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[40dP | Giamblico di Calcide in Celesiria Esortazione alla filosofia 1. Di Pitagora © della sua vita, nonché dei Pitagorici, abbiamo detto in modo appropriate nel libro precedente,> invece cominciamo a trattare il resto della sua scuola a partire dalla prepara- zione generale a tutta Peducazione ¢ all'apprendimento e alla virtd, educazione che non prepara l'uome, assumendolo in modo parziale, ad un’unica occupazione {ra tutte, bensi lo esorta, per dirla in breve, a impegnarsi interiormente in tutte le [7] matematiche, da un lato, e dall’altro lato in tutte le scienze, ¢ in tutte le azioni belle e nobili della vita, e nell’educazione, ¢ per cosi dire in tutto cid che partecipa del bello. Infatti non é possibile, senza essere esortati, né provare impul- so per le belle ¢ nobili occupazioni, né predisporre immediatamente qualcuno al pitt alto ¢ pitt perfetto dei beni, prima di averne prepara- ta anima attraverso lesortazione; ma cosi come |’anima procede a piccoli passi dalle cose minori a quelle maggiori, e attraversando tutte le cose belle [4tdP] scopre alla fine i beni pit perfetti, allo stesso modo occorre anche che l’esortazione proceda partendo dalle cose generali. Essa infatti dard assolutamente impulso alla filosofia e, per dirla in breve, allo stesso filosofare secondo una qualsiasi formazione, senza preferire pregiudizialmente nessuna scuola, ma apprezzandole tutte insieme ¢ in generale, ¢ valutandole per le occupazioni umane secondo un metodo protrettico generale ¢ volgare. Dopo di che occorre utilizzare un metodo intermedio, che non sia né assolutamen- te volpare né direttaumente riservato ai Pitagorici, ma neppure del tutto lontano dall’uno ¢ dall'altro di tali metodi. In questo metodo noi ordineremo incitazioni generali ad ogni filosofia, in modo da tenerle separate dall’intenzione di Pitagora in proposito, e mescoleremo molto opportunamente le pitt importanti opinioni dei filosofi pitago- tici, in modo che in virté di tale stile pitagorico divenga proprio dei [8] Pitagorici; a questo punto noi ci allontaneremo dolcemente, com’é giusto che sia,? dalle nozioni essoteriche, € passeremo, per ren- derle familiari, alle dimostrazioni tecnicamente approfondite proprie della scuola, elevandoci dal basso verso il punto pit alto come attra- verso un ponte o una scala. Alla fine metteremo insieme i discorsi protrettici propri della scuola pitagorica, che sono in qualche modo forme di educazione estranee e segrete rispetto a quelle delle altre scuole. 2. Cominceremo adesso dalle cose che sono prime per noi. E que- ste sono in verita cose evidenti e visibili a tutti [42dP] e che non pre- suppongono affatto l’essenza della virtd, e che risvegliano il nostro impegno secondo le nozioni comuni relative alla virta in virta di certe sentenze note alla maggior parte degli uomini, sentenze che sono imi- tazioni rispetto alle chiare indicazioni della realta. Esse sono pressap- poco le seguenti. Poiché noi viviamo per mezzo della nostra anima, bisogna dire che viviamo bene per mezzo della sua virtt; allo stesso modo, poiché vediamo per mezzo degli occhi, bisogna dire che vediamo bene per mezzo della loro virta. Non bisogna né credere che la ruggine possa intaccare l’oro, né il vizio la virtd. Bisogna lanciarsi nella virt@ come in un santuario inviolabile, [9] allo stesso modo non dobbiamo arren- derci a nessuna ignobile tracotanza dell’anima. Bisogna fidarsi della virti come di una moglie casta, e della fortuna come di una compa- gna incostante, Meglio assumere la virtt: accompagnata da poverta che la ricchezza accompagnata da malvagita, nonché la sobrieta accompagnata da salute che la voracita accompagnata da malattia. E assolutamente nociva l’abbondanza di cibo a chi sta male nel corpo, e Pabbondanza di possedimenti a chi sta male nell’anima. E parimenti tischioso dare una spada a un pazzo e il potere a un malvagio. Allo stesso modo, per uno che ha una ferita suppurata é meglio essere cau- terizzato piuttosto che rimanere in quello stato, e per un malvagio é meglio morire piuttosto che vivere. Bisogna godere, per quanto é pos- sibile, delle contemplazioni secondo sapienza, come fossero ambrosia e nettare, perché é puro il piacere che da esse deriva e il loro caratte- re divino pud rendere magnanimi, se non addirittura eterni, [43dP] in quanto ci da effettivamente la scienza delle cose eterne. Se é vero che bisogna auspicarsi di avere buona sensibilita, la prudenza é anco- ra pitt degna di essere perseguita, perché & come una buona sensibili- 12 del nostro intelletto pratico; per mezzo di essa infatti noi evitiamo di subire inganno nelle nostre percezioni, ed evitiamo anche di ingan- narci nel calcolare le nostre azioni. [10] E noi veneriamo dio come si deve, se preserviamo il nostro intelletto puro da ogni malvagita come da una macchia pestifera. Bisogna adornare il tempio con delle offer- te, e Panima con le scienze matematiche. Allo stesso modo, bisogna insegnare i piccoli misteri prima dei grandi misteri, e bisogna educa- re prima di insegnare filosofia. Mentre il frutto della terra si riprodu- ce annualmente, quello della filosofia invece si riproduce ogni minu- to. Come deve prendersi cura della terra soprattutto chi ne abbia avuta in sorte quella di migliore qualita, cosi bisogna fare anche con lanima, affinché produca il frutto che é degno della sua natura. Chi presentera tali tipi di sentenze/immagini8 derivanti da cose evidenti, fara un’esortazione generale alla filosofia. 3. C’é anche un altro tipo di esortazione che si serve anch’esso di sentenze, ma che non pone pit a mo’ di parabola le immagini alle sentenze, giacché é gia in versi e in musica, ed é genuinamente pita- gorico, e noi lo possediamo per averlo appreso tra l’altro nei Versi auret, di cui & giusto presentare qui poche indicazioni, e cioé le seguenti: “Fatica su queste cose, praticale, occorre che tu le ami: esse ti porranno sulle tracce della divina virta”.® Attraverso queste paro- le Pitagora esorta a tutto cid che di bello ¢’é nelle scienze e nelle occupazioni matematiche, ritenendo che non ci si debba risparmiare le fatiche, né trascurare alcuna pratica di studio, stimolando all’amo- te e [44dP] all’impegno per le cose belle, e [11] riducendo tutto questo alla pratica della virta, e non semplicemente di una qualsiasi virté, ma di quella che ci allontana dalla natura umana, € ci conduce alla divina essenza e alla conoscenza e all’acquisizione della divina virtd. Ma in effetti Pitagora ci invita alla sapienza contemplativa con le seguenti parole: “Quando tu avrai dominato queste cose, conosce-

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