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Matteo Lai 5Aa

Scheda generale di lettura del romanzo “Il fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello.
Autore: Luigi Pirandello.
Titolo: Il fu Mattia Pascal.
Editore:
-Edizione originale: La Nuova Antologia,Roma, aprile-giugno 1904.
-Edizione letta: Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.,Milano,1988.
Fabula e intreccio.
-Sintesi dell’opera articolata in macrosequenze:
Nel romanzo Il fu Mattia Pascal,del 1904,uno dei capolavori pirandelliani,il tema di
fondo è quello dell’impossibilità di assumere un’identità. Mattia Pascal è un modesto
impiegato in una biblioteca comunale. Afflitto dai debiti e da un matrimonio sbaglia-
to,fugge da casa. A Montecarlo ottiene una grossa vincita al gioco e decide di tornare
al paese per vendicarsi delle angherie subite,ma,per caso,legge su un giornale la noti-
zia del proprio suicidio:si tratta evidentemente di un errore nel riconoscimento del ca-
davere. Mattia è sconvolto,ma poi decide di approfittare dell’occasione e tentare una
nuova vita con una nuova identità.Con il nome di Adriano Meis,viaggia e poi si stabi-
lisce a Roma,dove si innamora,ricambiato,di Adriana,la figlia del suo padrone di ca-
sa. Sogna con lei una nuova vita, ma ben presto si rende conto che la sua esistenza è
fittizia:non può sposarsi perché non è registrato all’anagrafe,non può denunciare un
furto di cui resta vittima. Egli è condannato all’impotenza,alla solitudine,all’impossi-
bilità di avere un’identità piena. Decide allora,dopo aver simulato un suicidio, di tor-
nare a essere Mattia Pascal. Ritorna al paese,ma scopre che la moglie si è risposata e
ha una bambina. Escluso dalla vita e solo,si ritira in biblioteca a scrivere la propria
storia.
Sequenze:
-Prologo: introduzione sulla sua famiglia e dialogo tra Mattia e don Eligio.
-Descrizione adeguata del padre di Mattia Pascal.Presentazione e descrizione di alcu-
ni membri della famiglia.
-Descrizione di Batta Malagna e di Oliva,figlia di Pietro Salvoni,fattore di Due Ri-
viere e della casa di Romilda.
-Riflessione di Mattia riguardo alla vedova Pescatore.Contrasti tra il protagonista e
sua suocera.Mattia diventa bibliotecario e conosce il vecchio bibliotecario,Romitelli,
persona alquanto strana.Morte della madre Romilda.
-Gli abitanti di Miragno pensano che Mattia sia morto poiché notano nella Stìa un uo-
mo defunto molto simile a Mattia nell’aspetto fisico. Mattia intraprende un viaggio
per Montecarlo.Partecipando ai giochi d’azzardo, pensa di guadagnare soldi e quindi
di vivere.Quando decide di andarsene dalla città,possiede ottantaduemila lire.
-Mattia arriva nella città di Alenga dove alloggia in un albergo,la locanda del Pal-
mentino e vuole avere maggiori informazioni con la lettura di un giornale di provin-
cia intorno al suo cosiddetto “suicidio”.
-Mattia cambia il suo aspetto fisico facendosi tagliare la barba da un barbiere e non
accorciando più i capelli.Egli cambia il suo nome in Adriano Meis,suggeritogli da un
passeggero del treno.
-Il protagonista conosce un altro uomo che si trova nella sua stessa situazione,Cava-
liere Tito Lenzi.
-Adriano Meis alloggia in una casa a Roma dove conosce due personaggi alquanto
importanti per la vicenda del protagonista:Anselmo Paleari e Adriana.
-Adriano conosce particolarmente bene Silvia Caporale,un altro membro della fami-
glia ed entra in scena una persona che doveva da tempo vivere in quella casa,persona
alquanto sgradita: Terenzio Papiano.
-Adriana e Silvia Caporale convincono Mattia a farsi curare l’occhio da un’ esperto
per essere più bello.
-Discussione tra Anselmo Paleari e Adriano riguardo al buio e seduta spiritica con
riunione di tutti i membri della famiglia.
-Lode delle prodezze della divinità che Paleari cerca di invocare,Max.
-Ad Adriano viene rubato il suo denaro da un ladro di cui non si conosce l’identità.
Adriano sospetta che il colpevole sia Papiano ma non può denunciarlo perché ciò si-
gnificherebbe rivelare la sua vera identità,quella della prima vita.
-Il protagonista decide di lasciar perdere questa nuova vita,di riutilizzare il vecchio
nome e quindi di ritornare a Miragno.Prima va a fare visita dal fratello Roberto,che
non crede ai suoi occhi e diventa felicissimo.
-Ritorno a casa con stupore di tutti i familiari. Mattia scopre che,nel frattempo, sua
moglie si era risposata con il suo miglior amico, Pomino.
