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Fidel Castro, Carlos Puebla

Comandante Che Guevara

ZELIG
Traduzione dallo spagnolo
di Marzia Branca

Fotocomposizione: Datacompos - Varese

Titoli originali:
«¡Hasta la victoria siempre!»
«Comandante Che Guevara»

© Herederos de Ernesto Che Guevara

© 1996 Zelig Editore s.r.l. Milano


Fino alla vittoria, sempre!

di Fidel Castro

Compagne e compagni rivoluzionari,1


conobbi il Che un giorno di luglio o agosto del
1955. E una sera - come lui stesso racconta nei
suoi testi - si impegnò nella spedizione del
«Granma». Ma in quel momento non
possedevamo né barca né armi né truppe. Fu così
che, assieme a Raul, il Che si unì al primo dei due
gruppi della lista del «Granma».
Da allora sono trascorsi dodici anni; sono stati
dodici anni carichi di lotta e di storia. Durante
questi anni la morte ha mietuto molte vite
coraggiose e insostituibili; ma, allo stesso tempo,
durante questi anni della nostra Rivoluzione sono
sorte persone straordinarie; e tra gli uomini della
Rivoluzione, e tra questi uomini e il popolo, si
sono stabiliti legami di affetto e legami di amicizia
che vanno al di là di ogni possibile espressione.
Questa notte ci siamo riuniti, voi e noi, per
cercare di esprimere in qualche modo questi

