RASSEGNA

Ruolo attuale dell’ecocardiografia nei pazienti

con fibrillazione atriale
Donato Mele1, Matteo Cameli2, Andrea Fiorencis1, Maurizio Galderisi3, Sabina Gallina4, Pasquale Innelli5,
Sergio Mondillo2, Roberta Montisci6, Stefano Nistri7, Andrea Rossi8, a nome del Gruppo di Studio di
Ecocardiografia della Società Italiana di Cardiologia
1
S.S.D. Cardiologia Non Invasiva, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Ferrara
2
U.O.C. Cardiologia Universitaria, Università degli Studi, Siena
3
Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Università degli Studi “Federico II”, Napoli
4
Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche, Università degli Studi “G. d’Annunzio”, Chieti
5
U.O.C. Cardiologia-UTIC, P.O. Villa d’Agri, ASP Basilicata
6
Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi, Cagliari
7
Servizio di Cardiologia, CMSR Veneto Medica, Altavilla Vicentina (VI)
8
Sezione di Cardiologia, Dipartimento di Medicina, Università degli Studi, Verona

Atrial fibrillation is the most common arrhythmia encountered in clinical practice. Cardiologists are often
called upon to manage atrial fibrillation both in the acute urgent setting for the presence of hemodynamic
compromise and electively for rhythm and/or heart rate control as well as for anti-remodeling strategies. In
all these cases echocardiography is generally used. In particular, different echocardiographic techniques
(transthoracic, transesophageal) and modalities (two-dimensional, three-dimensional, speckle tracking) can be
indicated depending on the stage of the arrhythmia management and the need for cardioversion or inter-
ventional procedures. The purpose of this review is to clarify the current role of echocardiography, including
specific techniques and modalities, in the managing process of atrial fibrillation.
Key words. Atrial fibrillation; Transesophageal echocardiography; Transthoracic echocardiography.

G Ital Cardiol 2014;15(9):494-507

INTRODUZIONE Tabella 1. Ruolo dell’ecocardiografia nella fibrillazione atriale.

La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia di più comune riscontro nel- • Stratificazione del rischio tromboembolico
la pratica clinica, che assorbe oggi molte risorse sanitarie e il cui • Guida alla cardioversione
impatto è verosimilmente destinato ad aumentare consideran- • Guida al trattamento a lungo termine e alla terapia “upstream”
do l’età avanzata che raggiunge la popolazione. Le conseguen- • Indicazione, guida e follow-up delle procedure interventistiche
ze di questa aritmia, soprattutto quando non trattata, in termi- (ablazione del substrato, chiusura dell’auricola)
ni di mortalità e morbilità sono ben note1 e l’ictus costituisce la
complicanza più temibile. Il cardiologo è spesso chiamato a ge-
stire la FA sia in caso di urgenza per la presenza di compromis-
tema dell’ecocardiografia nella gestione della FA nei singoli ca-
sione emodinamica sia elettivamente per mettere a punto stra-
pitoli dedicati al trattamento e alla profilassi di questa aritmia ma
tegie di trattamento a breve e a lungo termine. In tutti questi ca-
manca un approccio sistematico che metta chiaramente in evi-
si è frequente il ricorso all’ecocardiografia, transtoracica e/o tran-
denza il ruolo complessivo della metodica, gli aspetti di costo-
sesofagea, con motivazioni diverse a seconda della fase di ge-
efficacia e i limiti. Scopo di questa rassegna, pertanto, è fare il
stione dell’aritmia e delle eventuali procedure di cardioversione
punto su questo tema di attuale interesse clinico offrendo al let-
o interventistiche da mettere in campo (Tabella 1). Le linee gui-
tore un panorama il più possibile aggiornato della letteratura.
da della Società Europea di Cardiologia (ESC)2,3 e, più recente-
mente, del National Institute for Health and Care Excellence (NI-
CE)4 e dell’American Heart Association, American College of Car-
RISCHIO TROMBOEMBOLICO ED ECOCARDIOGRAFIA
diology e Heart Rhythm Society (AHA/ACC/HRS)5, affrontano il
TRANSTORACICA
La stima del rischio tromboembolico nei pazienti con FA preve-
de innanzitutto la distinzione fra forme valvolari, cioè quelle dei
© 2014 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 26.05.2014; nuova stesura 01.07.2014; accettato 03.07.2014. pazienti con stenosi mitralica o protesi valvolare, e forme non
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi. valvolari. Nelle forme valvolari il rischio tromboembolico è alto
Per la corrispondenza: per definizione; nelle forme non valvolari, invece, la stima del
Dr. Donato Mele S.S.D. Cardiologia Non Invasiva, Azienda rischio viene oggi effettuata, secondo quanto indicato dalle li-
Ospedaliero-Universitaria, Viale Aldo Moro 8, 44124 Cona (FE)
e-mail: donatomele@libero.it nee guida europee del 20102, utilizzando un approccio a pun-

