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A LE SSA N D R O G IU L IA N I

professore incaricato nell’ Università d i Pavia

STUDIO STORICO D E L D IRITTO E STUDIO


D E L L ’E SP E R IE N Z A G IU RID IC A *

i. - La scienza giuridica contemporanea, da tempo comparsa dinanzi


al tribunale della filosofia, attende ancora il verdetto finale intorno alla legit­
timità delle pretese « scientifiche » dei suoi metodi e dei suoi procedimenti :
ma fra lo scienziato, che faticosamente procede avanti fiducioso nel suo
lavoro, ed il filosofo che severamente pone ad un vaglio critico i risultati
della scienza giuridica, nei tempi più recenti sta intervenendo il « terzo uo­
mo » : lo storico del diritto (o meglio, lo storico giurista). E se un attento
esame delle pretese di quest’ultimo presenta forse i pericoli di una ulteriore
proroga della istruttoria del processo, d’altro lato potrebbe illuminarci
nel momento della decisione. E ’ da sperare che, allo stesso modo come le
soluzioni raggiunte in sede di studio teorico hanno condizionato fino ad
oggi i lavori di storia giuridica, così i risultati conseguiti in sede di stu­
dio « storico » possano esserci di ausilio per chiarire i termini in cui va impo­
stato il problema della « scientificità » del diritto.
Gli storici del diritto, i quali, dichiarando di trascurare il problema
della scientificità, avevano sperato nella possibilità di uno studio « storico »,
che avesse in sè la propria giustificazione, si sono accorti che, come risultato
di questa « Historisierung », le loro conquiste venivano considerate sempre
più inaccettabili da parte dei giuristi puri. Tutte le volte che non si era
addirittura dubitato della autonomia della storia giuridica, considerandola
un capitolo di quella etico-politica, essa aveva finito con l ’avere il ruolo di
« ancella », con funzioni puramente ausiliarie nei confronti della scienza
giuridica. Così oggi gli storici del diritto, nel contrasto fra vecchie e nuove
tendenze storiografiche ( C h e c c h i n i , C a l a s s o etc.), vanno seriamente chie­
dendosi: dove va la storia del diritto? (*). E ’ una scienza storica, e come

(•) Le presenti pagine sono ispirate dalla lettura del libro di R. O restaxo , Introduzione allo studio
storico del diritto romano, Corso di diritto romano tenuto nell’Università di Genova, Giappichelli,
Torino, 1953.
(!) Cfr. A. V isconti, Dove va la storia del diritto?, « Riv. di storia dir. ital. », 1952, p. 15 1;
B. P aradisi in un lungo studio cui si rimanda per una critica esposizione delle attuali tendenze della
storiografia giuridica (/ nuovi orizzonti della storia giuridica, « Riv. ital. Se. giur. », 1953, p. 135)
giustamente osservava che « una preoccupazione profonda, che non può non toccare immediatamente
la storiografia giurìdica, nasce dalla crisi dello storicismo ed insieme dalla crisi del diritto ». Sui rap­
porti fra storicismo e storia giuridica cfr. H . M it t e is , Historismus- und Rechtsgeschichte, Festgabe für
E. Kaufmann, Stuttgart, 1950, p. 280: Mochte die Zeit nicht allzu fern sein, in der eine historische wie
philosophisch gleichmässig fundierte Jurisprudenz wieder den Ehrenplatz im Kreise der Geisteswissen­
schaften einnimmt, den sie selbst aufgegeben hat, indem sie sich in falschem Stolze ganz auf sich
selbst beschänktc ».

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STUDIO STORICO DEL DIRITTO ECC. 473

tale va studiata coi criteri dello « storico », o non è piuttosto una scienza
« giuridica », e pertanto va considerata da una particolare prospettiva, che
è quella del giurista?
Certo è che essi, sebbene inconsapevolmente, non avevano mai con­
dotto un lavoro di storiografia pura, in quanto i loro problemi erano essen­
zialmente giuridici. Sebbene sui loro libri sembrasse scritto (come notò una
una volta F r a n c e s c o C a r n e l u t t i ) « Vietato l ’accesso agli estranei ai lavori »,
in realtà gli storici del diritto, isolando nella infinita congerie delle mani­
festazioni della esperienza del passato, alcune come « giuridiche », avevano
fatto partecipare in un certo senso lo studio storico ai problemi della scienza
del diritto.
Così ci è accaduto, penetrando all’interno di questi lavori, attraverso
la lettura di un recente libro di R i c c a r d o O r e s t a n o : Introduzione allo
studio storico del diritto romano, di avere l ’ impressione precisa che i pro­
blemi su cui oggi speculano gli storici del diritto rientrano nella sfera diretta
ed immediata degli interessi dei cultori di scienze giuridiche. Nel lavoro
dell’ORESTANo viene puntualizzato in modo brillante, attraverso la rispo­
sta personale che egli dà, come romanista, alla crisi del diritto romano, il
problema stesso della storia del diritto, nel suo aspetto più generale. Anzi la
soluzione in sede di studio storico implica, secondo l’O., la soluzione, ed in
definitiva, la determinazione del nostro atteggiamento difronte alla scienza
del diritto oggi.
Le sue idee ci erano già in parte note attraverso una serie di studi pub­
blicati in varie riviste rispetto ai quali, però, il volume (apparso sotto la
modesta veste di un corso litografato di lezioni universitarie tenute all’Uni­
versità di Genova), rappresenta « una completa rielaborazione ed un ulte­
riore sviluppo ». Benché si tratti di un « primo abbozzo » ad una introdu­
zione generale allo studio storico del diritto, come leggiamo nella prefa­
zione, l ’interesse del lavoro va molto al di là degli scopi di un corso univer­
sitario di diritto romano, in quanto la vasta preparazione dell’autore anche
in problemi di filosofia e di scienza del diritto, lo rende un libro prezioso
per tutti coloro che hanno a cuore il dramma della scienza giuridica del
nostro tempo.
Convinti della possibilità di far progredire la nostra conoscenza della
fenomenologia giuridica attraverso una più stretta collaborazione fra teorici
e storici del diritto, ci sentiremo soddisfatti della modesta fatica di riassu­
mere le idee dell’O., se essa contribuirà a richiamare la attenzione ai pro­
blemi che egli pone nel suo libro. Siamo convinti degli inevitabili limiti di
una recensione, la quale non può sostituire un libro, ma sarà utile se con­
terrà un invito a leggerlo : questo più che mai nel caso di un libro come
quello dell’O., che, per la vastità e la connessione dei problemi, va letto e
meditato da cima a fondo. Viene quasi da dubitare che l’autore, scriven­
dolo, abbia inteso solo riassumere le sue idee. La nostra pertanto vuole essere

