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Questo produce un effetto a spirale che non fa che crescere, poiché disincentiva a
manifestare le proprie idee, fa chiudere la persona in un silenzio. Questo non fa che
aumentare la percezione del soggetto di una opinione diversa da quella di tutti gli altri,
che a sua volta aumenta il silenzio in cui ci si rifugia, aumentando la segregazione sociale.
Questo fa sì che le persone che si trovino in tali situazioni siano spinte a non esprimere la
propria opinione, preferendo invece conformarsi al senso comune. E’ una situazione
comune a tutti, spesso, infatti, ci capita di essere veramente noi stessi solo con chi
conosciamo bene e che sappiamo condivida la nostra posizione. Ma la percezione collettiva
è che tutti siano d’accordo con la maggioranza, e ciò rinforza di conseguenza, il silenzio di
chi si crede in minoranza.
Questo effetto è palese quando parliamo dei temi più scottanti, come l’immigrazione e
tutti quegli argomenti dove è bene dire una propria opinione, ma in realtà si celano
opinioni profondamente diverse.
Il vero problema è che così non si riesce a correggere quelle visioni sbagliate e distorte da
tanti stereotipi, proprio perché rimangono nascoste. Inoltre questo meccanismo tende a
sopprimere anche quelle forze di cambiamento sane, di cui ogni società necessita per
migliorarsi.
Questi sono i luoghi comuni, le frasi già fatte, i bla bla bla cui siamo sottoposti
quotidianamente, fino a che diventano parte del nostro corredo genetico.
Questo spiegherebbe il perché in tutte le interviste anonime risultiamo molto più razzisti di
quanto nessun sondaggio riesca a cogliere, mentre in quelle pubbliche nessuno si
azzarderebbe mai a rivelarlo. Queste dinamiche sono globali, ognuno ha una forma di
razzismo verso qualcun altro. Nessuno ne è immune per nascita, succede anche tra ebrei
o neri, infatti il razzismo è una forma di paura verso l’altro, altro inteso come estraneo.
Ognuno di noi riceve costantemente una pressione a conformarsi, soprattutto per la paura
dell’isolamento sociale. La spinta alla mediazione delle proprie opinioni con quelle del
gruppo è una tendenza universale, per questo molti psicologi evoluzionisti la ritengono
una caratteristica che aumenta la piacevolezza e l’attaccamento tra gli appartenenti ad
una stesso gruppo. E’ proprio da qui che si formerebbero prima i pregiudizi e poi gli
stereotipi.
I punti di vista minoritari vengono espressi solo dopo che sono stati sostenuti anche dai
media. Succede spesso infatti, che dopo essere trascorso un certo lasso di tempo,
divengono maggioritarie posizioni che fino a pochi giorni prima non erano condivisibili.
Un esempio pratico è quando muore qualche personaggio controverso. All’inizio la pratica
sociale prescrive cordoglio, ma passato il tempo per il lutto, diviene accettabile dire anche
cose spiacevoli, magari qualche cosa che ha fatto e che non era giusta, ecc.
Come tutte le teorie, anche a questa sono state mosse alcune critiche. C’è il problema
della “Percezione Selettiva” (qui potete trovare un breve
accenno: https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_della_persuasione). Inoltre è difficile che in
un paese tutti i media assumano un’unica posizione e che lo facciano sempre. L’opinione
pubblica è spesso divisa su molti temi, con posizioni a volte davvero esigue.
Ci sono poi i sondaggi, cui siamo ormai molto abituati. Con essi i media ribadiscono lo
stato di forza tra le diverse posizioni. Oltre tutto i sondaggi costringono i cittadini alla
coerenza statistica, cioè a un continuo confronto del proprio comportamento (spesso però
i sondaggi portano all’effetto Bandwagon, ovvero l’effetto carrozzone, secondo cui le
persone spesso compiono alcuni atti o credono in alcune cose solo perché la maggioranza
della gente crede o fa quelle stesse cose).
C’è anche l’effetto di una potente euristica, quella del “falso consenso”: si crede
erroneamente che la maggior parte della gente la pensi come noi. Quando poi non è così.