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Appunti di Analisi II:

Equazioni differenziali del primo e


secondo ordine
lineari e non lineari con cenni ad
equazioni in Rn

Massimiliano Masi - masi@firenze.linux.it

29 gennaio 2007
2
Indice

1 Equazioni differenziali 5
1.1 Equazioni differenziali del secondo ordine non omogenee . . . . 5
1.1.1 Metodo diretto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.1.2 Metodo delle variazioni delle costanti (o di Lagrange) . 9
1.2 Il teorema di Cauchy di esistenza e unicità locale . . . . . . . 12
1.2.1 Conseguenze del teorema di Cauchy . . . . . . . . . . . 18
1.2.2 Teorema di convergenza e di unicità globale . . . . . . 20
1.3 Risoluzione di alcuni tipi di equazioni differenziali . . . . . . . 25
1.3.1 Equazioni a variabili separabili . . . . . . . . . . . . . 25
1.3.2 Equazioni di Bernoulli . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
1.4 Equazioni del primo ordine in forma non normale . . . . . . . 29
1.4.1 Equazioni di Clairaut . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
1.5 Tipi particolari di equazioni del secondo ordine . . . . . . . . 31
1.6 Diffusione di una infezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
4 INDICE
Capitolo 1

Equazioni differenziali

1.1 Equazioni differenziali del secondo ordine


non omogenee
Siano a1 (x), a0 (x), g(x) funzioni continue nell’intervallo [a, b]. Consideriamo
l’equazione differenziale

[Diff1] y 00 + a1 (x)y 0 + a0 (x)y = g(x) (1.1)

E’ una equazione differenziale del secondo ordine lineare e non omogenea.


Le soluzioni si hanno considerando l’omogenea associata,

[Diff2] y 00 + a1 (x)y 0 + a0 (x)y = 0 (1.2)

L’integrale generale della 1.1 è dato da quello della 1.2 sommando una
particolare soluzione della non omogenea. Siano y1 (x), y2 (x) due soluzioni
all’equazione omogenea con W (x) 6= 0, ∀x ∈ [a, b], cioé:

y1 (x) y2 (x)
W (x) = 0 =
y1 (x) y20 (x)

[Wronksi] y1 (x)y20 (x) − y2 (x)y10 (x) 6= 0 (1.3)


Allora l’integrale generale della omogenea è dato dalla formula

[IntGen] c1 y1 (x) + c2 y2 (x) (1.4)

al variare di c1 , c2 . Se indichiamo con y(x) una soluzione particolare


all’equazione non omogenea, allora tutte le soluzioni della 1.1 sono del tipo

[SolNOm] c1 y1 (x) + c2 y2 (x) + y(x) (1.5)


6 Equazioni differenziali

dove c1 , c2 variano in R.
Troviamo, ora che si conosce la forma, una soluzione dell’equazione non
omogenea. Esistono due metodi per farlo:

• Metodo Diretto

• Metodo delle variazioni delle costanti (o di Lagrange)

1.1.1 Metodo diretto


L’idea e’ quella di trovare dei casi particolare in cui è possibile determinare in
modo diretto una soluzione particolare. Ricordiamo il criterio dell’integrale
generale:

Teorema 1 [Criterio dell’integrale generale di una equazione di second’ordine]


Tutte le soluzione dell’equazione lineare a coefficienti costanti del second’or-
dine del tipo:
y 00 + a1 y 0 + a0 y = 0
sono determiati dal discriminante dell’equazione caratteristica

λ 2 + a1 λ + a0 = 0

e sono
[DM0] c1 eλ1 x + c2 eλ2 x ∆>0 (1.6)

[D=0] c1 eλx + c2 xeλx ∆=0 (1.7)

[Dm0] c1 eαx cosβx + c2 eαx senβx ∆<0 (1.8)


dove √
−a1 −∆
α= ,β = .
2 2
Esempio 1

Facciamo ora un esempio. Prendiamo l’equazione differenziale non omogenea

[uno] y 00 + 2y 0 + y = x2 + 4x − 1 (1.9)

L’omogenea associata è:

[due] y 00 + 2y 0 + y = 0 (1.10)
1.1 Equazioni differenziali del secondo ordine non omogenee 7

Quindi l’equazione caratteristica è:

[tre] λ2 + 2λ + 1 = 0 (1.11)

che ha il discriminante uguale a zero (∆ = 0), infatti,



−2 ± 4 − 4
λ=
2
e una radice di molteplicità due uguale a −1. Siamo quindi nel caso 1.7 del
teorema 1. Le soluzioni sono del tipo

c1 e−x + c2 xe−x

e questo è l’integrale generale dell’equazione omogenea associata. Ma il se-


condo membro della 1.9 è un polinomio, quindi abbiamo ragione di cercare
la soluzione particolare nella famiglia dei polinomi di secondo grado, della
forma
y(x) = ax2 + bx + c
Derivando si ottiene y 0 (x) = 2ax + b e y 00 (x) = 2a. La soluzione particolare
deve essere appunto derivabile due volte, siamo nel caso di equazioni diffe-
renziali del secondo ordine. Il polinomio è derivabile indefinitamente, quindi
soddisfa la richiesta. Sostituiamo ora la soluzione all’equazione, e si ha:

y 00 + 2y 0 + y = 2a + 4ax + 2b + ax2 + bx + c

Riordiniamo ora i termini in base al grado maggiore

ax2 + (4a + b)x + 2a + 2b + c.

Affinchè y 00 + 2y 0 + y = x2 + 4x − 1 si deve avere a, b, c rispettivamente



 a=1 ←a=1
4a + b = 4 ←b=0
2a + 2b + c = −1 ← c = −3

Quindi la soluzione particolare cercata è proprio x2 + 0x − 3. L’integrale


generale è quindi
[IntGen1] c1 e−x + c2 xe−x + x2 − 3 (1.12)
al variare di c1 , c2 ∈ R.
Il metodo si applica anche in altri casi, a seconda della forma del termine
noto. Infatti, possiamo notare i casi particolari in cui

g(x) = αsenx + βcosx


8 Equazioni differenziali

oppure
g(x) = eαx
g(x) = P (x)(αsenx + βcosx)
g(x) = P (x)eαx
dove P (x) è un polinomio.