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 ECOCARDIOGRAFIA E FIBRILLAZIONE ATRIALE
CHIAVE DI LETTURA
Ragionevoli certezze. L’ecocardiografia è utile
per la valutazione del rischio tromboembolico nei
pazienti con fibrillazione atriale (FA) in quanto
contribuisce alla formazione del punteggio di
rischio (CHA2DS2-VASc score). Inoltre, poiché
l’ecocardiografia consente di identificare la
presenza e la severità di una cardiopatia
sottostante, essa è indicata: per caratterizzare i
pazienti che si presentano con FA senza diagnosi
di pregressa cardiopatia e/o con fattori di rischio
cardiovascolare; per valutare i pazienti con storia
di cardiopatia e variazione o instabilità del quadro
clinico; per scegliere, nel caso di cardioversione
farmacologica e/o trattamento a lungo termine
della FA, il farmaco più appropriato.
L’ecocardiografia transesofagea fa parte del
cosiddetto “protocollo accelerato” di
cardioversione, ampiamente utilizzato nella
pratica clinica, che consente di evitare una
prolungata assunzione di warfarin prima della
cardioversione stessa. Per quanto riguarda
l’ablazione del substrato, l’ecocardiografia
transtoracica è utile prima e dopo la procedura
per il follow-up dei pazienti mentre quella
intracardiaca è usata in molti centri durante
l’ablazione. Nella chiusura dell’auricola sinistra,
l’ecocardiografia transesofagea è fondamentale
prima, durante e dopo la procedura.
Aspetti controversi. Nonostante la grandezza e
la funzione atriale e auricolare valutate
mediante ecocardiografia siano predittive del
rischio tromboembolico nei pazienti con FA,
esse non sono attualmente incorporate nei
comuni score di valutazione del rischio.
Pertanto, il loro uso non è codificato, anche se
tali parametri possono aiutare a rifinire la stima
del rischio, soprattutto quando occorre chiarire
meglio il rapporto rischio/beneficio per
decidere le strategie di trattamento. Non vi è
ancora accordo sulla necessità di eseguire
l’ecocardiografia transesofagea in tutti i pazienti
prima dell’ablazione, anche se la maggior parte
dei centri la impiega in modo prudenziale per
escludere la presenza di trombi in auricola
sinistra. Lo studio della funzione atriale
mediante analisi dello strain presenta ancora
molti aspetti da definire nei pazienti con FA.
Tuttavia, considerando la letteratura favorevole
sulla capacità di tale analisi di stratificare il
rischio tromboembolico, predire il successo
della cardioversione e dell’ablazione e valutare il
rimodellamento atriale, è verosimile che essa
possa entrare nella pratica clinica di routine.
Prospettive. Una direzione della ricerca
ecocardiografica è oggi la caratterizzazione
mediante tecnica transtoracica dei pazienti con
FA a rischio tromboembolico molto basso. Sono
infatti allo studio nuovi modelli di rischio
elaborati nell’ottica di evitare, a tali pazienti,
l’esecuzione dell’ecocardiografia transesofagea
prima delle procedure di cardioversione e
ablazione. Un’altra direzione della ricerca è l’uso
dell’ecocardiografia transesofagea per guidare, in
base al rischio tromboembolico, la scelta della
terapia antitrombotica (antiaggregante o
anticoagulante). Andrà infine chiarito il ruolo
dell’ecocardiografia tridimensionale nell’ambito
della FA, soprattutto per quanto riguarda lo
studio morfologico dell’auricola: è possibile che
tale tecnica, accoppiata allo studio funzionale
dell’atrio e dell’auricola mediante ecocardiografia
Doppler e speckle tracking, possa portare in
futuro a migliorare ulteriormente la
caratterizzazione e la gestione dei pazienti con FA.
ti noto come CHA2DS2-VASc score (Tabella 2). Con un punteg-
gio ≥2 viene suggerito l’inizio della terapia anticoagulante ora-
le; con un punteggio di 1 si può scegliere fra terapia anticoa-
gulante orale e aspirina (anche se la prima viene preferita); se
il punteggio è 0 non vi è necessità di profilassi tromboemboli-
ca2. L’ecocardiografia è impiegata, nell’ambito di questo ap-
proccio per la stima del rischio, per valutare la funzione sistoli-
ca del ventricolo sinistro: in particolare, in presenza di una di-
sfunzione sistolica da moderata a severa, arbitrariamente defi-
nita come frazione di eiezione del ventricolo sinistro ≤40%, vie-
ne assegnato un punto2.
La revisione del 2012 delle linee guida europee3 ha chiarito
come considerare, nell’ambito del rischio tromboembolico, lo
scompenso cardiaco congestizio, a cui si deve la lettera C del-
l’acronimo CHA2DS2-VASc. La storia di scompenso cardiaco di
per sé non costituisce un fattore di rischio mentre lo è lo scom-
Tabella 2. CHAD2DS2-VASc score per la valutazione del rischio trom-
boembolico nei pazienti con fibrillazione atriale.
Punteggio
Fattori di rischio “maggiori”
Pregresso ictus, TIA o embolia sistemica 2
Età ≥75 anni 2
Fattori di rischio clinicamente rilevanti
“non maggiori”
Età 65-74 anni 1
Sesso femminile 1
Scompenso cardiaco o disfunzione sistolica ventricolare
sinistra da moderata a severa (FE ≤40%) 1
Ipertensione 1
Diabete mellito 1
Malattia vascolare (pregresso infarto miocardico,
arteriopatia periferica, placca aortica) 1
Score massimo 9
FE, frazione di eiezione; TIA, attacco ischemico transitorio.
G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SETTEMBRE 2014 495
 D MELE ET AL
penso cronico sistolico con frazione di eiezione ≤40% o qualun-
que forma di scompenso acuto, sia sistolico sia diastolico (cioè
con frazione di eiezione preservata). È evidente che, in ognuno
di questi casi, l’ecocardiografia è determinante, essendo la tec-
nica generalmente utilizzata in prima battuta in ambito clinico
per stabilire la frazione di eiezione del ventricolo sinistro.
Molti ritengono che il contributo dell’ecocardiografia alla
stima del rischio tromboembolico nei pazienti con FA si esauri-
sca nella valutazione della frazione di eiezione. A ben guarda-
re, invece, tale metodica fornisce ulteriori informazioni anche
nella valutazione della malattia vascolare, che costituisce un al-
tro fattore di rischio significativo del CHA2DS2-VASc score. Nel-
la malattia vascolare sono comprese tre entità: l’infarto mio-
cardico pregresso, le placche aortiche e l’arteriopatia periferica.
Nei primi due casi l’ecocardiografia è in grado di dare un con-
tributo rilevante.
Per quanto riguarda l’infarto miocardico pregresso, va in-
nanzitutto ricordato che l’ECG standard ha una bassa sensibi-
lità nell’individuare un infarto miocardico stabilizzato o cica-
trizzato, sia subendocardico sia transmurale, soprattutto quan-
do è localizzato in sede inferiore, posteriore o laterale, anche
quando sono presenti anomalie della cinetica regionale6. Inol-
tre, è oggi sempre più evidente che vi è una quota elevata di
pazienti ad alto rischio coronarico, fino al 35% in alcune casi-
stiche7, che va incontro a infarto miocardico misconosciuto. Le
metodiche di imaging cardiaco, e fra queste l’ecocardiografia,
sono particolarmente utili nel rivelare la presenza di alterazioni
strutturali e/o funzionali compatibili con un pregresso infarto
miocardico e dunque possono consentire la diagnosi anche
quando l’ECG e la storia clinica sono silenti.
Per ciò che concerne le placche aortiche, va ricordato che
l’ecocardiografia transtoracica consente, in un’elevata percen-
tuale di pazienti, lo studio della radice aortica e dell’arco e, in
alcuni casi, anche dell’aorta toracica discendente e addomina-
le8. Pertanto è possibile utilizzare questa metodica per rilevare
la presenza di placche aortiche, anche complesse (Figura 1).
In definitiva, sulla base di quanto sopra riportato, è evidente
che l’ecocardiografia può contribuire con due punti alla stima del
rischio tromboembolico nell’ambito del CHA2DS2-VASc score: uno
relativo alla stima della frazione di eiezione e l’altro legato al ri-
conoscimento di una malattia vascolare, coronarica o aortica.
ALTRI FATTORI DI RISCHIO ECOCARDIOGRAFICI
Vi sono altri fattori di rischio tromboembolico, non compresi nel
CHA2DS2-VASc score, che possono essere ottenuti mediante eco-
Figura 1. Esempio di placca aortica ulcerata (frecce) a livello dell’arco aortico valutata mediante
ecocardiografia transtoracica dall’approccio soprasternale. L’immagine a destra è un ingrandi-
mento della placca.
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cardiografia transtoracica. Essi riguardano, sostanzialmente, le
dimensioni e la funzione dell’atrio e dell’auricola di sinistra.
Grandezza dell’atrio sinistro
La dilatazione atriale sinistra è un indicatore di disfunzione dia-
stolica cronica9,10 ed è un marker indipendente di rischio car-
diovascolare. In pazienti senza FA l’associazione fra grandezza
dell’atrio sinistro e ictus ischemico è stata osservata da vari au-
tori11-13 ma con aspetti ancora controversi: secondo alcuni essa
è effettivamente indipendente da altri fattori14, secondo altri è
in parte mediata attraverso l’ipertrofia ventricolare sinistra, che
agirebbe contribuendo allo sviluppo di dilatazione atriale15,16.
Per quanto riguarda i pazienti con FA non valvolare, nei pri-
mi anni ’90 i ricercatori dello studio SPAF (Stroke Prevention in
Atrial Fibrillation) hanno osservato che la grandezza dell’atrio si-
nistro misurata mediante ecocardiografia M-mode è un predit-
tore indipendente di tromboembolia e ha un valore predittivo
aggiuntivo rispetto ai fattori di rischio clinici17. Oggi, tuttavia, si
ritiene che le dimensioni atriali non devono essere valutate uti-
lizzando il diametro antero-posteriore ma il volume della cavi-
tà dell’atrio sinistro. L’atrio, infatti, non si dilata necessaria-
mente in modo simmetrico in tutte le direzioni dello spazio per
cui la valutazione di una sola dimensione può essere limitativa.
La modalità al momento suggerita per il calcolo ecocardiogra-
fico del volume atriale sinistro nella pratica clinica si basa sul-
l’ecocardiografia bidimensionale (2D) ed in particolare su un
approccio biplanare, facile da eseguire e riproducibile18. Anche
se vi sono evidenze dell’utilità dell’ecocardiografia tridimensio-
nale (3D) per il calcolo del volume atriale19, questa metodica
non è ancora disponibile in tutti i centri.
In uno studio effettuato in pazienti inizialmente considerati
affetti da FA “lone”, il volume atriale sinistro indicizzato per la
superficie corporea è risultato un predittore indipendente di ic-
tus20; in particolare, tutti gli eventi cerebrali si sono verificati so-
lo in pazienti con volume atriale sinistro >32 ml/m2. In un altro
studio, tuttavia, non è stata confermata la capacità predittiva
delle dimensioni dell’atrio sinistro nei confronti dell’ictus ische-
mico e ciò indipendentemente dal parametro ecocardiografico
utilizzato (diametro o volume atriale)21: va però sottolineato che
quest’ultimo studio non era adeguatamente dimensionato per
valutare l’ictus come endpoint indipendente nei pazienti con FA.
Recentemente, combinando la grandezza dell’atrio sinistro
e la frazione di eiezione del ventricolo sinistro, alcuni autori so-
no riusciti a predire la presenza di trombosi auricolare sinistra al-
l’ecocardiografia transesofagea22. In particolare, un rapporto
fra frazione di eiezione e volume atriale indicizzato >1.5 è ri-
 ECOCARDIOGRAFIA E FIBRILLAZIONE ATRIALE

