Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
5 INTRODUZIONE
6 LE MICROVACANZE CRESCONO - SL&A turismo e territorio
14 MICROVACANZE COME CORIANDOLI - Giuseppe De Rita
20 UN TEMPO BREVE MA INTENSO - Stefano Landi
28 IL SORPASSO IN TRE ANNI? - Roberto Mazzà
34 MICROVACANZA, UN VALORE AGGIUNTO - Anna Quartucci
40 COSA CAMBIA PER IL TERRITORIO - Angelo Angeli
46 LE IMPRESE E IL MICRO-PRODOTTO - Michela Valentini
54 ORGANIZZARE MICROVACANZE - Diego Albanese
62 IL TURISMO DEI SOGNI - Claudio Nardocci
70 RINGRAZIAMENTI
INTRODUZIONE
Dodici mesi fa avevamo annunciato il lancio di una nuova impresa: il Tour Operator.
Adesso unaltracosa travel c’è e lavora, col passo sicuro di chi sa dove andare, e sa che la strada
giusta non è quasi mai la più breve e veloce.
Per il nuovo anno abbiamo molte idee e qualcuna anche piuttosto matura.
Ne sentirete presto parlare.
Auguri, intanto.
Avevamo constatato l’”esplosione” della famiglia in vacanza, ognuno in cerca del suo
modo di fare e di essere. Avevamo misurato lo sgretolamento della villeggiatura lunga in pe-
riodi sempre più brevi; e avevamo verificato la crescita delle altre vacanze, quelle secondarie e
“terziarie”, magari meno importanti (per durata, per aspettativa), ma sempre più numerose, fino
a raggiungere in valore assoluto quelle “principali”. Era un po’ come se anziché andare tutta la
famiglia insieme a fare la spesa una volta l’anno, i vari membri andassero anche da soli, più volte
l’anno. Il contrario di quanto successo invece nella distribuzione. Il consumo di vacanza, quindi,
anziché espandere il proprio tempo assoluto, rischiava e tuttora rischia di vederlo frammentato
e compresso, eroso dalle altre esigenze come pure dai sempre possibili contrattempi.
Crollo di un mito: in queste condizioni la pretesa di molte località turistiche di “allunga-
re la permanenza media” diventa illusoria. Semmai si tratta di imparare a gestire un maggior
turnover.
L’ultimo dato utile (2006) segnala che gli Italiani hanno fatto in un anno 43 milioni 662 mila mi-
crovacanze (1-3 notti fuori casa), poco meno dei 50 milioni di macro-vacanze (oltre 4 notti). Sul
totale delle vacanze, il 46,5% contro il 53,5.
In termini di numeri, di “scontrini” battuti dal “grande negozio” delle vacanze, siamo quasi al pa-
reggio, che a questi ritmi verrà raggiunto tra pochissimo, meno di quattro anni.
In termini di peso, evidentemente, siamo su piani diversi: le microvacanze contano per il 12%
delle notti trascorse fuori casa, le macrovacanze per l’88%.
Giuseppe De Rita
1 La prima reazione che ho provato a sentir parlare di microvacanze non è stata di segno
positivo. Mi è sembrato infatti un ulteriore segno di una dispersione più generale, dei fenome-
ni e dei comportamenti, delle aggregazioni come delle tendenze, fino quasi a diventare una
“coriandolata”, un vortice di piccole leggerezze come ce ne sono tante, al posto di cose più
robuste, durature, concrete.
Mi sono chiesto quanto tutti questi “coriandoli” potessero essere utili alle persone, o quan-
to invece le scelte di questo genere fossero strettamente soggettive, individuali, originate al
nostro interno, piuttosto che non frutto di una sollecitazione esterna.
Ma certamente, continuando ad immaginare, potrebbe risultare utile un repertorio, una
sorta di almanacco in cui si possono raccogliere e ritrovare gli stimoli, magari quelli che non
sono venuti da soli, e le idee, magari quelle che non sono venute da sole, o le cose che altrimenti
sarebbero risultate impossibili.
Un prodotto conoscitivo quindi, che contenga gli stimoli e le riflessioni connesse: il titolo
ma anche il testo, e che se non arriva a dare un senso unitario a tutti i coriandoli messi insieme,
almeno fornisce uno o più fili intermedi di lettura, di classificazione, di suggestione.