Esempio 2

Facciamo ora un’altro esempio. Sia l’equazione differenziale

[uuno] y 00 + y 0 + 2y = 2cosx (1.13)

l’omogenea è
[udue] y 00 + y 0 + 2y = 0 (1.14)
e la caratteristica
[utre] λ2 + λ + 2 = 0 (1.15)
che ha radici √

1−8
λ=
2
Per il criterio 1 l’integrale generale è del tipo

c1 eαx cosβx + c2 eαx senβx

con √
−a1 −∆
α= ,β = .
2 2
Quindi la soluzione alla 1.14 è
√ √
7 7
[uquattro] c1 e−x/2 cos x + c2 e−x/2 sen x (1.16)
2 2
Cerchiamo ora la soluzione particolare. Possiamo notare che il secondo
membro della non omogenea è del tipo asenx + bcosx. Quindi

y(x) = asenx + bcosx

y 0 (x) = acosx − bsenx


y 00 (x) = −asenx − bcosx
sostituendo ora abbiamo

−asenx − bcosx + acosx − bsenx + 2asenx + 2bcosx = 2cosx =


1.1 Equazioni differenziali del secondo ordine non omogenee 9

(a − b)senx + (a + b)cosx.
Ma deve essere 
a−b=0 ←a=1
a+b=2 ←b=1
Quindi l’integrale generale della 1.13 è
√ √
−x/2 7 −x/2 7
[IntGen2] c1 e cos x + c2 e sen x + senx + cosx. (1.17)
2 2
al variare di c1 , c2 ∈ R.

1.1.2 Metodo delle variazioni delle costanti (o di La-


grange)
Si determina una soluzione particolare alla non omogenea a partire da due
integrali linearmente indipendenti. Sia

[La1] y 00 + a1 (x)y 0 + a0 (x)y = g(x) (1.18)

con a1 (x), a0 (x), g(x) funzioni continue in [a, b]. Siano y1 (x), y2 (x) due
soluzioni in [a, b] della omogenea. Cioè:

y100 + a1 (x)y10 + a0 (x)y1 = 0


y200 + a1 (x)y20 + a0 (x)y2 = 0

Supponiamo che y1 (x), y2 (x) abbiano il determinante wronskiano diverso da


zero, siano cioè linearmente indipendenti. Quindi

y1 (x) y2 (x)
W (x) = 0
6= 0
y1 (x) y20 (x)
Cerchiamo quindi la soluzione dell’equazione non omogenea della forma

[La2] y = c1 (x)y1 + c2 (x)y2 (1.19)

con c1 , c2 funzioni derivabili in [a, b] particolari. Enunciamo ora il teorema


di Lagrange.
Teorema 2 La funzione

y(x) = c1 (x)y1 + c2 (x)y2

è una soluzione all’equazione non omogenea

[La3] y 00 + ay 0 + by = g(x) (1.20)


10 Equazioni differenziali

scegliendo c1 (x), c2 (x) in modo che le loro derivate siano soluzioni del
sistema  0
c1 (x)y1 (x) + c02 (x)y2 (x) = 0
[La4] (1.21)
c01 (x)y10 (x) + c02 (x)y20 (x) = g(x)

Si nota che la matrice dei coefficienti è proprio il Wronskiano. Il sistema si


risolve bene con il metodo di Cramer1 e viene:

y1 y2
W (x) = 0

y1 y20

Quindi le funzioni c01 e c02 sono rispettivamente date da Cramer come:



0 y2

g(x) y 0
2
c01 =
W (x)

y1 0
0
y g(x)
c02 = 1
W (x)
DIM:(2) Sappiamo che la y(x) deve essere soluzione. Quindi calcoliamone
le derivate.
y 0 (x) = c01 (x)y1 + c1 (x)y10 + c2 (x)y20 + c02 (x)y20
Osserviamo però che per la prima di 1.21 c01 y1 + c02 (x)y2 = 0. Quindi
otteniamo che
y 0 (x) = c1 (x)y10 + c2 (x)y20 .
Deriviamo ancora:
y 00 = c01 y10 + c1 y100 + c02 y20 + c2 y200
Ma sappiamo per ipotesi che y1 e y2 sono soluzioni dell’equazione omogenea
associata, quindi,
y 00
z }| {
c01 y10 + c1 y100 + c02 y20 + c2 y20 + c2 y200 +

a(x)y 0
z }| {
+a(c1 y10 + c2 y20 )+
1
La regola di Cramer indica che il vettore delle soluzioni di un sistema lineare Ax=b
sono date dalla formula det(B i)
det(A) dove Bi è la matrice A a cui sono state aggiunte le colonne
del vettore dei termini noti, cioè Bi = |A1 . . . Ai−1 bAi+1 . . . An |
1.1 Equazioni differenziali del secondo ordine non omogenee 11

by
z }| {
+b(c1 y1 + c2 y2 =
per la seconda equazione del sistema 1.21

c01 y10 + c02 y20 + c1 (y100 + ay10 + by1 )+

+c2 (y200 + ay20 + by2 ) = g(x).


Notiamo che c1 (y100 + ay10 + by1 ) e c2 (y200 + ay20 + by2 ) sono soluzioni quindi = 0.