sultato accurato nell’escludere la presenza di trombi auricolari
in pazienti con FA candidati a cardioversione o ablazione22. La
validità di questo rapporto è stata confermata da altri ricerca-
tori23. Altri autori ancora hanno sviluppato uno score di rischio
che combina dati clinici e parametri di laboratorio ed ecocar-
diografici, fra cui il volume atriale indicizzato, al fine di ricono-
scere i pazienti con FA che hanno un rischio tromboembolico
molto basso a cui potrebbe essere risparmiata l’ecocardiogra-
fia transesofagea pre-cardioversione o pre-ablazione24. Si trat-
ta di osservazioni di grande interesse ma che necessitano al mo-
mento di ulteriori conferme.
Funzione dell’atrio sinistro
I dati recentemente pubblicati del sottostudio ecocardiografico
del trial ENGAGE AF-TIMI 48 (Effective Anticoagulation with
Factor Xa Next Generation in Atrial Fibrillation-Thrombolysis in
Myocardial Infarction 48)25 mostrano che il 36% dei pazienti
con FA di vario tipo non ha un atrio sinistro dilatato: poiché i
pazienti dello studio erano, in base ai criteri di arruolamento, a
rischio moderato-alto di ictus (CHADS2 ≥2), ciò significa che un
sostanziale numero di pazienti con FA può avere un rischio
tromboembolico rilevante pur avendo un atrio sinistro di gran-
dezza normale. L’aspetto più interessante di questo studio, tut-
tavia, è nel fatto che la disfunzione atriale sinistra, valutata in
termini di frazione di svuotamento atriale, è presente nel 76%
dei pazienti con FA di vario tipo e in circa la metà di quelli con
atrio sinistro normale. Questi risultati, pertanto, spostano l’at-
tenzione dalla grandezza alla funzione dell’atrio sinistro come
fattore di rischio tromboembolico.
Attualmente la funzione atriale sinistra può essere studiata
utilizzando l’ecocardiografia speckle tracking 2D e 3D e il velo-
city vector imaging, tecniche fattibili e riproducibili, che con-
sentono di quantificare la deformazione della parete atriale du-
rante tutto il ciclo cardiaco26,27. Utilizzando l’ecocardiografia
speckle tracking viene in genere misurato il picco dello strain
longitudinale globale (peak atrial longitudinal strain, PALS) che,
in soggetti normali, è superiore al 40% (Figura 2). Nei pazienti
con FA lo strain atriale correla con le alterazioni strutturali della
parete dell’atrio sinistro (minore lo strain, maggiore la fibrosi pa-
rietale)28. Occorre considerare, tuttavia, che lo strain atriale di-
pende anche da altri fattori, fra cui la grandezza dell’atrio sini-
stro e la funzione longitudinale del ventricolo sinistro29.
Alcuni studi hanno evidenziato l’esistenza di una relazione
fra riduzione dello strain atriale sinistro e l’insorgenza di ictus
o attacco ischemico transitorio (TIA) nei pazienti con FA30,31,
anche in quelli con basso profilo di rischio sulla base del
CHADS2 score (≤1)31. Altri autori hanno mostrato che lo strain
atriale correla direttamente con il CHADS2 score32. In uno stu-
dio recentemente pubblicato33 è stato riportato che lo strain
atriale ha, nei pazienti con FA, un valore predittivo incremen-
tale rispetto al CHA2DS2-VASc score e alla frazione di svuota-
mento atriale nei confronti dei fenomeni tromboembolici acu-
ti (ictus ed embolia periferica). Un valore di PALS <15.4%, in
particolare, identifica i pazienti con embolia acuta con una sen-
sibilità dell’83% e una specificità del 75%33. I dati sopra ri-
portati indicano che lo strain atriale sinistro valutato con tec-
niche ecocardiografiche 2D può aggiungere informazioni utili
per la stratificazione del rischio tromboembolico dei pazienti
con FA.
Studio dell’auricola sinistra
L’ecocardiografia transtoracica, grazie all’introduzione di tec-
niche che hanno migliorato la qualità delle immagini come il
cosiddetto “imaging in armonica”, consente oggi lo studio
dell’auricola atriale sinistra dal punto di vista dimensionale,
morfologico e funzionale. Utilizzando la tecnica 2D l’aurico-
la viene visualizzata dalla finestra parasternale in sezione as-
se-corto (Figura 3) e dalla finestra apicale nella sezione 2 o 4
camere (Figura 4). In una serie di 117 pazienti consecutivi con
ictus o TIA la completa visualizzazione dell’auricola e la regi-
strazione Doppler delle velocità auricolari sono state possibi-
li rispettivamente nel 75% e 69% dei casi34. Nella stessa se-
rie di pazienti, il riconoscimento dei trombi è stato possibile,
nei pazienti con adeguata qualità delle immagini, con una
sensibilità e specificità rispettivamente del 91% e 100%;
inoltre, nessuno dei pazienti con velocità di svuotamento au-
ricolare >30 cm/s aveva trombi in auricola. Alcuni autori han-
no osservato che le velocità di picco auricolari misurate me-
diante ecocardiografia transtoracica correlano bene con quel-
le ottenute attraverso l’approccio transesofageo35,36 mentre
altri ricercatori hanno osservato che le velocità misurate con
la tecnica transtoracica tendono ad essere più alte37. In ogni
caso, le velocità di svuotamento dell’auricola valutate utiliz-
zando l’ecocardiografia transtoracica tendono ad essere ri-

Figura 2. Esempio di valutazione dello strain atriale. Nell’immagine a sinistra si riconosce la regione
di interesse posizionata sulla parete atriale di una sezione apicale 2 camere. Le curve continue a
destra rappresentano la deformazione longitudinale regionale dell’atrio mentre la curva tratteg-
giata rappresenta la deformazione globale.
AVC, chiusura della valvola aortica; PALS, picco dello strain atriale longitudinale.

G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SETTEMBRE 2014 497

 D MELE ET AL

Figura 3. Immagini dell’auricola sinistra ottenute in un soggetto normale me-

diante ecocardiografia transtoracica. La grandezza dell’auricola è misurata pla-
nimetrando l’area.