-Caratteristiche dell’intreccio:
-Sfasatura iniziale rispetto alla fabula:
Inizio in medias res: No.
Inizio dall’episodio finale: No.
Altro:
-Sfasatura marcata rispetto alla fabula:
Intreccio a incastro: No.
Intreccio a sorpresa: No.
Intreccio per flash-backs :
Intersezione alogica di piani temporali: No.
Altro:
Narratore.
-Posizione: interna.
-Focalizzazione prevalente: zero (narratore onnisciente).
Personaggi.
Protagonista: Mattia Pascal.
Personaggi secondari significativi: Adriano Meis,Il fu Mattia Pascal,Pomino,Madre
di Mattia,Adriana e Silvia Caporale (aiutanti del protagonista),Anselmo Paleari,Don
Eligio Pellegrinotto.
Antagonista: Batta Malagna,Terenzio Papiano,Vedova Pescatore.
Mattia Pascal.
Il ritratto fisico che Pirandello ci dà di questo personaggio è ben chiaro:egli ha una
“…faccia placida e stizzosa…”,il mento piccolo,un “…barbone rossastro…”,un naso
troppo piccolo e una fronte “…spaziosa e greve…”;ma soprattutto un occhio “…che
tendeva a guardare per conto suo…”,elemento più caratterizzante della fisionomia di
Mattia.Nella sua giovinezza emerge una grande vitalità,che sfuma fino a svanire ed a
tramutarsi in depressione quando è costretto al matrimonio con una donna che non lo
ama più ed al misero impiego come bibliotecario.Inoltre nella sua vita è sempre pre-
sente la morte (la scomparsa del padre),che si impone dolorosamente con la perdita
della madre e della figlia. Impossibilitato a intervenire direttamente,si sente però tal-
mente coinvolto in questa tragica situazione,da avere la tentazione del suicidio,poi
sostituita dalla fuga,con la convinzione di poter migliorare la sua vita.
Adriano Meis.
La prima trasformazione fisica,che muta l’aspetto di Mattia in quello di Adriano,con-
siste nel taglio dei capelli e della barba,nel diverso tipo di abbigliamento,ma soprat-
tutto nell’operazione dell’occhio,che non è più storto,ma addirittura leggermente in-
grandito rispetto all’altro.La sua figura non è perciò quello di un uomo vero,e anche il
cambiamento di nome non comporta una nuova identità;la storia del suo passato è
frutto della fantasia e la sua libertà è fittizia.Adriano infatti prenderà coscienza di es-
sere solo un’ombra,poiché privo di autonomia,anche perché in lui vive sempre il mor-
to Mattia.La sua impotenza a vivere l’amore per Adriana lo rende partecipe di un au-
tentico dolore.Scaturisce da qui la scelta di morte:egli decide di uccidere quell’ombra,
illudendosi di poter recuperare così la vita di Mattia.
Il fu Mattia Pascal.
Fisicamente torna ad avere le caratteristiche di Mattia,a parte l’occhio operato,segno
visibile della incombente presenza di Adriano.Con il ritorno a Miragno si dissolvono
le ultime illusioni di Mattia che,quando tenta di recuperare il rapporto con la società,
comprende amaramente di essere morto nella coscienza degli altri.Così egli,rassegna-
to,si dedica unicamente alla scrittura,in sostituzione alla vita che non può più avere.
Batta Malagna.
Egli è l’antagonista principale di Mattia nella prima parte del romanzo;definito dal
narratore “la talpa”,è il responsabile della rovina finanziaria della famiglia Pascal e
del forzato matrimonio di Mattia con la nipote Romilda al termine dell’intrigo amoro-
so.Le sue gambe tozze sembrano sostenere a mala pena il grosso corpo,mentre la sua
voce “miagolante e molle” è in contrasto con la corporatura.
Ipocrita,meschino,ladro,non riesce però ad ottenere ciò che desidera: un figlio.E il
suo accanirsi con le mogli per non ammettere la propria sterilità lo fa apparire talvolta
un personaggio umoristico.
Terenzio Papiano.
Anche lui occupa il ruolo di antagonista ,ed è come Malagna un personaggio che in-
fluisce radicalmente nella vicenda di Adriano,con il furto delle dodicimila lire.Anche
di lui ci viene presentata la descrizione fisica: quarantenne,alto e robusto, “ un po’
calvo con un grosso paio di baffi brizzolati”,un grosso naso e occhi “irrequieti come
le mani”.Egli è un personaggio che cambia spesso “maschera”,disorientando così
Adriano;da momenti di brutale autorità giunge addirittura all’implorazione. La sua
sfacciataggine lo spinge a negare l’evidenza e ad accusare il fratello epilettico di un
reato che lui ha commesso;ma anche Adriano riesce a disorientare Papiano quando
finge di aver ritrovato il denaro,il quale solo adesso viene colto dal rimorso verso il
fratello Scipione.