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solo una segnalazione e se molte delle idee non risulteranno abbastanza


chiare, la colpa è nostra e ci scuseremo con il manzoniano « non l’abbiamo
fatto apposta ». E pertanto, ritenendo che, ai fini di una recensione, vadano
soprattutto rispecchiati quei problemi che sono comuni all’autore del libro
recensito ed al recensore, abbiamo preferito, oltre che per ragioni di spazio,
informare i lettori prevalentemente della parte prima del volume, che si
riferisce ai problemi di carattere più generale, lasciando ad un eventuale
recensore più competente quella che si riferisce a problemi più strettamente
romanistici.
2. - I modi e i limiti della partecipazionte della storia del diritto ai
problemi della scienza giuridica costituiscono i motivi dominanti di tutta
la trattazione; ed al cuore di questa il lettore giunge attraverso una espo­
sizione critica dei filoni di pensiero, che costituiscono i presupposti della
nozione di « scienza » giuridica, cui si è giunti progressivamente, portando
alle conseguenze estreme la distinzione fra conoscenza « scientifica » e cono­
scenza « storica » (1). E siccome a questa frattura l’O. intende reagire, ripro­
pone quella idea della partecipazione dello studio storico alla scienza del
diritto, che fu già viva nelle aspirazioni dello storicismo giuridico del X IX
secolo. E ’ naturale quindi che il metodo « storico » del S a v i g n y rappresenti
il punto da cui muove l’indagine, per determinarne i limiti di validità, dato
che le istanze storicistiche di questa scuola sono andate perdute.
Attraverso lo spostamento dell’interesse dalla speculazione intorno ai po­
stulati razionalistici alla concreta realtà storica, si nutriva nel X IX secolo
la speranza che lo storicismo giuridico dovesse aprire la strada ad un vasto
rinnovamento negli studi e nelle concezioni del diritto. Ma in realtà si rimase
ben lungi dai risultati sperati perchè quelle istanze del razionalismo e del
giusnaturalismo, operanti nel Corpus furis, considerato quasi come ratio
scripta, riaffiorarono nella Scuola storica, che finì col continuare la tradi­
zione dei secoli precedenti. Così da un lato non ci fu contrapposizione fra
studio storico e studio sistematico, perchè, come il S a v i g n y aveva appreso
dallo H u g o , « la scienza del diritto ha due lati, il sistematico e lo sto­
rico, nel concepimento compiuto dei quali consiste la vera scienza del di­
ritto»; dall’altro il metodo storico perdette con il S a v i g n y il vecchio signi­
ficato, proprio della storiografia illuministica, di raccolta ed elaborazione
dei materiali di studio, per acquistare il nuovo di accertamento e conoscenza
dei fatti : anzi il diritto stesso finì col significare un fatto che vive e si svolge
nella storia come un organismo. Il metodo storico studia i fatti nella suc­
cessione temporale, mentre il metodo sistematico nella loro esistenza spa­
ziale, e cerca di riportarli ad unità: la storia del diritto viene ad identificarsi

( i ) E ’ significativo che questa frattura si accentui progressivamente nei lavori di R. v. J herinc ,


il quale finì col dichiararsi contrario all’ uso della dogmatica nello studio « storico» del diritto romano
e proponeva di « separare nello studio della giurisprudenza la storia e la dogmatica », dato che di
una tale separazione già da tempo si era giovata la teologia {Histoire du déveìoppement du droit
. . dal tedesco, Paris, 1900; cfr. l ’introd.: Du but et de la méthode de l’ histoire du droih.

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con la scienza del diritto, in quanto rappresenta la storia della conoscenza


giuridica di un popolo determinato. Ne deriva che, nelle aspirazioni e negli
intendimenti della Scuola storica, i principi della sistematica sono da accer­
tarsi e da trovarsi nei fatti, ossia nella storia: non sono cioè essi opera della
scienza, in quanto la sistematica significa « la scoperta di un ordine strut­
turale, che sarebbe insito nella realtà stessa ». Molto interessante è a tal pro­
posito l ’osservazione dell’O. secondo cui « lo studio sistematico venne man
mano ad allontanarsi da quelle che erano state le istanze fondamentali della
Scuola storica ed a sviluppare in loro vece alcune aspirazioni e tendenze,
provenienti dal filone razionalista o giusnaturalista, che aveva concorso a
determinarlo, e mai del tutto sopite ». Allorquando successivamente si smarrì
quel senso di concretezza e di individualità di ogni ordinamento giuridico,
che era stato operante nella concezione del S a v i g n y , la tendenza a consi­
derare i concetti come assoluti e gli clementi sistematici come dati oggettivi
della scienza, divenne sempre più marcata.
Le riflessioni sullo storicismo giuridico, ossia su un movimento di pen­
siero, che ha avuto una importanza così eccezionale nel determinare gli
orientamenti non solo dello scorso secolo, ma anche dell’attuale (e su questo
fatto va richiamata l’attenzione degli studiosi, perchè molti degli atteggia­
menti oggettivistici ed universalistici del diritto hanno la loro radice pro­
prio nello spostamento verso il lato collettivistico del diritto, che era impli­
cito nello storicismo giuridico del secolo scorso), portano l’O. a concludere
che, allorquando i principi di ima tecnica giuridica, già abbozzati dal S a v i -
g n y , furono fatti progredire dai suoi successori, ed in particolar modo

dallo J h e r i n g , il risultato finale che ne sortì, fu la dommatica giuridica, con­


siderata come la più alta forma di speculazione filosofico giuridica. Si andò
sempre più affievolendo la tendenza verso l’organicismo e il sociologismo,
a favore del culto della costruzione. La scienza del diritto venne identifi­
cata con la dommatica, e lo J h e r i n g poteva esclamare — come ci ricorda
l’O. — che « la filosofia del diritto attuale come anche il diritto naturale di
un tempo, non possono per quanto riguarda la somma di filosofia che vi si
manifesta, rivaleggiare con la dommatica ».
Non potendo ovviamente dilungarci nella ampia e approfondita disa­
mina, che l’a. fa di quello che è stato il dramma della scienza giuridica nel
X IX secolo, ci limitiamo a considerare come egli colga perfettamente il
punto della questione, là dove nota come una volta concepita la dom­
matica « una rappresentazione concettuale della fenomenologia giuridica »,
la tendenza dei giuristi si è sempre più progressivamente orientata nell’attri-
buirle un valore assoluto, individuando un lato sempre più formale del
diritto : la dottrina pura del K e l s e n non ha fatto altro che portare alle estreme
conseguenze questa tendenza. L ’idea di evoluzione — nota molto arguta­
mente l’O. — si è venuta così spostando dal diritto concepito come un
organismo alla stessa scienza del diritto. Quest’ultima ebbe momenti alta­

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mente drammatici a cavallo fra il X IX ed il X X secolo, allorquando col


D i l t h e y ebbe un posto quanto mai ambiguo fra le scienze della natura
e le scienze dello spirito; nè migliorò con la distinzione del W i n d e l b a n d
e del R i c k e r t fra scienze nomotetìche, o scienze di leggi, e scienze idio-
grafiche, o scienze di fatti. Ma, a dispetto di questa varietà di indirizzi e di
metodi, non si è assopito l’ideale della scientificità del diritto, che è restato
comune a tutti gli indirizzi, da quello di derivazione kantiana a quello di
marca positivistica. Ricerca scientifica finì col significare liberazione « da
ogni commistione con elementi extragiuridici, in quanto canone fondamen­
tale di ogni indagine scientifica era quello della oggettività ». Il dato da
studiare della esperienza giuridica fu ristretto al diritto positivo, inteso come
un sistema di norme, e ciò sia che si trattasse di giungere alla scienza del
diritto, concepita come attività di un particolare diritto positivo, oppure
alla scienza del diritto, intesa come attività speculativa rivolta agli aspetti
formali ed universali del diritto.
Lo sviluppo di una concezione sistematica del diritto ha lasciato colti­
vare la convinzione che lo studio del diritto fosse tanto più scientifico quanto
più potesse prescindere dallo studio storico, e che pertanto si dovesse tendere
all’ideale di una « scienza senza storia »; alla base di questa pretesa —- nota
l ’O. — vi è la mancanza di un approfondimento del problema metodolo­
gico, in quanto viene presupposta la costanza dell’oggetto, ossia la identifica­
zione del diritto con le norme. E sebbene questa concezione puramente stru­
mentale della metodologia, dovuta a ragioni storiche in quanto legata alle
vicende del Corpus ]uris, abbia molto contribuito a dare un carattere « inter­
pretativo » alla scienza giuridica considerata come scienza di norme e
contenga molto di vero, e sopratutto di utile, in sede di studio storico —
secondo l’O. - porta inevitabilmente ad una deformazione dell’oggetto.
3. - Si osserva in proposito che l’errore principale consiste nel non aver
posta sufficiente attenzione alla circostanza che non è possibile parlare in
astratto di « metodologia », ossia indipendentemente da una particolare con­
cezione del diritto : non esiste un « oggetto » che rimanga costante e inal­
terabile col variare dei punti di vista, ma ciò che varia è proprio l’oggetto
stesso della scienza giuridica. Il metodo non è qualcosa di puramente stru­
mentale ed estrinseco, ma è intimamente connesso e condizionato dal variare
dell’oggetto della scienza del diritto: la metodologia assume come punto di
partenza proprio ciò che la scienza pone come oggetto della propria cono­
scenza. E ’ stata invece la permanenza dell’oggetto, nel processo storico di
formazione della scienza giuridica continentale, a determinare la convin­
zione di una costanza dell’oggetto e a far conseguentemente prevalere una
particolare concezione della metodologia giuridica, cui si è ritenuto di dover
attribuire un valore assoluto ed oggettivo.
Una volta chiarita la intima connessione fra metodologia giuridica e
scienza del diritto (o meglio ciò che viene posto come « oggetto » della scienza