Figura 4. A sinistra: immagine di un’auricola sinistra dilatata visualizzata in una

sezione apicale modificata. A destra: studio Doppler pulsato delle velocità auri-
colari. Si notino (frecce) le basse velocità di flusso (circa 20 cm/s).

dotte nei pazienti con ictus ischemico ed evidenza di trom-
bosi auricolare o di ecocontrasto spontaneo38. Alcuni ricer-
catori hanno anche valutato le velocità di movimento del-
l’auricola mediante Doppler tissutale riscontrando una buo-
na correlazione con le analoghe velocità ottenute mediante
ecocardiografia transesofagea: queste velocità sembrano es-
sere ridotte in pazienti con FA ed elevato rischio tromboem-
bolico39.
Nello studio multicentrico CLOTS (Comprehensive Left
Atrial Appendage Optimization of Thrombus Using Surface
Echocardiography), l’uso di un mezzo di contrasto iniettato per
via endovenosa ha consentito di riconoscere adeguatamente
mediante ecocardiografia transtoracica la presenza dei trombi
in auricola sinistra37. Lo stesso studio, tuttavia, ha mostrato
che le dimensioni auricolari tendono ad essere sottostimate
con l’ecocardiografia transtoracica 2D rispetto a quella trans-
esofagea37. Va inoltre tenuto presente che, in genere, l’ap-
proccio transtoracico non consente il riconoscimento dell’eco-
contrasto spontaneo né del cosiddetto “fango” auricolare.
Due studi hanno evidenziato che l’ecocardiografia transtora-
cica 3D può essere accurata come quella transesofagea 2D per
valutare l’auricola sinistra se la qualità delle immagini è buo-
na40,41 ma si tratta di osservazioni limitate a un ristretto nu-
mero di pazienti e non sufficientemente verificate nei pazien-
ti con FA.
In sostanza, lo studio dell’auricola sinistra mediante eco-
cardiografia transtoracica 2D è attualmente possibile nella
maggior parte dei pazienti con FA ma l’accuratezza dei risul-
tati dipende dalla qualità delle immagini e dall’esperienza del-
l’operatore. Anche se l’approccio transtoracico non può sosti-
tuire quello transesofageo, riteniamo che la valutazione del-
l’auricola sinistra vada comunque tentata nei pazienti con FA
nell’ambito dell’esame ecocardiografico transtoracico stan-
dard: infatti, l’eventuale riscontro di un trombo auricolare può
da subito modificare la gestione del paziente mentre il riscon-
tro di ridotte velocità di svuotamento auricolare può rappre-
sentare una informazione aggiuntiva relativamente al rischio
tromboembolico.

498 G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SETTEMBRE 2014

 ECOCARDIOGRAFIA E FIBRILLAZIONE ATRIALE
RISCHIO TROMBOEMBOLICO ED ECOCARDIOGRAFIA
TRANSESOFAGEA
L’ecocardiografia transesofagea 2D consente nella maggior par-
te dei casi un’adeguata caratterizzazione dell’auricola atriale si-
nistra. Nonostante questa struttura abbia un’anatomia variabi-
le (per forma, grandezza, orientamento), talvolta anche molto
complessa (bilobata o plurilobata), i trombi intrauricolari pos-
sono essere identificati accuratamente con valori di sensibilità
e specificità vicini al 99%42 (Figura 5). È necessaria, tuttavia,
esperienza da parte dell’operatore per evitare falsi negativi e
falsi positivi, questi ultimi dovuti soprattutto ai muscoli petti-
nati e alla cresta (ridge) muscolare che separa l’auricola dalla
vena polmonare superiore sinistra43 (Figura 6). Alcuni autori
hanno proposto l’uso del contrasto per migliorare il riconosci-
Figura 5. Rappresentazione dei principali fattori di rischio tromboem-
bolico valutabili mediante ecocardiografia transesofagea. A: trombo
(TR) in auricola atriale sinistra (AAS). B: marcato ecocontrasto sponta-
neo (ecs) in atrio sinistro (AS). C: basse velocità di flusso auricolari. D:
placca complessa ulcerata (freccia) in aorta (Ao).
Figura 6. Il sepimento (freccia) che separa l’auri-
cola atriale sinistra (AAS) dalla vena polmonare (VP)
superiore sinistra non sempre è facilmente distin-
guibile da un trombo.
AS, atrio sinistro.
mento dei trombi e hanno verificato che questo approccio può
ridurre la frequenza di eventi avversi in pazienti che vengono
sottoposti a cardioversione44. I principali vantaggi e svantaggi
dell’esame transesofageo in relazione alla cardioversione della
FA sono riassunti nella Tabella 3.
L’ecocardiografia transesofagea 3D consente una valuta-
zione più completa della morfologia, della geometria e della
grandezza auricolare45. I principali vantaggi rispetto alla tecni-
ca 2D consistono in uno studio migliore dei lobi, soprattutto
quando questi sono posizionati in piani diversi; nella visualiz-
zazione en face dell’orificio auricolare, che può essere valutato
nella sua morfologia ellittica o circolare ed essere misurato; nel-
la più precisa valutazione della profondità dell’auricola. Un al-
tro vantaggio dell’ecocardiografia 3D è la migliore distinzione
fra muscoli pettinati e trombi46,47.
L’ecocardiografia transesofagea 2D consente anche il rico-
noscimento di due reperti caratteristici: l’ecocontrasto sponta-
neo e il “fango” auricolare.
L’ecocontrasto spontaneo può avere un movimento circo-
lare, noto anche come “swirling” o “smoke”, che è associato
a basse velocità di flusso auricolare48. Si ritiene che l’ecocon-
trasto spontaneo possa essere costituito da aggregati di pia-
strine attivate e leucociti49 o di globuli rossi che interagiscono
con le proteine del plasma50,51. L’ecocontrasto spontaneo può
essere classificato in 4 gradi (a seconda dell’intensità, della se-
de e della presenza del movimento di swirling)52: gradi più ele-
vati (3 o 4) sono associati a minori velocità di flusso in auricola
e a maggiori dimensioni dell’atrio sinistro52.
Il “fango” auricolare, noto anche come “sludge”, si pre-
senta come un’area ecodensa, visibile durante tutto il ciclo car-
diaco, di aspetto “gelatinoso” e morfologia variabile (“dina-
mica”), cioè non solida né ben formata o strutturata. Talvolta
è difficile differenziare tale formazione da un trombo vero e
proprio. Si ritiene che lo sludge possa rappresentare uno stadio
intermedio fra l’ecocontrasto spontaneo e il trombo e in que-
sto senso potrebbe avere un significato prognostico maggiore
rispetto a quello dell’ecocontrasto spontaneo53.
È noto che i trombi54, l’ecocontrasto spontaneo54,55, le bas-
se velocità di flusso (in genere ≤20 cm/s) in auricola56,57 e le
placche ateromasiche complesse in aorta54,58 identificati me-
Tabella 3. Vantaggi e svantaggi della cardioversione guidata dall’eco-
cardiografia transesofagea.
Vantaggi
• Facilita la risoluzione dei sintomi e il miglioramento della
funzione cardiaca
• Aumenta la probabilità di ripristino del ritmo sinusale in virtù
della minore durata della fibrillazione atriale
• Riduce la durata di esposizione agli anticoagulanti
• Consente il riconoscimento precoce di trombi non attesi e la
rivalutazione dopo un periodo di anticoagulazione
• Riduce i costi totali
Svantaggi
• Richiede expertise per effettuare uno studio transesofageo
accurato e completo
• Possibilità di falsi positivi per trombo che portano a studi ripetuti
con aumento dei costi e a reazione ansiosa del paziente
• Possibilità di falsi negativi che espongono al rischio di
tromboembolia
G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SETTEMBRE 2014 499
 D MELE ET AL