Vedova Pescatore.
Ella è sicuramente antagonista,in quanto tormentatrice della vita coniugale di Mattia,
ma non ha esattamente la stessa influenza che avevano i precedenti sul protagonista:
ella è una delle numerose cause che condurranno Mattia alla decisione di fuga. Cugi-
na della “talpa” Malagna,anche a lei è attribuito un nomignolo che le si addice, “ la
strega”.Marianna Dondi,Vedova Pescatore,esprime fin dall’inizio l’antipatia nei con-
fronti di Mattia: “…non mi parve che accogliesse con molto piacere la mia seconda
visita:mi porse appena la mano: gelida mano,secca,nodosa,giallaccia…”.Diventata la
suocera poi si scatena contro di lui,tormentandolo ininterrottamente con i suoi rim-
proveri risentiti.
Pomino.
Egli è un personaggio che occupa due ruoli differenti all’interno della vicenda.Nella
prima parte egli è l’unico amico di Mattia;ammira le sue qualità e lo imita in tutto,
cercando di essere uguale a lui.Ma è privo della vitalità e del dinamismo dell’amico,
che conquista per questo l’amore di Romilda.Nella conclusione invece Pomino si ri-
vela antagonista,poiché impedisce al resuscitato Mattia di recuperare il suo matrimo-
nio.
Madre di Mattia.
Aiutante del protagonista,è anch’essa vittima delle ingiurie della Vedova Pescatore.
Ella è una donna debole,ingenua,inesperta della vita;dopo la morte del marito anche
le sue condizioni fisiche diventano precarie,ma lei le accetta con rassegnazione.Esce
presto di scena,con la sua morte,provocando un insostenibile dolore nell’animo del fi-
glio.
Adriana.
Giovane,poco appariscente,pallida,bionda,molto timida ma anche amareggiata e mor-
tificata dalla situazione familiare,in lei si nasconde un’autentica capacità di affetto,
aspetto questo che l’avvicina alla figura della madre di Mattia.Non a caso Adriano la
definisce “piccola mammina”.Ella non suscita in lui attrazione erotica,ma il senti-
mento di un amore puro,ideale;egli ritrova in lei la vita.Ma,per l’impossibilità di rea-
lizzare il suo sogno amoroso,è costretto a ferire i sentimenti puri della giovane Adria-
na;lo travolge quindi una sensazione d’impotenza che lo conduce alla morte.
Silvia Caporale.
Quarantenne pensionante in casa Paleari,maestra di pianoforte,ha pretese facoltà di
medium.Dietro al suo aspetto brutto e invecchiato si nasconde un animo sensibile al-
l’amore.Nonostante la vita sentimentale le abbia sempre riservato delusioni,che sfoga
nel bere,resta passiva di fronte agli uomini che,come Terenzio,si approfittano di lei.
Ella è l’intermediaria nella vicenda amorosa tra il protagonista e Adriana, e per que-
sto è la persona che più si scandalizza di fronte al “tradimento di lui”.
Anselmo Paleari.
Vecchio sessantenne,è un personaggio strano e bizzarro;si dedica unicamente all’oc-
culto e allo spiritismo. Ma è anche molto ingenuo nel farsi prendere in giro da Papia-
no,che si approfitta di lui. Per due volte nel romanzo egli esprime certe sue teorie fi-
losofiche. Per questo ha la funzione di far riflettere il protagonista.
Don Eligio Pellegrinotto.
Stesso ruolo si può attribuire all’amico di Mattia,Don Eligio Pellegrinotto,che con-
sente al protagonista di esprimere le sue idee sulla funzione della letteratura.
Romilda.
Ella è la moglie di Mattia Pascal.Ha uno sguardo dolce e triste allo stesso tempo e oc-
chi strani,di color verde,cupi,intensi,ombreggiati da lunghissime ciglia;occhi notturni,
tra due bande di capelli neri come l’ebano,ondulati,che le scendevano sulla fronte e
sulle tempie,quasi a far meglio risaltare la viva bianchezza della pelle.
Modalità di rappresentazione.
Tutte le descrizioni di persone sono espressive e sono descrizioni soggettive.Nella
descrizione soggettiva chi descrive fornisce una sua particolare visione e interpreta-
zione delle cose.Perciò egli non è interessato tanto alla completezza,quanto a deter-
minati aspetti che lo hanno colpito.Il suo scopo è quello di esprimere impressioni o di
persuadere il lettore.Possiamo dire che dietro ogni descrizione soggettiva c’è un’idea
o un sentimento attraverso il quale si interpreta la realtà.La descrizione soggettiva si
trova soprattutto nei testi narrativi letterari,ma anche nei testi espressivi(diari,lettere)
e nei testi che hanno lo scopo di persuadere,per esempio nella pubblicità.Il linguaggio
è espressivo:nomi,aggettivi,verbi sono scelti in base alla capacità di comunicare lo
stato d’animo o le intenzioni dell’osservatore.Inoltre si fa ricorso a figure retoriche.