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STUDIO STORICO DEL DIRITTO ECC. 477

giuridica), riesce facile all’O. trovare un canone di interpretazione della crisi


della scienza del diritto contemporanea: esiste oggi insomma un divario fra
ciò che la scienza del diritto viene ponendo come « oggetto » attraverso un
progressivo ampliamento di presupposti, ed i procedimenti ed i metodi, i
quali sono rimasti immutati. Mentre sono stati capovolti i presupposti da
cui partiva la scienza giuridica dello scorso secolo, (e basti pensare allo spo­
stamento delPinteresse dal diritto soggettivo al diritto oggettivo, che era
implicito nello storicismo giuridico dello scorso secolo), i metodi sono rima­
sti in un quasi assoluto immobilismo e « si ha la pretesa di mantenere i
vecchi schemi di concettualizzazione, coniati su una realtà storica e su pre­
supposti del tutto diversi dalla realtà e dai presupposti su cui si opera e dai
quali si muove ».
La concezione del « moto ascensionale » della scienza giuridica, secondo
cui « la storia della giurisprudenza si svolge e progredisce attraverso il pro­
gresso del metodo » in tanto si può giustificare in quanto si presupponga la
costanza dell’oggetto e si trascuri il fatto importante che gli strumenti tecnici
ed i metodi sono in realtà oggetto di scelta : quando non teniamo conto di
questa circostanza finiamo col ricadere, sebbene involontariamente, in un
punto di vista antistorico. La storia del diritto si rivela particolarmente utile
sotto questo profilo, chiarendoci la connessione fra il variare dei metodi e
delle concezioni dell’oggetto della scienza del diritto, mostrandoci come
accada che permangano spesso metodi di una concezione già superata, men­
tre la introduzione di nuovi metodi a sua volta può essere addirittura deter­
minante nella affermazione di nuove concezioni intorno al diritto. La solu­
zione del problema del metodo è possibile, solo se abbiamo sufficiente con­
sapevolezza del nostro condizionamento storico e del condizionamento sto­
rico della scienza : ossia se siamo disposti a vedere nelle costruzioni della dom-
matica soltanto delle concettualizzazioni legate ad un particolare oggetto
di indagine, e non delle « pure » forme logiche indipendenti dall’oggetto.
Muovendo da queste premesse, che in realtà — come l’a. stesso di­
chiara — implicano una determinata soluzione del problema della scienza
giuridica, l’O. perviene alla conclusione che la conoscenza scientifica e la
conoscenza storica devono essere considerate come una unità inscindibile
e che pertanto lo studio storico va considerato come un problema della
scienza del diritto. Si tratta quindi di una tesi suggestiva e impegnativa, che
pone difficoltà rilevanti in quanto ci obbliga a distinguere la storiografia giu­
ridica da qualsiasi tipo di storiografia « pura ».
Il problema va inquadrato nella controversia più generale, che si dibat­
te in sede di scienze sociali, intorno ad una questione molto complessa, che
si può così sintetizzare: la riduzione della storia del diritto, dell’economia,
ecc. ad una delle storie particolari, in cui può e deve attuarsi la storia gene-
nerale, o, per dirla in termini crociani, la riduzione a storia etico-politica può
essere giovevole, o al contrario significa fine e perdita di ogni autonomia?

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L ’O., respinge una concezione puramente storiografica dello studio sto­


rico del diritto, perchè la storiografia giuridica non si limita mai ad essere
studio storico, ma, attraverso gli stessi procedimenti di concettualizzazione,
finisce pur sempre per esprimere anch’essa un dover essere : lo storico del
diritto insomma resta sempre giurista e non può limitarsi a giudizi di realtà,
ma deve altresì servirsi di giudizi di « valore », perchè la conoscenza sto­
rica del giurista deve essere altresì conoscenza giuridica: è conoscenza sto­
rica fatta da un particolare punto di vista e per un particolare interesse, ed
è questo, possiamo aggiungere, il titolo perchè lo storico del diritto possa
pretendere di avere dei giuristi fra i suoi uditori. Ma per l’O. non si tratta di
introdurre nella storia la categoria del « dover essere », ma di tener fede al
principio della contemporaneità della storia, in quanto la esperienza dello
storico del diritto è fatta in funzione del proprio presente: non è ispirata ad
un mero impulso culturale, ma corrisponde ad una esperienza del proprio
presente.
Se allora la storia del diritto è scienza giuridica, i problemi che trava­
gliano quest’ultima finiscono con l’essere i suoi problemi, a cominciare dal
problema metodologico fondamentale: ossia la fissazione del dato da cui
si muove, fissazione che ci obbliga ad un controllo continuo della validità
degli schemi concettuali del nostro presente rispetto al dato da studiare e da
osservare, obbligando in tal modo lo storico a partecipare ai problemi fon­
damentali della scienza giuridica del suo tempo. La storiografia giuridica,
secondo l’O., per adeguarsi ai suoi compiti, deve partire dalla nozione più
ampia di diritto, che in definitiva è il risultato di una scelta (elezione conven­
zionale come la chiama l’a.) e pertanto in nessun caso può pretendere un
valore assoluto e oggettivo. E ’ precisamente sotto questo profilo che lo sto­
rico è costretto a riconoscere la condizionatezza storica di qualsiasi conce­
zione, sia essa, ad esempio, quella statualistica che ignora molti aspetti della
fenomenologia storica, sia quella istituzionale che, pur avendo dato un forte
impulso alla scienza contemporanea per una più viva e concreta penetra­
zione del dato giuridico, non è stata capace di superare i limiti, in cui era
stata rinserrata dalla tradizione positivistica cui si era ispirata. Sulla base
delle concezioni tradizionali non è possibile avere consapevolezza della sto­
ricità e del processo di partecipazione della scienza giuridica alla forma­
zione dell’ordinamento giuridico, e del fenomeno giuridico.
Soltanto la risoluzione dello studio storico in studio della esperienza
giuridica viene a coincidere — secondo l’O. — con una esigenza avvertita
in sede di scienza giuridica attraverso l’ampliamento della nozione di diritto,
che è stato operato in genere dal pensiero contemporaneo, specialmente ita­
liano ( C e s a r i n i S f o r z a , C a m m a r a t a , F a l c h i , P e r t i c o n e , B a t t a g l i a , C a s t i -
g l i a , L e o n i , T r e v e j , O p o c h e r , B a g o l i n i , ecc.). Ma in particolar modo l ’O.

inquadra lo studio « storico » del diritto — che, come osserva felicemente, ha


costituito ante litteram ed inavvertitamente uno studio della esperienza giuri­
dica — in quella revisione di presupposti e di metodi della stessa concezione

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della scienza del diritto (come conseguenza dello spostamento dell’interesse


verso l’esperienza giuridica come tale) che G iuseppe C apograssi ha elevato
ad argomento centrale della speculazione filosofico-giuridica.
La nozione di esperienza giuridica assunta come punto di partenza
della storiografia giuridica, pur essendo oggetto di « scelta » ha il vantaggio
di essere « innocua » per usare una espressione dell’a., e potremmo aggiun­
gere wertfrei, ossia descrittiva e non normativa. E ’ l’unica concezione che
ci possa permettere di inquadrare il fenomeno giuridico nella infinità varietà
delle sue attività individuali e delle sue esperienze particolari, perchè il
diritto, una volta risolto nella esperienza giuridica, cessa di essere conside­
rato da un punto di vista intellettualistico, ossia isolato dal mondo delle atti­
vità umane che lo pongono in essere. « L ’elemento costitutivo dell’esperienza
giuridica essendo infatti la stessa attività umana che dà vita dell’esperienza,
è tutto il mondo dell’azione, con tutte le sue implicazioni ed esplicazioni,
che viene ad essere assunto ad oggetto dello studio, sicché nulla di ciò che
possa ricondurci a quell’esperienza diventa insignificante e irrilevante, per­
chè ogni elemento, ogni fatto, ogni dato si avvalora appunto come costi­
tutivo dell’esperienza stessa ».