diante ecocardiografia transesofagea costituiscono importan-
ti fattori di rischio tromboembolico per ictus ed embolie peri-
feriche. La presenza di almeno uno dei 3 fattori di rischio au-
ricolari (trombo, ecocontrasto spontaneo e basse velocità di
flusso) è associata ad un elevato rischio di ictus58. È stata an-
che descritta un’elevata probabilità di embolia cerebrale e/o di
morte a medio termine nonostante la terapia anticoagulante
in pazienti con FA e ecocontrasto spontaneo denso (grado 3 o
4)59,60. La trombosi e l’ecocontrasto denso auricolare sono pre-
dittori molto potenti di morte cardiovascolare indipendente-
mente da altri noti fattori di rischio cardiovascolare come lo
scompenso cardiaco congestizio, il diabete, l’ipertensione e la
vasculopatia61.
Va considerato che i fattori di rischio auricolari sono espres-
sione di un processo dinamico e possono modificarsi in rela-
zione a diverse condizioni: ad esempio, un trombo può scom-
parire per effetto di embolizzazione o di un’efficace terapia an-
ticoagulante; l’ecocontrasto spontaneo può comparire o cam-
biare di grado in relazione a dilatazione, disfunzione o stun-
ning dell’atrio e dell’auricola; la velocità di flusso auricolare può
diminuire nel tempo con l’aumentare della durata degli episo-
di di FA o può aumentare dopo una cardioversione efficace.
Pertanto, i risultati di un singolo esame transesofageo vanno
considerati come una fotografia scattata al momento dell’esa-
me stesso e non sono necessariamente rappresentativi della si-
tuazione precedente o futura62,63.
Un altro importante aspetto da considerare, emerso so-
prattutto in questi ultimi anni, è la morfologia complessiva del-
l’auricola. È stato osservato, soprattutto in studi che hanno uti-
lizzato la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica,
che l’auricola atriale sinistra può avere 4 morfologie principali:
ad ala di pollo (chicken wing), a cactus, a manica a vento (wind-
sock) e a cavolfiore o broccolo (cauliflower). La forma ad ala di
pollo sembra essere quella più frequente e, nei pazienti con FA,
è quella meno associata con la comparsa di ictus64. Per quanto
riguarda le altre morfologie, è stata osservata un’associazione
crescente fra l’ictus e la forma a manica a vento, quella a cac-
tus e quella a cavolfiore, che sembra essere la più temibile64.
Anche l’ecocardiografia transesofagea può riconoscere le di-
verse morfologie auricolari (Figura 7), con il vantaggio di non
erogare radiazioni ionizzanti rispetto alla tomografia compute-
rizzata e di avere maggiore fattibilità, anche al letto del mala-
to, rispetto alla risonanza magnetica.
Altri parametri ecocardiografici, come la variazione di in-
tensità intracardiaca a livello dell’orificio dell’auricola subito
dopo l’infusione di contrasto e la frazione di svuotamento au-
ricolare valutata mediante velocity vector imaging, sono stati
associati, in pazienti con FA, con il verificarsi di eventi cere-
brovascolari65 e la formazione di trombi in auricola66. Si trat-
ta tuttavia di parametri non ancora chiaramente validati, che
non possono essere proposti al momento attuale per un uso
clinico.
Alcuni studi hanno anche valutato la capacità del CHADS2
e del CHA2DS2-VASc score di predire la presenza dei fattori eco-
cardiografici di rischio tromboembolico evidenziabili con lo stu-
dio transesofageo (trombi, ecocontrasto spontaneo, sludge e
basse velocità di flusso in auricola)67,68. Questi score, tuttavia,
hanno mostrato una capacità predittiva solo moderata o perfi-
no bassa nel caso del CHADS2 score67,68.
Un accenno va fatto allo studio TIARA (Transesophageal
Echocardiography to Identify Patients with Low Risk of Stroke
in Atrial Fibrillation)69, uno studio pilota che ha utilizzato l’eco-
cardiografia transesofagea per guidare la scelta della terapia
antitrombotica (aspirina versus anticoagulante) in 183 pazien-
ti con FA non valvolare e rischio tromboembolico moderato.
Nei pazienti in cui l’esame transesofageo ha escluso la pre-
senza di fattori tromboembolici a livello atriale e aortico, l’aspi-
rina è risultata non inferiore agli anticoagulanti69. Sono ovvia-
mente necessari ulteriori studi per confermare questa osser-
vazione.

Figura 7. Esempi di auricola atriale sinistra con diversa morfologia. Morfologia ad ala di pollo: presenza di un se-
pimento sottile nel lobo dominante ad una certa distanza dall’orificio. Morfologia a manica a vento: un lobo do-
minante di sufficiente lunghezza da costituire la struttura principale, con aspetto lievemente ricurvo. Morfologia a
cactus: lobo dominante allungato che si arborizza in lobi minori verso l’apice. Morfologia a cavolfiore: ampio ori-
ficio e limitata lunghezza, con arborizzazione complessa in vari lobi.
AS, atrio sinistro.

