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LA GRANDE STORIA DELL’ARTE

25. INCA

© 2006 E-ducation.it S.p.A., Firenze


Una società SCALA GROUP, Firenze

Testi: Carolina Orsini, Marina Bucchi, Adine Gavazzi

Direzione di progetto: Cinzia Caiazzo


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Cura redazionale: Giulia Marrucchi, Simona Ricci

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Settimanale. Anno XV - n. 13 - xxxxxxxx 2006

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In copertina: Statuina fittile in cui è riprodotto un uomo che reca sulle spalle un
urpu. Berlino, Museum für Völkerkunde.
INCA
Arte e archeologia nelle Ande Centrali
dal XIV secolo alla conquista

LA GRANDE STORIA DELL’ARTE

a cura di
Carolina Orsini

IL SOLE 24 ORE E-DUCATION.IT


3. L’architettura inca

O
ccupare e pianificare quasi tre milioni di chilometri quadrati, coprendo una
distanza di oltre quattromila chilometri in meno di novant’anni, è un’impresa
priva di precedenti nella storia dell’urbanistica. Se a ciò si aggiungono la com-
plessità di un paesaggio geograficamente indomabile come quello andino
e i numerosi eventi storici compresi tra il regno di Pachacutec e l’arrivo di
Pizarro nel 1532, la sola idea dell’espansione inca appare in tutta la sua grandezza.
Molti studiosi, ammirati e al tempo stesso in difficoltà di fronte alla vastità e alla
varietà di esempi visibili in ogni regione dell’impero, hanno per lungo tempo
indagato sulle origini di questo fenomeno, interrogandosi sui mo-
delli urbanistici, le soluzioni tipologiche, l’idea di città
sacra, l’uso della pietra e tutta la sapienza necessaria
per generare un’estetica architettonica e urbanistica
unica. Le forme costruttive e la raffinatezza composi-
tiva che caratterizzano l’architettura dell’impero inca
sono comprensibili solo in parte alla luce delle prece-
denti esperienze di altre culture: la tecnologia litica di
origine tihuanacoide e il principio di fondazione urbana
di eredità huari (vedi capitolo 1), sono sovente stati letti
come riferimenti del passato. Ma in questo caso molti ele-
menti di varie tradizioni sembrano combinarsi tra loro per
dar vita a un ordine dotato di un’identità nuova. L’impero inca
si afferma così in ogni regione attraverso un’architettura diversa
dalle precedenti, che non si impone disintegrando la cultura passa-
ta, ma che la riutilizza in un modo nuovo e sempre riconoscibile.
Del resto il pensiero andino, circolare e naturale, concepisce un
progressivo adattamento alle forme e alle preesistenti leggi naturali,
contrapponendo al principio di progettazione, tipicamente occidentale,
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quello di trasformazione: chi progetta, addentrandosi e riconoscendosi nel


mondo circostante, non si differenzia dalla natura, ma la persegue come modello di
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1. Nella pagina a 2. Questa scultura personaggi mitici e 3. Nelle pagine seguenti:


fronte: Veduta della miniaturizzata, dal sito di divinità, indicando lo La vallata di Pisac, Perù.
composizione a zig Kenko (Perù), spirito e il senso della I vasti terrazzamenti
zag del complesso probabilmente pianificazione inca, come modellano integralmente
archeologico di utilizzata come pietra appare in Saqsahuaman il paesaggio.
Saqsahuaman, Perù. sacra, riproduce un e in molte città di
paesaggio animato tra fondazione.
canalizzazioni, terrazze
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4. Veduta delle vallate 5. Nelle pagine seguenti: nello spazio abitato.


attorno a Machu Picchu, Ollantaytambo, la
Perù: uno sperone sagoma scoscesa degli
orogeno si proietta a insediamenti sovente
trapiombo su oltre 250 riproduce lo skyline
livelli di terrazzamenti. naturale delle montagne,
che si proiettano così
forme e regole. Lo spazio viene concepito in modo concreto e vitale,
non come entità astratta e vuota, e si presta a essere abitato e piani-
ficato, a partire dal suo aspetto, da ciò che offre. L’architettura andina,
quindi, insegue con la natura il mimetismo, più che l’imitazione, e cerca
di esprimere una corrispondenza alle sue regole. Anche se l’evoluzione
urbanistica inca appare radicale in rapporto alle soluzioni del passato,
le nuove città mantengono una relazione tra necessità umane e realtà
territoriale, in cui lo spazio costruito viene organizzato dalle esigenze
della società, configurato da un differente potere imperiale, ma ancora
ordinato dalle regole della natura.
A partire da una capitale centralizzata, Cusco, un’idea inca dell’abitare si
irradia nell’impero attraverso innumerevoli traiettorie che segnano altri
centri, altre città, altri santuari e luoghi sacri, uniti da un’enorme maglia
di cammini e fondazioni. Al posto della sovrapposizione di un unico
ordine spaziale o di un’organizzazione esclusivamente centripeta, l’im-
pero compone diversi territori tra loro. Le città (llactas), non appaiono
con l’aspetto di feudi difensivi e murati, come nel caso di fondazioni
occidentali, perché il Tahuantinsuyu non concepisce la nuova città solo
come semplice roccaforte o presidio militare, ma anche come forma
d’espansione e integrazione di altre etnie. La fondazione inca si pone
in comunicazione con il paesaggio naturale e culturale preesistente, da
cui assimila continuamente nuove soluzioni: queste impongono forme
urbane comprensive di spazi rituali e religiosi, accanto a organizzazioni
agricole, economiche e militari che trasformano il territorio per inte-
grarlo ai dominii precedenti. L’urbanizzazione inca diventa una vera
e propria strategia d’espansione, nel fondare nuovi centri dove non
appare un governo centralizzato, nel mantenere e arricchire le città
conquistate e nell’installare grandi centri amministrativi, città di servizio,
deposito merci. Così il rigore dell’architettura inca, talvolta confuso in
passato con la serialità, l’omologazione e la ripetizione, e addirittura
paragonato a esempi romani, rivela caratteristiche opposte: la versatilità,
l’integrazione e la trasformazione.
Non si può immaginare un unico modello urbanistico durante la fase
di espansione territoriale inca, ma è possibile osservare molte strategie
insediative: le città sono di volta in volta sistemi amministrativi di nuove
province, evoluzioni o stratificazioni di nuclei preesistenti, sedimentazioni
di avamposti militari, residenze urbane di una famiglia reale, piccole sta-
zioni di posta lungo la rete di percorsi imperiali, o strutture cerimoniali
sovrapposte a centri sacri preesistenti. Tutte queste diverse soluzioni
nascono, però, grazie alla pianificazione della nuova capitale, Cusco, che
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funge da modello d’insediamento centralizzato e riferimento culturale,


religioso e politico di tutto l’impero.
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6. Wiñaywayna, Perù.
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CUSCO, IL CENTRO DELL’IMPERO
QUADRIPARTITO
Il disegno di Cusco, realizzato su una maglia molto simile a quella odierna,
viene tradizionalmente attribuito a Pachacutec (Betanzos 1968 [1551];
Sarmiento, 1969 [1572]) e al suo lungimirante cammino di espansione
dal 1438 al 1472 circa. A partire da Pedro Sancho de la Hoz, che ac-
compagna Francisco Pizarro durante la conquista e fornisce nel 1534
la prima descrizione della capitale, a Garcilaso de la Vega, detto “el Inca”,
che la ricostruisce al principio del 1600 per un pubblico spagnolo, ogni
cronista appare impressionato dalla struttura quantomeno imponente di
una grande capitale. Garcilaso per esempio osserva: “ … Il Cosco nell’am-
bito del suo Impero fu quale una Roma nel dominio di questa, sicché è lecito
paragonare l’una all’atro, assomigliandosi per magnificenza […]. La città era
divisa nelle due parti Hanan Cozco, cioè il Cozco alto, e Hurin Cozco, che viene
a dire il Cozco basso” (1969 [1609]:7,VIII).
La Capac llacta (somma città), centro e punto d’incontro dei quattro
quarti dell’impero, sorge a 3550 metri in una valle quasi interamente
circondata da montagne, all’incontro tra due fiumi, Huatanay e Tullumayu.
La città viene ordinata in senso centripeto secondo la gerarchia inca: da
un’area centrale, sede dell’ayllu imperiale e delle panaqas con i principali
templi, palazzi e centri amministrativi, si diramano verso l’esterno i quar-
tieri dei vari ayllu. La forma radiale si riferisce al sistema di ceques, linee
immaginarie che si dipartono dal tempio Coricancha e collegano con il
centro diversi luoghi sacri sparsi sul territorio (vedi capitolo 1).
Cusco prende forma a partire dal pensiero andino e si conforma alle rigo-
rose leggi naturali previste dalla propria cosmologia duale, tridimensionale
e quadripartita. Hanan e hurin diventano le due aree complementari di
crescita degli ayllu, come dell’edificato. Il luogo d’incontro tra la città hanan,
di sopra e quella hurin, di sotto, avviene rispettivamente in Huacaypata e
Cusipata, dalla radice pata (in quechua rispettivamente: luogo di pianto
e luogo di allegria), con preciso riferimento all’alternanza di riti stagionali
inca. Si tratta di uno spazio sacro aperto e centrale, che si compone di
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queste due parti separate dal fiume Huatanay, canalizzato quadripartito e