1
Discorso pronunciato dal comandante Fidel Castro durante
la veglia solenne in memoria del comandante Ernesto Che
Guevara, Plaza da la Revolución, L’Avana, 18 ottobre 1967.
sentimenti nei confronti di colui che fu uno dei più
familiari, uno dei più ammirati, uno dei più amati
e, senza alcun dubbio, il più straordinario dei
nostri compagni di rivoluzione; esprimere questi
sentimenti a lui e agli eroi che hanno combattuto
con lui, agli eroi che con lui sono caduti
nell'esercito internazionalista, che hanno scritto
una pagina gloriosa e incancellabile della storia.
Il Che era una persona a cui tutti si
affezionavano immediatamente per la sua
semplicità, il suo carattere, la sua naturalezza, il
suo cameratismo, la sua personalità, la sua
originalità, senza conoscere le altre virtù singolari
che lo caratterizzavano.
In quei primi momenti era il medico della
nostra truppa. E così si andarono formando i
legami, e così si andarono formando i sentimenti.
Lo si vedeva impregnato di un profondo spirito
d'odio e disprezzo verso l'imperialismo, non solo
perché la sua formazione politica aveva raggiunto
un considerevole grado di maturità, ma perché
pochissimo tempo prima aveva avuto l'opportunità
di presenziare in Guatemala al criminale
intervento imperialista dei soldati mercenari che
avevano represso la rivoluzione di quel paese.
Un uomo come lui non aveva bisogno di molti
argomenti. Gli era sufficiente sapere che Cuba
versava in una situazione difficile, gli bastava
sapere che vi erano uomini decisi a combattere
questa situazione armi alla mano, gli bastava
sapere che quegli uomini si ispiravano a
sentimenti puramente rivoluzionari e patriottici. E
ciò era più che sufficiente.
Così, un giorno, alla fine del novembre 1956,
iniziò con noi la marcia verso Cuba. Ricordo che
quel viaggio fu molto duro per lui poiché, date le
circostanze in cui fu necessario organizzare la
partenza, non poté neppure rifornirsi delle
medicine di cui aveva bisogno e passò tutta la
traversata in preda a un forte attacco d'asma, senza
un momento di sollievo, ma anche senza un solo
lamento.
Arrivammo, iniziammo le prime marce,
soffrimmo i primi rovesci, e dopo alcune
settimane tornammo a riunire - come voi sapete -
il gruppo di quelli che restavano della spedizione
del «Granma». Il Che continuava a essere il
medico delle nostre truppe.
Si verificò il primo combattimento vittorioso e
il Che fu soldato nella nostra truppa pur
continuando a esserne il medico; si verificò il
secondo combattimento vittorioso e il Che non fu
solo soldato, fu anche il più illustre dei soldati in
quel combattimento, realizzando per la prima volta
una di quelle prodezze singolari che lo avrebbero
distinto in tutte le azioni; la nostra forza
continuava infatti a svilupparsi, quando
sopravvenne un combattimento di straordinaria
importanza.
La situazione era difficile. Le informazioni
erano sbagliate in molti sensi. Dovevamo attaccare
in pieno giorno una postazione molto ben difesa,
in riva al mare, ben armata e con truppe nemiche a
poca distanza dalla nostra retroguardia; nel mezzo
di quella situazione confusa, dove fu necessario
chiedere agli uomini uno sforzo supremo, il
compagno Juan Almeida si incaricò di una delle
missioni più difficili; restava tuttavia un fianco
completamente scoperto, senza forza d'attacco,
cosa che poteva mettere in pericolo l'operazione.
In quel momento il Che, che era ancora il
medico, chiese tre o quattro uomini, tra cui uno
con un fucile mitragliatore e, fu questione di
secondi, intraprese la marcia per comandare la
missione d'attacco da quella direzione.
In quell'occasione non solo fu un combattente
straordinario, fu anche un medico eccellente,
assistette i compagni feriti, e assistette
contemporaneamente i soldati nemici feriti. E
quando si dovette abbandonare quella posizione,
una volta sconfitte tutte le truppe e, intrapresa una
lunga marcia, incalzati da diverse forze nemiche,
fu necessario che qualcuno rimanesse vicino ai
feriti, vicino ai feriti rimase il Che. Aiutato da un
piccolo gruppo di nostri soldati, li curò, salvò loro
la vita e con essi raggiunse la colonna.
Già da quel momento si segnalò come un capo
capace e coraggioso, di quel tipo d'uomini che
quando bisogna svolgere una missione difficile
non aspetta che glielo chiedano.
Così fece nella battaglia di El Uvero, ma così
aveva fatto anche in un episodio mai ricordato:
quando, nei primi tempi, per colpa di un
tradimento, la nostra piccola truppa fu attaccata di
sorpresa da numerosi aerei e, dopo esserci ritirati
sotto il bombardamento e aver camminato già per
un tratto, ci ricordammo dei fucili di alcuni soldati
contadini che erano stati con noi durante le prime
azioni e avevano poi chiesto permesso di visitare i
loro familiari - era il periodo in cui nel nostro
esercito appena organizzato non c'era ancora molta
disciplina. E in quel momento pensammo alla
possibilità che quei fucili andassero perduti.
Stavamo esaminando il problema, sotto il
bombardamento, ed ecco che il Che si offrì e partì
immediatamente per recuperare quei fucili.
Era una delle sue caratteristiche principali: la
disponibilità immediata, istantanea, a offrirsi per
realizzare la missione più pericolosa. E ciò,
naturalmente, suscitava ammirazione, doppia
ammirazione verso quel compagno che lottava
assieme a noi, che non era nato in questa terra, che
era un uomo dalle idee profonde, nella cui mente
brulicavano sogni di lotta in altre parti del
continente; ammirazione per quell'altruismo, quel
disinteresse, quella disponibilità a fare sempre la
cosa più difficile, a mettere costantemente a
rischio la propria vita.