2 Il secondo filo di ragionamento mi viene dall’approccio low – cost, che ha permeato un po’
tutto e forse troppo, ma che non si presta, come mostrano anche le microvacanze, a diventare
una chiave di lettura universale.
Ci sono valori e rapporti di valore che devono mantenere il proprio senso, altrimenti qual-
che equilibrio salta, qualche meccanismo profondo non scatta, il sospetto prevale sull’attrazio-
ne. Il valore di esperienza è centrale nelle microvacanze: non sono uno spazio vuoto, non si
risolvono solo nel tran tran della seconda casa, ma hanno forza e senso se entrano nel profondo,
non voglio dire che cambiano la vita, ma certo che la arricchiscono tangibilmente.
Altrimenti è meglio in tutti i sensi non partire per niente, e regalarsi un buon pranzo!
3 In terzo luogo, mi viene in mente che il rischio della vacanza – coriandolo è anche la gratifi-
cazione individualista, quasi un narcisismo solitario.
Credo invece che un elemento di successo delle microvacanze stia proprio nella ricomposi-
zione di piccola socialità che possono dare.
È la risposta ad una domanda di avventura, come in fondo è insita in ogni esperienza di
valore, una domanda che ci vede gioco forza ricreare il gruppo: quello genetico della famiglia,
quello sociale dell’amicizia, ma pure quello tipico della casualità che ci fa vivere nuove esperien-
ze, e magari socializzare con sconosciuti compagni di viaggio.
Ecco, in questo senso vedo nelle microvacanze una occasione nuova di ri-socializzazione e
di rinsaldamento dei rapporti, a partire dalla condizione di seppur minima sfida ed avventura
4 Infine, penso che in questa avventura ci piacerebbe molto essere condotti per mano.
Non so e non credo si tratti di figure professionali già esistenti, le hostess e gli stewart, penso
piuttosto alla naturalezza di chi fa le cose che ci mostra, di chi vive il territorio in cui ci af-
fianca, di chi offre un po’ del proprio tempo per far scoprire un tesoro di cui è depositario
e guardiano.
C’è posto per tanti, giovani e vecchi, signore e ragazzi in questo nuovo modo di personaliz-
zazione dell’esperienza di vacanza, tutto interno alla filosofia dell’accompagnamento che tanto
mi è cara.
5 Un ultimo punto, quasi un poscritto, che mi fa in parte riconsiderare il segno negativo della
mia riflessione iniziale. Mi sembra assolutamente diffusa e trasversale la nuova domanda di
appartenenza successiva al vuoto delle grandi appartenenze tradizionali.
Non voglio ripercorrere i tanti esempi possibili, ma mi sembra che riconoscersi tra le tifo-
serie estreme di una squadra, o tra gli acquirenti dell’IKEA, sia un po’ un segno del momento
Stefano Landi
1 Se guardiamo l’evolversi dei consumi di vacanza nelle nostre economie sviluppate, ci ren-
diamo conto di come la tendenza sempre maggiore sia verso la frammentazione dei periodi, e
quindi si scivoli sempre più dalla considerazione della grande vacanza come genere di investi-
mento (si pensi solo al Grand Tour e ad alcuni prodotti analoghi attuali), a quella della micro-va-
canza come atto di consumo neppure tanto durevole.
D’altra parte, nel sentire corrente e così pure nel lessico di molte “tribù” (tipicamente nei
posti di lavoro delle grandi città centro-nord europee) ci si può capacitare che l’impulso a vince-
re la pigrizia per fare uno “stacco” con l’ordinario quotidiano è un po’ una costante, a prescindere
dalle stagioni e dai momenti, alle volte addirittura di ritorno da viaggi e vacanze che per qualche
motivo si sono rivelati poco soddisfacenti.
Al soddisfacimento di questo impulso si frappongono “istituzionalmente” due vincoli:
quello della disponibilità economica e quello della disponibilità di tempo.
