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Gestire i problemi
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Piramide di Maslow
Integrazione di Conflitti
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La PNL fornisce molte risorse e numerosi strumenti per l'individuazione
e la risoluzione dei conflitti interiori ed interpersonali. Ne sono esempi le
tecniche di ristrutturazione, di integrazione di conflitti, lo spostamento di
posizioni percettive e molti strumenti comunicativi come la calibrazione,
il meta-model e la comunicazione non verbale.
In genere nel conflitto c’è una rottura delle regole, una situazione di
disorganizzazione che aumenta con il dilagare del conflitto in campi
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sempre più vasti, riguardanti la relazione. Tentare di evitare o risolvere
il conflitto aumentando le regole o rendendole più rigide è vana
speranza, in quanto, in questo modo, si accentua la chiusura del sistema
di relazione e si sollecitano conflitti più violenti, come è sempre
avvenuto nei sistemi autoritari.
La separazione è uno dei possibili esiti dei conflitti interni alla coppia
ed è un processo lungo e doloroso. Ciascuno dei due partner deve
riuscire a ritirare le numerose aspettative sull’altro e sulla relazione
affrontando sentimenti di collera, colpa, dolore e delusione.
La mediazione familiare
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E’ innegabile, infatti, che le situazioni di esasperata ostilità mettono le
parti coinvolte in condizione di perdere la capacità di leggere la realtà in
modo obbiettivo e valido. Per questo, si comprende perché la più
preziosa abilità del “problem solver” stia nella capacità di scardinare
progressivamente la falsa credenza che acceca le parti.
Il conflitto può essere condotto su piani di migliore gestibilità: occorre
solo che in esso entri un soggetto capace di portare a livello di
consapevolezza la responsabilità delle persone che ne sono coinvolte,
agendo contro la spontanea tendenza di ogni essere umano a proiettare
le proprie colpe sugli altri.
Per riuscire a orientare i litiganti in questo senso, il conciliatore deve
saper esplorare le intenzioni e le reazioni personali di ciascuno, per
esempio ponendo domande come le seguenti: “Cosa pensa veramente
di quello che è accaduto? Come si sente veramente in relazione a
questo conflitto? Come potrebbe aver contribuito lei personalmente al
problema? Vuole impegnarsi in una guerra ad oltranza, costi quello che
costi, oppure vuole impegnarsi per la propria pace, per il proprio
benessere?”.
Il primo passo che un “problem solver” deve saper svolgere, quindi, è
quello di guidare le parti verso un percorso personale di autocoscienza.
Un altro indispensabile strumento per la realizzazione dell’obiettivo è la
tecnica di gestione dell’emotività delle parti, che consente di far
abbassare il livello di collera; in conciliazione e in mediazione a tale
scopo si presta attenzione alla gestione dello spazio (setting della
scena), così come alla comunicazione non verbale.
Il conciliatore, per esempio, sa che può far capire ai suoi clienti che è
concentrato ad ascoltarli anche senza doverlo dichiarare
espressamente: può farlo attraverso cenni sonori di incoraggiamento e
di assenso, oppure mediante il contatto visivo e la posizione del suo
corpo, ponendo delle domande di approfondimento, parafrasando
quanto ha appena sentito e lasciando che chi parla esaurisca il proprio
pensiero.
Una delle fasi principali che consentono di far scendere il livello di
collera delle parti passa proprio attraverso l’ascolto che il terzo
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imparziale fornisce ai litiganti, perché se chi parla capisce di essere
ascoltato e di avere l’attenzione dei suoi interlocutori, tende
normalmente a perdere la propria carica di aggressività. Così pure
accade quando il conciliatore riesce a far sentire a ciascun litigante che
ognuno ha diritto ad avere la propria opinione.
Volendo sintetizzare, le strategie di problem solving si fondano su sei
principi applicabili: definire il problema, decidere di discuterlo, formulare
delle soluzioni alternative, scegliere fra queste la migliore, stabilire un
piano d’azione comune e infine rivedere la decisione per valutarla
congiuntamente. Lavorando su queste linee guida, l’esperienza delle
A.D.R. insegna che l’ottenimento di risultati di tipo “win-win” non è
utopia, ma realtà.
La presenza di un terzo imparziale che orienti la gestione del conflitto
secondo le linee guida appena descritte è però essenziale. Si tratta di un
compito tanto arduo, da convincere Howard Raiffa ad enumerare le
(numerose) caratteristiche irrinunciabili di un conciliatore:
1. la pazienza di Giobbe;
2. la sincerità e l’ostinazione di un inglese;
3. lo spirito di un irlandese;
4. la resistenza fisica di un maratoneta;
5. l’abilità di gioco di un mediano su un campo di football;
6. l’astuzia di Machiavelli;
7. la capacità di analisi psicologica di un bravo psichiatra;
8. la capacità di mantenere i segreti di un muto;
9. il dorso di un rinoceronte;
10. la saggezza di Salomone;
11. provata integrità e imparzialità;
14. profonda credenza nei valori umani e nel loro potenziale, temperata
dalla capacità di valutare le debolezze personali;
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15. capacità di analizzare il possibile, in rapporto al desiderabile;
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La soluzione soddisfacente a un problema condiviso segue quindi la
logica del “win-win”.
I tre principi su cui si basa questa logica sono:
1. passare dall’antagonismo alla cooperazione:
a. riconoscere l’ostilità altrui senza raccoglierla;
b. concentrarsi sul problema e non sulle persone;
c. sentirsi soci e mai avversari;
d. invece di pensare a vincere la partita, capire la posizione
dell’altro ed “entrare nella sua mappa”.
2. Creare un clima fondato sulla fiducia
a. Ascoltare il 70% e parlare il 30% del tempo;
b. Approfondire con domande mirate;
c. Contraddire l’interlocutore in negativo, è indispensabile usare
sempre la coniugazione “e” al posto del “no”;
d. Far capire che si comprende ed essere assertivi.
3. Creare alternative vantaggiose per entrambi
a. Concentrarsi sul problema da risolvere andando oltre
l’apparenza delle cose;
b. Cercare assieme le soluzioni possibili;
c. Sviluppare la creatività, rimandare metafore e parole chiave;
d. Dividere il percorso decisionale in piccoli obiettivi;
e. Costruire l’accordo per gradi considerando quanto suggerisce
la comunicazione non verbale.
la logica del win-win porta le persone ad esprimere liberamente i propri
punti di vista e i propri bisogni partecipando attivamente e
costruttivamente alle discussioni. Cogliere il punto di vista degli altri offre
una maggiore gamma di possibili opzioni, potenzia la capacità di
inventare altre possibilità di scelta e fornisce l’opportunità per risolvere i
conflitti rasserenando così il clima relazionale.
Conclusioni
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In una situazione di conflitto l’accesso all’esperienza è limitato alla
struttura superficiale, non a quella profonda. Il conflitto impedisce
quindi, l’accesso alle risorse e i due livelli di comunicazione (razionale
ed analogico) sono confusi. Pertanto i fraintendimenti fra le parti sono
dovuti alle violazioni continue del meta modello e alla conferma delle
credenze limitanti. Per gestire il conflitto è fondamentale confrontare i
meta modelli per accedere all’esperienza profonda e quindi alle risorse,
e separare i due livelli di comunicazione.
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