Esempio 3

Facciamo ora un esempio dell’utilizzo di questo metodo. Sia data l’equazione


differenziale
1
[La5] y 00 + y = (1.22)
senx
L’equazione omogenea associata√è y 00 + y = 0. L’equazione caratteristica
è λ2 + 1 = 0 che ha ∆ < 0 = −4. Quindi occorre trovare i numeri
α = 0, β = 1, per soddisfare il 1. L’integrale generale della omogenea è
quindi
[La6] c1 cosx + c2 senx. (1.23)
Utilizziamo ora il metodo delle variazioni delle costanti. La forma della
soluzione particolare è y = c1 (x)cosx+c2 (x)senx. Le derivate di c1 , c2 devono
soddisfare il sistema:
 0
c1 (x)cosx + c02 (x)senx = 0
−c01 (x)senx + c02 (x)cosx = senx
1

Con Cramer

cosx senx
W (x) = = cos2 x + sen2 x = 1
−senx cosx

0 senx

1/senx cosx
c01 = = −1
W (x)

cosx 0

−senx 1/senx cosx
0
c2 = =
W (x) senx
12 Equazioni differenziali

Ho ottenuto ora il valore di c01 , c02 . Ma mi servono le primitive, quindi


Z
[La7] c1 = c01 (x)dx = −x (1.24)
Z
[La8] c2 = c02 (x)dx = log|senx| (1.25)

Quindi, sostituendo c01 , c02 la soluzione della non omogenea di partenza, la


1.22 è
[La9] y(x) = −xcosx + senxlog|senx| (1.26)

1.2 Il teorema di Cauchy di esistenza e uni-


cità locale
Parliamo ora di equazioni non lineari. Mentre per una equazione lineare le
soluzioni sono definite in un intervallo specificato a priori, ossi si parla di
risoluzione in grande, per quelle non lineari non è vero. Quindi si parla di
risoluzione locale o in piccolo. Si cerca una rappresentazione imlicita di una
o più soluzioni in un intorno di x0 contenuto nell’intervallo di definizione
dell’equazione. Consideriamo il teorema di Cauchy di esistenza e unicità
locale, per una equazione differenziale del primo ordine non lineare del tipo
[Ca1] y 0 = f (x, y) (1.27)
Fissiamo x0 , y0 ∈ R. Supponiamo che f sia definita in un intorno I × J
di (x0 , y0 ) ∈ R2 .
Graficamente, l’intervallo è visibile nella figura 1.1. Analiticamente,
[Ca2] {I × J = (x, y) ∈ R2 : |x − x0 | ≤ a, |y − y0 | ≤ b} (1.28)
Si esprimono gli intervalli come in R.
[Ca3] I = {x ∈ R : |x − x0 | ≤ a} (1.29)

[Ca4] J = {y ∈ R : |y − y0 | ≤ b} (1.30)
Si suppone che f sia continua 2 e Lipschitziana a y, cioè ∃L ∈ R > 0 tale
che
[Ca5] |f (x, y1 ) − f (x, y2 )| ≤ L|y1 − y2 |, ∀x ∈ I, ∀y1 , y2 ∈ J (1.31)
2
Si dice che f è continua in (x0 , y0 ) se, ∀ > 0, ∃δ > 0 tale che:
|f (x, y) − f (x0 , y0 )| < 
1.2 Il teorema di Cauchy di esistenza e unicità locale 13

Figura 1.1: Rettangolone I × J

Enunciamo ora il Teorema di Cauchy di esistenza e unicità locale


Teorema 3 [Esistenza e unicità locale]Sia f continua in I × J e lipschitziana
rispetto a y. Allora, ∃δ > 0 ∈ R, e una sola funzione y = y(x) derivabile in
[xo − δ, x0 + δ] che risolve nell’intervallo il problema di Cauchy
 0
y = f (x, y)
[Ca6] (1.32)
y(x0 ) = y0

Le ipotesi del teorema sono quindi di continuità in (x, y) e Lipsitchianità in


y. Se sono verificate in un intorno destro [x0 , x0 + a] allora vale ancora la tesi
di Cauchy. Possiamo cercare di dare una stima a δ. Prendiamo

[Ca7] M = max{|f (x, y)| : (x, y) ∈ I × J} (1.33)

e questo massimo esiste in base al teorema di Weierstrass. Prendiamo


ora
b
[Ca8] δ = min{a; } (1.34)
M
Quindi l’intervallo in cui il teorema garantisce l’esistenza di una soluzione,
cioè l’intervallo [x0 − δ, x0 + δ] = A, è tale che

A ⊆ [x0 − a, x0 + a]

cioè come in figura 1.2 Diamo ora un’altra formulazione del Teorema di
Cauchy 3.
14 Equazioni differenziali

Figura 1.2: Intervallo I × J

Teorema 4 [Formulazione integrale del problema di Cauchy] Sia δ > 0. Allora


le seguenti affermazioni sono equivalenti:

∃y = y(x) derivabile in [x0 − δ, x0 + δ] per cui


[Cate1] (1.35)
y 0 (x) = f (x, y(x)), ∀x ∈ I(x0 , δ) : y(x0 ) = y0

∃y = y(x) continua in [x0 − δ, x0 + δ] :


[Cate2] Rx (1.36)
y(x) = y0 + x0 f (t, y(t))dt, ∀x ∈ I(x0 , δ).

DIM: intanto dimostriamo che 1.35 ⇒ 1.36. Per ipotesi ∃y = y(x), y :


[x0 − δ, x0 + δ] → R derivabile in [x0 − δ, x0 + δ] tale che y 0 (x) = f (x, y(x)),
∀x ∈ I. Integrando, si ha
Z x
y(x) − y(x0 ) = y 0 (t)dt =
x0

per la 1.36 Z x
f (t, y(t))dt
x0

Ma sappiamo che y(x0 ) = y0 , quindi


Z x
y(x) − y0 = f (t, y(t))dt.
x0

Proviamo ora che 1.36 ⇒ 1.35. Per ipotesi y(x) è continua in [x0 − δ, x0 + δ]:
Z x
y(x) − y0 = f (t, y(t))dt.
x0

Se x = x0 , l’integrale sparisce e rimane y(x0 ) = y0 . Ma y(x) è derivabile e


vale
y 0 (x) = f (x, y(x)),
da cui la tesi.
1.2 Il teorema di Cauchy di esistenza e unicità locale 15

Dimostriamo ora il teorema di Cauchy:


DIM:3 Prendiamo ora δ > 0 definito da
b
δ = min{a; }
M
Sia Iδ l’intervallo Iδ (x0 , δ). Definiamo la successione di funzioni yk (x), con
k = 1, 2, 3, . . . come
y0 (x) = costante
R = y0
y1 (x) = y0 + Rx0 xf (t, y0 )dt
y2 (x) = y0 + x0 xf (t, y1 )dt
[CaDimSucc] .. (1.37)
. 
y0 (x) = y0
yk (x) = R
yk+1 (x) = y0 + x0 xf (t, yk (t))dt
Dimostriamo che questa successione è ben definita, cioè che l’integrando
f (t, y(t)) è ben definito e quindi yk (t) faccia parte del dominio J cioè,
[CaDimDom] yk (t) ∈ J = {y ∈ R : |y − y0 | ≤ b} (1.38)
Dimostriamolo per induzione su k. Se k = 0 y0 (x) è costante e ovviamente
è nel dominio, come illustrato nella figura 1.3 Quindi yk (t) ∈ J∀t ∈ Iδ . Quindi

Figura 1.3: Grafico del teorema di Cauchy

ancora, (t, yk (t)) ∈ I × J, ∀t ∈ Iδ . Per Weierstrass,


|f (t, yk (t))| ≤ M
16 Equazioni differenziali

Quindi per la formulazione integrale di Cauchy, si ha che ∀x ∈ Iδ


Z x
|yk+1 (x) − y0 | = | f (t, yk (t))dt| ≤
x0

per le proprietà degli integrali,


Z x
≤ |f (t, y(t))|dt ≤ M |x − x0 | ≤ M δ ≤ b
x0
R
visto come è fatto δ = b/m. Ma sappiamo anche che f (x)dx = inf =
sup ≤ sup|x − x0 |. Ma allora la successione 1.37 è ben definita. Osserviamo
ora che ∀x ∈ Iδ si ha
Z x
|y1 (x) − y0 | = | f (y, y0 )dt| ≤ M |x − x0
x0

per quanto detto sopra. Ma f è lipschitziana rispetto a y. Quindi,


Z x

|y2 (x) − y1 (x)| = {f (t, y1 (t)) − f (t, y0 (t)}dt
x0
Z x
≤ |{f (t, y1 (t)) − f (t, y0 (t)}|dt ≤ Lipschitzianita
x0
Z x Z x Z x
≤ L|y1 (t) − y0 |dt ≤ M L |t − x0 |dt = M L (t − x0 )dt =
x0 x0 x0
t=x
(t − x0 )2

ML
= ML = |x − x0 |2
2 t=x0 2
Al terzo passaggio,
Z x

|y3 (x) − y2 (x)| = {f (t, y2 (t)) − f (t, y1 (t)}dt

x0
Z x
≤ |{f (t, y2 (t)) − f (t, y1 (t)}|dt ≤ Lipschitzianita
x0
x x
M L2
Z Z
≤ L|y2 (t) − y1 |dt ≤ (t − x0 )2 dt =
x0 2 x0
2
ML
= |x − x0 |3
3
Iterando si ottiene
M Lk
[Cad1] |yk+1 (x) − yk (x)| ≤ |x − x0 |k + 1 (1.39)
(k + 1)!
1.2 Il teorema di Cauchy di esistenza e unicità locale 17

Vediamone ora il comportamento:

yk+1 = y0 + (y1 − y0 ) + (y2 − y1 ) + . . . + (yk+1 − yk )

Compattando i termini si ottiene,



X
yk+1 = y0 + yk+1 − yk
k=0

Vediamo se converge ora uniformemente. Si, lo fa in quanto il termine


generico della serie si maggiora come

M Lk M (Lδ)k+1
|yk+1 (x) − yk (x)| ≤ |x − x0 |k+1 ≤
(k + 1)! L (k + 1)!

e la serie

M X (Lδ)k+1 M Lδ
= (e − 1)
L k=0 (k + 1)! L

è la serie esponenziale e converge uniformemente nell’intervallo Iδ , per l’ipo-


tesi di Lipschitzianità. Infatti si ha

max{|f (t, yk (t)) − f (t, y(t))| : t ∈ Iδ } ≤

L · max{|yk (t) − y(t)| : t ∈ Iδ } → 0


per k → +∞. Per il teorema di passoggio al limite sotto il segno di integrale
3
si ottiene: Z
y(x) = y0 + xf (t, y(t))dt
x0

cioè y(x) è una soluzione al problema di Caucchy sotto forma integrale. Di-
mostriamo ora che questa è unica. Se per assurdo esistessa una u(x) soluzione
al problema in un intervallo Iδ1 = [x0 − δ1 , x0 + δ1 ], u(x) soddisfa
Z x
u(x) = y0 + f (t, u(t))dt
x0

3
TEO(Passaggio al limite sotto il segno di integrale) - Se fk è una successione di funzioni
continue che converge uniformemente verso f in [a, b], allora vale la formula:
Z b Z b
lim fk (x)dx = f (x)dx
k→+∞ a a
18 Equazioni differenziali

Mostriamo ora che necessariamente u(x) = y(x). Dimostriamo innanzitutto


che u(x) = y(x) in un intervallo un pò più piccolo, diciamo Iδ0 con
 
0 1
δ = min δ;
2L

Per ipotesi di Lipschitzianità di f rispetto a y abbiamo


Z x

|u(x) − y(x)| = {f (t, u(t)) − f (t, y(t)}dt

x0

Z x
≤ |{f (t, u(t)) − f (t, y(t)}|dt ≤ Lipschitzianita
x0
Z x
≤ L|u(t) − y|dt ≤ L · max{|u(t) − y(t)| : t ∈ Iδ0 }|x − x0 | ≤
x0

L · max{|u(t) − y(t)| : t ∈ Iδ0 }δ 0


Ma Lδ 0 ≤ 1/2. Quindi

max{|u(t) − y(t)| : t ∈ Iδ0 } = max{|u(x) − y(x)| : x ∈ Iδ0 } ≤

1
≤ L · max{|u(t) − y(t)| : t ∈ Iδ0 } ≤ max{|u(t) − y(t)| : t ∈ Iδ0 }
2
da cui l’assurdo che 1 ≤ 21 , a meno che

max{|u(t) − y(t)| : t ∈ Iδ0

Pertanto deve necessariamente essere u(x) = y(x). In particolare anche per


u(x + δ 0 ), y(x + δ 0 ). Vediamo ora il problema di Cauchy:
 0
y = f (x, y)
y(x0 + δ 0 ) = u(x0 + δ 0 )

u(x).y(x) soddisfano questo problema. Iterando il procedimento si ha che


u(x) = y(x), dopo h passi, per cui hδ 0 ≥ δ.