orientato secondo le direzioni cardinali. Da ognuno dei quattro angoli ha
inizio una strada diretta a un suyu (quarto) dell’impero.
Per quanto si tratti di uno spazio aperto, pubblico e centrale, metafora e
immagine del cuore dell’impero, l’insieme duale di Huacaypata e Cusipata
non si può definire esattamente una piazza. I termini “piazza” e “angoli”
non hanno un equivalente in lingua quechua e risultano inappropriati: la
piazza intesa dagli occidentali è uno spiazzo vuoto e pubblico in cui il
potere religioso e civico danno dimostrazione di sé attraverso la facciata
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7. Veduta della città di secondo le direzioni 8-9. Nelle pagine stradale che attorno a uno
Cusco, Perù. Circondata intercardinali. seguenti: Calle Loreto spazio aperto produce
da una corona di monti, e il complesso di una fuga prospettica
la città si sviluppa a Saqsahuaman a Cusco, di grande effetto
partire da uno spazio Perù: la proiezione delle drammatico.
aperto centrale e da una strutture in pietra a
rete di canchas allineate incastro sia nella maglia
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di una chiesa o di un palazzo principale. La piazza andina, viceversa, è
un luogo sacro che raccoglie l’intera città nelle più svariate occasioni; ai
suoi lati non si erge una gerarchia di edifici, tra cui spicchi un’architettura
dominante, ma sorgono recinti di palazzi reali, ciascuno riferito a un ca-
postipite, a un inca, e appaiono coltivazioni sacre, che formano con simili
muri bassi di recinzione il contorno dell’unico centro cittadino. L’angolo
retto della piazza occidentale perde senso nell’enorme spazio aperto
andino, che riproduce l’organizzazione di tutto il territorio in scala umana
senza servirsi di leggi prospettiche. Similmente, i quattro angoli diventano
quattro direzioni cardinali, ricavate da norme celesti e divine e non da
forme geometriche ideali e astratte; ciò vale anche per i palazzi, i quartieri
e i singoli edifici, costruiti con quattro direzioni per cingere lo spazio e
non progettati con lati o angoli per organizzarli nel vuoto con un ordine
razionale.
Dal ciclopico gruppo settentrionale di Saqsahuaman è possibile osservare
la regolare rete viaria, ancora oggi percorsa e quasi inalterata dagli inter-
venti spagnoli, che hanno invece coperto molte vie d’acqua e mutilato lo
spazio centrale, dimezzandolo e trasformandolo in una Plaza de Armas. La
dimensione delle strade risulta stretta, perché il percorso non è concepito
come zona pubblica e non è paragonabile al senso occidentale di strada
trafficata, di luogo di intensa attività cittadina e, a volte, di limite di proprie-
tà. Le vie di terra e di acqua a Cusco, come in altre città andine, con fun-
zioni distributive o di collegamento, assumono un senso profondamente
rituale nell’orientamento, nel percorso e nella direzione, come già avviene
nella tradizione costruttiva andina preinca. Dal preciso disegno di strade
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10. Theodore de Bry, Gli una città ideale quasi 11. Veduta aerea della la metà, che confinava
Spagnoli conquistano rinascimentale, Plaza de Armas di con la canalizzazione
il Cusco, da Americae, circondata da mura e Cusco, Perù. Lo spazio del fiume Huatanay, sul
vol. VI, 1596. Berlino, porte come bastioni. aperto centrale, oggi lato opposto dell’odierna
Kunstbibliothek. sovrapposto dalla piazza cattedrale.
L’immaginario europeo coloniale, è ancora
della conquista mostra riconocibile per oltre
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12. La piazza di Cusco parti del recinto antico,


(Guaman Poma 1987 ma indica il tracciato del
[1613-15]). Copenhagen, fiume e gli edifici antichi
Det Kongelige Bibliotek. attorno al centro.
La visione di Poma de
Ayala della Piazza mostra
già la separazione in due
e quartieri, alcuni studiosi (Rowe, 1967; Gaspa-
rini, 1980) hanno visto l’immagine di un puma
che identifica secondo la sua anatomia diverse
zone della città. Quest’animale viene associato
al potere di kai pacha (il mondo di qui), luogo e
utero di incontro fra tripartizione verticale del
mondo hanan (di sopra) e ucku (di dentro). Altri
invece, come Agurto Calvo (1987), hanno visto
la struttura di un’ameba con un nucleo centrale
di cinquanta ettari, un’area di espansione di altri
cinquanta e una cintura esterna di circa cento
ettari, per una popolazione stimata attorno ai
duecentomila abitanti. Quale che sia l’immagine
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evocata, questo centro radiale funziona come
riproduzione in miniatura del territorio circo-
stante, dualizzato tra alto e basso, quadripartito
a partire dal suo spazio centrale. Il centro è la
manifestazione concreta della cosmovisione
che assegna alla terra il presente, al cielo il dive-
nire, e al mondo roccioso il passato. In nessun
luogo, come al centro dell’impero, si osserva
la stretta relazione tra l’irrigazione, i canali e
l’organizzazione urbana e sociale della città. Le
divisioni amministrative di Cusco, infatti, trovano
una diretta corrispondenza con la divisione
geografica e idraulica: i canali della zona hanan
della città vengono considerati più importanti
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di quelli che attraversano la zona hurin e rag-
giungono zone più fertili, assegnate alle panaqas
principali. Il sistema urbano, comunque, viene
trattato in forma integrata con tutta la valle,
che comprende un solo sistema idraulico. I limiti
territoriali tra le suddivisioni vengono misurati
in riferimento al centro, e i diritti alla terra e al-
l’accesso ai canali vengono codificati secondo il
sistema radiale dei ceques. Esiste una corrispon-
denza diretta tra i ceques assegnati alle panaqas
e i punti d’origine dei principali canali di Cusco:
la scansione radiale dei ceques corrisponde in-
fatti alla mappa territoriale di panaqas, canali e
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terre, come hanno dimostrato Zuidema (1964)


e Sherbondy (1987).
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13. La configurazione e le quattro direzioni 14. Lo spazio aperto 15. L’orientamento 16. Le possibili versioni in corrispondenza del
della città: comprese verso le quattro regioni centrale appare delineato intercardinale della città del puma: in alto e Coricancha (Gasparini,
tra i due fiumi Huatanay dell’impero (Gasparini, nella ricostruzione dalla corrisponde anche al corrispondente al 1980).
e Tulumayu in grigio 1980). linea tratteggiata; quella centro dei quattro quarti capo Saqsahuaman, al
la parte alta Hanan, in puntinata indica il fiume dell’impero (Gasparini, cantro e corrispondente
bianco la bassa Hurin; Huatanay, che scorre 1980). all’ombelico lo spazio
a nord Saqsahuaman in direzione Nordovest aperto centrale e la coda
Sudest (Gasparini, 1980).
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17. La chiesa di Santo


Domingo. Cusco, Perù.
Dall’esterno è ben visibile
il muro curvo in pietre
a filare del Coricancha,
cui viene sovrapposto
l’edificio religioso.
IL CORICANCHA E SAQSAHUAMAN e posizionamento della pietra” (1984 [1553]: XXVII). Bernabé Cobo
sulla qualità degli edifici scrive “L’edificio di questo grande tempio era
Centro radiale religioso e simbolo costruttivo dell’impero, il Cori- della miglior fabbrica che si fece in queste Indie; tutto dentro e fuori
cancha (in quechua: recinto d’oro) riunisce in un solo luogo il culto con strane pietre lavorate, posate con grande cura, senza malta e così
solare e i vari culti di tutte le regioni, l’assetto urbanistico della città giuntate che non potevano esserlo di più” (1956 [1653]: XII).
e quello territoriale con le linee dei ceques, come l’astro simbolico In seguito alla conquista, il Coricancha viene parzialmente demolito
che irradia e scandisce luoghi sacri e santuari in tutta la regione. Fon- e incapsulato nel tempio cattolico di Santo Domingo, a sua volta
dato, secondo il mito, assieme alla città dal capostipite dell’etnia inca semidistrutto da un terremoto nel 1950 (Ladrón de Guevara,
Manco Capac, il principale tempio dell’impero viene ricostruito da 1967; Bejar Navarro, 1990; Harvey Valencia, 1994). Il terremoto ha
Pachacutec, come segnalano le cronache. Diversi autori descrivono permesso di mettere in luce porzioni di muri inca celate dai do-
il Coricancha pieni di ammirazione e stupore: Garcilaso racconta che menicani. Il successivo lavoro di restauro, che ha liberato una parte
“le meraviglie di quella casa erano così incredibili che non avrei il co- delle strutture nascoste, restituisce l’immagine odierna del tempio.
raggio di parlarne se tutti gli storici Spagnoli non l’avessero fatto”(1969 Il complesso è situato nel settore hurin di Cusco, su un terrapieno
[1609]: 3, XX). Cieza afferma: “Il Curicancha era il più grande, ricchis- dominante e tangente al fiume Huatanay, oggi coperto. Seguendo
simo e assai rinomato tempio che fu il più grande di tutti questi regni il rilievo di Rowe (1967), la ricostruzione di Gasparini (1980) e la
[…] In tutta la Spagna non ho visto cosa paragonabile a queste pareti descrizione puntuale, ma non diretta, di Garcilaso, che nasce quando

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18. Coricancha, interno


di un tempio. Cusco. La
trama delle pietre a filare
mostra il gusto andino
della divisione ritmica
della superficie, che non
si ripete mai.
il tempio era già stato distrutto, è possibile identificare un recinto (in
quechua: cancha) in andesite grigia di quattro edifici, e tracce di altri
due, orientati sui due ortogonali. La struttura è cintata da un muro
che curva verso est. Il tempio principale di Inti (sole) era ubicato in
asse est-ovest, come il movimento dell’astro. La sede dell’altare mag-
giore, con lastre d’oro sulle quattro pareti interne e mensole o sedili
d’oro, su cui sedevano le mummie degli inca della dinastia (di cui oggi

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19. Il tempio del del tempio, assai lontana 20. Il tempio dedicato al Dall’incastro tra pietre a 21. Le mura di
Sole a Cusco, XVIII dalla realtà, redatta a sole ospitava all’interno filare è possibile ancora Saqsahuaman, Perù: il
secolo. Londra, Royal partire dalle descrizioni un altare in oro, apprezzare la geometria, rapporto con la scala
Geographical Society. In dei cronisti e in sintonia distrutto dalla conquista che forma un disegno umana rende molto
questa incisione francese con lo spirito razionalista spagnola, raffigurante la sempre variato. evidente l’effetto
settecentesca appare una dell’epoca. cosmovisione inca con di gigantismo del
ricostruzione idealizzata la principali divinità. complesso.
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22. Terrazzamenti 23. Nelle pagine assecondare l’effetto


del complesso di seguenti: Il complesso di prospettico.
Saqsahuaman. Cusco, Saqsahuaman. Lo scorcio
Perù. sulla terrazza sommitale
della muraglia a zig zag
evidenzia una tecnologia
a effetto arrotondato per
non rimane niente), è difficile da individuare. Gli altri templi erano
dedicati rispettivamente alla luna (Quilla), a Venere (Chasqua), all’ar-
cobaleno (Quichi), e sovrastavano un “giardino solare”, di cui non
resta quasi traccia e che viene generalmente localizzato nell’odierna
terrazza inferiore. Secondo le cronache ospitava flora e fauna fuse
in oro; qui vi si depositavano oggetti sacri e rappresentazioni di deità
che appartenevano a vari gruppi etnici.
La testimonianza più preziosa che i frammenti del maestoso tempio
possano fornire oggi è forse quella di un pensiero estetico raffina-
tissimo, espresso con una tecnologia che desta sempre lo stupore
della perfezione: l’esatta strombatura delle aperture trapezoidali, la
simile inclinazione dei muri, il disegno semplice ed esatto dei filari di
pietre che compongono il disegno dei muri, la chiarezza nella distri-
buzione di singoli templi. Questi e molti dettagli costruttivi mostrano
una precisione possibile solo in architetture concepite per durare in
eterno e simboleggiare valori estetici permanenti. Questa cancha
quadripartita, prototipo di una concezione costruttiva fondamentale
andina, diventa in poco tempo emblema della cancha inca, ricono-
sciuta e utilizzata in tutto l’impero.
Il caso architettonico più noto di Cusco, dopo il Coricancha, è for-
se quello di Saqsahuaman (Protzen, 1989; Lee, 1990). Se si accetta
l’idea di una forma a puma della città, come a lungo è stato ipotizza-
to, Saqsahuaman ne sarebbe la testa. L’immensità dei monoliti ubicati
in un’area privilegiata in altura, dominante l’intera città, che compon-
gono i tre livelli di andenes o parziale recinzione del complesso, ha
impressionato per cinque secoli ogni osservatore.
La somiglianza con i sistemi fortificati occidentali ha prodotto l’iden-
tificazione di Saqsahuaman con una fortezza; questa destinazione
risulta però insufficiente per definire l’intero gruppo e poco ade-
rente alla politica militare dell’impero, certamente militarizzato, ma
poco incline alla fondazione di fortificazioni rivolte verso l’interno
della città.
Ricostruito per ordine di Pachacutec in pietra calcarea del luogo e
pietra vulcanica importata probabilmente da Rumicolca, il gruppo di
andenes, terrazzamenti ciclopici, fronteggia a zig zag su uno spazio
aperto una rocca interamente canalizzata, scalonata e scolpita. Sulla
sommità sono visibili le fondazioni di tre strutture: Muyucmarca, di
pianta circolare; Sallacmarca e Paucamarca, edifici a più piani, osser-
vati dai cronisti e demoliti durante la conquista. Definiti “Baluartes”,
i tre livelli di andenes orientati verso nord, presentano diverse aper-
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ture che probabilmente delimitavano ingressi e uscite in percorsi