Quanto al primo, è tipico di tutti gli acquisti “di impulso” sottovalutarlo, magari perché si
paga con moneta elettronica e quindi si ha meno il senso dell’incidenza effettiva sul reddito di-
sponibile fino all’estratto-conto mensile della carta di credito.
2 Dato che la variabile assunta come critica è quella del tempo, un tema connesso è quello
della velocità dell’esperienza di vacanza, che si può sintetizzare così: una vacanza breve non sarà
Ma se una vacanza per essere davvero tale deve rompere con il quotidiano, evidentemente non
può essere “fast” come il quotidiano di solito è: si tratta allora di verificare la possibilità che la
micro-vacanza riesca ad essere “breve ma intensa”.
Quanto alla brevità, sembra il caso di attenersi alla definizione statistica: “breve” è una va-
canza che dura “almeno una notte” (che bel topos della poetica amorosa!), ed al massimo tre.
3 D’altra parte, che cosa ci si aspetta dal punto di vista dell’intensità? Ormai da diversi anni si
parla della domanda turistica come di una domanda di “total leisure experience”, e quindi non
solo di prestazioni singole o sconnesse, ma di una esperienza totale di tempo libero o da viversi
nel tempo libero.
Ma poi si scopre che in tante “sun belt” e in tante Isole, in tante Riviere e in tante Campa-
gne, l’esperienza totalizzante di tempo libero diventa per milioni di persone una esperienza di
vita. Di un segmento di altra vita (forse l’ultimo, ma chissà…), di una vita diversa da quella cono-
sciuta, sempre alla ricerca quasi animale di un habitat migliore, di un clima migliore, di relazioni
migliori. Questo sogno, pur così diffuso e così intensamente praticato anche nel nostro Paese,
non è però ogni giorno alla portata di tutti. Nel frattempo, in attesa che questo stacco avvenga,
o nella rassegnazione cosciente che non avverrà, si fanno vacanze e microvacanze come fram-
menti di “un’altra vita”, che sentiamo meritata.
Anche quella che offre la microvacanza, in ogni caso, è una esperienza totale e tangibile: è
Roberto Mazzà
Questa volta credo proprio che ci abbiamo visto giusto: se andiamo di questo passo non solo la
fila al casello, ma anche quella alla porta delle strutture ricettive, sarà la dominante del fine set-
timana. Il rischio è quello di non trovare più posto per quel week-end che tutti sogniamo, tanto
che se fino a qualche anno fa per le microvacanze non si faceva alcun tipo di prenotazione, oggi
per ogni tre italiani che partono ce ne è uno che si organizza: tutto da solo magari, e spesso
attraverso Internet, ma comunque si organizza.
Guardando a quello che succederà tra qualche anno qualche azzardo previsionale si può
fare, e anche qualche considerazione. Innanzitutto i numeri: mantenendo il passo degli ultimi
quattro anni, prima del 2010 le microvacanze supereranno i 50 milioni (oggi siamo a 43 e mez-
zo), e addirittura saranno raddoppiate nel 2020. In altri termini, sto ipotizzando che nel giro di
due o tre anni saranno 35 milioni gli Italiani “microvacanzieri” che trascorreranno 100 milioni di
notti fuori di casa, di cui oltre 40 negli alberghi e nelle altre strutture ricettive “di mercato”: un
giro d’affari di tutto rispetto.
Sto forse esagerando un po’, ma se pensiamo che in dieci anni gli Italiani delle vacanze
brevi sono passati dai 19 milioni nel 1997 a 30 milioni nel 2006, allora viene quasi da dire che le
previsioni non sono poi così lontane dalla verità.
Anna Quartucci
Sempre più spesso ci ritroviamo a consumare il nostro tempo in vite con tempi non rispettosi di
quello che vorremmo veramente, siamo “costretti” in lavori, ritmi non scelti e quindi subìti.
Questo sempre più spesso ci fa sentire stressati, senza forze con la voglia di fuggire dalle lo-
giche aziendali del risultato, della produzione, dell’obiettivo; tutte cose, spesso, imposte da altri.
Scopriamo quindi la voglia di fuggire da tutto questo, sempre di più, sempre più spesso,
magari strappando un piccolo spazio di tempo solo per noi, per recuperare. E’ sicuramente in
questo contesto che si è andata sviluppando la voglia, il bisogno della microvacanza.