Fu così che si guadagnò i gradi di comandante
e di capo della seconda colonna organizzata nella
Sierra Maestra; fu così che iniziò a crescere il suo
prestigio, che iniziò a prendere forma il magnifico
combattente che durante la guerra avrebbe portato
i gradi più alti.
Il Che era un soldato insuperabile; il Che era
un capo insuperabile; il Che era, dal punto di vista
militare, un uomo straordinariamente aggressivo.
Se come guerrigliero aveva un tallone d'Achille,
quel tallone d'Achille era la sua eccessiva
aggressività, il suo assoluto disprezzo del pericolo.
I nemici pretendono di giungere a conclusioni
sulla sua morte. Il Che era un maestro della guerra,
il Che era un artista della guerriglia! E lo dimostrò
un'infinità di volte, ma lo dimostrò soprattutto in
due straordinari atti eroici: uno fu l'invasione del
fronte con una colonna incalzata da migliaia di
soldati su un terreno assolutamente piano e
sconosciuto, realizzando, assieme a Camilo, una
formidabile impresa militare. Lo dimostrò, inoltre,
nella sua fulminea campagna a Las Villas e lo
dimostrò, soprattutto, nel suo audace attacco alla
città di Santa Clara, penetrando con una colonna di
soli trecento uomini in una città difesa da carri
armati, artiglieria e varie migliaia di soldati di
fanteria.
Queste due imprese lo consacrano un capo
straordinariamente capace, un maestro, un artista
della guerra rivoluzionaria. Tuttavia, alcuni
pretendono di negare la veridicità della sua morte
eroica e gloriosa o il valore dei suoi concetti e
delle sue idee di guerriglia. Potrà morire l'artista,
soprattutto quando si è un artista di un'arte così
pericolosa come la lotta rivoluzionaria, ma ciò che
assolutamente non morirà è l'arte alla quale dedicò
la sua vita e alla quale dedicò la sua intelligenza.
E forse strano che questo artista muoia in
combattimento? Ancora più singolare è il fatto che
nel corso delle innumerevoli occasioni nelle quali
mise a repentaglio la sua vita durante la nostra
lotta rivoluzionaria non sia mai morto. E furono
molte le volte in cui fu necessario agire per
impedire che perdesse la vita in situazioni di
minor importanza.
E così, in un combattimento, in uno dei tanti
combattimenti a cui partecipò, perse la vita. Non
abbiamo sufficienti elementi di giudizio per poter
trarre deduzioni da tutte le circostanze che
precedettero quella battaglia, né per sapere fino a
che punto possa aver agito in modo
eccessivamente aggressivo, ma, ripetiamo, se
come guerrigliero aveva un tallone d'Achille, quel
tallone d'Achille era la sua eccessiva aggressività,
il suo assoluto disprezzo del pericolo.
E in questo ci è difficile andare d'accordo con
lui, poiché per noi la sua vita, la sua esperienza, le
sue capacità di capo battagliero, il suo prestigio e
tutto ciò che egli significava in vita erano molto di
più, straordinariamente più di quanto forse egli
giudicasse se stesso. Sul suo comportamento può
avere influito l'idea che gli uomini hanno un
valore relativo nella storia, che le cause non
vengono sconfitte quando gli uomini cadono e che
l'incontenibile cammino della storia non si
trattiene né si tratterrà davanti alla caduta dei capi.
E ciò è certo, non si può mettere in dubbio.
Dimostra la sua fede negli uomini, la sua fiducia
nelle idee, la sua fiducia nell'esempio. Tuttavia,
come dissi pochi giorni or sono, avremmo
preferito di tutto cuore vederlo fautore di vittorie:
le plasmava sotto il suo comando, le plasmava
sotto la sua direzione le vittorie, poiché gli uomini
della sua esperienza, del suo calibro, con le sue
capacità davvero singolari, sono uomini fuori dal
comune.
Siamo in grado di apprezzare tutto il valore del
suo esempio e siamo assolutamente convinti che il
suo esempio verrà emulato e servirà affinché dal
seno dei popoli nascano uomini come lui.
Non è facile coniugare in una persona tutte le
virtù presenti in lui. Non è facile che una persona,
spontaneamente, sia in grado di sviluppare una
personalità come la sua. Direi che si tratta di quel
genere di uomini difficili da uguagliare e
praticamente impossibili da superare. Ma diremmo
anche che uomini come lui contribuiscono, con il
loro esempio, a creare uomini della stessa stirpe.
Nel Che non ammiriamo solo il guerriero,
l'uomo capace di grandi prodigi, ciò che fece, ciò
che stava facendo, il fatto stesso di confrontarsi da
solo assieme a un pugno di uomini contro un
esercito oligarchico, istruito dai comandanti
yankee forniti dall'imperialismo yankee,
appoggiato dalle oligarchie di tutti i paesi vicini -
questo fatto di per se stesso costituisce un prodigio
straordinario. E se si cerca tra le pagine della
storia, forse non si troverà nessun caso in cui
qualcuno, con un numero così ridotto di uomini,
abbia intrapreso un compito altrettanto prestigioso,
in cui qualcuno con un numero così ridotto di
uomini abbia ingaggiato la lotta contro forze così
cospicue. Tale prova di fiducia in se stesso, tale
prova di fiducia nei popoli, tale prova di fede nella
capacità degli uomini in combattimento, si potrà
forse intravedere nelle pagine della storia, ma
comunque non si potrà trovare nulla di simile. E
cadde.
I nemici credono di avere sconfitto le sue idee,
di avere sconfitto il suo concetto di guerriglia, di
avere sconfitto le sue convinzioni sulla lotta
rivoluzionaria armata. Ma ciò che hanno ottenuto
è stato, con un colpo di fortuna, di eliminare la sua
vita fisica; ciò che riuscì loro fu di ottenere i
vantaggi fortuiti che nella guerra può ottenere un
nemico. E quel colpo di fortuna, non sappiamo
fino a che punto è stato aiutato da quella
caratteristica a cui abbiamo fatto riferimento
prima, quell'eccessiva aggressività, quell'assoluto