prestabiliti. La linea della scalinata si compone di macro elementi
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litici (monoliti alti anche nove metri) in una modalità costruttiva che
è stata definita ciclopica, accanto a quella più comune poligonale o
a filare, che ha fatto pensare a un insediamento più antico, caratte-
rizzato da un uso tecnologico differente (Chávez Ballón, 1970). In
realtà la molteplicità di soluzioni di tagli e incastro della pietra non
consente tanto di definire una successione di epoche costruttive
– né a Cusco, né in altre città di fondazione –, quanto piuttosto di
accertare una compresenza di differenti forme espressive. Oltre a
ciò, i terrazzamenti fronteggiano una spianata delimitata da un’area,
Suchuna, dove acquedotti, cisterne litiche, percorsi scalonati e ampie
soste compongono una complessa area rituale, in cui l’acqua ha
avuto un ruolo fondamentale. Impossibile da assimilare a qualunque
altra forma di spazio pubblico organizzato, questo tipo di intervento
paesaggistico integrale si può osservare miniaturizzato su un mono-
lito scolpito a Kenko (vedi fig. 2), dove acqua, terrazzamenti, animali
e personaggi riproducono un paesaggio mitico, che la pianificazione
urbanistica ha saputo potentemente riprodurre in scala umana. L’evi-
dente posizione di dominio territoriale di Saqsahuaman permette
di ipotizzare diverse destinazioni d’uso, ma risponde unitariamente
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24. La progettazione per integrare le aree 25. La vista aerea delle cerimoniale molto più
in più fasi di questo circostanti in un disegno rovine di Saqsahuaman vasto e articolato.
immenso centro pubblico unitario (Agurto, 1988). mostra le tre terrazze a
di Saqsahuaman si è zig zag in una posizione
sviluppata attorno allo che non difende la città
spazio centrale e alla ma forma parte di un
muraglia a zig zag, complesso pubblico
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26. Particolare della 27. Nelle pagine


struttura muraria. I seguenti: Fondamenta
monoliti di Saqsahuaman circolari del complesso
raggiungono 9 metri di Saqsahuaman
d’altezza e 80 tonnellate demolite dagli spagnoli
di peso. Cusco, Perù. per edificare la città
coloniale.
alla gerarchia urbana di Cusco e si configura
come un luogo pubblico, privilegiato, rituale
e collettivo, dove ancora oggi, a distanza di
cinquecento anni dalla sua costruzione, le
etnie andine si raccolgono a ogni solstizio
invernale per celebrare l’intiraymi, o festa
del sole.
Cercando di collocare i complessi di Saq-
sahuaman e Coricancha all’interno del
disegno della città di Pachacutec, è possibile
osservare un sistema unitario e articolato
che li compone. Se al centro della città si
trova la piazza duale, che definisce due aree
del sistema urbano, al centro di quella bassa,
hurin, sorge il Coricancha, un tempio a for-
ma di cancha, quadripartito come la piazza
centrale da cui dipartono i ceques radiali
che ordinano la città. Delimita la sommità
dell’area alta il terzo centro di aggregazione,
Saqsahuaman, in cui le celebrazioni pubbli-
che riuniscono tutti i popoli dell’impero e da
dove si osservano le quattro direzioni della
città. Il centro politico in hanan di Saqashua-
man, e quello religioso in hurin del Corican-
cha, vengono unificati da una grande piazza
duale, Huacay e Cusi Pata, che, attraversata
da un canale, unisce simbolicamente la rete
di tutti i percorsi dell’impero.

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DAL RECINTO ALLA CITTÀ: LA CANCHA stradale murato e senza affacci. Nella cancha non esiste la facciata
sulla strada, che infatti viene delimitata da muri ciechi. Il recinto
Cusco e le altre fondazioni urbane obbediscono a una cosmovisione abbraccia uno spazio organizzato in vani pieni e vuoti dall’interno,
che impone la corrispondenza tra pieno e vuoto, alto e basso, così e il muro continuo forma un modulo esterno rettilineo facilmente
come una quadripartizione dello spazio. La soluzione più semplice ripetibile e di grande effetto prospettico. Questa soluzione semplice
appare quindi nella bipartizione di due settori urbani e quattro aree, ma sapiente, che esprime una grande potenza simbolica nel primo
che circondano uno spazio aperto centrale. Quest’ultimo principio, tempio dell’impero, non appartiene in realtà a un modello geome-
che regola la città, genera anche l’insieme di unità abitative, cerimo- trico astratto, perché sorge sempre in rapporto con le forme natu-
niali, amministrative e militari; il tessuto urbano si compone sulle rali e tende ad adattarsi a declivi, rocce e diverse forme territoriali,
variazioni, moltiplicazioni e intrecci di una stessa fibra: la cancha. Non assumendo così un aspetto di volta in volta modellato, frastagliato,
solo come ripetizione e applicazione del modulo del Coricancha, ma segmentato, regolare, seriale, ma sempre uniforme e coerente. Non
anche come eredità dei sistemi recintati di origine costiera e andina si può definire la cancha esattamente come una tipologia, perché
in generale. Il nucleo costruttivo della cancha si sviluppa attorno a assolve a ogni funzione sociale e urbana, dal tempio, al palazzo, alla
uno spazio aperto centrale, come una micro piazza, con quattro edi- piccola residenza, e appare a qualsiasi scala dimensionale: si tratta
fici rivolti all’interno e cintati da un muro a formare quattro piccole del modulo costruttivo che, moltiplicato all’infinito, costituisce la
corti nelle aree di giunzione. Un solo ingresso, in genere, permette struttura urbana. La composizione di un tessuto di cancha, destina-
l’entrata al recinto. L’allineamento di più cancha compone un tessuto bile anche a usi molto differenti, conferisce alla città quell’aspetto
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28. Il recinto a nicchie 29. Nella pagina a fronte:


che forma gli edifici La moltiplicazione
interni di una cancha a regolare di canchas forma
Machu Picchu, Perù. il reticolo dei percorsi,
privi di affaccio tra edifici
a Ollantaytambo, Perù.
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30. Gli edifici nella 31. Cancha a tre edifici 32. Soluzioni di cancha 33. Soluzioni di cancha
cancha si aprono a Palkay e a quattro semplice, a raddoppio semplice (da Gasparini,
verso l’interno del nel settore principale e a più livelli (da 1980).
recinto, sovente anche di Patallacta (da Angles Gasparini, 1980).
ospitando nicchie al Vargas, 1988).
posto di finestre, come a
Ingapirca.
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omogeneo che la rende ovunque riconoscibile come espressione di terrazzamenti e dislivelli naturali.
inca, e al tempo stesso consente l’adattamento a paesaggi naturali La fibra elementare e costante del tessuto urbano, la cancha, si arti-
estremamente diversificati. La struttura unitaria appare sempre cola assieme a pochi altri elementi costruttivi tipici dell’architettura
come un edificio quadrangolare, in pietra (o pirca) o adobe (mattoni inca: l’ushnu e la kallanka. Concepito quasi come un trono, l’ushnu è
di fango seccati al sole), con un solo ingresso. La costruzione è sor- una piccola piattaforma sopraelevata presente in molti spazi aperti,
montata su due o quattro falde da un’impalcatura lignea che regge il destinata all’inca e utilizzata per presenziare riti, osservare i moti so-
tetto a volte legato attorno a sporgenze cilindriche e composto da lari e assistere alle varie feste e celebrazioni. Si tratta di un simbolo
strati di ichu, erba dell’altipiano, o foglie di mais o banano. L’edificio del potere statale, non realmente emergente sul piano architetto-
può essere costruito anche su tre soli lati o raddoppiare in forma nico, ma di grande effetto rappresentativo e scenografico, partico-
speculare longitudinale e salire a doppia altezza, grazie alla presenza larmente adatto agli usi cerimoniali delle piazze. Presente a Cusco,
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34. Le singole pietre sacro. Qui appare il tema


che emergono del doppio scalonato,
naturalmente vengono simbolo riconosciuto
rimodellate come seggi, dell’impero.
piattaforme, ushnu o
come riproduzioni in
miniatura di un paesaggio
ma anche a Vilcashuamán, così come nelle province più remote, da nea di truppe o quartieri di semi residenza per gruppi di costruttori
Aconquija e Shincal in Argentina a Huánuco nelle Ande settentrio- o visitatori amministrativi, le kallanka si articolano sempre come uno
nali, da Tambo Colorado sulla costa, fino a Rumichuco in Ecuador, spazio collettivo e multifunzionale, coperto, intervallato da pilastri
questa semplice delimitazione sopraelevata dello spazio dedicata sul lato in affaccio. Come quella dell’ushnu, la presenza della kallanka
al sovrano costituisce il fulcro (Hyslop, 1990) delle cerimonie pub- si registra in zone assai remote dell’impero, da Tomebamba (Ecua-
bliche e identifica un uso non solo militare o amministrativo delle dor) a Huánuco e Chinchero (Perù), fino a Potremo de Payogasta
piazze centrali. Sempre attorno alle piazze centrali, a costituire una (Argentina). La sua presenza indica un nesso preciso tra insediamen-
delimitazione esterna di una cancha assai estesa, si possono trovare to e attività amministrative. L’aula a una sola luce può raggiungere di-
le kallanka, aule aperte longitudinalmente come un portico, che si mensioni considerevoli, come i metri 70x25 della pianta di Incallacta,
affacciano sullo spazio aperto. Usate come occupazione tempora- in Bolivia (Lara, 1967).

