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Bozza
Abbiamo voluto vedere, attraverso una ricerca etnografica (che prevede cioé si parta
dai singoli individui e della relazioni tra essi) quanto operasse il pregiudizio appunto
nel rapporto commessa e clienti quando questi ultimi si presentino con una forte
connotazione “fenomenologica”.
Abbiamo cercato di capire se ha un fondamento la saggezza popolare dedicato al tema
e che contiene proclami contraddittori:
– l'abito non fa il monaco
– mangia a gusto tuo e vesti a gusto degli altri
Abbiamo quindi calcato un po' la caratterizzazione dei nostri attori a cui siamo stati
costretti a ricorrere per motivi sostanzialmente temporali per cui non abbiamo potuto
limitarci a verificare la situazione ma ne abbiamo dovuto prendere parte, dopo averla
generata.
Questo ha permesso, da un lato, il verificarsi di fattori scatenanti la rottura degli
schemi e quindi l'esplicitazione del dato per scontato, e, dall'altro, la possibiltà di
esperire in prima persona (anche se per mezzo di un personaggio esso stesso creato
sulla base di un modello, quindi tipizzato sul nascere) la discriminazione e gli effetti
che la stessa crea nel discriminato.
Quindi, due comparse:
– una studentessa, un po' grunge carina e spigliata, accompagnata da un'amica e
– una coppia di 40 enni elegantemente vestiti
E' stato scelto un negozi del quadrilatero della moda che ci sembrava (nostro
pregiudizio) potesse essere più sensibile all'abbigliamento.
I nostri attori sono entrati, in due momenti separati da Gucci: dapprima le due
“giovani” amiche con la scusa dell'acquisto di una borsa per il 50mo anno della
mamma.
Le amiche vengono inizialmente ignorate dai commessi finchè non riescono a parlare
con una commessa orientale che le tratta educatamente ma con distacco e un po' di
diffidenza.
A questo punto entra in scena la coppia elegante e, dopo un rapido giro del negozio, si
rivolge, con l'intento di interromperla, alla stessa commessa orientale, che, molto
professionalmente, risponde a monosillabi e fa aspettare la coppia elegante. Intanto le
alte complici continuano a chiedere di poter visionare ulteriori borse e eventuali
accessori... Dopo arriva una ragazza straniera che chiede il prezzo della borsa che
maneggia la nostra attrice giovane! E senza problemi la commessa le dice il prezzo,
molto cortesemente. Alla richiesta di altri modelli la commessa si aggira per cercarle
(o solo finge?!) intanto le attese ( e le pretese!) aumentano... finchè non viene
richiesta una borsa di coccodrillo da 12.000 euro... (mentre dichiara il prezzo la
commessa evidenzia con lo sguardo e il tono di voce l'inadeguatezza della cliente
rispetto all'oggetto del desiderio) che, di fatto, si rivela non disponibile nel negozio in
questione.
In sintesi, l'atteggiamento della commessa è stato educato ma molto distaccato.
Interviene ancora la coppia elegante e la commessa si dedica a loro. Le complici
quindi se ne vanno indispettite.
La commessa è molto disponibile, mostra i modelli richiesti, cerca i colori desiderati e
si lancia in una conversazione amichevole sul tempo. Quindi, entra nella sfera un po'
più personale con la coppia matura. E quando le chiediamo la borsa in coccodrillo, ce
la mostra.
STO IN CRISI CON LA ROTTURA DEL NOSTRO DATO PER SCONTATO... deve essere
riferito a quell'episodio o è quello che segue?
Poi, approfittando della presenza di ragazze che sono cresciute in paese diversa dal
nostro, abbiamo fatto delle interviste tra noi per far emergere i contrasti tra
riferimenti simbolici condivisi...
Tra le esperienza raccontate, vorremmo focalizzarci su un costume che, evidenziato
dalla nostra compagna moldava, ha evocato in noi ricordi di stili di vita diversi.
Partiamo dalla trascrizione dell'intervista della nostra compagna
D: E arrivando qua in Italia hai incontrato delle difficoltà inizialmente? O
semplicemente delle diversità o somiglianze rispetto alle tue abitudini in Moldavia
soprattutto nell’ambito della vita familiare e nell’utilizzo dello spazio abitativo?
R: Sì. Cioè, la prima cosa è che…mi è sembrato molto, cioè, proprio strano…è stanto
quando il proprietario della casa è entrato in casa e non si è tolto le scarpe. Per me
era un’offesa! (ride) Perché da noi, prima di entrare in casa, si tolgono le scarpe…cioè,
non prima, nel senso: entri in casa, ti togli le scarpe e poi entri. Perché ci sono i
tappeti, ci sono…non è che cambia moltissimo…però per me era una cosa normale.
Quindi pensavo che anche in Italia fosse così, invece no! Poi, mi sono abituata al
modo di fare in Italia e, una volta tornata in Moldavia per le vacanze, mi sono
scordata di togliermi le scarpe, quando entravo nella casa.
Abbiamo raccolto diversi episodi sul tema delle scarpe, partendo dalle nostre abitudini,
cioè dal nsotro dato per scontato e mutuandoli dai nostri viaggi.
In Italia, ci si tolgono le scarpe nelle propria casa. E' un gesto di intimità e
appartenenza.
In marocco, si tolgono le scarpe, non appena si entra in casa. Anche lì ci sono tanti
tappeti e l'uso delle scarpe rischia di rovinarli.
In Giappone, non ci sono tappeti ma i pavimenti sono così lustri che a nessuno
verrebbe in mente di pestarli con le scarpe che sono state usate all'aperto.
Curiosamente, in Turchia (parte asiatica) i piedi invece non devono essere mostrati
per questione di pudore... (vi dico la verità... Temo che non possano essere mostrati
in pubblico ma che in casa gi giri scalzi... Il prof non ci arriverà mai... Non andiamo
troppo per il sottile!!)
Ci siamo quindi rese conto di come nella cultura esistano, non tanto delle regole ma
delle regolarità e come il dato per scontato sia appannaggio delle singole culture
nazionali...
Concludiamo il nostro lavoro con una raccolta mediatica che abbiamo cercato di
rendere il più divertente possibile. Attiene all'uso dei pregiudizi che abbiamo ricercato
a 360°, senza pregiudizio alcuno!