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(•) Le presenti pagine sono ispirate dalla lettura del libro di R. O restaxo , Introduzione allo studio
storico del diritto romano, Corso di diritto romano tenuto nell’Università di Genova, Giappichelli,
Torino, 1953.
(!) Cfr. A. V isconti, Dove va la storia del diritto?, « Riv. di storia dir. ital. », 1952, p. 15 1;
B. P aradisi in un lungo studio cui si rimanda per una critica esposizione delle attuali tendenze della
storiografia giuridica (/ nuovi orizzonti della storia giuridica, « Riv. ital. Se. giur. », 1953, p. 135)
giustamente osservava che « una preoccupazione profonda, che non può non toccare immediatamente
la storiografia giurìdica, nasce dalla crisi dello storicismo ed insieme dalla crisi del diritto ». Sui rap
porti fra storicismo e storia giuridica cfr. H . M it t e is , Historismus- und Rechtsgeschichte, Festgabe für
E. Kaufmann, Stuttgart, 1950, p. 280: Mochte die Zeit nicht allzu fern sein, in der eine historische wie
philosophisch gleichmässig fundierte Jurisprudenz wieder den Ehrenplatz im Kreise der Geisteswissen
schaften einnimmt, den sie selbst aufgegeben hat, indem sie sich in falschem Stolze ganz auf sich
selbst beschänktc ».
tale va studiata coi criteri dello « storico », o non è piuttosto una scienza
« giuridica », e pertanto va considerata da una particolare prospettiva, che
è quella del giurista?
Certo è che essi, sebbene inconsapevolmente, non avevano mai con
dotto un lavoro di storiografia pura, in quanto i loro problemi erano essen
zialmente giuridici. Sebbene sui loro libri sembrasse scritto (come notò una
una volta F r a n c e s c o C a r n e l u t t i ) « Vietato l ’accesso agli estranei ai lavori »,
in realtà gli storici del diritto, isolando nella infinita congerie delle mani
festazioni della esperienza del passato, alcune come « giuridiche », avevano
fatto partecipare in un certo senso lo studio storico ai problemi della scienza
del diritto.
Così ci è accaduto, penetrando all’interno di questi lavori, attraverso
la lettura di un recente libro di R i c c a r d o O r e s t a n o : Introduzione allo
studio storico del diritto romano, di avere l ’ impressione precisa che i pro
blemi su cui oggi speculano gli storici del diritto rientrano nella sfera diretta
ed immediata degli interessi dei cultori di scienze giuridiche. Nel lavoro
dell’ORESTANo viene puntualizzato in modo brillante, attraverso la rispo
sta personale che egli dà, come romanista, alla crisi del diritto romano, il
problema stesso della storia del diritto, nel suo aspetto più generale. Anzi la
soluzione in sede di studio storico implica, secondo l’O., la soluzione, ed in
definitiva, la determinazione del nostro atteggiamento difronte alla scienza
del diritto oggi.
Le sue idee ci erano già in parte note attraverso una serie di studi pub
blicati in varie riviste rispetto ai quali, però, il volume (apparso sotto la
modesta veste di un corso litografato di lezioni universitarie tenute all’Uni
versità di Genova), rappresenta « una completa rielaborazione ed un ulte
riore sviluppo ». Benché si tratti di un « primo abbozzo » ad una introdu
zione generale allo studio storico del diritto, come leggiamo nella prefa
zione, l ’interesse del lavoro va molto al di là degli scopi di un corso univer
sitario di diritto romano, in quanto la vasta preparazione dell’autore anche
in problemi di filosofia e di scienza del diritto, lo rende un libro prezioso
per tutti coloro che hanno a cuore il dramma della scienza giuridica del
nostro tempo.
Convinti della possibilità di far progredire la nostra conoscenza della
fenomenologia giuridica attraverso una più stretta collaborazione fra teorici
e storici del diritto, ci sentiremo soddisfatti della modesta fatica di riassu
mere le idee dell’O., se essa contribuirà a richiamare la attenzione ai pro
blemi che egli pone nel suo libro. Siamo convinti degli inevitabili limiti di
una recensione, la quale non può sostituire un libro, ma sarà utile se con
terrà un invito a leggerlo : questo più che mai nel caso di un libro come
quello dell’O., che, per la vastità e la connessione dei problemi, va letto e
meditato da cima a fondo. Viene quasi da dubitare che l’autore, scriven
dolo, abbia inteso solo riassumere le sue idee. La nostra pertanto vuole essere
possono essere impiegati sic et simpliciter, ma scelti caso per caso in rela
zione al dato che andiamo ricostruendo. Su questa via, secondo l’O., bisogna
ammettere che anche l’indirizzo storico si serve di una sistematica, benché
sia difficile dire in concreto quale essa sia : si tratta di una « sistematica sto
rica », che va costruita volta per volta allo scopo di consentire la elabora
zione di una esperienza particolare ed individuale, ed i cui strumenti sono
semplicemente empirici e relativi, senza nessuna pretesa di essere forme
logiche ed assolute. Quale sia in concreto questa « sistematica storica », l’O.