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35. La ripetizione del


modulo della cancha si
può trovare in regioni
anche assai lontane dal
centro, come nel caso di
Ingapirca, in Ecuador.
L’AMPLIAMENTO DI RETI PREESISTENTI: IL CAPAC
ÑAN E I TAMBO

L’infrastruttura dei percorsi stradali e idraulici si estende da Cusco a


tutto l’impero, con una rete gigantesca che assicura portata d’acqua
e spostamenti di merce quasi ovunque. Per quanto a Cusco non
corrisponda una sorgente d’acqua o un altipiano centrale sul piano
geografico, il disegno del territorio evoca questo principio attraverso
le canalizzazioni e la rete stradale. Conosciuto dagli spagnoli come la
Strada Reale, il Capac Ñan attraversa l’impero per oltre 18000 chilo-
metri tra strade, viadotti e ponti, seguendo principalmente un percor-
so costiero e uno andino (Hyslop, 1984). Integrata a partire dal regno
di Pachacutec con soluzioni stradali, idrauliche e agricole preesistenti,
questo sistema è un’eccezionale maglia di cammini che connette città
anche lontanissime tra loro come Quito e Talca, interponendo luoghi
di sosta a un giorno di viaggio. Il Capac Ñan si sviluppa soprattutto
longitudinalmente, estendendosi a est e ovest con diramazioni e sot-
todiramazioni, e attraversa ogni valle e ogni deserto, adattandosi di
volta in volta ai diversi ecosistemi. La sua percorribilità, fondamentale
per i movimenti amministrativi, militari e d’informazione dell’impero,
viene resa possibile dalla scansione sul territorio di tambo: questi luo-
ghi di sosta variano per dimensione e funzione dalla semplice posta
di chasqui (messaggeri), al deposito di merci, al centro amministrativo,
alla città di fondazione. Guamán Poma de Ayala (1987 [1613-1615])
riporta una gerarchia di tambo: città e residenza reale, cittadina e tam-
bo reale, villaggio e tambo reale, dove la popolazione è stabile; tambo
reale e tambillo, invece, quando ci troviamo dinanzi a strutture senza
residenti fissi e con sole funzioni di sosta e approvvigionamento. Ogni
dieci tambo si trova una città principale, come un capoluogo; e ogni
due o quattro è situata una dimora reale, così che ogni circa venti
chilometri è possibile fermarsi o sostituire merci o messaggeri; e ogni
quaranta o cinquanta chilometri giungere a cittadine o residenze reali.
Da Cusco, per esempio, seguendo i cammini nelle direzioni Collasuyu,
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verso sud, e Cuntisuyu, verso ovest, a circa cinquanta chilometri si in-


contrano rispettivamente le città di Urcos e Limatambo.
I quattro cammini corrispondono in realtà a quattro ecosistemi con-
trapposti, più che a vere e proprie direzioni, anche se la loro origine
risale allo spazio centrale di Cusco. Per cammino si può intendere la
destinazione, la regione e il percorso che le raggiunge, non la strada
che rigidamente connette due luoghi. Non si tratta, infatti, di linee o
direzioni rette, anche se i quattro ecosistemi principali di riferimento,
ande, puna, selva e deserto/costa, si trovano da Cusco rispettivamen-
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36. La rete di percorsi


pianificati e integrati nel
Tahuantinsuyo è stata
stimata attorno ai 18.000
chilometri (Lavalléè
Lumbreras, 1986).
te verso nord, sud, est e ovest. Così, in direzione Antisuyu, Cuntisuyu,
Collasuyu e Chinchaysuyu, si sviluppano le diverse regioni ecologiche,
le comunità e le etnie.
Il Capac Ñan, oltre a configurare i quattro quarti del Tahuantinsuyu,
scandisce le città sul territorio, integrando quelle preesistenti alle
fondazioni. Le llactas (città) diventano centri amministrativi, tambos
e presenze costanti dell’inca in regioni lontane, sia geograficamente
che etnicamente, dal potere centrale. Concepite di volta in volta per
segnare una sosta o raccogliere tributi o alloggiare eserciti o semplice-
mente per fissare un dominio, le fondazioni inca rispondono a diverse
funzioni e si adattano alle esigenze locali al punto da rendere difficile
una loro classificazione. Si distinguono tre categorie di centri urbani,
oltre alle infrastrutture statali come tambos e guarnigioni: la prima
37
comprende le grandi capitali provinciali con origini anche preinca, tra
cui Tomebamba, Cajamarca, Huánuco Viejo, Pumpu, Vilcashuamán; la
seconda considera le fondazioni vere e proprie, come Ollantaytambo,
Balconcillo de Aviyay e Patallacta; alla terza appartengono tutte le altre
città, da Machu Picchu a Pisac.
Anche se molti elementi comuni legano Cusco alle altre città, le fon-
dazioni non si possono definire un ricalco sul modello della capitale.
La forma radiale di Cusco e il suo senso di centralità richiamano la
sede del mito e del potere, senza ammettere una legge d’imitazione.
Le nuove città nei quarti dell’impero devono a Cusco varietà di solu-
zioni, logiche di impianto, quartieri e aree assimilabili, ma mantengono
sempre la natura di sistemi urbani periferici, scanditi sul territorio da
una rete urbana che nasce dal centro e risponde alla residenza inca.
I sistemi di canalizzazione, come la rete viaria, seguono il medesimo
38
esempio.
Sulle Ande l’acqua, raccolta da bacini in altura, viene condotta alle
città con canali di variabile ampiezza ed estensione, diretti ai terraz-
zamenti per l’agricoltura e al resto dei settori urbani. Gli andenes
(terrazzamenti) divengono un complemento volto al massimo utilizzo
dell’acqua e sono generalmente costituiti da tre parti: un muro di
contenimento e due differenti strati di terra di riempimento, nei quali
allo strato di base, composto generalmente da pietre grezze o argilla,
si sovrappone un sufficiente strato di terra fertile. La forma a scaloni
inclinati degli andenes favorisce lo scorrimento delle acque piovane o
canalizzate, e al contempo, correggendo l’angolo di irradiazione del
sole, la perdita di umidità del terreno. Gli andenes sono attraversati
da terrapieni, passaggi scalonati, canali d’ingresso dall’alto e di scarico
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verso il basso delle acque, che vengono raccolte da altri canali o fiumi
a fondovalle.
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37. La prima mappa della 38. La pianificazione 39. La rete regionale della
rete di cammini redatta territoriale prevede prima espansione inca
dall’esploratore Hiram l’alternanza di città, (da Angles Vargas, 1980).
Bingham nel 1908 (da tambo e tambillo e
Bingham, 1922). picocle poste a distanze
percorribili a piedi (da
Agurto, 1980).
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40. La rete idraulica è 41. Nella pagina a


del tutto compenetrata fronte: La modellazione
a quella stradale a del paesaggio integra
Ollantaytambo, Perù. completamente
le costruzioni alle
coltivazioni nella valle
dell’Urubamba, Perù.
UNA RETE INTEGRATA
ATTORNO ALLA
CORDIGLIERA ANDINA
Presentare in forma sintetica le oltre 200 città
di fondazione inca su un’estensione di cammini
e infrastrutture agroidrauliche che disegnano il
territorio dell’impero, dall’Ecuador all’Argenti-
na, coprendo ogni regione, valle ed ecosistema,
e indicando le migliaia di piccoli tambos, chasqui
huasi e poste di rifornimento, è impresa ardita.
Solo da pochi anni l’Istituto Nacional de Cul-
tura del Perù ha avviato il primo censimento
completo di queste tipologie di siti inca e non
si prevede di pubblicare i risultati prima di una
decina d’anni circa.
Per tale motivo, senza pretendere un elenco
esaustivo, si è scelto di presentare una rasse-
gna di fondazioni caratteristiche sul piano re-
gionale, tipologico, urbanistico e culturale, per
fornire un’immagine aggiornata della varietà,
realmente straordinaria, delle soluzioni archi-
tettoniche dell’espansione imperiale inca.
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42-43. Sopra e nella tutto inospitale, è stato


pagina seguente: Dal compreso e utilizzato per
paesaggio desertico insediamenti stabili.
della puna in Cile
alla veduta della
Cordigliera Bianca, ogni
ecosistema, anche del
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L’EREDITÀ HUARI:VIRACOCHAPAMPA E PIQUILLACTA fondazioni inca, divide in due parti la città, segna l’orientamento
dello spazio centrale aperto e dà origine a insiemi edificati intorno
Due casi architettonici preinca permettono di osservare l’esordio a recinti quadrangolari. Gli unici ingressi si trovano sul percorso
della fondazione e alcune caratteristiche logiche, formali e archi- principale e risultano così opposti ai due settori, uno occidentale,
tettoniche delle città dell’impero, qui modificate sfruttando l’archi- di circa nove ettari, con poche costruzioni, e uno orientale, di oltre
tettura preesistente e integrando numerose soluzioni. Si tratta di tredici ettari, dove si trovano l’area centrale, i gruppi residenziali e
Viracochapampa e Piquillacta. i depositi. Le zone periferiche risultano eminentemente destinate
A nord di Huamachuco sorgono le rovine di Viracochapampa (in alle coltivazioni agricole. La particolarità di Viracochapampa, oltre
quechua: piana di Viracocha) (Topic, 2004), fondazione d’epoca all’estrema regolarità d’impianto, risiede nell’aspetto dei percorsi
huari. La città si compone in forma regolare di un recinto qua- interni, quasi corridoi angusti tra muri ciechi che coincidono con le
drangolare di metri 580x565, orientato sulle direzioni cardinali. pareti dei singoli recinti (Lumbreras, 1979).
Databile intorno al 750-800 d.C., questo insediamento presenta Simile all’esempio di Viracochapampa, ancora di matrice huari, è
una composizione di recinti nuova nel mondo andino: la pianifica- la città di Piquillacta (Harth Terré, 1959; McEwan, 2005), ubicata a
zione prevede un rapporto equilibrato tra spazi chiusi e aperti e trenta chilometri a sud-est di Cusco. Grande centro di deposito dei
definisce un percorso cardinale principale, che, come nel caso delle prodotti agricoli della zona, la città, recintata a pianta quadrangolare,

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44. La regolarità
dell’impianto di
Piquillacta mostra
l’origine huari della
pianificazione a griglia.
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45. I percorsi rettilinei di 46. La fondazione huari


Piquillacta, Perù, tengono di Viracochapampa è
conto delle ondulazioni quadripartita e orientata
del terreno, costruendo secondo gli assi cardinali
una griglia flessibile. (da Hardoy, 1968).
si orienta in asse nord-est/sud-ovest con due soli ingressi per una
superficie di circa cinquanta ettari. Diversi settori compongono un
impianto estremamente articolato, costituito da oltre settecento
edifici su una superficie di due chilometri quadrati, in una rete di
strade e di canalizzazioni comprendente anche le fognature. Tra le
diverse aree funzionali, che si sviluppano intorno allo spazio centra-
le, è possibile identificare una zona di raccolta dei prodotti agricoli,
una di essiccazione di derrate alimentari e alcuni silos. Residenziali
e legate al culto sono, invece, le zone immediatamente circostanti
lo spazio centrale. La rete interna di percorsi è, in questo caso, di-
rettamente legata all’organizzazione dello stivaggio, anche se risulta
analoga nella distribuzione delle zone residenziali. Le mura mo-
strano una tecnologia di lavorazione della pietra meno raffinata di
quella degli esempi precedenti, con pietre immerse in una mescola
di calce e non tagliate con precisione. Viracochapampa e Piquillacta,
pur ascrivendo le proprie origini a un’eredità culturale precedente
a quella inca, risultano esempi importanti sia per la logica distribu-
tiva che governa le fondazioni vere e proprie, sia per il carattere
economico e commerciale che dà loro forma. Il sistema di parcelle
regolari osservabile in queste città appare in seguito una costante
degli insediamenti inca, nei quali la tecnologia ereditata da Tihuana-
co, l’organizzazione ortogonale huari e i percorsi orientati di radice
panandina si fondono in un’unica concezione dell’abitare.