Quante volte l’idea di arrivare all’estate, alla vacanza canonica “lunga” o alle vacanze natalizie ci
è sembrata un impresa troppo grande per noi e quindi, perché non regalarci una vacanza prima,
magari micro?
E’ questa idea di regalo, di coccola a se stessi che aggiunge un sapore tutto particolare alla
microvacanza, al massimo il week-end che si fa con il proprio partner, non di più.
L’ idea di viaggiare magari vicino, magari solo alla ricerca dell’ olio novello, ci dà già una di-
mensione possibile, non stressante della vacanza, la scelta di un viaggiare in macchina, in modo
lento, nel rispetto dei nostri ritmi, di una vita che veramente vorremmo vivere.
Possiamo allora pensare ad un turismo che per brevi periodi e più volte in un anno si posiziona
nei nuovi turismi a cui la società si sta sempre più indirizzando.
C’è sempre di più una voglia di etico, corretto, rispettoso dell’ ambiente, in una fascia di
consumatori disposti a spendere di più, ma spendere buono, ed è proprio in questi consumatori
Capito tutto questo, entriamo in relazione e in contatto con il microvacanziere e quindi siamo
in sintonia, possiamo rispondere alle sue richieste di “fuga”, essere complici della voglia di vivere,
se pur per un micro - periodo, un’esperienza di arricchimento e relax.
Angelo Angeli
Ormai sono turisti come residenti, a volte solo un po’ più meravigliati, un turbine veloce alla
ricerca di esperienze. Vengono nel luogo dell’accoglienza, del movimento, del cambiamento,
delle mutazioni, sono i coriandoli delle microvacanze alla ricerca dell’anima della città.
Luogo dell’anima da respirare, nei viali, nelle luci, nei materiali, nei suoni, nelle atmosfere,
strade, volti, facciate, sguardi, giardini, macchine in movimento, canali, odori … è qui che solo
insieme all’anima allora si cerca anche la storia, gli eventi, le occasioni.
La città ha un anima con le braccia aperte, se no che città è ?
Le stesse braccia aperte dei mille luoghi d’Italia, oggetto di desiderio.
Territori e comunità cercate perché accoglienti e desiderabili, è la ricerca di una relazione affet-
tuosa. Una ricerca fatta evitando l’intermediazione troppo distante, credibile solo quando diven-
ta “complice” dei sogni e delle aspettative.
Sono le microvacanze di un turismo che non c’è, che è piuttosto un voler essere “gente di
casa”. Quella stessa gente che ogni giorno guarda il paesaggio dalla finestra di casa.
I segni storici dati dagli strumenti di produzione (architettura e sistemazioni agrarie) sono in-
dubbiamente quelli più forti ed ancora ben visibili, così come ancora rimangono forti i segni che
->> verso i residenti di sempre, ai quali offrire la continuità ed il miglioramento della qualità
del vivere, sia quella costruita attraverso l’impegno delle loro generazioni, della quale con-
Ma non tutto fila liscio. Cari Sindaci di “Comuni Turriti” allora attenzione alle nuove: fuor di fine-
stra cadono coriandoli! Sono le microvacanze e le turbe di nuovi arrivati, una vera calamità!
Vogliono cose normali: paesi puliti, campagne ben tenute, trattorie dove si mangia bene e
i prezzi sono corretti, persone sorridenti, accoglienza calorosa, amici veri, piccoli imprenditori e
buone idee a cui affezionarsi e di cui raccontare, .. un bel problema. Capita anche che si alleino
con i più ribaldi dei vostri concittadini, ricordandosi dei due o tre giorni passati con loro, della
piccola casa acquistata, di un amico ritrovato, e piantano una bella grana, protestando per que-
Michela Valentini
Le imprenditrici e gli imprenditori del turismo lo sanno già: le micro-vacanze esistono e sono
sempre più insidiose. Tu gli chiudi la porta e quelle entrano dalla finestra, tu dici “una settimana”
e piovono prenotazioni di due giorni, tu metti sul sito l’offerta “all inclusive 2 notti” ad un prezzo
da favola, e ti chiedono solo il sabato sera.