500 G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SETTEMBRE 2014

 ECOCARDIOGRAFIA E FIBRILLAZIONE ATRIALE
In definitiva, l’ecocardiografia transesofagea non è indica-
ta di routine per la stratificazione del rischio tromboembolico
nei pazienti con FA. In casi selezionati, tuttavia, e in particola-
re in presenza di un CHA2DS2-VASc score basso e di dubbi cir-
ca l’opportunità di effettuare o sospendere la terapia anticoa-
gulante, l’ecocardiografia transesofagea può essere presa in
considerazione per confermare o escludere la presenza di ulte-
riori fattori di rischio tromboembolico.
ECOCARDIOGRAFIA A TUTTI O SOLO AD ALCUNI?
Nell’ambito degli accertamenti da eseguire ai pazienti con FA,
le linee guida ESC del 2010 pongono l’ecocardiografia come
indicazione di classe I per pazienti con sintomi severi o fattori
di rischio tromboembolico o cardiopatia sospetta o documen-
tata2. Invece, per la globalità dei pazienti con FA sospetta o do-
cumentata l’ecocardiografia viene posta in classe IIa2.
Uno studio recente ha affrontato il problema dell’esecuzio-
ne dell’ecocardiografia di routine a tutti i pazienti che si pre-
sentano per FA di nuova diagnosi, senza terapia anticoagulan-
te70. In particolare, gli autori dello studio si sono chiesti, in una
logica di costo-efficacia, se l’ecocardiografia possa in questi pa-
zienti essere utile per guidare la terapia anticoagulante. È emer-
so che nei pazienti con FA di nuova diagnosi, con CHADS2 sco-
re di 1, l’ecocardiografia è costo-efficace per decidere se som-
ministrare o meno il warfarin e, nei pazienti di età ≥65 anni, il
dabigatran70.
Le recenti linee guida AHA/ACC/HRS di quest’anno descri-
vono la valutazione iniziale minima del paziente con FA5. Insie-
me all’anamnesi, all’esame obiettivo, all’ECG e alla valutazione
di alcuni parametri di laboratorio, è prevista per tutti i pazienti
l’ecocardiografia transtoracica allo scopo di valutare una serie
di elementi, anche quantitativamente: la presenza di valvulo-
patie, la grandezza dell’atrio sinistro e destro, la grandezza e la
funzione del ventricolo sinistro e destro, il picco della pressio-
ne sistolica ventricolare destra, l’ipertrofia ventricolare sinistra,
l’eventuale presenza di trombosi atriale e il pericardio.
Sulla base di quanto riportato, è evidente che l’ecocardio-
grafia ha un ruolo fondamentale nell’inquadramento dei pazienti
con FA, in particolare di quelli con nuova diagnosi dell’aritmia, e
pertanto deve far parte della loro valutazione iniziale.
L’ECOCARDIOGRAFIA COME GUIDA
ALLA CARDIOVERSIONE
L’ecocardiografia fornisce informazioni rilevanti sia per guidare
la cardioversione sia per predire il mantenimento, a distanza di
tempo, del ritmo sinusale.
Cardioversione elettrica
La cardioversione elettrica elettiva della FA insorta da più di
48h o di durata non precisabile deve essere preceduta, come
è noto, da un periodo di anticoagulazione efficace con warfa-
rin di almeno 3 settimane, per evitare l’elevato rischio trom-
boembolico connesso alla persistenza della FA. Esiste, tutta-
via, la possibilità di effettuare un protocollo di cardioversione
“accelerato”, basato sull’esecuzione dell’ecocardiografia tran-
sesofagea, che è stato valutato nello studio ACUTE (Asses-
sment of Cardioversion Using Transesophageal Echocardio-
graphy)71 ed ha oggi un’indicazione di classe I nelle linee gui-
da ESC2. Tale protocollo è perseguibile se vi è la possibilità di
effettuare l’ecocardiografia transesofagea in tempi adeguati
alla condizione clinica del paziente; esso può essere scelto o
per preferenza espressa dal paziente stesso o se si vuole ridur-
re il rischio emorragico legato a un periodo prolungato di anti-
coagulazione pre-cardioversione o, ancora, se si ritiene che vi
sia un’alta probabilità di trombosi atriale o auricolare in atto2.
Nella pratica clinica non infrequentemente tale strategia viene
scelta anche per evitare l’esposizione per un periodo protrat-
to ad aumentati valori di frequenza cardiaca nei pazienti in cui
non si riesce ad ottenere un adeguato controllo farmacologi-
co di tale frequenza.
Se l’ecocardiografia transesofagea non rivela la presenza di
trombi, la cardioversione viene eseguita previo trattamento con
eparina. Se invece è diagnosticata la presenza di un trombo,
viene effettuato un trattamento anticoagulante con warfarin
per almeno 3 settimane e quindi viene ripetuta l’ecocardiogra-
fia transesofagea2. Si vi è risoluzione del trombo, la cardiover-
sione può essere effettuata. Viceversa, se il trombo è ancora
evidente, la strategia di controllo del ritmo può essere cambia-
ta in strategia di controllo della frequenza, poiché in questo ca-
so l’esecuzione della cardioversione espone ad un rischio em-
bolico molto elevato.
La cardioversione guidata dall’ecocardiografia transesofa-
gea è stata recentemente valutata utilizzando il nuovo anticoa-
gulante orale dabigatran in un sottostudio del trial RE-LY (Ran-
domized Evaluation of Long-Term Anticoagulation Therapy)72.
In un’analisi post-hoc dei pazienti sottoposti a cardioversione
preceduta da ecocardiografia transesofagea, non sono state tro-
vate differenze nella prevalenza di trombosi auricolare e di eco-
contrasto spontaneo quando si confrontavano i tre diversi brac-
ci di trattamento dello studio: warfarin aggiustato sui valori di in-
ternational normalized ratio (INR) o dabigatran 110 o 150 mg
bid. Inoltre, è stata osservata un’incidenza simile di ictus, em-
bolia sistemica e sanguinamento maggiore entro 30 giorni dal-
la cardioversione72. Gli autori suggeriscono che, sulla base dei
dati sopra riportati, i pazienti in trattamento con dabigatran po-
trebbero essere sottoposti a cardioversione indipendentemente
dall’esecuzione dell’ecocardiografia transesofagea. Molti centri,
al momento, ritengono che siano necessari ulteriori dati a sup-
porto di tale strategia, che, peraltro, prevede alcune variazioni
comportamentali rispetto alle attuali modalità operative: una,
ad esempio, riguarda l’acquisizione del consenso informato. In-
fatti, poiché non è possibile avere evidenza dell’efficacia della
anticoagulazione, come accade con il warfarin, il paziente do-
vrebbe garantire di aver assunto regolarmente il dabigatran al-
le dosi prescritte nel periodo che precede la cardioversione.
Cardioversione farmacologica
In pazienti idonei con FA di recente insorgenza (generalmente
di durata <48h) può essere effettuato un tentativo di cardio-
versione farmacologica a ritmo sinusale2. La scelta dei farmaci
da utilizzare, sostanzialmente flecainide, propafenone e amio-
darone, deve essere basata sulla conoscenza dell’eventuale pre-
senza di una sottostante cardiopatia. In presenza di alterazioni
cardiache strutturali, infatti, soprattutto se rilevanti, andranno
evitati i farmaci della classe IC (propafenone e flecainide) e an-
drà invece utilizzato l’amiodarone2. L’ecocardiografia, pertanto,
appare di fondamentale importanza in quanto, utilizzando la
tecnica transtoracica, è quasi sempre possibile verificare la pre-
senza o meno di una sottostante cardiopatia e stabilire la sua
gravità (tranne in rari casi di inadeguata qualità delle immagi-
ni da tutte le finestre acustiche).
G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SETTEMBRE 2014 501
 D MELE ET AL
Cardioversione urgente
I pazienti con FA e segni di scompenso cardiaco acuto richie-
dono un rapido controllo della frequenza cardiaca e spesso una
cardioversione in urgenza. Le linee guida ESC2 indicano che
l’ecocardiografia deve essere eseguita in urgenza per i pazien-
ti con compromissione emodinamica al fine di valutare la fun-
zione del ventricolo sinistro e delle valvole e la pressione sisto-
lica del ventricolo destro.
Predittività del successo della cardioversione
Come è noto, in una certa percentuale di casi la FA può recidi-
vare dopo una cardioversione efficace. I fattori principali che
predispongono alla recidiva di FA sono l’età, la durata della FA
prima della cardioversione, il numero di recidive precedenti, la
presenza di cardiopatia ischemica, patologia polmonare, val-
vulopatia mitralica, ingrandimento e disfunzione dell’atrio sini-
stro2. Alcuni di questi fattori sono valutabili mediante ecocar-
diografia ed in particolare la patologia della valvola mitrale e le
alterazioni atriali.
Per quanto riguarda la grandezza dell’atrio sinistro, è stato
osservato che, maggiori sono le dimensioni dell’atrio, maggio-
re è la probabilità di recidiva della FA73-75. In particolare, quando
il volume atriale indicizzato è >33.5 ml/m2, il rischio di recidiva
di FA aumenta in modo significativo73. Altri autori hanno mo-
strato che anche l’asincronia di contrazione dell’atrio sinistro è
in grado di predire le recidive di FA dopo cardioversione76,77.
Nella FA “lone” la relazione sopra citata fra grandezza del-
l’atrio sinistro e probabilità di recidiva di FA rimane valida73,78.
Inoltre, in uno studio eseguito su pazienti con FA “lone” di re-
cente insorgenza, sottoposti a cardioversione elettrica, è stato
anche osservato che uno strain di picco del setto interatriale
<22% identifica un sottogruppo di pazienti destinati a recidiva
di FA con una sensibilità del 77% e una specificità dell’86%79.
Le osservazioni sopra riportate sono particolarmente rilevanti
se unite a quella, precedentemente descritta, di un maggior ri-
schio tromboembolico dei pazienti con FA “lone” e ingrandi-
mento atriale sinistro20. Emerge, pertanto, che l’ecocardiogra-
fia è in grado di evidenziare alterazioni strutturali e funzionali
dell’atrio sinistro che hanno un significato predittivo di recidiva
di FA dopo cardioversione e di ictus anche nei pazienti con FA
cosiddetta “lone”.
Per ciò che concerne la funzione auricolare, l’ecocardio-
grafia transesofagea ha consentito di osservare che la disfun-
