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Sta terrorizzando gli Stati Uniti quella che è stata definita la lattuga Killer la quale dopo
oltre 120 casi segnalati in 25 stati, ha causato il primo decesso. Si tratterebbe Dunque di
una lattuga Killer la quale avrebbe causato un’ infezione alimentare provocata dal
batterio Escherichia coli, un batterio che è stato rilevato in questo tipo di alimento. Sono
circa 120 casi segnalati in 25 stati americani nelle ultime settimane e adesso Purtroppo
è arrivato il primo caso di morte in USA a causa di una infezione alimentare provocata
proprio dal batterio Escherichia coli che è stato rivelato in questo tipo di lattuga. A
segnalare 121 casi di infezione tra persone di età compresa tra 1 e 88 anni, sono stati i
centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie.
L’Escherichia coli O157:H7 è una delle cause emergenti di malattie di origine alimentare.
Ogni anno negli Stati Uniti si stimano 73.000 nuovi casi di infezioni con circa 61 decessi.
L’infezione spesso si evolve in diarrea sanguinolenta ed occasionalmente in blocco
renale. I batteri del genere Escherichia vivono normalmente nel tratto gastro-intestinale
sia di animali che di esseri umani, che colonizzano alcune ore o pochi giorni dopo la
nascita. Il ceppo enteroemorragico E. coli O157:H7 produce una grande quantità di
potenti tossine che causa gravi danni alle pareti intestinali. Fisiologicamente, E. coli è un
organismo versatile, che ben si adatta alle caratteristiche del proprio habitat, si può infatti
sviluppare utilizzando il glucosio come singola sostanza organica ed è in grado di
rispondere ai segnali di natura chimica prodotti dall’ambiente (come pH, temperatura,
ecc) in un numero di modi che, visto trattasi di un organismo unicellulare, è assolutamente
considerevole. Ad esempio è in grado di percepire la presenza di agenti chimici o gas
nell’ambiente ed agire conseguentemente, avvicinandosi o allontanandosi. L’infezione da
E. coli spesso causa diarrea sanguinolenta e crampi intestinali, solitamente non è
accompagnata da febbre, e la malattia si risolve in 5-10 giorni.
All’incirca dal 2% al 7% delle infezioni (in particolar modo se sviluppatesi nei bambini al
di sotto dei 5 anni e negli anziani) portano a una complicazione chiamata sindrome
uremico-emolitica che può causare anemia emolitica (la riduzione del numero dei globuli
rossi) trombocitopenia (la riduzione del numero delle piastrine) e compromissione
dell’attività renale. Negli Stati Uniti, la sindrome uremico-emolitica è la principale causa
di blocco renale nei bambini e la maggior parte dei casi di sindrome uremico-emolitica è
provocata da E. coli O157:H7. La sindrome uremico-emolitica, è una condizione a rischio
morte, che richiede solitamente il ricovero nel reparto di terapia intensiva; spesso sono
necessarie trasfusioni di sangue e dialisi e con l’applicazione di cure intensive la
percentuale di decessi è del 3-5%. All’incirca un terzo delle persone che hanno sviluppato
la sindrome uremico-emolitica, patiscono per molti anni di malfunzionamento
dell’apparato renale ed una parte di essi è costretta a dialisi di lungo termine.