1.2.1 Conseguenze del teorema di Cauchy


Di solito è difficile verificare l’ipotesi di Lipsichtzianità rispetto a y, insieme
a tutte le altre ipotesi del teorema 3. Questo corollario ci fornisce un criterio
di applicabilità/ Prendiamo il solito rettangolone I × J.
1.2 Il teorema di Cauchy di esistenza e unicità locale 19

Corollario 1 Sia f = f (x, y) una funzione definita in I × J. Se f e la sua


derivata parziale ∂f
∂y
sono continue in I ×J, allora ∃!δ > 0 e una sola funzione
y = y(x) derivabile in [x0 − δ, x0 + δ] soluzione del problema di Cauchy
 0
y = f (x, y)
y(x0 ) = u(x0 )

DIM: Voglio verificare che f (x, y) è Lipschitziana. Per ipotesi f è:



∂f
(x, y) ∈ I × J → (x, y)

∂y
è continua in I × J. Per Weierstrass esistono il massimo e il minimo nell’in-
tervallo. Sia L il massimo. Per il teorema di Lagrange esiste un punto y3
tale che
∂f
f (x, y1 ) − f (x, y2 ) = (y1 − y3 )
∂y
∂f
Ma ∂y
(x, y) ≤ L in quanto L è il massimo. Sia ha quindi

|f (x, y1 ) − f (x, y2 )| ≤ L|y1 − y2 |

quello che si voleva dimostrare, cioè la Lipschitzianità.


Si può estendere il teorema di Cauchy a equazioni differenziali di ordine
(n−1)
n. Infatti, sia (x0 , y0 , y00 , y000 , . . . , y0 ) un punto di R × Rn . Sia I = [x0 −
n
δ, x0 + δ] ⊂ R. Sia Y0 ∈ R cioè

J = {Y ∈ Rn : |Y − Y0 | ≤ b}

con b ∈ R e |Y − Y0 | il modulo del vettore Y − Y0 ∈ Rn .


Teorema 5 (Cauchy per ordine n) Sia f (x, Y ) con x ∈ R, Y ∈ Rn , una
funzione reale continua in I × J e Lipschitziana a Y . Allora, ∃δ > 0 ed esiste
una funzione y(x) derivabile n volte in [x0 −δ, x0 +δ], soluzione nell’intervallo
del problema di Cauchy:
(n−1)


 y (n) = f (x, y0 , y00 , y000 , . . . , y0 )
0
 y(x0 ) = y0



[Can] y 0 (x0 ) = y00 (1.40)
 ..


 .
(n−1)

 (n−1)
y (x0 ) = y0
Notiamo che il teorema di Cauchy garantisce solo l’esistenza di una so-
luzione, in caso che la f non sia Lipschitziana. Ma l’unicità vale solo se f è
lipschitziana. Pertanto, ad esempio,
20 Equazioni differenziali

Esempio 4  √
y0 = 2 2
y(0) = 0

La f (y) = 2 y, costante rispetto a x, è continua per le y geq0. Ma non è
lipschitziana. Ha infinite soluzioni, una è banalmente y1 (x) = 0, l’altra
 2
x se x ≥ 0
y2 (x) =
0 se x < 0

Figura 1.4: Soluzioni del problema di Cauchy di esempio

1.2.2 Teorema di convergenza e di unicità globale


In alcune applicazioni è importante stabilire l’esistenza di una soluzione in
un intervallo prefissato. Il teorema di Cauchy ci garantisce l’esistenza di una
soluzione in un intervallino piccolo, un intorno di x0 . Diamo ora le condizioni
sufficienti per garantire l’esistenza della soluzione in utto l’intervallo assegna-
to a priori in cui l’equazione differenziale è definita. Queste condizioni sono
date da: siano (a, b) ∈ R, a < b. Sia f una funzione definita in

[Glo1] [a, b] × R = {(x, y) ∈ R2 : x ∈ [a, b], y ∈ R} (1.41)

Graficamente corrisponde alla striscia in figura 1.5 supponiamo ora che f


1.2 Il teorema di Cauchy di esistenza e unicità locale 21

Figura 1.5: Definizione del dominio di f per la globalità

sia continua in [a, b] × R e lipschitziana a y, cioè, ∀x ∈ [a, b],

|f (x, y1 ) − f (x, y2 )| ≤ L|y1 , y2 |

con queste ipotesi, enunciamo ora il teorema

Teorema 6 [Esistenza e unicità globale] Se f è continua e lipschitziana, ∃y =


y(x) derivabile in [a, b] che risolve il problema di Cauchy
 0
y = f (x, y)
[Glo2] (1.42)
y(x0 ) = y0

In questo caso si richiede che f sia globalmente lipschitziana e non solo


localmente. Le derivate parziali devono essere continue.

Corollario 2 Sia f = f (x, y) continua in [a, b] × R. Se la sua derivata


parziale ∂f /∂y è limitata in [a, b] × R, cioè ∃L > 0:

∂f
(x, y) ≤ L
∂y
22 Equazioni differenziali

allora ∃!y = y(x) derivabile in [a, b] che risolve nell’intervallo


 0
y = f (x, y)
[Glo3] (1.43)
y(x0 ) = y0

DIM:Devo verificare che f (x, y) sia lipschitziana. Per il teorema di


Lagrange, ∃ξ :
∂f
f (x, y1 ) − f (x, y2 ) = (x, ξ)(y1 − y2 )
∂y
Ma allora, per ipotesi si ha che

∂f
≤ L, ∀(x, y) ∈ I × J.
∂y

Quindi
|f (x, y1 ) − f (x, y2 )| ≤ L|y1 , y2 |
e questo completa la dimostrazione.
Facciamo un esempio. Sia dato il problema di Cauchy
 0
y = 1 + x2
[Glo4] (1.44)
y(0) = 0

Voglio solo verificare che la funzione tg(x) è soluzione. Risulta che y(0) =
0. y 0 (x) = 1/cos2 (x) e

sen2 (x) cos2 (x) + sen2 (x)