zione dell’auricola sinistra condiziona il verificarsi di recidive di
FA post-cardioversione80,81. In particolare, una velocità aurico-
lare >40 cm/s è un predittore indipendente di mantenimento
del ritmo sinusale80.
L’ECOCARDIOGRAFIA COME GUIDA
AL TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE
L’ecocardiografia ha un ruolo nel guidare la scelta dei farmaci
da utilizzare per il trattamento a lungo termine e per la cosid-
detta terapia “upstream” della FA.
Per quanto riguarda il trattamento farmacologico a lungo
termine, è fondamentale, come nel caso della cardioversione
farmacologica, conoscere l’esistenza o meno di una sottostan-
te cardiopatia2. In genere i substrati patologici di maggiore im-
portanza sono quello ischemico, l’ipertrofia ventricolare sinistra
e la disfunzione ventricolare. In presenza di rilevanti alterazio-
ni strutturali i farmaci della classe IC non devono essere utiliz-
502 G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SETTEMBRE 2014
zati; uno spessore parietale >1.5 cm sembra addirittura asso-
ciarsi ad un effetto proaritmico di tali farmaci2.
La terapia upstream è quella utilizzata per prevenire o ri-
tardare il rimodellamento atrioventricolare associato con l’iper-
tensione arteriosa o lo scompenso cardiaco con la finalità di
prevenire l’insorgenza della FA (prevenzione primaria) o le reci-
dive o il passaggio a FA permanente (prevenzione secondaria).
I farmaci generalmente utilizzati sono gli inibitori dell’enzima
di conversione dell’angiotensina, i sartani e le statine, con clas-
si di indicazione generalmente IIa o IIb per la prevenzione pri-
maria e IIb per quella secondaria2. Anche in questo caso l’eco-
cardiografia è utile per discriminare la presenza di alterazioni
strutturali cardiache sottostanti. Occorre ricordare che le tera-
pie upstream in prevenzione primaria non sono indicate in as-
senza di patologia cardiovascolare (classe III)2.
ECOCARDIOGRAFIA E ABLAZIONE DEL SUBSTRATO
L’ablazione transcatetere del substrato nella FA è indicata, co-
me alternativa all’uso di farmaci antiaritmici, per pazienti con
FA parossistica sintomatica ricorrente nonostante la terapia an-
tiaritmica (classe di indicazione I)3. In pazienti selezionati con
FA parossistica senza evidenza di cardiopatia strutturale sotto-
stante, l’ablazione del substrato è considerata ragionevole an-
che come terapia iniziale (classe di indicazione IIa)3. L’ecocar-
diografia può essere impiegata nell’ablazione del substrato pri-
ma, durante e dopo la procedura ablativa.
Ecocardiografia pre-procedurale
L’ecocardiografia transtoracica ha un ruolo chiave nella sele-
zione dei pazienti candidabili all’ablazione poiché, innanzitut-
to, valuta la presenza e la severità di eventuali cardiopatie e val-
vulopatie sottostanti che possono pregiudicare il risultato3. Inol-
tre, tale tecnica consente la stima della grandezza dell’atrio si-
nistro, la cui dilatazione è un indicatore della cronicità della FA
e predice il verificarsi di recidive dell’aritmia82,83. Una serie di
studi pubblicati negli ultimi anni ha valutato anche il ruolo del-
lo strain atriale per predire il mantenimento del ritmo sinusale
a distanza di tempo dalla procedura84-89. I risultati di tali studi
sembrano concordi nel considerare la preservazione dello strain
atriale un predittore efficace del successo del trattamento abla-
tivo. Sulla base di tali osservazioni tutti i pazienti dovrebbero
essere valutati mediante ecocardiografia transtoracica prima
della procedura2.
L’ecocardiografia transesofagea è utilizzata nella maggior
parte dei centri prima dell’ablazione per escludere la presenza
di trombi auricolari che possono essere dislocati dalla manipo-
lazione dei cateteri. Vi è tuttavia un dibattito sull’effettiva ne-
cessità di tale strategia in tutti i pazienti90. In base al consensus
statement del 2012 sull’ablazione transcatetere e chirurgica
nella FA, l’ecocardiografia transesofagea è indicata per i pa-
zienti con FA di durata >48h e senza anticoagulazione effica-
ce nelle precedenti 3 settimane91. Pertanto per i pazienti in rit-
mo sinusale efficacemente scoagulati l’ecocardiografia transe-
sofagea non sarebbe necessaria. Tuttavia, considerando i risul-
tati contraddittori di alcuni studi finora pubblicati, al momento
molti operatori preferiscono continuare a seguire un approccio
prudenziale basato sull’esecuzione preventiva dell’ecocardio-
grafia transesofagea in tutti i pazienti2.
L’ecocardiografia transesofagea consente anche la valuta-
zione dell’anatomia delle vene polmonari nella loro porzione
 ECOCARDIOGRAFIA E FIBRILLAZIONE ATRIALE
prossimale e il riconoscimento di alcune varianti anatomiche92.
Va detto, però, che la tomografia computerizzata e la risonan-
za magnetica sono le tecniche di riferimento per tale valuta-
zione.
Ecocardiografia intraprocedurale
In genere la manipolazione dei cateteri durante la procedura è
effettuata in base alle immagini fluoroscopiche ma in molti cen-
tri viene utilizzata l’ecocardiografia intracardiaca allo scopo di
facilitare sia l’accesso transettale sia la procedura di ablazio-
ne92. L’ecocardiografia intracardiaca ha il vantaggio di poter es-
sere eseguita dallo stesso elettrofisiologo, riducendo anche il
numero di operatori in sala di elettrofisiologia.
Ecocardiografia post-procedurale
La procedura di ablazione del substrato può avere delle com-
plicanze. Complicanze precoci come il versamento pericardico
e il tamponamento cardiaco possono essere facilmente valuta-
te con l’ecocardiografia transtoracica, che deve essere pronta-
mente disponibile per le emergenze. Fra le complicanze tardi-
ve vi è la stenosi delle vene polmonari, che può essere ricono-
sciuta con buona sensibilità utilizzando l’ecocardiografia trans-
esofagea92,93 anche se molti preferiscono utilizzare la tomogra-
fia computerizzata o la risonanza magnetica. Poiché la gran-
dezza dell’atrio sinistro può ridursi con il mantenimento nel
tempo del ritmo sinusale, le dimensioni atriali dovrebbero es-
sere rivalutate periodicamente nei pazienti sottoposti ad abla-
zione94. L’ecocardiografia transtoracica è certamente utile a
questo scopo e consente anche la valutazione della funzione
atriale e, in particolare, dello strain.
ECOCARDIOGRAFIA E CHIUSURA DELL’AURICOLA
La chiusura dell’auricola è oggi praticabile per via percutanea
con un approccio transettale. Si tratta di una procedura con in-
dicazione di classe IIb nelle linee guida europee3, che va ese-
guita in pazienti con elevato rischio di ictus e controindicazio-
ni alla terapia anticoagulante orale a lungo termine. Come per
l’ablazione del substrato, anche per la chiusura dell’auricola
l’ecocardiografia gioca un ruolo importante prima, durante e
dopo la procedura95.
Ecocardiografia pre-procedurale
L’ecocardiografia, innanzitutto, interviene nelle indicazioni in
quanto contribuisce alla formazione del CHA2DS2-VASc score,
Figura 8. Auricola atriale visualizzata mediante ecocardiografia multiplanare e tridimensionale. In
B e C si apprezza la morfologia ellittica dell’orificio auricolare.
che deve esprimere un profilo di rischio tromboembolico ele-
vato. In secondo luogo, l’ecocardiografia transesofagea con-
sente di escludere alcune condizioni che controindicano la pro-
cedura: la presenza di trombosi auricolare, di ampia pervietà
del forame ovale associata ad aneurisma del setto interatriale,
di ateroma aortico mobile.
Lo studio dell’auricola sinistra mediante ecocardiografia
transesofagea è fondamentale per la selezione della grandez-
za del dispositivo da impiantare96. In genere il dispositivo vie-
ne scelto di dimensioni lievemente superiori rispetto al diame-
tro dell’ostio auricolare, che deve essere misurato preventiva-
mente. Va tuttavia precisato che l’ecocardiografia transesofa-
gea 2D tende a sottostimare il diametro auricolare e questo
può creare dei problemi soprattutto in sala di elettrofisiologia
al momento dell’impianto se la valutazione preventiva non è
stata accurata96. Inoltre, se la stima dei diametri dell’ostio au-
ricolare non è precisa, anche il calcolo dell’area dell’orificio au-
ricolare, ottenuta attraverso una formula matematica, può es-
sere erronea.
L’ecocardiografia transesofagea 3D ha notevolmente mi-
gliorato la capacità di valutare accuratamente il diametro del-
l’orificio auricolare grazie all’uso di piani ottenuti con la mo-
dalità di ricostruzione multiplanare96 (Figura 8). Inoltre, l’area
dell’orificio auricolare può essere planimetrata direttamente
sulle immagini en face dell’auricola96. Infine, l’ecocardiografia
transesofagea 3D consente anche una valutazione della for-
ma dell’orificio auricolare, che tende a variare con le dimen-
sioni dell’auricola stessa, da ellittico a circolare a mano a ma-
no che l’auricola si ingrandisce e gli episodi di FA diventano
più frequenti (passando da FA parossistica a permanente).
L’orificio auricolare ellittico può porre dei problemi per la chiu-
sura con il dispositivo in quanto, dopo l’impianto, possono ri-
manere dei leak fra il dispositivo stesso e il bordo dell’orificio
auricolare e ciò può predisporre a successivi fenomeni trom-
boembolici.
Ecocardiografia intraprocedurale
Al contrario della procedura ablativa, l’uso della fluoroscopia
per guidare la procedura di chiusura dell’auricola è insufficien-
te e a tale scopo viene in genere utilizzata l’ecocardiografia
transesofagea o, in alcuni centri, quella intracardiaca95. Le in-
formazioni fornite dall’ecocardiografia sono essenziali e nu-
merose e vanno dalla verifica della grandezza e della forma del-
l’auricola alla guida alla puntura transettale, alla guida all’inse-
rimento del dispositivo, alla verifica del corretto posizionamen-
G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SETTEMBRE 2014 503
 D MELE ET AL