4. - La riduzione del diritto alla esperienza giuridica implica la rinun­


cia ad una concezione oggettivistica del diritto ed impone di prendere posi­
zione difronte al problema stesso della scienza giuridica nel suo aspetto più
generale. L ’O., avvertendo la enorme complessità dei problemi connessi
all’atteggiamento ed alla scelta che egli fà in sede metodologica, assume un
atteggiamento cauto, affermando che il problema non è di « trattare apriori­
sticamente il quadro dei procedimenti », ma semplicemente di « limitarsi
ad alcune considerazioni di ordine generalissimo » : fra queste ha un posto
preminente la convinzione che, pur rinunciando ad attribuire un valore asso­
luto alla scienza del diritto (in quanto « non vi è una scienza del diritto, ma ve
ne sono tante, quanti sono i singoli complessi di esperienza sui quali ciascuna
si svolge ») non bisogna rinunciare alla possibilità di formulare teoremi gene­
rali, e quindi alla generalizzazione. La possibilità di fare della scienza, allor­
quando ci poniamo in una prospettiva storicistica, non è in relazione alla
progressiva astrazione dei concetti considerati come qualcosa di assoluto,
a quello che l’O. ha definito il « moto ascensionale della scienza giuridica »,
ma al contrario dipende in definitiva da un sempre più consapevole allar­
gamento della base e dell’ambito delle proprie esperienze.
La riduzione dello studio « storico » del diritto a studio della esperienza
giuridica non significa però — secondo l ’a. — identificazione assoluta, per­
chè una differenza permane e fondamentale : mentre in un caso parteci­
piamo direttamente ed attivamente ad una esperienza, nell’altro l’esperienza
non è diretta, ma dobbiamo riferirci, per mezzo della nostra esperienza
all’esperienza di altri, ossia, per dirla con l’O ., alla « nostra esperienza di
quella esperienza ». Ma sia si tratti di esperienza del passato sia del presente,

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480 ALESSANDRO GIULIANI

essa risulta sempre esprimibile attraverso concetti, il cui uso è ineliminabile


nella scienza del diritto, in quanto i dati non ci sono noti direttamente
attraverso una osservazione fisica, bensì attraverso la concettualizzazione, in
cui si esprime una particolare scienza del diritto.
L ’abbandono dell’oggettivismo nella scienza giuridica implica inevi­
tabilmente, come logica conseguenza, che la stessa scienza, e le sue concet­
tualizzazioni dei fatti, finiscano per porsi sullo stesso piano dei fatti medesimi
e, a tal proposito l’O. concorda col C a p o g r a s s i che « nella storia c’è anche
essa la scienza, cioè c’è il pensiero, la funzione del pensiero, che la scienza
a suo modo rappresenta ». La concettualizzazione dei fatti nel passato ha
finito con l’essere assorbita e assimilata dalla esperienza giuridica: i concetti
giuridici hanno una funzione sostitutiva, vicariale della realtà, e spesso rap­
presentano l’unico mezzo di conoscenza di questa o, per usare un termine
più comprensivo, della fenomenologia giuridica.
Siccome quindi le nozioni astratte risultano insostituibili, anche in un
tipo di studio « storico », l ’O. ritiene di poter superare la distinzione tradi­
zionale fra un tipo di conoscenza « scientifica » ed un tipo di conoscenza
<( storica », perchè in entrambi i casi non si può prescindere dai concetti: ciò
che in sostanza differenzia il punto di vista « storico » è una diversa consa­
pevolezza del valore da attribuire ai concetti, che vengono considerati sem­
plicemente delle costanti, oggetto di un atto di scelta da parte di chi per­
segue una conoscenza « storica », senza mai giungere ad attribuire loro un
valore assoluto ed oggettivo.
Muovendo da queste premesse l’O. viene ad affermare che la polemica
fra dommatisti e storicisti può essere ridotta a giuste proporzioni, in quanto
non si può prescindere dagli schemi concettuali del nostro presente non solo
nello studio dommatico, ma anche in quello « storico », perchè « gli schemi
concettuali da impiegare appartengono pur sempre alla esperienza del nostro
presente » : non vi è altra possibilità di esprimere la esperienza del passato,
che servendosi del linguaggio e degli schemi del nostro presente. La espe­
rienza del passato è insomma una esperienza di secondo grado per lo sto­
rico, che può conoscerla solo attraverso la propria « esperienza di quella
esperienza » : ma siccome la esperienza del presente è nota allo storico gra­
zie agli strumenti concettuali della dommatica, ne deriva, come conseguenza,
la insostituibilità di questi strumenti nella conoscenza « storica » dei diritti
del passato.
Ciò che contraddistingue nello studio storico l’impiego delle categorie
della dommatica è il senso del limite, che permette di evitare gli eccessi di
cui ci si è resi colpevoli, quando si è voluto, ad esempio, trasportare ut sic la
teoria del negozio giuridico nello studio del diritto romano, obbligando tutta
la romanistica successiva a fare un cammino inverso a quello della unifica­
zione di singole forme negoziali. La difficoltà del metodo storico è nell’im­
piego tutto particolare che esso fa degli strumenti del presente, i quali non

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STUDIO STORICO DEL DIRITTO ECC. 481