Un altro 8% delle persone con la sindrome uremico-emolitica ha altre complicazioni
vitalizie come, pressione alta, cecità, paralisi e le conseguenze dovute all’eventuale
asportazione di parte dell’intestino. La trasmissione avviene principalmente attraverso la
via oro-fecale e nella maggioranza dei casi la malattia è associata all’assunzione
alimentare di cibi crudi o poco cotti contaminati da terra e acqua o da verdure contaminate
da acqua. La contaminazione degli alimenti può avvenire inoltre per scarsa igiene e per
contaminazione delle derrate alimentare con feci bovine. Nei ruminanti lo stereotipo
O157:H7 vive come commensale dell’intestino senza provocare nessun tipo di patologia
a causa della scarsità di recettori presenti per la tossina prodotta dal batterio. E. coli
O157:H7 fu, per la prima volta, riconosciuto come causa di malattia, nel 1982, durante
un’epidemia di diarrea sanguinolenta che fu poi fatta risalire a degli hamburger
contaminati. Da allora la maggior parte delle infezioni viene ricondotta all’ingestione di
carne di manzo non ben cotta. Questo microrganismo, può essere trovato in un ristretto
numero di allevamenti e può risiedere nell’intestino del bestiame sano. La carne può
contaminarsi durante la macellazione e l’organismo vi si introduce quando questa è
appoggiata al pavimento. I contatti diretti in famiglia tra conviventi e gli asili rappresentano
modalità di trasmissione altrettanto significative. Si può inoltre contrarre l’infezione
bevendo latte e succhi di frutta non pastorizzati, bevendo o nuotando in acque stagnanti,
mangiando germogli di erba medica, lattuga o salame. Un buon livello di igiene è in grado
di prevenire la diffusione di E. coli da una qualsiasi fonte di contaminazione alle zone di
preparazione e consumo di alimenti. Alcuni ceppi di E. coli sono anche la causa del 90%
delle infezioni alle vie urinarie e possono inoltre provocare meningiti neonatali.
LE “PEGGIORI BESTIE”
Alcuni ceppi sono capaci di provocare, in particolari condizioni, quadri patologici molto
gravi. E’ la causa più importante e frequente di gastroenteriti e setticemie, nonché di
infezioni associate a catetere urinario. Klebsiella sp: è un batterio che può essere
facilmente trovato nelle vie respiratorie, nell’intestino e nelle vie urogenitali, ma causa
delle vere e proprie malattie quando trova condizioni favorevoli al suo sviluppo.
Appartiene alla famiglia delle Enterobacteriaceae ed è spesso presente allo stato di
decomposizione nelle vie respiratorie e nell’intestino. Le infezioni da Klebsiella, in genere
gravi, possono essere dovute a uno sviluppo infettivo della flora endogena o a
penetrazione del germe dall’esterno in soggetti immunocompromessi o in particolare
condizioni debilitanti. Enterococcus sp: gli enterococchi sono gram-positivi, comprendono
almeno 18 specie. Sebbene il tratto intestinale costituisca la nicchia ecologica preferita,
gli enterococchi sono anche presenti nel suolo e nelle acque di superficie. In passato
considerati non patogeni, negli ultimi decenni si sono caratterizzati come batteri
“opportunisti”, che si diffondono soprattutto tra i pazienti ospedalizzati o con poche difese
immunitarie. Colpevoli di causare infezioni del tratto urinario, soprattutto in pazienti
portatori di catetere, batteriemie, endocarditi e meningiti, sono dotati di un ampio spettro
di resistenza ai farmaci antibatterici. Nonostante la loro crescente importanza clinica, i
meccanismi patogenetici degli enterococchi non sono ancora del tutto chiariti.
Stenotrophomonas maltophilia: è un batterio gram-negativo, di dimensioni da 0,5 a 1,5
µm, dotato di motilità. Il genere Stenotrophomonas include attualmente due specie: S.
pag.
Avvolgere le carni fresche nei sacchetti di plastica al mercato per impedire al sangue
di gocciolare su altri alimenti.
Mettere la carne subito nel congelatore e tenerla meno possibile a temperatura
ambiente.
Non cucinare il cibo su un piatto non lavato su cui precedentemente è stata la carne
cruda, pollame, maiale, pesce o frutti di mare.
I taglieri utilizzati per pollame, maiale, manzo, pesce o per la preparazione di frutti di
mare devono essere lavati immediatamente dopo l’uso per evitare la contaminazione
crociata con altri cibi.