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HUÁNUCO VIEJO appartiene, secondo Morris (1970), a una strategia di urbanizzazio-
ne obbligata dai sistemi di scambio e redistribuzione messi in opera
Tra i grandi centri provinciali inca figurano Cajamarca, fondazione dall’economia inca.
di cui oggi restano alcuni frammenti e uno studio di ricostruzione L’immensa rete di scambi sul territorio necessitava infatti di fonda-
di Ravines (1985), e Huánuco Viejo, esempio paradigmatico della zioni in cui l’agilità di spostamento di beni e persone, e non l’effettiva
composizione quadripartita dello spazio. Il cammino principale che stabilità dell’insediamento, permettessero lo sviluppo e l’equilibrio di
raggiunge la città incrocia in diagonale un enorme centro di metri altri centri urbani.
540x370, che compone la fondazione con quattro quartieri. Huá- Indipendentemente dalle sue funzioni, l’architettura di Huánuco
nuco Viejo (Hart Terré, 1964; Thompson, 1969) viene costruita in Viejo risulta comunque impressionante per l’uso dello spazio aperto.
soli settant’anni sulle rive del fiume Huallaga, su un altipiano a 3700 L’area centrale di quasi duecento ettari, attorno alla quale si svilup-
metri d’altezza. Sul lato est dello spazio centrale sorge una incahuasi, pa il sito, è circondata da edifici di un solo piano, rendendo così il
residenza temporanea dell’inca, che si sviluppa per oltre duecento rapporto urbano tra vuoto e pieno del tutto irrilevante. La vera re-
metri di lunghezza. L’effetto è quello di una lunga infilata prospettica lazione ottica, evocativa e simbolica, avviene con gli spazi circostanti:
di aperture. Il suo prolungamento verso il centro corrisponde all’al- la forma delle montagne e i colori di una piana sterminata, ubicata
lineamento dell’ushnu e divide la città nelle due parti hanan e hurin. a 3700 metri d’altezza. In realtà, più che di spazi esterni alla città, si
Nel quartiere a nord è riconoscibile un settore di acllahuasi (casa tratta di un ecosistema che la circonda, la permea, le dà forma e
delle vergini), destinato secondo Morris (1970) alla produzione di costruzione.
tessili. Sul lato sud sorge una serie di depositi, disposti a file regolari A Huánuco Viejo il disegno della città si annulla nell’altipiano al limite
e utilizzati per lo stoccaggio di materie prime. con le montagne, creando sorprendenti allineamenti. Per questo
Il rapido abbandono della città a seguito della conquista, la scarsità di motivo la spianata centrale ha dimensioni che evocano il gigantismo,
tombe, di centri definibili come residenze stabili e di forme di pro- mentre i gruppi dell’edificato rispondono invece a una scala umana.
duzione capaci di garantire l’autosufficienza, rendono credibile l’ipo- Il criterio di annullamento si risolve sempre in rapporto alle forme
tesi che Huánuco Viejo sia stato un centro commerciale e tributario naturali generatrici di senso: sulla puna vengono costruite grandi
dell’impero. A Huánuco Viejo, infatti, la maggior parte dell’edificato aree aperte, mentre nel caso andino di Cusco o Machu Picchu gli
si presta a criteri di alloggiamento temporaneo di truppe o gruppi spazi aperti centrali risultano notevolmente ridotti da orizzonti più
di funzionari, oltre che come deposito di merci. Questa fondazione alti e ristretti.
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47. L’immenso spazio


aperto quadripartito di
Huanuco Viejo (Perù)
appare organizzato come
il recinto della cancha (da
Lavalléè Lumbreras, 1986).
I CASI DI TRATTAMENTO INTEGRALE: PISAC, menti), che si modellano a varie altitudini per un’estensione di molti
PATALLACTA E OLLANTAYTAMBO chilometri. Accanto agli andenes, ai ponti, alle porte e ai tunnel scavati
all’interno della montagna in prossimità del quartiere Tiayiui, accessi
Sulle Ande sorgono moltissime fondazioni del tutto integrate al strategici permettono un completo controllo di ogni spostamento sul
paesaggio, come Pisac, Patallacta e Ollantaytambo, che, insediate in territorio. Manca qui un unico spazio centrale che unisca l’insieme ur-
ambiti geografici assai differenti, restituiscono l’immagine di un sistema bano. Prevale invece la natura montuosa: la città si insedia a vari livelli
paesaggistico unitario. con nuclei interdipendenti, ma autonomi nelle forme e negli aspetti
La città di Pisac occupa per frammenti un’intera montagna nella valle costruttivi. In questo modo ogni settore possiede caratteristiche uni-
sacra del fiume Urubamba, a circa trenta chilometri a est di Cusco. che. Agli acquedotti, ai cammini e alle strade è affidato il compito di
Costruita sfruttando al massimo il pendio e la possibilità di diverse amalgamare le forme originarie della montagna in un unico tessuto
viste sulla fertilissima valle, Pisac connette principalmente cinque aree: connettivo che, di volta in volta, ospita diverse viste, differenti orien-
intihuatana e tianayoc nel settore superiore; k’alla q’asa e p’isaqa con tamenti e varie soluzioni architettoniche. La città risulta così assorbita
vari cammini; canalizzazioni e imponenti sistemi di andenes (terrazza- dal territorio, ma mai frammentata o casuale nei singoli insediamenti.
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48. La canchas nei vari


quartieri di Pisac (Perù) si
adattano alla morfologia
del terrazzamento (da
Angles Vargas, 1988).
Il quartiere meglio conservato, intihuatana (in quechua: luogo dove e levigato, fino a rendere le superfici perfettamente lisce e decorate
si lega il sole), prende il nome da un complesso di monoliti in pietra, solo dalle linee d’incastro tra pietra e pietra. Circonda il quartiere una
scolpiti in modo da proiettare le ombre dei raggi solari che colpiscono piattaforma quadrangolare più alta dell’edificato, che ospita quelli che
le pietre a diverse ore del giorno e in diverse stagioni. Osservando la verosimilmente furono osservatori orientati a ovest. In questa zona
traiettoria delle ombre, si poteva calcolare lo scandire del tempo. Si esisteva anche un recinto che circondava l’intero settore, di cui oggi
raggiunge l’area attraversando un gruppo di andenes canalizzati da un restano solo alcune tracce. A circa 200 metri a sud-est dal settore in-
torrente a cascata e superando una serie di edifici a torre, veri e pro- tihuatana, ma a minore altitudine, sorge l’area residenziale P’isaqa, voce
pri osservatori sulla vallata e stazioni di controllo associate a canali. In arcaica di Pisac, che designa un uccello d’altura. P’isaqa viene costruito
prossimità sorge una schiera di sei qollcas (depositi) in pietra e adobe, abbassando il livello originale del suolo, per modulare un pianoro
difesi dagli osservatori e orientati verso un cammino a gradoni che semicircolare come indica la curva del monte in quell’area. I ventitré
porta all’ingresso dell’intihuatana. Attorno al tempio dell’intihuatana edifici che compongono il settore residenziale rispondono a una logi-
si trova, oltre a un altare in pietra vulcanica orientato verso ovest, ca interna distributiva, che mescola la regolarità degli insiemi recintati
scolpito e levigato a più livelli, una serie di edifici in porfido intagliato con la curva dello spazio disponibile. L’effetto raggiunto possiede allo

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49. Campi con


terrazzamenti, andenes,
presso Pisac.
stesso tempo rigore ed elasticità, e si connette senza soluzione di con- tipologie e destinazioni: la volumetria curva dei terrazzamenti si
tinuità a una serie di andenes sottostanti, che riproducono la curvatura proietta con la stessa curvatura nella strada che separa i due gruppi
della montagna e giungono a fondovalle. Ciascuna terrazza presenta abitativi di P’isaqa, a loro volta orientati verso il paesaggio modulato
acquedotti centrali quasi verticali e acquedotti secondari. secondo un andamento circolare. La tecnologia dell’intaglio della pie-
L’omogeneità architettonica viene assicurata da una medesima logica tra dei singoli edifici è uniforme, meno levigata e ordinata degli esempi
che governa, non solo diverse scale dimensionali, ma anche diverse del quartiere intihuatana, ma assai precisa negli incastri.

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50. La quadripartizione 51. La cancha del settore


principale di una cancha intihuatana di Pisac si
del settore intihuatana di compone attrono a un
Pisac, Perù. tempio che incapsula con
una struttura circolare
una pietra emergente,
come a Machu Picchu.
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52. Delimitato dalle quadripartizione


ultime terrazze, il settore incorporata con la
sommitale a Pisac si montagna.
compone a ridosso di
un rilevo principale,
come a Machu Picchu,
creando una chiara
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Patallacta (in quechua: città in un luogo) sorge con un’estensione di Costruita sulla porzione occidentale di tre frange rocciose solcate da
circa tre chilometri quadrati sul monte Pulpituyuy, nell’ansa del fiume due cammini principali, Patallacta nasce come residenza della nobiltà
Cusichaca. La città appartiene all’area archeologica di Machu Picchu, locale, o come centro amministrativo circondato da piccoli insedia-
ma si distingue come insediamento urbano autonomo. menti satelliti (Kendall, 1974), su un’area di circa 330x80 metri. Nella
La configurazione del territorio, contiguo alla valle dell’Urubamba, zona si osservano oltre centododici edifici regolati da un orientamen-
risulta propizia all’agricoltura e al controllo dell’area, con fondazioni to principale e distribuiti attorno a un cammino centrale. A nord dello
modellate in altura dalle forme della montagna, come nel caso di Pisac. spazio aperto centrale (ampio circa 820 metri quadri) si dispone una