possono essere impiegati sic et simpliciter, ma scelti caso per caso in rela­
zione al dato che andiamo ricostruendo. Su questa via, secondo l’O., bisogna
ammettere che anche l’indirizzo storico si serve di una sistematica, benché
sia difficile dire in concreto quale essa sia : si tratta di una « sistematica sto­
rica », che va costruita volta per volta allo scopo di consentire la elabora­
zione di una esperienza particolare ed individuale, ed i cui strumenti sono
semplicemente empirici e relativi, senza nessuna pretesa di essere forme
logiche ed assolute. Quale sia in concreto questa « sistematica storica », l’O.
stesso non sa dircelo, perchè non abbiamo a disposizione regole tecniche e
precise per « una concettualizzazione ed una sistematica, del tutto perti­
nente al dato ». Ma è necessaria una continua demarcazione fra il dato e
l’operazione cui lo sottoponiamo, che viene realizzata in tre momenti: accer­
tamento del dato (ricostruzione in senso stretto), elaborazione del dato (in­
quadramene di esso in una costruzione sistematica), valutazione del dato
(giudizio su di esso). Si tratta di una suddivisione di operazioni, che è utile
dal punto di vista logico, benché in pratica riesca difficile distinguere i tre
momenti. E ’ solo sulla base di questo relativismo che, secondo l’O., è possi-
sibilc ovviare agli inconvenienti della ricostruzione storica del diritto ro­
mano ed in genere di tutti i diritti dell’antichità. Ma, giunto a questo punto,
l’O. sembra preoccuparsi delle conclusioni che potrebbero trarsi dal rela­
tivismo di una « sistematica storica », costruita caso per caso, perchè, come
egli stesso avverte, viene messo in dubbio il valore della conoscenza conse­
guibile attraverso lo studio storico: ma d’altro lato non vede alternative per
sfuggire a questa sorta di relativismo che avrebbe il valore positivo, attra­
verso successive ricostruzioni, di far progredire la nostra conoscenza storica
del diritto, ed, attraverso una moltiplicazione delle visuali, di farci avvicinare
all’ « oggetto nella sua concretezza ».
La ricostruzione del passato con gli strumenti concettuali del presente
è sempre approssimativa e non può essere del tutto oggettivizzata in quanto
non è possibile dare una soluzione dei problemi del passato, prescindendo
dalle soluzioni che diamo loro nel nostro presente; anzi vi sono degli
aspetti che non sono addirittura traducibili e ricostruibili nella esperienza
del nostro tempo. Ma ciò che in ogni caso all’O, importa mettere in evi­
denza è il fatto che lo studio storico ripresenta in sé gli stessi procedi­
menti della scienza del diritto, ed in primo luogo il procedere per astra­
zioni. Lo storico deve tener presente che questa attività imprescindibile
della scienza giuridica si manifesta « anche nei gradi di operare più rozzi
o negli indirizzi più volutamente empirici », in quella attività conoscitiva
nel vero senso del termine che non era sfuggita, come ci ricorda l’a., al
giurista P omponio quando scriveva: constare non potest jus, nisi sit ali-
quis juris peritus, per quem possit cotidie in melius produci. A questo mo­
mento della attività scientifica, in genere trascurato dai giuristi, e che è
stato messo in luce nella filosofia giuridica del C apograssi come il momento
in cui la scienza del diritto viene a trovarsi all’interno del processo creativo

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482 ALESSANDRO GIULIANI

della norma e viene a far parte della stessa vita del diritto, lo storico deve
attribuire la massima importanza. In questo momento trovano la soluzione
molti aspetti che restano al di fuori di una concezione rigidamente norma­
tiva del diritto: in questa attività il giurista (e lo storico giurista) si trovano
di fronte ad una realtà umana e sociale da concettualizzare. Accanto a
questa però vi è l’altra attività, di solito considerata dai giuristi come il mo­
mento in cui ci si colloca di fronte a norme, che l’attività precedente ha
contribuito a realizzare : qui ci troviamo di fronte ad una « seconda serie di
concettualizzazioni », che hanno riferimento non alla realtà come tale, ma
alle norme. Potremmo forse dire che nel primo caso abbiamo la esperienza
giuridica nel suo farsi, nel secondo caso il risultato di detta esperienza.
Nello studio storico del diritto, soprattutto per quanto si riferisce al
secondo tipo della attività della scienza, (ossia quando ci troviamo di fronte
a concettualizzazioni che hanno diretto riferimento non alla realtà, ma
alle norme), senza dubbio il problema risulta più complesso: da un lato la
esperienza del passato di solito ci è conoscibile attraverso la esperienza altrui
di quella realtà (testimonianze, elaborazioni del momento normativo, in­
terpretazioni giurisprudenziali, ecc., che per noi costituiscono il dato da
interpretare); dall’altro lato, mentre le astrazioni del passato rappresentano
il dato della nostra costruzione non possiamo servirci delle nozioni del pre­
sente come qualcosa di assoluto e di valido per tutti i tempi, ma dobbiamo
essere al massimo consapevoli della storicità del presente, oltre che della
storicità del passato: « dobbiamo cercare di assumere le nozioni astratte, in
cui entra come componente la nozione astratta di diritto, per come esse
furono intese nei singoli momenti in cui furono impiegate e secondo quella
determinata concezione del diritto che in esse era allora presupposta ».
Se, per intendere le nozioni astratte del passato dobbiamo ((artico­
lare » gli strumenti concettuali del presente (sistematica storica) in quanto
non possiamo basarci su quelli del passato che rappresentano solo un dato di
conoscenza, allora la controversia fra l’indirizzo dommatico e quello storico
potrebbe venire superata, secondo l’O., in quanto entrambi finiscono per
servirsi degli strumenti del presente. E ’ sulla base di queste idee che gli
appare possibile superare la unilateralità delle due concezioni.

5. - Il bel libro dell’O., inserendo la nota controversia tra dommatisti e


storicisti (controversia, si noti, che a ragione viene considerata un titolo
di onore della scienza giuridica del nostro paese, ed in cui si sono esercitati
i più brillanti ingegni giuridici dal B e t t i al D e F r a n c i s c i ) nel quadro più
ampio di due differenti concezioni ed atteggiamenti di fronte al problema
del diritto nei suoi termini più generali, introduce il lettore nel cuore
delle questioni che pone oggi la crisi della scienza giuridica. Pertanto, al
termine della nostra modesta fatica, ci permettiamo di raccogliere alcune ri­
flessioni, valgano quel che valgano.

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STUDIO STORICO DEL DIRITTO ECC. 483

Merito indiscutibile del lavoro è la intuizione della necessità di rinno­


vare le basi della storiografia giuridica, togliendola dallo stadio di « an­
cella » nei confronti della scienza giuridica, e liberandola da quel complesso
di inferiorità di cui soffriva nei confronti di questa ultima. Abbiamo visto
come l ’O., pur muovendo da una posizione dichiaratamente storicistica, ri­
tenga di non doversi arrestare ad uno studio puramente « storico », che
avesse in sè stesso la propria giustificazione e la propria finalità, ed in cui
dovesse esaurirsi il compito di uno storico del diritto. Attraverso la ridu­
zione dello studio storico a studio della esperienza giuridica, egli cerca di
trovare la via per far partecipare la storia giuridica alla teoria giuridica,,
reagendo così alla diffusa credenza che storia e teoria fossero diverse nella
loro natura e finalità, ed alla frequente identificazione dello studio storico
con lo studio delle leggi della evoluzione del diritto, che implica il rico­
noscimento di un valore conoscitivo a ciò che ha solo un valore empirico.
Partendo da una vera prospettiva storicistica, l’O. è consapevole che
« la vita torna a porre e riproporre incessantemente sotto diverse angola­
zioni i suoi problemi », e che pertanto la esperienza del passato può essere
rivissuta, partecipando ai problemi del nostro tempo. Proprio sulla attualità
dello studio storico del diritto e sulla possibile partecipazione della storia
alla scienza del diritto, l ’O. ha scritto, a nostro avviso, le più belle pagine
del suo libro. Sotto tale riguardo salta subito all’evidenza la circostanza che
il lavoro viene a collocarsi da un lato al centro dei problemi della moderna
speculazione filosofico giuridica, la quale ha risolto lo studio del diritto in
studio della esperienza giuridica, e dall’altro riprende i motivi più vivi della
Scuola storica del S a v i g n y , che ha posto per primo, come ha osservato il
T r e v e s , « il problema della esperienza giuridica come problema teorico del
diritto » (x). In realtà l’O., pur mettendo in luce quei postulati razionali­
stici che furono operanti in alcuni momenti dello svolgimento della Scuola
storica, è riuscito ad individuare, per usare liberamente una espressione cro­
ciana, « ciò che è vivo e ciò che è morto » nello storicismo giuridico dello
scorso secolo.
A proposito di questa corrente di pensiero, lungo dovrebbe essere il
discorso : basti osservare che fu la Scuola storica a proclamare « torniamo
ai fatti », « torniamo alla esperienza », « sostituiamo la induzione alla de­
duzione » ; la conseguenza del costituirsi della scienza giuridica su basi
induttive fu lo scambio del suo metodo con quello delle scienze fisiche e la
considerazione del diritto come un dato esterno all’osservatore, e quindi
come un organismo. Lo studio storico restò così sempre un ausilio, e in ogni
caso non fu in opposizione allo studio sistematico, perchè restò fermo lo
ideale kantiano di « scienza » : in un certo senso significò sovrapposizione
di una attività conoscitiva (quella storica) alla scienza giuridica. Ma, se è
pur vero che lo storicismo, a dispetto delle sue premesse, sboccò nella dom-

(!) Il problema d ell’esperienza giuridica e la filosofia dell’immanenza d i G. Schuppe, Milano, 1938;


cfr.. cap. V I: Il problema dell’esperienza giuridica nel secolo XIX.