1 + y2 = 1 + = = 1/cos2 (x) = y 0
cos2 (x) cos2 (x)

La soluzione non è definita per tutto R, ma solo per un intorno, [−π/2, π/2]
di x0 . Non vale il teorema, cioè non è applicabile in
un intervallo specificato
a priori. Infatti non è soddisfatta l’ipotesi per cui ∂y ≤ L. Infatti, ∂f
∂f
∂y
= 2y
che non è limitata per y ∈ R.
Facciamo ora un’altro esempio. Sia
2
y 0 = 1+x

[Glo5]
1+y 2 (1.45)
y(1) = 1
Verifica tutte le ipotesi esistenza e unicità globale. Infatti, vale l’ipotesi
di limitatezza della derivata parziale

∂f 1 + x2 0(1 + y 2 ) + (1 + x2 )2y
= =
∂y 1 + y 2 (1 + y 2 )2
1.2 Il teorema di Cauchy di esistenza e unicità locale 23

2y(1 + x2 )
= ≤L
(1 + y 2 )2
si vede che y(x) = x è una soluzione su tutto R ed è possibile fornire un
intervallo a priori.
DIM:(6) Definiamo su [a, b] una successione di funzioni

y0 (x) = costante
R = y0
y1 (x) = y0 + Rx0 xf (t, y0 )dt
y2 (x) = y0 + x0 xf (t, y1 )dt
[GloSucc] .. (1.46)
. 
y0 (x) = y0
yk (x) = Rx
yk+1 (x) = y0 + x0 f (t, yk (t))dt

Sia M il massimo della funzione a una variabile in t |f (t, y0 )|. Per


Weierstrass, questo esiste.
|f (t, y0 )| ≤ M
Quindi per la formulazione integrale di Cauchy, si ha che ∀x ∈ Iδ
Z x
|y1 (x) − y0 | = | f (t, y0 )dt| ≤ M |x − x0
x0

Proseguiamo per ricorrenza. Sfruttiamo la lipschitzianità:


Z x

|y2 (x) − y1 (x)| = {f (t, y1 (t)) − f (t, y0 (t)}dt
x0
Z x
≤ |{f (t, y1 (t)) − f (t, y0 (t)}|dt ≤ Lipschitzianita
x0
Z x Z x Z x
≤ L|y1 (t) − y0 |dt ≤ M L |t − x0 |dt = M L (t − x0 )dt =
x0 x0 x0
t=x
(t − x0 )2

ML
= ML = |x − x0 |2
2 t=x0 2
Ancora, per lipschitzianità, si giunge alla stima

M Lk
[GloSucc1] |yk+1 (x) − yk (x)| ≤ |x − x0 |k+1 (1.47)
(k + 1)!

Riscrivendo,

yk+1 = y0 + (y1 − y0 ) + (y2 − y1 ) + . . . + (yk+1 − yk )


24 Equazioni differenziali

Quindi,

X
yk+1 = y0 + yk+1 − yk
k=0

Il termine generico della serie si maggiora come

M Lk M (L[b − a])k+1
|yk+1 (x) − yk (x)| ≤ |x − x0 |k+1 ≤
(k + 1)! L (k + 1)!

Ma il membro destro è la serie esponenziale. Quindi la serie converge. Sia


ora y(x) il limite della successione. Anche la funzione composta converge
uniformemente, infatti,

max{|f (t, yk (t)) − f (t, y(t))|} ≤

L · max{|yk (t) − y(t)|} → 0


per k → +∞. Per il teorema di passoggio al limite sotto il segno di integrale
si ottiene: Z x
y(x) = y0 + f (t, y(t))dt
x0

cioè y(x) è una soluzione al problema di Cauchy.


Dimostriamo ora che questa è unica. Supponiamo che u(x) sia soluzione
al problema. Quindi,
Z x
u(x) = y0 + f (t, u(t))dt
x0

Verifichiamo ora che necessariamente u(x) = y(x), ∀x ∈ Iδ0 = [x0 .x0 +


0
T
δ ] [x0 , b] con
1
δ0 =
2L
Sfruttando la lipschitzianità
Z x

|u(x) − y(x)| = {f (t, u(t)) − f (t, y(t)}dt

x0
Z x
≤ |{f (t, u(t)) − f (t, y(t)}|dt ≤ Lipschitzianita
x0
Z x
≤ L|u(t) − y(t)|dt ≤ L · max{|u(t) − y(t)|}|x − x0 | ≤
x0

L · max{|u(t) − y(t)|}δ 0
1.3 Risoluzione di alcuni tipi di equazioni differenziali 25

Ma Lδ 0 ≤ 1/2. Quindi
1
max{|u(t) − y(t)|} ≤ max{|u(x) − y(x)|}
2
da cui l’assurdo che 1 ≤ 21 , a meno che Pertanto deve necessariamente
essere u(x) = y(x). In particolare anche per u(x + δ 0 ), y(x + δ 0 ). Quindi
 0
y = f (x, y)
y(x0 + δ 0 ) = u(x0 + δ 0 )

é soddisfatto.

1.3 Risoluzione di alcuni tipi di equazioni dif-


ferenziali
Prendiamo equazioni del tipo

y 0 = f (x, y)

con f (x, y) a valori reali. Sapiamo dire in quali ipotesi questa ammette
soluzione in un intorno di x0 verificante l’ipotesi y(x0 ) = y0 . Fissato un x0 ,
∀y0 ∈ R si determina una soluzione all’equazione differenziale. Si dice cosı̀
che l’insieme delle soluzioni dipende da un parametro reale, indicato con y0
oppure con c. Questo insieme si chiama integrale generale. Ogi elemento
della famiglia di funzioni, ottenuto fissando un numero c è detto soluzione
particolare. D’altra parte non è detto che ogni soluzione all’equazione sia
particolare. Queste soluzioni si dicono integrali singolari.