stesso non sa dircelo, perchè non abbiamo a disposizione regole tecniche e
precise per « una concettualizzazione ed una sistematica, del tutto perti
nente al dato ». Ma è necessaria una continua demarcazione fra il dato e
l’operazione cui lo sottoponiamo, che viene realizzata in tre momenti: accer
tamento del dato (ricostruzione in senso stretto), elaborazione del dato (in
quadramene di esso in una costruzione sistematica), valutazione del dato
(giudizio su di esso). Si tratta di una suddivisione di operazioni, che è utile
dal punto di vista logico, benché in pratica riesca difficile distinguere i tre
momenti. E ’ solo sulla base di questo relativismo che, secondo l’O., è possi-
sibilc ovviare agli inconvenienti della ricostruzione storica del diritto ro
mano ed in genere di tutti i diritti dell’antichità. Ma, giunto a questo punto,
l’O. sembra preoccuparsi delle conclusioni che potrebbero trarsi dal rela
tivismo di una « sistematica storica », costruita caso per caso, perchè, come
egli stesso avverte, viene messo in dubbio il valore della conoscenza conse
guibile attraverso lo studio storico: ma d’altro lato non vede alternative per
sfuggire a questa sorta di relativismo che avrebbe il valore positivo, attra
verso successive ricostruzioni, di far progredire la nostra conoscenza storica
del diritto, ed, attraverso una moltiplicazione delle visuali, di farci avvicinare
all’ « oggetto nella sua concretezza ».
La ricostruzione del passato con gli strumenti concettuali del presente
è sempre approssimativa e non può essere del tutto oggettivizzata in quanto
non è possibile dare una soluzione dei problemi del passato, prescindendo
dalle soluzioni che diamo loro nel nostro presente; anzi vi sono degli
aspetti che non sono addirittura traducibili e ricostruibili nella esperienza
del nostro tempo. Ma ciò che in ogni caso all’O, importa mettere in evi
denza è il fatto che lo studio storico ripresenta in sé gli stessi procedi
menti della scienza del diritto, ed in primo luogo il procedere per astra
zioni. Lo storico deve tener presente che questa attività imprescindibile
della scienza giuridica si manifesta « anche nei gradi di operare più rozzi
o negli indirizzi più volutamente empirici », in quella attività conoscitiva
nel vero senso del termine che non era sfuggita, come ci ricorda l’a., al
giurista P omponio quando scriveva: constare non potest jus, nisi sit ali-
quis juris peritus, per quem possit cotidie in melius produci. A questo mo
mento della attività scientifica, in genere trascurato dai giuristi, e che è
stato messo in luce nella filosofia giuridica del C apograssi come il momento
in cui la scienza del diritto viene a trovarsi all’interno del processo creativo
della norma e viene a far parte della stessa vita del diritto, lo storico deve
attribuire la massima importanza. In questo momento trovano la soluzione
molti aspetti che restano al di fuori di una concezione rigidamente norma
tiva del diritto: in questa attività il giurista (e lo storico giurista) si trovano
di fronte ad una realtà umana e sociale da concettualizzare. Accanto a
questa però vi è l’altra attività, di solito considerata dai giuristi come il mo
mento in cui ci si colloca di fronte a norme, che l’attività precedente ha
contribuito a realizzare : qui ci troviamo di fronte ad una « seconda serie di
concettualizzazioni », che hanno riferimento non alla realtà come tale, ma
alle norme. Potremmo forse dire che nel primo caso abbiamo la esperienza
giuridica nel suo farsi, nel secondo caso il risultato di detta esperienza.
Nello studio storico del diritto, soprattutto per quanto si riferisce al
secondo tipo della attività della scienza, (ossia quando ci troviamo di fronte
a concettualizzazioni che hanno diretto riferimento non alla realtà, ma
alle norme), senza dubbio il problema risulta più complesso: da un lato la
esperienza del passato di solito ci è conoscibile attraverso la esperienza altrui
di quella realtà (testimonianze, elaborazioni del momento normativo, in
terpretazioni giurisprudenziali, ecc., che per noi costituiscono il dato da
interpretare); dall’altro lato, mentre le astrazioni del passato rappresentano
il dato della nostra costruzione non possiamo servirci delle nozioni del pre
sente come qualcosa di assoluto e di valido per tutti i tempi, ma dobbiamo
essere al massimo consapevoli della storicità del presente, oltre che della
storicità del passato: « dobbiamo cercare di assumere le nozioni astratte, in
cui entra come componente la nozione astratta di diritto, per come esse
furono intese nei singoli momenti in cui furono impiegate e secondo quella
determinata concezione del diritto che in esse era allora presupposta ».
Se, per intendere le nozioni astratte del passato dobbiamo ((artico
lare » gli strumenti concettuali del presente (sistematica storica) in quanto
non possiamo basarci su quelli del passato che rappresentano solo un dato di
conoscenza, allora la controversia fra l’indirizzo dommatico e quello storico
potrebbe venire superata, secondo l’O., in quanto entrambi finiscono per
servirsi degli strumenti del presente. E ’ sulla base di queste idee che gli
appare possibile superare la unilateralità delle due concezioni.