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484 ALESSANDRO GIULIANI

matica e in un sociologismo; che il vero individuo finì con Tesser ciascun


popolo; e che ci ha lasciato in eredità soltanto un principio regolativo, nono­
stante la faticosa ricerca di un principio costitutivo del diritto, si sarebbe
ingiusti verso il S a v i g n y , ignorando le felici intuizioni storicistiche conte­
nute soprattutto nella prima parte dello svolgimento del suo pensiero e
principalmente nel Beruf. Attraverso la considerazione della fase riflessa del
diritto, del carattere teoretico e pratico della scienza giuridica, della intui­
zione della esistenza di « principi così generali, che la ragione li scoprirebbe
per la maggior parte da sè », sono stati accennati dal S a v i g n y dei motivi
che saranno successivamente svolti dalla speculazione contemporanea.
Se da un lato TO. evita i pericoli delToggettivismo, in cui si trovò im­
brigliato lo storicismo dello scorso secolo, dall’altro non si lascia sedurre
dalle istanze di quella storiografia contemporanea, che vorrebbe ridurre la
storiografia giuridica a storiografia etico-politica, assegnando una funzione
ausiliaria alla storiografia giuridica propriamente detta: ciò che distingue la
storiografia giuridica è proprio un « punto di vista » differente, che è quello
in definitiva del « giurista ».
La partecipazione della storia alla scienza nel diritto è possibile (e ciò
risulta chiaro nella esposizione delTO.), rinunciando alle pretese di una
osservazione scientifica nello studio storico del diritto: ossia tralasciando uno
studio a parte objecti, e considerando la scienza del diritto un elemento in­
terno nello sviluppo della esperienza giuridica, perchè « essa è nella espe­
rienza giuridica e partecipa alla vita delTesperienza giuridica » (*). Siccome
la scienza serve a interpretare provvisoriamente la esperienza e ad influire
su di essa, sotto un certo aspetto, finisce con Tessere essa stessa un fatto di
esperienza ed esperienza essa stessa. E su questa strada riterremmo fosse ne­
cessario concludere, marcando la differenza fra la storia delle dottrine giu­
ridiche (ossia delle singole scienze che si sono succedute) e storia delle isti­
tuzioni, per mettere in evidenza il ruolo della teoria nel gioco della espe­
rienza giuridica.
Nella identificazione dello studio storico con lo studio della esperienza
giuridica, è implicita la rivalutazione di una concezione soggettiva e del me­
todo soggettivo, che in definitiva è il metodo storico : affermazione della sto­
ricità del diritto significa convinzione che in ogni fenomeno giuridico vi sia
una intuizione costitutiva fondamentale del diritto considerato « come vivente
idea umana e vivente energia » (2). Ma TO. a nostro modesto avviso, non ha
tenuto abbastanza in conto il fatto che nella sua posizione non vi era il
passaggio da una nozione meno ampia di diritto ad una più ampia o alla più
ampia possibile, ma, forse involontariamente, era stato operato un rovescia­

(*) G . C apograssi, Il problema della scienza del diritto, Roma, 1937, p. 6.


(2) G . C apocrassi, Studi sull'esperienza giuridica, Roma, 1932, p. 1 : « per ritrovare il diritto come
vivente idea umana e vivente energia — che è diritto che entra come principio vivo nella esperienzi
pratica del soggetto — conviene cercare di mettersi dal punto di prospettiva della coscienza comune,
cogliere il cammino di questa, e procedere secondo il procedere delle idee umane, come Vico ce ne
ha dato il monito e l ’esempio ».

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STUDIO STORICO DEL DIRITTO ECC. 485
mento di posizioni ed un mutamento completo di prospettiva. Egli insomma
trasferiva nello studio « storico » lo stesso salto che vi è nel passaggio dallo
studio del diritto a parte obiecti, e pertanto scientifico, a quello a parte sub-
iecti, e pertanto filosofico (1); elevando lo studio storico a studio della espe­
rienza giuridica, l’O. porta la storiografia giuridica ad una altezza specu­
lativa tale da renderla filosofica nella sua natura, senza però tenerla distinta
dalla storiografia empirica, di cui costituisce il sostrato e la premessa indi­
spensabile (2).
Nello studio dell’O. invece si sovrappongono e si intersecano conti­
nuamente i due piani di ricerca, ossia lo studio del diritto a parte obiecti,
e pertanto scientifico, e quello a parte subiecti, e come tale filosofico. Men­
tre in un primo momento l’O. viene ad identificare lo studio storico con lo
studio della esperienza giuridica, successivamente pare condurre uno stu­
dio di storia empirica, attraverso l’introduzione e l’impiego di una « siste­
matica storica » e dei relativi concetti empirici. Così tutta la costruzione resta
per un verso nella storia in senso filosofico e per l’altro nella storia consi­
derata in senso empirico. Per tali motivi il lettore, almeno a prima vista,
non si sente pienamente convinto di alcune argomentazioni dell’O. ; ha
l’impressione che egli avverta dei timori nei confronti del soggettivismo
implicito nella riduzione dello studio storico a studio della esperienza giu­
ridica e si ancori agli strumenti della dommatica, che pare volere « sogget-
tivizzare », relativizzandoli in una « sistematica storica », che in verità non
risulta chiaramente definita. Le obbiezioni a tal proposito potrebbero essere
molte; basti osservare che mentre il relativismo apre la porta allo scetticismo,
solo lo studio a parte subiecti può darci conoscenza vera, e pertanto univer­
sale della realtà, facendoci attingere l’elemento costitutivo del diritto.
La scienza giuridica, in realtà, « sovrappone una ulteriore e più pre­
cisa schematizzazione alla schematizzazione primitiva e approssimativa che
della realtà ha costruito il legislatore » (3); orbene l’O., date anche le sue
(!) Osservava A. L evi {Natura e funzione della teoria generale del diritto, « Scritti giuridici in
onore della CEDAM », 1953. p. 24) che « oggi, a più di due secoli dalla Scienza nuova, sarebbe vera­
mente da meravigliarsi se i giuristi non si avvedessero ancora, come per « conseguire la scienza », cioè
la piena conoscenza del diritto, non sia sufficiente lo studiarlo a parte obiecti, ma sia necessario con­
siderarlo anche a parte subiecti. Ciò che vai quanto dire che, per comprendere che sia il diritto,
occorre integrarne la scienza propriamente detta, lo studio oggettivo dell’esperienza giuridica nei suoi
vari rami con la filosofia, che di essa esperienza indaga l ’intima, sorgente nello spirito umano ». Sulla
distinzione fra conoscenza filosofica e scientifica del diritto cfr. le lucide pagine di W. C esarini S forza ,
Lezioni di filosofia del diritto, Milano, 1955, p. I ss. (a p. 3 : « alla scienza la realtà giuridica si
presenta quale un aspetto del mondo oggettivo, ossia come un oggetto dato, mentre la filosofia pone
V
in evidenza attività spirituale, che crea — senza mai esaurirsi ■— quella realtà oggettiva »).
(2) W . C esarini S forza , Sul contenuto scientifico della storiografia giuridica, « Il Filangieri »,
1912, p. 349 ss. : « Vi sono insomma due storie, 0 meglio vi è la storia, e vi sono delle singole storie
particolari... Le storie particolari presuppongono la storia-filosofia, presuppongono cioè il puro giudizio
storico ». Si osserva altresì che (p. 356) a proposito del problema intorno alle origini del diritto si
manifestano molte confusioni fra metodo scientifico e filosofico; ma « per la filosofia il problema
dell’origine è sempre risolto, pel fatto stesso del porsi e del compiersi dell’indagine su la natura del
diritto. Essendo questo una forma dell’attività spirituale, è inconcepibile che abbia avuto un principio
nel tempo, a meno che non si pensi, se è possibile, allo stesso principio della vita dcU’uomo ».
(3) W . C esarini S forza , Lezioni, cit., p. 5; id., Sul contenuto scientifico, ecc., p. 352: « Storia
del diritto e scienza del diritto sono, in un certo senso, la stessa cosa; e ambedue rimangono ugual­
mente lontane dalla filosofia, non ostante tutti i tentativi compiuti per farne la base di quest’ ultima ».