disprezzo per il pericolo durante i combattimenti.
Così accadde anche nella nostra guerra di
indipendenza. Durante un combattimento a Punta
Brava. In un combattimento a Dos Ríos uccisero
Antonio Maceo, apostolo della nostra
indipendenza, veterano di centinaia di
combattimenti. In simili combattimenti morì
un'infinità di capi, un'infinità di patrioti della
nostra guerra indipendentista. E, tuttavia, ciò non
causò la sconfitta della causa cubana.
La morte del Che, come abbiamo detto alcuni
giorni fa, è un colpo duro, è un colpo tremendo per
il movimento rivoluzionario poiché lo priva
indubbiamente di un capo della sua classe,
esperienza e capacità.
Ma si sbaglia chi canta vittoria. Si sbagliano
coloro che credono che la sua morte rappresenti la
sconfitta delle sue idee, la sconfitta delle sue
tattiche, la sconfitta delle sue idee di guerriglia, la
sconfitta delle sue tesi. Perché quell'uomo che
cadde come un uomo mortale, come un uomo che
si era esposto molte volte alle pallottole, come
militare, come capo, è mille volte più capace di
quelli che lo uccisero grazie a un colpo di fortuna.
Tuttavia, come devono affrontare i
rivoluzionari questo colpo avverso? Come devono
affrontare questa perdita?
Quale sarebbe l'opinione del Che se dovesse
esprimere un giudizio su questo punto? La sua
opinione la espresse chiaramente quando scrisse,
nel suo messaggio alla Conferencia de Solidaridad
Latinoamericana (Conferenza per la solidarietà
latinoamericana), che se la morte lo avesse
sorpreso sarebbe sempre stata la benvenuta,
purché quel suo grido di guerra fosse giunto a un
orecchio in ascolto e un'altra mano si fosse
allungata per impugnare l'arma.
E quel suo grido di guerra non raggiungerà un
orecchio in ascolto, raggiungerà milioni di
orecchie in ascolto! E non una mano, ma milioni
di mani, ispirate dal suo esempio, si allungheranno
per impugnare le armi! Nasceranno nuovi capi. E
gli uomini, le orecchie in ascolto e le mani che si
tendono hanno bisogno di capi che sorgeranno
dalle file del popolo, così come sono nati i capi di
tutte le rivoluzioni.
Quelle mani non potranno contare su un capo
dall'esperienza straordinaria, dall'enorme capacità
del Che. Quei capi si formeranno durante la lotta,
quei capi nasceranno in seno ai milioni di orecchie
in ascolto, ai milioni di mani che prima o poi si
allungheranno per impugnare le armi. Non
pensiamo che, nell'ordine pratico della lotta
rivoluzionaria, la sua morte debba avere una
ripercussione immediata, né che, nell'ordine
pratico dello sviluppo della lotta, la sua morte
possa avere una ripercussione immediata. Ma il
Che, quando impugnò di nuovo le armi, non stava
pensando a una vittoria immediata, non stava
pensando a un trionfo rapido davanti alle forze
delle oligarchie e dell'imperialismo. La sua mente
di combattente esperto era preparata a una lotta
prolungata, di cinque, dieci, quindici, vent'anni, se
necessario. Egli era disposto a lottare cinque,
dieci, quindici, vent'anni, tutta la vita se fosse stato
necessario!
E con questa prospettiva nel tempo che la sua
morte, che il suo esempio - è così che dobbiamo
dire - avrà una ripercussione tremenda, avrà una
forza invincibile.
Coloro che si attaccano al colpo di fortuna
cercano invano di negare la sua capacità come
capo e la sua esperienza. Il Che era un capo
militare straordinariamente capace. Ma quando
ricordiamo il Che, quando pensiamo al Che non
stiamo pensando solo alle sue virtù militari. No!
La guerra è un mezzo e non un fine, la guerra è
uno strumento dei rivoluzionari.
L'importante è la rivoluzione, l'importante è la
causa rivoluzionaria, sono le idee rivoluzionarie,
gli obiettivi rivoluzionari, i sentimenti
rivoluzionari, le virtù rivoluzionarie!
Ed è in quel campo, nel campo delle idee, nel
campo dei sentimenti, nel campo delle virtù
rivoluzionarie, nel campo dell'intelligenza, oltre
alle sue virtù militari, che noi sentiamo l'immensa
perdita che la sua morte ha significato per il
movimento rivoluzionario.
Perché il Che riuniva, nella sua straordinaria
personalità, virtù che raramente si presentano
assieme. Spiccò come insuperabile uomo d'azione,
ma il Che non era solo un insuperabile uomo
d'azione; il Che era un uomo dal pensiero
profondo, di intelligenza visionaria, un uomo di
profonda cultura. Riuniva nella sua persona
l'uomo di idee e l'uomo d'azione.
Ma il Che poteva riunire questa doppia
caratteristica di uomo di idee, e di idee profonde, e
di uomo d'azione, solo perché riuniva le virtù che
si possono definire come l'espressione più precisa
delle virtù di un rivoluzionario: uomo integerrimo,
uomo dall'onore supremo, di assoluta sincerità,
uomo dalla vita stoica e spartana, uomo nel cui
comportamento è impossibile trovare una sola
macchia. Con le sue virtù creò ciò che si può
chiamare un vero modello di rivoluzionario.
Quando scocca l'ora della morte, di solito si
fanno discorsi, si decantano le virtù dei defunti,
ma poche volte come in questa occasione si può
dire di un uomo, con maggior giustizia, con
maggior esattezza, quello che diciamo del Che:
che costituì un vero esempio di virtù
rivoluzionarie!
Aveva un'altra qualità, che non è una qualità
dell'intelletto, che non è una qualità della volontà,
che non è una qualità che deriva dall'esperienza,
dalla lotta: è una qualità del cuore, perché era un
uomo straordinariamente umano,
straordinariamente sensibile! Per questo diciamo,
quando pensiamo alla sua vita, quando pensiamo
al suo comportamento, che costituì il caso
singolare di un uomo rarissimo, in quanto fu in
grado di coniugare nella sua personalità non solo
le caratteristiche di uomo d'azione, ma anche