Chiunque abbia una impresa preferisce avere la certezza del lungo termine: commesse che
durano anni, consulenze che durano per tanti mesi, allotment infiniti e garantiti per la vita.
E preferisce avere grandi clienti: perché così si può pianificare il bilancio, disegnare per
benino il grafico del cash flow, tranquillizzare le banche ed i collaboratori, consolidare una squa-
dra.
Poi i grandi clienti hanno cambiato logica e/o fornitore (magari ne hanno trovato uno più conve-
niente agli antipodi), ed è diventato necessario affrontare un mercato sempre più frammentato:
tanti clienti, tanti prodotti, commesse sempre più piccole: un mercato fatto di tante di micro-
entrate. E quindi i tempi di programmazione continuano ad accorciarsi.
Persino a Ponzano Veneto, sede del colosso Benetton, oggi “la parola d’ordine è velocizzare,
riuscire a proporre almeno cento segmenti di collezione l’anno”, il che è sinonimo di una minore
durata dei prodotti sul mercato, e dell’esigenza di una loro sempre maggiore “customizzazione”,
Allo stesso modo le microvacanze non sembrano essere tanto una risposta dei consumatori alla
riduzione del loro potere di acquisto: il consumo turismo, infatti, non è tassativo come l’alimen-
tazione o l’alloggio, la salute o il riscaldamento, è ben più in alto nella piramide di Maslow.
Ma per le imprese turistiche questa tendenza, se confermata come fanno presumere le
tendenze e le previsioni, è la fine della comodità, e l’inizio di un altro spacchettamento, di un’al-
tra “coriandolata” (come la chiama De Rita) di comportamenti di domanda da fronteggiare. Cer-
to, non è con l’indifferenza o la rassegnazione che si può far fronte ad un tale cambiamento.
L’impresa turistica, ricettiva, dei trasporti, dei servizi, ha molti modi per far fronte anche
alle onde grandi di cambiamento, … e queste a ben vedere sono solo delle ondine: ben peggio
Ma anche senza guardare ai grandi leader del mercato di oggi, in tutte le città ci sono ormai ne-
gozi, gestiti per lo più da stranieri, che applicano sistemi personalizzati di orientamento alla do-
manda: stanno aperti sostanzialmente sempre, propongono sostanzialmente tutto, adeguano
offerte e vetrine alla bisogna del momento, cambiando le vetrine ad una velocità sorprendente
Ed è quello di cui ha sempre più bisogno anche la nostra industria del turismo.
Diego Albanese
1 Che i Romani non conoscano la propria città, che gli Italiani vadano in vacanza dappertutto
tranne che in Italia, e che le Agenzie di Viaggio e i Tour Operators si occupino essenzialmente di
outgoing sono insieme luoghi comuni e mezze verità. Un po’ come le stagioni che non sono
più come una volta.
Ma, partendo proprio dal tema incoming – outgoing, è un dato di fatto che le grandi centrali di
organizzazione del turismo mondiale, europee e pure italiane si concentrano sui bacini di do-
manda, e cioè dove i turisti vivono, a Monaco come a Milano.
Allo stesso modo è di tutta evidenza come il principale business dell’intermediazione ita-
liana sia quello di occuparsi dei viaggi degli Italiani in Italia ma soprattutto all’estero (dato che
per muoverci nel nostro Paese abbiamo tendenzialmente meno bisogno di consulenza ed assi-
stenza professionale).
Negli ultimi mesi le principali Associazioni di Categoria hanno dato dimostrazione di dedi-
care al tema una attenzione nuova, realisticamente anche per poter trovare una più sensibile in-
terlocuzione nelle sfere istituzionali, che come noto, forse per qualche reminiscenza autarchica,
Sempre in Italia, migliaia di imprese dell’ospitalità provano a fare bene il loro lavoro, anche se
sanno “solo” interpretare la cucina regionale, anche se hanno “solo” quindici camere (quando va
bene), anche se fanno “solo” da guide al loro territorio. Un territorio che è sempre unico, eccezio-
nale, mitico, e sempre diverso da ogni altro, sempre più interessante ed irripetibile di qualunque
“pollo di batteria”.