Spazio.
-Luogo dove si svolge l’azione: Miragno.
-Descrizione sintetica:all’inizio del romanzo il paesino ligure è il luogo della gioiosa
giovinezza di Mattia ,ed è descritto positivamente.Ma con il tempo si rivela essere la
“culla” delle disgrazie e dei dispiaceri del protagonista.
-Caratterizzazione:
Biblioteca.
Essa è situata in una piccola chiesa sconsacrata fuori Miragno;ha un aspetto cadente,
come fosse da tempo disabitata;i libri,ricoperti di polvere e rosicchiati dai topi,non
hanno una collocazione ordinata,ma sono abbandonati caoticamente sugli scaffali.
Questo è un luogo che ha due funzioni diverse all’interno della narrazione.Nelle pre-
messe e nel finale del romanzo la Biblioteca Boccamazza è il luogo di riflessione e di
meditazione del protagonista,che può concentrarsi senza distrazioni per riordinare e
scrivere gli avvenimenti della sua vita.Nel capitolo quinto,invece,questa è il luogo
dove Mattia lavora miseramente,ed ha la funzione simbolica di condurlo alla “matu-
razione” e,se vogliamo,anche alla decisione di fuga.
Il casinò.
Di questo luogo Mattia ci dà una descrizione negativa.L’imponente ingresso,con otto
colonne di marmo,ma l’interno è di pessimo gusto;le cinque sale sono sontuose,ma
non eleganti.Mattia definisce il casinò “tempio della Fortuna”,e anche “mattatoio”
dove le persone,come tante bestie,rimangono intrappolate senza goderne.Da qui il va-
lore simbolico di questo luogo,dove la casualità stabilisce la sorte degli avventori,
“…la cui passione del giuoco ha sconvolto il cervello nel modo più singolare…”.
Roma.
Questo è il luogo che Adriano sceglie per stabilizzarsi e per trovare un alloggio fisso.
La prima descrizione è quella della veduta che il protagonista scopre dalle finestre
della sua camera.In primo piano il fiume,al di là del quale si vede il paesaggio dei
colli e alcuni monumenti antichi;ai lati la vista di numerosi ponti.La seconda descri-
zione si limita al ritratto di piazza San Pietro,in un’atmosfera notturna ben più ango-
sciante di quella precedente,e che assume un valore più simbolico che realistico.
Modalità di rappresentazione.
Prendiamo in esame le due descrizioni più rappresentative:quella del casinò e della
città di Roma.La prima è una descrizione informativa,la seconda è persuasiva.In tut-
te e due le descrizioni troviamo molte similitudini e metafore e sono ambedue descri-
zioni oggettive.Infatti,nella descrizione oggettiva chi descrive rappresenta le cose in
modo impersonale,senza mescolarvi le sue personali opinioni,impressioni e punti di
vista.Il suo scopo è quello di informare;la rappresentazione dell’oggetto è completa e
fedele,quindi non si sceglie di eliminare una serie di particolari e viceversa,di soffer-
marsi molto su altri.L’ordine della descrizione è speciale.L’ordine spaziale osserva
l’oggetto come farebbe una macchina da presa che si sposta da destra verso sinistra o
dall’alto verso il basso,oppure dal primo piano allo sfondo (o viceversa:sinistra-destra
basso-alto,sfondo –primo piano).Questa descrizione è adatta per oggetti grandi:am-
bienti,scene di gruppo,paesaggi.Il destinatario è il lettore e lo scopo delle descrizioni
è l’informazione,il registro linguistico è medio-basso e la forma è informale.La sin-
tassi è semplice e chiara e sostantivi e aggettivi sono sufficientemente precisi.Il tem-
po verbale prevalente è il presente.
Tempo.
-Tempo interno al racconto:
-Piano del narrato: inizio del 1900.
-Piano del narratore: 1904.
-Piano del narratario:
-Rapporto tra i piani del tempo interno:
-Ritmo di scorrimento del tempo: lento.
-Tempo esterno al racconto:
Stile.
-Tipo di sintassi prevalente: paratassi.Quando il periodo si compone prevalentemente
di proposizioni coordinate si parla di stile paratattico (da <<paratassi>> che indica
appunto il legame di coordinazione).Lo stile paratattico consente di rendere la frase
lineare,semplice,ma anche secca e sintetica, e di conferire alla narrazione chiarezza,o
di ottenere un ritmo narrativo rapido e incalzante.Anche questa soluzione stilistica
può rivestire diversi significati,valutabili alla luce delle altre caratteristiche del testo.