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53. La tecnologia a filare 54. Nella pagina a fronte:


con i pioli di sostegno L’affaccio inferiore di
per i tetti del settore terrazzamenti nella
Intihuatana di Pisac, Perù. vallata dell’Urubamba a
Pisac.
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doppia soluzione di recinti molto regolari con al centro due edifici a Sulla frangia orientale del monte Pulpituyuy, quasi sulla riva dell’ansa
doppia altezza e due soli ingressi. I due recinti vengono divisi da un del fiume, si trova il santuario o tempio di Pulpituchayoc: un edificio
cammino in asse nord-est/sud-ovest, parallelo a un lato dello spazio circolare che raggruppa due recinti in asse con un cammino che, dalla
centrale e perpendicolare a un cammino che corrisponde al lato città, attraversa una serie radiale di terrazzamenti. Un altro cammino
orientale dei recinti. perpendicolare a quello principale conduce a un gruppo di bagni e
Gli edifici a doppia altezza sono sorretti da una parete centrale fontane modellate in pietra levigata.
senza aperture, che divide in due parti simmetriche sia l’abitazio- Il nucleo di Patallacta risulta così residenziale, ma l’intero insieme com-
ne con tre ingressi su ciascuna facciata, che il recinto di quattro prende andenes, due aree sacre o rituali, e cammini di collegamento
edifici a un piano e quattro piccoli recinti articolati attorno a uno che raggiungono il fiume. Si trovano qui applicati tutti i principi della
spazio aperto. L’affaccio a est dei due recinti comprende sedici fondazione andina: la separazione tra hanan e hurin, il cammino princi-
ampie finestre, mentre gli altri tre (quelli verso lo spazio centrale), pale, lo spazio centrale, l’orientamento, la quadripartizione, la cancha.
il resto dell’edificato e l’esterno sono ciechi, come se il recinto av- Ogni forma ha una sua riconoscibilità e al contempo si inserisce nella
volgesse l’architettura interna. Questa soluzione di cancha si trova natura: l’architettura si modula qui sulla doppia legge del pendio curvo
in moltissimi esempi di fondazioni inca. La sua regolarità quindi della montagna e dell’ansa circolare del fiume.
dipende da un principio costruttore e non da modelli teorici e La città di Ollantaytambo sorge su un’area di circa tre chilometri
tipologie, e diventa la base, l’unità cellulare che compone le città. quadrati, a una distanza di circa settanta chilometri in direzione nord-
Tutti i recinti, o canchas, del bordo orientale di Patallacta presentano ovest da Cusco, nella fertile valle dell’Urubamba.
finestre in affaccio sulla vallata, mentre risultano quasi ciechi sul ver- Il sito fu visitato dal celebre scopritore di Machu Picchu, l’esplorato-
sante opposto, sottolineando così l’orientamento della città soprae- re statunitense Hiram Bingham e studiato, in seguito, da vari autori
levata (settore hanan, o alto, come a Cusco) a ovest del cammino (Gasparini, 1980; Kendall, 1984; Hyslop, 1990, Protzen, 1993; Gavazzi,
principale. Sia le due canchas simmetriche, verosimilmente destinate 1996). Rispetto al Cammino reale, Ollantaytambo si trova tra Machu
a residenza dell’élite, che le altre, sono costruite in pirca, pietre mo- Picchu e Pisac. Nel cammino tra Machu Picchu e Vitcos, Ollantaytam-
deratamente scolpite, legate da malta e ben lavorate sui giunti per bo diventa una sosta obbligata.
assicurare stabilità alla struttura. La sua posizione di dominio della valle e il clima favorevole della
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55. Patallacta nella Valle 56. La proiezione


Sacra (da Angles Vargas, dei terrazzamenti di
1988). Patallacta si configura
secondo il corso
dell’acqua.
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57. Veduta di
Ollantaytambo
all’incrocio tra la vallata
di Patacancha e di
Urubamba, Perù.
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58-59. Sopra e nella pagina


a fronte: I terrazzamenti
canalizzati nella zona
bassa di Ollantaytambo si
inerpicano aumentando
volumetria per collegare
la zona sacra sommitale.
zona ne fecero una fondazione di fondamentale importanza durante ficato attuale e soprattutto sull’uso andino tradizionale di uno spazio
l’incanato. inca. Anche se, naturalmente, la funzione e le destinazioni d’uso degli
La città sorge su un pianoro artificiale tra i 2750 e i 2790 metri, all’in- edifici sono radicalmente mutate, è possibile osservare a Ollantaytam-
contro tra due fiumi che solcano due valli alluvionali: una maggiore, bo una città inca animata come Cusco, dove però esiste un’invasiva
dell’Urubamba, in direzione est-ovest; e una minore, del Patacancha, in sovrapposizione dell’architettura coloniale.
direzione nord-sud. Il luogo d’incontro tra il fiume Vilcamayu e il suo I principali rilievi osservabili da Ollantaytambo (i monti Pinculluna,
affluente Patacancha, canalizzato dagli Inca, permette la deviazione Amarullu, Yanacaca e Wakaiwilki) vengono oggi identificati dalle co-
artificiale di quest’ultimo verso sud per ricavare un’area drenata da munità residenti come apu, progenitori ancestrali tramutati in roccia
coltivare. (si veda capitolo 2). Il monte Bandolista, che sovrasta i terrazzamenti
Oggi la zona che circonda l’antico sito di Ollantaytambo è ancora abi- sui quali sorge la città, ospita un bacino artificiale per la raccolta delle
tata: questo ha permesso un’analisi anche basata su fonti etnografiche, acque, la Yanacocha (laguna nera), che alimenta i canali della zona sacra
in grado di fornire informazioni sulla morfologia del sito, sul suo signi- della città.

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60. Un tempio orientato


verso la valle del fiume
Patacancha integra
fontane esterne e interne
a Ollantaytambo.
Sul versante sud, opposto al Bandolista, sorge sul Kachiq’ata la Yana- hurin, o Qosco, si orienta a nord/nord-ovest, ed è costituita da un grup-
caca (cava nera), gruppo di porfido che ha fornito le pietre per la po regolare di ventiquattro canchas, diciannove visibili e altre cinque
costruzione della città. Al suo fianco sorge Huacay Willki (il pianto rilevabili, fiancheggiate a ovest da una fila di andenes rivolti al fiume.
del ghiacciaio), da cui scende l’acqua verso una parte della città. Il Gli ingressi alle canchas si trovano solo sui quattro percorsi principali;
monte Pinculluna, opposto al Bandolista nella valle del Patacancha, ha lungo tre dei quattro percorsi verso sud corrono canali che giungono
come etimo P’inkullu (animale sonoro), e allude a un percorso rituale ai campi e compiono la doppia funzione di canali d’irrigazione per le
in ascesa verso la montagna, accompagnato al suono di strumenti coltivazioni e canali di fornitura idrica per l’abitato. Tangente al grup-
musicali. po corre un cammino che attraversa il fiume e porta alla zona hurin
La città appare organizzata con la logica dell’hanan e hurin, e divisa, verso est e al cammino detto delle Cento Nicchie verso ovest, fino a
come abbiamo osservato in altri esempi, in quattro settori. Una com- giungere all’ingresso unico alla città.
plessa rete di orientamenti e allineamenti governa l’impianto unitario, Sul monte Pinculluna si trova invece un gruppo isolato di costruzioni
che si sviluppa sulla piana artificiale della valle ben soleggiata. La zona orientate a ovest, che dominano la valle, la città e un versante del

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61. L’edificio e la fonte


interna a Ollantaytambo
si orientano esattamente
nella direzione della
vallata e del fiume
Patacancha.
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62. Un edificio a 10
nicchie si affaccia nel
percorso sommitale di
terrazze a Ollantaytambo,
Perù.
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fiume Vilcamayu. La zona hanan, o Arak’ama,
integra la geografia del monte Bandolista
con una serie di edifici, terrazze, cammini
a gradoni, canali e fonti. Sulla parte più alta
della zona hanan appare una superficie
pianeggiante (verosimilmente quadripartito
in origine) solcata da un canale. Più a nord
sorge un quartiere che ospita vani, fontane
liturgiche e canali. Nei quartieri di hanan
Ollantaytambo si ha l’impressione del non
finito: pietre in porfido non rifinite appaiono
abbandonate a fianco di porzioni di muraglie,
edifici e percorsi. La caratteristica urbanistica
più interessante della città è la combinazione
di una zona residenziale con una cerimoniale,
attraverso una serie di terrazzamenti a gra-
doni che uniscono in un progetto unitario un
paesaggio a diverse altezze.

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63. Nella pagina a 64. La zona hanan e hurin 65. L’area di canchas nel
fronte: La pianificazione di Ollantaytambo sono rilievo di Protzen (1993).
stradale e idraulica a separate dal fiume
Ollantaytambo forma con Patacancha (da
il fronte di canchas una Gasparini, 1980).
maglia compatta.
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66. Nella pagina a fronte: 67. Anche nella


La principale delle realizzazione di fonti,
fontane di Ollantaytambo come per gli edifici, è
con l’emblema inca del possible incapsulare
doppio scalonato. monoliti preesistenti.
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68. La muraglia di
porfido di Ollantaytambo
(Perù) che riproduce lo
skyline ascendente della
montagna.
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IL PAESAGGIO PLASMATO: INTIPATA, MORAY E TIPÓN

Tra i casi di pianificazione del paesaggio con andenes il più esemplare


è forse Intipata (in quechua: luogo dove si posa il sole), nella zona del-
l’odierno parco archeologico di Machu Picchu (Angles Vargas, 1988).
In quest’area scoscesa, solo cammini, terrazze e canali costruiscono un
sistema di percorsi coerenti e unitari. Le costruzioni risultano qui inse-
rite nel movimento del territorio e si allineano sull’ordine di andenes o
di lunghe scalinate.
Un altro esempio interessante è Moray, nel distretto di Maras: si tratta di
un insieme di andenes circolari, ubicati a 3400 metri di altezza, che occu-
pano una superficie di circa trentasei ettari. Quattro gruppi di terrazze,
diverse per scala, ma identiche formalmente, compongono anelli con-
centrici dal basso verso l’alto, apparendo come scavate in negativo. Sulla
base inferiore del sistema di terrazze esistono dei sistemi di drenaggio
dell’acqua pluviale, ottenuti sovrapponendo strati permeabili di terreno
in grado di assorbire l’eccesso d’acqua. La profondità di ogni anden può
variare dai due ai sette metri e le superfici aumentano negli anelli supe-
riori. Un acquedotto da sud porta acqua al complesso di anelli più vasto,
attraversando radialmente gli anelli verso il centro.
Creduti anfiteatri da alcuni viaggiatori europei dell’Ottocento, i terraz-
zamenti di Moray accoglievano probabilmente colture sperimentali. In
questa fertile e sacra piana, ancora oggi si coltivano patate, grano, orzo,
fave e mais d’altura.
Il complesso di terrazzamenti di Tipón, invece, nasce come porzione
di un’area a sfruttamento agricolo più ampia, associata alla residenza
del padre dell’inca Virachocha (Angles Vargas, 1988). L’ampio sistema
di terrazzamenti fu progettato in forma integrata a un sistema idraulico
che comprende canali di alimentazione, cisterne e varie fontane. La
cura estrema con cui si costruirono queste terrazze, in pietre tagliate
in forma poligonale o a filari, ha fatto ipotizzare che non si trattasse di
normali terrazzamenti agricoli, ma andenes dove si producevano beni
alimentari destinati all’inca e alla sua famiglia. Qui, lo scorrere delle acque
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attraverso i terrazzamenti che degradano verso il basso provoca un


gradevole effetto sonoro.