1.3.1 Equazioni a variabili separabili


Prendiamo l’equazione differenziale

[VarSep1] y 0 = f (x)g(y) (1.48)

si chiama a variabili separabili. Supponiamo che g(y) 6= 0 per ogni y. Si


divide e si integra rispetto a x:
y0
Z Z
dx = f (x)dx
g(y(x))
e si può scrivere come
G(y(x)) = F (x) + c
26 Equazioni differenziali

dove F è primitiva di f e G di 1/y. Se G è invertibile, si ricava una famiglia


di equazioni
y = y(x, c) = G−1 (F (x) + c)
se y = y(x) Z Z
dy
= f (x)dx.
Gy
Facciamo un esempio di questo. Sia

[VarSep2] y 0 = xy 3 (1.49)

separo le variabili Z Z
dy
= xdx
y3
da cui
1 x2
− = + c.
2y 2 2
Attrvaerso le sostituzioni4 si ha
1
y = ±√ .
c − x2
Un’altro tipo di equazione a variabili separabili è la seguente:

[VarSep3] y 0 = g(ax + by) (1.50)

con a, b ∈ R non nulli. Se si effettua la sostituzione z = z(x) = ax + by si


ha che z 0 = a + by 0 . Quindi

z 0 = a + bg(z).

Un’altro tipo è quello dell’equazione differenziale omogenea


y
[VarSep4] y0 = g (1.51)
x
Si risolve con la sostituzione z = y/x. Quindi si ha5

z 0 x + z = g(z)

che è a variabili separabili.


4
I calcoli si possono trovare a pagina 35 dei manoscritti
5
Anche qui i conti sono a pagina 36 dei manoscritti
1.3 Risoluzione di alcuni tipi di equazioni differenziali 27

Facciamo un esempio.
2xy
[VarSep5] y0 = (1.52)
x2+ y2

Si ottiene sostituendo e derivando6


z − z3
z0x =
1 + z2
Quindi,
dz 1 + z2 dx
x= 3
dz =
dx z−z x
Integrando viene
1 + z2
Z Z
dz = xdx
z − z3
Risolto l’integrale e ricordandosi della sostituzione si ha che

y 2 − x2 = cy

che è la risoluzione della 1.52. Da notare che questa rappresenta una famiglia
di iperboli, e un’integrale singolare è y ≡ 0.
Prendiamo ora un’equazione della forma
 
0 ax + by + c
[VarSep6] y =g (1.53)
a0 x + b 0 y + c

con i coefficienti a, b, a0 , b0 non tutti nulli. Per risolvere un’equazione come


questa, immaginiamo che r = ax + by + c e r0 = a0 x + b0 y + c siano due
rette. Queste possono ovviamente essere parallelle o non parallele. Se sono
parallele, ∃k ∈ R : a0 = ka, b0 = kb e quindi diventa del tipo

y 0 = g(ax + by)

e si risolve sistituendo z(x) = ax+by. Se non sono parallele e quindi a, b, a0 , b0


non sono proporzionali, allora si intersecano nel punto (x0 , y0 ). Sia

ξ = (x − x0 ), η = (y − y0 )

Ma allora si ha che ax0 + by0 + c = 0 in quanto passa nel punto. Quindi,

aξ + bη = ax + by + c
6
Pagina 37 e sgg
28 Equazioni differenziali

per la formula della retta passante per due punti. Ma allora,


dy dη
=
dx dξ
si ha che
a + b ηξ
  !
aξ + bη
dη = g =g .
a0 ξ + b 0 η a0 + b0 ηξ
Facciamo un esempio7
2x − 6
[VarSep7] y0 = (1.54)
y+2−x
si costruiscono le due rette, si vede che passano per il punto (3, 1) e la
soluzione viene data da

(y + x − 4)2 (y − 2x + 5) = c.

1.3.2 Equazioni di Bernoulli


Si dice di Bernoulli un’equazione differenziale del primo ordine del tipo

[Ber1] y 0 = a(x)y + b(x)y α (1.55)

con a(x), b(x) funzioni continue in [a, b] ⊆ R, α ∈ R 6= 0, 1. Dividiamo8


per y α .
y0
= a(x)y 1−alpha + b(x)

sia ora z(x) = [y(x)]1−α . Quindi z 0 (x) = (1 − α)a(x)z + (1 − α)b(x).
Facciamo un esempio delle equazioni di Bernoulli.

[Ber2] xy 0 = −y 2 lnx − 2y (1.56)

Divido per xy 2 per togliermi la x, faccio la sostituzione con z = 1/y e mi


viene
2z lnx
z0 = + .
x x
È un’equazione del primo ordine, e applicando la formula risolutiva
Z
eA(x)
e−A(x) b(x)dx

7
I conti sono a pagina 40, 41 dei manoscritti
8
Pagina 43
1.4 Equazioni del primo ordine in forma non normale 29

ottengo
lnx 1
− + + cx2 .
2 4
Ma z = 1/y quindi
lnx 1 −1
y = (cx2 − + ) .
2 4

1.4 Equazioni del primo ordine in forma non


normale
1.4.1 Equazioni di Clairaut
Sia
[Cla1] y = xy 0 + g(y 0 ) (1.57)
con g derivabile. Sia y(x) una soluzione. Deriviamo rispetto a x:

y 00 (x + g 0 (y 0 )) = 0.

Quindi, o y 00 = 0 o x + g 0 (y 0 ) = 0. Se y 00 = 0, deve necessariamente essere


y 0 = c. Quindi, sostituendo alla 1.57

y = cx + g(c)

Se invece è l’altro membro, allora si sostituisce y 0 = t e si mette a sistema

x = −g 0 (t)

[Cla2] (1.58)
y = −tg 0 (t) + g(t)

La soluzione fornita dalla 1.58 è detta integrale singolare dell’equazione


di Clairaut.
Facciamo ora un esempio. Sia

y = xy 0 − 1/3(y 0 )3

consideriamo i due casi, in cui y 0 = 0 e x + g 0 (y 0 ) = 0. Nel primo caso ottengo