quelle di uomo di pensiero, di uomo dalle
immacolate virtù rivoluzionarie e di eccezionale
sensibilità umana, unite a un carattere di ferro, a
una volontà d'acciaio, a una tenacia indomabile. E
per questo ha lasciato in eredità alle generazioni
future non solo la sua esperienza, le sue
conoscenze di soldato insigne, ma anche le opere
della sua intelligenza. Scriveva con il virtuosismo
di un classico. I suoi racconti sulla guerra sono
insuperabili. La profondità del suo pensiero è
impressionante. Non scrisse mai su alcun
argomento se non con straordinaria serietà, con
straordinaria profondità, e non dubitiamo che
alcuni dei suoi scritti passeranno ai posteri come
classici del pensiero rivoluzionario.
E così, quale frutto della sua intelligenza forte
e profonda, ci ha lasciato un'infinità di ricordi,
un'infinità di resoconti che, senza il suo lavoro,
senza i suoi sforzi, si sarebbero potuti dimenticare
forse per sempre.
Lavoratore instancabile, negli anni in cui fu al
servizio della nostra patria non conobbe un solo
giorno di riposo. Molte furono le responsabilità
assegnategli: presidente del Banco Nacional,
direttore della Giunta per la pianificazione,
ministro dell'Industria, comandante di regioni
militari, capo di delegazioni politiche, economiche
o amichevoli.
La sua intelligenza dalle mille sfaccettature era
in grado di intraprendere con il massimo della
sicurezza qualsiasi compito in qualsiasi ordine, in
qualsiasi senso. Così rappresentò in modo brillante
la nostra patria in numerose conferenze
internazionali, diresse brillantemente i soldati
durante i combattimenti, nello stesso modo fu un
modello di lavoratore in ciascuna delle istituzioni
a cui dovette sovrintendere, e per lui non ci fu un
giorno di riposo, non ci fu un'ora di riposo! E se
osservavamo le finestre del suo ufficio, le luci
restavano accese fino alle ore piccole, studiava o,
meglio ancora, lavorava e studiava. Perché era uno
studioso di tutti i problemi, era un lettore
infaticabile. La sua sete di comprendere lo scibile
umano era praticamente insaziabile e dedicava allo
studio le ore tolte al sonno.
Dedicava i regolari giorni di riposo al lavoro
volontario. Fu l'ispiratore e il massimo propulsore
di quel lavoro che è oggi l'attività di centinaia di
migliaia di persone in tutto il paese, il propulsore
di quell'attività che ogni giorno assume maggior
forza tra le masse del nostro popolo.
E come rivoluzionario, come rivoluzionario
comunista, veramente comunista, aveva una
fiducia infinita nei valori morali, aveva una fiducia
infinita nella coscienza degli uomini. E dobbiamo
dire che col suo modo di pensare vide con assoluta
chiarezza nelle risorse morali la leva fondamentale
per la costruzione del comunismo nella società
umana.
Pensò, sviluppò e scrisse molte cose. E vi è
qualcosa che bisogna ricordare in un giorno come
oggi, cioè che gli scritti del Che, il pensiero
politico e rivoluzionario del Che, avranno un
valore permanente nel processo rivoluzionario
cubano e nel processo rivoluzionario dell'America
Latina. E fuor di dubbio che il valore delle sue
idee, delle sue idee sia come uomo d'azione, sia
come uomo di pensiero, sia come uomo di chiare
virtù morali, sia come uomo di insuperabile
sensibilità umana, sia come uomo dalla condotta
impeccabile, ha e avrà un valore universale.
Gli imperialisti cantano vittoria davanti al
guerrigliero morto in combattimento; gli
imperialisti cantano vittoria davanti al colpo di
fortuna che li ha portati a eliminare un uomo
d'azione così formidabile. Ma forse gli imperialisti
ignorano o vogliono ignorare che il carattere
dell'uomo d'azione era una delle tante sfaccettature
della personalità di questo combattente. E se si
tratta di dolore, noi piangiamo non solo la perdita
dell'uomo d'azione, noi piangiamo la perdita
dell'uomo virtuoso, noi piangiamo la perdita
dell'uomo dalla squisita sensibilità umana: e ci
addolora pensare che aveva solo trentanove anni al
momento della morte, ci addolora pensare che
abbiamo perso l'opportunità di ricevere i frutti di
quell'intelligenza e di quell'esperienza in continuo
sviluppo.
Noi ci rendiamo conto dell'entità della perdita
per il movimento rivoluzionario. Ma tuttavia è lì
che si trova il lato debole del nemico imperialista:
credere che con l'uomo fisico si liquidi il suo
pensiero, credere che con l'uomo fisico si liquidino
le sue idee, credere che con l'uomo fisico si
liquidino le sue virtù, credere che con l'uomo
fisico si liquidi il suo esempio. E lo credono in
modo talmente immorale che non temono di
divulgare, come fosse la cosa più naturale del
mondo, ciò che successe dopo che il Che era stato
ferito gravemente in combattimento. Non si sono
tirati indietro neppure davanti alla ripugnanza
della procedura, non si sono tirati indietro di fronte
all'indecenza del riconoscimento. E hanno
divulgato come diritto degli sbirri, hanno
divulgato come diritto degli oligarchi e dei
mercenari, l'aver sparato contro un combattente
della rivoluzione ferito gravemente. Il peggio è
che hanno anche spiegato il perché l'hanno fatto,
aggiungendo che il processo in cui avrebbero
dovuto giudicare il Che sarebbe stato tremendo,
adducendo che sarebbe stato impossibile far
sedere su un banco di tribunale un rivoluzionario
simile.
E non solo questo: non hanno vacillato nel far
sparire i suoi resti. E, verità o menzogna,
annunciano di aver cremato il cadavere, fatto con
il quale iniziano a dimostrare la loro paura, con il
quale iniziano a dimostrare che non sono convinti
che liquidando la vita fisica del combattente
liquidano le sue idee e liquidano il suo esempio.
Il Che non cadde per difendere un altro