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69. Il paesaggio di
andenes circolari a
Moray.
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I SEGNALI REGIONALI: RAQCHI E INGAPIRCA

Il tempio di Viracocha a Raqchi, nel distretto di Cacha, è un complesso


recintato costruito in pietra e adobe, mattoni di argilla cruda. L’area co-
struita si estende per circa ottanta ettari su una porzione di altipiano
a circa 3500 metri d’altezza. Il complesso architettonico si compone di
tre insiemi regolari e contigui: a sud appaiono i resti di oltre quaranta
edifici circolari disposti su varie file; al centro del complesso sorge una
serie di sei canchas (composte da due edifici su tre lati di ogni spazio
centrale); e, sull’estremo orientale del complesso di canchas, il tempio
di Viracocha.
Il tempio di Viracocha fu saccheggiato dagli invasori spagnoli subito
dopo la conquista. In seguito venne distrutto dagli inquisitori iberici,
perché la popolazione non rendesse più culto a questa divinità.
I resti dell’enorme struttura, 90x25x12 metri, mostrano un lungo muro
attraversato da dieci aperture e affiancato da due file di undici piloni ova-
li, unici nel loro genere e sconosciuti in altri edifici o sistemi urbani inca.
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70. La serie di canchas a 71. Il tempio principale di


Raqchi (Perù) nel rilievo Raqchi si estende per 92
di Gasparini (1980). metri su un’altezza di 23,
configurando un’immesa
struttura unitaria.
L’intera costruzione, lunga 92 metri, era alta circa 23 metri. La pare- urbanistico si rivela Ingapirca, nella provincia ecuadoriana di Cañar, nelle
te esterna aveva due ingressi orientati a sud-ovest, allineati ai piloni Ande settentrionali.
descritti precedentemente. La parte superiore della costruzione era La fondazione, un avamposto nell’estrema frontiera nord dell’impero,
probabilmente non in pietra, ma in adobe. Il cronista Garcilaso de la accorpa un insediamento precedente di cultura Cañari, adattando le
Vega descrive l’edificio, riferendosi in particolar modo al suo percorso strutture inca, come la cancha, a quelle preesistenti. Nella composizione
interno: “…entrando per la porta del tempio si prendeva a mano destra dell’insieme si possono distinguere diversi sistemi architettonici. Il primo,
lungo il primo corridoio fino a giungere al muro destro del tempio; quindi conosciuto come Castillo, ripropone la forma dell’architettura tradizio-
si girava a sinistra, imboccando (…) un corridoio via l’altro fino all’ultimo nale Cañari ed è costruito a pianta ovaloide attorno a un affioramento
che era il dodicesimo, dove si trovava una scala che dava accesso al piano di roccia naturale, considerato sacro dalle popolazioni locali. Di fronte
superiore” (1969 [1609]: 5,XXII). Si tratta probabilmente di un percorso al Castillo si trova una cancha multipla, chiamata Pilaloma. Questi due
rituale da compiere all’interno del tempio. L’esistenza di un percorso complessi si trovano alle estremità di una serie di depositi, terrazzamen-
obbligato fornisce una spiegazione alla composizione e agli allineamenti ti e canalizzazioni tipici delle città amministrative inca.
tra le dieci porte del muro, le due file di undici piloni e i due ingressi. Le Qui l’estetica architettonica inca emerge anche in un contesto assai
dimensioni gigantesche dello spazio interno del tempio vengono ridotte remoto dal centro dell’impero senza mai perdere identità, anzi, al con-
dall’orientamento dei piloni, formando una serie di percorsi obbligatori, trario, rafforzandone gli elementi quanto più riesce a riprodurre una
riportando a scala umana l’enorme area. medesima soluzione, incorporando e mantenendo vive, nello stesso
Emblematica per posizione, uso della tecnologia costruttiva e modello tempo, le forme preesistenti.

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72. L’insediamento 73-74. Nelle pagine


centrale di Ingapirca, seguenti: La
Ecuador, riconoscibile demarcazione dello
per una rara struttura stipite, espressione
ovaloide. tipicamente inca, si
combina con strutture
di forma preesistente a
Ingapirca.
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L A G R A N D E S TO R I A D E L L’ A RT E
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GLI INSEDIAMENTI MILITARI: INCALLACTA E
INCAHUASI

Incahuasi (la casa dell’Inca) sorge nella valle del fiume Cañete sulla costa
meridionale del Perù (Gonzalez e Cavotto, 1977). Qui, le guerre contro
le etnie locali (vedi capitolo 1), spinsero Topa Inca Yupanqui a costruire
un insediamento temporaneo per le sue truppe, che si trasformò in se-
guito in una struttura stabile, un osservatorio militare sulla zona. Incahuasi
nasce così progressivamente, e non in seguito a un’occupazione unitaria
e definitiva della regione. Si compone quindi di zone costruite in diverse
tappe e aggregate progressivamente al complesso principale.
Si possono definire quattro o cinque settori: la residenza dell’inca a sud-
ovest; un colcahuasi, area di deposito e stivaggio dei prodotti a sud-est; i
quartieri degli abitanti a nord-est; un osservatorio militare sul promonto-
rio a nord-ovest dell’insediamento; e un probabile gruppo cerimoniale al
centro della città, che accoglieva una casa delle vergini (acllahuasi). Sia la
residenza dell’inca, che la zona dei depositi, pur nella diversità delle loro

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75-76. Il rilievo di 77. La tecnologia locale


Incahuasi (Perù) mostra a Incahuasi si adatta
un insediamento militare alla nuova soluzione
trasformato in architettonica.
pianificazione stabile (da
Hyslop, 1990).
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destinazioni d’uso, si strutturano in maniera simile: un percorso rettilineo
forma due sezioni costruite in forma speculare. Nella residenza dell’inca,
costruita su un’estesa piattaforma, l’itinerario unisce due aree aperte e
due possibili gerarchie o destinazioni abitative, mentre nella colcahuasi
di circa 3500 metri quadrati recintati in pietra e adobe, il cammino si
snoda accanto a quaranta camere di pianta regolare, circondate da oltre
duecento silos.
Un esempio architettonico simile è Incallacta (città dell’inca), edificata da
Topa Inca nel dipartimento di Cochabamba, a sud-est di La Paz (Hyslop,
1985). Questa città raggruppa una serie composita di edifici destinati a
guarnigioni, unità di controllo amministrativo, alloggi e una considerevole
quantità di depositi; simili strutture, costruite per stivare i beni prodotti
nella ricca provincia del Qollasuyu, quarto meridionale dell’impero, sono
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79. Veduta dell’ampia


kallanka di Incallacta,
Perù.
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presenti in tutta la regione in oltre cento diversi insediamenti. Tra i un ushnu, che segna l’orientamento dei gruppi edificati nel settore nord-
principali edifici dell’insediamento spicca un’enorme kallanka in pietra est. La parete retrostante, più alta, ospita quarantaquattro nicchie semi
semilavorata, che domina la vallata: si tratta di un’aula di metri 26x78, il cui trapezoidali. Dalla cima della parete rivolta a sud-est, con quattro grandi
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fronte principale apre dodici strette aperture intercalate da tredici fine- finestre sopra dieci nicchie, tracce di adobe segnalano che la massa litica
stre. Sull’asse trasversale appaiono i resti di una piattaforma, assimilabile a non superava in altezza i dieci metri.
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78 e 80. L’insediamento
militare e l’ampia
kallanka di Incallacta nel
rilievo di Gasparini (1980).
LA COSTA: TAMBO COLORADO in adobe, come l’intero insediamento, queste strutture abitative si arti-
colano in una serie di spazi aperti centrali, circondati da stanze di varia
Sulla costa, nella valle di Pisco, sorge il centro di Tambo Colorado, centro ampiezza con muri a nicchie trapezoidali. Le nicchie mostrano segni di
amministrativo e residenziale inca tra i più interessanti della costa meri- intonacatura colorata in rosso, giallo e bianco, e disegnata a motivi seriali.
dionale (Engel, 1957; Ristevski, Protzen Addison 2002). La presenza di nicchie e finestre di uguale proporzione in tutta la città
Lo spazio centrale della città, a forma trapezoidale, è tangente al cammi- è un retaggio dello stile costruttivo della costa sin da epoche preinca:
no principale che, come già osservato in altri esempi, divide in due set- edifici in adobe di questo genere si osservano già in epoca tardo moche
tori la città. Un ushnu, altare o trono cerimoniale, si trova sul lato ovest e huari. Ancora un volta, la pianificazione generale del sito, tipicamente
dello spazio centrale. A nord dello spazio centrale sorge il complesso inca, mostra l’adattamento dell’impianto urbano all’uso di una tecnolo-
più articolato, verosimilmente destinato a residenze dell’elite. L’area di gia costruttiva, quella dell’adobe, più adatta al clima secco della costa.
residenze occupa una superficie di circa 2500 metri quadri. Costruite La particolare forma trapezoidale della piazza centrale di Tambo Colo-

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81. Veduta delle mura in


adobe del complesso di
Tambo Colorado, Perù.
rado ha destato l’interesse di diversi ricercatori. Alcuni studiosi hanno vi- rado risulta particolarmente significativo sul piano astronomico, perché
sto in questa disposizione insolita una particolare forma di allineamento qui la costa e il paesaggio circostante, privo di grandi barriere, mostrano
con i moti celesti. Urton e Aveni (1983) hanno osservato che a Tambo un orizzonte basso e si prestano, come a Huanuco Viejo, all’interpreta-
Colorado, come a Incahuasi, uno dei lati della piazza risulta allineato al zione astronomica. È possibile che il disegno della città, impiantata in un
punto del tramonto durante il solstizio. La possibilità di individuare par- luogo lontano da riferimenti geografici precisi come le montagne della
ticolari allineamenti con i moti celesti, relazionabili a eventi significativi Cordigliera andina, abbia privilegiato l’orientamento secondo alcune
del calendario inca, è certo un’ipotesi suggestiva: molto probabilmente coordinate celesti. La forma trapezoidale della piazza centrale risponde
la disposizione est-ovest della maggior parte delle fondazioni si riferisce però anche a una soluzione quadripartita: l’impressione di una forma
alla possibilità di osservare un moto celeste.Tuttavia, la quantità di esem- imperfetta dipende dallo sguardo occidentale, che osserva la pianifica-
pi poco conosciuti o mai rilevati, tra le centinaia di fondazioni esistenti, zione cercando di applicare una geometria che sulle Ande segue regole
non consente di trarre ancora conclusioni certe. Il caso di Tambo Colo- differenti.