1
y = cx − c3
3
Nel secondo invece 
x = t3
y = 23 t3
30 Equazioni differenziali

La soluzione dell’equazione di Clairaut è una curva. Possiamo osservare che


tale curva è l’inviluppo della famiglia di rette di equazione proprio cx + g(c),
cioè tangente a tutte queste. Consideriamo l’equazione non normale

x = g(y 0 )

con g derivabile. Assumiamo che y 0 sia la nostra variabile indipendente e sia


t = y 0 . Quindi si ottiene
dy dy dx
= = tg 0 (t)
dt dx dt
Quindi, integrando per parti
Z
y(t) = tg 0 (t)dt = tg(t) − G(t) + c

e mettendo quindi a sistema



x = g(t)
y = tg(t) − G(t) + c

Facciamo un esempio. Sia


1
[Cla3] x= (1.59)
1 + (y 0 )2

1
g(t) = 1+t2
G(t) = arctant
Si ottiene, mettendo a sistema e facendo le sostituzioni precedenti,
r !
p 1 − x
y=± (x − x2 ) − arctan +c
x

Il metodo di risoluzione proposto si applica anche all’equazione differen-


ziale del tipo
[Cla4] y = g(y 0 ) (1.60)
Infatti, posto y 0 = t si ha
dx dx dy g 0 (t)
= =
dt dy dt t
e quindi R 0
x = g t(t) dt


y = g(t)
1.5 Tipi particolari di equazioni del secondo ordine 31

1.5 Tipi particolari di equazioni del secondo


ordine
Sia
[SO1] F (x, y 0 , y 00 ) = 0 (1.61)
una equazione mancante della y. Se si sostituisce z(x) = y 0 (x), si ha

[SO2] F (x, z, z 0 ) = 0 (1.62)

del primo ordine. Se z = z(x, c1 ) è il suo integrale generale, allora,


Z x
y(x) = c2 + z(t, c1 )dt.
x0

Facciamo subito un esempio. Sia

[SO3] 2y 0 y 00 − 1 = 0 (1.63)

sia ora la sostituzione z(x) = y 0 (x). Quindi si ha

2zz 0 − 1 = 0

che separando le variabili si ottiene


Z Z
2
z = 2zdz = dx = x + c1

Quindi y 0 = z = ±(c1 + x)1/2 e integrando per ottenere la y

2
y(x) = ± (x + 4)3/2 + c2 .
3
Prendiamo ora un’equazione differenziale che non dipende esplicitamente
dalla x
[SO4] F (y, y 0 , y 00 ) = 0 (1.64)
Sia y considerata variabile indipendente. Sia z = y 0

dy 0 dz dy
y 00 = = = z 0 z.
dx dy dx

Quindi, si ottiene
F (y, z 0 z, z) = 0
32 Equazioni differenziali

Se z(y, c) è una soluzione allora le soluzioni di 1.64 so ottengono risolvendo

y 0 = z(y)

Facciamo un esempio.
(
y 00
= y12
(1+(y 0 )2 )3/2
y(0) = 1; y 0 (0) = 0

Sia z(y) = y 0 . Quindi,


z0z
(1 + z 2 )3/2
e il suo integrale è:
1 1

= +c
1+z 2 y
Ma è un problema di Cauchy, quindi abbiamo le soluzioni iniziali. Quindi
z(1) = 0.9 Il suo integrale generale è:
 R √ √
x = √ 1/( 1 + t2 )dt = ln(t + 1 + t2 ) + c
y = 1 + t2

1.6 Diffusione di una infezione


Studiamo ora la velocità con cui si trasmette un’infezione. Indichiamo con P
il numero totale di individui che sono sensibili al contagio; indichiamo con p(t)
il numero di portatori dell’infezione. Quindi il numero degli individui sensibili
è dato dalla differenza P −p(t). È naturale pensare che il contagio si diffonda
tanto più rapidamente quanto più è alto il numero degli individui malati, ed
anche quanto è alto il numero degli individui sani. Supponiamo che il tasso
di accrescimento, limitato dalla sua derivata prima p0 (t) sia proporzionale
secondo un k ∈ R, alle quantità p(t), e P . Formalizzando tutto, si ottiene

[I1] p0 (t) = kp(t)[P − p(t)] = kP p(t) − kp2 (t) (1.65)

È ovviamente un’equazione differenziale del primo ordine di Bernoulli.


Imponendo la condizione iniziale p(0) = p0 si trova l’integrale generale,
chiamato anche funzione logistica:
P p0
[I2] p(t) = (1.66)
p0 + (P − p0 )e−kP t

9
I conti sono a pagina 53 e sgg. dei manoscritti
1.6 Diffusione di una infezione 33

Figura 1.6: Grafico della funzione logistica 1.66

Il grafico approssimato della figura 1.6 rappresenta la funzione logistica.


Si nota che p(t) è crescente, cioè il contagio aumenta rispetto al tempo. In
un primo tempo il contagio aumenta lentamente, fino ad assumere la mas-
sima espansione nel punto di flesso, dove la pendenza della derivata è mas-
sima. Inoltre, per t → +∞ la velocità di diffusione del contagio diminuisce
(p0 (t) → 0), e il numero di persone infette p(t) tende al numero di persone
P di individui sensibili al contagio. Per determinare la massima velocità di
diffusione, calcoliamo il massimo della p0 (t), che si trova nel punto di flesso
per cui si annulla la derivata seconda. Facendo i conti e sviluppando si trova
che se p(t) = P/2 la diffusione ha una velocità minima, cioè p0 (t) ha una
velocità bassa. Quindi la massima velocità di espansione dell’infezione si ha
quando il numero degli individui contagiati p(t) è pari alla metà totale dei P
individui sensibili al contagio.
34 Equazioni differenziali
Bibliografia

[1] Enrico Giusti, Analisi matematica 1, Bollati Berlinghieri 1986

[2] G. Anichini, G. Conti Calcolo 3: Funzioni di più variabili e modelli


matematici, Pitagora editrice 1993

[3] P. Marcellini, C. Sbordone Calcolo, Liguori 1992

[4] P. Marcellini, N. Fusco, C. Sbordone Elementi di analisi matematica


due, Liguori 2001

[5] L.C. Piccinini, G. Stampacchia, G. Vidossich Equazioni differenziali


ordinarie in Rn (problemi e metodi) Liguori 1978

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