interesse, per difendere un'altra causa che non
fosse la causa degli sfruttati e degli oppressi di
questo continente; il Che non cadde per difendere
un'altra causa se non quella dei poveri e degli
umili di questa terra. E i suoi nemici più accaniti
non osano neppure discutere il modo esemplare e
il disinteresse con cui difese tale causa.
E di fronte alla storia, gli uomini che agiscono
come lui, gli uomini che fanno di tutto e danno
tutto alla causa degli umili, diventano ogni giorno
più grandi dei giganti, ogni giorno che passa si
addentrano più velocemente nel cuore dei popoli.
E questo i nemici imperialisti iniziano già a
percepirlo, e non tarderanno a verificare che alla
lunga la sua morte sarà come un seme dal quale
nasceranno molti uomini decisi a emularlo, molti
uomini decisi a seguire il suo esempio.
E noi siamo assolutamente convinti che la
causa rivoluzionaria in questo continente si
rimetterà dal colpo, che la causa rivoluzionaria in
questo continente non verrà sconfitta da questo
colpo.
Dal punto di vista rivoluzionario, dal punto di
vista del nostro popolo, come dobbiamo guardare
all'esempio del Che? Pensiamo forse d'averlo
perso? E certo che non vedremo nuovi scritti, è
certo che non torneremo ad ascoltare di nuovo la
sua voce. Ma il Che ha lasciato al mondo un
patrimonio, un grande patrimonio, e di questo
patrimonio noi - che lo conosciamo così bene -
possiamo essere, in modo considerevole, i suoi
eredi.
Ci ha lasciato il suo pensiero rivoluzionario, ci
ha lasciato le sue virtù rivoluzionarie, ci ha
lasciato il suo carattere, la sua volontà, la sua
tenacia, il suo spirito di lavoro. In una parola, ci ha
lasciato il suo esempio! E l'esempio del Che deve
essere un modello per il nostro popolo, l'esempio
del Che deve essere il modello ideale per il nostro
popolo!
Se desideriamo esprimere come vogliamo che
siano i nostri combattenti rivoluzionari, i nostri
militanti, i nostri uomini, dobbiamo dire senza
vacillare in nessun modo: che siano come il Che!
Se desideriamo esprimere come vogliamo che
siano gli uomini delle future generazioni,
dobbiamo dire: che siano come il Che! Se
desideriamo dire come vogliamo che vengano
educati i nostri bambini, dobbiamo dire senza
vacillare: che siano educati nello spirito del Che!
Se vogliamo un modello d'uomo, un modello
d'uomo che non appartiene a questo tempo, un
modello d'uomo che appartiene al futuro, dico di
cuore che questo modello senza una sola macchia
nel comportamento, senza una sola macchia
nell'atteggiamento, senza una sola macchia nel
modo d'agire, questo modello è il Che! Se
vogliamo esprimere come desideriamo che siano i
nostri figli, dobbiamo dire con tutto il cuore di
veementi rivoluzionari: vogliamo che siano come
il Che!
Il Che si è trasformato in un modello non solo
per il nostro popolo, ma per qualsiasi popolo
dell'America Latina. Il Che innalzò alla più alta
espressione lo stoicismo rivoluzionario, lo spirito
di sacrificio rivoluzionario, la combattività del
rivoluzionario, lo spirito di lavoro del
rivoluzionario e il Che portò le idee del marxismo-
leninismo alla loro espressione più fresca, più
pura, più rivoluzionaria. In questi tempi, nessun
uomo come lui ha condotto al livello supremo lo
spirito internazionalista proletario!
E quando si parla di internazionalista
proletario, e quando si cerca un esempio di
internazionalista proletario, quell'esempio, al di
sopra di qualsiasi altro, è l'esempio del Che! Nella
sua mente e nel suo cuore erano scomparsi le
bandiere, i pregiudizi, gli sciovinismi, gli egoismi:
era disposto a versare il suo sangue generoso per
la sorte di qualsiasi popolo, per la causa di
qualsiasi popolo, e disposto a versarlo
spontaneamente e disposto a versarlo subito! E
così, il suo sangue fu versato su questa terra
quando lo ferirono in diversi combattimenti; il suo
sangue per la redenzione degli sfruttati e degli
oppressi, degli umili e dei poveri, venne versato in
Bolivia. Quel sangue fu versato per tutti gli
sfruttati, per tutti gli oppressi; quel sangue fu
versato per tutti i popoli d'America e fu versato
per il Vietnam, perché là, combattendo contro le
oligarchie, combattendo contro l'imperialismo,
sapeva di offrire al Vietnam la più alta espressione
della sua solidarietà!
Ecco perché, compagni e compagne della
Rivoluzione, noi dobbiamo guardare con fermezza
e decisione al futuro; ecco perché dobbiamo
guardare con ottimismo al futuro. E cercheremo
sempre nell'esempio del Che l'ispirazione,
l'ispirazione alla lotta, l'ispirazione alla tenacia,
l'ispirazione all'intransigenza di fronte al nemico e
l'ispirazione al sentimento internazionalista!
Ecco perché noi, stanotte, dopo questa
manifestazione impressionante, dopo questo
incredibile - per la sua grandezza, per la sua
disciplina e per la sua devozione - atto di
riconoscenza della folla, che dimostra come questo
sia un popolo sensibile, che dimostra come questo
sia un popolo grato, che dimostra come questo
popolo sappia onorare la memoria dei coraggiosi
che cadono in combattimento, che dimostra come
questo popolo sappia riconoscere quelli che lo
servono, che dimostra come questo popolo sia
solidale con la lotta rivoluzionaria, che dimostra
come questo popolo innalzi e mantenga sempre in
alto e sempre più in alto le bandiere rivoluzionarie
e i principi rivoluzionari; oggi, in questi momenti
di ricordo, eleviamo il nostro pensiero, con
ottimismo, al futuro, con ottimismo assoluto nella
vittoria definitiva dei popoli, e diciamo al Che, e
con lui agli eroi che combatterono e caddero
assieme a lui: Fino alla vittoria, sempre!
Patria o morte!
Vinceremo!
Comandante Che Guevara
di Carlos Puebla