Anche questi imprenditori hanno titolo e diritto a trovare nel mercato referenti sensibili e
4 E’ forse per una qualche forma di pudore atavico che mettiamo sempre i nostri valori più
profondi per ultimi, e non li sbandieriamo come invece altri amano fare.
Tra di noi siamo soliti dire che, ovviamente, dato quello che abbiamo detto e fatto negli
ultimi venti anni, e forse ancora di più per quello che NON abbiamo detto e fatto, ci sentiamo di
appartenere in modo viscerale al turismo responsabile.
Pensiamo cioè che quando si lavora per lo sviluppo turistico di un territorio la cosa prin-
cipale è che questo sviluppo sia accessibile per tutti, rispettoso dell’ambiente e duraturo nel
tempo, se possibile “infinito”. E, meglio ancora, siamo soliti chiedere e pretendere che questo
sviluppo sia anche “desiderato” da chi quel territorio lo vive, e ne è di fatto il depositario.
Per noi, queste sono precondizioni di sviluppo, e non ammennicoli con cui ornare un pro-
A noi è sembrata una cosa buona, sana e giusta da fare. Meglio, unaltracosa.
Claudio Nardocci
Per prima cosa avremmo voglia di raccontarvi una storia. Perciò state ad ascoltare:
“C’era una volta…” Sì, lo sappiamo!
Può sembrare strano che nell’era dei computer e della tecnologia più sfrenata ci siano an-
cora storie che iniziano cosi. Che ci siano ancora persone che una storia così abbiano voglia di
raccontarla. Anzi, che ci siano ancora così tante storie da raccontare.
In Italia ci sono migliaia di località, migliaia di paesi di cui varrebbe la pena raccontare la
storia. Storie semplici, storie di vita, storie di luoghi. In questi paesi ci sono migliaia di persone
di cui varrebbe la pena raccontare. Noi siamo sicuri che ci siano anche migliaia di persone che
queste storie abbiano voglia di ascoltarle.
Prima di illustrare il nostro viaggio, Vi vogliamo far conoscere l’uomo ed il luogo che ci hanno
ispirato e fatto venire voglia di tentare l’impresa.
Vogliamo farlo però in maniera molto speciale. Perciò lor signori prendano posto, si sieda-
no comodi, andiamo ad incominciare!
…Eppure…
Dovete crederci perché strano è il mondo quando decide di rivelarti un segreto. Lo fa cosi, senza
curarsi se quello di cui ti renderà partecipe sarà qualcosa che ti farà maturare o che, al contrario,
costituirà per un tranquillo cittadino come te una sconvolgente rivelazione.
Eppure… non si può far altro. Le storie belle vanno raccontate altrimenti è come tradirle, di-
ceva il vento famoso traslocatore di parole, di giuramenti, di bugie, di promesse e frasi d’amore.
Così un bel giorno, avendo appreso queste vicende, una mano, una penna e un foglio si
misero insieme per raccontare agli uomini quello che gli uomini sono in grado di fare quando
hanno il cuore puro, la mente libera e l’animo sereno.
Quello che gli uomini possono un giorno solo osare di sognare e quello che gli stessi uomi-
ni con la loro fantasia, con la loro volontà, con la loro passione, possono con il tempo trasformare
in splendida realtà.
Strano fenomeno quello che queste righe e quelle che seguiranno vi potranno narrare
perché scoprirete che in ogni luogo, in ogni borgo, quello che l’uomo immagina si può realizzare
“E se questo non c’è allora lo sogniamo, perché, grazie a Dio, in questo paese siamo ancora matti e ci
immaginiamo le cose…” (da “Saltatempo” di Stefano Benni)
Si dice che le donne rese celebri dagli artisti e dai poeti di tutti i tempi non fossero poi fulgidi
esempi di bellezza e che solo l’arte, le capacità, l’ispirazione e soprattutto l’amore dei grandi del
passato, da Dante a Petrarca, a Leonardo, le avessero trasformate in eterni simboli di femminilità.
Nello stesso identico modo penso che solo l’amore per il proprio paese possa trasformare que-
ste località agli occhi dei protagonisti delle nostre storie nei “più bei paesi del mondo”.