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4 86 ALESSANDRO GIULIANI

premesse metodologiche, avrebbe dovuto forse concludere che gli strumenti


della dommatica, costruiti non direttamente sulla realtà sociale come tale,
ma sulla concettualizzazione normativa di quella realtà, ossia su un pensiero
riflesso, rappresentano già di per se stessi la « esperienza di una esperienza ».
Una volta applicati alla esperienza del passato ci troviamo (ci si perdoni
l’espressione) di fronte alla « esperienza della esperienza di un’esperienza »,
per cui rischiamo di oscurare molto la conoscenza storica. E ’ pur vero che
l ’O. mette in evidenza la importanza dei « gradi di operare più rozzi »,
e degli (( indirizzi più volutamente empirici » nel campo del diritto, ma
in definitiva finisce con l’interessarsi, per dirla con I’A u stin , delle refined
societies (o di alcune di esse), alla cui scienza giuridica finisce con lo attri­
buire un carattere di generalità, sebbene con molte limitazioni ed accorgi­
menti. Viene fuori così quel concetto di « sistematica storica » su cui rite­
niamo opportuno soffermarci.
Probabilmente questo concetto di « sistematica storica » avrebbe impli­
cato maggiori chiarimenti nella trattazione, perchè la « sistematica » viene
oggi considerata equivalente alla « dogmatica », e talvolta identificata con
lo stesso problema della scienza giuridica : la sistematica è infatti un attri­
buto essenziale della prima e della seconda. Per esaminare i limiti in cui
è giustificabile la pretesa di una « sistematica storica », ci sembra necessario
esaminare distintamente la posizione della sistematica nei confronti sia della
dommatica giuridica sia della stessa scienza del diritto.
Quanto al primo punto è interessante notare come si confondono le
storie della dogmatica e della sistematica, e come la dogmatica odierna venga
concepita quale rappresentazione concettuale « sistematica » del fenomeno
del diritto. E ’ noto come sia stato il positivismo giuridico, partendo da pre­
messe antifilosofiche, ad identificare senz’altro la dogmatica giuridica con
la scienza giuridica (J hering ); l’oggetto della esperienza giuridica fu ri­
stretto e limitato alla norma, considerata in sè come razionale, e attraverso
un lungo lavoro di astrazione si coordinarono tra loro le norme in principii
logici. Alla fine di questo procedimento furono identificate le categorie
della dogmatica, ricavate dalla esperienza, quindi a posteriori, ma a cui si
attribuì un valore generale. Ma era legittima tale pretesa del positivismo
giuridico? O non erano forse le sue categorie il risultato di una lunga elabo­
razione precedente, dovuta alla Pandettistica, che a sua volta si rifaceva ai
principi della Scuola storica? (1). Infatti, come sta mettendo in evidenza
Ì ’O., e potremmo aggiungere ora tutta la moderna critica dal W ieacker al
K oschaker , la Scuola storica aveva fatto progredire, a dispetto di tutte le affer­
mazioni storicistiche, prevalentemente il lato sistematico del diritto, conti­
nuando così proprio quella tradizione della Scuola filosofica e sistematica
(!) F . G . S ta h l , Storia della filosofia del diritto, Torino, 1853, p. 620: « ...tutto il metodo della
scienza del diritto mutò con la Scuola storica. Prima di questa scuola il metodo era puramente
dogmatico... ». Sulla dogmatica e sull’atteggiamento dogmatico dei giuristi cfr. le acute osservazioni
di B runo L eoni in : Per una teoria dell'irrazionale nel diritto, Torino, s.d, ma 1945, p. 40 ss.

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STUDIO STORICO DEL DIRITTO ECC. 487

di un T hibaut e di uno Z achariae , contro cui si era messa in opposizione.


E ’ da ricercarsi proprio in questa complessa tradizione della dogmatica
giuridica, filosofica e scientifica ad un tempo, la spiegazione del fatto che
oggi sia possibile attribuirle un carattere così generale da considerare, come
è stato notato, il termine « dogmatica giuridica » equivalente di « sistema­
tica » e di « logica giuridica », e parlare di una sistematica e di una dog­
matica del diritto romano e del « common law ».
Ma forse anche per la dogmatica e la sistematica occorrerebbe chiarire —
come ha fatto il F ilomusi G u e l fi , per un’altra creatura del positivismo giu­
ridico, la enciclopedia giuridica — che esiste una contraddizione profonda e
ineliminabile fra la finalità sistematica e la pretesa antifilosofica: secondo
il F ilomusi G u elfi il pensiero filosofico fornisce alla enciclopedia giuridica
« la base su cui è possibile sviluppare i vari rami e le varie discipline del
diritto » (1). Questa contraddizione permane palese anche nella dogma­
tica e nella scienza giuridica in genere, perchè il giurista non può presup­
porre qualcosa che non esiste nella esperienza; come è stato osservato (2)
« negli schemi logici di essa (la scienza) si presenta naturalmente in forma
logica la caratteristica profonda di questa esperienza ».
Senza dubbio il principio costitutivo deve esserci nelle categorie della
dommatica : lo scienziato del diritto, pur ponendo determinati « scopi » a
fondamento della sua costruzione, non può prescinderne perchè, per dirla
col C esarini S forza, « il principio regolativo, quale esso sia, presuppone il
principio costitutivo » (3). La polemica intorno al valore delle categorie
della dogmatica giuridica, potrebbe forse essere ridotta a più modeste pro­
porzioni come la polemica fra coloro che pongono l’accento sul principio
regolativo e coloro che lo pongono su quello costitutivo del diritto.
Così, attraverso lo studio del problema della sistematica (o della dog­
matica) siamo portati al cuore del problema della scienza del diritto, e del
lavoro che essa compie nella esperienza giuridica. Per lo scienziato, che col
suo lavoro organizza la esperienza giuridica per finalità pratiche, la scienza
non è fonte del diritto, ma teoria delle fonti del diritto, anche se giocoforza
talvolta si ammette (“’), che in una certa misura, lo sia in fatto. Il filosofo è in­
vece disposto a considerare la scienza come fonte del diritto, analizzandone il
lavoro all’interno della esperienza: lo scienziato ha da organizzare una

( !) Cfr. l ’interessante studio di P. P iovani, L ’enciclopedia giuridica di F. Filomusi G uelfi, « Studi


in onore Casa Editrice Jovene», 1954.
(2) G . C apocrassi, Studi sull’esperienza giuridica, op. cit., p. 5 1.
(3) C esarini S forza , Lezioni cit., p. io.
(4) Ad es. E . A llorio (Scienza giuridica europea, « Jus », 1952, p. 446) dopo aver affermato che,
sebbene « un’efficacia creativa possa la giurisprudenza esercitare in linea di fatto... dubito fortemente
-della convenienza (a tacere della legittimità) che la giurisprudenza si arroghi apertamente simile potestà
creativa », così conclude: « Lo stesso discorso mi sembra di dover fare rispetto alla scienza del diritto.
Neppure questa crea il diritto o ne è fonte, o è da auspicare che lo sìa o lo diventi, come pare voglia
augurare Cari Schmitt. La più intensa efficacia (di fatto « creativa ») sulla formazione del diritto, gli
scienziati del diritto hanno avuta, non quando hanno preteso di sostituirsi alla legge, o di valutare
« interessi », ma quando hanno atteso alla difficile e dotta e tecnica opera di interpretazione sistematica
•della legge ».