Evitare di mangiare carne cruda o poco cotta. Anche se il colore della carne solitamente
cambia da rosso a grigio quando è completamente cotta, non è un test affidabile per
sapere se è sicura da mangiare.
2. Evitare di mangiare uova crude o degli alimenti contenenti uova crude.
Le uova crude non possono essere riconosciute in alcuni alimenti come il tiramisù, gelato
artigianale, maionese fatta in casa, zabaione, pasta e glassa.
3. Evitare di bere latte non pastorizzato.
4. Prima di mangiare, lavare frutta e verdura.
5. Effettuare un lavaggio a mano accurato prima e dopo la preparazione del cibo.
6. Lavarsi le mani (specialmente i bambini) immediatamente dopo aver toccato i rettili, le
feci di animali o gli alimenti per animali.
7. Non tenere i rettili come animali domestici nelle case con
persone immunocompromesse o bambini piccoli.
Le cosiddette malattie a trasmissione oro-fecale, come la salmonellosi, il tifo, le
dissenterie, sono infatti provocate dalla ingestione di microbi che a loro volta provengono
dalle feci di uomini e/o animali.
Non è necessario essere malati per immettere nell’ambiente batteri patogeni. La
salmonella può essere presente nelle feci di una persona che non accusa alcun disturbo.
Lo stafilococco può trovarsi nella gola di una persona “sana” e, per un colpo di tosse, può
contaminare un alimento, moltiplicarvisi e provocare malattia in chi consuma l’alimento.
Per la contaminazione dei cibi da cattiva igiene dell’alimentarista, da materie prime, da
attrezzature, da contatto tra cibi crudi e cibi cotti, da cibo ottenuto da fonti incerte, si
rimanda al capitolo “Fattori di rischio delle malattie trasmesse da alimenti e azioni di
prevenzione”.
Le malattie trasmesse dagli alimenti (Mta) possono essere definite: INTOSSICAZIONI:
quando sono causate da un alimento che contiene sostanze chimiche velenose o tossine
prodotte da microrganismi (ad es. intossicazioni da funghi velenosi, intossicazione da
tossina botulinica che può essere presente in alimenti conservati, preparati senza le
necessarie precauzioni).
Tuttavia alcune ricerche nei sacchetti degli aspirapolvere hanno dimostrato che i gatti
domestici hanno un ruolo come riserva di batteri; questo risulta più probabile se chi ha
contatti con il gatto ha contatti con possibili fonti di infezioni come nel caso di chi lavora
con capi bovini o chi lavora in cliniche veterinarie. Il pollame ruspante e le uova di oca
possono contenere batteri di Salmonella enterica principalmente nell’albume, anche se
non tutte le uova sono infettate.
La Salmonella è una della maggiori cause di avvelenamento da cibo in tutto il mondo. Nei
soli Stati Uniti, sono approssimativamente stimati in 40.000 i casi di salmonellosi (la
malattia provocata dalla salmonella). Considerato che sono moltissimi i casi di media
gravità che non vengono né diagnosticati né rendicontati, il numero delle infezioni
potrebbe essere anche trenta o più volte superiore.
La maggior parte delle persone infettate dalla Salmonella sviluppa diarrea, febbre e
crampi addominali, dalle 12 alle 72 ore dopo il contagio. La malattia ha una durata che
varia dai 4 ai 7 giorni e la maggioranza delle persone recupera pienamente, senza
trattamenti particolari. Tuttavia, in taluni individui, la diarrea è così grave da richiedere il
ricovero ospedaliero. In questi pazienti, la Salmonella può trasferirsi dall’intestino al flusso
sanguigno, quindi infettare altri organi e, se non trattata prontamente con antibiotici, può
provocare la morte.