to e della stabilità dell’occlusore, al riconoscimento immediato
di eventuali complicanze (emopericardio, trombosi)95.
Ecocardiografia post-procedurale
L’ecocardiografia transtoracica viene eseguita prima della di-
missione del paziente per confermare la posizione dell’occlu-
sore auricolare ed escludere la presenza di versamento pericar-
dico e di formazioni trombotiche a livello del dispositivo95. Inol-
tre, è consigliato un programma di sorveglianza ecocardiogra-
fica con esami da effettuare dopo 1 e 6 mesi dall’impianto e
quindi ogni anno95. A questo scopo viene in genere indicata
l’esecuzione dell’ecocardiografia transesofagea95.
CONCLUSIONI
L’ecocardiografia ha un ruolo determinante in tutte le fasi di
gestione della FA. Innanzitutto, per quanto riguarda la valu-
tazione del rischio tromboembolico, l’ecocardiografia può
contribuire con 2 punti al CHA2DS2-VASc score e anche fornire
ulteriori elementi di predittività di rischio con l’approccio sia
transtoracico sia transesofageo. A questo riguardo va sottoli-
neato che i parametri di funzione atriale (strain) e auricolare
(velocità di svuotamento allo studio Doppler, ecocontrasto
spontaneo con aspetto di swirling) sembrano predittori più ri-
levanti rispetto alle dimensioni atriali e auricolari. Ciò è plau-
sibile dal punto di vista fisiopatologico poiché, più che la gran-
dezza, è la ridotta funzione dell’atrio e dell’auricola che può
favorire la stasi del sangue e quindi l’insorgenza dei trombi. Le
informazioni aggiuntive dell’ecocardiografia transtoracica e
transesofagea possono essere utili per perfezionare la strati-
ficazione del rischio soprattutto nei pazienti con rischio bas-
so sulla base degli score comunemente utilizzati (CHADS2,
CHA2DS2-VASc) e nei casi in cui vi sono dubbi nella valutazio-
ne del rapporto rischio/beneficio ai fini delle scelte terapeuti-
che. È possibile che in futuro nuovi score di rischio possano te-
ner conto anche della grandezza e della funzione atriale e au-
ricolare.
Per ciò che concerne la cardioversione, l’uso dell’ecocar-
diografia transesofagea è ormai codificato nel cosiddetto “pro-
tocollo accelerato”, che si effettua in genere per evitare
un’esposizione prolungata al warfarin nel periodo che precede
la cardioversione elettrica. Nel caso della cardioversione farma-
cologica, invece, l’ecocardiografia è determinante per guidare
la scelta del farmaco da utilizzare (farmaci di classe IC o amio-
darone) a seconda che vi sia o meno una cardiopatia organica
sottostante. Anche il trattamento farmacologico a lungo ter-
mine della FA e la cosiddetta terapia upstream necessitano di
una valutazione ecocardiografica preliminare: infatti, come per
la cardioversione farmacologica, la scelta del tipo di farmaco
dipende dalla presenza di un’eventuale cardiopatia sottostan-
te e dalla sua gravità.
Nell’ambito dei trattamenti interventistici – ablazione del
substrato e chiusura percutanea dell’auricola – l’ecocardiogra-
fia è importante per un corretto inquadramento del paziente
prima della procedura al fine di confermare l’indicazione ed
escludere controindicazioni. Nel caso della chiusura dell’auri-
cola, inoltre, l’ecocardiografia transesofagea 3D fornisce infor-
mazioni accurate per la scelta del dispositivo.
Negli ultimi anni lo studio della funzione atriale attraverso
le tecniche ecocardiografiche di valutazione dello strain ha pro-
dotto molte informazioni utili (per la stratificazione del rischio
tromboembolico, per predire il successo della cardioversione e
dell’ablazione, per la valutazione del rimodellamento atriale an-
che in risposta ai trattamenti farmacologici e interventistici). È
possibile, pertanto, che tale tipo di analisi possa entrare in fu-
turo nella pratica clinica anche se molti aspetti, tecnici e appli-
cativi, dovranno prima essere chiariti. Fra questi, vanno consi-
derati il tipo di tecnica da utilizzare (ecocardiografia speckle
tracking 2D, 3D o velocity vector imaging), il parametro da mi-
surare (strain, strain rate, entrambi) e i cut-off relativi alle di-
verse applicazioni, la sede di valutazione della parete atriale (re-
gionale o globale), la fase del ciclo atriale da considerare (re-
servoir o conduit).
Infine, considerando sia l’importanza sia la complessità, in
alcuni casi, delle informazioni fornite dall’ecocardiografia, che
richiedono anche elevate competenze professionali e risorse
strumentali ad alta tecnologia, l’organizzazione e lo sviluppo
degli ambulatori di ecocardiografia nelle attuali realtà ospeda-
liere dovrebbero essere favoriti per far fronte ad un problema
sanitario il cui impatto è certamente destinato ad aumentare.
RIASSUNTO
La fibrillazione atriale è l’aritmia più comunemente riscontrata nella
pratica clinica. I cardiologi sono spesso chiamati a gestire la fibrilla-
zione atriale in condizioni di urgenza per la presenza di compro-
missione emodinamica o elettivamente per mettere in atto un con-
trollo del ritmo e/o della frequenza cardiaca nonché strategie
anti-rimodellamento. In genere in tutti questi casi è utilizzata l’eco-
cardiografia. In particolare, a seconda della fase di gestione del-
l’aritmia e della necessità di cardioversione o di procedure inter-
ventistiche, possono essere impiegate diverse tecniche (transtoracica,
transesofagea) e modalità ecocardiografiche (bidimensionale, tridi-
mensionale, speckle tracking). Lo scopo di questa rassegna è chia-
rire il ruolo attuale dell’ecocardiografia nel processo di gestione della
fibrillazione atriale, anche per quanto riguarda l’uso di specifiche tec-
niche e modalità ecocardiografiche.
Parole chiave. Ecocardiografia transesofagea; Ecocardiografia
transtoracica; Fibrillazione atriale.

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l’ecocardiografia, e in particolare della
valutazione dello strain atriale sinistro,
nella stratificazione del rischio trombo-
embolico nei pazienti con fibrillazione
atriale in aggiunta alla stima effettuata
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ne atriale che dimostra che, in tali pa-
zienti, l’ecocardiografia è costo-efficace
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