In linea di principio essa comporta una maggiore fedeltà ed immediatezza di rappre-
sentazione: è in questo senso che la letteratura realista dell’Ottocento e del Novecen-
to ha teso a farne un uso ampio e metodico e che anche nei testi contemporanei lo sti-
le paratattico prevale normalmente su quello ipotattico.Ma nel Novecento,oltre che a
scopo di riproduzione fedele,lo stile paratattico ha assunto anche valenze più com-
plesse.Nelle opere che esprimono la crisi di certezze dell’uomo contemporaneo esso
indica una sorta di “resa” all’oggettività del reale,una rinuncia alla capacità di indivi-
duare rapporti logici e gerarchici tra i fatti; l’espressione estrema di questo atteggia-
mento è costituita dalla già citata Ecole du regard.
-Scelte lessicali:livelli utilizzati:medio-basso,popolare-dialettale.L’altro livello fonda-
mentale del linguaggio letterario è quello medio-basso,maggiormente aderente all’uso
comune della lingua.L’espressione stile medio è comunque molto generica, e richiede
alcune precisazioni.Questa modalità lessicale si afferma soprattutto nel corso dell’Ot-
tocento,con il Romanticismo e con il Realismo,quando,specialmente nel campo del
romanzo,gli scrittori acquisiscono la consapevolezza della necessità di rendere la loro
lingua più piana e varia in funzione di due obiettivi fondamentali:
-allargare il loro pubblico,rivolgendosi all’insieme di persone (borghesia e parte dei
ceti popolari) che per interessi e cultura sono capaci di apprezzare una lingua relativa-
mente vicina alla loro,ma non quella classicheggiante della tradizione letteraria;
-aderire con maggiore fedeltà alla materia trattata,la quale facendosi da eroica e ari-
stocratica via via più ordinaria,mettendo al centro dell’attenzione ambienti borghesi e
popolari,richiede per essere rappresentata una lingua viva e concreta,e non quella for-
male e aulica dei modelli del passato,che si occupavano di altri temi ed erano nati in
un altro tipo di società.Un lessico medio risponde quindi al principio di mimesi lin-
guistica,cioè di riproduzione del reale nell’opera letteraria attraverso l’uso di forme
linguistiche che in essa si ritrovano o che fedelmente la rispecchiano.In Italia un pri-
mo importante esempio di questa tendenza è offerto dal romanzo “I Promessi Sposi”
di Manzoni; nel romanzo l’autore adotta una soluzione particolare,(l’uso del fiorenti-
no parlato dalle persone colte) che non consente in realtà una vera mimesi linguistica
con la materia narrata,seicentesca e lombarda,ma che è già un passo avanti rispetto al-
la lingua letteraria completamente avulsa dalla realtà che era comunemente in uso ne-
gli scrittori del tempo. Inoltre Manzoni utilizza a tratti forme lessicali e sintattiche di
matrice più prettamente lombarda e dialettale,e quindi più fedelmente mimetiche del
reale,che contribuiscono a dare maggiore immediatezza alla narrazione. Del resto
l’opera manzoniana presenta un ventaglio di registri linguistico-lessicali (basta misu-
rare la distanza che separa la lingua del cardinale Borromeo da quella dei personaggi
più umili del romanzo) ed in questa variegazione sta già uno sforzo di realismo.
-Aggettivazione prevalente:siciliana,soggettiva.
-Caratterizzazioni stilistiche particolari:
Probabilmente Pirandello ha scelto l’uso della 1° persona per far sembrare la narra-
zione più autentica e realistica,ma anche per ottenere uno stile sciolto;sono frequenti
infatti nel corso della narrazione esclamazioni tipiche della lingua parlata. L’autore,
non essendo il narratore,non si rivolge direttamente al lettore o ad altri,ma il narrato-
re Mattia Pascal utilizza questo artificio proprio all’inizio del romanzo,nella premes-
sa,prima di cominciare a raccontare la sua vicenda: “Qualcuno vorrà bene compian-
germi…Ebbene,si accomodi.Ma è mio dovere avvertirlo…”.Il linguaggio adottato è
molto semplice e attuale.A seconda delle situazioni Pirandello utilizza vari registri
lessicali.Il registro umoristico prevale nel racconto,ma ci sono anche espressioni o
termini di altro genere.Nella prima premessa,quando il narratore descrive la bibliote-
ca di Santa Maria Liberale sono presenti scelte lessicali a livello solenne.Nel capitolo
7°,invece viene adottato un registro giornalistico nella cronaca del suicidio,e un lessi-
co più solenne nel necrologio di Lodoletta.Nel capitolo 9° si trova un registro riflessi-
vo,e nel capitolo 16° è presente una frase di registro burocratico.L’autore si esprime
in modo realistico.Nel capitolo 7° l’autore usa termini che si riferiscono al funziona-
mento del mulino ad acqua presente nel podere della Stia: “…nottola…bronzina…lu-
becchio…molenda…”.Nel capitolo 6°,quando Mattia vede puntare i soldi al casinò di
Montecarlo,sono presenti termini tecnici di gioco: “…tavoliere…roulette…croupier...