Aprendimos a quererte
desde la histórica altura
donde el sol de tu bravura
le puso cerco a la muerte.

Aquí se queda la clara,


la entrañable transparencia
de tu querida presencia,
comandante Che Guevara.

Tu mano gloriosa y fuerte


sobre la historia dispara
cuando todo Santa Clara
se despierta para verte.

Aquí se queda...

Vienes quemando la brisa


con soles de primavera
para plantar la bandera
con la luz de tu sonrisa.

Aquí se queda...
Tu amor revolucionario
te conduce a nueva empresa
donde esperan la firmeza
de tu brazo libertario. Aquí se queda...

Seguiremos adelante
como junto a ti seguimos
y con Fidel te decimos:
¡Hasta siempre, comandante!
Comandante Che Guevara
di Carlos Puebla

Imparammo ad amarti
dalla storica altezza
in cui il sole del tuo coraggio
pose assedio alla morte.

Qui resta la chiara,


appassionata purezza
della tua cara presenza,
comandante Che Guevara.

La tua mano gloriosa e forte


spara sulla storia
quando tutta Santa Clara
si risveglia per vederti

Qui resta...

Arrivi incendiando la brezza


con soli di primavera
per piantare la bandiera
con la luce del tuo sorriso

Qui resta...

Il tuo amore rivoluzionario


ti porta a nuova impresa
dove attendono la fermezza
del tuo braccio libertario

Qui resta...

Andremo avanti
restando al tuo fianco
e con Fidel ti diciamo:
Hasta siempre, comandante!
Comandante Che Guevara

Guajira di Carlos Puebla

♪ = 118
MI-
Biografia di Ernesto Che Guevara

4 Luglio 1928
Ernesto Guevara nasce a Rosario, in Argentina, da
Celia de la Serna ed Ernesto Guevara Linch.

1930
All'età di due anni contrae una forte asma, che lo
perseguiterà per tutta la vita.

1945
La famiglia Guevara si trasferisce a Buenos Aires.
Ernesto si iscrive alla facoltà di Medicina.

Dicembre 1951 - Agosto 1952


Viaggia per otto mesi in America Latina con
l'amico Alberto Granado. Prima in
motocicletta, poi con mezzi di fortuna, vanno
in Cile, Perù, Colombia e Venezuela.