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82. Il quartiere
settentrionale a Tambo
Colorado si configura
come un sistema di
recinti autonomo.
LA TECNOLOGIA MERIDIONALE: PILCO KAYMA E
KOATI

Nell’area del lago Titicaca si trovano due esempi di architettura inca


che mostrano la forte influenza dell’eredità Tihuanaco e testimoniano
il forte apporto non solo tecnico, ma anche formale, di questa cultura
all’architettura inca (Mesa e Gisbert, 1972). Sull’isola del Sole e della
Luna sorgono rispettivamente Pilco Kayma e un palazzo definito come
un acllahuasi dai viaggiatori europei dell’Ottocento, fra i quali Squier, che
lasciò una serie di illustrazioni di molti siti inca in Perù e Bolivia. Pilco Kay-
ma si erge su una spianata: i resti visibili oggi sono quelli di una struttura
a due piani in pietra con sei ingressi, tredici spazi interni regolari, volte a
mensola, nicchie e otto porte interne che formano una rete complessa
di percorsi.Tale struttura a due piani con le sue volte a mensola è frutto
di una tradizione differente, acquisita solo in parte dall’architettura inca.
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83. Rilievo di Pilco Kayma 84. Struttura superiore 85. La litica massiccia
(Bolivia) del viaggiatore della Isola del Sole in dell’architettura
ottocentesco Squier affaccio sul lago Titicaca. meridionale ha origine
(1877). tihuanacoide.
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183
Altri elementi, di origine più antica, si combinano nella composizione; si
utilizzano, ad esempio, massi naturali, che vengono incorporati nella co-
struzione in pietra tagliata. Certamente di antica tradizione andina è la
disposizione orientata verso una divinità principale, che in questo caso
non è il lago Titicaca, mito di origine dell’etnia inca, ma una montagna
innevata sul fronte opposto della superficie lacustre, chiamata Llampu.
Anche Coati, sull’isola della Luna, nasce come tempio inca costruito
per celebrare un luogo naturale sacro da lungo tempo. Il complesso
costruttivo principale si compone di uno spazio centrale rivolto a nord
e verso il lago. Le aperture e le nicchie disposte su quattro livelli di pro-
fondità si affacciano sullo spazio centrale e scandiscono una fila di spazi
interni sui tre lati in parte comunicanti. Sia a Pilco Kayma, che a Coati,
l’articolazione labirintica, eppure rigorosa e regolare, degli spazi raggiun-
ge una raffinatezza insolita e dimostra la matrice comune di un’estetica,
alle origini, differente.

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86. Rilievo di Pilco Kayma 87. Il rilievo di Koati 88. Nella pagina a fronte:
(Bolivia) del viaggiatore mostra una decorazione Dettagli delle aperture del
ottocentesco Squier. scalonata multipla nelle tempio del Sole a Pilco
nicchie e aperture (da Kayma.
Gasparini, 1980).
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L’ARCHITETTURA VERTICALE: CHACHABAMBA,
CHOQUESUYSUY, SAYACMARCA, WIÑAYWAYNA,
PHUYUPATAMARCA

La serie seguente di centri, tutti territorialmente collegati, fornisce


l’esempio della straordinaria capacità inca di progettare il paesaggio
anche in zone di elevata pendenza, pur mantenendo tutte le funzioni
delle llactas tradizionali e sviluppando un sistema efficientissimo di
percorsi.
Per quanto ciascuna di queste piccole fondazioni abbia un’identità
propria ed esista in forma indipendente, la sua presenza va osser-
vata nel paesaggio come un’isola di un arcipelago territoriale, che si
estende nell’odierno parco di Machu Picchu, formando un quadro
completo ed equilibrato.
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Chachabamba, a otto chilometri a est di Machu Picchu, è un nucleo
urbano costituito principalmente da architettura cerimoniale, ma
riveste anche una fondamentale importanza strategica nella valle
come stazione di osservatorio in comunicazione diretta con Inti-
pata. Assimilabile nella composizione a una cancha orientata in asse
nord-sud, Chachabamba mostra un edificio centrale, possibilmente a
doppia altezza, con quattro aperture nel muro maestro, porte verso
nord e finestre verso sud a causa del forte dislivello del terreno. Il
recinto a nord appare anche come un ampio spazio aperto principa-
le e oppone all’edificio centrale una roccia scolpita e levigata, forse
utilizzata per il culto astronomico.
Gli edifici che lo circondano, simmetrici, si aprono a corte verso
l’interno e chiudono lo spazio con una parete di quattro porte e
quattro nicchie su ciascun lato. Il recinto a sud è chiuso da due
edifici a nicchie collegati da una terrazza angolare. A est e a ovest
90
dell’insieme, al limite di due terrazze doppie, furono costruiti gruppi
simmetrici di fontane a indicare la forte connessione dell’insedia-
mento con i culti dell’acqua.
La regolarità, la simmetria, la dualità e la quadripartizione diventano
L A G R A N D E S TO R I A D E L L’ A RT E

qui legge compositiva con un’insistenza sorprendente. La posizione


di Chachabamba sul territorio, l’orientamento e la precisa miscela
tra perfezione d’intaglio delle pietre per le fonti e pirca per gli edifici,
rappresentano una forte espressione della maturità delle soluzioni
costruttive inca.
La città di Choquesuysuy (in quechua: luogo dove si cava oro), sorge
su una scarpata che domina la riva di ponente del fiume Urubamba,
a pochi chilometri da Chachabamba, ed è attraversata dall’affluente
che le dà il nome. È possibile distinguere a est e a ovest del fiume
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89. La mono cancha con 90. Il sistema 91. Il centro sommitale di


fonti di Chachabamba (da multiscalonato di Sayacmarca (da Angles
Angles Vargas, 1988). Choquesuysuy (da Angles Vargas, 1988).
Vargas, 1988).
due settori, hurin e hanan, orientati a nord e complementari, segnati rotti da un gruppo di canchas distribuite su due livelli.
ciascuno da un cammino di collegamento principale in direzione Nel caso di Choquesuysuy l’integrazione al pendio rappresenta la
di Wiñaywayna e Machu Picchu. Nel settore est – un complesso scelta privilegiata per produrre il consueto effetto di annullamento
terrazzato a più livelli – si trova una schiera di cinque edifici, che nel paesaggio. Approfittando della verticalità del terreno per pro-
corrispondono ad altrettanti livelli di andenes. Il suo corrispettivo durre viste privilegiate sul territorio circostante, gli Inca crearono in
nella zona hanan, a ovest, mostra un’analoga soluzione confacente questo sito ben diciotto livelli differenti di terrazze.
al dislivello: terrazze con scalinate. Due gruppi di andenes scendono Seguendo il cammino inca in direzione di Machu Picchu, si raggiun-
verso nord e nord-est. Nel settore hanan gli andenes vengono inter- gono rispettivamente Sayacmarca, Phuyupamarca e Wiñaywyna. Il

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92. La sommità di
Sayacmarca avvolge con
un muro curvo, come a
Pisac e Machu Picchu,
una pietra affiorante .
versante andino in questa regione si avvicina
al confine con la selva amazzonica e perde
quota. Le montagne si ricoprono di vege-
tazione in un clima sempre più umido, ma
con variazioni di temperatura ancora assai
elevate.
Le città, interamente edificate in pietra, ten-
dono quindi a perdere gli ampi spazi aperti,
a favore di piattaforme e nuclei recintati,
sovrapposti e distribuiti su molti livelli; i si-
stemi di scalinate diventano un elemento
dominante nell’intreccio di piani.
Un solo ingresso a 3600 metri di quota per-
mette l’accesso a Sayacmarca (in quechua:
paese erto), costruita in forma compressa
in altezza.
Nell’insediamento si alternano cammini
angusti, canchas su livelli differenti, fonti litur-
giche, corti e canalizzazioni, fino al vertice
stesso della montagna.
L’architettura si appropria qui di tutto lo
spazio disponibile per elevare al massimo la
visione dell’orizzonte.
Un simile impianto si trova anche a Phuyupa-
tamarca (in quechua: luogo oltre le nuvole),
centro cerimoniale legato al culto dell’acqua
e plasmato sulla forma di un intero colle.
Andenes retti e semicircolari progrediscono
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93-94. Phuyupatamarca,
Perù: il restringimento
curvilineo delle terrazzo
corrisponde a quello
dell’orizzonte.
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189
verso l’alto affiancati da cammini e scalinate,
fino a raggiungere una serie di piattaforme
orientate a raggiera su uno spazio aperto
centrale, segnato da un portale. L’ingresso
è rivolto su serie di sei fonti allineate, che
compongono il settore a est delle piattafor-
me. Il complesso di Wiñaywayna (in quechua:
sempre giovane) sorge a cinquecento metri
sopra il fiume Urubamba.
L’area urbana si compone di circa venti
canchas arroccate sul pendio, a diversi livelli,
intorno a una corte centrale. Sul fianco est
del complesso sorge una piattaforma che
ospita un monolite di granito in aggetto sul
pendio. A ovest, si trova invece un settore
cerimoniale dominato da un torrione se-
micircolare che racchiude un tempio e un
gruppo di fonti. Questa zona si connette
all’area urbana attraverso un cammino a
gradoni, allineato a una serie di altre dieci
fonti liturgiche.
La zona di terrazzamenti collegati alla città
è attraversata da un cammino lastricato,
facente parte probabilmente di una serie
di percorsi rituali che era possibile svolgere
attraverso i diversi settori dell’insediamento.
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190

95-96. Wiñaywayna,
Perù: il collegamento
tra terrazzamenti è
assicurato sia da un
sistema di scalinate che
da un sistema di fonti.
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192
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98
193

97. Nella pagina a 98. Runturacay,


fronte: Wiñaywayna, Perù: anche piccoli
l’architettura verticale e il insediamenti fanno parte
trattamento del paesaggio della rete paesaggistica.
connette vari centri in una
medesima vallata.
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99. Il progetto Cusichaca


di Ann Kendall mira a
ripristinare le coltivazioni
e l’agronomia tradizionale
nella Valle Sacra.
INCA

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383
Testi: Carolina Orsini, Marina Bucchi, Adine Gavazzi

Carolina Orsini in particolare ha redatto i capitoli 1, 2, 4, 7 e l’approfondimento del capitolo 3


Marina Bucchi in particolare ha redatto i capitolo 5 e 6
Adine Gavazzi in particolare ha redatto il capitolo 3

Redazione: Francesca Bianchi, Elisabetta Gallingani, Chiara Giunti, Roberta Olivieri, Maria Giuseppina
Pili, Margherita Romagnoli
Progetto grafico: Gruppo Bandello Comunicazione
Impaginazione: Stefania Laudisa, Giuseppe Miceli,Tiziana Pierri
Ritocco fotografico: Francesca Lunardi

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p. 199 figg. II-III, pp. 200-201 fig. II, p. 202 fig. III, p. 204 fig.V, p. 205 fig.VI, p. 207 fig.VIII, p. 354 fig. 3,
p. 356 fig. 5 , p. 357 fig. 6, p. 373 fig. 22
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