ospita quarantaquattro nicchie semi
semilavorata, che domina la vallata: si tratta di un’aula di metri 26x78, il cui trapezoidali. Dalla cima della parete rivolta a sud-est, con quattro grandi
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fronte principale apre dodici strette aperture intercalate da tredici fine- finestre sopra dieci nicchie, tracce di adobe segnalano che la massa litica
stre. Sull’asse trasversale appaiono i resti di una piattaforma, assimilabile a non superava in altezza i dieci metri.
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78 e 80. L’insediamento
militare e l’ampia
kallanka di Incallacta nel
rilievo di Gasparini (1980).
LA COSTA: TAMBO COLORADO in adobe, come l’intero insediamento, queste strutture abitative si arti-
colano in una serie di spazi aperti centrali, circondati da stanze di varia
Sulla costa, nella valle di Pisco, sorge il centro di Tambo Colorado, centro ampiezza con muri a nicchie trapezoidali. Le nicchie mostrano segni di
amministrativo e residenziale inca tra i più interessanti della costa meri- intonacatura colorata in rosso, giallo e bianco, e disegnata a motivi seriali.
dionale (Engel, 1957; Ristevski, Protzen Addison 2002). La presenza di nicchie e finestre di uguale proporzione in tutta la città
Lo spazio centrale della città, a forma trapezoidale, è tangente al cammi- è un retaggio dello stile costruttivo della costa sin da epoche preinca:
no principale che, come già osservato in altri esempi, divide in due set- edifici in adobe di questo genere si osservano già in epoca tardo moche
tori la città. Un ushnu, altare o trono cerimoniale, si trova sul lato ovest e huari. Ancora un volta, la pianificazione generale del sito, tipicamente
dello spazio centrale. A nord dello spazio centrale sorge il complesso inca, mostra l’adattamento dell’impianto urbano all’uso di una tecnolo-
più articolato, verosimilmente destinato a residenze dell’elite. L’area di gia costruttiva, quella dell’adobe, più adatta al clima secco della costa.
residenze occupa una superficie di circa 2500 metri quadri. Costruite La particolare forma trapezoidale della piazza centrale di Tambo Colo-
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82. Il quartiere
settentrionale a Tambo
Colorado si configura
come un sistema di
recinti autonomo.
LA TECNOLOGIA MERIDIONALE: PILCO KAYMA E
KOATI
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83. Rilievo di Pilco Kayma 84. Struttura superiore 85. La litica massiccia
(Bolivia) del viaggiatore della Isola del Sole in dell’architettura
ottocentesco Squier affaccio sul lago Titicaca. meridionale ha origine
(1877). tihuanacoide.
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Altri elementi, di origine più antica, si combinano nella composizione; si
utilizzano, ad esempio, massi naturali, che vengono incorporati nella co-
struzione in pietra tagliata. Certamente di antica tradizione andina è la
disposizione orientata verso una divinità principale, che in questo caso
non è il lago Titicaca, mito di origine dell’etnia inca, ma una montagna
innevata sul fronte opposto della superficie lacustre, chiamata Llampu.
Anche Coati, sull’isola della Luna, nasce come tempio inca costruito
per celebrare un luogo naturale sacro da lungo tempo. Il complesso
costruttivo principale si compone di uno spazio centrale rivolto a nord
e verso il lago. Le aperture e le nicchie disposte su quattro livelli di pro-
fondità si affacciano sullo spazio centrale e scandiscono una fila di spazi
interni sui tre lati in parte comunicanti. Sia a Pilco Kayma, che a Coati,
l’articolazione labirintica, eppure rigorosa e regolare, degli spazi raggiun-
ge una raffinatezza insolita e dimostra la matrice comune di un’estetica,
alle origini, differente.
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86. Rilievo di Pilco Kayma 87. Il rilievo di Koati 88. Nella pagina a fronte:
(Bolivia) del viaggiatore mostra una decorazione Dettagli delle aperture del
ottocentesco Squier. scalonata multipla nelle tempio del Sole a Pilco
nicchie e aperture (da Kayma.
Gasparini, 1980).
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L’ARCHITETTURA VERTICALE: CHACHABAMBA,
CHOQUESUYSUY, SAYACMARCA, WIÑAYWAYNA,
PHUYUPATAMARCA
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92. La sommità di
Sayacmarca avvolge con
un muro curvo, come a
Pisac e Machu Picchu,
una pietra affiorante .
versante andino in questa regione si avvicina
al confine con la selva amazzonica e perde
quota. Le montagne si ricoprono di vege-
tazione in un clima sempre più umido, ma
con variazioni di temperatura ancora assai
elevate.
Le città, interamente edificate in pietra, ten-
dono quindi a perdere gli ampi spazi aperti,
a favore di piattaforme e nuclei recintati,
sovrapposti e distribuiti su molti livelli; i si-
stemi di scalinate diventano un elemento
dominante nell’intreccio di piani.
Un solo ingresso a 3600 metri di quota per-
mette l’accesso a Sayacmarca (in quechua:
paese erto), costruita in forma compressa
in altezza.
Nell’insediamento si alternano cammini
angusti, canchas su livelli differenti, fonti litur-
giche, corti e canalizzazioni, fino al vertice
stesso della montagna.
L’architettura si appropria qui di tutto lo
spazio disponibile per elevare al massimo la
visione dell’orizzonte.
Un simile impianto si trova anche a Phuyupa-
tamarca (in quechua: luogo oltre le nuvole),
centro cerimoniale legato al culto dell’acqua
e plasmato sulla forma di un intero colle.
Andenes retti e semicircolari progrediscono
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93-94. Phuyupatamarca,
Perù: il restringimento
curvilineo delle terrazzo
corrisponde a quello
dell’orizzonte.
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verso l’alto affiancati da cammini e scalinate,
fino a raggiungere una serie di piattaforme
orientate a raggiera su uno spazio aperto
centrale, segnato da un portale. L’ingresso
è rivolto su serie di sei fonti allineate, che
compongono il settore a est delle piattafor-
me. Il complesso di Wiñaywayna (in quechua:
sempre giovane) sorge a cinquecento metri
sopra il fiume Urubamba.
L’area urbana si compone di circa venti
canchas arroccate sul pendio, a diversi livelli,
intorno a una corte centrale. Sul fianco est
del complesso sorge una piattaforma che
ospita un monolite di granito in aggetto sul
pendio. A ovest, si trova invece un settore
cerimoniale dominato da un torrione se-
micircolare che racchiude un tempio e un
gruppo di fonti. Questa zona si connette
all’area urbana attraverso un cammino a
gradoni, allineato a una serie di altre dieci
fonti liturgiche.
La zona di terrazzamenti collegati alla città
è attraversata da un cammino lastricato,
facente parte probabilmente di una serie
di percorsi rituali che era possibile svolgere
attraverso i diversi settori dell’insediamento.
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95-96. Wiñaywayna,
Perù: il collegamento
tra terrazzamenti è
assicurato sia da un
sistema di scalinate che
da un sistema di fonti.
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Testi: Carolina Orsini, Marina Bucchi, Adine Gavazzi
Redazione: Francesca Bianchi, Elisabetta Gallingani, Chiara Giunti, Roberta Olivieri, Maria Giuseppina
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