1953
Prende la laurea in medicina e riparte per un
secondo viaggio in Bolivia, Perù, Ecuador e
Venezuela.

1954
Arriva in Guatemala dove Jacobo Árbenz, eletto
presidente, sta tentando un esperimento di
governo democratico e vara una legge di riforma
agraria. Con l'appoggio degli Stati Uniti, Castillo
Armas organizza una spedizione militare che
travolge il governo costituzionale. Ernesto
Guevara si unisce a piccoli gruppi radicali
guatemaltechi che cercano di armarsi per
organizzare una resistenza popolare. Il tentativo
fallisce e poco dopo Guevara raggiunge il
Messico per proseguire i suoi studi di medicina.
Nel frattempo ha conosciuto la peruviana Hilda
Gadea che diventerà sua moglie. In Messico
nasce la primogenita, Hildita.

1955
Entra in contatto con un gruppo di cubani esuli in
Messico capeggiati da Fidel Castro. Sono reduci
da un fallito assalto alla caserma Moncada di
Santiago di Cuba e, alcuni, anche dal carcere. Si
organizzano per tornare a combattere a Cuba.
Guevara si unisce a loro e partecipa
all'addestramento militare sotto la guida di un
colonnello spagnolo che aveva combattuto nella
guerra civile.

25 Novembre 1956
Dal porto di Tuxpan parte lo yacht «Granma» con
ottantatré cubani a bordo. Ernesto Guevara sarà
il medico della spedizione.

2 Dicembre
La spedizione sbarca nella provincia orientale di
Cuba e poco dopo viene decimata dall'esercito
batistiano. Anche Guevara rimane leggermente
ferito.

1957
La guerriglia ha ripreso forza a poco a poco e si
estende a tutta la provincia di Oriente. Smesse
le vesti di medico, Guevara, che adesso tutti
chiamano «Che», diventa comandante di un
reparto guerrigliero.

1958
Castro affida al Che una missione militare
decisiva, quella di comandare la colonna che
dovrà avanzare nella parte centrale e
occidentale dell'isola.

28-31 Dicembre
La colonna comandata da Guevara conquista la
città di Santa Clara, nodo nevralgico nelle
comunicazioni tra L'Avana e l'oriente di Cuba.

1-2 gennaio 1959


La notte di Capodanno il presidente Batista fugge
da Cuba e il giorno dopo il Che entra con i suoi
all'Avana, contemporaneamente alla colonna di
Camilo Cienfuegos.

2 Giugno 1959
Sposa, in seconde nozze, la cubana Aleida March
dalla quale avrà tre figli: Aleidita, Celia e
Camilito.

15 Giugno-7 Settembre
Guida una delegazione ufficiale cubana in Medio
Oriente, Asia ed Europa, incontrando tra gli
altri il presidente egiziano Nasser, il Pandit
Nehru, l'indonesiano Sukarno e lo jugoslavo
Tito.

29 Novembre
Diventa presidente del Banco Nacional.

21 Ottobre 1960
Parte per un viaggio nei Paesi socialisti.

1961
Pubblica in «Verde Olivo» un saggio sulla
rivoluzione cubana - Cuba: eccezione storica o
avanguardia nella lotta al colonialismo? - e
viene nominato ministro dell'Industria. In
agosto, guida la delegazione cubana al
convegno economico interamericano di Punta
del Este (Uruguay).

1963
Compie un viaggio in Algeria.

1964
Interviene all'assemblea dell'Onu, a New York.

1965
Va in Cina e in Africa, dove pronuncia un discorso
al seminario economico di Algeri.

14 Marzo
Ultima apparizione pubblica di Che Guevara
all'aeroporto dell'Avana, dove lo attendono - al
ritorno dall'Africa - Fidel Castro e il presidente
della Repubblica, Osvaldo Dorticós.

1965
Parte clandestinamente per il Congo, dove
partecipa alla guerriglia diretta da Sumaliot.

1966
Torna a Cuba, sempre in forma clandestina.

7 Novembre
Raggiunge a Nancahuazu, nel sud della Bolivia, il
gruppo di guerriglieri da lui creato per tentare
di aprire un fronte nel cuore dell'America
Latina.

23 Marzo 1967
Primo scontro della guerriglia con l'esercito
boliviano.

17 Aprile
All'Avana, viene distribuito ai giornalisti il
messaggio per l'Organizzazione Tricontinentale
lasciato dal Che prima della partenza per la
Bolivia.

8 Ottobre
Ernesto Guevara viene ferito in uno scontro nella
gola del Yuro, catturato e portato a La Higuera,
dove, in una scuola elementare, viene ucciso il
giorno dopo, 9 ottobre, intorno alle ore tredici.

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