rastrello…”.Nel capitolo 12° Adriano riceve una visita da un uomo torinese che dice
di essere suo parente;nel dialogo tra i due quest’ultimo parla in stretto dialetto pie-
montese: “…Dova ca l’è sto me car parent?...Cusin…Tut i Meis i soma parent…Oh
ma costa ca l’è bela!...L’è propri per lon che mi’t son vnù a trové…a l’à dime che to
pare a l’è andàit an America: cosa ch’a veul dì lon?”.
Weltanschauung dell’autore.
Tra i più grandi interpreti della crisi della società europea fra Ottocento e Novecento
troviamo lo scrittore italiano Luigi Pirandello. La sua vasta opera si estende nell’arco
di più di trent’anni e comprende generi diversi: dal romanzo alla novella,dal teatro al
saggio,alla poesia. Grande fama internazionale Pirandello conquistò soprattutto con il
teatro: con la compagnia da lui fondata,mise egli stesso in scena e portò nei teatri di
tutto il mondo le proprie numerose opere. La narrativa e il teatro di Pirandello espri-
mono in pieno la crisi del Novecento e il crollo della fiducia nella ragione,come crite-
rio unico che governa la vita umana. Di qui vengono il “relativismo” di Pirandello e il
tema dell’ambiguità,fondamentale nella sua opera:l’uomo moderno,inquieto,smarrito,
privo di certezze e di una chiara identità,non è più in grado di capire e di controllare il
mondo esterno e soprattutto non conosce più se stesso. Drammaticamente si rende
conto che non esiste una realtà uguale per tutti,che lo stesso avvenimento appare di-
verso a seconda del punto di vista. Per Pirandello,la società mette addosso a ciascuno
di noi un ruolo fisso,una maschera che ci condiziona nel nostro modo di agire e di
pensare e ci rinchiude in una forma,una sorta di gabbia. Ciascuno ha la sua,e ciascuno
ha la propria verità,diversa da quella degli altri,delle altre maschere: questo crea l’im-
possibilità per gli uomini di comunicare tra loro e di vivere una vita piena e autentica.
Questi temi furono presenti sia nella narrativa sia nel teatro di Pirandello,fortemente
intrecciati tra loro.
Temi.
Uno dei temi più ricorrenti nel romanzo è soprattutto quello del caso.Già è presente
nell’intrigo che sconvolge la giovinezza di Mattia,ma soprattutto questo incide nelle
vicissitudini successive alla sua fuga:la vincita al casinò ne è l’esempio più evidente,
poiché egli non aveva mai giocato.Ma anche la notizia del suo suicidio;il suo nome,
Adriano Meis,suggeritogli per caso dalla conversazione di due passeggeri del treno;
l’incontro con Anselmo Paleari,il quale per appunto è appassionato degli argomenti
riguardanti in modo speciale la situazione di Adriano(l’anima,la morte,le sedute spiri-
tiche).Infine anche l’incontro con Adriana è voluto dal caso,poiché lo pone di fronte
alla scelta fra la vita e la morte.Un altro tema principale è quello della libertà,che si
traduce dapprima nel motivo della fuga in America e poi,alla notizia del suicidio,in
quello del viaggio senza meta e senza obblighi di progetti.In principio egli conquista
realmente la libertà,sciogliendo i legami con la famiglia oppressiva e liberandosi dei
debiti insostenibili.Ma poco a poco questa libertà che il nuovo Adriano sperimenta si
rivela una forma di privazione.Adriano non può avere una donna;non può investire il
suo denaro né difenderlo dal furto;non può rivendicare il suo onore.Questa illusoria
libertà finisce col farlo sentire vuoto;il senso di liberazione diventa per Adriano un
sentimento di esclusione.Infine emerge nel romanzo il tema dell’amore in due aspetti
diversi.Il rapporto che nella giovinezza lega Mattia a Romilda rappresenta la passione
fisica;egli infatti mette in risalto l’aspetto esteriore della ragazza,la sua bellezza fisi-
ca.Ma con il matrimonio riparatore questo amore svanisce,e la donna perde la sua
bellezza.Il rapporto che invece si stabilisce tra Adriano e Adriana è di tutt’altro gene-
re.La descrizione della giovane donna non è incentrata sull’aspetto fisico,che è secon-
dario,ma su quello interiore,più simile a quello di una madre piuttosto che di un’a-
mante.Perciò Adriana suscita in lui il desiderio di un amore ideale,e pensieri che egli
le rivolge sono esclusivamente puri.Per questo quell’unico bacio concreto che i due si
scambiano segna la fine del loro rapporto.L’amore ideale può essere vero solo inte-
riormente,e non può concretizzarsi nel matrimonio.