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488 ALESSANDRO GIULIANI

esperienza bella e formata, mentre al filosofo interessa la esperienza nel


suo farsi. Orbene, quale è l’atteggiamento dell’O. ?
Egli è convinto che la scienza del diritto è un fatto di esperienza, e
come tale legata ad una particolare esperienza, ma nello stesso tempo am­
mette un valore in certo senso generale, degli strumenti concettuali del no­
stro presente per intendere altre esperienze. Orbene non vogliamo disco­
noscere lo sforzo della dogmatica contemporanea per allargare la base della
propria esperienza, come si augura I’A llorio, ed il fatto che lo scienziato,
nel portare a termine questo lavoro, svolge molte implicazioni dell’aspetto
costitutivo del diritto. Conveniamo con l’O. che l’uso di queste categorie
ut sic incontra sempre un limite, ma non siamo disposti a seguirlo sulla
via di una « sistematica storica », ritenendo che un tale uso non ci farà
uscire dai limiti di una storiografia empirica. Dal punto di vista dello studio
della esperienza giuridica, che è filosofico nella sua natura, la dommatica
resta sempre astrazione, scienza empirica, che, applicata ad altre esperienze,
ci permette solo di fare una storia di astrazioni, una storia esterna del di­
ritto; riteniamo pertanto che lo studio storico condotto con gli strumenti
del nostro presente può certamente esserci di ausilio nello studio della espe­
rienza giuridica, ma non è studio della esperienza giuridica. A giustifica­
zione dell’O. sta il fatto che per lui si tratta non tanto di studio della espe­
rienza giuridica, ma di singole esperienze giuridiche.
Riterremmo invece che uno studio « storico » del diritto, elevato a stu­
dio della esperienza giuridica, e pertanto a dignità filosofica, potrebbe rap­
presentare la necessaria premessa per una ricerca di storia empirica; un tale
studio potrebbe rivolgersi anzitutto nei confronti di quelle certezze (dogmi)
su cui il giurista costruisce la sua scienza. Interpretando forse difforme­
mente dalle finalità dell’O. questa idea di una « sistematica storica », vi
vorremmo trovare abbozzata l’idea di uno studio storiografico condotto
rispetto agli strumenti del nostro presente, sulla base di una consapevo­
lezza, di ispirazione vichiana, della identità della mente umana, perchè il
mondo umano sicuramente è stato fatto dagli uomini e i suoi principi vanno
in essa ricercati.
L ’O. invece, insistendo piuttosto sul carattere di verità relativa degli
strumenti del presente e sulla loro validità, sia pure con accorgimenti, nello
studio storico, ha forse messo in ombra che la distinzione non va accentuata
fra strumenti del presente e strumenti del passato, ma fra un punto di vista
scientifico ed uno storiografico, il quale ultimo (inteso come studio della
esperienza giuridica) è la vera forma di conoscenza. Se il primo è rivolto
essenzialmente alla applicazione, il secondo allo studio dell’aspetto costi­
tutivo del diritto: e un tale studio «storico» sarà più facilmente conse­
guibile, come è stato sopra notato, rispetto ad una esperienza che viviamo
direttamente nel nostro presente.
Che uno studio storiografico del diritto sia possibile con riferimento

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STUDIO STORICO DEL DIRITTO ECO. 489
agli strumenti del presente è stato messo in evidenza dall’AscARELLi (*)
a proposito di quello studio della esperienza giuridica, che ha molte affinità
con lo studio storico, e che è il diritto comparato; lo studio storiografico
non è in opposizione e non esclude lo studio scientifico, ma si tratta di due
diversi punti di vista, che corrispondono a diverse finalità. Uno studio sto­
riografico ha il vantaggio di porci direttamente di fronte ad una realtà
umana e sociale, e ci permette di individuare gli aspetti comuni alle varie
esperienze : fra questi ha una particolare importanza « il problema della
natura della interpretazione, qualunque sia il metodo che si intenda se­
guire ” (2)-
Nella idea della « sistematica storica », ossia della articolazione degli
strumenti concettuali del presente per intendere altre esperienze è celata la
convinzione che la esperienza giuridica torna a riproporre sempre gli stessi
problemi (perchè i mezzi restano pressapoco costanti in relazione agli scopi);
la « sistematica storica » di cui ci parla l’O. potremmo perciò intenderla
come uno strumento euristico, come un esercizio di logica che, applicato
ad altre esperienze ci mostra il lato negativo, ossia i limiti delle sue possi­
bilità di estensione. Un tale esercizio ci permetterà di portare a compimento
l’inventario della esperienza giuridica, di astrarre i principi più semplici;
ci permetterà dà mettere in evidenza piuttosto gli aspetti comuni, le persi­
stenze, come ha detto recentemente uno storico giurista (3). Nel mondo
del diritto, a differenza di quello politico, vi sono fatti che si ripetono per­
chè l’individuo, che è alla fin fine il protagonista del dramma della espe­
rienza giuridica di tutti i tempi, ha bisogni che si ripetono: se pure vi è
molto di vero nelle concezioni che mettono in evidenza il lato relativo del
diritto, in quanto condizionato dall’ambiente, non si può negare che esi­
stono problemi identici a cui ogni singola scienza deve dare una risposta.
Ma allora il problema del valore scientifico della conoscenza « storica »
del diritto, ci rimanda ad uno studio più ampio: lo studio storico concepito
come lo studio dell’aspetto costitutivo dell’esperienza giuridica. A queste
conclusioni ci ha tratto la lettura del magnifico libro di R iccardo O restano.
(!) T . A scarelli , interpretazione del diritto e studio del diritto comparato, « Riv. dir. comm. »,
1954, P* I 72 : <( H diritto comparato è sostanzialmente esperienza; è esperienza giuridica in un ambito
più vasto di quello segnato dalla sovranità dei vari stati. Esso perciò permette a ciascun giurista di
essere cosciente della storicità delle proprie categorie ».
(2) A scarelli, op. cit.y p. 167.
( 3 ) A. G arcía G allo , Historia, derecho e historia del derecho, « Annuario de Historia del Derecho
Español », 1953, p. 31 dell’estratto « Existen realidades y situaciones que están por encima del
Derecho y que este se limita a regular o a moldear... Estas realidades y situaciones son siempre Us
mismas en todos los pueblos y en todos los tiempos: aunque naturalmente, su complejidad y desarrollo
varíen considerablemente en uno y en otros ». Un insigne romanista, il B iondi, dalle pagine di questa
rivista (1950, p. 148) constatava che « nell’ordine dei rapporti umani l ’esperienza passata conta sempre,
giacché è sempre l ’uomo con i suoi bisogni e le sue attività che fa la storia, e l’ uomo è sempre
Io stesso, nel mutare anche dei secoli. Difficilmente un problema umano è assolutamente nuovo ».
Su un piano più propriamente speculativo F elice B attaglia dopo avere osservato che « si tratta di
ritrovare nella storia motivi di universalità, che del resto già conosciamo, perchè sono in noi, per
l'identità fondamentale della natura umana », concludeva che « strumento di tale indagine è una
storia che sia filosofia o una filosofia che sia storia, coscienti che nel fenomeno inside l ’universale idea
e questa si realizza in quello » (Corso di Filosofìa del Diritto, Roma, voi. Ili, 1942, p. 169).

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