Gli anziani, i neonati e gli individui con un sistema immunitario danneggiato, sono i
soggetti a maggior rischio di contrarre la malattia, in forma grave. Gli ammalati di AIDS
soffrono frequentemente di salmonellosi (circa 20 volte di più rispetto al resto della
popolazione) ed hanno episodi ricorrenti. Le persone che hanno sofferto di diarrea
solitamente hanno un completo recupero, sebbene possano essere necessari parecchi
mesi prima di riacquistare le normali abitudini intestinali. La Salmonella typhi e Salmonella
paratyphi provocano, negli esseri umani, la febbre tifoide o paratifoide.
Sono in grado di infettare vari organi, causando gravi lesioni, il tasso di mortalità della
febbre tifoide è del 10%, paragonato a meno dell’1% della maggior parte delle forme di
salmonellosi. La Salmonella vive nel tratto intestinale degli esseri umani e di altri animali,
compresi gli uccelli. Si trasmette agli esseri umani attraverso alimenti contaminati da feci
animali. Gli alimenti contaminati sono solitamente di origine animale come carne bovina,
pollame, latte, uova, ma potenzialmente tutto il cibo può essere contaminato, compresa
la verdura. Uno studio condotto nel 1990 ha dimostrato come, ad esempio, circa il 50%
del pollame sia fresco che congelato contenga dei batteri.
I surgelati
Un cenno particolare meritano i surgelati che offrono prodotti validi sia dal punto di vista
nutrizionale che igienico purché l’alimento di partenza sia di buona qualità, surgelato con
tecniche adeguate e la sua conservazione (dal luogo di produzione a quello di consumo)
sia effettuata in modo corretto. Occorre ricordare che il processo di surgelazione può
essere effettuato esclusivamente presso laboratori di produzione autorizzati.
È molto importante che il trasporto degli alimenti surgelati sia effettuato in condizioni tali
che la temperatura, in ogni punto del prodotto, non sia mai superiore ai -18°C.
All’atto del ricevimento delle merci è opportuno controllare la consistenza e la forma del
prodotto.
Le attrezzature frigorifere, anche al piano di massimo carico, devono mantenere la
temperatura costante.
Gli apparecchi “a pozzo” devono portare all’interno una chiara indicazione della linea di
massimo carico, che non deve essere superata.
Le celle di conservazione devono essere munite di termometri tarati e posizionati in modo
da garantire la massima visibilità.
Le celle dovranno essere messe in posizioni tali da non essere esposte a raggi del sole
o ad altre fonti di calore.
Quando non è possibile procedere alla cottura dell’alimento ancora congelato, è
preferibile che il processo di scongelamento avvenga a temperatura di frigorifero, anche
se richiede più tempo dello scongelamento a temperatura ambiente. Occorre infatti
ricordare che l’esposizione dell’alimento a temperatura ambientale, anche per tempi
relativamente brevi, rende possibile la rapida ripresa della moltiplicazione dei batteri che
il processo di surgelazione aveva bloccato, ma non eliminato.
PRECAUZIONI NEI CONFRONTI DEI CLIENTI
Anche i clienti, che frequentano bar e negozi, possono essere fonte di contaminazione
degli alimenti.
Il servizio igienico a disposizione del pubblico non deve essere mai lo stesso riservato al
personale.
I cibi sfusi e deperibili vanno protetti mediante vetrinette, banchi o espositori refrigerati o
riscaldati, a seconda dei cibi che devono essere conservati.
Non possono essere lasciati alla mercé di colpi di tosse, starnuti e ditate degli indecisi
che potrebbero optare per il bombolone dopo aver afferrato il cornetto.
È importante infine ricordare che gli alimenti prodotti, messi in vendita e somministrati
non devono essere in cattivo stato di conservazione, privati dei loro elementi nutritivi con
trattamenti non idonei, non devono contenere coloranti artificiali o additivi chimici che non
siano stati autorizzati, non devono contenere eccesso di residui di prodotti usati in
agricoltura, tossici per la persona.
DECALOGO DEL “BUON ALIMENTARISTA”