Contestualizzazione.
Tutta l’attività letteraria di Pirandello fu accompagnata da una coscienza critica del-
l’arte che non si esaurisce in una professione di poetica individuale.Lasciando da par-
te la sua dissertazione universitaria,tuttavia recuperabile come testimonianza di un in-
teresse linguistico perdurante,articoli,recensioni,saggi,discorsi ed anche interviste for-
mano tutti insieme un’ingente raccolta solo marginalmente contraddistinta dall’occa-
sionalità più effimera.Nella sua pubblicistica giovanile più volte viene ribattuto il
chiodo del <<sincerismo>>,una specie di programma di letteratura antiretorica che
rifletteva prese di posizione di gruppi facenti capo alla lezione del Capuana (e alla ri-
vista <<Ariel>> di breve durata) e che più tardi nel ’20,con il Discorso su Giovanni
Verga si tradurrà nella distinzione tra <<scrittori di cose>> e <<scrittori di parole>>
applicata a tutta la tradizione italiana.E intanto la sua attenzione si concentrava su
esemplari più o meno rilevanti di letteratura scapigliata e bizzarra che favoriscono la
sua definizione storica di umorismo: le divagazioni bozzettistiche di Alberto Cantoni,
del quale promosse la fortuna postuma pubblicando e producendo il romanzo “L’illu-
strissimo” nel 1906,e soprattutto la discussione nel 1896 sulla poesia di Cecco Angio-
lieri a proposito di uno studio di Alessandro D’Ancona,da cui prende le mosse per il
suo saggio più celebre,”L’umorismo”,pubblicato nel 1908.Il motto che si può porre a
questo libro coincide con quello che apre “Il candelaio” di Giordano Bruno:In tristitia
hilaris in hilaritate tristis,<<che pare-dichiara infatti Pirandello- il motto dello stesso
umorismo>>.Ad esso risale la formula che distingue l’umorismo dal comico,cioè il
<<sentimento del contrario>>,generato dal pathos dell’identificazione col soggetto
che produce il ridicolo,dall’<<avvertimento del contrario,prodotto dall’effetto imme-
diato e irriflessivo della situazione comica>>.Su questa base è più facile per Pirandel-
lo orientarsi nella ricerca degli antenati umoristi in un arco sopranazionale che copre
la prima parte del volume e va da Socrate a Manzoni passando attraverso l’ironia dei
poemi cavallereschi e soprattutto dell’Orlando furioso e culminando nel Don Chisciot
te.Poi nella seconda parte,l’inchiesta si spinge più oltre fino al personaggio dei ro-
manzi di Dostoevskij e si richiama alla nozione romantica di humour e alla valorizza-
zione da parte di Federico Schlegel dell’ironia come <<coscienza dell’irrealtà della
nostra creazione>>.Le argomentazioni teoriche della seconda parte del saggio sono
strettamente legate a quelle storiche e sono improntate a una discorsività che acquisi-
sce i contributi specifici (Le rire di Bergson del 1900 e il meno noto Komik und
Humor di Th.Lipps,ma non la fondamentale teoria del motto di spirito di Freud,il trat-
tato sul Witz del 1905 che non conosceva) e altri più generali di estetica e di psicosi-
siologia (di Séailles,di Binet,Negri,Marchesini):una bibliografia anomala per un sag-
gio di estetica storica e filosofica che forse diede filo alle contestazioni di principio di
Benedetto Croce (1909),cui Pirandello rispose con una concitazione dialettica finan-
che eccessiva nella riedizione del suo libro del 1920.
L’elaborazione della poetica pirandelliana avviene tra il 1904 e il 1908.Del 1904 sono
le due Premesse iniziali(corrispondenti ai primi due capitoli) del Fu Mattia Pascal,che
gettano già le basi della nuova poetica,che troverà successivamente una trattazione
più organica e sistematica nel saggio “L’umorismo”,del 1908.
Per Pirandello l’elemento costitutivo dell’umorismo è la riflessione.Infatti la riflessio-
ne distingue l’umorismo dalla comicità.Nel comico è assente la riflessione.Il comico
nasce infatti dal semplice e immediato <<avvertimento del contrario>>,dall’accorger-
si,con un sussulto irresistibile che provoca il riso,che una situazione o un individuo
sono il <<contrario>> di come dovrebbero essere.Invece l’umorismo è il <<sentimen-
to del contrario>>,che nasce appunto dalla riflessione:riflettendo sulle ragioni per cui
una persona o una situazione sono il <<contrario>> di come dovrebbero essere,al riso
subentra il sentimento amaro della pietà.Ma se l’essenza dell’umorismo è nel <<sen-
timento del contrario>>,ossia nella capacità di cogliere lucidamente la contraddizio-
ne,costitutiva dell’esistenza umana,tra <<vita>> e <<forma>>,allora l’umorismo di-
viene strumento conoscitivo privilegiato della tragedia del vivere e della realtà molte-
plice e contradditoria dell’esistenza,atto a demistificare e smascherare gli infingimen-
ti imposti dalla società e gli illusori autoinganni dell’io.L’umorismo possiede pertanto
una forza straniante che consente all’io di pervenire a una superiore forma di consa-
pevolezza della propria reale condizione di miseria e di alienazione.L’arte umoristica
è volta continuamente a evidenziare il contrasto tra <<forma>> e <<vita>> e tra
<<personaggio>> e <<persona>>.L’uomo ha bisogno di autoinganni:deve cioè crede-
re che la vita abbia un senso e perciò organizza l’esistenza secondo convenzioni che
devono rafforzare in lui tale illusione.Gli autoinganni individuali e sociali costituisco-
no la <<forma>> dell’esistenza:essa cristallizza e paralizza la <<vita>>.Quest’ultima
è una forza profonda e oscura che fermenta sotto la forma ma che riesce a erompere
saltuariamente per cause spesso banali e insignificanti.Il soggetto,costretto a vivere
nella forma,non è più una persona,integra,coerente e “unitaria”,fondata sulla corri-
spondenza armonica fra <<essere>> e <<consistere>>;ma si riduce a un personaggio,
a una maschera che recita la parte che la società esige da lui e che egli stesso si impo-
ne.Il personaggio ha davanti a sé solo due strade:o sceglie l’incoscienza,l’ipocrisia,
l’adeguamento passivo alle forme,oppure vive consapevolmente,amaramente e autoi-
ronicamente la scissione tra <<forma>> e <<vita>>. Nel primo caso è solo una ma-
schera,nel secondo diventa una <<maschera nuda>>,dolorosamente consapevole de-
gli autoinganni propri e altrui,ma impotente a risolvere la contraddizione che pure in-
dividua.Nel secondo caso la riflessione interviene continuamente a porre una distanza
straniante fra il soggetto e i propri gesti,fra l’uomo e la vita: più che vivere,il perso-
naggio <<si guarda vivere>>.Questo distacco riflessivo,amaro,pietoso e ironico insie-
me,è il segno distintivo dell’umorismo.Mentre nelle due Premesse Pirandello fa coin-
cidere il sorgere dell’arte umoristica con la modernità,e in particolare con le scoperte
di Copernico,nel saggio del 1908 Pirandello sembra considerare l’umorismo una ca-
ratteristica perenne dell’arte,riscontrabile nell’antica Grecia come nell’età moderna.
Anche se Pirandello tenta di darle un fondamento eterno,in realtà la poetica dell’umo-
rismo nasce in Pirandello da una riflessione sulla modernità.L’umorismo è l’arte del
tempo moderno in cui le categorie vero-falso,bene.male sono entrate in crisi e in cui
non esistono più parametri certi di verità.Perciò l’umorismo non propone valori,né
eroi che ne siano portatori,ma un atteggiamento esclusivamente critico-demistificante
e personaggi problematici e dunque inetti nell’azione pratica.Esso non risolve positi-
vamente le questioni9 che affliggono l’uomo ma mette in rilievo le contraddizioni e
le miserie della vita,irridendo e compatendo nello stesso tempo.
Giudizio finale.
Ho trovato la lettura di questo romanzo molto piacevole,perché la trama insolita e
singolare mi ha coinvolto particolarmente.Il contenuto è ricco:nell’opera ci sono spa-
zi caratterizzati dal puro umorismo,ma anche momenti di grande intensità,dedicati al-
le riflessioni filosofiche,alla descrizione della società,al sentimento d’amore;questa
varietà abbraccia tutte le aspettative del lettore,divertendolo e ,allo stesso tempo, “tra-
scinandolo” nella vicenda del protagonista.La riflessione sulla libertà dell’individuo
mi è sembrata molto vicina alle mie idee e molto attuale,mentre non sono particolar-
mente d’accordo con la polemica evidente di Pirandello sul progresso scientifico;ciò
è comunque comprensibile,considerato il fatto che io ragiono a più di un secolo di di-
stanza dalla nascita della società industriale.Il linguaggio è molto semplice e piano,e
questo è un elemento che caratterizza una maggiore scioltezza nella lettura.Si incon-
trano a volte vocaboli particolari,non più in uso,ma nel complesso l’autore utilizza
termini molto moderni.Il frequente utilizzo del linguaggio parlato e delle esclamazio-
ni inoltre dà alla narrazione uno stile particolare.Anche la sintassi è piana.

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